Scarica Tecnologie e Dispositivi Elettronici e più Appunti in PDF di Dispositivi elettronici solo su Docsity! Tecnologie e Dispositivi Elettronici Alessandro Panciarola Anno 2022/23 Indice 1 Concetti base di chimica 4 1.1 Atomo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 1.1.1 Modello della carica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 1.1.2 Struttura dell’atomo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 1.1.3 Modello atomico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 1.2 Tavola Periodica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 1.3 Molecole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8 1.3.1 Legame ionico e covalente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8 1.3.2 Atomo di silicio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9 1.4 Modello a bande di energia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9 2 Concetti base di fisica 12 2.1 Forza, campo e potenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12 2.2 Corrente elettrica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14 2.3 Coefficiente di mobilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15 2.4 Legge di Ohm . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17 3 Fisica dei semiconduttori 18 3.1 Struttura dei semiconduttori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18 3.1.1 Elettroni e lacune . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19 3.2 Semiconduttori intrinseci ed estrinseci . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21 3.2.1 Semiconduttori intrinseci . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21 3.2.2 Semiconduttori drogati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22 3.2.3 Mobilità nei semiconduttori drogati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25 3.3 Equilibrio termico e legge di azione di massa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25 3.3.1 Generazione e ricombinazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25 3.3.2 Legge di azione di massa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26 3.3.3 Legge della neutralità di carica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27 3.4 Generazione-ricombinazione e iniezione di portatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28 3.5 Diffusione di portatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30 3.5.1 Relazione di Einstein . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32 3.6 Equazione di continuità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33 3.6.1 Equazione di Poisson . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34 3.6.2 Equazioni fondamentali dei semiconduttori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35 3.7 Potenziale all’interno di un materiale con concentrazione non uniforme di portatori . 35 3.7.1 Potenziale di Fermi e potenziale di contatto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37 1 Capitolo 1 Concetti base di chimica Prima di introdurre la fisica dei semiconduttori è utile avere presente alcuni concetti basilari di chimica generale, in particolare: l’atomo, le molecole, la tavola periodica e le bande di energia. 1.1 Atomo 1.1.1 Modello della carica Come possiamo immaginare, tutta l’elettronica è basata sullo spostamento di cariche da un atomo ad un altro, dove le cariche sono entità che trasportano da un punto ad un altro all’interno di un certo materiale, e che quindi generano corrente elettrica. Possiamo quindi dire che un atomo, molecola, o un qualunque sistema è in una condizione di equilibrio se è imperturbato lo stato del sistema, ovvero se non applicate sul sistema: forze, campi, potenziali, ecc. 1.1.2 Struttura dell’atomo Vediamo ora brevemente la struttura dell’atomo e un po’ di nomenclatura per individuare le sue caratteristiche generali. Un qualsiasi atomo è composto dal nucleo che è costituito da protoni e neutroni e nelle parte esterna ad esso sono presenti gli elettroni ; un qualsiasi elemento chimico possiede un numero atomico (Z), dove Z = numero di protoni Ed anche un numero di massa (A), dove A = numero di protoni+elettroni 4 Una cosa importante da notare è che per atomi neutri si avrà che Z = A Ovvero che il numero di elettroni è uguale al numero di protoni, e di conseguenza se due elementi hanno lo stesso numero di elettroni significa che sono lo stesso elemento. Vediamo ora a confronto il protone, l’elettrone ed il neutrone in base alla loro massa e alla loro carica Come possiamo notare dalla tabella, nonostante l’elettrone ed il protone abbiamo stessa carica, ma di segno opposto, la massa del protone è 104 volte più grande di quella dell’elettrone. L’atomo più semplice in assoluto è l’idrogeno (H), esso infatti possiede soltanto un unico proto- ne e di conseguenza un unico elettrone. Come è ormai noto dalla meccanica quantistica, le orbite dell’elettrone sono ristrette soltanto ad alcune orbite ben definite, detto più formalmente esso può occupare solo determinati valori del mo- mento angolare (nℏ), a causa di ciò abbiamo la quantizzazione dell’energia. Abbiamo quindi capito che l’elettrone non può stare dove vuole intorno al nucleo, ma solo in de- terminate orbite in base alla sua energia. Esiste anche un’energia, chiamata energia di legame EH , che impedisce all’elettrone di ”andare per i fatti suoi” e tiene unito l’atomo. Questa energia di legame dell’atomo di idrogeno è pari a EH = − m0q 4 2(4πε0nℏ)2 = 13, 6 n2 eV In seguito vedremo che più l’orbita dell’elettrone è esterna minore sarà la sua energia di legame e ciò sarà molto importante per i legami. 1.1.3 Modello atomico La formula vista prima dell’energia, la quale aveva un’espressione abbastanza complessa, valeva unicamente per l’atomo di idrogeno, che come sappiamo è l’atomo più semplice. Per trattare atomi 5 più complessi ci basta sapere che l’energia degli elettroni è limitata da alcuni valori ben definiti chiamati gusci, o livelli di energia. Quindi elettroni che appartengono allo stesso guscio, significa che hanno lo stesso livello energetico. Bisogna però precisare che gli elettroni che appartengono allo stesso guscio è vero che hanno lo stesso livello energetico, ma non è detto che si ”muovano” nello stesso, infatti dipende da quale sotto orbitale (s, p, d, f, ...) appartengono gli elettroni. Esiste una regola per stabilire qual è il numero massimo di atomi nell’n-esimo guscio energetico, la legge è la seguente 2n2 Per capire: se voglio il numero massimo di elettroni sul guscio n = 3 sarà 2 · (3)2 = 18 elettroni. Esiste anche una tabella con i valori già calcolati 6 Figura 1.3: Esempio di legame ionico di NaCl 1.3.2 Atomo di silicio Come già detto in precedenza, il protagonista indiscusso della fisica dei semiconduttori è senza dub- bio il silicio, quindi aggiungiamo dei dettagli proprio sull’atomo del silicio. Il silicio (Si) ha numero atomico 14, ciò significa che ha 14 elettroni e la sua configurazione elettronica è la seguente 1s2 2s2 2p6 3s2 3p2 Come si può vedere dalla configurazione elettronica, 10 dei 14 elettroni dell’atomo di Si occupano livelli di energia molto profonda, ovvero hanno un legame forte con il nucleo e ciò comporta che rimangono sostanzialmente imperturbati durante le reazioni chimiche o le normali interazioni atomo- atomo. Invece i quattro elettroni rimanenti (elettroni di valenza) sono debolmente legati e quindi partecipano fortemente alle reazioni chimiche. Nel nostro caso, durante il corso si farà molto riferimento al silicio monocristallino, ed in quel caso i restanti 4 elettroni si otterranno tramite 4 legami covalenti con atomi di silicio adiacenti. 1.4 Modello a bande di energia In un materiale solido, le interazioni tra gli atomi si traducono in una struttura a banda per gli elettroni. Questo accade perché non tutti gli elettroni hanno esattamente la stessa energia (a causa dell’incertezza di misura) e quando ho molti elettroni non si parla più di livelli energetici, ma di bande di energia. 9 Le proprietà elettriche di un qualsiasi materiale sono influenzate dal livello di occupazione della banda di energia più alta degli elettroni legati agli atomi (banda di valenza) e degli gli elettroni liberi (banda di conduzione). In generale i materiali sono raggruppati in tre categorie a seconda della loro conducibilità (σ) o resistività (ρ = 1 σ ): • conduttori • semiconduttori • isolanti Per poter aumentare la conducibilità di un materiale dovrò aumentare il numero di elettroni di valenza, questo può essere fatto fornendo calore, oppure, come vedremo più avanti, alterando le proprietà del materiale inserendo atomi di altri elementi. Passiamo ora alle bande di energia. Solitamente, la tipica occupazione della banda energetica per conduttori, semiconduttori e isolanti è la seguente Figura 1.4 10 Come possiamo notare dalla figura, nei semiconduttori, la banda di valenza e la banda di conduzione sono separate da un gap energetico relativamente piccolo. Ciò significa che un elettrone potrà passare dalla banda di valenza a quella conduzione fornendogli un’energia non eccessiva. 11 Il potenziale in un punto P dello spazio viene convenzionalmente definito come il lavoro cambiato di segno eseguito dalle forze del campo per portare nel punto P l’unita di carica positiva partendo da una distanza infinitamente lontana dalla regione di carica. La definizione assume che, ad una distanza infinitamente lontana dalla regione di carica, il potenziale V∞ sia nullo. Pertanto si avrà VP = VP − V∞ = − ∫ P ∞ Exdx Da questa è possibile ricavare Ex = −dV dx In tre dimensioni sarà E⃗ = −∇V (2.2) Questa relazione ci sarà utile per poter sapere che le zone di campo elettrico ”critico” sono le zone con una grande variazione di potenziale. Una carica q in un campo di potenziale V ha un’energia potenziale U pari a U = qV 2.2 Corrente elettrica La corrente, i, è una grandezza scalare che rappresenta il moto delle cariche q attraverso un conduttore ossia la loro variazione nell’unita di tempo i = dq dt (2.3) Considerando un flusso di N particelle di carica q lungo la direzione dell’asse x in un conduttore di sezione A, la corrente è quindi definita come la carica totale che passa attraverso A, nell’unita di tempo. Ad esempio, se nel tempo t passano N particelle di carica q, si ha che i = Nq t = Nq vx L Dove vx è la velocità media con cui le cariche percorrono la lunghezza L nella direzione dell’asse x. Possiamo definire il vettore densità di corrente, J⃗ , come quel vettore con direzione e verso della velocità v⃗ e modulo dato dalla corrente per area unitaria (A/cm2). Nel caso di moto unidimensionale si ha Jx = i A = N LA qvx = nqvx (2.4) dove n rappresenta la concentrazione di cariche (positive) in movimento per unità di volume (cm−3). In forma vettoriale, la densità di corrente viene espressa da J⃗ = nqv⃗ La densità di corrente può anche essere espressa in funzione della densità volumetrica di carica (C/cm3), definita come ρs = nq Risulta quindi J⃗ = nqv⃗ = ρsv⃗ (2.5) 14 Precisazione Bisogna notare che la valutazione fatta sinora della corrente o della sua densità prescinde dalla tipologia delle cariche e dalla natura dei movimento. Inoltre, sia la densità di carica che la velocità potrebbero essere grandezze variabili nel tempo. 