Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Tecniche costruttive nell'architettura romana, Slide di Storia Antica

Informazioni dettagliate sulle tecniche costruttive utilizzate nell'architettura romana, con particolare attenzione ai materiali da costruzione come la sabbia, la calce e i mattoni. Vengono descritti i diversi tipi di muratura, come l'opera isodoma, pseudoisodoma ed emplecton, e le loro caratteristiche. Inoltre, il testo tratta della costruzione di opere in acqua, come moli e porti, e delle accortezze da adottare per garantire la solidità e la durabilità delle strutture. Questo documento rappresenta una preziosa fonte di informazioni per comprendere l'evoluzione e le innovazioni tecnologiche nell'edilizia romana, che hanno influenzato profondamente l'architettura occidentale.

Tipologia: Slide

2019/2020

Caricato il 30/05/2024

walter-consolo-1
walter-consolo-1 🇮🇹

4.7

(10)

36 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Tecniche costruttive nell'architettura romana e più Slide in PDF di Storia Antica solo su Docsity! Vitruvio, De architectura Università di Catania Prof. Enrico Felici Rilievo e analisi tecnica dei monumenti antichi: metodi e principi 2019 - 2020 Vitr. I, 2, 2 ordinatio est modica membrorum operis commoditas separatim universaeque proportionis ad symmetriam comparatio. haec componitur ex quantitate quae graece posotes dicitur. quantitas autem est modulorum ex ipsius operis membris sumptio e singulisque membrorum partibus universi operis conveniens effectus. dispositio autem est rerum apta conlocatio elegansque e compositionibus effectus operis cum qualitate. species dispositionis, quae graece dicuntur ideae, sunt hae: ichnographia orthographia scaenographia. ichnographia est circini regulaeque modice continens usus, e qua capiuntur formarum in solis arearum descriptiones. orthographia autem est erecta frontis imago modiceque picta rationibus operis futuri figura. item scaenographia est frontis et laterum abscedentium adumbratio ad circinique centrum omnium linearum responsus. hae nascuntur ex cogitatione et inventione. cogitatio est cura, studii plena et industriae vigilantiaeque, effectus propositi cum voluptate. inventio autem est quaestionum obscurarum explicatio ratioque novae rei vigore mobili reperta. hae sunt terminationes dispositionum. Precetti generali Vitr. I, 5, 8 De ipso autem muro, e qua materia struatur aut perficiatur, ideo non est praefiniendum, quod in omnibus locis, quas optamus copias, eas non possumus habere. Sed ubi sunt saxa quadrata sive silex seu caementum aut coctus later sive crudus, his erit utendum. Non enim, uti Babylone abundantes liquido bitumine pro calce et harena ex cocto latere factum habent murum, sic item possunt omnes regiones seu locorum proprietates habere tantas eiusdem generis utilitatis, uti ex his comparationibus ad aeternitatem perfectus habeatur sine vitio murus. Per quanto riguarda il muro in quanto tale, il materiale con cui la costruzione viene realizzata non può essere oggetto di prescrizioni, per il semplice motivo che non possiamo avere in tutti i luoghi le risorse che desideriamo; ma, per esempio, là dove sono disponibili blocchi quadrati o selce o pietra da taglio oppure mattoni cotti o non cotti, saranno questi materiali da utilizzare. Non è infatti possibile che, così come a Babilonia grazie all’abbondanza di bitume liquido da usare al posto della calce e sabbia hanno un muro costruito in mattone cotto, tutte le regioni o le località con le loro caratteristiche abbiano ugualmente risorse tanto pregiate da utilizzare, tanto che procurandosele si possa realizzare un muro privo di difetti per l’eternità Vitr. II, 1, 3 Primumque furcis erectis et virgulis interpositis luto parietes texerunt. Alii luteas glaebas arefacientes struebant parietes, materia eos iugmentantes, vitandoque imbres et aestus tegebant harundinibus et fronde. Posteaquam per hibernas tempestates tecta non potuerunt imbres sustinere, fastigia facientes, luto inducto