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Tecniche di assessment psicologico, riassunto dei 4 libri principali, Appunti di Psicodiagnostica

riassunto dei 4 libri principali per la materia tecniche di assessment psicologico -assessment in psicologia clinica -teorie e tecniche della valutazione in psicologia clinica -roots and leaves -manuale per il colloquio psicologico

Tipologia: Appunti

2016/2017

In vendita dal 27/12/2017

PsicoKore
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Scarica Tecniche di assessment psicologico, riassunto dei 4 libri principali e più Appunti in PDF di Psicodiagnostica solo su Docsity! Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 1 TECNICHE DI ASSESSMENT PSICOLOGICO Università Kore di Enna Corso di laurea in Psicologia Clinica Proff. Presti Giovambattista & Guariglia Paola A.A. 2017/2018 Testi di riferimento: Assessment in psicologia clinica Strumenti di valutazione psicometrica a cura di Claudia Carraresi e Gabriele Melli Teorie e tecniche della valutazione psicologica a cura di Giorgio Caviglia e Raffaella Perrella Roots and Leaves Radici e sviluppi contestualisti in terapia comportamentale e cognitiva a cura di Roberto Anchisi, Paolo Moderato e Francesca Pergolizzi (capitoli: 1, 2, 3, 5, 6, 7, 9, 10, 11, 13, 20, 21, 22, 23, 24, 25) Manuale per il colloquio psicologico a cura di Roberto Anchisi e Mia Gambotto Dessy (capitoli: 1, 2, 5, 8, 9) Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 2 Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 5 Pienamente soddisfacenti sono i risultati relativi alla traduzione italiana del Worry Domains Questionnaire. Essa presenta un’adeguata fedeltà, inoltre i cinque domini nei quali si sotto articola il questionario danno luogo a coefficienti di consistenza interna soddisfacenti ed accettabili. Per quanto concerne l’interpretazione del Worry Domains Questionnaire, essa si basa sull’esame comparativo dei punteggi prodotti dallo scoring: un punteggio totale e un punteggio per ciascuno dei cinque domini (sottoscale). Il punteggio totale riflette la presenza di preoccupazioni nelle cinque aree considerate. Un punteggio molto elevato corrisponde a una tendenza diffusa e generalizzata alle preoccupazioni, ma ciò non implica automaticamente elementi di patologia o di vulnerabilità psicologica. L’identificazione di caratteristiche patologiche va al di là del Worry Domains Questionnaire e richiede altri approfondimenti. Non esistono punteggi normali e punteggi patologici, né esistono cut-off di allarme clinico per il Worry Domains Questionnaire. Il test analizza il contenuto delle preoccupazioni del soggetto esaminato. Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 6 Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 7 Capitolo 2 “Check del corpo” nei disturbi dell’alimentazione: validazione italiana del Body Checking Questionnaire (BCQ) Introduzione L’eccessiva importanza attribuita al peso e alla forma del corpo nella valutazione di sé è considerata di primaria importanza nel mantenimento dei disturbi dell’alimentazione. Comportamenti tipici del check del corpo includono: - misurare spesso il proprio peso; - esaminare allo specchio parti del corpo con atteggiamento ipercritico; - misurare le circonferenze del corpo (seno, vita, fianchi, cosce); - prendere in mano le pieghe del grasso per valutarne la dimensione; - indossare alcuni abiti stretti per sentire come stanno; - toccare le ossa per sentire se si sentono; - informarsi sul teso e sulla taglia degli altri per fare confronti; - richiedere al altre persone rassicurazioni sulla forma del proprio corpo. La ricerca sul check del corpo nei disturbi alimentare è piuttosto povera. Le più recenti teorie cognitivo-comportamentali suggeriscono che il check del corpo sia di primaria importanza nel mantenimento dell’anoressia nervosa e degli altri disturbi dell’alimentazione. È stato suggerito che il check del corpo faciliterebb e lo sviluppo di bias cognitivi, come ad esempio l’attenzione selettiva verso le parti del corpo di cui si è insoddisfatti. In alcuni pazienti, le informazioni ottenute dal check del corpo possono essere interpretate come una minaccia o un fallimento del proprio controllo del peso e della forma del corpo, e ciò può portare a intensificare la restrizione alimentare o a usare altri comportamenti non salutari di controllo del peso corporeo. Infine, è stato riportato che in alcuni pazienti il check del corpo è messo in atto deliberatamente per indurre uno stato di insoddisfazione corporea tale da motivare a mantenere la restrizione alimentare severa. Il Body Checking Questionnaire è un questionario auto-somministrato costituito da 23 item. A ogni domanda la persona esaminata deve indicare su una scala likert a cinque punti la frequenza con cui mette in atto un determinato comportamento di check del corpo (da mai a molto spesso). Il Body Checking Questionnaire misura un singolo fattore (Check del corpo) con tre sotto-fattori fortemente correlati: - la scala dell’apparenza in generale, costituita da 10 item, misura i check di controllo legati all’apparenza fisica; - la scala delle parti specifiche del corpo, costituita da 8 item, misura i check di controllo di parti specifiche del corpo; - la scala del check idiosincratico, costituita da 5 item, misura check del corpo inusuali. Adattamento italiano del BCQ Il Body Checking Questionnaire è stato tradotto indipendentemente dall’inglese all’italiano da tre psicologi; la traduzione al contrario è stata datta da uno psicologo di madre lingue inglese. Le tre traduzioni sono state confrontate al fine di ottenere una singola versione. Il questionario così tradotto è stato testato in un piccolo gruppo di persone non cliniche per controllare la sua comprensibilità e leggibilità. Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 10 Risultati La versione italiana dell’ Healt Anxiety Questionnaire presenta un’ottima coerenza interna (alfa di Cronbach = 0,91). Dall’analisi fattoriale, sono emersi quattro fattori: - paura della morte e delle malattie (si preoccupa di poter morire presto? - interferenza con le attività quotidiane (i suoi sintomi fisici le hanno impedito di lavorare durante gli ultimi sei mesi?) - preoccupazione per lo stato di salute (si preoccupa quando avverte qualche sensazione spiacevole nel suo corpo?) - ricerca di rassicurazioni (tende a documentarsi su malattie o disturbi per valutare se può esserne affetto?) Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 11 Capitolo 4 Il Perceived Criticism Inventory (PCI): un nuovo strumento di valutazione del criticismo genitoriale Introduzione Il criticismo genitoriale è un costrutto legato a diverse problematiche psicopatologiche. La Grange ha dimostrato che aumenta il rischio di dropout e di ricadute nelle ragazze che soffrono di anoressia nervosa, mentre altri autori hanno riscontrato che i figli di genitori criticisti tendono al perfezionismo, e il perfezionismo è stato messo in relazione a molti disturbi psicologici. La maggior parte degli studi sul criticismo fanno riferimento al costrutto dell’emotività espressa, che valuta l’atteggiamento messo in atto dai familiari nei confronti di un determinato paziente, ed è indagata attraverso la valutazione di tre variabili che la definiscono: il criticismo, l’ostilità e l’ipercoinvolgimento emotivo. I primi studi sull’emotività espressa hanno riguardato pazienti schizofrenici e depressi. In un lavoro di meta-analisi è stato dimostrato che tale costrutto è correlato alle ricadute di pazienti schizofrenici e depressi in modo sostanziale e statisticamente significativo. Risultati simili sono emersi anche per i disturbi alimentari. Un limitato numero di studi si è occupato delle relazioni tra emotività espressa e disturbi ansiosi. È stato dimostrato che la presenza di rabbia e criticismo all’interno delle dinamiche familiari predice, in pazienti con disturbo ossessivo- compulsivo, risultati peggiori al follow-up di 9 mesi dopo un trattamento comportamentale. Un’ampia letteratura correla il criticismo genitoriale a una serie di problematiche psicologiche anche in età evolutiva. Alti livelli di emotività espressa sono stati associati a esiti di trattamento peggiori e a un numero maggiore di ricadute nei bambini depressi, oltre che a disturbi tipici dell’età evolutiva. Esiste una controversia in merito a quanto alti livelli di emotività espressa siano determinati dalle caratteristiche del genitore oppure da uelle del bambino. Probabilmente, si tratta di effetti interattivi tra la psicologia dei genitori e quella del bambino. Uno studio suggerisce che l’ipercoinvolgimento emotivo possa correlare con le caratteristiche del figlio, mentre il criticismo sarebbe legato a caratteristiche del genitore. Nonostante i dati sperimentali siano concordi nell’affermare che il criticismo genitoriale giochi un ruolo importante nello sviluppo di una serie di problemi psicologici, pochi lavori si sono occupati di analizzare in dettaglio questo fenomeno e sono rari gli strumenti di misura in grado di valutare tale costrutto. Gli autori del Perceived Criticism Inventori (Apparigliato, Ruggiero e Sassaroli) hanno ipotizzato che il soggetto che subisce il criticismo possa sviluppare credenze psicopatogene quali convinzione di incapacità personale, bassa autostima, tendenza ad attribuirsi cattive intenzioni, credenze di colpa e disorientamento personale con tendenza a costruire l’identità e la stima di sé sulla base di regole o sull’opinione degli altri. La valutazione oggettiva del criticismo effettivamente espresso dai familiari di un paziente può essere meno importante della misura del criticismo così come percepito dal soggetto che lo subisce, in quanto quest’ultima misura è probabilmente la causa più diretta degli effetti che il criticismo produce. Per questa ragione, Hooley e Teasdale hanno messo a punto uno strumento di misurazione del criticismo percepito, il Perceived Criticism Measure (PCM), attraverso il quale il paziente valuta ciascun parente adulto con cui vive su una scala che varia da 1 (per niente critico) a 10 (molto critico). Questo strumento, tuttavia, non permette di valutare le diverse dimensioni del criticismo, ma solo una globale valutazione del paziente rispetto alle critiche subite da un determinato parente. Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 12 Presentazione del Perceived Criticism Inventory Dopo alcuni tentativi di costruire un questionario unidimensionale che fornisce un unico punteggio relativo al criticismo genitoriale percepito, fu chiaro che questo fenomeno risulta essere troppo complesso per ricondurlo a un’unica scala. Il Perceived Criticism Inventory è stato costruito sviluppanto quattro diverse scale, in modo da indagare vari aspetti distinti del criticismo: la quantità di criticismo subito, il contenuto e la forma dei rimproveri e il grado di accordo/disaccordo con il criticismo. Le scale del Perceived Criticism Inventory Le quattro scale che vanno a comporre il Perceived Criticism Inventory sono costituite da un numero diverso di item e forniscono punteggi differenti e non sommabili tra loro, in quanto misurano aspetti qualitativamente diversi del criticismo percepito; non esiste dunque un punteggio globale ottenuto dalla somma dei punteggi delle quattro scale. A ogni item di ciascuna scala il soggetto è chiamato a rispondere apponendo un segno su una scala likert a cinque punti che va da “sempre” (5) a “mai” (1)  Quantità di criticismo subito (PCI-Q) La prima scala (PCI-Q) è costituita da 11 item e va a misurare la quantità di criticismo subito.  Contenuto dei rimproveri (PCI-C) La seconda scala (PCI-C), inizialmente di 20 item, è stata costruita al fine di valutare il contenuto dei rimproveri ricevuti. Gli item della scala sono stati suddivisi in tre subscale teoriche: - scarso impegno; - cattiveria. - incapacità personale;  Forma dei rimproveri (PCI-F) La terza scala (PCI-F), costituita inizialmente da 17 item, misura la forma dei rimproveri. Gli item della scala sono stati suddivisi in tre subscale teoriche: - violenza psicologica; - violenza fisica; - assenza di violenza.  Accordo/Disaccordo generale con il rimprovero (PCI-A/Dg) La quarta scala (PCI-A/Dg), inizialmente di 12 item, è volta a misurare il grado di accordo o disaccordo del soggetto criticato con il rimprovero in generale. Metodo Allo scopo di valutare le proprietà psicometriche delle diverse scale che costituiscono lo strumento, sono state formulate delle ipotesi: - una buona consistenza interna e una buona affidabilità test-retest; - che l’analisi fattoriale confermi i fattori ipotizzati per le scale relative al contenuto e alla forma dei rimproveri; - che le diverse subscale correlino con le due subscale della Multidimensional Perfectionism Scale (capitolo 5) relative al Criticismo genitoriale e alle Aspettative genitoriali; - che vi sia una correlazione positiva tra la scala Quantità di criticismo subito e la scala Accordo/Disaccordo generale con il rimprovero (sulla base dell’osservazione clinica per cui una persona più è stata rimproverata, meno si dimostra critica nei confronti del criticismo). Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 15 Capitolo 5 Adattamento italiano della Multidimensional Perfectionism Scale (MPS) Introduzione Il perfezionismo è una caratteristica psicologica associata a molti disturbi mentali. Le definizioni del costrutto hanno enfatizzato aspetti diversi. Alcuni autori hanno distinto un perfezionismo clinico da un normale bisogno di eccellere. Le definizioni più recenti, invece, suggeriscono che il termine perfezionismo indichi la tendenza a richiedere, a se stessi e agli altri, livelli di prestazione più elevati di quelli appropriati alla situazione, a valutare criticamente il proprio comportamento, a manifestare dubbi e critiche sulle proprie azioni e a prediligere l’ordine e l’organizzazione. Quest’ultima definizione assume specificatamente che il costrutto non sia unidimensionale, ma multidimensionale, che sia cioè composto da molti aspetti differenti, benché potenzialmente correlati fra loro. Nonostante molti teorici condividano l’idea che il perfezionismo sia multidimensionale, non c’è attualmente un chiaro accordo rispetto a quali e quante siano le dimensioni che lo definiscono. La maggior parte delle concettualizzazioni include sia aspetti socio-relazionali, sia caratteristiche individuali. Secondo Herwitt e Flett, le persone perfezioniste sono caratterizzate da: - perfezionismo autodiretto: adozione di standard personali elevati e irrealistici; tendenza a mettere in atto sforzi eccessivi per il raggiungimento di tali standard; tendenza a focalizzare l’attenzione sugli errori e a viverli come fallimenti personali; - perfezionismo eterodiretto: tendenza ad aspettarsi dagli altri prestazioni elevate e a valutare le persone negativamente se tali standard non sono raggiunti; - perfezionismo sociale: tendenza a ritenere che gli altri abbiano delle aspettative elevate nei nostri confronti e credenza che, se tali aspettative venissero deluse, saremmo valutati negativamente dagli altri. Frost e colleghi hanno costruito la Multidimensional Perfectionism Scale, un questionario composto, nella sua versione definitiva, da 35 item che prevedono risposte su una scala likert graduata da 1 a 5 e che si raggruppano in sei scale: - PS: Personal Standard  gli standard personali elevati; - CM: Concern over Mistakes  la preoccupazione per gli errori; - D: Doubting of ACTions  i dubbi sulle azioni; - PE: Parental Expectations  le aspettative genitoriali elevate; - PC: Parental Criticism  le critiche genitoriali; - O: Organization  la tendenza all’organizzazione e all’ordine. Successivamente, Strober ha evidenziato che la struttura fattoriale del questionario diviene più stabile se si considerano quattro dimensioni e non sei. Nella soluzione a quattro fattori, gli item delle due scale “preoccupazione per gli errori” e “dubbi sulle azioni” concorrono a formare un’unica scala, e lo stesso succede per le scale “aspettative genitoriali” e “critiche genitoriali”, che compongono anch’esse un’unica scala. Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 16 Fase 1: adattamento linguistico e verifica preliminare della validità del contenuto La traduzione del questionario è stata sottoposta a un gruppo di 359 soggetti di età media pari a 29 anni. Questa procedura ha evidenziato che nessun item presentava ambiguità di comprensione. Fase 2: valutazione della validità e dell’attendibilità della versione italiana Hanno partecipato al secondo studio 431 soggetti di età compresa fra i 20 e i 70 anni, eterogenei dal punto di vista socio-economico e del livello culturale, tutti residenti nel Lazio. Oltre alla versione definitiva del test Multidimensional Perfectionism Scale, a un sottogruppo di 128 soggetti era chiesto di rispondere anche agli item della scala di perfezionismo del test Eating Disorders Inventory. Si è scelto di usare questa scala in quanto è molto breve e, nello stesso tempo, ampiamente utilizzata, soprattutto negli studi in cui è stata valutata la relazione fra perfezionismo e disturbi dell’alimentazione. Per verificare quali e quante dimensioni possono essere identificate a partire dai 35 item del test è stata effettuata un’analisi delle componenti principali. Dall’analisi della varianza risultano quattro fattori. Per valutare se i punteggi differiscono sulla base di variabili quali il genere e l’età, i partecipanti sono stati suddivisi in due fasce d’età: fino ai 30 anni e sopra i 31 anni, e sonos tate condotte quattro analisi della varianza fattoriali uni variate in cui sono stati confrontati i punteggi riportati da maschi e femmine e dalle due fasce d’età nelle quattro scale del test. I risultati delle analisi evidenziano un effetto principale statisticamente significativo per il fattore genere nella scala di Standard Personali (i maschi riportano punteggi più alti delle femmine) e nella scala di Organizzazione (i soggetti di età superiore ai 30 anni riportano punteggi più elevati rispetto ai soggetti più giovani). Discussione e conclusioni Lo studio per ottenere una versione italiana valida e affidabile del questionario Multidimensional Perfectionism Scale è stato condotto in due fasi, una prima fase finalizzata alla messa a punto della versione italiana definitiva e una seconda fase di valutazione delle caratteristiche psicometriche della versione definitiva. Nella prima versione il test ha dimostrato di possedere validità di contenuto, intesa come chiarezza e univocità interpretativa delle istruzioni e degli item. tuttavia, le risposte ottenute in 3 dei 35 item presentavano una distribuzione non normale. Questi item sono stati riformulati e la versione definitiva proposta a un gruppo di oltre 400 rispondenti. Nella nuova versione tutti gli item presentano una distribuzione normale; tuttavia, va notato che, anche in questa seconda versione, la mancanza di back-translation potrebbe costituire un limite dello studio, nonostante la normalità della distribuzione delle risposte. L’analisi delle componenti principali ha evidenziato una struttura fattoriale sovrapponibile a quella ottenuta da Strober; sembrerebbe che anche nella versione italiana, la Multidimensional Perfectionism Scale misuri quattro dimensioni e non sei. La consistenza interna delle quattro scale risulta molto soddisfacente e l’eliminazione di nessun item accresce l’attendibilità delle scale. Anche la validità concorrente risulta soddisfacente. I risultati di questo studio nel loro complesso indicano che la versione italiana così ottenuta possa essere considerata valida ed affidabile. Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 17 Capitolo 6 Naive Ideas Survery: un questionario per valutare le teorie psicologiche naif Introduzione La base teorica della terapia cognitivo-comportamentale assume che la sofferenza emozionale dipenda dalle credenze disfunzionali che il paziente ha sul mondo, su se stesso e sugli altri. A queste cognizioni si possono aggiungere quelle che il paziente nutre sui fattori che hanno favorito l’insorgenza del suo stesso disturbo e sui metodi di cura appropriati. Queste credenze spesso possono concorrere a mantenere il disturbo, impedendone l’autonoma risoluzione da parte del paziente attivando circoli viziosi di mantenimento che trasformano una normale esperienza di sofferenza emotiva, che normalmente spinge il sistema a un cambiamento, in un disturbo psicopatologico vero e proprio che si stabilizza. Le credenze e i pregiudizi del paziente appartengono alla cosiddetta psichiatria popolare (folk psychiatry), un ambito degli studi socio-psicologici sul senso comune. La psichiatria popolare è un modello socio-cognitivo che studia le cognizioni dell’uomo comune sulla sofferenza mentale. Alcuni autori hanno svolto una ricerca sulle concezioni non professionali, o cosiddette laiche, della psicoterapia per indagare le credenze sui fattori di cura e l’efficacia di varie terapie per quattro differenti disturbi. L’analisi fattoriale mostrava che i partecipanti allo studio concepivano quattro fattori di cura: cognitivi, comportamentali, fisici e relazionali. Secondo Haslam, i laici concepiscono la sofferenza mentale usando quattro categorie: patologizzazione (il giudizio che un certo comportamento o stato mentale sia anormale o deviante), moralizzazione (la convizione che l’individuo sia moralmente responsabile del suo disturbo), medicalizzazione (la convinzione che il disturbo abbia una base fisiologica) e psicologizzazione (che attribuisce la sofferenza a disfunzioni psicologiche). La psicologia naif è un ambito strettamente correlato ma non del tutto sovrapponibile a quello della psicologia popolare. La psicologia popolare riguarda lo sviluppo di teorie proto-scientifiche, mentre la psicologia naif è una vera e propria teoria della mente, una facoltà soggettiva di spiegare e prevedere comportamenti propri e altrui. Un ambito particolare delle teorie naif è quello che riguarda l’origine della sofferenza. Faller ha definito le teorie soggettive della malattia come le rappresentazioni dei pazienti sulle cause e sul miglior trattamento delle proprie malattie. Labase teorica del concetto trae origine dalla concezione di Kellu dell’uomo come scienziato; questa visione permetteva di spostarsi dalla rappresentazione del paziente come attore pasico e gerarchicamente sottomesso a una come soggetto attivo che formula ipotesi e costruisce sia la sua sofferenza che la sua guarigione. Tutti questi teorici hanno ritenuto che le idee del paziente siano fattori in grado di influenzare l’andamento positivo della cura, o l’efficacia della psicoterapia. Secondo Faller, le aspettative del paziente si suddividono in quattro classi: interpersonali, orientate all’introspezione, passive e somatiche. Le concezioni interpersonali e quelle orientate all’introspezione sono le più frequenti e sono correlate con una maggiore qualità dell’alleanza terapeutica, con credenze di locus of control interno e con teorie naif interiori della sofferenza, secondo le quali il problema da risolvere risiede dentro se stessi e non nel mondo esterno o negli altri. Nella costruzione del Naive Ideas Survery, gli autori hanno considerato due tipi di teorie psicologiche naif particolarmente interessanti per il clinico: le teorie della sofferenza e le teorie della cura. Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 20 La vividezza o intensità è uno degli aspetti meno studiati delle fantasie sessuali. La ricerca scientifica riguardante le fantasie si è occupata principalmente del loro contenuto. Poche ricerche si sono occupate anche della vividezza delle fantasie, tanto dal punto di vista dell’intensità quanto dal punto di vista della possibilità di usufruirne per aumentare l’intensità del piacere sessuale. In uno studio di Giambra e Martin si è utilizzata la scala per la misurazione delle fantasie sessuali (Sexual Daydreaming Scale) tratta dall’Imaginal Process Inventory (IPI), un questionario composto da diverse scale che indagano caratteristiche, occorrenza e tipologia delle fantasie. La Sexual Daydreaming Scale, formata da 12 item, misura l’intensità delle fantasie, nelle diverse circostanze in cui possono presentarsi quotidianamente (in viaggio, al lavoro, riposando). Alcuni studi dimostrano che molte donne migliorano la qualità dell’attività sessuale con immagini che inducono la specifica stimolazione e la sensazione necessaria per raggiungere l’orgasmo. In uno studio è emerso che l’intensità delle fantasie, misurata su un campione di un centinaio di donne (alcune delle quali avevano subito abusi sessuali nel corso della loro storia personale), è negativamente correlata con la presenza di disturbi sessuali. Metodo, partecipanti e procedura Sono state tradotte e adattate alla popolazione italiana la Sexual Daydreaming Schale di Giambra e Martin e l’Hulbert Index of Sexual Fantasy di Hulbert e Apt. Le due scale tradotte sono state inserite in un questionario, composto da altri strumenti; sono stati aggiunti due item elaborati dagli autori, riguardanti l’inclinazione e l’atteggiamento verso le fantasie, che hanno portato a 39 il numero totale degli item da analizare. Le risposte sono state codificate su una scala Likert a 5 punti. Il questionario è stato distribuito a 550 adulti di età compresa fra i 18 e gli 82 anni, età media = 31 anni. Risultati Dall’analisi fattoriale sono emersi sei fattori: - S1: Intensità delle fantasie sessuali. Questo fattore raccoglie tutti gli item della Sexual Daydreaming Schale riguardanti l’attitudine o l’inclinazione a ricorrere alla fantasia sessuale. Si parla quindi di facilità al lasciarsi andare, gusto e godimento nel darsi alla fantasia erotica se il momento lo consente. - S2: Condivisione con il partner. Raccoglie item che indicano partecipazione reciproca alle fantasie con il partner, desiderio di condividere i pensieri intimi, utilizzo della fantasia per aumentare il piacere durante il rapporto. - S3: Senso di colpa e turbamento per le fantasie sessuali. Raccoglie item che si riferiscono al senso di colpa o comunque a una sensazione di turbamento e disagio verso le proprie fantasie. - S4: Riluttanza alle fantasie: indica difficoltà, noia, paura di lasciarsi andare; misura il fastidio per le fantasie sessuali, ma manca la componente relativa alla colpa e al turbamento. - S5: Esperienze negative. Indica il permanere di ricordi negativi legati alle attività sessuali, non fa riferimento alla pura fantasia, ma piuttosto al permanere del fastidio nel rammentare il passato. - S6: Difficoltà a comunicare con il partner. Esprime un atteggiamento tendenzialmente contrario alla scala Condivisione con il partner, pur misurando una dimensione diversa. Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 21 Capitolo 8 Ansia sociale: presentazione di un questionario Introduzione Un’analisi dei principali studi ha evidenziato un’età di esordio del disturbo tra i 13 e i 24 anni e una prevalenza compresa tra il 7 e il 12% sulla popolazione statunitense, dati che indicano la fobia sociale come il secondo disturbo d’ansia, dopo le fobie specifiche. Sebbene la letteratura internazionale offre numerosi test per la valutazione dell’ansia sociale, come il Social Phobia Inventory, la Brief Social Phobia Scale, il Social InterACTion Self-Statement Test, la Social Reticence Scale, la Social Phobia and Anxiety Inventory, nel panorama italiano non si rilevano questionari standardizzati per l’assessment clinico, facendo emergere la necessità di sviluppare un test orientato alla valutazione di quello che gli studi epidemiologici statunitensi più recenti riportano come il quarto disturbo mentale più diffuso. Metodo, partecipanti e procedura Il campione era composto da 940 soggetti, di cui 52 minorenni, che hanno compilato il questionario sia nella versione cartacea che nella versione online. Sono stati utilizzati quattro questionari: - lo State Trait Anxiety Inventory: un questionario costruito allo scopo di misurare le componenti di stato e di tratto dell’ansia tramite due scale indipendenti, ciascuna composta da 20 item; - il Clinic Depressioni Questionnaire: uno strumento di misura della depressione costruito con lo scopo di essere raffinato dal punto di vista psicometrico, facile da usare e quanto più possibile valido nel misurare la depressione. Il test è composto da 40 item; - la Social InterACTion Anxiety Scale: sviluppata con lo scopo di misurare l’ansia derivante dall’interazione sociale, definita come il disagio di incontrare e parlare con altre persone. La scala è composta da 20 item; - la SAS – Social Anxiety Scale è lo strumento esaminato in questa ricerca e si propone di misurare l’ansia sociale. Per la scelta degli item sono stati esaminati i principali modelli teorici sullo sviluppo dell’ansia sociale e i questionari già in uso in ambito internazionale. Su queste basi è stato stilato un elenco di 116 potenziali item, ridotto successivamente a 59. La versione a 59 item è stata somministrata nel corso di uno studio pilota; nella fase successiva della ricerca è stata utilizzata la versione a 30 item, ottenuta tramite analisi fattoriale esplorativa. Il questionario risulta composto da 30 item cui si è chiamati a rispondere su una scala Likert a 5 punti. Risultati Le medie del punteggio totale alla Social Anxiety Scale non variano significativamente tra adolescenti e adulti; questo ha permesso di considerare tutti i 940 soggetti cui è stata somministrata la Social Anxiety Scale come un unico campione, con un’età media pari a 25 anni, in maggioranza diplomati e studenti. Il punteggio medio è risultato 75,72. Le femmine hanno ottenuto punteggi significativamente più alti dei maschi Rispetto al titolo di studio, il confronto tra i soggetti in possesso di licenza media, diploma o laurea ha prodotto differenze significative: i laureati hanno ottenuto punteggi significativamente inferiori rispetto ai diplomati. Sono emerse differenze anche nel confronto tra le diverse professioni: i lavoratori autonomi hanno punteggi più bassi degli studenti, degli studenti lavoratori e dei lavoratori dipendenti Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 22 Per quanto riguarda la validità discriminante, il punteggio totale della Social Anxiety Scale ha mostrato una correlazione significativa, ma moderata, con lo State Trait Anxiety Inventory, sia con la scala di stato che con la scala di tratto, mentre la correlazione con il Clinic Depression Questionnaire è risultata negativa e del tutto trascurabile, e addirittura non significativa con il punteggio per l’ansia. Molto più forte è risultata la correlazione con la Social InterACTion Anxiety Scale, lo strumento utilizzato per la validità concorrente. Discussione Le qualità psicometriche del test sono altamente soddisfacenti: l’attendibilità è eccellente sia come coerenza interna degli item, sia come stabilità del punteggio nel tempo. L’analisi fattoriale esplorativa ha evidenziato come gli item si dispongano su sette componenti: paura, evitamento sociale, autoefficacia, difficoltà nella comunicazione, essere osservati, rapporto diadico con l’estraneo e demofobia. Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 25 Nella sua versione finale, il questionario è costituito da 60 item. Il questionario chiede di valutare con quale frequenza il soggetto mette in atto quel particolare processo di coping; le possibilità di risposta sono quattro, da “di solito non lo faccio” a “lo faccio quasi sempre”. I diversi meccanismid i coping presi in considerazione dal questionario sono: atività; pianificazione; soppressione di attività competitive; contenimento; ricerca di informazioni; ricerca di comprensione; sfogo emotivo; reinterpretazione positiva e crescita; accettazione; dedicarsi alla religione; umorismo; negazione; distacco comportamentale; distacco mentale; uso di droghe o alcol. La prima versione italiana del COPE è stata somministrata a 521 studenti universitari e le analisi psicometriche eseguite hanno evidenziato una struttura di base formata da 13 scale. Questo primo studio, tuttavia, presentava dei limiti: il campione era formato da soli studenti universitari; alcuni item della versione italiana del COPE risultavano di significato incerto o ambiguo; mancavano studi di correlazione con altre misure. Metodo È stato svolto quindi uno studio allo scopo di presentare una nuova versione del COPE, che verrà chiamata COPE-NVI (Coping Orientation to Problem Expedienced-Nuova Versione Italiana). Si è ipotizzato che la struttura fattoriale del COPE-NVI non fosse troppo dissimile da quella della versione precedente dello strumento; è stato comunque messo in conto che qualche differenza sarebbe potuta emergere, dato l’utilizzo di un campione differente e la parziale modifica del questionario. Riformulazione degli item del COPE Alcuni item del COPE erano formulati in modo ambiguo, mentre altri erano poco aderenti alla traduzione originale per ovviare a questi problemi, tutti gli item del COPE originale sono stati tradotti nuovamente in lingua italiana da due ricercatori indipendenti che non avevano partecipato allo sviluppo della versione precedente; nella fase successiva, le due versioni italiane sono state ritradotte in inglese attraverso una back-translation da una persona bilingue con una estesa conoscenza del lessico psicologico. Dal contronto delle due retro-traduzioni è scaturita la nuova versione italiana del COPE, il COPE-NVI. Il COPE-NVI si può considerare una versione aggiornata dello strumento, poiché il 60% degli item è risultato differente rispetto alla precedente versione italiana. Partecipanti e procedura Il COPE-NVI è stato somministrato a 500 individui appartenenti alla popolazione generale; un sottocampione di 50 partecipanti ha completato il COPE in due occasioni a distanza di un mese. Strumenti di misura Oltre al COPE-NVI e a una scheda anamnestica, i partecipanti hanno compilato una batteria di self-report contenente le seguenti misure: - Beck Depression Inventory II: un questionario self-report di 21 item utilizzato per misurare la presenza e la gravità della depressione; - Beck Anxiety Inventory: un self-report costituito da 21 item che valuta la gravità dell’ansia; Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 26 - Penn State Worry Questionnaire: un inventario composto da 16 item che rileva le caratteristiche generali, eccessive e incontrollabili dei processi di preoccupazione patologica; - Obsessive Compulsive Inventory: un self-report di 42 item in cui il paziente valuta separatamente la frequenza e il disagio di particolari ossessioni e compulsioni; - Social InterACTion Anxiety Scale: uno strumento utilizzato per valutare la paura delle interazioni sociali; è costituito da 19 item che descrivono reazioni cognitive, affettive e comportamentali che la persona esperiesce in situazioni sociali; - SatisfACTion Profile: un self-report italiano di 32 item che valuta il livello di soddisfazione soggettiva relativa a diversi aspetti della vita quotidiana, facendo riferimento all’ultimo mese. Struttura fattoriale del COPE-NVI Un’analisi fattoriale confermativa è stata condotta prendendo in considerazione le cinque dimensioni di secondo ordine che caratterizzavano la prima versione italiana del COPE. Questa struttura non è stata confermata dagli appositi indici. Dall’analisi esplorativa sono emerse tre possibili soluzioni, rispettivamente a tre, a quattro e a cinque fattori; la soluzione che meglio esprime la struttura interna del COPE-NVI è quella che raggruppa le scale di base in cinque fattori: - sostegno sociale; - strategie di evitamento; - attitudine positiva; - orientamento al problema; - orientamento trascendente. Consistenza interna e stabilità nel tempo delle cinque dimensioni del COPE Tutti i valori ottenuti si possono considerare soddisfacenti, tenendo conto della composizione eterogenea di alcune scale come quella delle Strategie di evitamento e quella dell’Attitudine positiva. La stabilità nel tempo delle diverse scale è in linea con quella dei classici costrutti di personalità. Relazioni con altre misure Sono state esaminate le correlazioni tra il COPE-NVI e una serie di misure. Coerentemente alle ipotesi formulate, l’Attitudine positiva e l’Orientamento al problema si confermano strategie che sembrano proteggere dal disagio psicologico e facilitare il benessere, al contrario di quelle orientate all’evitamento. Le strategie di Sostegno sociale e di Orientamento alla trascendenza si presentano più debolmente associate con le misure prese in considerazione, ad eccezione di quelle che riguardano le preoccupazioni e i sintomi ossessivi; è interessante notare che, quando utilizzate nel processo di coping, queste due dimensioni non paiono favorire il benessere. Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 27 Discussione e conclusioni Lo strumento presentato in questo studio è caratterizzato da: - un campione eterogeneo e di numerosità adeguata; - una struttura interna nota, testata con un’analisi fattoriale confermativa; - dimensioni non sovrapposte tra loro; - dimensioni stabili nel tempo e sufficientemente omogenee al loro interno; - dimensioni correlate a misure di disagio emotivo o di benessere in linea con la vasta ricerca internazionale sul coping. Tre dimensioni (Strategie di evitamento, Attitudine positiva e Orientamento al problema) del COPE-NVI possono essere considerate specifiche dei processi di coping, e i principali risultati in letteratura si riferiscono a queste strategie di coping. Il Sostegno sociale e l’Orientamento trascendente costituiscono invece atteggiamenti e comportamenti che riguardano molteplici aspetti dell’agire umano. In generale, da questo studio non è emerso che queste due strategie siano in connessione con il benessere psicologico. Questo risultato è interessante perché suggerisce che, quando utilizzate in condizioni di stress, queste modalità di comportamento non sono sufficienti – da sole – a garantire una condizione di benessere. In effetti, affidarsi esclusivamente al sostegno sociale e/o alla religione potrebbe rinforzare una certa passività da parte dell’individuo. Questa ipotesi sarebbe corroborata dal fatto che sia il Sostegno sociale che l’Orientamento trascendente sono associati in modo importante con i processi di worry misurati dal Penn State Worry Questionnaire. Un altro aspetto degno di nota è la mancanza di differenze importanti nell’utilizzo delle strategie di coping rispetto al livello di istruzione, genere e età. Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 30 comprende la valutazione della capacità di mantenere i comportamenti desiderati quando si provano emozioni negative. Il Berkley Expressivity Questionnaire misura sia la forza della tendenza delle risposte emotive, sia il grado in cui questi impulsi vengono espressi apertamente. L’Acceptance and ACTion Questionnaire è composto da 16 item e permette di ottenere informazioni riguardo al controllo e all’evitamento esperienziale, alla valutazione negativa delle esperienze interne, all’accettazione psicologica e alla tendenza ad agire senza tener conto del distress emotivo. L’Affective Control Scale, composto da 42 item, misura la paura nelle emozioni e il conseguente tentativo di controllare l’esperienza emotiva. Altri strumenti di misurazione delle strategie di regolazione emotiva includono la registrazione di parametri fisiologici e l’utilizzo di diari giornalieri di registrazione dei vissuti emotivi a seguito dell’esposizione a scene traumatiche. Difficulties in Emotion Regulation Scale (DERS) La Difficulties in Emotion Regularion Scale è un questionario self-report che misura le difficoltà di rilevanza clinica nella regolazione delle emozioni di natura negativa. Esso è stato sviluppato sulla base di un modello teorico della regolazione emotiva integrato ed esaustico. Questo strumento permette di ottenere delle misurazioni riguardo alla presenza di potenziali difficoltà nelle seguenti dimensioni: - consapevolezza e comprensione delle emozioni; - accettazione delle emozioni; - abilità di controllare le condotte impulsive e di comportarsi in accordo con i propri obiettivi; - capacità di utilizzare strategie flessibili di regolazione emotiva appropriate al contesto e alle richieste situazionali. La struttura e le proprietà psicometriche del questionario La Difficulties in Emotion Regularion Scale è composta da 36 item a risposta multipla che misurano pattern individuali di regolazione delle emozioni. Contiene sei scale: 1) non accettazione delle risposte emotive: formata dagli item che riflettono la tendenza a provare emozioni secondarie negative in risposta alle proprie emozioni negative, oppure ad avere reazioni di non accettazione rispetto al proprio disagio; 2) difficoltà nell’adottare comportamenti orientati verso un obiettivo: comprende gli item che riflettono le difficoltà nel concentrarsi e nell’eseguire un compito quando si provano emozioni negative; 3) difficoltà nel controllo degli impulsi: rileva le difficoltà nel mantenere il controllo del proprio comportamento quando si provano emozioni negative; 4) mancanza di consapevolezza emotiva: contiene item che sottolineano la tendenza a prestare attenzione alle emozioni e la relativa capacità di riconoscerle; 5) accesso limitato alle strategie di regolazione emotiva: riflette la credenza secondo cui risulta particolarmente difficile regolare efficacemente le emozioni una volta che queste si sono manifestate; 6) mancanza di chiarezza emotiva: comprende gli item che riflettono il grado in cui le persone riescono a comprendere distintamente quale emozione stanno sperimentando. Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 31 Nella versione originale questo strumento è stato somministrato a 357 studenti di psicologia di età compresa fra i 18 e i 55 anni. L’analisi fattoriale ha evidenziato una soluzione a sei fattori. Nel complesso, il questionario ha evidenziato una buona consistenza interna, un’adeguata affidabilità delle sub-scale e una buona affidabilità test-retest a 4-8 settimane. Sviluppo della versione italiana Tre ricercatori indipendenti hanno tradotto il questionario dall’inglese all’italiano e hanno successivamente concordato una versione comune. È stata quindi effettuata una back-translation da una persona bilingue ed è stata poi inviata a una delle autrici per un confronto con la versione originale. Dopo aver apportato piccole modifiche a due item, è stata stesa la versione italiana definitiva. Partecipanti e procedura La Difficulties in Emotion Regularion Scale è stata distribuita a 190 persone reclutate in ambienti di lavoro, università e in occasione di incontri a carattere psicologico aperti al pubblico. Un sottogruppo di partecipanti ha ricevuto anche una batteria self-report consegnati in ordine controbilanciato per evitare un errore sistematico nella compilazione. I test somministrati insieme alla Difficulties in Emotion Regularion Scale comprendevano: - State-Trait Anxiety Inventory-X2: un self report costituito da 20 item che valutano l’ansia come caratteristica e disposizione personale; - Beck Depression Inventory II: un questionario self-report di 21 item utilizzato per misurare la presenza e la gravità della depressione; - Positive and Negative Affect Scale – State: un self-report da 20 item che misurano l’affettività positiva e negativa. Struttura fattoriale Un’analisi fattoriale confermativa è stta condotta per verificare la corrispondenza tra i dati ottenuti e la struttura fattoriale proposta dagli autori. Dato che i valori ottenuti supportavano debolmente la struttura fattoriale originale, è stata eseguita un’analisi fattoriale esplorativa. Gli item “quando sono turbato credo che i miei sentimenti siano validi e importanti” e “quando sono turbato mi prendo del tempo per riflettere su quello che sto provando” sono stati eliminati a causa del loro scarso potere discriminativo. Relazioni con altre misure Al fine di ottenere dati preliminari in merito alla validità di costrutto della Difficulties in Emotion Regularion Scale, sono state calcolate le correlazioni tra i punteggi di quest’ultima e quelli della Positive and Negative Scale, dello State-Trait Anxiety Inventory e del Beck Depression Inventory. Il punteggio totale della DIfficulties in Emotion Regularion Scale correla significativamente con le misura di ansia, depressione e affettività negativa, e questo significa che una difficoltà nella regolazione delle emozioni può comportare la presenza di umore depresso, di uno stato ansioso e di una generale instabilità emotiva. L’affettività negativa presenta una correlazione anche con la scala Mancanza di accettazione. Le uniche due scale DERS che non presentano correlazioni significative con le misure di ansia e depressione sono la difficoltà nel riconoscimento e la ridotta autoconsapevolezza. Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 32 Discussione e conclusioni È ormai accertata l’idea che la presenza di difficoltà nella regolazione emotiva sia trasversalmente presente nella maggior parte dei disturbi psicologici. Nel panorama italiano gli strumenti a disposizione sono pochi e ancora incompleti; per tale ragione, lo scopo di questo lavoro era quello di fornire la traduzione e una validazione preliminare di una misura della regolazione emotiva costruita sulla base delle principali dimensioni del costrutto. I risultati ottenuti confermano la capacità della DIfficulties in Emotion Regularion Scale di rilevare in modo affidabile differenti dimensioni riconducibili alle principali problematiche legate alla regolazione delle emozioni negative. La struttura originale del questionario non è stata confermata: differenze culturali, linguistiche e di comprensione potrebbero spiegare questo risultato. In ogni caso, la struttura evidenziata attraverso le analisi fattoriali esplorative non si discosta molto dalla struttura ipotizzata dagli autori. Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 35 PARTE PRIMA I MANUALI DIAGNOSTICI Capitolo 1 DSM-IV-TR e DSM-5 Nadia Del Villano, Luigi Alessandro Russolillo , Immacolata Zarrella La storia Il DSM-I (Diagnostic and Statistic Manual of Mental Disorders), pubblicato nel 1952 primo tentativo di classificazione sistematica dei disturbi mentali da parte dell’American Psychiatric Association (APA), proposto in alternativa alla “Sezione Malattie Mentali” dell’ICD-6 del 1946. Il modello di riferimento esplicito del DSM IV-TR, cosiddetto “ateorico”, è un modello in cui vengono utilizzati prevalentemente i dati descrittivi o “obiettivi” (cioè verificabili da più osservatori). L’approccio “ateorico” si intende riferito essenzialmente alla eziologia dei disturbi, a meno che questa non sia chiaramente dimostrata. L’approccio cosiddetto “ateorico” del DSM-IV-TR ha lo scopo di: 1) Migliorare le pratiche di ricovero. 2) Innalzare l’attendibilità delle diagnosi. 3) Favorire la diffusione del manuale presso operatori di diversa tendenza. Una sindrome o un modello comportamentale o psicologico clinicamente significativo, che si presenta in un individuo, ed è associato a disagio, a disabilità (es. compromissione in una o più aree importanti del funzionamento), ad un aumento significativo del rischio di morte, di disabilità o a un’importante limitazione della libertà. Il disturbo mentale non deve rappresentare semplicemente una risposta attesa o culturalmente sancita ad un determinato evento, ma la manifestazione di una disfunzione comportamentale, psicologica o biologica dell’individuo. La valutazione multiassiale nel DSM-IV Un sistema multiassiale comporta la valutazione su diversi assi, ognuno dei quali si riferisce ad un diverso campo di informazioni che può aiutare il clinico nel pianificare il trattamento e prevedere l’esito. La classificazione multiassiale del DSM-IV-TR comprende cinque assi: •Asse I: Disturbi Clinici/Altre condizioni che possono essere oggetto di attenzione clinica •Asse II: Disturbi di Personalità/Ritardo Mentale •Asse III: Condizioni Mediche Generali •Asse IV: Problemi Psicosociali ed Ambientali •Asse V: Valutazione Globale del Funzionamento  Asse I: disturbi clinici e altre condizioni che possono essere oggetto di attenzione clinica Disturbi Solitamente Diagnosticati per la Prima Volta nell’Infanzia, nella Fanciullezza o nell’Adolescenza (escluso il Ritardo Mentale, che viene diagnosticato sull’Asse II) - Delirium, Demenza, e Disturbi Amnestici e Altri Disturbi Cognitivi - Disturbi Mentali Dovuti ad una Condizione Medica Generale - Disturbi Correlati a Sostanze - Schizofrenia ed Altri Disturbi Psicotici - Disturbi dell’Umore - Disturbi d’Ansia Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 36 - Disturbi Somatoformi - Disturbi Fittizi - Disturbi Dissociativi - Disturbi Sessuali e dell’Identità di Genere - Disturbi dell’Alimentazione - Disturbi del Sonno - Disturbi del Controllo degli Impulsi Non Classificati Altrove - Disturbi dell’Adattamento - Altre condizioni che possono essere oggetto di attenzione clinica  Asse II: disturbi di personalità e ritardo mentale Non si deve ritenere che la codificazione dei Disturbi di Personalità sull’Asse II implichi che la loro patogenesi o la gamma dei trattamenti appropriati siano fondamentalmente diverse rispetto a quelle dei disturbi codificati sull’Asse I. L’Asse II può essere utilizzato per indicare importanti caratteristiche di personalità maladattive che non raggiungono la soglia per un Disturbo di Personalità. Sull’Asse II si può anche indicare l’uso abituale di meccanismi di difesa maladattivi.  Asse III: condizioni mediche generali Sull’Asse III si riportano le Condizioni Mediche Generali in atto potenzialmente rilevanti per la comprensione o il trattamento del disturbo mentale dell’individuo. La distinzione multiassiale tra disturbi di Asse I, II e III non implica che vi siano differenze fondamentali nella loro concettualizzazione, che i disturbi mentali non siano correlati a fattori o processi fisici o biologici, o che le condizioni mediche generali non siano correlate a fattori o processi comportamentali o psicosociali.  Asse IV: altri problemi psicosociali e ambientali Vengono classificati qui i problemi psicosociali ed ambientali che possono influenzare la diagnosi, il trattamento e la prognosi dei disturbi mentali (Asse I e Asse II). Un problema psicosociale o ambientale può corrispondere a un evento vitale negativo, una difficoltà o una carenza ambientale, uno stress familiare o interpersonale di altro tipo, alla inadeguatezza del supporto sociale o delle risorse personali, o ad altri problemi legati al contesto nel quale si sono sviluppate le difficoltà dell’individuo. I cosiddetti eventi stressanti positivi dovrebbero essere indicati solo quando costituiscono o causano un problema. I problemi psicosociali possono anche svilupparsi come conseguenza della psicopatologia, o possono costituire problemi che meritano di essere considerati nel piano generale del trattamento. - Problemi con il gruppo di supporto - Problemi legati all’ambiente sociale - Problemi di istruzione - Problemi lavorativi - Problemi abitativi - Problemi economici - Problemi di accesso ai servizi sanitari - Problemi legati all’interazione con il sistema legale/criminalità - Altri problemi psicosociali e ambientali  Asse V: valutazione globale del funzionamento Sull’Asse V si riporta il giudizio del clinico sul livello di funzionamento globale. Questo tipo di informazione è utile per pianificare il trattamento, misurare il suo impatto e predirne l’esito. Il funzionamento globale viene riportato sull’Asse V tramite la Scala per la Valutazione Globale del Funzionamento (VGF). La VGF può essere utile per seguire i progressi clinici degli individui in termini globali, utilizzando una misura singola. La Scala VGF è divisa in dieci ambiti di funzionamento. Fare una valutazione in base alla VGF implica la scelta di quel valore che meglio riflette il livello di funzionamento globale dell’individuo. Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 37 Il DSM-5 La malattia mentale, alla stregua delle altre patologie, è largamente eterogenea: questo attributo rende inefficace l’approccio categoriale multiassiale del DSM IV-TR. Esso, pur ispirato dalla ricerca di un’omogeneità delle cause e delle manifestazioni della malattia, che guidasse verso omogenee scelte terapeutiche e linee di ricerca, appare risolversi nella genesi di categorie troppo ristrette, che non considerano la larga condivisione di sintomi e fattori di rischio tra malattie diverse, e che separano in modo categorico ma inappropriato diagnosi reciprocamente confinanti. Un approccio dimensionale, dunque, si rende necessario per cogliere meglio le “sfumature”, oltre che i bruschi cambiamenti di tono che separano le diverse entità cliniche. Sebbene sia scientificamente prematuro pensare a nuove definizioni per molte patologie, è allora indicato nel DSM-5 un processo di definizione meno rigido e più largamente fondato sull’identificazione delle dimensioni psicopatologiche. La distorsione di queste deve ritenersi sottesa allo sviluppo delle malattie mentali. La revisione si esprime attraverso: •Rielaborazioni formali: nuova struttura del manuale: eliminato il Sistema multiassiale •Rielaborazioni concettuali: identificazione di nuove categorie diagnostiche, e nuova definizione di alcune categorie già presenti Rielaborazioni formali Revisione della struttura Pur nel tentativo di conservare la propria continuità con le precedenti edizioni, il DSM-5 è stato elaborato: - escludendo limitazioni “a priori” del grado di cambiamento; - valutando le nuove definizioni e la revisione di quelle pregresse, sulla base di evidenze cliniche e scientifiche; - rimuovendo definizioni di ridotta utilità e validità clinica; - ridefinendo l’ attribuzione di alcuni disordini mentali a specifici cluster e categorie. Gli obiettivi del manuale così compilato sono : - fornire alla pratica clinica una guida appropriata, flessibile, e in grado di ridurre l’impatto delle differenze metodologiche; - definire nel modo più congruo possibile i disordini mentali, e limitare le dimensioni del “non altrimenti specificato” presente nel DSM-IV. Approccio dimensionale La malattia mentale è eterogenea: questo attributo rende inefficace l’approccio categoriale multiassiale del DSM IV-TR. Esso, pur ispirato dalla ricerca di un’omogeneità delle cause e delle manifestazioni della malattia, che guidasse verso omogenee scelte terapeutiche e linee di ricerca, appare risolversi nella genesi di categorie troppo ristrette, che non considerano la larga condivisione di sintomi e fattori di rischio tra malattie diverse, e che separano in modo categorico ma inappropriato diagnosi reciprocamente confinanti. Un approccio dimensionale, dunque, si rende necessario per cogliere meglio le “sfumature”, oltre che i bruschi cambiamenti di tono che separano le diverse entità cliniche. Sebbene sia scientificamente prematuro pensare a nuove definizioni per molte patologie, è allora indicato nel DSM-5 un processo di definizione meno rigido e più largamente fondato sull’identificazione delle dimensioni psicopatologiche. La distorsione di queste deve ritenersi sottesa allo sviluppo delle malattie mentali Altra modifica di notevole importanza riguarda la definizione di disfunzione: secondo il DSM-IV il termine disfunzione consiste in un disordine comportamentale, biologico o psicologico, affermazione che implica l’esistenza di diversi tipi di disgunzione e diversi livelli, distinti e separati in cui essa si manifesta; secondo il DSM-%, la disfunzione è di natura psicobiologia. Questo indica la crescente consapevolezza che i cambiamenti biologici, psicologici e comportamentali sono in realtà interdipendenti e intercorrelati. Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 40 La diagnosi di disturbo ipercinetico secondo l’ICD-10 richiede la contemporanea presenza, nello stesso bambino, di almeno sei sintomi di inattenzione, almeno tre sintomi di iperattività e almeno un sintomo di impulsività; l’ICD-10 non prevede alcuna categoria diagnostica corrispondente all’ADHD di tipo prevalentemente inattentivo. Mentre il DSM favorisce la diagnosi multipla e multi assiale (comorbidità), l’ICD richiede una maggiore parsimonia diagnostica e un approccio gerarchico alla diagnosi; in altre parole, quando i sintomi ipercinetici e/o disattentivi si associano ad un’altra diagnosi neuropsichiatrica significativa, l’ICD privilegia la codificazione di solo una di queste diagnosi. Nel DSM 5 la descrizione dell’età di esordio è stata modificata (da “alcuni sintomi di iperattività-impulsività o di disattenzione che causano menomazione devono essere stati presenti prima dei 7 anni di età” a “diversi sintomi di disattenzione o di iperattività- impulsività erano presenti prima dei 12 anni”) ora è possibile una diagnosi in comorbidità con un disturbo dello spettro dell’autismo per gli adulti cut off di 5 sintomi (invece dei 6 richiesti per gli individui più giovani, sia per disattenzione, sia per iperattività-impulsività). 5. Disturbi specifici dell’apprendimento Il DSM e l’ICD individuano tre diversi disturbi distinguendo i soggetti con disturbo prevalente nell’apprendimento della lettura dai bambino con disturbo specifico di scrittura e dai bambini in cui le difficoltà sono presenti in tutte le aree di apprendimento. Questa categoria nosografica permette di separare i bambini con disturbo specifico di apprendimento dai bambini che presentano una difficoltà di apprendimento secondaria. L’estrema variabilità del quadro clinico ha proposto la necessità di arrivare all’individuazione di diversi sottotipi. • Dislessia:difficoltà specifica nella lettura. Comporta un difficoltà a riconoscere e comprendere i segni associati alla parola. • Disgrafia: difficoltà, a livello grafico–esecutivo, nella riproduzione dei segni alfabetici. È una difficoltà che investe la scrittura ma non il contenuto. • Disortografia: difficoltà a scrivere le parole usando tutti i segni alfabetici e a collocarli al posto giusto e/o a rispettare le regole ortografiche (accenti, apostrofi, forme verbali etc.). • Discalculia: difficoltà nelle abilità di calcolo o della scrittura e lettura del numero. Disturbi dello spettro della schizofrenia e altri disturbi psicotici Nel DSM-5 la schizofrenia è descritta in termini di spettro. I sottotipi della schizofrenia vengono eliminati. Per la diagnosi di schizofrenia, il DSM-5 richiede che il soggetto abbia almeno uno dei tre sintomi positivi: deliri, allucinazioni e disorganizzazione dell’eloquio. Inoltre, la presenza dei deliri bizzarri non rappresenta più un criterio specifico per la diagnosi, ma si richiede che siano presenti sintomi positivi e sintomi negativi. La presenza di deliri, allucinazioni o eloquio disorganizzato è necessaria per la diagnosi. - Disturbo schizotipico di personalità - Disturbo delirante; - Disturbo psicotico breve; - Disturbo schizofreniforme; - Schizofrenia; - Disturbo schizoaffettivo; - Disturbo psicotico indotto da sostanze; - Disturbo psicotico dovuto a un’altra condizione medica; - Catatonia  il DSM-5 tratta la catatonia come un disturbo indipendente, ma riconosce l’esistenza della catatonia associata ad altro disturbo mentale. Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 41 Disturbi bipolari e disturbi correlati Nel DSM-5 i disturbi depressivi e quelli bipolari non vengono più inclusi in un’unica categoria, quella dei disturbi dell’umore. Non è più presente il disturbo bipolare misto, in quanto sostituito dallo specificatore “con caratteristiche miste”. Disturbi depressivi In tale sezione troviamo alcuni cambiamenti delle principali etichette e due nuove denominazioni: il disturbo disforico premestruale e il disturbo da disregolazione dell’umore dirompente. Nessuna diagnosi specifica per il lutto complicato o il dolore complicato. I disturbi elencati in questa sezione sono: - Disturbo depressivo maggiore; - Disturbo da disregolazione dell’umore dirompente; - Disturbo depressiovo persistente (o distimia); - Disturbo disforico premestruale; Il DSM-5 ha introdotto il disturbo da lutto persistente complicato nella Sezione III come oggetto di ulteriori approfondimenti; ha però eliminato l’eccezione del lutto per la diagnosi di disturbo depressivo maggiore: anche se si è subita una perdita, si può ricevere questa diagnosi. Disturbi d’ansia Questa categoria raggruppa tutti quei disturbi caratterizzati da paura ed ansia eccessive e i disturbi comportamentali correlati. I vari disturbi d’ansia vengono presentati in sequenza secondo l’età tipica di esordio: - Disturbo d’ansia da separazione; - Mutismo selettivo; - Fobia specifica; - Disturbo d’ansia sociale; - Disturbo da panico; - Agorafobia; - Disturbo d’ansia generalizzato; Non rientrano in tale categoria diagnostica il disturbo ossessivo-compulsivo e i disturbi da stress correlati, in quanto considerati entità nosologiche autonome. Disturbo ossessivo-compulsivo e disturbi correlati Il disturbo ossessivo-compulsivo è caratterizzato da ossessioni (pensieri, impulsi o immagini ricorrenti e persistenti vissuti come indesiderati) e compulsioni (comportamenti o azioni mentali ripetitive che un individuo si sente obbligato a mettere in atto pr alleviare l’ansia). Disturbi correlati a eventi traumatici e stressanti Questo capitolo racchiude delle categorie diagnostiche precedentemente catalogate altrove. - Disturbo reattivo dell’attaccamento; - Disturbo da impegno sociale disinibito; - Disturbo da stress post-traumatico; - Disturbo da stress acuto; - Disturbo dell’adattamento. Disturbi dissociativi I disturbi dissociativi sono caratterizzati dalla sconnessione e/o dalla discontinuità della normale integrazione di coscienza, memoria, identità, emotività, percezione, rappresentazione corporea, controllo motorio e comportamento. I sintomi dissociativi possono compromettere ogni area del funzionamento psicologico ed essere vissuti come intrusioni indesiderate. Rientrano nei disturbi dissociativi: - Disturbo dissociativo dell’identità; - Amnesia dissociativa; - Disturbo da depersonalizzazione o derealizzazione. Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 42 Disturbi da sintomi somatici e disturbi correlati I disturbi da sintomi somatici rappresentano una riorganizzazione dei disturbi somatoformi e dei criteri per diagnosticarli. Tali cambiamenti sono stati giustificati dalla necessità di ridurre le sovrapposizioni diagnostiche e di chiarire i criteri utili alla diagnosi. Sono stati eliminati il disturbo da somatizzazione, l’ipocondria, il disturbo algico e il disturbo somatoforme indifferenziato. - Disturbo da sintomi somatici; - Disturbo da ansia di malattia; - Disturbo di conversione; - Fattori psicologici che influenzano una condizione medica; - Disturbo fittizio. Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione Per quanto concerne l’anoressia, il DSM-5 ha eliminato il criterio dell’amenorrea come essenziale per poter fare diagnosi. Nel Binge-Eating Disorder è stata modificata la frequenza media minima di abbuffate necessarie per la diagnosi da due volte a settimana per sei mesi ad almeno una volta alla settimana negli ultimi tre mesi. Tra i disturbi dell’alimentazione e della nutrizione troviamo: - Pica; - Disturbo della ruminazione; - Disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo; - Anoressia nervosa; - Bulimia nervosa; - Disturbo da Binge-Eating. Disturbi dell’evacuazione Tutti i disturbi dell’evacuazione, diagnosticati per la prima volta nell’infanzia o nell’adolescenza, sono caratterizzati da un’evacuazione inappropriata di urine o di feci. Sono disturbi dell’evacuazione l’enuresi e l’encopresi. Disturbi del sonno-veglia Rientrano in tale categoria i disturbi caratterizzati da insoddisfazione riguardo la qualità, la quantità e/o la durata del sonno. - Disturbo da insonnia; - Disturbo da ipersonni; - Narcolessia; - Disturbi del sonno correlati alla respirazione; - Parasonnie; Disturbi sessuali Le disfunzioni sessuali costituiscono un gruppo eterogeneo di disturbi connotati da un’anomalia clinicamente significativa nella capacità di un individuo di avere relazioni sessuali o provare piacere sessuale. - Eiaculazione ritardata; - Disturbo erettile; - Disturbo dell’orgasmo femminile; - Disturbo del desiderio sessuale e dell’eccitzione femminile; - Disturbo del dolore genito-pelvico e della penetrazione; - Disturbo del desiderio sessuale ipoattivo maschile; - Eiaculazione precoce; Disforia di genere La disforia di genere è una nuova classe diagnostica del DSM-5. Sono stati strutturati criteri separati per bambini, adolescenti e adulti. Ciò che viene maggiormente enfatizzato dai criteri previsti nel manuale è l’incongruenza di genere, anziché l’identificazione con il sesso opposto. Questa caterogia sostituisce il disturbo dell’identità di genere presente nel DSM-IV. Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 45 Capitolo 2 Il Psychodynamic Diagnostic Manual (PDM) Tommaso Marfella, Ilaria Bracati Monaco , Luigi Alessandro Russolillo Introduzione Il PDM nasce negli Stati Uniti nel 2006 da varie associazioni psicoanalitiche. In manuale nasce con l’intento di creare una sintesi tra l’approccio psicoanalitico e la nosografia classica, rappresentata fino a quel momento dai DSM e dalle versioni dell’ICD. Il PDM utilizza un sistema multi assiale costituito dai tre assi P (pattern e disturbi di personalità), M (profilo del funzionamento mentale) e S (pattern sintomatici) considerando la salute – alla luce del modello biopsicosociale di Libman Engel non come assenza di sintomi, ma come quella gamma di risorse cognitive, affettive e relazionali che risultano adattive per l’individuo stesso. La differenza più evidente con i sistemi nosografici come l’ICD e il DSM è rappresentata dal legame del PDM con la teoria psicoanalitica, soprattutto nella sua accezione più relazionale. Esso, dunque, rappresenta il primo tentativo di messa a punto di una nosografia psicoanalitica sistematica e si propone di coniugare le risultanze empiriche degli studi condotti sulla scorta di sistemi nosografico-descrittivi, le ipotesi della pratica della psicoanalisi e le influenze della diagnostica tradizionale, in un sistema coeso e integrato, che possa essere impiegato per la diagnosi clinica, la formulazione del caso e la progettazione degli interventi. Struttura Il manuale si articola in tre parti: la parte prima è dedicata alla classificazione dei disturbi mentali degli adulti, la parte seconda è dedicata alla classificazione dei disturbi mentali in bambini e adolescenti, mentre la parte terza rappresenta il background teorico e metodologico sul quale il manuale si basa. Parte prima La sezione dedicata agli adulti è costituita da tre assi. L’ASSE P valuta pattern e disturbi di personalità. La diagnosi viene collocata su un continuum di gravità suddiviso in aree di organizzazione “sana”, “nevrotica” e “borderline” – la quale, all’apice della sua gravità, sconfina nell’area psicotica. Il principale indice di sanità è dato dal gradiente di flessibilità, intendendo con questo termine la capacità di guardare a un problema da punti di vista diversi e di adottare uno dei possibili modi di farvi fronte. Inoltre, le personalità sane sono in grado i esperire una gamma relativamente completa di emozioni, sentimenti e pensieri. All’estremo più disturbato del continuum, invece, si trovano personalità rigide e non flessibili che possono presentare poche e/o inefficaci strategie di gestione dello stress, una ristretta gamma di emozioni, deficit nel senso di identità e un alterato esame della realtà che non permette loro di adattare al contesto le proprie modalità di funzionamento. I disturbi di personalità considerati all’interno di quest’asse sono solo in parte sovrapponibili a quelli presenti nel DSM. Alcuni disturbi di personalità presentano dei sottotipi. Il PDM non si ferma soltanto all’analisi delle caratteristiche, bensì si avvale delle informazioni derivanti da inferenze cliniche non sempre osservabili, quali quelle concernenti il transfert e il controtransfert. È evidente come il manuale abbia una forte impronta relazionale, in quanto non ci si basa solo su di una sintomatologia osservabile, ma anche le impressioni e le sensazioni del clinico diventano un valido strumento per un inquadramento diagnostico completo. Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 46 Un ulteriore aiuto al clinico è dato dalla categorizzazione che suddivide i disturbi in due macrocategorie: analitici, laddove l’interesse e le preoccupazioni sono rivolte verso la relazionalità, e introiettivi, nei quali in focus è posto sulla propria identità. In aggiunta a queste considerazioni, per ogni disturbo vi sono alcune indicazioni di ordine generale per la psicoterapia. L’ASSE M rappresenta la seconda dimensione sulla quale il clinico valuta più in dettaglio il funzionamento mentale del paziente. Attraverso l’analisi di 9 capacità di base egli è in grado di ottenere un profilo del funzionamento mentale ed emotivo che tenga conto della complessità dell’esperienza soggettiva del paziente. Le funzioni di base sono: 1. Capacità di regolazione, attenzione e apprendimento; 2. Capacità di relazioni e intimità; 3. Qualità dell’esperienza interna; 4. Esperienza, espressione e comunicazione degli affetti; 5. Pattern e capacità difensive; 6. Capacità di formare rappresentazioni interne; 7. Capacità di differenziazione e integrazione; 8. Capacità di auto-osservazione; 9. Capacità di costruire e ricorrere a standard ideali interni. L’ASSE S è l’ultima dimensione valutata. Comprende descrizioni sintomatiche che assumono significato solo se poste in relazione ad una valutazione globale della personalità. In relazione alla supposta esistenza di componenti biologiche sottostanti a specifici disturbi, gli autori precisano come nel loro approccio la frequente comorbidità tra diversi disturbi sia piuttosto espressione della presenza di sintomi eterogenei, facenti parte di un più complesso, ma unico, disturbo di base del funzionamento mentale. Parte seconda La parte seconda è dedicata alla classificazione dei disturbi mentali di bambini e adolescenti e si articola in quattro assi. L’ASSE MCA, tracciando il profilo del funzionamento mentale, ricalca la struttura dell’Asse M, aggiungendo però una serie di definizioni di riferimento su funzioni mentali quali attenzione, regolazione e apprendimento. L’ASSE PCA prende in considerazione i pattern di personalità in maniera del tutto simile all’Asse P, ma con una particolare attenzione all’enorme plasticità dei pattern, i quali possono modificarsi in seguito a mutamenti del contesto ambientale e familiare, oltre che alla vera e propria maturazione psicofisica. L’ASSE SCA è del tutto sovrapponibile all’Asse S con l’aggiunta della distinzione tra crisi evolutive ed adattive. L’ASSE IEC, infine, opera una classificazione dei disturbi mentali e dello sviluppo in neonati e bambini piccoli e si articola a sua volta in cinque assi che permettono al clinico un assessment globale. Parte terza La parte terza comprende alcuni contributi teorici che hanno portato alla stesura del manuale. Tra i contributi, troviamo quello riportato nell’edizione italiana e che riguarda la diagnosi della personalità effettuata tramite l’utilizzo della SWAP. L’ultimo capitolo è ad opera di Fonagy e riporta una sua metanalisi di ricerche evidence-based sull’outcome con focus sugli studi riguardanti l’efficacia delle psicoterapie. Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 47 Capitolo 3 Imporsi la diagnosi differenziale nella valutazione psicologica Annarita Acunzo, Ilaria Carnevale Introduzione La diagnosi non è un processo utilizzato esclusivamente in ambito medico o psicologico, e non ha un significato univoco: essa indica l’identificazione di una determinata patologia e/o di un fenomeno mediante fattori che lo caratterizzano; inoltre, è una procedura che permette a clinici, professionisti e altre figure appartenenti all’ambito sanitario di comunicare tra loro. In particolare, nel campo psicologico la diagnosi è considerata un processo di osservazione clinica, di inquadramento delle osservazioni cliniche in una cornice formale riconosciuta dalla comunità scientifica, e di elaborazione di ipotesi sui meccanismi di formazione e mantenimento degli esiti clinici ai fini della scelta del trattamento. Data la grande importanza di questo processo in campo psicologico, è indispensabile che l’iter diagnostico venga svolto nel migliore dei modi: il maggiore problema di una diagnosi errata sarebbe la pianificazione di un trattamento non adeguato al paziente, che causa di conseguenza un ritardo nella guarigione o addirittura un danno. Ogniqualvolta ci si appresti a compiere una valutazione psicologica, è buona pratica imporsi una diagnosi differenziale. La diagnosi differenziale è definita come la discriminazione tra patologie analoghe che vengono progressivamente eliminate in base alla presenza o assenza di altri segni e sintomi. Nel manuale di diagnosi differenziale del DSM-5, il processo di diagnosi differenziale viene suddiviso in sei fasi: 1. La prima fase prevede l’esclusione di una simulazione della malattia o di un disturbo fittizio: può succedere che il paziente inganni il clinico simulando o fingendo di provare dei sintomi. Il paziente è considerato dissimulatore di malattia quando cerca di raggiungere uno scopo; quando invece la finzione si attua anche in assenza di ricompense esterne, si procede con la diagnosi di disturbo fittizio. Nella formulazione della diagnosi in questi casi bisogna considerare la presenza di incentivi esterni conseguibili con la condizione psichiatrica. È consigliabile quindi avere il giusto grado di sospettosità e fiducia. 2. Nella seconda fase bisogna escludere un’eziologia indotta da sostanze. Ad esempio, se il paziente presenta sintomi psicotici, e questi sono indotti da cocaina, non ha senso intraprendere una terapia con farmaci antipsicotici. 3. Nella terza fase si esclude un’eziologia dovuta a una condizione medica. Per “dovuta a una condizione medica” si intende una patologia i cui sintomi scaturiscono da una condizione medica che è classificata al di fuori dei disturbi mentali, cioè di natura non psichiatrica. Data la difficoltà di questa differenziazione, bisogna considerare fattori quali l’atipicità dei sintomi per l’età di esordio della patologia e la natura della relazione temporale. 4. La quarta fase prevede l’individuazione dello specifico disturbo primario: il clinico è chiamato a determinare quale tra i disturbi mentali presenti nel DSM o in altri manuali diagnostici meglio descrive l’intero quadro sintomatologico presentato dal paziente. 5. Nella quinta fase è necessario differenziare il disturbo dell’adattamento da disturbi residui con altra specificazione o senza specificazione. Molti quadri clinici spesso non si conformano a un modello particolare di sintomi, oppure sono al di sotto della soglia di gravità e durata stabilita. Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 50  Disturbo narcisistico di personalità e disturbo borderline di personalità L’impulsività generale, la disorganizzazione delle relazioni interpersonali, un grave abbassamento delle capacità lavorative e il comportamento autodistruttivo, nonché una profonda sensibilità alle critiche e al rifiuto, accomunano il disturbo narcisistico con il disturbo borderline di personalità. Ma, a differenza del paziente francamente borderline, il narcisista presenta un’immagine di sé integrata e stabile. Per quanto riguarda le relazioni interpersonali, il paziente narcisista mostra una marcata difficoltà nell’accettare qualsiasi relazione in cui si sente dipendente, un’assenza di investimento in relazioni significative con gli altri, eccetto che in relazioni parassitarie o di sfruttamento; il paziente borderline, invece, nonostante la sua elevata ambivalenza nelle relazioni, risulta allo stesso tempo appiccicoso e dipendente, è molto presente e intrusivo, per poi scomparire repentinamente. Nei pazienti narcisisti si osserva la pretesa di avere privilegi, essendo loro “eccezionali”, credono fermamente di meritarseli; diversamente, il borderline si sente in diritto di riceverli in quanto vittima di un passato doloroso che fa di lui l’unico bisognoso al mondo, in credito di amore, intimità e trattamenti speciali. La sensibilità alle critiche e al rifiuto è esperita da questi pazienti in modo differente: il narcisista vive il rifiuto o la critica come vergognose umiliazioni, il borderline considera i rifiuti come abbandoni che innescano le sue paure di completa solitudine, mentre le critiche sono intollerabili perché esperite come accuse alla persona. Le critiche realistiche espongono il paziente borderline al rischio paradossale dell’integrazione delle parti scisse del proprio Sé, che egli sopporta solamente vivendole in maniera assoluta una per volta. Infine, i pazienti narcisisti risultano isolati socialmente, anche se apparentemente fanno parte di un’intricata rete di relazioni sociali, perdono i loro amici e non coltivano rapporti per lunghi periodi, a differenza dei borderline che coltivano relazioni simbiotiche e confusive, nonostante queste siano complicate e contraddittorie.  Disturbo narcisistico di personalità e disturbo antisociale di personalità La brutalità, la disinvoltura, la superficialità, la mancanza di empatia e lo sfruttamento di situazioni che possono creare profitto sono sintomi che caratterizzano sia il disturbo narcisistico di personalità che il disturbo antisociale di personalità. Nella pratica clinica si osservano due tipi di narcisista (inconsapevole e ipervigile): quello coinvolto in questa diagnosi differenziale con il disturbo antisociale di personalità è il narcisista inconsapevole, poiché le personalità narcisistiche ordinarie (il narcisista ipervigile) riescono a provare senso di colpa e preoccupazione, aspetti che non appartengono a una personalità narcisistica maligna. Le differenze stanno nella mancanza di caratteristiche impulsive, aggressive e disoneste per quanto riguarda il disturbo narcisistico di personalità, mentre gli antisociali non ricercano l’ammirazione e l’invidia degli altri. Inoltre, l’anamnesi dei pazienti narcisisti non include disturbi della condotta nell’infanzia, tipici nell’antisociale.  