2.3 Coefficiente di mobilità Un conduttore e caratterizzato dalla presenza di elettroni liberi in grado di muoversi e di generare una corrente sotto l’azione di un campo elettrico. Se il campo elettrico è nullo E⃗ = 0, il moto degli elettroni dovuto alla sola agitazione termica e può essere immaginato come una rapida successione di urti all’interno del reticolo che compone la struttura del materiale conduttore. Una descrizione qualitativa del moto di un elettrone può essere interpretata come in figura Nell’intervallo di tempo τc, ovvero il tempo che mediamente intercorre tra due collisioni, un elettrone si muove rapidamente con una velocità media vth, e percorre una distanza media l, dove l = vthτc La grandezza vth rappresenta la velocità della particella dovuta all’agitazione termica mentre la lun- ghezza l viene detta cammino libero medio. Analizzando il fenomeno da un punto di vista macroscopico, il moto di un elettrone appare come un moto casuale nel quale non esiste una direzione preferenziale. Quindi, in un arco di tempo abba- stanza lungo, la velocità media di una particella dovuta all’agitazione termica è nulla, cioè ⟨vth⟩ = 0. Tuttavia, non è nullo il valore quadratico medio di questa velocità, ossia ⟨v2th⟩ ≠ 0. Un modello semplice ma efficace rappresenta il moto degli elettroni in un conduttore come il moto di particelle gassose prive di carica. La loro energia cinetica è data allora data da Ec = 1 2kT per ciascun grado di libertà (o direzione in cui si muove l’elettrone), da cui 1 2 m ′ n⟨v2th⟩ = 1 2 kT moto unidimensionale (1D) 3 2 kT moto tridimensionale (3D) (2.6) Dove m ′ n è la massa effettiva dell’elettrone e k è la costante di Boltzmann (pari a 1, 38×10−23 J/K). L’espressione 2.6 consente di ottenere vth, dove va precisato che in generale vth è una velocità tipica del moto termico di particelle in gas, liquidi, ecc. L’espressione finale di vth è una misura indiretta della temperatura T e dipende strettamente dall’energia delle particelle, infatti in 1D è pari a vth = √ kT m 15 Mentre in 3D è pari a vth = √ 3kT m Precisazione: essendo vth una grandezza scalare e non vettoriale, essa non è una velocità effettiva (ovvero nel senso comune del termine). Se il conduttore viene sottoposto ad un campo elettrico costante E⃗, ogni elettrone è sottoposto ad una forza −qE⃗, che produce una corrente nello stesso verso del campo. −qE⃗ = m ′ n ∆v⃗ ∆t Quindi alla componente di velocità dovuta all’agitazione termica si aggiunge un ulteriore compo- nente causata dal campo elettrico, e tale componente è detta velocità di deriva (o drift). Siccome gli elettroni sono sottoposti ad una forza elettrica, la velocità di deriva dovrebbe crescere indefinitamente, ma a causa degli urti si ottiene una velocità costante. Infatti ogni volta che un elet- trone urta, perde la sua energia cinetica e cambia direzione (riducendo o annullando la sua velocità lungo la direzione del campo). In seguito a causa della forza costante esso ricomincia a muoversi con un costante incremento della velocità, ed il risultato di accelerazioni e bruschi arresti è una velocità media proporzionale al campo elettrico. Considerando ∆t molto piccolo sarà pari a τc, inoltre considerando molto piccola anche ∆v⃗, ovvero la variazione di velocità, coinciderà con la velocità di deriva, ossia ∆v⃗ = v⃗n −qE⃗ = m ′ n v⃗n τc Ricavando vnx nel caso unidimensionale avremo vnx = − qτc m′ n Ex Rinominando una parte dell’espressione con µn otterremo vnx = −µnEx Nel caso tridimensionale v⃗n = −µnE⃗ (2.7) La costante di proporzionalità µn è chiamata coefficiente di mobilità degli elettroni (o anche semplicemente mobilità), da notare inoltre che il segno meno è dovuto al fatto che i portatori sono considerati cariche negative. µn = qτc m′ n (2.8) In realtà il coefficiente di mobilità è costante solo per campi elettrici deboli, infatti µn(E) = µn(E) = µn E < 103V/cm µn(E) ∝ 1√ E 103V/cm < E < 104V/cm µn(E) ∝ 1 E E > 104V/cm Questo significa che per campi superiori a 104V/cm, il moto degli elettroni all’interno di un condut- tore ha una velocità indipendente dal valore del campo applicato. Tale velocità viene detta velocità di saturazione ed indicata con vsat. 16 dell’elettronica. Il silicio possiede 4 elettroni di valenza e solitamente sono condivisi tramite legame covalente agli atomi di silicio adiacenti Figura 3.1 Inoltre la struttura cristallina del silicio ha la forma di un tetraedro, come possiamo vedere in figura Un valore molto importante da ricordare è la densità di atomi su centimetro cubo del silicio, questo valore infatti ci sarà utile, più avanti per fare delle considerazioni Si ∼= 5 · 1022 atomi/cm 3 3.1.1 Elettroni e lacune Il comportamento elettrico dei semiconduttori è fortemente dipendente dalla temperatura, facciamo quindi delle osservazioni • T = 0 K: rappresenta la situazione della Figura 3.1, in questo caso tutti gli elettroni del ma- teriale si trovano nella zona di valenza e nessuna conduzione elettrica è possibile. In questo il comportamento del semiconduttore è simile ad un materiale isolante, infatti tutti gli elettroni di valenza sono tutti coinvolti in legami covalenti. 19 • T > 0 K: in questo caso l’energia termica dell’elettrone può essere sufficiente per rompere alcuni legami covalenti. Ogni volta che l’elettrone abbandona la zona di valenza, ovvero passa dalla banda di valenza alla banda di conduzione, lascia uno spazio vuoto che prende il nome di lacuna. Quindi per vibrazione termica, si generano nel materiale delle coppie elettrone-lacuna. A quel punto, se venisse applicato un campo elettrico, è facile intuire che saranno proprio gli elettroni liberi a partecipare alla conduzione, questi elettroni li chiameremo elettroni di conduzione. Figura 3.2 20 Ciò che è meno intuitivo è comprendere come la corrente elettrica può essere creata grazie all’assenza di un elettrone nella zona di valenza: questo avviene in quanto l’assenza di un elettrone in questa zona rende possibile lo spostamento di altri elettroni di valenza. E’ possibile anche un’altra interpretazione del fenomeno: nulla, infatti, vieta di affermare che sia stata la lacuna a spostarsi; in sostanza è come se una particella positiva, rappresentata dalla lacuna, si sia spostata nel verso opposto a quello degli elettroni di conduzione, come in Figura 3.2. Possiamo quindi dire che in un semiconduttore esistono due portatori di carica che partecipano al trasporto di corrente: gli elettroni (carica negativa) e le lacune (carica positiva); come vedremo in seguito, il concetto di lacuna è molto importante e verrà usato molto per semplificare la fisica dei semiconduttori. La lacuna, verrà quindi spesso immaginata e descritta come una particella che possiede un moto proprio ed una carica positiva di valore pari al modulo di quella dell’elettrone. E’ bene quindi ricordare che la lacuna rappresenta semplicemente l’assenza di un elettrone all’interno di un legame covalente. 3.2 Semiconduttori intrinseci ed estrinseci 3.2.1 Semiconduttori intrinseci In un semiconduttore puro (o intrinseco) per ogni elettrone che si libera dal legame covalente si viene a creare una corrispondente lacuna ed a causa di ciò il numero delle lacune è uguale a quello degli elettroni liberi. Sia le lacune che gli elettroni sono anche chiamati portatori, e se definiamo con p = numero di lacune per unità di volume n = numero di elettroni per unità di volume Allora avremo che n = p = ni (3.1) Il termine ni prende il nome di concentrazione intrinseca dei portatori, e verrà espressa in cm−3. La concentrazione ni dipende dalle caratteristiche del semiconduttore e dalla temperatura T , ovviamente in condizione di equilibrio termodinamico, le nuove coppie che si formano vengono compensate da altrettante ricombinazioni di elettroni con lacune, facendo s̀ı da mantenere costante ni. Ovviamente ni cresce con l’aumentare della temperatura T (dato che è maggiore l’energia termica in gioco). La relazione generale che lega ni alla temperatura è la seguente ni = CT 3 2 e− EG 2kT (3.2) Dove C è una costante, k è la costante di Boltzmann ed EG è l’energia di gap che dipende dal semiconduttore. Alcuni valori importanti da ricordare sono la concentrazione intrinseca del silicio ni con T = 300K ni ∼= 1010cm−3 (Si) E anche l’energia di gap del silicio EG = 1, 12eV (Si) 21 Figura 3.5: Inserimento di un atomo del III gruppo in semiconduttore di silicio I tre elettroni del guscio esterno dell’atomo drogante si legano al reticolo formando altrettanti legami covalenti. Tuttavia, nella struttura vi è un legame non formato a causa dell’assenza di un elettrone (ovvero la presenza di una lacuna). Nell’intorno dell’atomo drogante pertanto la lacuna cerca di attrarre a sé gli elettroni vicini, infatti queste impurità sono in grado di ”accettare” elettroni e vengono chiamate droganti accettori (o di tipo p). Il semiconduttore cos̀ı trattato viene detto drogato di tipo p e indicheremo con NA la concentrazione di un elemento drogante di tipo p introdotta in un cristallo di silicio. Il drogaggio di un semiconduttore con atomi accettori presenta particolarità analoghe al caso precedente 1. Introduce cariche fisse negative La carica negativa che introduce l’elemento drogante è data dallo ione negativo (in figura uno ione negativo di boro) che si viene a formare una volta che la lacuna si è allontanata dall’atomo (venendo occupata da un elettrone). Tale carica negativa, essendo legata all’atomo di drogante, è una carica immobile che non può prendere parte alla conduzione (è quindi differente da una carica negativa libera formata da un elettrone che si stacca dal legame covalente). Lo ione negativo, pertanto, costituisce una carica fissa (negativa). 2. Causa una diminuzione della concentrazione di elettroni La diminuzione della concentrazione di elettroni si spiega in quanto l’aumento di lacune causato dal drogaggio innalza la probabilità che ha un elettrone libero di ”incontrare” una delle molte lacune presenti nel semiconduttore drogato. Pertanto, l’elevata concentrazione di lacune aumenta la probabilità che un elettrone si ricombini con una lacuna. Riassunto cause dell’inserimento di atomi accettori – aumento della concentrazione di lacune – creazione di cariche fisse negative – diminuzione della concentrazione di elettroni liberi Quindi applicando un campo elettrico ad un semiconduttore di tipo p, la corrente di deriva risultante è principalmente dovuta al moto degli lacune. 24 3.2.3 Mobilità nei semiconduttori drogati Abbiamo detto nel Capitolo 2.3 come nel semiconduttore puro la mobilità sia direttamente legata al tempo medio che intercorre tra due collisioni (ovvero gli urti tra i portatori ed il reticolo cristallino). In particolare, avevamo evidenziato come, a causa degli urti, le particelle in moto vengano deviate dalla loro traiettoria naturale e perdano la loro energia cinetica. In aggiunta a quanto accade in un semiconduttore puro, in un semiconduttore estrinseco esiste un’ulteriore fonte di disturbo al moto dei portatori causata proprio dagli elementi droganti presen- ti nel suo reticolo. Il disturbo, ossia la perdita di energia cinetica da parte della particella, viene rappresentato dagli urti con gli ioni e con l’eccessivo numero di elettroni liberi. Ovviamente perché ad una maggiore concentrazione di drogante corrisponde una maggiore probabilità di incontrare un disturbo, e ci si aspetta che i portatori si muovano con maggiore difficoltà all’interno di un semicon- duttore estrinseco. Figura 3.6: Mobilità del silicio a 300K in funzione della concentrazione di drogante Quanto detto trova riscontro nelle misure sperimentali del coefficiente di mobilità, in figura infatti è mostrata la mobilità dei due portatori nel caso del silicio a temperatura ambiente. Come atteso la mobilità diminuisce all’aumentare della concentrazione di drogante. 3.3 Equilibrio termico e legge di azione di massa Possiamo pensare l’equilibrio termico di un oggetto quando esso non riceve stimoli e sollecitazioni dall’esterno (luce, calore, vibrazione ecc.). Ovviamente non vi sono situazioni reali in cui un oggetto è in grado di trovarsi nella condizioni di equilibrio termico, ma vi possono essere situazioni in cui tale condizione è ben approssimata. Nei semiconduttori, l’equilibrio termico è fortemente legato ai processi di generazione e ricombinazione. 3.3.1 Generazione e ricombinazione E’ stato già discusso come la generazione (o creazione) di portatori liberi sia un processo nel quale gli elettroni di valenza riescono a guadagnare abbastanza energia da compiere una di queste azioni • liberarsi dagli atomi di silicio creando coppie elettrone-lacuna • liberarsi da atomi donori creando elettroni liberi e cariche positive fisse • liberarsi da un atomo di silicio per fornire il quarto legame covalente ad un atomo accettore creando una lacuna e una carica negativa fissa. 25 A sua volta, il processo di ricombinazione avviene quando un elettrone libero (ossia un elettrone portatore di un’energia che gli ha permesso di lasciare un legame covalente) cede la sua energia al reticolo cristallino e rientra a far parte di un nuovo legame covalente ed in questo processo scompare una coppia elettrone-lacuna. Ovviamente se la concentrazione di elettroni liberi è alta, diventa alta anche la probabilità che una lacuna sia ”incontrata” da un elettrone, cos̀ı come se la concentrazione di lacune è alta, un elettrone libero ha un’alta probabilità di ”incontrare” una lacuna. In entrambi i casi il tasso di ricombinazione, ossia il numero di ricombinazioni per unità di tempo, cresce. Risulta quindi evidente come il processo di generazione descritto prima sia in qualche modo bilanciato dal processo di ricombinazione. Pertanto, uno sbilanciamento nella concentrazione di elettroni/la- cune porterà ad un incremento del tasso di ricombinazione fino a che i due processi non assumano lo stesso tasso. In questa condizione il semiconduttore si trova in equilibrio termico, ossia, l’equilibrio termico in un semiconduttore avviene quando il tasso di generazione di coppie elettrone-lacuna è uguale al tasso di ricombinazione. 3.3.2 Legge di azione di massa Entrambi i tassi sono però dipendenti dalla temperatura e, ad esempio, sono nulli a T = 0K. In- crementando la temperatura, entrambi i tassi aumentano facendo aumentare la concentrazione di portatori liberi come ad esempio avviene nei semiconduttori intrinseci nella figura 3.3. I processi di generazione e ricombinazione sono anche influenzati dal drogaggio, infatti sappiamo che in un semiconduttore di tipo n è molto probabile che una lacuna sia ”incontrata” da un elettrone e avvenga una ricombinazione. Come conseguenza, si era anche giunti alla conclusione che la concen- trazione di lacune in un semiconduttore di tipo n è molto inferiore rispetto a quella che si avrebbe nel semiconduttore intrinseco, in quanto le lacune si ricombinano non solo a causa degli elettroni generati termicamente, ma principalmente a causa della grande presenza degli elettroni liberi portati dal drogante. La diminuzione della concentrazione di lacune a causa dell’incremento della concentrazione di elet- troni può esser espressa come p = C n Dove C è una costante di proporzionalità crescente con la temperatura. Una simile relazione può essere scritta anche per un semiconduttore drogato di tipo p, dove si ha n = C p Dove C è sempre la stessa costante. La costante C può essere determinata considerando le due relazioni nel caso del semiconduttore intrinseco dove vale la relazione 3.1, cioè n = p = ni La costante C diventa pertanto C = n2 i e, di conseguenza np = n2 i (3.4) Questa relazione viene chiamata legge dell’azione di massa e vale sia per un semiconduttore in- trinseco che per uno drogato posti in equilibrio termico. La legge evidenzia come, drogando un mate- riale semiconduttore, vi è un portatore di carica prevalente che si chiama portatore maggioritario mentre l’altro, che dà un contributo trascurabile, è denominato portatore minoritario. 