proclinatis tectis, stillicidia deducebant. […] Apud ceteras quoque gentes et nonnulla loca pari simulique ratione casarum perficiuntur constitutiones. Non minus etiam Massiliae animadvertere possumus sine tegulis subacta cum paleis terra tecta. Athenis Areopagi antiquitatis exemplar ad hoc tempus luto tectim. Item in Capitolio commonefacere potest et significare mores vetustatis Romuli casa et in arce sacrorum stramentis tecta. (6) Ita his signis de antiquis inventionibus aedificiorum, sic ea fuisse ratiocinantes, possumus iudicare. E dapprima eretti dei pali a forca e interposti dei rami allestirono muri col fango. Altri disseccando zolle di fango costruivano muri, intelaiandoli col legno, e per ripararsi dalla piogge e dai calori estivi li coprivano con canne e fronde. Dopoché durante le procelle invernali I tetti non poterono sostenere le piogge, facendo gli spioventi ricoprirono con fango spalmato i tetti inclinati e condussero in giù le acque cadenti. […] Pure presso altri popoli ed altri luoghi con procedimenti uguali o simili sono realizzate compiutamente costruzioni di capanne. Nondimeno anche a Marsiglia possiamo notare tetti senza tegole, fatti di terra impastata con paglia. Ad Atene il paradigma di antichità dell’Aeropago è coperto fino ad oggi con fango. Così pure sul campidoglio la capanna di Romolo e sulla rocca I tetti di paglia di edifici sacri possono ricordare e indicare gli usi dell’antichità 1 Invece nelle costruzioni cementizie in primo luogo si deve ricercare riguardo alla sabbia, che essa sia adatta alla preparazione della malta e non abbia mescolata della terra. Inoltre i tipi della sabbia da cava sono questi, nera, bianchiccia, rossa e carboncina. Di queste quella che, sfregata nella mano, provoca stridore sarà la migliore, quella che sia invece mescolata a terra non avrà ruvidezza. Così pure se essa è avvolta in un panno bianco poi, scossa via, non l’ha sporcato né ha lasciato ivi della terra, sarà buona. 2 Se però non ci saranno cave da dove estrarre la sabbia, allora bisognerà setacciare la sabbia fluviale o la ghiaia, nondimeno anche la spiaggia marina. Ma essa nelle costruzioni presenta questi difetti, si secca difficilmente, né il muro sopporta di essere caricato in una maniera continua se non è alleggerito da interruzioni, né regge coperture ricurve. La sabbia marina però presenta quest’inconveniente supplementare, che i muri, dopo che vi sono stati stesi gli intonaci, respingendo la loro salsedine, si distruggono. 3 Le sabbie di cava invece si seccano velocemente nelle costruzioni, e gli intonaci si mantengono, e consentono coperture ricurve, ma solo quelle che sono state estratte recentemente dalle cave di sabbia. Poiché se dopo essere state estratte stanno troppo all’aperto alterate dal sole, dalla luna e dalla brina si deteriorano e diventano terrose. Così quando sono impiegate in una muratura, non possono legare il pietrame, ma questo crolla e cadono i pesi che i muri non possono sostenere. Però le sabbie di cava estratte di recente, anche se hanno molti pregi negli impianti, non sono utilizzabili negli intonaci perché per la sua grossezza la calce mista a paglia a causa della sua forza non può asciugarsi senza fessure. La sabbia di fiume poi per la sua magrezza come quella di Segni sotto le azioni delle appianatoie acquisisce solidità nell’intonaco. Vitr. II, 5 [1] De harenae copiis cum habeatur explicatum, tum etiam de calce diligentia est adhibenda, uti de albo saxo aut silice coquatur; et quae erit ex spisso et duriore, erit utilis in structura, quae autem ex fistuloso, in tectoriis. Cum ea erit extincta, tunc materia ita misceatur, ut, si erit fossicia, tres harenae et una calcis infundatur; si autem fluviatica aut marina, duo harenae una calcis coiciatur. Ita enim erit iusta ratio mixtionis temperaturae. Etiam in fluviatica aut marina si qui testam tunsam et succretam ex tertia parte adiecerit, efficiet materiae temperaturam ad usum meliorem. [2] […] Cum vero coniecta in fornacem ignis