Disturbo narcisistico di personalità e disturbo istrionico di personalità Alcuni sintomi del disturbo narcisistico di personalità, come l’egocentrismo, la manipolazione degli altri, l’esibizionismo e la ricerca di attenzioni possono confondersi con il disturbo istrionico di personalità. L’elemento che determina la diagnosi differenziale è la motivazione alla base della ricerca di attenzioni: il narcisista auspica l’attenzione degli altri come conferma della propria grandiosità, mentre l’istrionico è disposto ad apparire e dimostrarsi fragile e dipendente pur di ottenere l’attenzione come fine a sé stessa. Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 51 Principali diagnosi differenziali: disturbo evitante di personalità Il disturbo evitante di personalità è caratterizzato da un’evidente inibizione sociale con sentimenti di inadeguatezza e ipersensibilità ai giudizi negativi. Il paziente evitante mostra un’estrema sensibilità al rifiuto e ciò determina un comportamento patologico nel funzionamento globale dell’individuo. Egli elude qualsiasi tipo di contatto sociale, non per mancanza di interesse nello sviluppo di relazioni, ma perché teme di essere respinto. Riesce a intraprendere una relazione solo quando è sicuro di piacere, ma in genere è diffidente verso gli altri, considerati sempre critici e disapprovanti.  Disturbo evitante di personalità e disturbo schizoide di personalità La caratteristica principale del disturbo evitante, l’inibizione sociale, appartiene ad altri due quadri sintomatologici: il disturbo schizoide e il disturbo schizotipico di personalità. Questi ultimi sono caratterizzati da una marcata assenza di relazioni, un patologico ritiro sociale e un evitamento di legami affettivi, ma mentre il paziente evitante li schiva per paura di un rifiuto, di essere umiliato o di sentirsi in imbarazzo, il paziente schiozoide o schizotipico evita i rapporti a causa della paura di essere invaso, annichilito, inglobato dall’altro o essere un facile bersaglio degli attacchi soffocanti da parte degli altri.  Disturbo evitante di personalità e disturbo paranoide di personalità La componente diffidente del disturbo di personalità evitante è caratteristica anche del disturbo paranoide di personalità: la riluttanza a fidarsi degli altri del paziente evitante scaturisce, però, dal timore di sentirsi in imbarazzo o di essere trovato inadeguato, piuttosto che, come nel paziente paranoide, dalla paura delle malevole intenzioni altrui.  Disturbo evitante di personalità e disturbo narcisistico di personalità Da un punto di vista psicodinamico, la vergogna e l’imbarazzo provati dal paziente evitante possono essere configurati con certi tipi di pazienti narcisistici, in particolare il narcisista ipervigile. Determinati criteri quali la paura di entrare in contatto con gli altri, la difficoltà a intraprendere e coltivare relazioni sociali, uniti al timore di essere umiliati o delusi quando le relazioni non soddisfano i propri bisogni vengono erroneamente attribuiti a un disturbo evitante di personalità, nonostante siano aspetti caratteristici del narcisista ipervigile. La necessità di essere amati e accettati dagli altri contraddistingue sia il paziente evitante che il narcisista ipervigile, ma nell’evitante è assente il senso di grandiosità e l’esclusività dei privilegi tipici del paziente narcisista. Inoltre, il narcisista ipervigile cerca sempre l’ammirazione degli altri, indipendentemente dal fatto di essersela guadagnata o no. Il continuum schizoide, schizotipico e schizofrenico I disturbo schizoide e schizotipico sembrano assomigliare molto alla schizofrenia, quindi la diagnosi differenziale tra questi disturbi di personalità e la psicosi è difficile. Da un punto di vista psicoanalitico, le personalità schizoide e schizotipica rappresentano le manifestazioni non psicotiche della schizoidia, mentre la schizofrenia rappresenta le sue manifestazioni psicotiche. Gunderson ha sottolineato come il disturbo schizoide e quello schizotipico siano così simili da rendere arbitrario il tracciare una linea divisoria tra essi; sarebbe meglio considerarli come due estremità di un continuum, nonostante alcuni sintomi schizotipici possono essere comunemente associati a quelli della schizofrenia. Lo stesso disturbo schizotipico può essere declinato lungo un continuum, nel quale l’estremità meno compromessa è quella più vicina al disturbo schizoide, mentre quella maggiormente invalidante è più vicina al versante Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 52 schizofrenico. Tale ipotesi è stata confermata da alcuni studi secondo cui il disturbo schizotipico di personalità è una versione attenuata della schizofrenia, caratterizzata da un esame di realtà più o meno conservato, difficoltà nelle relazioni interpersonali e lieve disturbo del pensiero. Inoltre, gli stessi studi hanno dimostrato una più alta correlazione genetica tra il disturbo schizotipico e la schizofrenia, piuttosto che con lo schizoide. Alcuni sintomi negativi della schizofrenia sono presenti anche nei disturbi schizoide e schizotipico. Un altro fattore sintomatico comune è la difficoltà a intraprendere lrelazioni interpersonali, che si manifesta nel ritiro, nell’espressione inadeguata dell’aggressività e della sessualità e nell’incapacità ad avere un contatto significativo con le persone. Un’ulteriore distinzione fondamentale è che le persone con disturbo di personalità schizotipico, di solito, possono comprendere la differenza tra le loro idee distorte e la realtà, capacità assente nello schizofrenico, sopraffatto dai deliri e dalle allucinazioni che popolano la sua realtà fantastica. Inoltre, la difesa che li allontana dalla realtà esterna è diversa: lo schizoide e lo schizotipico ricorrono alla fantasia schizoide, e questa determina la fuga da una realtà inappagante e il ritiro in un mondo interno onnipotente, abitato da relazioni intime immaginarie; il ritiro dalla realtà dello schizofrenico, invece, avviene per mezzo del ritiro autistico, che provoca una perdita di contatto con la realtà e l’impossibilità di rispondere ai suoi stimoli; manca la creazione di un mondo interiore compensatorio. Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 55 Integrazione tra sistema categoriale e sistema dimensionale Nella valutazione dei meccanismi di difesa, occorre tener presente che non sempre i comportamenti e le sintomatologie possono essere ricondotti univocamente a precisi stili difensivi. La SSWAP-200 è uno strumento di valutazione della personalità sana e patologica dimostratasi capace di superare i limiti dell’Asse II del DSM-IV. L’obiettivo degli autori era quello di colmare il baratro tra ricerca e clinica. A partire dal desiderio di riconoscere i processi difensivi inconsci e impliciti, gli autori sostengono che occorra allontanarsi dalle autovalutazioni da parte dei pazienti, favorendo il controllo scientifico dell’inferenzialità e della soggettività, spessa associata alle valutazioni emesse dai clinici. La caratteristica che distingue la SWAP da altri strumenti sta nella procedura diagnostica del Matching prototype: tale procedura fonda la valutazione non sul conteggio di un certo numero di criteri, ma su quanto il quadro clinico di un paziente sia vicino a quello del prototipo di un certo disturbo. Un altro strumento di rilievo è la Scala del Funzionamento Difensivo di Perry, che affonda le proprie radici storiche, concettuali e metodologiche nell’area di ricerca sulle difese psichiche, sorta e incentivata dalla possibilità di formulare un Asse diagnostico psicodinamico. La Scala del Funzionamento Difensivo offre una guida in grado di fornire una base comune in grado di motivare e giustificare le valutazioni psicodiagnostiche. In questo modo è possibile aumentare l’attendibilità delle osservazioni raccolte, oltre a ridurre al minimo la soggettività delle valutazioni delle difese. Nello specifico, lo strumento permette di identificare i meccanismi di difesa del soggetto esaminato attraverso un’intervista che consta di due fasi: la prima permette all’osservatore di riconoscere la presenza di un meccanismod i difesa, identificandone punto di inizio e di fine; segue poi la seconda fase in cui l’osservatore fa una diagnosi differenziale delle difese implicate in questo tratto del colloquio. La scelta finale avviene solo dopo aver colto quale, tra le attività difensive riconosciute, meglio si adatta a tale funzione nella vita del soggetto. La Scala del Funzionamento Difensivo prende in esame 27 meccanismi di difesa, organizzati in una progressione gerarchica che prevede 7 diversi livelli di maturità adattamento. Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 56 Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 57 Capitolo 5 Disturbi di personalità e meccanismi di difesa Sofia Cozzi, Serena Varlese Disturbi di personalità e meccanismi di difesa Il termine personalità può essere definito come un'organizzazione strutturata di pensiero, sentimenti o comportamenti che sta alla base delle modalità di adattamento del soggetto caratterizzando nello stile di vita. Secondo il DSM la personalità può essere definita come un insieme di tratti, i quali vengono definiti come delle modalità costanti di percepire, relazionarsi e rappresentare l'ambiente se stessi e che si evidenziano in una molteplicità di contesti sociali e personali. L'idea è sempre raggruppa i disturbi di personalità in tre Cluster. Cluster A: comprende disturbi di personalità caratterizzata da condotta estranea o eccentriche: paranoide, schizoide schizotipico. Cluster B: comprende disturbi di personalità caratterizzati da comportamenti drammatici eccentrici: narcisistico, borderline, antisociale e istrionico. Cluster C: comprende disturbi di personalità caratterizzato da condotte ansiose o inibite: evitante, ossessivo-compulsivo e dipendente. Cluster A: paranoide, schizoide e schizotipico Il Cluster A comprende disturbi di personalità caratterizzati da condotte strane o eccentriche: paranoide, schizoide schizotipico. Il disturbo paranoide di personalità risulta essere un insieme di tratti pervasivi e rigidi di personalità che comprendono estrema sfiducia e sospettosità. Il paziente Paranoide dubita ingiustamente della fedeltà del proprio partner e della lealtà delle persone a lui vicine, e reagisce con rabbia quelli che percepisce come attacchi e offese da parte degli altri, che minano la propria reputazione. Il soggetto con disturbo paranoide di personalità utilizza come meccanismo di difesa la scissione, la proiezione e l’identificazione proiettiva. Con il meccanismo di difesa della proiezione il soggetto con disturbo paranoide di personalità non Proietta all'esterno la propria paura, ma la propria rabbia. Secondo Kernberg, il nucleo della patologia sarebbe costituito da una bassa autostima. Ipersensibilità alle aspettative di pericolo e sfruttamento, rendono difficoltoso lo stabilirsi di una buona alleanza terapeutica con questi pazienti, che tendono a manifestare rabbia e aggressività. Il terapeuta deve affrontare la situazione con cautela, tenendo costantemente presente il fatto che anche i suoi tentativi di riparazione potrebbero essere interpretati dal paziente come possibili strategie di sfruttamento e inganno. Il transfert è intenso, immediato e negativo. Il terapeuta spesso è vissuto dal paranoide come potenzialmente svalutante o come fonte di umiliazione. Viene attribuita alla figura del terapeuta severità, mancanza di umorismo e tendenza alla critica. I clinici tendono a sentirsi criticati, non apprezzati e svalutati, hanno paura di dire la cosa sbagliata o devono trattenersi dal fare qualcosa di assertivo per il timore che questi pazienti potrebbero avere reazioni esagerate, perdere il controllo o andare via. Il disturbo schizoide di personalità è caratterizzato principalmente dal distacco dalle relazioni sociali e da una ristretta gamma di espressione delle emozioni. I soggetti che soffrono di questo disturbo sono solitamente considerati dai solitari, anche se possono avere un funzionamento adeguato nelle situazioni sociali quando ne hanno bisogno. La persona con disturbo schizoide di personalità non prova piacere nelle relazioni sociali ed è caratterizzata da introversione e dal ritiro sociale. I meccanismi difensivi tipici dei soggetti schizoidi sono la scissione, il ritiro sociale e la fantasia autistica. Solo attraverso l'isolamento è possibile preservare il vero Sè, e da ciò deriva un senso di inautenticità della propria vita. Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 60 diventare eccessivamente dipendenti allorquando riescono a fidarsi di qualcuno, manifestando così il loro profondo bisogno di legami stretti. Si verifica piuttosto frequentemente che questo disturbo si presenti in comorbilità con il disturbo dipendente di personalità. Il terapeuta, nel regolare la relazione con il paziente evitante, dovrebbe trasmettere calore affettivo ed empatia, prestando particolare attenzione alla emergere della vergogna nel qui ed ora della seduta. In caso di eventuali rotture, dovrebbe riuscire a far entrare in contatto il paziente con la propria aggressività, permettendogli di sperimentarla nel contesto della relazione terapeutica. I clinici Tendono ad essere molto protettivi a prendersi cura di questi pazienti contenendo le loro paure ed ansie. Nel lavoro terapeutico, i terapeuti possono sentirsi tristi e arrabbiati con le persone che non hanno soddisfatto i loro bisogni affettivi. Allo stesso tempo, tendono a sentirsi soddisfatti del lavoro svolto e si sentono fiduciosi rispetto ai risultati che questi ultimi possono o potranno ottenere dal trattamento. Il disturbo ossessivo compulsivo di personalità è caratterizzato dal bisogno di ordine e controllo. Il soggetto con disturbo ossessivo compulsivo di personalità ricorre a meccanismi difensivi quali l’isolamento affettivo, l’intellettualizzazione, la formazione reattiva e l'annullamento retroattivo. I soggetti con disturbo ossessivo compulsivo di personalità sviluppano elaborate razionalizzazioni per spiegare i propri comportamenti ossessivi, comportamenti che sono duraturi ed egosintonici. Nel disturbo ossessivo compulsivo, invece, queste manifestazioni sintomatiche sono ego distoniche, e pertanto riconosciute come problematiche e portatrici di disagio. Questi pazienti tendono a fare i “bravi pazienti” e difficilmente esprimono dissenso o critica nei confronti del terapeuta. Il paziente ossessivo compulsivo percepisce il terapeuta come un genitore devoto, ma giudicante e pieno di pretese di cui coglie la compiacenza sul piano cosciente e, al tempo stesso, L'opposizione inconscia. I clinici non si sentono impegnati o coinvolti nelle sedute con questi pazienti. Possono anche provare sentimenti di irritazioni, noi a il ritiro. Il disturbo dipendente di personalità è caratterizzato da una grande difficoltà a vivere in maniera autonoma. I soggetti con disturbo dipendente di personalità sono incapaci di prendere decisioni da soli e di assumersi anche la più semplice responsabilità, hanno un costante bisogno che qualcun altro si prenda cura di loro e, quando possono, preferiscono demandare agli altri le proprie scelte. Lo stile difensivo dipendente e spesso caratterizzato da un uso massiccio della negazione. Le persone dipendenti possono anche giungere alla negazione del proprio bisogno di dipendenza, razionalizzando le proprie inadeguatezze o esteriorizzandole, attribuendole a qualche circostanza sfortunata o a qualche improbabile malattia somatica. Il terapeuta deve mantenere una costante attenzione affinchè l'accordo con il paziente e il processo terapeutico non siano falsati dal bisogno di dipendenza e dalla sottostante paura dell'Autonomia del paziente. In caso di rottura, il terapeuta dovrebbe aiutare il paziente a esprimere il proprio dissenso e insoddisfazione e, al tempo stesso, sperimentare gli aspetti di autonomia che possono coesistere con quelli di dipendenza. Nelle fasi avanzate del trattamento, questi pazienti potrebbero iniziare a mettere in atto dei tentativi di autonomia, che potrebbero prendere la forma di allontanamenti dal trattamento: il terapeuta dovrebbe essere in grado di leggere e interpretare tali allontanamenti come un modo che il paziente utilizza per entrare in contatto con i propri bisogni di autonomia. I clinici desiderano per i loro pazienti dipendenti ciò che gli altri non hanno mai potuto o saputo dare, e sentono di dover prendersene cura. I terapeuti si sentono coinvolti con tali pazienti e di solito sono concentrati e non si distraggono in seduta, a volte però possono sentirsi ansiosi o frustrati e possono esprimere un sentimento di impotenza è incapacità ad aiutarli. Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 61 Capitolo 6 Il colloquio clinico Raffaella Perrella, Tommaso Mardella, Ilaria Bracuti Monaco Introduzione storica Il colloquio clinico, insieme ai test e all'osservazione, è tra gli strumenti principe nelle mani dello psicologo che abbia come finalità una valutazione globale ed approfondita della soggettività di un paziente. Risulta chiaro come sia difficile, se non impossibile, portare a compimento una procedura di Assessment senza Servirsi del colloquio clinico. Risulta chiaro come sia difficile, se non impossibile, portare a compimento una procedura di Assessment senza Servirsi del colloquio clinico. Il colloquio di tipo medico prevede una classificazione oggettiva del paziente all'interno di distinte categorie diagnostiche. Del diverso e il fine del colloquio psicologico. Questo, attraverso la strutturazione di una relazione tra il clinico il paziente, porta all'avvio di un processo di conoscenza della personalità di quest'ultimo, che non si limita al semplice inquadramento diagnostico, ma ha come obiettivo la comprensione profonda tanto dei suoi disagi quanto dei suoi punti di forza. Il fil Rouge che sembra unire i lavori di diversi autori e la nozione di campo bipersonale introdotta Da Willy e Medeline Branger. Autori provenienti da differenti background teorici concordano sul fatto che le realtà osservabili all'interno della stanza del colloquio non sono due - la soggettività del paziente e quella del clinico. Il campo dinamico creato dall'interazione delle dinamiche soggettive dei due attori, a partire dalle relazioni transferali del paziente, costituisce una terza dimensione di fondamentale importanza. Gli scopi del colloquio Il colloquio è uno degli strumenti principali di cui il clinico dispone della prassi psicodiagnostica. Per usarlo efficacemente, però, è bene che il professionista abbia ben chiare le premesse iniziali sulle quale fonderà il suo lavoro. Tale presupposto può fondarsi solo su un’esauriente analisi della domanda, capace di fornire al clinico gli elementi necessari per evitare eventuali collusioni. Il colloquio, inoltre, può essere più o meno strutturato a seconda del fine che ha. Se dovessimo immaginare un continuum sulla base di un gradiente di strutturazione, avremmo da un lato il colloquio clinico propriamente detto, chiamato anche libero, proprio per l'assenza di uno schema preciso di domande, mentre, al lato opposto, avremo il colloquio guidato. Questo ha una finalità essenzialmente conoscitiva, e non è d'aiuto come il colloquio clinico, e si basa sulla formulazione di domande prestabilite secondo un ordine più o meno rigido. Lo scopo principale di un colloquio clinico è, oltre all'indispensabile raccolta anamnestica, l'osservazione delle basilari strategie del paziente, delle sue interazioni con l'altro, al fine di comprenderne la struttura di personalità. Un buon compromesso tra un colloquio strutturato è un colloquio libero è il colloquio strutturale di Kernberg. Esso nasce come strumento dell'analisi strutturale, ossia dell'analisi dei derivati strutturali delle relazioni oggettuali interiorizzate, unendo al tradizionale esame dello stato mentale, il colloquio psicodinamico. Questo colloquio ha come scopo quello di definire la struttura di personalità di un paziente, aiutando il clinico soprattutto nelle situazioni cosiddette “limite”. Le tecniche utilizzate dal clinico sono: Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 62 - La chiarificazione, ovvero l'indagine di elementi Vaghi e contraddittorie emersi nell'eloquio del paziente - La messa a confronto, che si definisce come la valutazione della capacità del soggetto di rispondere positivamente alla richiesta del clinico di guardare la realtà da diverse angolazioni - L'interpretazione delle difese e del transfert. Andando ad indagare, tramite queste tecniche, l'integrazione del io e l'esame di realtà del paziente, il clinico potrà effettuare una differenziazione tra pazienti con patologie organiche, con psicosi, con struttura di personalità Borderline o con nevrosi. Il setting La parola setting è stata introdotta da Winnicott per intendere un luogo favorevole alla nascita di significati condivisi, costruiti in uno spazio transizionale dove le interazioni reciproche tra paziente e terapeuta. Possiamo distinguere Il setting materiale da quello mentale. Con setting materiale intendiamo tutte le caratteristiche fisiche dell'ambiente, Ad esempio la stanza nella quale il colloquio clinico si svolge, che volente o nolente si fanno portatrici di significato. Quando parliamo di setting mentale ci riferiamo, invece, alla condizione interna di paziente è psicologo. Se, per quanto riguarda il primo, ci si deve augurare che sia pronto alla condivisione del proprio mondo intero no, rispetto al secondo numerosi sono stati i contributi di coloro che hanno provato a stabilire delle condizioni necessarie affinché un colloquio si svolga nel modo migliore possibile. Se Freud Voleva soprattutto sottolineare l'importanza della neutralità dell'analista, Ferenczi parla della necessità di adottare nei confronti del paziente uno stile materno intriso di pazienza, bontà, benevolenza ed empatia. Carla Candelori propone una lista di caratteristiche personali di base necessarie per affrontare questo lavoro. In primis, parla di una certa sensibilità che renfa lo psicologo capace di cogliere i movimenti emotivi di chi gli sta di fronte e farli risuonare dentro di sé, corredata da un'attenta capacità osservativa tale che gli consente di cogliere questi segnali. Un'altra caratteristica necessaria sarebbe un desiderio autentico riconoscere l'altro che non sfoci in una morbosa curiosità, ma sia tale da mantenere viva l'attenzione. L'autrice suggerisce, inoltre, di mantenere un atteggiamento costantemente rispettoso e non giudicante nei confronti del paziente delle problematiche che ci porta. E ancora: la capacità di saper accogliere, la pazienza del saper attendere, l'onestà, un atteggiamento generoso e flessibile e una buona cultura di base che attinga non solo alla ambito letterario ma anche alla musica, cinema, al teatro e alle varie forme d'arte. La struttura del colloquio Un colloquio clinico, sebbene nasca concretamente al momento dell'incontro, è preceduto da una nascita, per così dire metafisica, nelle menti dei partecipanti nel momento stesso in cui queste entrano per la prima volta in contatto. L'origine è dunque da rintracciare nel momento della telefonata. Molto frequentemente accade che una persona che abbia bisogno di un supporto psicologico Chiamami dopo un difficile processo decisionale che parte dal riconoscimento del proprio disagio ed arriva alla consapevolezza della necessità di chiedere aiuto. Per i fortissimi connotati e motivi impliciti in questo semplice gesto, è preferibile che rispondere sia il clinico stesso. Fissare l'appuntamento è già in sé una comunicazione al paziente, gli si dice che lo si prende in debita considerazione. Concordato quindi un giorno è un orario che soddisfi le esigenze di entrambi, si rimandano al momento dell'incontro le comunicazioni di altra natura. Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 65 Capitolo 7 La Schedler-Western Assessment Procedure (SWAP-200) Tommaso Morfella, Maria Capaldo Questo strumento cerca di integrare i dati della ricerca empirica con la pratica clinica, partendo dall’ipotesi che i processi psicologici necessitino di attenzione sia da parte della ricerca che della clinica. L’obiettivo della SWAP è quello di fornire una valutazione della personalità e implica l’immergersi nel complesso mondo interno di una persona. La SWAP- 200 si pone come un ponte tra la diagnosi nosografica-descrittiva e la diagnosi dimensionale rispetto alla valutazione dei disturbi di personalità. Gli autori di questo strumento ridefiniscono la diagnosi psicologica in diagnosi funzionale. Una diagnosi funzionale è una diagnosi che tiene conto degli aspetti soggettivi della personalità declinati in termini di motivazioni, cognizione, affetti e comportamento. Si guarda perciò all’adattamento psicologico e sociale dell’’individuo considerato tanto gli aspetti patologici quanto quelli funzionali in termini di risorse individuali. Descrizione della procedura La procedura SWAP-200 è clinician-report, ovvero è il clinico a compilarla dopo aver condotto un adeguato numero di incontri con il soggetto da valutare, incontri che non dovrebbero essere inferiori a 3-5. Schedler e Western ne hanno elaborato anche una versione per adolescenti di età compresa fra i 14 e i 18 anni, la SWAP-200-A. Lo strumento consta di 200 item descrittivi della personalità ricavati dalle descrizioni dei disturbi in Asse II del DSM, dalla letteratura clinica ed empirica sulla personalità e dall’esperienza clinica degli autori, e riguardano sia gli aspetti patologici che quelli funzionali e adattivi. Compito del clinico non è quello di valutare quanta patologia presenta il paziente, ma quanto gli item della SWAP siano descrittivi del funzionamento caratteristico di quel paziente. La tecnica di base è la tecnica Q-sort: il clinico deve distribuire gli item su 8 livelli (da 0 a 7) in base al loro grado di descrittività del paziente. Tuttavia, nell’attribuire i punteggi ai 200 item, bisogna rispettare una distribuzione fissa che prevede un numero di item prefissato per ogni categoria di punteggio (100 item per il livello 0; 22 item per il livello 1; 18 item per il livello 2; 16 item per il livello 3; 14 item per il livello 4; 12 item per il livello 5; 10 item per il livello 6; 8 item per il livello 7). Gli autori consigliano di effettuare la procedura nelle 24 ore successive all’ultimo colloquio utile per ricavare le informazioni necessarie per una compilazione che sia il più coerente possibile con il funzionamento del soggetto e di partire dagli item delle pile più descrittive (livelli 6 e 7). Completata la distribuzione, sarà possibile ricavare due tipi di diagnosi, entrambe declinabili sia in senso categoriale che dimensionale: - La diagnosi in scale PD: tale diagnosi è elaborata calcolando il grado di correlazione tra il profilo del paziente ottenuto e 11 prototipi di profili SWAP, 10 descrittivi della personalità secondo i disturbi in Asse II del DSM e uno descrittivo del paziente sano ad alto funzionamento. La correlazione tra la valutaizone del singolo paziente e gli 11 prototipi è standardizzata in punti T con media = 50 e deviazione standard = 10. - La diagnosi in fattori-Q: i fattori-Q sono nuove categorie ricavate dall’applicazione della procedura SWAP a un campione di pazienti reali con diagnosi di disturbo di personalità secondo le categorie del DSM attraverso l’uso della Q-factor- analysis,una procedura di analisi fattoriale che permette di mettere in evidenza gruppi di soggetti che presentano caratteristiche simili e che si può supporre siano riconducibili ad una stessa configurazione di tratti di personalità. Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 66 Sono stati evidenziati 7 fattori o categorie diagnostiche, di cui alcune a loro volta sono declinati in ulteriori sottotipi: o fattore-Q disforico;  disforico-evitante;  disforico depressivo ad alto funzionamento;  disforico con disregolazione emotiva;  disforico dipendente-masochista;  disforico con esteriorizzazione dell’ostilità; o fattore-Q antisociale-psicopatico; o fattore-Q schizoide; o fattore-Q paranoide; o fattore-Q ossessivo; o fattore-Q istrionico; o fattore-Q narcisistico. Una volta completata la valutazione SWAP, è possibile ottenere la descrizione completa del paziente semplicemente riducendo insieme i 30 item più descrittivi, integrandoli con le informazioni anamnestiche ricavate attraverso il colloquio. Una tale descrizione si può definire “patient-tailored”, ovvero cucita su misura del paziente. La SWAP-II La SWAP-II è la revisione della SWAP-200. Le principali innovazioni di questa nuova versione dello strumento riguardano il sistema di classificazione degli stili di personalità e un processo di perfezionamento degli item descrittivi: è stato infatti modificato il contenuto di 21 item su 200, basandosi su considerazioni empiriche con l’obiettivo di migliorare le proprietà psicometriche di tutti gli item, aumentandone la capacità di discriminare i pazienti rispetto alle complesse e varie descrizioni della personalità. Sono stati ricavati tre grandi spettri di personalità di pazienti sufficientemente gravi da ricevere una diagnosi di disturbo della personalità: - spettro internalizzante: comprende i disturbi che condividono un nucleo patologico fatto di inibizione sociale, tendenza al ritiro, passività, sentimenti di vuoto, emozioni dolorose, pensieri autocritici, depressione, ansia, senso di colpa. In questo spettro si identificano 4 possibili diagnosi di personalità: depressivo, ansioso-evitante, dipendente-vittimizzato e schizoide-schizotipico; - spettro esternalizzante: comprende disturbi le cui caratteristiche principali sono ostilità e rabbia eccessiva, aggressività manifesta e scoppi di ira, sospettosità, mancanza di empatia, percezione di essere superiori agli altri e tendenza ad attribuire le proprie colpe agli altri. Le possibili diagnosi in questo caso sono 3: antisociale, paranoide e narcisista; - spettro borderline: comprende individui che presentano una compromissione della capacità di regolare le emozioni, hanno percezioni instabili di sé e degli altri che li portano ad avere relazioni caotiche e sono inclini ad agire in base all’impulso. In questo caso, l’unica diagnosi possibile è quella di disturbo borderline. Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 67 Sono stati ricavati, inoltre, due stili nevrotici che desctivono il funzionamento di soggetti non così gravi da ricevere una diagnosi, e con un buon adattamento: - stile isterico/istrionico: descrive soggetti caratterizzati da suggestionabilità, comportamenti eccessivamente seduttivi, tendenza alla drammatizzazione e teatralità emotiva, con uno stile cognitivo impressionistico; - stile ossessivo: descrive soggetti eccessivamente razionali, emotivamente coartati, moralisti inflessibili e rigidi con sé stessi, che presentano conflitti legati alla rabbia e all’autorità. Un ultimo elemento di novità per la SWAP-II è l’adozione della modalità di valutazione della personalità con la procedura prototype matching, per la quale il clinico valuta in maniera globale il grado di sovrapposizione tra il paziente valutato e i prototipi dei vati disturbi empiricamente validati, su una scala da 1 a 5. Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 70 Determinazione della validità del protocollo I diversi indicatori di validità sono usati singolarmente o in combinazione, e valutano con quale accuratezza, sincerità e disponibilità a collaborare il soggetto abbia compilato il questionario. Usando questi indicatori si verifica l’accettabilità del protocollo per poter formulare ipotesi diagnostiche o inferenze sul tipo di personalità. La validità di un protocollo è molto influenzata dai tipi di risposta che un soggetto fornisce, e molti sono i parametri che possono invalidarlo: ad esempio, lasciare molti item senza risposta; fornire risposte a caso; assumere atteggiamenti che alterano la descrizione di sé, cercando di manipolare le risposte per porsi in luce più favorevole oppure per esagerare i propri sintomi tanto da risultare patologico per poterne trarre eventuali vantaggi personali. Le scale di validità misurano la validità del protocollo MMPI.  Scala “?” (Non so) La scala Non so corrisponde al numero totale di item a cui non è stata data una risposta, o a cui il soggetto ha dato entrambe le risposte. Gli item di questa scala, essendo delle omissioni, non vengono considerati per lo scoring, ma bisogna considerare che più alto è il punteggio, più deboli risulteranno le altre scale nel fornire le discriminazioni considerate. Un protocollo è valido se il punteggio della scala Non so è compreso tra 0 e 10. Un punteggio compreso tra 11 e 29 rende il protocollo di dubbia validità; se il numero di item omessi è maggiore o uguale a 30 entro i primi 370 item, il protocollo non è valido. Se la maggior parte degli item senza risposta è concentrata dopo l’item 370, le scale di validità e quelle cliniche possono essere interpretate, ma non quelle supplementari e quelle di contenuto.  Scala “L” (Lie) Questa scala, costituita da 15 item, valuta la tendenza di alcuni soggetti a distorcere le risposte in modo da dare un quadro di sé eccessivamente virtuoso. La scala non deve essere considerata come una misura della tendenza generale a mentire, falsificare o ingannare gli altri nella vita, ma come un tentativo ingenuo del soggetto di fornire un’immagine di sé socialmente accettabile. - punteggi molto alti > 80 corrispondono a un profilo probabilmente non valido: il soggetto cerca di simulare un buon adattamento; - punteggi alti 70 < 79 corrispondono a un profilo la cui validità è dubbia; - punteggi moderati 60 < 69 indicano un profilo probabilmente valido; - il profilo risulta valido se il punteggio è compreso 50 < 59; - punteggi bassi < 49 indicano una simulazione di cattivo adattamento al fine di ottenere vantaggi dall’esecuzione negativa del test. Il soggetto enfatizza la propria patologia, mostra un atteggiamento cinico, sarcastico, ed elevata fiducia in se stesso. Punteggi molto bassi nella scala L possono associarsi a punteggi molto bassi nella scala K, riflettendo lo sforzo di esagerare i problemi emozionali e le difficoltà di adattamento.  Scala “F” (Infrequency) È costituita da 60 item che nella popolazione normale raramente ottengono una risposta positiva: pensieri insoliti, apatia, diminuzione degli interessi, disturbi del sonno e vari disturbi somatici. Alcuni soggetti possono deliberatamente esagerare le loro difficoltà e le loro preoccupazioni per assicurarsi una considerazione o un’attenzione speciale. Questa scala si fonda sul presupposto che le persone che tentano di simulare problemi psicologici risponderanno positivamente a tutti i sintomi facenti parte di aree problematiche vaste e Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 71 incompatibili tra loro; i pazienti reali, infatti, tenderanno a rispondere positivamente solo agli item che riguardano la loro patologia. - Punteggi < 90 corrispondono a un protocollo valutabile; - punteggi molto alti > 91 rendono il profilo probabilmente non valido. L’elevazione è dovuta a risposte date a caso o alla scarsa collaborazione del soggetto, che tende a simulare disturbi e ad essere resistente al test; - punteggi molto bassi < 44 sono anch’essi indicatori di un protocollo valido, ma il soggetto risulta conformista e convenzionale.  Scala “Fb” (Back F) Fanno aprte di questa scala 40 item. Viene utilizzata congiuntamente alla scala F, i cui item compaiono prevalentemente nella prima parte del foglio di somministrazione. La scala Fb estende il tipo di valutazione compiuto dalla scala F alla seconda parte del protocollo, dall’item 281 all’item 567. In questo modo è possibile monitorare l’atteggiamento del soggetto durante lo svolgimento del test. Gli item della scala F si riferiscono prevalentemente a comportamento strani o atipici e a sintomi patologici, soprattutto psicotici; quelli della scala Fb sono relativi a ideazioni suicidarie, perdita di speranza, problemi d’ansia, disforia e abuso di alcol o droghe.  Scala “K” (Correction) È la scala più importante e complessa fra gli indicatori di validità. La scala è formata da 30 item che riguardano contenuti che spesso si preferisce negare: inadeguatezza personale, critica del comportamento altrui, scarso controllo emozionale, presenza di un’immagine di sé irrealistica, distacco, rigidità, scarsa collaborazione. La scala K è una scala di validità, ma fornisce anche informazioni sulla forza dell’Io, sul contatto con la realtà, sulle difese, sull’attenzione e sull’atteggiamento verso il test. - Punteggi elevati > 71 sono indice di un atteggiamento difensivo marcato, di simulazione di buon adattamento. Indica inoltre un soggetto timido, inibito, apatico, che utilizza meccanismi di negazione e manca di insight. - Punteggi moderati 56 < 70 indicano un atteggiamento difensivo moderato e una tendenza a non riconoscere segni di distress. Il soggetto di presenta come adattabile, fiducioso in sé stesso, che non cerca aiuto. - Un punteggio 41 < 55 rivela un buon equilibrio tra atteggiamento difensivo e apertura, indica un soggetto che ha risorse sufficienti per un intervento psicologico. - Punteggi bassi < 40 indicano simulazione di disturbi, tendenza a rispondere vero a tutti gli item, richiesta di aiuto, difese inadeguate. Questa scala risulta molto sensibile allo status socioculturale: punteggi elevati alla scala K sono associati a più alti livelli di status socioeconomico. Soggetti che hanno status o posizione sociale elevata possono non voler correre il rischio di una perdita di considerazione, rivelando preoccupazioni di tipo emotivo, dubbi, insicurezze, probabili problemi coniugali o familiari. L’elevazione dei punteggi può riflettere il tentativo di evitare di apparire incompetente, scarsamente adattato o privo di controllo.  Indice di dissimulazione F-K L’indice di dissimulazione mette in correlazione gli indici F e K e serve a valutare la validità del protocollo. Un’esagerata dichiarazione di sintomi (F alto) unita a uno scarso atteggiamento difensivo (K basso) potrebbe indicare la simulazione di patologia o l’esagerazione dei sintomi. Tale indice si ottiene sottraendo il punteggio della scala K al punteggio della scala F (F – K). Punteggi compresi fra 0 e 11 indicano un profilo valido. Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 72  Scale delle risposte incoerenti (VRIN e TRIN) La scala VRIN è composta da 67 coppie di item che esprimono un contenuto simile o opposto. Per esempio, rispondere vero all’item “ho disturbi di stomaco diverse volte alla settimana” e poi falso all’item “sono disturbato dalla pesantezza di stomaco diverse volte alla settimana” rappresenta una scelta incoerente. Il punteggio alla scala VRIN è fato dal numero totale delle coppie di item con risposta incoerente. Punteggi elevati alla scala VRIN sono un segnale che il soggetto possa aver risposto in maniera casuale, e vi sono maggiori possibilità che il protocollo non possa essere considerato valido. La scala TRIN (Incoerenza delle rispsote vero) è composta da 23 coppie di item che esprimono un contenuto opposto (Es: “quasi sempre sono triste”, “sono contento quasi sempre”). Valuta la tendenza di alcuni soggetti a rispondere nella stessa direzione a coppie di item che per essere coerenti dovrebbero avere risposte differenti.  