26 • Alto livello di iniezione: se la concentrazione dei portatori iniettati è paragonabile o maggiore della concentrazione dei portatori di maggioranza all’equilibrio. Matematicamente le due condizioni possono essere modellate nel seguente modo • Basso livello di iniezione Per un semiconduttore di tipo n, dove vale n′ n = p′n, si ha un basso livello di iniezione se n′ n ≪ nn0 ≈ ND Per un semiconduttore di tipo p, dove vale n′ p = p′p, si ha un basso livello di iniezione se p′p ≪ pp0 ≈ NA • Alto livello di iniezione Per un semiconduttore di tipo n si avrà n′ n ≥ nn0 ≈ ND Per un semiconduttore di tipo p si avrà p′p ≥ pp0 ≈ NA Poniamoci ora nella situazione di un basso livello di iniezione • In un semiconduttore di tipo n, le concentrazioni dei portatori hanno seguente espressione nn ≈ ND pn = p′n + pn0 ≈ p′n • In un semiconduttore di tipo p, le concentrazioni dei portatori hanno seguente espressione pp ≈ NA np = n′ p + np0 ≈ n′ p Una volta interrotta la causa che ha determinato l’iniezione, le concentrazioni dei portatori si ridur- ranno e, dopo un certo lasso di tempo detto fase transitoria, ritorneranno al loro valore di equilibrio originale. Sotto questa ipotesi, a bassi livelli di iniezione, i portatori maggioritari, a causa dell’iniezione non avevano subito alcun incremento apprezzabile della loro concentrazione. Invece, le concentrazioni dei portatori minoritari si modificano e si riducono in maniera apprezzabile, e questo è di nostro interesse. Ovviamente, la riduzione della concentrazione dei portatori minoritari è tanto più veloce quanto maggiore è il livello di portatori iniettati, e risulta inversamente proporzionale al tempo di vita medio dei portatori considerati. Praticamente, supponendo un semiconduttore di tipo n, nell’intervallo di tempo dt, la concentra- zione dei portatori minoritari iniettati si riduce di una quantità dpn che è proporzionale allo stesso livello di portatori iniettati p′n, e inversamente proporzionale al tempo di vita medio τp. In forma analitica ciò si esprime dpn dt = −p′n τp (3.6) Lo stesso ragionamento per un semiconduttore di tipo p, porta all’equazione per i suoi portatori minoritari dnp dt = − n′ p τn (3.7) 29 Ora bisogna notare che p′n e n′ p sono funzioni del tempo e che i termini p′ n τp e n′ p τn rappresentano rispettivamente il tasso totale di ricombinazione delle lacune e degli elettroni e viene indicato rispettivamente con Rp o Rn. Detto ciò, le equazioni precedenti possono essere riscritte dpn dt = −p′n τp → d(p′n −pn0) dt = −p′n τp ⇒ dp′n dt = −p′n τp = −Rp dnp dt = − n′ p τn → d(n′ p −np0) dt = − n′ p τn ⇒ dn′ p dt = − n′ p τn = −Rn Abbiamo ottenuto le seguenti equazioni dp′n dt = −p′n τp = −Rp dn′ p dt = − n′ p τn = −Rn (3.8) Risolte daranno la seguente soluzione p′n(t) = pn(t)− pn0 = p′n(0)e − t τp n′ p(t) = np(t)− np0 = n′ p(0)e − t τn (3.9) Le quantità p′n(0) e n ′ p(0) rappresentano i portatori iniettati presenti nel semiconduttore nel momento in cui cessa la causa che ha determinato l’iniezione. Conclusioni In conclusione, nel caso di bassi livelli di iniezione, la concentrazione di portatori di maggioranza resta pressoché inalterata, mentre si ha un consistente incremento nel livello di concentrazione dei portatori di minoranza. Cessata la causa che determina l’iniezione, si ha un ritorno ai livelli di concentrazione dei portatori in equilibrio con un andamento esponenziale avente come costante di tempo il tempo di vita medio del portatore (l’andamento delle concentrazioni dei portatori iniettati in funzione del tempo ha un comportamento simile alla scarica di una tensione immagazzinata su un condensatore che viene cortocircuitato da una resistenza). 3.5 Diffusione di portatori In un semiconduttore si potrebbero avere concentrazioni non uniformi di portatori (elettroni liberi o lacune) e ciò determinerebbe un moto di particelle, ovvero una corrente elettrica denominata cor- rente di diffusione. Consideriamo una concentrazione non uniforme di elettroni liberi di un semiconduttore lungo la direzione dell’asse x. Gli elettroni liberi a causa dell’agitazione termica tendono a muoversi all’inter- no del semiconduttore in maniera del tutto casuale. Supponendo quindi un moto unidimensionale, gli elettroni si muoveranno secondo il meno gradiente della concentrazione, ovvero le cariche andran- no da dove sono di più a dove sono meno. Ecco una figura per capire il fenomeno 30 Figura 3.7: Profilo di concentrazione non uniforme di elettroni in un semiconduttore In altre parole: poiché la concentrazione rappresentata in figura mostra un maggior numero di elettroni nella parte destra, accadrà che, dopo un certo lasso di tempo, gli elettroni che si muovono da destra verso sinistra saranno in numero maggiore di quelli che si muovono nel verso opposto. Come conseguenza, vi è una densità di corrente netta, il cui verso è opposto al moto degli elettroni, pertanto da sinistra verso destra. In maniera quantitativa, il problema può essere descritto come segue: gli elettroni, per agitazio- ne termica, hanno una ”velocità” vth e percorrono un libero cammino medio l dopo un tempo τc, pari a τc = l vth Quindi, dopo un tempo τc metà degli elettroni che si trovavano tra il punto −l e l’origine attraver- seranno l’origine (l’area 1), determinando un flusso di particelle per unità di superficie da sinistra verso destra pari a metà dell’area 1 diviso il tempo di percorrenza τc. Analogamente accadrà per gli elettroni tra l’origine ed il punto l (area 2) determineranno nell’origine un flusso su unità di superficie da destra verso sinistra. Poiché il libero cammino medio l rappresenta una lunghezza molto piccola, si può approssimare l’arca delle due regioni in figura con dei rettangoli Figura 3.8: Approssimazione delle aree 31 • il numero di elettroni che entra nel volume in x+ dx (segno -) • il tasso di generazione degli elettroni (segno +) • il tasso con cui gli elettroni si ricombinano con le lacune (segno -) Le prime due componenti si trovano dividendo le correnti ad ogni lato del volume per la carica dell’elettrone, mentre i due tassi li indicheremo rispettivamente con Gn e Rn. Avremo quindi che il tasso totale è dato da ∂n ∂t Adx = [ Jn(x)A −q − Jn(x+ dx)A −q ] + (Gn −Rn)Adx Ora sviluppando in serie di Taylor la corrente jn(x+dx) e sostituendola nella relazione precedente, si otterrà, sia per gli elettroni che per le lacune3, quella che viene chiamata equazione di continuità ∂n ∂t = 1 q ∂Jn ∂x + (Gn −Rn) ∂p ∂t = −1 q ∂Jp ∂x + (Gp −Rp) (3.15) 3.6.1 Equazione di Poisson Per completare il quadro delle equazioni fondamentali dei semiconduttori, manca una un’equazione, infatti nelle due equazioni di continuità ricavate precedentemente ci sono 3 incognite: n, p ed il campo E, infatti ricordiamo che la componente di corrente di deriva dipende dal campo elettrico secondo la legge 3.3. Piuttosto che parlare di campo elettrico, per i nostri scopi è più corretto parlare di potenziale, anche perché non è molto diverso parlare di campo elettrico o di potenziale se si conosce la relazione che li lega E = −∇V Per ricavare questa ultima equazione, partiamo da una delle leggi fondamentali dell’elettromagneti- smo, ovvero il teorema di Gauss ∇ · E = ρs εs Per semplicità consideriamo consideriamo il caso monodimensionale e cerchiamo di unire le seguente due leggi dE(x) dx = ρs εs E = −dV dx Se le uniamo otterremo la seguente espressione d2V dx2 = −ρs εs (3.16) Questa relazione è chiamata equazione di Poisson e costituisce l’ultima equazione necessaria per completare il quadro delle equazioni fondamentali dei semiconduttori. Possiamo anche fare un passaggio aggiuntivo, esplicitando la densità volumica di carica ρs, infatti 3Per le lacune, bisogna però ricordare che hanno carica positiva e quindi cambia il segno. 34 essa sarà data da dalla somma algebrica della densità di carica dei portatori e della concentrazione degli atomi ionizzati dovuti al materiale drogante, ovvero ρs = −q(ND −NA + p− n) Quindi la forma dell’equazione di Poisson che utilizzeremo sarà la seguente d2V dx2 = q εs (ND −NA + p− n) (3.17) 3.6.2 Equazioni fondamentali dei semiconduttori Abbiamo, nel seguente ordine: l’equazione di Poisson; le equazioni di continuità per gli elettroni e per le lacune. Abbiamo anche le densità di corrente di deriva e di diffusione. • Caso 1D d2V dx2 = q εs (ND −NA + p− n) ∂n ∂t = 1 q ∂Jn ∂x + (Gn −Rn) ∂p ∂t = −1 q ∂Jp ∂x + (Gp −Rp) (3.18) Jn = qnµnEx + qDn dn dx Jp = qpµpEx − qDp dp dx (3.19) • Caso 3D ∇2V = q εs (ND −NA + p− n) ∂n ∂t = 1 q ∇ · J⃗n + (Gn −Rn) ∂p ∂t = −1 q ∇ · J⃗p + (Gp −Rp) (3.20) J⃗n = qnµnE⃗ + qDn∇n J⃗p = qpµpE⃗ − qDp∇p (3.21) 3.7 Potenziale all’interno di un materiale con concentrazione non uniforme di portatori Si consideri un materiale semiconduttore e si supponga di avere una concentrazione non uniforme di lacune lungo la direzione dell’asse x come quello nella seguente figura 3.10. In particolare la parte di destra abbia una concentrazione pari a p2 e quella di sinistra pari a p1. La non uniformità dei portatori determina una corrente di diffusione, ma poiché l’elemento rap- presenta un circuito aperto la corrente netta che vi scorre deve necessariamente essere pari a zero. 35 Figura 3.10: Semiconduttore con concentrazione non uniforme di portatori Questo vuol dire che deve esistere un’altra componente di corrente che compensa la corrente di diffusione. L’unico contributo possibile è dato dalla corrente di deriva, ed associata ad essa deve esistere all’interno dell’elemento un campo elettrico (ovvero una differenza di potenziale tra le due parti). Scriviamo quindi l’equazione della densità di corrente di deriva-diffusione e poniamo la corrente pari a 0 per il motivo descritto prima qpµpEx − qDp dp dx = 0 Ricaviamo il campo elettrico Ex = Dp µp 1 p dp dx = VT 1 p dp dx A questo punto, dobbiamo integrare, ed integrando il campo elettrico otterremo proprio il potenziale tra la parte destra (2) e sinistra (1), che sarà uguale a V21 = − ∫ 2 1 Exdx = −VT ∫ p2 p1 dp p Risolvendo l’integrale, sia per le concentrazioni di lacune che per le concentrazioni di elettroni, otterremo V21 = VT ln ( p1 p2 ) V21 = −VT ln ( n1 n2 ) (3.22) La differenza di potenziale V21 è nota come potenziale di contatto, ed è proprio quella differenza di potenziale che appare ai capi di due materiali semiconduttori differentemente drogati e posti a contatto tra di loro. Questo concetto sarà di importanza fondamentale nello studio delle giunzioni pn. Invertendo le relazioni appena ottenute si ottiene l’equazione di Boltzmann p1 = p2e V21 VT n1 = n2e −V21 VT (3.23) Cosa interessante da notare è che queste equazioni soddisfano la legge di azione di massa, difatti assumendo che la regione (2) sia un semiconduttore intrinseco ni e che la regione (1) sia lo stesso semiconduttore uniformemente drogato. moltiplicando le due equazioni di Boltzmann, si ha che il prodotto p1n1 pari è uguale a p2n2 da cui, tenendo conto che p2 = n2 = ni, si ricava facilmente che np = n2 i 36 4.2 Regione di carica spaziale Quando due regioni drogate con portatori complementari vengono a contatto tra di loro, nelle vi- cinanze della regione di giunzione si avvia un processo di ricombinazione nel corso del quale alcuni elettroni liberi del lato drogato di tipo n transitano nel lato drogato di tipo n e si ricombinano con altrettante lacune Con riferimento alla figura, si ha un flusso di alcuni elettroni da destra a sinistra e la ricombinazione avviene nella parte a sinistra della giunzione. Lo stesso processo può ovviamente analizzarsi anche considerando le lacune, ossia, un certo numero di lacune transita da sinistra a destra e si ricombina con gli elettroni liberi della regione di tipo n. Qualunque sia il modo di descrivere questa evoluzione, alla fine in prossimità dell’interfaccia ri- mangono degli atomi ionizzati. Nello specifico, a destra rimangono degli ioni positivi (gli atomi privi di elettroni liberi che sono passati a sinistra) mentre a sinistra rimangono degli ioni negativi (atomi del III gruppo che per completare i legami covalenti hanno acquisito gli elettroni transitati). Tali cariche sono cariche fisse e determinano una regione di carica spaziale detta regione svuotata (in quanto priva di portatori