vehementi fervore correpta amiserint pristinae soliditatis virtutem, tunc exustis atque exhaustis eorum viribus relinquuntur patientibus foraminibus et inanibus. [3] Ergo liquor, qui est in eius lapidis corpore, et aer cum exustus et ereptus fuerit, habueritque in se residuum valorem latentem, intinctus in aqua, prius quam ex igni vim recepit umore penetrante in foraminum raritates, confervescit et ita refrigeratus reicit ex calcis corpore fervorem. (Ideo autem, quo pondere saxa coiciuntur in fornacem, cum eximuntur, non possunt ad id respondere, sed cum expenduntur, permanente ea magnitudine excocto liquore circiter tertia parte ponderis inminuta esse inveniuntur.) Igitur cum patent foramina eorum et raritates harenae mixtionem in se corripiunt et ita cohaerescunt siccescendoque cum caementis coeunt et efficiunt structurarum soliditatem. Sulla calce 1 Dopo aver trattato dei materiali sabbiosi, allora si deve prestare attenzione anche alla calce, a come sia ricavata per cottura da pietra bianca o da selce. E quella che sarà ricavata da pietra compatta e molto dura, sarà utile nella costruzione, quella che invece sarà tratta da una porosa, sarà utile negli intonaci. Quando essa sarà spenta, allora la malta si mescoli in modo che se sarà di cava, si mescolino tre parti di sabbia e una di calce, se invece sarà fluviale o marina si mettano insieme due di sabbia e una di calce. Questo sarà infatti il giusto calcolo della conveniente mescolanza. Anche nel caso della sabbia fluviale o marina se qualcuno vi aggiungerà dei cocci pestati e setacciati per un terzo, renderà la composizione della malta migliore per l’impiego. […] 2 Quando invece gettate in fornace avvolte dall’impetuoso calore del fuoco abbiano perso la qualità della primitiva solidità, allora, bruciate ed esauste le loro forze vengono ad avere fori ampi e vuoti. 3 Dunque quando il liquido che è nel corpo di questa pietra e l’aria sono stati bruciati e tolti, hanno lasciato nascosto in essa un calore residuo, la pietra immersa in acqua, prima che riprenda forza per il fuoco, grazie all’umidità che penetra nelle porosità dei fori si riscalda e in tal modo, raffreddatasi, dal corpo della calce lascia andare l’ardore. Pertanto poi le pietre, quando sono tolte dalla fornace, non possono essere conformi al peso con cui esse erano state gettate in essa, ma quando sono pesate, pur rimanendone inalterate le dimensioni, essendo eliminato con la cottura il liquido si riscontrano essere diminuite di peso per circa un terzo. Pertanto quando estendono i loro fori e porosità accolgono in sé la miscela sabbiosa e così vi rimangono congiunte e seccandosi si uniscono insieme la pietra e arrecano la solidità delle strutture. Vitr. II, 8, 5 Itaque non est contemnenda Graecorum structura; utuntur e molli caemento polita, sed cum discesserunt a quadrato, ponunt de silice seu lapide duro ordinaria, et ita uti latericia struentes alligant eorum alternis coriis coagmenta, et sic maxime ad aeternitatem firmas perficiunt virtutes. Haec autem duobus generibus struuntur; ex his unum isodomum, alterum pseudisodomum appellatur. [6] Isodomum dicitur, cum omnia coria aequa crassitudine fuerint structa; pseudisodomum cum inpares et inaequales ordines coriorum diriguntur. Ea utraque sunt ideo firma, primum quod ipsa caementa sunt spissa et solida proprietate neque de materia, possunt exsugere liquorem, sed conservant ea in suo umore ad summam vetustatem; ipsaque eorum cubilia primum plana et librata posita non patiuntur ruere materiam, sed perpetua parietum crassitudine religata continent ad summam vetustatem. [7] Altera est quam emplecton appellant, qua etiam nostri rustici utuntur. Quorum frontes poliuntur, reliqua ita, uti sunt nata, cum materia conlocata alternis alligant coagmentis. Sed nostri celeritati studentes, erecta conlocantes frontibus serviunt et in medio faciunt fractis separatim cum materia caementis. Ita tres suscitantur in ea structura crustae, duae frontium et una media farturae. Graeci vero non ita, sed plana conlocantes et longitudines eorum alternis in crassitudinem instruentes, non media farciunt, sed e suis frontatis perpetuam et unam crassitudinem parietum consolidant. Praecaetera interponunt singulos crassitudine perpetua utraque parte frontatos, quos diatonous appellant, qui maxime religando confirmant parietum soliditatem. 