Scale di validità addizionali Nel 2001 il gruppo di ricerca che ha portato alla pubblicazione dell’MMPI-2 ha realizzato la recise edition, una versione aggiornata del test, che ha ampliato la gamma delle scale deputate a verificare l’accettabilità del protocollo, inserendo due nuovi indicatori: la scala Fp (Infrequency psychopathology) e la scala S (Superlative self presentation). - La scala Fp è costituita da 27 item che valutano la deliberata esagerazione di sintomi, esaminando risposte relative ad aspetti psicopatologici infrequentemente fornite dalla popolazione generale. - La scala S è costituita da 50 item che descrivono quei soggetti che cercano di presentarsi in una luce particolarmente positiva, esaltando le proprie virtù e negando di avere aspetti irrisolti o problematici. Le scale cliniche indagano le dimensioni più significative della personalità. Dopo aver verificato la validità del protocollo, si procede all’analisi delle 10 scale cliniche. Il punteggio soglia, detto cut-off, indicativo di tratti patologici, corrisponde a 65 punti T.  Ipocondria (Hs) La scala è costituita da 32 item relativi a sintomi fisici quali: debolezza, affaticamento, disturbi gastrointestinali, difficoltà respiratorie, vertigini, svenimenti, sintomi cardiovascolari, disturbi del sonno. Si tratta di item che fanno riferimento, in realtà, a una più generale preoccupazione del soggetto verso il corpo o verso se stesso. - T>67 Polarizzazioni ideo-affettive e comportamenti ipocondriaci - 60>T<65Preoccupazioni somatiche e risposte psicofisiologiche accentuate - T< 60 Attento e curato nella persona  Depressione (D) La scala è costituita da 57 item e fornisce una misura della depressione sintomatica/reattiva, per questo motivo la sua interpretazione dipende molto da quali altre scale sono elevate. Un punteggio elevato > 65 è indice di un quadro clinico di depressione sintomatica caratterizzato da estremo pessimismo, scoraggiamento, autostima bassa, mancanza di speranza nel futuro, insoddisfazione della vita, umore cupo, perdita di energia. L’ipotesi di depressione clinica viene formulata se i punteggi superano il valore di 80; punteggi moderati o alti indicano un’attitudine generale o uno stile di vita caratterizzato da basso tono dell’umore. - T>70 Polarizzazioni pessimistiche, riduzione repertorio comportamentale, rallentamento - 60>T<70 Pessimismo, abulia, sfiducia - T<60 Accentuata sensibilità e reattività alle contrarietà, livello di aspettative elevato Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 75 Le scale di contenuto In ambito clinico le scale di contenuto forniscono accurate informazioni sulla personalità, grazie all’analisi del contenuto degli item che le compongono. L’interpretazione si basa sul presupposto che le risposte che il soggetto collaborativo produce per gli item delle scale costituiscano comunicazioni sui propri sentimenti, sul tipo di personalità, sui problemi passati e presenti. Butcher, Grahan e Williams proposero le attuali 15 scale: 1. ANX Ansia; 2. FRS Paure; 3. OBS Ossessività; 4. DEP Depressione; 5. HEA Preoccupazioni per la salute; 6. BIZ Ideazione bizzarra; 7. ANG Rabbia; 8. CYN Cinismo; 9. ASP Comportamenti antisociali; 10. TPA Personalità Tipo A; 11. LSE Bassa autostima; 12. SOD Disagio socaile; 13. FAM Problemi familiari; 14. WRK Difficoltà sul lavoro; 15. TRT Difficoltà di trattamento. Le scale supplementari Oltre alle scale cliniche, a quelle di contenuto e a quelle di validità, gli item dell’MMPI sono stati ricombinati in varie maniere per costruire delle scale supplementari. Queste scale aggiuntive facilitano l’interpretazione delle scale base, poiché aumentano la varietà dei problemi clinici e dei disturbi esaminati. 1. Scala A (Ansietà): punteggi alti indicano distress, ansia, disagio e turbamento emozionale generalizzato. 2. Scala R (Repressione): persone con alti punteggi tendono a essere convenzionali, sottomesse e fanno di tutto per evitare situazioni spiacevoli o contrasti. 3. Scala Es (Forza dell’Io): fu sviluppata per valutare la capacità di una persona di tratte profitto da una psicoterapia individuale o di gruppo. È anche un buon indicatore generale di salute psicologica. Alti punteggi sono associati a spontaneità, buon contatto con la realtà, sentimenti di adeguatezza personale e buon funzionamento fisico. 4. Scala MAC-R (Scala di alcolismo). 5. Scala O-H (Ostilità): misura la capacità del soggetto di tollerare le frustrazioni sensa reagire. 6. Scala Do (Dominanza): può essere considerata una misura della tendenza ad assumere la leadership e il controllo nelle relazioni interpersonali. 7. Scala Re (Responsabilità sociale): le persone con punteggi elevati tendono a percepirsi e ad essere percepite come pronte ad accettare le conseguenze del proprio comportamento, affidabili e degne di fiducia, oneste e responsabili nei confronti del gruppo. 8. Scala Mt (Disadattamento universitario). 9. Scala GM e GF (Scale del ruolo di genere). 10. Scala PK e PS (DPTS): le due scale sembrano essere ampiamente indipendenti l’una dall’altra, e possono quindi essere usate contemporaneamente per una migliore classificazione diagnostica in riferimento alla presenza di un disturbo post-traumatico da stress. 11. Scala MDS (Scala del disagio coniugale). 12. Scala APS (Tossicodipendenza potenziale). 13. Scala AAS (Ammissione di tossicodipendenza). Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 76 Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 77 Capitolo 9 La Structured Clinical Interview for DSM-IV Axis I Disorders (SCID-I) e la Structured Clinical Interview for DSM-IV Axis II Disorders (SCID-II) Nadia Del Villano , Immacolata Zarrella La SCID-I La Structured Clinical Interview for DSM-IV Axis I è un’intervista semistrutturata per la formulazione delle principali diagnosi in Asse I del DSM-IV. Esistono tre modalità di utilizzo della SCID: - somministrazione successiva ad un colloquio psichiatrico, al fine di confermare e/o documentare una diagnosi dubbia, in base ai criteri del DSM- IV; - somministrazione della SCID-I e della SCID-II allo scopo di valutare tutte le principali diagnosi in Asse I e II; - somministrazione dello strumento allo scopo di migliorare le abilità degli studenti nell’intervistare i pazienti dei servizi psicologici e psichiatrici. Struttura e modalità di somministrazione La SCID-I è divisa in sei moduli autonomi, somministrati in sequenza. I sei differenti moduli comprendono: - episodi dell’umore; - sintomi psicotici; - disturbi psicotici; - disturbi dell’umore; - disturbo da uso di sostanze psicoattive; - ansia e altri disturbi. La SCID-I può essere somministrata a pazienti preferibilmente adulti sia dell’area psichiatrica che di quella medica generale, ma non risulta adatta a soggetti con gravi deficit cognitivo o sintomi psicotici gravi. Lo scoring Quando l’intervista è conclusa, il clinico deve riportare la diagnosi del DSM-IV sul Sommario Diagnostico: il clinico dovrà specificare, per ogni disturbo clinico, se si tratta di un episodio in atto o se non è mai stato presente durante il corso della vita. Il Sommario Diagnostico rappresenta il modulo più importante della SCID-I, in quanto unica fonte di informazione relativa alla diagnosi. La prima casella da sbarrare è “nel corso della vita” o “attuale”, a seconda se i criteri siano stati soddisfatti nel corso della vita del soggetto o nell’ultimo mese. Limiti e attendibilità dello strumento L’attendibilità della SCID-I dipende in gran misura dalle particolari circostanze di utilizzo, in quanto intervista semistrutturata e sottoposta al giudizio del clinico intervistatore. Una prima misura della validità dello strumento è stata effettuata su 506 coppie di interviste in sedi diverse per un test-retest di attendibilità, con soggetti selezionati casualmente e senza che gli intervistatori avessero a disposizione le cartelle cliniche dei pazienti. La SCID-I risultò essere molto variabile a seconda della diagnosi e del contesto in cui avveniva l’intervista. Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 80 Proiettivo: esprime il significato che il disegno ha per chi l’ha prodotto. Draw a Person (DAP o Test della Figura Umana) Il disegno della figura umana rappresenta una delle tecniche grafiche più studiate e utilizzate. Il presupposto di base è che nel disegnare una figura umana, la persona rappresenti se stesso, e che questo ci fornisca utili informazioni sul proprio modo di percepirsi sia riferendoci ad aspetti psicologici che fisici. La finalità di questo strumento è di rilevare in modo approssimativo lo sviluppo intellettuale e di evidenziare alcuni problemi di personalità (problemi emotivi, sociali, d’immagine di sé, ecc.). Questo test viene usato oltre che per la valutazione psicodiagnostica,e anche per valutare progressi e i risultati finali della terapia; è risultato un buono strumento anche in ambito organizzativo come mezzo di selezione. La valutazione del disegno della persona tiene in considerazione vari livelli: grafico, formale e di contenuto. Sviluppo dell’immagine del corpo • A 3 anni, il bambino disegna “l’omino testone” • Verso i 5 anni, l’immagine è quasi completa • Dai 6 ai 10 anni, l’immagine del corpo migliora. • Nell’adolescenza, l’immagine del corpo risente dei problemi, conflitti e tensioni tipici di questa età. • Passata l’adolescenza, i disegni tornano ad essere completi. La figura è rappresentata “di faccia” Figura = Immagine di sè • Nella maggior parte dei casi il soggetto disegna una figura di sesso, età, etnia e tipologia fisico simile a sé. Difficoltà di identificazione sono da attribuire a: – conflittualità riguardo la proprio sessualità – Conflittualità riguardo la propria etnia – Difficoltà col proprio fisico – Desiderio di maturità (disegna fig. >età) o di regressione (fig. <età) • Analisi dei disegno: Nell’analisi del disegno si tiene conto dei: – dati formali 1. Successione delle figure (maschile o femminile?) 2. Atteggiamento 3. Dimensione della figura 4. Collocazione del disegno sul foglio – tratto (e pressione) – contenuti (diverse parti del corpo e loro dettagli) Espressione e atteggiamento • In genere, può essere indicativo dello stato d’animo del disegnatore • Se il personaggio non è proiezione dell’autore ma rappresenta una persona del suo ambiente, l’atteggiamento sarà riferito a questa Dimensione della figura • Lo spazio bianco è l’ambiente nel quale la figura è rappresentata. Quindi, la grandezza del disegno indica il modo in cui il sogg. reagisce alla pressione del mondo Collocazione del disegno • In genere al centro del foglio, indica buon equilibrio e buon adattamento • Verso sinistra, segno di introversione e di attaccamento al passato • Verso destra, estroversione e aspettative • Metà inferiore del foglio, indice di stabilità • Metà superiore del foglio, aspirazione al successo nei bambini e mancanza di fiducia in se negli adulti Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 81 Note sul movimento • Una figura rigida è indice di una rigidità psichica, di ipercontrollo. • Una figura in movimento significa che c’è un buon dinamismo psichico. Tratto del disegno • Ombreggiatura – Denota il genere di ansietà – Più è ampia più forte l’ansia • Trasparenza – Forma più patologica di espressione di conflitto – Esprime pensiero concreto nella mentalità infantile e primitiva – Se limitato ad area specifica si riferisce a sua funzionalità • Figure schematiche – Normale nei bambini piccoli – Propria di persone egocentriche consapevoli – Indice di nevrosi, di depressione o di regressione psicotica Il contenuto • In genere, le parti del corso che ci permettono il contatto con il mondo esterno, come gli organi di senso (occhi, bocca, orecchie), gli arti o le mani, sono rivestiti da un particolare carico affettivo espresso nel disegno. • TESTA. Se disegnata per ultima è indizio di difficoltà nei rapporti interpersonali • OCCHI. Chiusi e senza pupille possono indicare difficili contatti con mondo esterno e ripiegamento su se stessi; troppo grandi o accentuati, possono esprimere sospetto paranoico o curiosità sessuali; pupille omesse, nel nevrotico o nell’individuo egocentrico • BOCCA. bocca grande, marcata o assente, è indice di problemi orali; denti rappresentati, come segno di aggressività • NASO. Come simbolo fallico è oggetto d’attenzione maschile • ORECCHIE. Ingrandite e accentuate ad es. dai paranoici • CAPELLI, CIGLIA. Molto curati da ragazzi e adolescenti. Sono segno di narcisismo. • COLLO. Punto di congiuntura tra le cariche impulsive del corpo e il controllo mentale del cervello. Il collo lungo, difficoltà al controllo degli impulsi. • BRACCIA E MANI. Sono organi manipolatori e di contatto. – Se nascoste, indizio di difficoltà di contatto o di senso di colpa legato ad attività manipolative. – Mani troppo grandi, può essere segno di compensazione a una insufficienza manipolatoria o di contatto – Dita molto lunghe, braccia strette al corpo o molto scostanti = aggressività Altre parti del corpo importanti: • SPALLE E TORACE, come forza fisica; • SENI, nella figura femminile; • GLUTEI E FIANCHI, in quella maschile; • PIEDI, danno indicazione sulla capacità di contatto; • ABBIGLIAMENTO, se figure nude può essere espressione di un conflitto sessuale. – In bambini piccoli interesse verso differenze tra i sessi Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 82 Disegno della Famiglia (DdF) Mette in evidenza i rapporti intrapersonali e familiari vissuti dalla persona dove la parte affettiva è spesso prevalente sulla parte cognitiva del soggetto. La consegna è:"disegna una famiglia di tua invenzione" dove ad elaborato eseguito dovremo leggere le omissioni, le aggiunte, e gli apporti addizionali. E' importante osservarne l'esecuzione, come si sviluppa il disegno, la libera associazione prodotta, tenere nota di quel che la persona dice, come si comporta, le sue indecisioni. Possiamo esaminare: lo spazio utilizzato, la spazialità del disegno, il tratto dei personaggi, il contesto complessivo. Si dovrà anche identificare i soggetti disegnati, la loro età, il ruolo all'interno della famiglia. La base concettuale del metodo risiede nel fatto che la famiglia rappresenta il primo ambiente importante per la crescita fisica, affettiva e sociale che contribuisce alla formazione della personalità. Proprio per questo risulta fondamentale approfondire tramite un colloquio quali sono i vissuti della persona in rapporto alle figure familiari, il modo con cui percepisce i rapporti reciproci e come egli s’inserisca all’interno delle dinamiche parentali. Esistono in realtà diverse versioni del test, secondo il tipo di consegna che viene data:  disegna la tua famiglia (Porot, 1952) che porta la persona sul piano della realtà;  disegna una famiglia (Corman, 1967) consegna che lascia più libertà di esprimersi; ad ogni personaggio disegnato viene poi chiesto il sesso, il nome, l’età e il ruolo occupato nella famiglia;  disegna una famiglia inventata, come vuoi tu, (trasformandola se il soggetto lo desidera o in una famiglia di animali o di oggetti di altro genere); in questo modo si distrae meglio l’attenzione della persona sulla sua famiglia, facilitando la proiezione delle tendenze più personali; di fatto, è spesso la propria famiglia che viene disegnata perché è l’unica di cui ha una esperienza vissuta. Altri autori consigliano di aggiungere la richiesta di rappresentare i personaggi mentre stanno facendo qualche cosa. L’analisi del disegno della famiglia va fatta prendendo in considerazione i fattori grafico-strutturali e il contenuto del disegno. • Applicabile dai 6 ai 15 anni • Prima di iniziare, acquisire alcune info sul bambino (composizione nucleo familiare, età…) • Cercare di mettere il bambino a suo agio in un ambiente tranquillo • Consegna: “Puoi disegnarmi una famiglia, una di tua invenzione?” • Rimanere vicino al bambino, senza essere invasivi, per osservare ordine e tempi di realizzazione delle figure • Se necessario, sorridergli e incoraggiarlo Alla fine del disegno… • Effettuare un breve colloquio “Adesso parliamo di questa famiglia che hai disegnato”: – Mi dici chi sono i personaggi che hai disegnato? (identità, ruolo, sesso, età…) – Chi è il più buono di tutti i personaggi? – Chi è il meno buono? – Chi è il più felice? – Chi il meno felice? – Di tutte queste persone tu chi preferisci? Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 85 Capitolo 11 Il Test di Rorschach Nadia Del Villano, Clelia Schisano , Paola Gasparro , Immacolata Zarrella Introduzione Il reattivo di Rorschach è ancora uno dei metodi proiettivi più diffusi e utilizzati. Attraverso l’elicitazione di risposte soggettive di fronte a stimoli ambigui, quali le macchie d’inchiostro, il test fornisce una descrizione dettagliata del profilo della personalità del soggetto relativa al momento in cui viene effettuata la somministrazione. I modelli interpretativi attuali Comprehensive System La caratteristica del metodo Exneriano, conosciuto come Comprehensive system, è quella di riconoscere solo la dimensione psicometrica del test. La diagnosi si basa esclusivamente sullo studio delle siglature. E’ un sistema affidabile, strutturato e sensibilmente evoluto rispetto a quello originario di Rorschach, non tanto per le prime due fasi (Raccolta ed Inchiesta), ma in parte per la terza e soprattutto per la quarta che vi è direttamente legata (Siglatura ed Interpretazione). Questo approccio si propone infatti di offrire informazioni statisticamente valide, ma riduce in modo significativo le informazioni ricavabili da un’analisi più approfondita che invece interessa tutte le diverse dimensioni dell’esperimento Rorschach. Lo scarso numero di sigle, comunque superiori a quelle proposte da Rorschach, ma molto inferiori a quelle in uso in altri sistemi, riduce notevolmente la capacità investigativa del test. Gli studi psicometrici di Exner hanno senza dubbio conferito al Rorschach una solida base statistica con chiari riferimenti nosografici. I limiti principali sono rappresentati appunto dalla logica di semplificazione di base necessaria al sostegno statistico, che non permette di descrivere il soggetto nella sua complessità, basti pensare che per il Comprehensive system i Protocolli Rorschach che hanno meno di 14 risposte non sono valutabili. Metodo psicoanalitico L’approccio psicoanalitico attualmente ben rappresentato dalla scuola francese con Catherine Chabert, si pone su un piano completamente opposto rispetto a quello Exneriano, dando comunque peso agli aspetti psicometrici obiettivi, ma privilegiando la lettura del Test dal punto di vista contenutistico-simbolico ed impostando la psicodiagnosi seguendo il modello psicoanalitico. Ne deriva una valutazione della personalità incentrata più su aspetti qualitativi che non quantitativi, che poggia prevalentemente su concetti e terminologie squisitamente psicoanalitiche, poco comprensibili per chi segue altri modelli. Questo approccio quindi, quando esclusivo, risente della mancanza di una rigorosa oggettività, che può essere resa solo attraverso i codici di siglatura, gli indici ed il supporto della statistica. Scuola Romana Rorschach Il metodo pluridimensionale coinvolge la maggioranza degli studiosi, di cui fa parte il Metodo della Scuola Romana Rorschach, descritto nel paragrafo successivo, l’orientamento Exneriano e quello psicoanalitico. Il perno fondante su cui ruota tutto il test, così come identificato anche dallo stesso Rorschach, è rappresentato dalla Siglatura delle interpretazioni, che può definirsi come una traduzione oggettiva del processo percettivo- associativo in codici e, successivamente, in un valore che possa quantificarli e descriverli da cui poi si rilevano i tratti della personalità. Le siglature attribuite ad ogni interpretazione, Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 86 rappresentano quei codici che possono oggettivare una caratteristica di personalità, che consente di trasformare la qualità in quantità, di “misurare” grazie al confronto con la media della popolazione, quanto quella caratteristica possa essere o meno considerata statisticamente “normale”. In particolare, l’elemento di siglatura centrale sul quale si basa una gran parte della valutazione diagnostica è costituito dalla definizione della “qualità formale” di ogni risposta, ovvero se ciò che il soggetto ha interpretato nelle macchie somigli o meno alla forma dell’area considerata. Tale valutazione, che costituirà un discrimine tra normalità e patologia, risponde sia a criteri statistici che estetici. Soddisfatti questi criteri, tutti gli altri elementi della siglatura concorreranno alla definizione della personalità sia essa normale o patologica. Descrizione dello strumento Il processo base su cui si fonda il test consiste nello stimolo percettivo delle Tavole, o forme casuali, al quale corrisponde una reazione del soggetto che sfocia nella formulazione di una risposta in cui i meccanismi psicologici interessati sono i processi di percezione, associazione e proiezione che intervengono e che esprimono differenti aree del funzionamento psichico. In merito all’area cognitiva, il test consente di valutare l’efficienza intellettiva sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo e l’eventuale presenza di un’inibizione dell’intelligenza dovuta a fattori affettivi ed emozionali; nell’area affettiva, il test permette di cogliere la tonalità emotiva del soggetto, il controllo delle emozioni e la qualità dei rapporti con gli altri. Infine, per gli aspetti del funzionamento dell’Io, il reattivo da emergere la forza dell’Io, le zone conflittuali e i meccanismi di difesa. Le tavole Il test di Rorschach è composto da dieci tavole che consistono inmacchie di inchiostro stampate al centro di cartoncini bianchi. Le tavole si suddividono in: - 5 acromatiche (I, IV, V, VI, VII); - 2 bicromatiche - bianche e nere con macchie rosse (II, III); - 3 policromatiche (VIII, IX, X). - Tavole I, II, III (mobilizzazione di aggressività e angoscia): - Tavole IV, V, VI, VII (relazioni edipiche e sessualità): - Tavole VIII, IX, X (inter-relazione): Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 87  Tavola I È considerata la tavola di presentazione, ovvero l’espressione dell’immagine che il soggetto ha di se stesso. Le indicazioni psicodiagnostiche più evidenti riguardano le informazioni sull’identità del Sé, sulla forza dell’Io, su aspetti ansiogeni o disforici dell’umore e su particolari modalità difensive.  Tavola II È la prima tavola in cui il colore rosso appare e può mobilizzare vissuti/sentimenti correlati all’aggressività e all’impulsività. Le indicazioni psicodiagnostiche riguardano l’attivazione e il controllo di pulsioni primitive, l’identità sessuale e i sentimenti depressivi legati al senso di vuoto.  Tavola III Il colore rosso viene ripresentato, permettendo di seguire la reazione del soggetto ad uno stimolo fortemente emotivo. è considerata la “tavola della normalità”, in quanto offre informazioni psicodiagnostiche sul livello evolutivo generale con indicazioni sulla patologia del pensiero (borderline o psicotica), sull’esame di realtà, sull’identità sessuale, sul controllo e sull’integrazione dell’aggressività.  Tavola IV Riferita al maschile, suscita spesso reazioni di ansietà, angoscia, timore, minaccia e persecuzione. Le indicazioni psicodiagnostiche fornite sono relative al livello di struttura del Super-Io, all’identificazione al maschile, al rapporto tra Super-Io e ansia, alla depressione e all’umore disforico.  Tavola V Tale tavola è caratterizzata da una struttura della macchia realisticamente organizzata tale da suscitare nel soggetto una risposta adeguata all’evidenza della percezione. Le indicazioni psicodiagnostiche fornite riguardano il livello evolutivo generale del soggetto, l’autonomia delle funzioni dell’Io e l’esame di realtà. Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 90 Mentre infatti fino a quel momento la sua neutralità è stata finalizzata a garantire un'interpretazione spontanea delle Tavole, adesso invece gli si chiede di essere molto attivo nel proporre una serie di domande e nel riuscire ad ottenere delle precise risposte per ogni domanda. In sostanza, l'esaminatore dovrà fare in modo che con la fine della prova siano eliminati tutti i dubbi affinché la siglatura possa essere obiettiva e corretta. Attraverso l'Inchiesta si devono stabilire tutte le modalità che concernono la formulazione della risposta e gli elementi che l'hanno determinata. Per stabilirli occorre verificarli con il soggetto. Una stessa risposta infatti può essere indotta in modo prioritario o in modo relativo da determinanti differenti. Se ad esempio consideriamo in Tav.I, la risposta Volgare "Pipistrello", essa può essere determinata soltanto dalla forma, oppure dalla forma e dal colore nero. Nel caso di questa risposta il colore nero non può mai essere determinante prioritario rispetto alla forma, perché in una risposta Volgare l'elemento formale è sempre prevalente. Se però prendiamo una risposta non Volgare con una presumibile componente cromatica, si dovrà stabilire se il colore è determinante nella formulazione della risposta, e inoltre se esso è prioritario oppure no rispetto alla forma. Un esempio può essere dato dai due gialli centrali della Tav. X: "due uova al tegamino". Il problema legato a questa risposta,e quindi a risposte dello stesso tipo, è se essa sia stata prevalentemente indotta dal colore giallo oppure dall'elemento formale, perché nei due casi la siglatura cambia. Gli stessi problemi si pongono per stabilire se nella formulazione della risposta c'è anche la componente cinestesica o se ci sono altre componenti primarie e secondarie. Ed anche in questi casi rimane sempre la necessità di decidere il peso di ogni determinante rispetto alle altre ugualmente presenti. Per quanto riguarda la localizzazione delle risposte, essa presenta meno rischi di valutazione, ma va sempre controllata perché si possono avere Modi di Comprensione diversi da quelli che si suppongono. Anche se molti di essi infatti sono facilmente comprensibili, va considerato il fatto che le risposte di Dettaglio Raro o Atipico, molte risposte originali, oppure molte risposte di forma cattiva, non possono essere localizzate senza una verifica. Ad esempio, di solito le risposte che riguardano farfalle, pipistrelli, sono delle G, ma può anche verificarsi il caso che anche tali risposte si riferiscano ad engrammi diversi da quelli usuali. L'Inchiesta risponde innanzitutto alla necessità di rispecchiare fedelmente il pensiero del soggetto, quello che egli intende dire nella risposta, quindi niente è dato per scontato e tutto deve essere verificato. Per evitare che possa sfuggire qualche elemento di chiarificazione, ogni risposta deve essere riletta a voce alta facendone partecipe il soggetto: "Allora lei ha detto...". Poi, come per l'interpretazione dei sogni, conviene soffermarsi con ordine e senza fretta su ogni frase, su ogni aggettivo, anche su una pausa più prolungata. Sotto questo aspetto è opportuno non incoraggiare la produzione di altre risposte che comunque non potrebbero essere siglate. Se si richiede al somministratore la capacità di riuscire a fare le domande giuste per chiarire esaurientemente il significato di ogni frase in riferimento al processo percettivo-associativo che l'ha prodotta, allo stesso tempo occorre anche evitare di incoraggiare inutili associazioni. E bisogna anche capire se il soggetto riferisce i pensieri che sono sorti al momento della produzione della risposta oppure se stia continuando nell'elaborazione durante l'Inchiesta. Perchè solo nel primo caso si tratta di materiale che può essere utile ad una siglatura più precisa. Mentre, nel caso in cui il soggetto dovesse dichiarare, durante le Prove Supplementari o all'Inchiesta, di aver taciuto un'intepretazione in fase di Raccolta e l'esaminatore non dubiti che ciò sia vero, sull'interpretazione in questione andrà condotta l'Inchiesta ed essa sarà siglata al pari delle altre. La risposta verrà trascritta nella colonna della Raccolta, specificando tra parentesi che Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 91 si tratta di un'interpretazione verbalizzata successivamente. Queste interpretazioni taciute sono il più delle volte a contenuto sessuale o, più in generale, riguardano tematiche complessuali. La siglatura (fase 3) A questo punto l’esaminatore dovrà, per proprio conto, vagliare ogni risposta che, grazie alle informazioni ricavate nel corso dell’Inchiesta, trasformerà in una serie di simboli convenzionali. Questa operazione viene chiamata Siglatura. La siglatura prevede cinque differenti categorie: i Modi di Comprensione o Localizzazioni, le Determinanti, i Contenuti, le Frequenze e le Manifestazioni Particolari. - La localizzazione riguarda l'area della Tavola cui si riferisce una data risposta. - Le Determinanti riguardano gli elementi della Tavola che inducono alla formulazione di ogni particolare risposta (forma, colore). - Il Contenuto si riferisce al contenuto esplicito della risposta. - La Frequenza è in relazione a statistiche nazionali dalle quali si desume se si tratta di una risposta data frequentemente, oppure di una risposta che non rientra in tale media, oppure ancora di una risposta raramente formulata. - Le Manifestazioni Particolari si riferiscono a caratteristiche delle risposte non contemplate nelle quattro precedenti categorie di siglatura, ma che hanno un significato psicodiagnostico che è opportuno rilevare. Interpretazione e validità Terminata la fase di siglatura, vengono calcolati i diversi indici e i rapporti numerici utili all’interpretazione finale. Tutti gli indici vengono riassunti all’interno di un foglio di tabulazione dati. A differenza di altri test, gli indici e le informazioni di un protocollo Rorschach vanno interpretati in correlazione tra loro e non solo rispetto alla popolazione di riferimento. Uno dei pià importanti indici di calcolo è il “Tipo di vita interiore” o Tipo di risonanza intima. Ogni indice va interpretato sulla base degli altri e sulla base della popolazione di riferimento. Inoltre, la taratura del test sulla popolazione italiana aduta, a tutt’oggi, esiste solo per il metodo della SSR e non per quello comprensivo di Exner. Diversi studi sperimentali hanno dimostrato una buona attendibilità dei diversi indici quantitativi del test di Rorschach, ma sono i metodi di scoring degli indici a influenzarne la validità. In campo internazionale, l’adozione del comprehensive system di Exner ha ricevuto notevoli conferme circa l’attendibilità del metodo, tanto da essere considerato sovrapponibile a quella di altri test psicometrici classici come la WAIS e l’MMPI. Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 92 Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 95 - Riquadro 4: evoca temi legati alla pesantezza, alla solidità, alla stabilità. Evoca tutto ciò che è profondo, pesante, nascosto, ma al tempo stesso anche ciò che è anche stabile, solido, punto di riferimento. Per le sue caratteristiche, il riquadro evoca i vissuti del soggetto collegati al suo rapporto con l’autorità; esso si configura come il riquadro del maschile, della relazione con il paterno. - Riquadro 5: evoca il tema della contrapposizione e del superamento dell’ostacolo. Le due linee contrapposte indicano l’ostacolo, ma, al tempo stesso, la loro strutturazione percettiva suggerisce e invita al superamento dell’ostacolo. Di conseguenza, ciò che il soggetto realizza in questo riquadro ci fornisce delle informazioni circa la modalità con cui l’energia aggressiva si è andata strutturando all’interno dell’organizzazione di personalità del soggetto. - Riquadro 6: evoca il concetto di strutturazione e di sintesi. Con la sua struttura lineare e geometrica il riquadro stimola le capacità di organizzare, risolvere, gestire i problemi posti dall’ambiente. - Riquadro 7: rappresenta ciò che è leggero, legato al gusto estetico, delicato, morbido, armonioso e permette di valutare la delicatezza, la sensibilità e la plasticità, ma anche il rapporto a livello sociale con il femminile ma anche la sessualità e l’erotismo. - Riquadro 8: evoca il tema dell’espansione, dell’arrotondamento con chiusura. L’arco di cerchio presente in questo riq uadro richiama valenze psicoaffettive relative alla dimensione sociale e alle principali modalità di rapportarsi con le altre persone. Siglatura e interpretazione Ogni riquadro viene valutato in base a determinate categorie di siglatura che riguardano:  Il carattere evocativo (CE): fornisce informazioni su quanto il soggetto, da un punto di vista percettivo-associativo, abbia saputo cogliere il suggerimento fornito dal segno-stimolo. o Riquadro 1: soluzioni grafiche centrate; o Riquadro 2: soluzioni in cui è presente il movimento; o Riquadro 3: realizzazioni con proseguimento verso l’alto; o Riquadro 4: soluzioni collegati ai temi di pesantezza e stabilità; o Riquadro 5: realizzazioni in cui si rappresenta il superamento dinamico di un ostacolo; o Riquadro 6: unione dei due segni in un’unica soluzione squadrata; o Riquadro 7: rappresentazione di ciò che è delicato; o Riquadro 8: soluzioni caratterizzate da una continuazione dell’arrotondamento e dalla chiusura del segno-stimolo.  La qualità affettiva (QA): informa sul tono emotivo, sulla connotazione affettiva che caratterizza il vissuto psicologico del soggetto.  La qualità formale (QF): viene utilizzato il criterio dell’evidenza di ciascun segno realizzato: non viene, quindi, valutato il saper disegnare, ma il saper cogliere della cosa disegnata le caratteristiche salienti che la rendono peculiare e riconoscibile ai nostri occhi.  Il contenuto (Cont.): riguarda ciò che è stato disegnato. I contenuti esprimono le rappresentazioni mentali del soggetto e come esse si organizzano in forme, in pensieri, in interessi; rispecchiano problematiche risolte o irrisolte e come queste agiscono e interferiscono nel suo vissuto. Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 96  La frequenza (FR): i disegni effettuati al test possono essere siglati anche in base alla frequenza statistica con cui essi si presentano.  I fenomeni particolari (FP): manifestazioni di choc, fenomeni in base ai quali l’esecuzione del soggetto di determinati riquadri subisce un’evidente caduta di rendimento o di arresto. Lo choc si presenta come turbamento emotivo legato alle specifiche dinamiche collegate al carattere evocativo di un riquadro.  Il movimento (M): sono disegni in cui vengono rappresentati esseri umani, animali o oggetti in movimento. Si sigla il movimento solo quando è il soggetto stesso a dichiararne la presenza.  Le risposte impulso (RI): alcuni riferimenti diretti alla sessualità, all’ostilità, all’analità, alla dipendenza, riflettono la presenza di una minore rimozione. La loro apparizione, pur non rientrando in una vera e propria categoria di siglatura, va tenuta in considerazione nell’analisi contenutistica e ai fini della stesura della relazione finale.  L’ordine di esecuzione o successione (ode): l’ordine di esecuzione rappresenta un percorso estremamente personale e individualizzato che deve essere di volta in volta interpretato alla luce della specifica persona. Università Kore di Enna – Psicologia Clinica Tecniche di assessment psicologico 97 PARTE QUARTA LA VALUTAZIONE INTELLETTIVA Capitolo 13 La valutazione dell’intelligenza nell’adulto: la WAIS-IV Nadia Del Villano, Luigi Alessandro Russolillo Le scale Wechsler: breve panoramica La Wechsler Adult Intelligence Scale Fourth Edition (WAIS-IV) compare nel panorama scientifico nel 2008 ed è una versione aggiornata della WAIS-III, mai pubblicata in Italia. La cornice di riferimento della WAIS-IV è simile a quella della WISC-IV. A differenza delle prime scale Wechsler, le più recenti edizioni sono state sviluppate riflettendo sulle ultime conoscenze della letteratura nelle aree della teoria dell’intelligenza, dello sviluppo cognitivo nell’arco di vita, e della neuroscienza cognitiva. La WAIS-IV oltre a fornire una misura del funzionamento intellettivo generale, possiede, infatti, una struttura organizzata su quattro abilità-intellettive, superando la distinzione tra QI Verbale e QI di Performance. David Wechsler descrive il primo test d’intelligenza come “un esame individuale comprensivo di dieci subtest a ogni livello trasformati in unità di punteggi standard convertiti in QI equivalenti mediante il riferimento a una tavola adatti per una classificazione.” Gran parte della descrizione della scala originale è rimasta costante per WAIS, WAIS-R e la WAIS-III, così come per la revisione più recente, la WAIS-IV. A un livello generale, gli obiettivi della revisione della WAIS-IV hanno mirato a fornire norme comprensive e riferite all’epoca attuale, così come a migliorare le proprietà psicometriche, l’utilità clinica e la facilità d’uso del test. Gli obiettivi principali della revisione erano: dare un fondamento teorico alla scala, migliorare la sensibilità allo sviluppo cognitivo, rendere più semplice la somministrazione, migliorare l’utilità clinica, migliorare le proprietà psicometriche. Struttura e materiale La Wechsler Adult Intelligence Scale Fourth Edition (WAIS-IV) è uno strumento clinico, da somministrare individualmente, per valutare le capacità cognitive di adolescenti e adulti di età compresa tra i 16 anni 0 mesi e i 90 anni e 11 mesi. Questa versione aggiornata fornisce punteggi a subtest e punteggi compositi che rappresentano il funzionamento intellettivo in specifici domini cognitivi, così come un punteggio composito che rappresenta l’abilità intellettiva generale (cioè il QI della scala totale). La WAIS-IV è composta da quindici subtest. Dodici subtest sono stati mantenuti dalla WAISIII: Disegno con i cubi, Somiglianze, Memoria di cifre, Ragionamento con le matrici, Vocabolario, Ragionamento aritmetico, Ricerca di simboli, Informazione, Cifrario, Riordinamento di lettere e numeri, Comprensione e Completamento di figure. I tre nuovi subtest aggiunti sono Puzzle, Confronto di pesi e Cancellazione, adattata dalla WISC-IV. Rispetto alla WAIS-R sono stati eliminati, Riordinamento di storie figurate e Ricostruzione di oggetti, presumibilmente per ridurre il rilievo attribuito al tempo di risposta, in quanto risentivano fortemnete dei punti supplementari per la velocità di esecuzione. La struttura della WAIS-IV è organizzata in quattro scale, le quali a loro volta comprendono sub test specifici per ciascuna scala. 1) Indice di comprensione verbale: viene calcolato sulla base dei punteggi dei tre sub test fondamentali (somiglianze, vocabolario e informazione) e solo in caso di necessità uno di essi può essere sostituito con l’unico sub test supplementare (comprensione).