liberi), ovvero che n(x) ≈ 0 p(x) ≈ 0 (nella regione svuotata) Qualitativamente, il profilo di concentrazione (semplificato) di queste cariche fisse è riportato in figura Figura 4.3: Regione di carica spaziale 39 In prossimità dell’interfaccia e da entrambi i lati, la concentrazione di carica è massima, poi, oltre una certa distanza, esiste una regione di transizione dove tali profili decrescono in modo repentino. Allontanandosi sempre più dell’interfaccia non vi sono ulteriori cariche ionizzate e le regioni sono neutre, infatti ricordando che ρs = q(ND −NA + p− n) Quindi • Nella regione drogata di tipo p si avrà che ND = 0,−NA = −NA, p = NA e −n = 0, di conseguenza ρs = q(ND −NA + p− n) = (0−NA +NA − 0) = 0 ⇒ ρs = 0 Di conseguenza la regione drogata di tipo p lontano dall’interfaccia è neutra. • Nella regione drogata di tipo n si avrà che ND = ND,−NA = 0, p = 0 e −n = −ND, di conseguenza ρs = q(ND −NA + p− n) = (ND − 0 + 0−ND) = 0 ⇒ ρs = 0 Di conseguenza la regione drogata di tipo n lontano dall’interfaccia è neutra. Bisogna però anche notare che, nella condizione di equilibrio termodinamico, ovvero a temperatura uniforme e nessuna sollecitazione esterna (tensione, luce, campi elettromagnetici, ecc.), poiché nel dispositivo non è stata introdotta alcuna carica dell’esterno, la carica totale deve essere nulla. Quindi, la carica dovuta agli ioni positivi deve essere uguale a quella dovuta agli ioni negativi, e ciò significa che le due regioni in grigio in Figura 4.3 devono avere uguale area. 4.3 Elettrostatica della giunzione pn Nell’intorno dell’interfacci vi sono due regioni con cariche fisse distribuite ed il loro studio può essere condotto tramite la prima equazione di Maxwell ∇ · E⃗ = ρs εs In cui per il caso monodimensionale diventa dE(x) dx = ρs(x) εs (4.1) Il termine ρs(x), nella forma più generale, deve tener conto di quattro contributi: • le cariche positive libere composte dalle lacune con concentrazione p(x) • le cariche negative libere composte dagli elettroni con concentrazione n(x) • le cariche positive immobili composte dagli ioni positivi con concentrazione ND(x) • le cariche negative immobili composte dagli ioni negativi con concentrazione NA(x) Pertanto, come visto nel precedente paragrafo si ha ρs(x) = q[ND(x)−NA(x) + p(x)− n(x)] (4.2) Ricordiamo inoltre che dalla relazione che lega il potenziale al campo elettrico (E = −dV dx ) si può scrivere la prima equazione di Maxwell con la forma dell’equazione di Poisson, ossia d2V (x) dx2 = −ρs(x) εs (4.3) La prima equazione equazione di Maxwell e l’equazione di Poisson consentono, nota la densità di carica e le relative condizioni al contorno, di ottenere il campo elettrico ed il rispettivo potenziale. 40 4.3.1 Giunzione a gradino Per risolvere l’equazione di Poisson e la prima equazione di Maxwell dovremo fare alcune ipotesi semplificative. Si assumerà pertanto che 1. Nella regione svuotata la concentrazione di drogante vari bruscamente passando, nel punto x = 0, da NA a ND e che si mantenga costante all’interno del semiconduttore. Ovvero che ND(x) = ND e che NA(x) = NA. 2. La regione svuotata sia completamente priva di portatori liberi e che tutti gli atomi di drogante siano ionizzati (ipotesi di approssimazione di svuotamento). Ovvero che, all’interno della regione svuotata, nel calcolo di ρs(x), i contributi dovuti a n(x) e p(x) siano trascurabili. 3. Al di fuori della regione svuotata, la concentrazione di portatori liberi diventi bruscamente uguale alla concentrazione di drogante (approssimazione di quasi neutralità). Ovvero che al di fuori della regione svuotata, p(x) = NA e n(x) = ND e che ρs(x) = 0. La regione di carica spaziale è quindi compresa all’interno dell’intervallo [−xp, xn]. Queste ipotesi permettono di esprimere la densità di carica come ρs(x) = −qNA −xp ≤ x ≤ 0 qND 0 ≤ x ≤ xn 0 altrove Inoltre, poiché per la neutralità della carica all’interno del materiale, il totale della carica a destra deve essere uguale a quella di sinistra, quindi si ha anche NDxn = NAxp Figura 4.4: Regione di carica spaziale Poiché al di fuori della regione svuotata il campo elettrico è nullo, in quanto la densità di carica è nulla, ci concentreremo unicamente nell’intervallo [−xp, xn] per risolvere la legge di Maxwell. In particolare distingueremo i seguenti due intervalli e ne calcoliamo il campo elettrico E(x) = ∫ −qNA εs dx = −qNA εs x+ C1 −xp ≤ x ≤ 0 E(x) = ∫ qND εs dx = qND εs x+ C2 0 ≤ x ≤ xn 41 Considerando le lacune, nel presente caso si può assumere come regione 1 la regione del diodo drogata di tipo p con concentrazione di lacune NA, e come regione 2 la regione del diodo drogata di tipo n con concentrazione di lacune n2 i ND . Sostituendo questi valori nella prima espressioni otterremo che Vbi = VT ln ( NAND n2 i ) (4.7) Tale quantità prende il nome di potenziale di contatto della giunzione (o potenziale interno). Esso rappresenta quel potenziale necessario affinché il sistema si mantenga in equilibrio termodina- mico, ossia affinché il diodo si presenti esternamente come un circuito attraverso il quale la corrente totale sia nulla. Infatti è proprio quel potenziale che permette di bilanciare, mediante una corrente di deriva, la corrente di diffusione che si viene a creare a causa della diversa concentrazione di portatori presenti nel diodo. Il potenziale Vbi può anche essere visto come una barriera di potenziale che impedisce ai portatori maggioritari di una regione (elettroni nella regione drogata di tipo n e lacune nella regione drogata di tipo p) di transitare liberamente nella regione a drogaggio complementare forzando un flusso di portatori cioè una corrente di deriva) che bilanciano l’opposto flusso dovuto alla differenza di con- centrazione (corrente di diffusione). In sostanza, in un diodo il raggiungimento della condizione di equilibrio termodinamico viene ottenuto mediante la generazione di un potenziale interno pari a Vbi. 4.3.2 Larghezza della regione svuotata La differenza di potenziale ai capi del diodo (in condizione di equilibrio) la possiamo ottenere anche integrando direttamente il campo elettrico. Sapendo che Vbi = V (xn)−V (−xp), il potenziale interno ricavato dall’integrale del campo elettrico è dato da Vbi = − ∫ xn −xp E(x)dx Geometricamente, la differenza di potenziale Vbi, a meno del segno, non è nient’altro che l’area racchiusa dalla funzione del campo elettrico lungo il diodo, ovvero l’area del triangolo in grigio in Figura 4.6. Esso ha per altezza il valore di Emax e per base la larghezza della regione svuotata, ovvero W = xn + xp Quindi Vbi = 1 2 WEmax Sostituendo l’espressione di Emax, ricavata nel paragrafo precedente, si otterrà Vbi = 1 2 W qND εs xn Tenendo conto dell’uguaglianza tra le quantità di carica presenti a destra e a sinistra della giunzione, si ha W = xn + xp ⇒ xn = W − xp = W − ND NA xn Risolta per xn si ottiene xn = NA ND +NA W 44 Sostituendo questa espressione nella relazione con Vbi, si potrà ricavare la larghezza della regione svuotata1 W = √ 2εs q ND +NA NDNA Vbi (4.8) A questo punto viene spontanea una domanda ■ Che succede a W se una concentrazione di drogante è molto maggiore dell’altra? Nel caso in cui una concentrazione di drogante sia molto maggiore dell’altra, si deduce facilmente che la regione svuotata si collocherà prevalentemente nella regione a più bassa concentra- zione di drogante. Inoltre, la larghezza della regione svuotata, data dall’ultima relazione ricavata, può essere ulteriormente semplificata in W = W (NA) = √ 2εs qNA Vbi ND ≫ NA W (ND) = √ 2εs qND Vbi NA ≫ ND (4.9) 4.4 Giunzione pn fuori dall’equilibrio Se ora applichiamo una tensione VD (> 0) ai capi del diodo come nella seguente figura, avremo che la giunzione non è più in condizione di equilibrio Figura 4.8: Giunzione pn in presenza di una tensione applicata VD Possiamo comunque analizzare il diodo ricorrendo alle equazioni già determinate in zona di equilibrio, dobbiamo però fare delle ipotesi • Assumiamo sia ancora valida l’ipotesi di approssimazione di svuotamento, ovvero che tutti gli atomi di drogante dentro la regione di carica spaziale siano ionizzati. • Trascuriamo le cadute di tensione all’esterno della regione svuotata, ovvero assumiamo che il materiale delle regioni quasi neutre (esterne alla regione svuotata) abbia una resistenza trascurabile, e che tutta la tensione applicata ai capi del diodo risulti applicata alla regione svuotata. Sotto queste ipotesi, al preesistente potenziale interno Vbi che appare tra gli estremi della regione svuotata, si va ad aggiungere la tensione applicata VD. In particolare, la differenza di potenziale che è presente ai capi della regione svuotata è pari a Vbi − VD, come si vede in Figura 4.8. 1Avrei ottenuto lo stesso risultato se avessi sostituito nell’espressione di Emax il valore di qNA εs xp e avessi ricavato xp in funzione delle concentrazioni di drogaggio. 45 Poiché l’equazione di Poisson è ancora valida, le soluzioni sono quelle già trovate sotto la condi- zione di equilibrio, dove però al posto del potenziale interno in equilibrio Vbi, bisogna sostituire la differenza tra il potenziale interno in equilibrio e la tensione applicata Vbi−VD. Quindi la larghezza della regione svuotata W risulta pari a W = √ 2εs q ND +NA NDNA (Vbi − VD) (4.10) E nel caso di diodi con un lato più drogato dell’altro W = W (NA) = √ 2εs qNA (Vbi − VD) ND ≫ NA W (ND) = √ 2εs qND (Vbi − VD) NA ≫ ND (4.11) Osservazione Guardando le espressioni ottenute si vede immediatamente che se VD = Vbi ⇒ W = 0 Da ciò, capiamo che il valore massimo di VD da applicare alla giunzione è proprio Vbi, altrimenti l’ampiezza della regione svuotata è nulla e non ha senso considerare un dispositivo del genere. 4.4.1 Polarizzazione diretta Nel caso in cui ai capi del diodo è applicata una tensione positiva (VD > 0) si dirà che il diodo si trova in polarizzazione diretta2, ecco una figura Figura 4.9: Giunzione pn in presenza di polarizzazione diretta In questa condizione il potenziale applicato dall’esterno VD, si oppone al potenziale interno all’equi- librio Vbi, e quindi il risultato complessivo è la riduzione della differenza di potenziale che si sviluppa 2Ovvero un potenziale che va dal catodo all’anodo. 46 Questa volta il potenziale applicato (VR > 0) si somma al potenziale interno all’equilibrio Vbi e quindi il risultato complessivo è l’aumento della differenza di potenziale che si sviluppa ai capi della regione di carica spaziale. La prima conseguenza evidente è che la regione svuotata aumenta la sua larghezza. Sia l’aumento della differenza di potenziale, sia l’aumento dell’ampiezza sono visualizzabili nella seguente figura Figura 4.12: Giunzione pn in presenza di polarizzazione inversa Per quanto riguarda il moto di cariche, l’aumento della barriera di potenziale (che passa da Vbi a Vbi + VR) impedisce il passaggio di elettroni dalla regione n alla regione p e quello di lacune dalla regione p alla regione n. Nonostante ciò, ai bordi della regione svuotata è presente un elevato campo elettrico (generato dalla tensione inversa applicata) che preleva le cariche presenti ai bordi di suddetta regione e le riversa dall’altro lato sotto forma di corrente di deriva (ovviamente aumentando la corrente di deriva diminuirà la corrente di diffusione). In particolare, gli elettroni in prossimità del punto −xp sono riversati nella regione n e le lacune in prossimità del punto xn sono riversate nella regione p. Supponendo che ∆n elettroni siano spinti verso la regione n e che ∆p lacune siano spinte verso la regione p, le concentrazioni di elettroni e lacune nei punti −xp e xn diminuiscono secondo le seguenti relazioni np(−xp) = np0 −∆n pn(xn) = pn0 −∆p Considerando le relazioni e la Figura 4.11, poiché np(−xp) e pn(xn) non possono essere quantità negative, ma sono comunque quantità molto piccole. Di conseguenza, la corrente risultante è sempre composta da un numero contenuto di portatori e perciò è molto piccola (scorrerà inoltre nel verso opposto rispetto alla polarizzazione diretta). Inoltre, quando la tensione VR ridurrà a zero il valore delle concentrazioni np(−xp) e pn(xn), la corrente raggiungerà il suo massimo valore e rimarrà costante e indipendente da qualunque ulteriore aumento dalla tensione applicata. 4.4.3 Portatori al contorno della regione svuotata Nel paragrafo precedente abbiamo visto che se si applica un potenziale esterno ai capi di una giunzio- ne pn avviene una variazione della concentrazione dei portatori agli estremi della regione svuotata. In particolare si è giunti alle seguenti conclusioni 49 1. La concentrazione dei portatori maggioritari rimane immutata4. 2. In polarizzazione diretta la concentrazione di portatori minoritari aumenta. 