5 Pertanto non si deve disprezzare il modo di costruire dei Greci. Poiché non si avvalgono di muratura a paramento piano ottenuta con pietrame tenero, ma quando lasciano da parte la pietra squadrata, dispongono assise regolari di selce e di pietra dura, e così come se costruissero opere laterizie legano le giunture con assise alterne di questi materiali, e così conseguono massimamente i vantaggi della solidità per l’eternità. E queste opere sono costruite di due tipi. Di questi uno è denominato isodomo, l’altro pseudoisodomo. 6 E’ denominato isodomo quando tutte le assise sono costruite con uguale spessore, pseudoisodomo quando sono allineate serie di assise diverse e diseguali .7 L’altra muratura è quella che denominano émplekton (a sacco), di cui si avvalgono anche i nostri contadini. E le fronti di tali muri sono a paramento piano, le parti interne di essi inserite con la malta così allo stato naturale sono disposte su letti alterni. Ma i nostri per desiderio di celerità si danno pensiero a disporli eretti nelle fronti e in mezzo li imbottiscono con pietrame minuto assieme a malta. Così sono eretti in tale muro tre componenti verticali, due delle fronti e una in mezzo di riempimento. Vitr. II, 8, 8 Itaque si qui voluerit ex his commentariis animadvertere et elegere genus structurae, perpetuitatis poterit rationem habere. Non enim quae sunt e molli caemento subtili facie venustatis, non eae possunt esse in venustate non ruinosae. Itaque cum arbitrio communium parietum sumuntur, non aestimat eos quanti facti fuerint, sed cum ex tabulis inveniunt eorum locationes, pretia praeteritorum annorum singulorum deducunt octogesimas et ita -- ex reliqua summa parte reddi pro his parietibus -- sententiam pronuntiant eos non posse plus quam annos LXXX durare. (9) De lactericiis vero, dummodo ad perpendiculum sint stantes, nihil deducitur, sed quanti fuerint olim facti, tanti esse semper aestimantur. Itaque nonnullis civitatibus et publica opera et privatas domos etiam regias a latere structas licet videre: et primum Athenis murum, qui spectat ad Hymettum montem et Pentelensem; item Patris in aede Iovis et Herculis latericias cellas, cum circa lapideae in aede epistylia sint et columnae; in Italia Arretio vetustum egregie factum murum. 3 Fiunt autem laterum genera tria: unum, quod graece Lydium appellatur, id est quo nostri utuntur, longum sesquipede, latum pede. Ceteris duobus Graecorum aedificia struuntur; ex his unum pentadoron, alterum tetradoron dicitur. Doron autem Graeci appellant palmum, quod munerum datio graece doron appellatur, id autem semper geritur per manus palmum. Ita quod est quoquoversus quinque palmorum, pentadoron, quod quattuor, tetradoron dicitur, et quae sunt publica opera, pentadoros, quae privata tetradoros struuntur. 4 Fiunt autem cum his lateribus semilateria. Quae cum struuntur, una parte lateribus ordines, altera semilateres ponuntur. Ergo ex utraque parte ad lineam cum struuntur, alternis coriis parietes alligantur et medii lateres supra coagmenta conlocati et firmitatem et speciem faciunt utraque parte non invenustam. Est autem in Hispania ulteriore civitas Maxilua et Callet et in Asia Pitane, ubi lateres cum sunt ducti et arefacti, proiecti natant in aqua. Natare autem eos posse ideo videtur, quod terra est, de qua ducuntur, pumicosa. Ita cum est levis, aere solidata non recepit in se nec combibit liquorem. Igitur levi raraque cum sit proprietate, nec patiantur penetrare in corpus umidam potestatem, quocumque pondere fuerit, cogitur ab rerum natura, quemadmodum pumex, uti ab aqua sustineatur, sic autem magnas habent utilitates, quod neque in aedificationibus sunt onerosi