3. In polarizzazione inversa la concentrazione di portatori minoritari diminuisce. (a) Giunzione in polarizzazione diretta (b) Giunzione in polarizzazione inversa Queste considerazioni, ci permettono comprendere i fenomeni fisici che entrano in gioco, ma a questo punto viene spontanea una domanda ■ Come possiamo descrivere quantitativamente la variazione effettiva che subiscono tali concen- trazioni? La risposta a questa domanda si può ottenere tramite l’equazione di Boltzmann espressa rispettiva- mente per le concentrazioni delle lacune e degli elettroni, ovvero le espressioni 3.23. Con riferimento alle due formule ora citate, si assuma che la regione 1 si trovi nel punto xp e la regione 2 nel punto xn. • Sotto l’applicazione di una tensione nulla (VD = 0), le equazioni di Boltzmann forniscono le seguenti equazioni pn0 = pp0e −Vbi VT = NAe −Vbi VT np0 = nn0e −Vbi VT = NDe −Vbi VT (4.12) Esse legano il potenziale interno alle concentrazioni di portatori. • Sotto l’applicazione di una tensione non nulla5 (VD ̸= 0) la differenza di potenziale tra xn e −xp è data da Vbi − VD, ed in generale le equazioni di Boltzmann saranno pari a pn(xn) = pp(−xp)e − (Vbi−VD) VT np(−xp) = nn(xn)e − (Vbi−VD) VT Sotto l’ipotesi di bassi livelli di iniezione, la concentrazione dei portatori maggioritari, come sappiamo ha variazioni minime, ossia pp(−xp) = NA nn(xn) = ND 4Ovviamente ciò avviene nel caso di bassi livelli di iniezione. 5Ci troviamo in polarizzazione diretta. 50 Quindi pn(xn) = pp(−xp)e − (Vbi−VD) VT np(−xp) = nn(xn)e − (Vbi−VD) VT ⇒ pn(xn) = NAe − (Vbi−VD) VT np(−xp) = NDe − (Vbi−VD) VT Possiamo però fare un ulteriore passaggio, infatti pn(xn) = NAe − (Vbi−VD) VT np(−xp) = NDe − (Vbi−VD) VT ⇒ pn(xn) = NAe −Vbi VT e VD VT np(−xp) = NDe −Vbi VT e VD VT Ora tenendo conto delle relazioni 4.12 avremo le seguenti relazioni pn(xn) = pn0e VD VT np(−xp) = np0e VD VT (4.13) Esse esprimono le concentrazioni dei portatori minoritari in funzione dei livelli di equilibrio. Queste ultime relazioni confermano ciò che avevamo dedotto nel precedente paragrafo, ossia, in pre- senza di un potenziale esterno, la concentrazione di portatori minoritari agli estremi della regione svuotata aumenta se VD > 0 e diminuisce tendendo a zero per VD < 0. Le variazioni delle concentrazioni dei portatori minoritari rispetto alle concentrazioni in equilibrio (nel paragrafo precedente le avevamo indicate con ∆n e ∆p), verranno indicate di seguito con n′ p e p′n, ovvero ∆p = pn(xn)− pn0 = p′n(xn) ∆n = np(−xp)− np0 = n′ p(−xp) Agli estremi della regione svuotata, assumeranno le seguenti espressioni p′n(xn) = pn0 ( e VD VT − 1 ) = n2 i ND ( e VD VT − 1 ) n′ p(−xp) = np0 ( e VD VT − 1 ) = n2 i NA ( e VD VT − 1 ) (4.14) 4.5 Profili dei portatori minoritari e caratteristica corrente- tensione del diodo Si consideriamo un diodo e applichiamo ad esso una tensione positiva VD, come ormai sappiamo, le concentrazioni dei portatori minoritari valutate ai capi della regione svuotata aumentano e il loro incremento è dato dalle relazioni 4.14. Il fenomeno può essere descritto come un’iniezione di portatori. Difatti, è come se p′n(xn) lacune venissero iniettate in un semiconduttore di tipo n nel punto di ascissa xn e, contemporaneamente, n′ p(−xp) elettroni venissero iniettati in un semiconduttore di tipo p nel punto di ascissa −xp. Ta- li concentrazioni diffonderanno all’interno del semiconduttore e si ricombineranno con i portatori maggioritari presenti. La loro concentrazione, inoltre, diminuirà man mano che ci si allontanerà dal punto di iniezione, come si vede nella seguente figura 51 Facciamo ora delle osservazioni: • Il ritenere costante il valore di Jp(x) lungo la regione di tipo p si spiega con il fatto che, nell’attraversare la regione di tipo p le lacune subiscono solamente una debolissima diminuzione causata dai processi di ricombinazione. • Lontano dalla regione svuotata, la corrente di lacune Jp(x) diventa nulla dando l’impres- sione che attraverso il catodo (regione n) non fluisca nessuna corrente, e lo si può vedere dall’equazione ricavata in precedenza, ovvero Jp(x) = qDpn 2 i NDLp ( e VD VT − 1 ) e − x−xn Lp In realtà, attraverso il catodo fluiscono un numero di cariche negative che compensano le lacune iniettate inizialmente al confine della regione svuotata, ossia una concentrazione di cariche negative esattamente pari a p′n(xn) (linea tratteggiata blu nell’ultima figura). Tale flusso di cariche negative rimpiazza gli elettroni che si ricombinano con le lacune iniettate e compensa in ogni punto la diminuzione di Jp(x). In conclusione, applicando una tensione VD accade che la densità di corrente che si viene a creare all’interno del diodo a causa dell’iniezione di lacune è pari al valore della funzione Jp(x) valutata nel punto di iniezione x = xn. Possiamo ora fare dei ragionamenti simili per gli elettroni iniettati nella regione di tipo p, dove per ricavare la soluzione dell’equazione differenziale 4.15 avremo le seguenti condizioni al contorno 1. Il valore che la concentrazione degli elettroni iniettati assume per x = −xp è dato, come visto prima, dall’equazione 4.14, ovvero n′ p(−xp) = np0 ( e VD VT − 1 ) = n2 i NA ( e VD VT − 1 ) 2. Lontano dalla regione svuotata la concentrazione delle lacune iniettate deve tendere a zero, ossia che n′ p(−∞) = 0 Quindi l’andamento di n′ p(x) sarà n′ p(x) = n′ p(−xp)e x+xp Ln = np0 ( e VD VT − 1 ) e x+xp Ln Analogamente alle lacune si avrà che la densità di corrente di diffusione causata dall’iniezione di elettroni è pari a Jn(x) = −qDn d dx n′ p(x) = qDnn 2 i NALn ( e VD VT − 1 ) e x+xp Ln Il cui valore massimo si ottiene in x = −xp cioè Jn = Jn(−xp) = qDnn 2 i NALn ( e VD VT − 1 ) Come fatto per le lacune possiamo disegnare l’andamento della densità di corrente Jn(x) 54 Figura 4.16: Profilo della densità di corrente di elettroni in un diodo a base lunga polarizzato direttamente Facciamo anche qui delle osservazioni duali a quanto trattato per le lacune • Il ritenere costante il valore di Jn(x) lungo la regione di tipo n si spiega con il fatto che, nell’at- traversare la regione di tipo n gli elettroni subiscono solamente una debolissima diminuzione causata dai processi di ricombinazione. • La corrente di elettroni diminuisce man mano che ci si allontana dalla giunzione a causa dei processi di ricombinazione, e di conseguenza attraverso l’anodo si ha un flusso di cariche positive che compensa questa diminuzione e che, contemporaneamente, rimpiazza le lacune ricombinate. Tale corrente di lacune è nulla per x = −xp e cresce gradualmente man mano che ci si allontana dalla giunzione ed è pari a Jn al terminale dell’anodo. In conclusione, applicando una tensione VD, la densità di corrente che si viene a creare all’interno del diodo a causa dell’iniezione di elettroni è pari al valore della funzione Jn(x) valutata nel punto di iniezione x = −xp. Quanto sinora detto è schematizzato nella seguente figura dove si distinguono i diversi contributi di corrente Figura 4.17: Profili delle densità di corrente in un diodo a base lunga polarizzato direttamente 55 La somma dei vari contributi genera la densità di corrente totale del diodo JD, che risulta essere costante in ogni punto e pari a JD = Jn + Jp = qn2 i ( Dn NALn + Dp NDLp )( e VD VT − 1 ) (4.17) Nel caso in cui una delle due regioni risulti molto più drogata dell’altra, si avrà uno dei due contributi dominante rispetto all”altro, e l’espressione di JD si semplifica in JD = qn2 i Dn NALn ( e VD VT − 1 ) ND ≫ NA (diodo p-n + ) qn2 i Dp NDLp ( e VD VT − 1 ) NA ≫ ND (diodo p+-n) (4.18) Polarizzazione inversa Tutte le considerazioni e l’analisi svolte fino a qui avevano come ipotesi una tensione VD > 0. Se la tensione applicata è negativa VD < 0 continuano a valere le stesse equazioni, cambia soltanto il significato fisico da attribuire ai termini p′n e n′ p, che non indicheranno più un’iniezione di portatori minoritari, ma una diminuzione di essi. Come conseguenza cambieranno anche i profili dei portatori visti in precedenza e diventeranno come nella seguente figura Figura 4.18: Profili delle densità di corrente in un diodo a base lunga polarizzato direttamente In questa situazione, i profili dei portatori minoritari all’estremità della regione svuotata hanno valori molto bassi (i termini esponenziali che tendono a zero). Lontano dalla giunzione, i profili tendono nuovamente al loro valore in equilibrio. Le densità di corrente questa volta sono negative, indicando quindi che la corrente elettrica si muove in direzione opposta all’asse x, ossia dal catodo verso l’anodo. Per quanto riguarda i due contributi Jn(x) e Jp(x) sono presenti dei meccanismi di compensazione della diminuzione, come accadeva per la polarizzazione diretta. Eccesso di concentrazione dei portatori I due profili degli eccessi di concentrazione dei portatori minoritari p′n(x) e n′ p(x), ricavati rispetti- vamente 56 La densità di corrente totale di diffusione JD che fluisce nel diodo è dunque pari alla somma dei due contributi, ossia JD = Jn + Jp = qn2 i ( Dn NAl′p + Dp NDl′n )( e VD VT − 1 ) (4.24) Analogamente a quanto fatto per i diodi a base lunga, nel caso in cui una delle due regioni risulti molto più drogata dell’altra la corrente di diffusione può essere approssimata solo dal contributo dominante JD = qn2 i Dn NAl′p ( e VD VT − 1 ) ND ≫ NA (diodo p-n + ) qn2 i Dp NDl′n ( e VD VT − 1 ) NA ≫ ND (diodo p+-n) (4.25) 4.6 Caratteristiche del diodo 4.6.1 Curva caratteristica del diodo Data la densità di corrente JD e moltiplicandola per l’area della giunzione AD, è possibile ricavare la corrente elettrica. Sia per il diodo a base lunga che a base corta, si può notare che in entrambi i casi la relazione tensione-corrente è uguale, ed è rappresentata dalla seguente relazione ID = IS ( e VD VT − 1 ) (4.26) Il termine IS è chiamato corrente inversa di saturazione, ed è distinto per • Diodo a base lunga IS = ADqn2 i ( Dn NALn + Dp NDLp ) • Diodo a base corta IS = ADqn2 i ( Dn NAl′p + Dp NDl′n ) A meno della corrente inversa di saturazione, che può essere pensata come un fattore di scala, tutti i diodi hanno un comportamento descritto dalla legge 4.26. Vediamo cosa accade se la polarizzazione è diretta o inversa • Polarizzazione diretta (VD > 0): con una tensione VD quattro volte superiore VT si può trascurare il termine −1, dato che il termine esponenziale risulta dominante. Quindi, in po- larizzazione diretta la corrente del diodo può essere approssimata mediante un andamento puramente esponenziale ID ∼= ISe VD VT (4.27) 59 Dalla figura è abbastanza evidente che, a causa dell’andamento esponenziale, esiste un valore di tensione chiamato tensione di soglia Vγ , al di sotto della quale la corrente è assai piccola ed al di sopra della quale la corrente cresce molto velocemente. • Polarizzazione inversa (VD < 0): se assumiamo una tensione VD in modulo pari a quattro volte la tensione VT , essendo l’argomento dell’esponenziale negativo, quest’ultimo decresce velocemente al crescere del modulo di VD sino a risultare trascurabile rispetto al termine −1. Quindi, in polarizzazione inversa la corrente può essere approssimata semplicemente da un valore costante pari alla corrente di saturazione inversa ID ∼= −IS (4.28) Approfondiremo in seguito ulteriori caratteristiche del diodo utili per l’analisi circuitale, intanto introduciamo il simbolo circuitale del diodo, che è il seguente Figura 4.20: Simbolo circuitale del diodo 4.6.2 Effetti di generazione-ricombinazione ed alti livelli di iniezione Le relazioni ricavate sinora sono state ottenute valutando le concentrazioni di portatori iniettati ai confini della regione svuotata tramite l’equazione di Boltzmann, e sotto l’ipotesi che i portatori non subiscano effetti di generazione e ricombinazione all’interno della regione svuotata e che non ci si trovi ad alti livelli di iniezione. Nella realtà, le suddette ipotesi non valgono sempre, infatti alcune delle cariche che attraversano la 60 regione svuotata si ricombinano mentre altre vengono generate all’interno di essa. In particolare, per bassi livelli di densità di corrente, i fenomeni di generazione e ricombinazione che avvengono all’interno della regione svuotata non sono più trascurabili. Per includere gli effetti dovuti alla generazione e ricombinazione di portatori all’interno della regione svuotata si introduce di un parametro correttivo empirico nell’equazione caratteristica del diodo, ovvero un coefficiente n chiamato coefficiente di emissione ID = IS ( e VD nVT − 1 ) (4.29) I valori che può avere il coefficiente n sono i seguenti • n = 1: nel caso in cui il livello di generazione-ricombinazione è assente o trascurabile. • n = 2: nel caso di bassi valori di corrente ID, ossia quando dominano gli effetti di generazione- ricombinazione. 