et cum ducuntur a tempestatibus non dissolvuntur Pertanto in primo luogo parlerò dei mattoni, con quale terra convenga che essi siano formati. Poiché non debbono essere formati con argilla sabbiosa né ghiaiosa né da sabbia, poiché se sono formati da questi tipi di terra in primo luogo divengono pesanti, poi, quando nei muri sono bagnati dalla piogge, si rovinano e si sciolgono e le paglie in questi non aderiscono, a cagione della non purezza dell'argilla. Invece debbono essere apprestati con terra chiara cretosa ovvero con terra rossa o ancora con sabbia grezza. Poiché questi tipi di terra per la leggerezza garantiscono solidità, non sono pesanti nella struttura e sono messi a muro facilmente. Inoltre debbono essere formati durante la stagione primaverile e quella autunnale, affinché si secchino uniformemente. Poiché quelli apprestati in periodo solstiziale diventano perciò difettosi poiché il sole quando cuoce prematuramente con forza lo strato esterno, lo fa diventare arido, mentre l'interno non si è seccato. E quando poi seccandosi si contrae, dà luogo a delle crepe nelle parti che erano aride. Così i mattoni divenuti pieni di fessure sono resi privi di resistenza. Ma saranno di gran lunga più utili, se siano stati formati anteriormente negli ultimi due anni. E infatti prima non possono seccarsi del tutto. Pertanto quando sono stati messi in opera freschi e non asciutti, mentre l'intonaco è steso per rivestimento ed essi solidificati inflessibilmente si mantengono, questi stessi assestandosi non possono mantenere la medesima altezza dell'intonaco, e mossi dalla loro contrazione non aderiscono ad esso, ma si staccano dalla congiunzione con esso. Pertanto gli intonaci disgiunti dalla struttura per la loro sottigliezza non possono reggersi da se stessi ma si rompono, e gli stessi muri assestandosi in forme casuali si guastano. Certo perciò gli Uticensi utilizzano un mattone in strutture parietali solo se sia asciutto e formato prima dell'ultimo quinquennio, a condizione che ciò sia stato veramente riconosciuto per decisione del magistrato. Si fanno però tre tipi di mattoni. Uno è quello che in greco è denominato Lidio, cioè quello che utilizzano i nostri, lungo un piede e mezzo, largo un piede. Con gli altri due tipi di mattoni si costruiscono edifici dei Greci. Di questo uno è chiamato pentádoron (di cinque palmi), l'altro tetrádoron (di quattro palmi). E i Greci denominano doron il palmo, poiché in greco è chiamata doron l'offerta di doni, e ciò è sempre portato col palmo della mano. Così il mattone per ogni lato di cinque palmi è denominato pentadoron, quello di quattro tetradoron e le opere pubbliche sono costruite con i pentádora, quelle private con i tetrádora. Sono fatti ancora con questi mattoni i mezzimattoni, e quando questi vengono messi in opera, si collocano da una parte corsi di mattoni e dall'altra di mezzimattoni. Pertanto quando i due paramenti sono allineati, grazie all'alternanza delle assise, sono fissati i muri e le parti mediane dei mattoni poste sopra i giunti verticali assicurano solidità con un'apparenza sulle due facce del muro non priva di grazia. Vi sono poi nella Spagna Ulteriore la città Maxilua, e Callet, in Asia Pitane, dove dei mattoni dopo essere stati formati e resi asciutti, immersi nell'acqua galleggiano. E sembra pertanto che essi possano galleggiare perché la terra con cui sono formati è porosa. Pertanto essendo questa terra leggera, una volta solidificata dall'aria non riceve né assorbe l'acqua. Con questa proprietà di eccezionale leggerezza, non permettendo i mattoni che l'umidità penetri all'interno, per quanto sia pesante, è costretta dalla natura, allo stesso modo della pomice, a essere sostenuta dall'acqua. Così ancora presentano questi mattoni grandi vantaggi, in quanto sia non sono pesanti nelle costruzioni, sia quando sono formati non sono distrutti dalle forti piogge. 