4.6.3 Dipendenza dalla temperatura La relazione corrente-tensione del diodo ID = IS ( e VD VT − 1 ) E’ una funzione implicita della temperatura, infatti dipendendo da quest’ultima sia la tensione termica VT che la corrente inversa di saturazione IS • La tensione termica VT VT = kT q Come si vede dalla sua espressione, è direttamente proporzionale alla temperatura assoluta T . • La corrente inversa di saturazione IS IS = ADqn2 i ( Dn NALn + Dp NDLp ) oppure IS = ADqn2 i ( Dn NAl′p + Dp NDl′n ) Dipende dalla temperatura in quanto i coefficienti di diffusione (Dp e Dn) ed il livello intrinseco di portatori (ni) dipendono da T . Per ragioni di semplicità, è preferibile descrivere empiricamente l’andamento di IS(T ). Sperimen- talmente si verifica che, intorno della temperatura ambiente T0 = 300K, la corrente inversa di saturazione ha il seguente andamento6 IS(T ) ≈ 2 T−T0 10 IS(T0) Con IS(T0) si indica il valore di IS(T ) a 300K. Questa relazione appena ottenuta rappresenta la dipendenza dalla temperatura del diodo polarizzato inversamente, in quanto in tali condizioni, e con buona approssimazione, la corrente del diodo è pari solamente alla corrente inversa di saturazione. In polarizzazione diretta, invece, bisogna anche tenere conto della dipendenza dovuta alla tensione termica VT , che risulta presente nel termine esponenziale. Per diodi polarizzati in regione diretta si ha dVD dT ≈ −2.2 mV °C Quindi in polarizzazione diretta, all’aumentare della temperatura, si ha la traslazione verso sinistra della caratteristica corrente-tensione del diodo, determinando di conseguenza una riduzione della tensione di soglia Vγ . 6La corrente IS raddoppia ogni 10°C di temperatura. 61 Tale valore cresce con VD e raggiunge un valore asintotico per VD = Vbi, ma ovviamente tale condizione è fisicamente impossibile in quanto la corrente che fluirebbe attraverso il dispositivo ne causerebbe la rottura. 4.7.2 Capacità di diffusione Il secondo contributo capacitivo di una giunzione pn si manifesta solo in polarizzazione diretta e tiene conto delle cariche dovute all’eccesso di portatori iniettati. Nei precedenti paragrafi è stato mostrato che, sotto polarizzazione diretta della giunzione si ha che • Nella regione p si accumula una carica QDn formata dall’iniezione di elettroni nella regione n. • Nella regione n si accumula una carica QDp , formata dall’iniezione di lacune nella regione p. Ricordando ora le relazioni di eccesso di carica, viste per il diodo a base lunga nel sotto-paragrafo 4.5.1, si avrà che la densità di carica QD è sempre esprimibile nella forma QD = QD0 ( e VD VT − 1 ) ∼= QD0 e VD VT Dove l’approssimazione vale per il diodo solo in polarizzazione diretta. Ora, per definizione, avendo la densità di carica QD, possiamo definire la seguente capacità detta capacità di diffusione CD = AD dQD dVD = · · · = AD QD VT Ovvero che CD = AD QD VT (4.33) Un caso molto più interessante (e molto comune) è quello in cui una delle due regioni è molto più drogata dell’altra. Si consideri quindi il caso di un diodo in cui la parte p sia più drogata della parte n (diodo p+-n). Per un diodo a base lunga, si ha la densità di corrente JD è prevalentemente dovuta alla corrente di diffusione delle lacune Jp, quindi si può scrivere che Jp ≈ JD ⇒ QD ≈ QDp = τpJp ≈ τpJD Che sostituita nella relazione precedente molto generica si ha CD = AD τpJD VT = τp ID VT È facile verificare che la relazione appena ottenuta, può essere ricondotta anche al caso di un diodo di tipo p-n+. Quindi, in generale, la capacità di diffusione CD può essere scritta nella forma CD = τ ID VT (4.34) In cui τ è un tempo opportuno riguardante i portatori minoritari nella regione meno drogata che rappresenta o un tempo di vita medio (nel caso di un diodo a base lunga) o un tempo di transito (nel caso di un diodo a base corta). In polarizzazione diretta, si hanno quindi due contributi: il primo è determinato dalla capacità di giunzione; il secondo è determinato dalla capacità di diffusione ed è proporzionale alla corrente ID. Di solito, anche se la capacità di svuotamento cresce rapidamente con la tensione applicata, il contributo della capacità di diffusione è molto più grande, tanto da consentire di trascurare l’effetto della capacità di svuotamento. 64 4.8 Rottura della giunzione e diodi Zener All’aumentare della polarizzazione inversa (valori di VD minori di zero) il comportamento del diodo si discosta da quanto descritto sinora. Difatti, raggiunto un certo valore di tensione denomina- ta tensione di rottura (o di breakdown), indicata col simbolo VBD, la corrente non è più trascurabile e nemmeno pari al valore della corrente di saturazione inversa, ma comincia a cresce- re in maniera brusca in modo quasi speculare a quanto accade nella regione di polarizzazione diretta. Tale fenomeno viene detto rottura della giunzione7 e può essere causato da due fattori, che vedremo ora più nel dettaglio • Effetto valanga L’effetto valanga si verifica quando i portatori liberi che attraversano la regione svuotata, a cau- sa di un elevato campo elettrico a cui sono soggetti, acquistano un’energia cinetica sufficiente da causare la rottura di un legame covalente durante le collisioni con gli ioni nel reticolo. Co- me conseguenza, per ogni legame covalente rotto si genera una nuova coppia elettrone-lacuna, ossia due nuovi portatori che a loro volta acquistano un’energia dal campo elettrico tale da determinare ulteriori coppie di portatori nelle collisioni con altri ioni. Quindi, per ciascun portatore si generano altri due nuovi portatori possono causare, durante nuove collisioni, la rottura di nuovi legami. Dalla spiegazione del fenomeno si capisce il nome effetto ”valanga”, in quanto si ha una moltiplicazione esponenziale di portatori liberi (corrente che attraversa il diodo). • Effetto Zener L’effetto Zener si manifesta in presenza di alti campi elettrici, fatto che accade spesso nel caso in cui le regioni sono fortemente drogate8. In questa situazione, l’elevato campo elettrico può essere in grado di strappare alcuni elettroni che formano i legami covalenti, generando anche in questo caso nuove coppie elettrone-lacuna che sono in grado di partecipare alla conduzione della corrente inversa di saturazione. L’effetto della rottura non è quindi dovuto alle collisioni dei portatori, ma è causato esclusiva- mente dalla elevata intensità del campo. In base alle caratteristiche costruttive del diodo prevarrà uno dei due meccanismi di rottura, di solito i dispositivi che presentano rottura Zener hanno tensioni di rottura VBD più basse di quelle dovute alla rottura per effetto valanga VBDZener < VBDValanga I componenti che sfruttano uno dei due effetti di rottura, non importa quale di preciso dei due, vengono denominati diodi Zener ed il loro simbolo è il seguente Figura 4.22: Simbolo circuitale del diodo Zener 7Anche se il nome più sembrare strano, non è detto che il dispositivo venga danneggiato o compromesso. Esistono numerosi diodi che sfruttano il fenomeno di rottura della giunzione per lavorare in questa regione di funzionamento. 8Ricordare che l’intensità del campo cresce con la concentrazione di drogante. 65 La caratteristica corrente-tensione del diodo Zener è mostrata nella seguente figura Figura 4.23: Curva caratteristica di un diodo Zener In pratica, in polarizzazione diretta, il diodo Zener funziona come un normale diodo, mentre in po- larizzazione inversa funziona ancora come un diodo con corrente e tensione invertite ed avente una tensione di soglia pari a VBD. L’effetto valanga viene matematicamente descritto mediante un fattore di moltiplicazione M , che rappresenta il rapporto tra la corrente in presenza del fenomeno di rottura IDbr e quella ideale ID M = IDbr ID ≈ IDbr IS (4.35) Dove l’approssimazione tiene conto del fatto che la relazione caratteristica generale del diodo, che ormai conosciamo, si riduce alla corrente inversa di saturazione del diodo per VD < 0, cioè ID ∼= −IS . Dipendenza dalla temperatura della rottura della giunzione Nonostante i due effetti di rottura non siano distinguibili dalla forma della caratteristica corrente- tensione, essi si differenziano per la diversa dipendenza della tensione di rottura dalla temperatura • Effetto valanga: all’aumentare della temperatura si riduce il libero cammino medio dei por- tatori, si riduce anche l’energia che un portatore cede al reticolo in caso di collisione. Di conseguenza si riduce anche la probabilità di innesco del fenomeno di rottura e questo causa l’incremento della tensione VBD con l’aumento della temperatura. • Effetto Zener : all’aumentare della temperatura la tensione di rottura VBD diminuisce dato che aumentando la temperatura, aumenta l’energia degli elettroni coinvolti nei legami covalenti, e sono necessari campi di minore intensità per liberare l’elettrone. 66 una volta individuata la regione di funzionamento del dispositivo, una funzione lineare. Quindi la difficoltà dell’analisi diventa l’identificazione della regione di funzionamento del diodo. Andiamo quindi a vedere le quattro principali configurazioni circuitali che consentono di analizzare velocemente e con sufficiente precisione un circuito nel quale siano presenti dei diodi • La prima approssimazione mostrata in figura 4.26a, presenta il diodo come un componente puramente ideale nel quale si ha: una corrente nulla per VD < 0 che corrisponde ad avere un circuito aperto in presenza di una tensione VD negativa; una tensione nulla per ID > 0 che corrisponde ad avere un corto circuito quando fluisce una corrente dall’anodo verso il catodo. Questo verrà applicato al circuito rettificatore in figura 4.26b, e si vede che il diodo, per tensioni vS positive conduce corrente, ovvero che iD > 0. Viceversa, per tensioni vS negative, il diodo si comporta come un circuito aperto e non conduce corrente, ovvero che iD = 0. (a) (b) Circuito rettificatore e tensioni di ingresso e uscita applicando la prima ap- prossimazione Figura 4.26 • La seconda approssimazione, mostrata in figura 4.27a, tiene conto della tensione di soglia Vγ . In questo caso, il diodo è approssimato come un circuito aperto per VD < Vγ mentre, qualora fluisca una corrente dall’anodo verso il catodo, il diodo viene approssimato tramite un gene- ratore di tensione ideale di valore pari proprio a Vγ . 69 Il modello, applicato allo stesso circuito 4.27b, avendo una tensione di soglia non nulla (Vγ ̸= 0), non permette la conduzione del segnale (iD = 0) finché la tensione del generatore vS non supe- ra il valore di soglia Vγ . Inoltre, durante la conduzione, la tensione ai capi del resistore è pari alla tensione della sorgente meno la tensione di soglia, come si vede in figura. Infine, durante la fase di interdizione, ovvero vS < Vγ , il diodo non permette la conduzione e si presenta come un circuito aperto, ovvero che iD = 0. (a) (b) Circuito rettificatore e tensioni di ingresso e uscita applicando la seconda approssimazione Figura 4.27 • La terza approssimazione mostrata in 4.28a introduce una resistenza RON nel diodo in condu- zione diretta, e questo viene fatto per tener conto della caduta di tensione ai suoi capi. Questa caduta non è però costante, ma dipendente dalla tensione applicata. Nel caso del circuito rettificatore 4.28b, sulle forme d’onda di uscita e di ingresso si nota che vR è αvS volte inferiore alla sorgente, dove α si ricava che α = RON RON +R < 1 70 (a) (b) Circuito rettificatore e tensioni di ingresso e uscita applicando la terza ap- prossimazione Figura 4.28 • La quarta approssimazione mostrata in figura 4.29a, mantiene l’approssimazione di circuito aperto per VD < Vγ , mentre per ID > 0 aggiunge la resistenza RON in serie al generatore Vγ , questo per tenere conto di una pendenza finita nella caratteristica del diodo. Considerando lo stesso esempio di circuito, le forme d’onda di ingresso e di uscita sono mostrate in figura 4.29b. 71 Il transistore bipolare, come si vede in figura, è un dispositivo a tre terminali • Emettitore (E) • Base (B) • Collettore (C) Inoltre, per entrambi i transistori, l’area del dispositivo è indicata con Ar e la larghezza della regione di base con WB . Il terminale di base coincide sempre con quello centrale, mentre l’emettitore e il collettore, drogati con lo stesso tipo di drogante (donore (n) per il npn ed accettore (p) per il pnp), si distinguono tra loro dal differente livello di drogaggio. Nello specifico la concentrazione di drogante della regione di emettitore è sempre maggiore della concentrazione di drogante della base la quale ha una concentrazione di drogante maggiore di quella del collettore. Quindi, si ha sempre che pnp → p+np− → NAE ≫ NDB ≫ NAC npn → n+pn− → NDE ≫ NAB ≫ NDC In seguito per indicare uno dei due transistori useremo le sigle sintetiche npn o pnp, ma dobbiamo sempre tenere in considerazione i diversi drogaggi. 5.1.1 Transistore bipolare in condizione di equilibrio In assenza di polarizzazione il transistore si comporta come due giunzioni pn contrapposte. Quindi, come per i diodi, si vengono a creare due regioni svuotate in prossimità delle giunzioni base-emettitore e base-collettore. Riferendoci da ora in poi all’analisi del transistore di tipo pnp, si ha un andamento (qualitativo) delle concentrazioni di carica nelle due regioni svuotate e quindi l’andamento del campo elettrico è quello nella seguente figura Figura 5.2: Densità di carica e campo elettrico delle regioni svuotate del transistore pnp Come mostrato in figura, per semplificare l’analisi si indicherà con il punto x = 0 l’estremo della 74 regione svuotata base-emettitore dal lato della base. Si ha quindi che la larghezza della regione svuotata tra base ed emettitore si estende per xE , e che la larghezza della regione svuotata tra base e collettore si estende per xC −WB . Sempre dalla figura, notiamo che i due potenziali di giunzione, indicati con Vbi(BE) e Vbi(BC), sono positivi (nel caso di transistore npn, per fare in modo che i potenziali siano positivi, è necessario indicarli nel verso opposto, cioè con la regione n sempre a potenziale più alto), è possibile anche calcolare i potenziali Vbi(BE) e Vbi(BC) come avevamo fatto per il diodo Vbi(BE) = VT ln ( NAENDB n2 i ) Vbi(BC) = VT ln ( NACNDB n2 i ) Utilizzando l’analisi già vista per il diodo, si possono calcolare le estensioni delle regioni svuotate in condizioni di equilibrio xE = √ 2εs q NDB +NAE NDBNAE Vbi(BE) xC −WB = √ 2εs q NDB +NAC NDBNAC Vbi(BC) 5.2 Regioni di funzionamento del transistore bipolare Come avevamo visto nella giunzione pn, si distinguono due regioni di funzionamento che si diversi- ficavano dal segno della tensione tra anodo e catodo VD. In particolare, per VD > 0 la giunzione si trova in polarizzazione diretta, mentre per VD < 0 la giunzione si trova in polarizzazione inversa. Nel transistore bipolare sono presenti due giunzioni pn che possono dare luogo a quattro regio- ni distinte di funzionamento a seconda del tipo di polarizzazione applicata. Le quattro regioni di funzionamento sono le seguenti • Cut-off : si ha quando entrambe le giunzioni sono polarizzate inversamente ed è l’unica regione, teoricamente, in cui non è consentito il passaggio di alcuna corrente tra i terminali E, B e C. • Attiva diretta: si ha quando la giunzione base-emettitore è polarizzata direttamente e la giunzione base-collettore polarizzata inversamente. Tale regione di funzionamento, come si vedrà in seguito, è caratterizzata dal cosiddetto effetto transistore che consente di utilizzare il dispositivo per la realizzazione di amplificatori di tensione o di corrente. • Attiva inversa: si ha quando la giunzione base-emettitore è polarizzata inversamente e la giunzione base-collettore polarizzata direttamente. Il funzionamento in questa regione do- vrebbe essere concettualmente simile a quello che si ha nella regione attiva diretta ma, a causa dell’asimmetria del dispositivo, presenta prestazioni molto scadenti. Per questo motivo il dispositivo è raramente utilizzato in regione attiva inversa. • Saturazione: si ha quando la entrambe le due regioni sono polarizzate direttamente. Le quattro regioni di lavoro del transistore bipolare in base al tipo di polarizzazione sono riassunte nella seguente tabella Regione B-E B-C Cut-off inversa inversa Attiva diretta diretta inversa Attiva inversa inversa diretta Saturazione diretta diretta Tabella 5.1: Regioni di funzionamento del BJT in base alla polarizzazione delle regioni 75 Inoltre per fissare molto bene le quattro regioni di funzionamento, riportiamo le schematizzazioni circuitali per entrambi tipi di transistore bipolare nelle quattro configurazioni Figura 5.3: (a) Cut-off (b) Attiva diretta (c) Attiva inversa (d) Saturazione Si vede immediatamente che il transistore npn funziona in maniera duale al transistore pnp, ossia con le tensioni base-emettitore e base-collettore invertite rispetto al transistore pnp. Per questa ragione, nel seguito, si analizzerà in dettaglio solo il transistore di tipo pnp, ricavando le equazioni che governano il funzionamento del transistore npn tramite considerazioni che sfruttano la dualità dei due dispositivi. 76 rente InC . Dal lato della base, il numero di minoritari (lacune) è molto grande in quanto è pari alla differenza tra le lacune (molte) che provenivano dall’emettitore (corrente IpE) e le lacune (poche) che hanno subito ricombinazione in base (corrente IBB). Esse, dato che sono agevolate dal campo elettrico, attraversano la giunzione e concorrono alla formazione della corrente IpC che risulta rile- vante. Il comportamento descritto è noto come effetto transistore, cioè fenomeno che permette di prelevare e spingere verso il collettore la corrente generata nella giunzione base-emettitore. L’effetto transistore dipende moltissimo dalla larghezza della regione di base WB , infatti nel ca- so di strutture con WB troppo grande, la ricombinazione dei portatori (IBB) esaurirebbe la corrente IpE , e ciò va a scapito della corrente IpC , dato che non consentirebbe più alle lacune iniettate dall’emettitore di raggiungere la giunzione base-collettore estinguendo il fenomeno. 5.2.2 Correnti ai terminali e comportamento ideale del transistore pnp Dopo aver descritto il comportamento qualitativo del transistore in regione attiva diretta, dobbiamo individuare quali possono essere le peculiarità funzionali ed applicative del dispositivo. Iniziamo ricavando le correnti ai terminali del dispositivo, cioè IE , IC e IC , in funzione delle correnti di portatori: IpE , InE , IpC , InC , IBB . Per fare ciò, abbiamo che la relazione che lega le correnti ai terminali la si trova facilmente applicando la legge di Kirchoff delle correnti alle superfici S1, S2 e S3 che si vedono in figura 5.5, si ha che IE = IC + IB IE = IpE + InE IC = IpC + InC A questo punto determiniamo anche IB mettendolo tutto insieme IB = IE − IC = (IpE − IpC) + InE − InC ⇒ IB = IBB + InE − InC Noi vogliamo un dispositivo che massimizzi l’effetto transistore, per fare ciò si desidera che tutta la corrente generata nella giunzione base-emettitore vada a confluire nel collettore senza alcuna perdita. Idealmente, quindi, si vorrebbe che • La corrente che attraversa la giunzione base-emettitore sia data esclusivamente da IpE (cioè InE = 0). • La corrente IpE che attraversa la base non subisca alcuna ricombinazione (cioè IBB = 0). • La corrente che attraversa la giunzione base collettore sia data esclusivamente da IpC (cioè InC = 0). Il contemporaneo verificarsi di tutte e tre le condizioni renderebbe nulla la corrente di base (IB = 0) e ridurrebbe il dispositivo ad un generatore di corrente controllato in tensione con una legge di controllo non lineare. Da un punto di vista circuitale, un modello del comportamento del dispositivo appena descritto è il seguente 79 Figura 5.6: Modello di comportamento ideale di un transistore pnp La corrente che fluisce attraverso i terminali di emettitore e di collettore è generata dalla tensione tra emettitore e base VEB ed è legata a questa mediante la funzione non lineare f(·). Il terminale di base agisce solo da terminale di controllo e attraverso di esso non fluisce alcuna corrente. 5.2.3 Efficienza di emettitore e fattore di trasporto in base La condizione ideale descritta precedentemente è fisicamente irrealizzabile. Fortunatamente nella realtà, un transistore bipolare presenta un comportamento molto simile a quello appena esposto. Introduciamo a questo punto un parametro che ci consenta di valutare la qualità dell’effetto transi- store4, è un parametro molto importante ed definito come il rapporto tra la corrente di lacune che entra nel collettore e l’intera corrente di emettitore, rappresenta quindi la frazione di corrente che provenendo dall’emettitore riesce a raggiungere il collettore α0 = IpC IE (5.1) Il parametro α0 viene chiamato guadagno di corrente nella configurazione a base comune, per motivi che approfondiremo in seguito. Il parametro α0 lo si può esplicitare come prodotto dei seguenti due termini α0 = IpC InE + IpE = IpE InE + IpE · IpC IpE (5.2) • Il primo termine che compone la parte di destra dell’equazione lo indicheremo con γE γE = IpE InE + IpE Esso prende il nome di efficienza di emettitore, esso esprime quanta della corrente che transita attraverso l’emettitore è composta da lacune (cioè i portatori utili per la creazione della corrente di collettore IC). • Il secondo termine che compone la parte di destra dell’equazione lo indicheremo con αT αT = IpC IpE Esso prende il nome di trasporto in base, esso indica la percentuale dei portatori utili (lacune) che in base riescono a raggiungere il collettore (ovvero la percentuale di corrente che riesce a sopravvivere al fenomeno di ricombinazione in base). 4Quanto il transistore si avvicina al funzionamento ideale. 80 Dalle loro definizioni si capisce che sia γE che αT sono sempre minori di uno e che possiamo riscrivere α0 come α0 = γE · αT Ovviamente il transistore è tanto migliore quanto γE e αT si avvicinano a 1; e per diretta conseguenza quanto α0 si avvicina a 1. 5.2.4 Guadagni di corrente α0 e β Dalla relazione vista prima, cioè α0 = IpC IE la corrente di collettore IC può essere riscritta come IC = α0IE + InC Il contributo di corrente InC , spesso indicato con ICBO, rappresenta la corrente che fluisce nella giunzione base-collettore quando quest’ultima è polarizzata inversamente e l’emettitore è aperto5. Nei dispositivi polarizzati in regione attiva diretta, questo contributo è trascurabile, e la corrente di collettore IC può essere approssimata IC = α0IE + InC = α0IE + ICBO ⇒ IC ≈ α0IE Da questa relazione si capisce perché si è chiamato α0 guadagno6 di corrente del transistore nella configurazione a base comune. Per quanto la configurazione a base comune possa fornire informazioni utili sul dispositivo, la confi- gurazione che fornisce la vera chiave di lettura sulle potenzialità del transistore bipolare è quella ad emettitore comune, mostrata nella seguente figura Figura 5.7: Configurazione a emettitore comune di un transistore pnp Come già detto, è l’emettitore il terminale condiviso tra la porta d’ingresso (terminale di base) e quella d’uscita (terminale di collettore), da questo consegue che il guadagno di corrente (in questa configurazione) sarà il rapporto tra la corrente di collettore IC e quella di base IB (ovvero il rapporto tra uscita e ingresso). 5Nella notazione ICBO, i primi due pedici indicano i terminali attraverso i quali fluisce la corrente mentre l’ultimo (open) indica lo stato del terzo terminale 6Più che un guadagno, il parametro α0 rappresenta piuttosto un’attenuazione. 81 • il profilo p′nB(x), essendo lineare, può essere considerato come la somma di due profili lineari, uno funzione della sola VEB e l’altro funzione della sola VCB La conseguenza di ciò è che è possibile analizzare il dispositivo nelle varie regioni di funzionamento tramite lo studio di due configurazioni particolari • Forward (configurazione diretta): nella quale si ha che VEB ̸= 0 e VCB = 0 ed è mostrata nella seguente figura Figura 5.9: Profili dei portatori minoritari in un transistore pnp nella configurazione Forward In questa configurazione è stato aggiunto il pedice F tutte le variabili presenti. In questa situazione, continuano a valere le relazioni viste prima, e si annullano quelle che contengono VCB esprimendo il fatto che le concentrazioni agli estremi della regione svuotata base-collettore sono pari alle concentrazioni in equilibrio. • Reverse (configurazione inversa): nella quale si ha che VEB = 0 e VCB ̸= 0 ed è mostrata nella seguente figura Figura 5.10: Profili dei portatori minoritari in un transistore pnp nella configurazione Reverse In questa configurazione è stato aggiunto il pedice R tutte le variabili presenti. In questa situa- zione, continuano a valere le relazioni viste prima, e si annullano quelle che contengono VEB esprimendo il fatto che le concentrazioni agli estremi della regione svuotata base-emettitore sono pari alle concentrazioni in equilibrio. 84 Ciò che è estremamente interessante notare è che i profili n′ pE(x), n ′ pC(x) e p′nB(x) sono dati da n′ pE(x) = n′ pEF (x) + n′ pER(x) n′ pC(x) = n′ pCF (x) + n′ pCR(x) p′nB(x) = p′nBF (x) + p′nBR(x) I profili della configurazione generica sono pari alla somma dei rispettivi profili valutati nelle configurazioni Forward e Reverse, e poiché le correnti sono proporzionali alle derivate dei profili dei portatori e la derivata è un operatore lineare, si ha IE = IEF + IER IC = ICF + ICR IB = IBF + IBR Questo risultato è particolarmente importante in quanto consente di ottenere le correnti ai tre terminali di un transistore tramite lo studio di due configurazioni molto semplici. 