16 Poiché dunque re di tanto grande potenza non disprezzarono strutture di muri laterizi, pur essendo stato ad essi possibile sia per rendite sia per bottino molto spesso averli non solo di opera cementizia o di pietre squadrate ma anche di opera marmorea, non ritengo sia opportuno disapprovare gli edifici che furono fatti con costruzione laterizia, purché solo siano protetti convenientemente. Ma esporrò perché non conviene che tale tipo sia realizzato dal popolo romano a Roma in tal modo, e non tralascerò di dire quali siano di ciò le cause e le ragioni. 17 Le leggi pubbliche non permettono che su comune proprietà siano costituiti muri di larghezza maggiore di un piede e mezzo. Anche le altre pareti vengono realizzate dello stesso spessore, per non dare luogo a vani troppo angusti. Quelle laterizie però, se non sono di due o tre corsi, con uno spessore di un piede e mezzo, non possono sostenere più di un solo piano. Però in tale grandezza di Roma e con l’infinita moltitudine di cittadini è necessario realizzare innumerevoli abitazioni. Pertanto poiché l’area in piano non può accogliere tanta moltitudine per abitare a Roma, la stessa realtà costrinse a giungere al rimedio dell’altezza degli edifici. Pertanto essendo innalzate con pilastri lapidei con strutture testacee con muri cementizi costruzioni molto alte intavolate con spesse travature con grandissimo vantaggio dei piani superiori danno luogo a vedute dall’alto. Pertanto il popolo romano ha eccellenti abitazioni senza ingombro essendo stati moltiplicati gli edifici grazie a diversi piani con estensioni in altezza. [18] Quoniam ergo explicata ratio est, quid ita in urbe propter necessitatem angustiarum non patiuntur esse latericios parietes, cum extra urbem opus erit his uti, sine vitiis ad vetustatem, sic erit faciendum. Summis parietibus structura testacea sub tegula subiciatur altitudine circiter sesquipedali habeatque proiecturas coronarum. Ita vitari poterunt quae solent in his fieri vitia; cum enim in tecto tegulae fuerint fractae aut a ventis deiectae, qua possint ex imbribus aqua perpluere, non patietur lorica testacea laedi laterem, sed proiectura coronarum reiciet extra perpendiculum stillas et ea ratione servaverit integras parietum latericiorum structuras. [19] De ipsa autem testa, si sit optima seu vitiosa ad structuram, statim nemo potest iudicare, quod in tempestatibus et aestate in tecto cum est conlocata, tunc, si est firma, probatur; namque quae non fuerit ex creta bona aut parum erit cocta, ibi se ostendit esse vitiosam gelicidiis et pruina tacta. Ergo quae non in tectis poterit pati laborem, ea non potest in structura oneri ferendo esse firma. Quare maxime ex veteribus tegulis tecta structa; parietes firmitatem poterunt habere. Vitr. II, 8, 18 Poiché dunque è stata spiegata la ragione per cui così a Roma per necessità di strettezza non si permette che i muri siano laterizi, dal momento che fuori Roma sarà opportuno farne uso, così bisognerà realizzarli senza difetti per un lungo periodo. Alla sommità dei muri sia eretta sotto le tegole una struttura testacea dell’altezza di circa un piede e mezzo, e abbia gli aggetti dei cornicioni. Così potranno essere evitati quei difetti che sogliono verificarsi in queste costruzioni. Poiché quando nel tetto le tegole si rompono o siano gettate giù dai venti, per cui l’acqua piovana possa bagnare dentro, la corazza testacea non permetterà che l’opera laterizia sia lesa, ma l’aggetto dei cornicioni allontanerà le stille al di fuori delle verticali della costruzione e con tale regola conserverà integre le strutture dei muri laterizi. 