5.3.2 Studio della configurazione Forward del transistore pnp Lo studio di questa configurazione permette di ricavare le correnti IEF , ICF e IBF . Il flusso delle correnti interne è riportato nella seguente figura, la quale è simile alla figura 5.5, con l’unica differenza che la corrente InC = 0. Figura 5.11: Correnti associate al moto dei portatori di un transistore pnp in configurazione Forward Come già sappiamo, la tensione VEB causa un passaggio di corrente attraverso la giunzione base- emettitore e questa corrente è data da due componenti: • IpEF , ovvero le lacune provenienti dall’emettitore • InEF , ovvero gli elettroni provenienti dalla base Come già sappiamo anche in questo caso, parte delle lacune provenienti dall’emettitore si ricombinano con gli elettroni presenti nella base e generano la piccola corrente IBBF . Le lacune che sopravvivono alla ricombinazione vengono riversate nel collettore creando la corrente IpCF . Il profilo dell’eccesso dei portatori minoritari nel collettore è ovviamente nullo dato che VCB = 0, mentre per l’emettitore si ha un profilo di tipo esponenziale e nell’argomento del termine esponenziale 85 è presente la lunghezza di diffusione LnE . Tenendo conto delle relazioni viste in precedenza, per le concentrazioni degli eccessi di portatori8 si ha n′ pEF (x) = npE0 ( e VEB VT − 1 ) e x+xE LnE n′ pCF (x) = 0 Il profilo dell’eccesso di lacune in base invece ha un andamento lineare, si ha quindi che p′nBF (x) = pnB0 ( e VEB VT − 1 )( 1− x WB ) A questo punto ricaviamoci le correnti InEF , IpEF e IBBF • La corrente InEF è generata dall’iniezione di elettroni dalla base all’emettitore, quindi appli- cando la definizione di densità di corrente di diffusione, moltiplicando per la superficie del transistore AT e valutando il risultato nel punto di iniezione (x = −xE), si ha InEF = qATDnE d dx n′ pEF (x) ∣∣∣∣ x=−xE = qATDnEnpE0 LnE ( e VEB VT − 1 ) Abbiamo quindi che InEF = qATDnEnpE0 LnE ( e VEB VT − 1 ) (5.5) • La corrente IpEF si ottiene nello stesso modo, cioè applicando la definizione di densità di corrente di diffusione, moltiplicando per la superficie del transistore AT e valutando il risultato nel punto di iniezione (x = 0) IpEF = −qATDpE d dx p′nBF (x) ∣∣∣∣ x=0 = qATDpBpnB0 WB ( e VEB VT − 1 ) Abbiamo quindi che IpEF = qATDpBpnB0 WB ( e VEB VT − 1 ) (5.6) • La corrente IBBF è generata dalla ricombinazione dei portatori minoritari (lacune) con gli elettroni presenti in base. Si può far vedere che essa è pari alla carica accumulata in base dovuta all’eccesso di lacune QbF fratto il loro tempo di vita medio τpB , cioè IBBF = QbF τpB Infatti, al crescere del numero di lacune iniettate aumenta la carica in eccesso accumulata in base QbF , dato che più lacune ci sono in base più se ne ricombinano. Viceversa, un tempo di vita medio maggiore causa un abbassamento del tasso di ricombinazione dato che aumenta il numero di lacune che stanno in base senza subire ricombinazione. Matematicamente, la carica QbF è che l’integrale, esteso alla regione di base, del profilo del- l’eccesso di portatori p′nBF (x) per la carica unitaria q e per la superficie del transistore AT , e sarà pari a9 QbF = qAT ∫ WB 0 p′nBF (x)dx = qATWBpnB0 2 ( e VEB VT − 1 ) 8Il profilo dei portatori minoritari nell’emettitore è analogo a quello ricavato per il diodo a base lunga nel paragrafo 4.5.1 9Facendo riferimento alla figura 5.9, possiamo calcolare l’integrale facilmente dato che si tratta dell’area del triangolo di base WB e altezza p′nBF (0). 86 emettitore γE . Tuttavia, a differenza di γE che è molto vicino a 1, γC è molto minore di 1 dato che la concentrazione di drogante della regione di base NDB è molto maggiore della concentrazione di drogante della regione di collettore NAC αT ≈ IpER IpCR = 1− 1 2 ( WB LpB )2 γC ≈ IpCR IpCR + InCR = 1 1 + DnC DpB NDB NAC WB LnC ⇒ αR = γCαT Il parametro αR è minore di 1, a differenza di αF che è molto vicino a 1, in quanto l’effi- cienza di collettore γC è minore di 1. La configurazione Reverse può essere considerata come un caso particolare, ma molto simile della regione attiva inversa, ed il motivo per cui il transistore non viene mai usato in questa regione di funzionamento è il pessimo effetto transistore che comporta prestazioni scadenti. In conclusione, anche in questo caso, in un dato dispositivo il guadagno αR dipende esclusivamente da parametri fisici, geometrici e dalle concentrazioni di drogante. 5.3.4 Correnti ai terminali in un transistore pnp Possiamo finalmente ricavare le correnti ai terminali di emettitore e collettore di un transistore pnp sottoposto ad una generica polarizzazione. Infatti è sufficiente sommare l’espressione delle correnti in Forward con quelle in Reverse, cioè IE = IEF + IER = (IpEF + InEF )− IpER IC = ICF + ICR = IpCF − (IpCR + InCR) Tenendo conto del fatto che IpER = αR(IpCR + InCR) IpCF = αF (IpEF + InEF ) Possiamo riscrivere le correnti IE e IC nel seguente modo IE = (IpEF + InEF )− αR(IpCR + InCR) IC = αF (IpEF + InEF )− (IpCR + InCR) ⇒ IE = IEF − αRICR IC = αF IEF + ICR In cui si ha che IEF = IpEF + InEF ed ICR = IpCR + InCR e sostituendo le rispettive espressioni ricavate in precedenza avremo IpEF + InEF = qATn 2 i ( DpB WBNDB + DnE LnENAE )( e VEB VT − 1 ) IpCR + InCR = qATn 2 i ( DpB WBNDB + DnC LnCNAC )( e VCB VT − 1 ) (5.11) Queste due espressioni hanno un preciso significato fisico • La prima espressione IpEF + InEF esprime la corrente che scorre attraverso la giunzione base- emettitore alla quale è applicata la tensione VEB . • La seconda espressione IpCR + InCR esprime la corrente che scorre attraverso la giunzione base-collettore alla quale è applicata la tensione VCB . 89 Se ora definiamo i seguenti termini che rappresentano le correnti inverse di saturazione dei diodi formati dalla due giunzioni del transistore IES = qATn 2 i ( DpB WBNDB + DnE LnENAE ) ICS = qATn 2 i ( DpB WBNDB + DnC LnCNAC ) Possiamo riscrivere finalmente che IE = IES ( e VEB VT − 1 ) − αRICS ( e VCB VT − 1 ) IC = αF IES ( e VEB VT − 1 ) − ICS ( e VCB VT − 1 ) (5.12) Si può inoltre dimostrare, tramite le espressioni delle correnti di saturazione (viste sopra) e le relazioni che esprimono αF e αR in funzione dei parametri fisici del transistore, la relazione di reciprocità la quale lega le correnti di saturazione base-emettitore IES e base-collettore ICS αF IES = αRICS = IS (5.13) Dove IS è definita come la corrente di saturazione del transistore. 5.3.5 Correnti ai terminali in un transistore npn Per il transistore npn si applica una trattazione equivalente, la cosa più conveniente quindi è sfruttare la dualità esistente tra i due dispositivi per ricavare le correnti ai terminali. Per le concentrazioni, dove è presente NA sostituisce ND e viceversa; per quanto riguarda le tensioni di polarizzazione accade che VEB è sostituito da VBE e VCB da VBC ; infine, le correnti ai terminali hanno verso opposto rispetto a quelle del transistore pnp. Anche per questo dispositivo è possibile definire αT , γE e γC αT = 1− 1 2 ( WB LnB )2 γE = 1 1 + DpE DnB NAB NDE WB LpE γC = 1 1 + DpC DnB NAB NDC WB LpC Ed ovviamente anche i guadagni αF e αR con le relazioni già note αF = αT γE αR = αT γC Anche in questo caso, αF è molto simile al guadagno α0 e vicino ad 1. Mentre αR è molto inferiore a 1 dato che la concentrazione di drogante nella base è maggiore di quella del collettore. 90 Le correnti IES e ICS , che rappresentano anche in questo caso le correnti inverse di saturazione della giunzione base-emettitore e della giunzione base-collettore, sono le seguenti IES = qATn 2 i ( DnB WBNAB + DpE LpENDE ) ICS = qATn 2 i ( DnB WBNAB + DpC LpCNDC ) Le correnti IE e IC sono le seguenti IE = IES ( e VBE VT − 1 ) − αRICS ( e VBC VT − 1 ) IC = αF IES ( e VBE VT − 1 ) − ICS ( e VBC VT − 1 ) (5.14) Continua inoltre a valere la relazione di reciprocità e la definizione della corrente di saturazione del transistore IS αF IES = αRICS = IS (5.15) 5.3.6 Modello di Ebers-Moll Le relazioni delle correnti ai terminali del transistore pnp e del transistore npn si prestano perfetta- mente ad una descrizione circuitale. Consideriamo quindi un transistore pnp con le espressioni delle correnti ai suoi terminali IE = IES ( e VEB VT − 1 ) − αRICS ( e VCB VT − 1 ) IC = αF IES ( e VEB VT − 1 ) − ICS ( e VCB VT − 1 ) Analizziamo ora nel dettaglio i vari termini • Il primo termine della IE ci dice che una parte della corrente di emettitore è data proprio dalla giunzione pn composta da base ed emettitore. Da un punto di vista circuitale, questo contributo può quindi essere associato ad un diodo il cui anodo è connesso all’emettitore e il catodo è connesso alla base. Per lo stesso motivo, il secondo termine della IC può essere associato ad un diodo di cui anodo è connesso al collettore ed il catodo alla base. • Il secondo termine della IE legge il valore della corrente che scorre attraverso il secondo diodo, moltiplica quel valore per αR e lo somma alla corrente di emettitore. Da un punto di vista circuitale, esso rappresenta un generatore di corrente pilotato in corrente avente come corrente pilota quella che scorre attraverso il diodo connesso tra collettore e base, e con guadagno di αR. Lo stesso vale anche per il primo termine della IC che legge la corrente che scorre nel primo diodo, la moltiplica per αF e la riversa al collettore. La configurazione circuitale di quanto appena descritto prende il nome di modello di Ebers-Moll, è mostrata la configurazione descritta nella seguente figura 91 I diversi guadagni di corrente dei due generatori pilotati, cioè αF e αR, sottolinea- no che la corrente generata alla giunzione base-emettitore subisce un ottimo effetto transistore (αF ≈ 1) mentre la corrente generata alla giunzione base-collettore presenta un effetto transistore pessimo (αR < 1). Il modello di Ebers-Moll ha un’importanza fondamentale nella modellazione del dispositivo, infatti consente una descrizione fedele di qualunque transistore bipolare dalla misura di tre parametri, ovvero IS, αR e αF . 5.4 Modelli circuitali nelle diverse regioni di funzionamento Il modello di Ebers-Moll è un modello molto generale e presenta delle difficoltà per un analisi di prima approssimazione. Cerchiamo, quindi, delle semplificazioni nelle principali regioni di funzionamento. A differenza di quanto fatto in precedenza, prenderemo in esame prima il transistore npn, ed in seguito il pnp. Successivamente si farà uso dei simboli circuitali per la rappresentazione dei transistori bipolari, i quali sono mostrati nella seguente figura Figura 5.17: Transistore BJT e simbolo circuitale corrispondente: pnp a sinistra e npn a destra In entrambi i casi, la regione di emettitore è contrassegnata da una freccia che indica il verso della corrente nella configurazione maggiormente utilizzata, ossia la regione attiva diretta. Da notare il diverso orientamento dei due dispositivi, il quale rispecchia quello adottato nel disegno di schemi elettrici, dove i terminali a potenziale più elevato si trovano in alto. Da notare anche il fatto che nel transistore pnp la corrente è uscente dal collettore, mentre nel npn è uscente dall’emettitore. 5.4.1 Modelli circuitali in regione di cut-off Il transistore bipolare si trova in regione di interdizione in presenza di una polarizzazione inversa di entrambe le giunzioni, quindi nel caso npn si ha che VBE < 0 e VBC < 0. Facendo ora riferimento alla Figura 5.16, si avrà che attraverso i due diodi scorreranno due cor- renti inverse di saturazione (quindi molto piccole), inoltre, correnti dello stesso ordine di grandezza scorreranno attraverso i due generatori pilotati di corrente. In prima approssimazione, è possibile as- sumere che il dispositivo si comporta come se, attraverso i tre terminali, non scorra alcuna corrente: i tre terminali sono quindi isolati tra loro e possono essere descritti da circuiti aperti. 94 Tuttavia, è interessante comunque sapere l’ammontare delle correnti in gioco ai tre terminali: in questo caso il circuito di Ebers-Moll della Figura 5.16 può essere ridisegnato nel seguente modo Figura 5.18: Modello di Ebers-Moll del transistore npn in regione di cut-off Da osservare che le correnti attraverso i diodi siano state prese con un verso di riferimento opposto a quello di Figura 5.16, cambiando il segno dell’espressione risultante; stessa cosa anche per i due generatori di corrente. Applicando la legge di Kirchoff si ricavano le espressioni per le correnti di emettitore, collettore e base IE = − IS αF + IS = −IS ( 1 αF − 1 ) IC = IS αR − IS = IS ( 1 αR − 1 ) IB = IE − IC = −IS ( 1 αF − 1 ) − IS ( 1 αR − 1 ) Tenendo conto che αF tende ad 1, come conseguenza si avrà che IE = −IS 1 αF︸︷︷︸ ≈1 − 1 ≈ 0 E tutta la corrente IS ( 1 αR − 1 ) che entra dal collettore esce dalla base, e quest’ultima corrente è molto prossima alla corrente ICBO definita in precedenza. Si avrà quindi il seguente modello circuitale Figura 5.19: Modello di un transistore npn in regione di cut-off 95 5.4.2 Modelli circuitali in regione attiva diretta Con riferimento ad un transistore di tipo npn, la regione attiva diretta è caratterizzata dalla giunzione base-emettitore polarizzata direttamente e dalla giunzione base collettore polarizzata inversamente, ovvero VBE > 0 e VBC < 0 (o VCB > 0). Riferendoci ora alla Figura 5.15, in questa situazione si ha che la corrente I ′R è una corrente inversa di saturazione ed il generatore da essa pilotato è dello stesso ordine di grandezza, di conseguenza entrambi i contributi sono trascurabili ed il modello di Ebers-Moll di Figura 5.15 si riduce al seguente Ridisegnato meglio Figura 5.20: Modello di un transistore npn in regione attiva diretta (base comune) Come vediamo, è presente un diodo che modella la giunzione pn e un generatore pilotato che tie- ne conto dell’effetto transistore tramite il parametro αF . Le correnti di collettore e di emettitore possono essere espresse in una delle seguenti forme nelle quali si è trascurato il termine -1 rispetto all’esponenziale IC = ISe VBE VT IE = ( IS αF ) e VBE VT ⇒ IC = αF IE Considerando ora un modello statico, sappiamo che il diodo può essere ulteriormente semplificato fa- cendo uso di uno dei modelli introdotti nel capitolo precedente. Possiamo quindi usare la descrizione circuitale più efficiente e semplice e accuratezza, ovvero quella che sostituisce al diodo un generatore di tensione costante di valore VBE(ON) (∼ 0, 7 V)10. Il circuito equivalente è mostrato nella seguente 10Ovviamente VBE(ON) rappresenta la tensione di soglia del diodo ed ha lo stesso significato della tensione Vγ . 96