19 Riguardo poi al mattone cotto … Cato, agr. XIV: Villa, lapide calce fundamenta supra terram pede, caeteros parietes ex latere… Vitr. V, 12, 1: De opportunitate autem portuum non est praetermittendum sed, quibus rationibus tueantur naves in his ab tempestatibus, explicandum. Hi autem naturaliter si sint bene positi habeantque acroteria sive promunturia procurrentia, ex quibus introrsus curvaturae sive versurae ex loci natura fuerint conformatae, maximas utilitates videntur habere. Circum enim porticus sive navalia sunt facienda sive ex porticibus aditus <ad> emporia, turresque ex utraque parte conlocandae, ex quibus catenae traduci per machinas possint. Non si deve però trascurare di trattare della disposizione opportuna dei porti, ma si deve spiegare con quali accorgimenti le navi in questi siano protette dalle intemperie. Questi poi appaiono avere grandissimi vantaggi se sono per natura in buone posizioni e hanno alture o promontori prominenti, e con questi sono formati all’interno dalla natura del luogo concavità o angoli. Poiché all’intorno si debbono creare portici, darse e accessi dai portici agli empori, e su entrambi i lati sono da porre torri, dalle quali si possa grazie a macchinari trasportare le catene. Vitr. V, 12, 2: Sin autem non naturalem locum neque idoneum ad tuendas ab tempestatibus naves habuerimus, ita videtur esse faciendum, uti, si nullum flumen in his locis inpedierit sed erit ex una parte statio, tunc ex altera parte structuris sive aggeribus expediantur progressus. Et ita conformandae portuum conclusiones. Se invece non avremo un tale luogo naturale né uno adatto per proteggere le navi dalle intemperie, sembra opportuno si debba operare in modo che se nessun fiume in questi luoghi farà impedimento ma vi sarà da una parte la rada, allora dall’altra parte siano allestiti protendimenti con strutture murarie o argini. E così debbono essere formati i bacini chiusi dei porti. Vitr. II, 6, 1: Est etiam genus pulveris, quod efficit naturaliter res admirandas. Nascitur in regionibus Baianis in agris municipiorum, quae sunt circa Vesuvium montem. Quod conmixtum cum calce et caemento non modo ceteris aedificiis praestat firmitates, sed etiam moles cum struuntur in mari, sub aqua solidescunt. Sulla pozzolana C’è anche un tipo di polvere che per sua natura fa cose mirabili. Si trova nelle regioni di Baia, nei terreni dei municipi che stanno intorno al monte Vesuvio. Esso, mescolato con la calce e con il pietrame, non solo dà solidità a tutte le altre costruzioni, ma anche i moli, quando vengono fabbricati in mare, ‘tirano’ sott’acqua Vitr. V, 12, 5: In quibus autem locis pulvis non nascitur, his rationibus erit faciendum, uti arcae duplices relatis tabulis et catenis conligatae in eo loco, qui finitus erit, constituantur, et inter destinas creta in eronibus ex ulva palustri factis calcetur. Cum ita bene calcatum et quam densissime fuerit, tunc cocleis, rotis, tympanis conlocatis locus, qui ea septione finitus fuerit, exinaniatur sicceturque, et ibi inter septiones fundamenta fodiantur. In quei luoghi invece, in cui non si trova la pozzolana, si dovrà seguire questo procedimento: nel punto che si sarà delimitato si impiantino delle paratie a doppia parete, tenute insieme da tavole riportate e traverse, e tra i montanti interni alle paratie si incalchi dell’argilla confezionata in panieri fatti d’alga di palude. Quando l’argilla sarà compressa al massimo, allora con pompe a vite, ruote e tamburi acquari lì installati si svuoti e asciughi lo spazio circoscritto con questo recinto stagno, e tra le paratie si scavino le fondazioni Vitr. V, 12, 6: Sin autem mollis locus erit, palis ustilatis alneis aut olagineis configantur et carbonibus compleantur, quemadmodum in theatrorum et muri fondationibus est scriptum. Deinde tunc quadrato saxo murus ducatur iuncturis quam longissimis, uti maxime medii lapides coagmentis contineantur. Tunc qui locus erit inter murum ruderatione sive structura compleatur. Ita erit uti possit turris insuper aedificari. Se invece il terreno sarà molle, si configgano pali di ontano o di olivo temprati al fuoco e siano riempiti con carboni, come si è scritto per fondazioni di teatri e muri. Quindi vi si eriga un muro in opera quadrata con giunti lunghi il più possibile, in modo che soprattutto le parti mediane dei conci siano tenute in posizione dai giunti verticali. Dunque lo spazio tra i due paramenti sia colmato con pietrame o cementizio. In tal modo sarà tale da potervi costruire sopra una torre.