Scarica Tecnologie per l’educazione 1 PARTE e più Sintesi del corso in PDF di Didattica Pedagogica solo su Docsity! Tecnologie per l’educazione Introduzione Umano e tecnologie oggi 1. La società informazionale Quando internet nasce negli anni 80 del secolo scorso come applicazione di informatica sociale di larga diffusione, rappresenta l’esito ultimo di un percorso di evoluzione della tecnologia che in Occidente era iniziato già con l’invenzione della scrittura. Prima dell’avvento della scrittura, che limitava fortemente le opportunità di comunicazione infatti si potevano raggiungere solo poche persone e le si costringeva ad essere presenti per aver accesso alla comunicazione. La scrittura avvia un processo di progressiva e sempre più veloce ed efficace separazione della comunicazione dalla necessità di avvenire in un luogo preciso e in un certo tempo. Internet in questo senso rappresenta il risultato ultimo in quanto la sua diffusione sociale si porta dentro il everywhere any-time cioè la possibilità di essere raggiunti dalla comunicazione dappertutto ed in qualsiasi momento. Il dispositivo che viene portato in gioco è la possibilità di una vita sullo schermo che si libera dal peso del corpo. Internet libera la comunicazione dallo spazio e la rende accessibile dappertutto e in ogni momento xke non ci chiede più di essere fisicamente presenti da qualche parte. Lo sviluppo della tecnologia è stato segnato da una progressiva e sempre più forte interpenetrazione delle due dimensioni: il futuro cioè oggi è l internet delle cose e non un altro mondo alternativo a quello presente. Come dice Floridi non siamo più noi ad essere online, ma i media ad essere onlife; ovvero la tecnologia digitale cessa di essere uno strumento attraverso il quale si entra in un mondo- ambiente digitale separato da quello fisico e diventa una dimensione naturale a nostra vita. È una vita potenziata xke la tecnologia è diventata una dimensione del corpo: la tecnologia aumenta la nostra corporeità e in qst modo ridefinisce il senso stesso del nostro essere uomini e lo fa qui, in qst mondo, e non in un altra dimensione. È un cambiamento epocale che comporta una comprensione della tecnologia a diversi livelli: Epistemologico (nuovi modelli di conoscenza ) , Organizzativo, Didattico, Educativo (l’educazione digitale come educazione ad una nuova cittadinanza) . La Generazione Z, i figli di questa nuova era tutti nati dopo il 2000, sono i primi che vedono la tecnologia come la normalità, non avendo vissuto in precedenza. È con qst società, non più una società dell'informazione ma una società informazionale, con qst cultura e con st nuovi soggetti che i sistemi di istruzione devono riuscire a rendere il loro ruolo ancora significativo. 2. Un nuovo rapporto tra cultura e natura La tecnologia aumenta la nostra corporeità nel senso che essa non solo potenzia i processi di percezione del mondo ma l'interazione che avviene con la tecnologia apre, attiva nuove prospettive con cui vivere la realtà, con cui agire. La ricorsività tra natura e cultura apre nuove strade, tutte da esplorare. Occorre esplorare un nuovo umanesimo digitale, che potrebbe essere visto anche con le lenti dell’post-antropocentrismo. La tecnologia è il luogo di tale divenire dove vi sono altri possibili mondi x un soggetto che traccia connessioni trasversali. La nozione chiave non è la separatezza, ma la trasversalità delle relazioni, che traccia connessioni lungo linee materiali e simboliche. Il post-antropocentrismo : Oggi sembra essere centrale la triangolazione tra mondi diversi, autonomi e connessi, ciascuno con una propria logica non riducibile. La trasversalità non riguarda solo la relazione tra umano, animale e tecnologico , ma anche la relazione tra linee e forze materiali e simboliche , concrete e discorsive che caratterizzano le macchine moderne. La trasversalità è prodotta dal dialogo tra le componenti materiali e le informazioni e i linguaggi, tra il corpo meccanico e il contenuto numerico che trasformano l’artefatto attuale da mediatore – tra umano e ambiente – ad altro con cui l’umano dialoga. Conoscenza e azione Il digitale propone la ricorsività tra conoscenza e azione in forme nuove e modifica il rapporto tra conoscere e esperire. Oggi l’esperienza avviene durante l attività in quanto il mondo in cui si esperisce è lo stesso che si sta costruendo, proprio a causa della relazione natura-cultura. L’azione non mette in atto l'elaborazione concettuale; l'azione incorpora l'elaborazione, ovvero diviene processo che organizza e manipola i concetti e produce e modifica modelli mentre agisce sul mondo. 3. AGGREGAZIONE E MULTIMEDIALITA’: Che differenza c'è tra la prima pagina di un quotidiano della fine del 800, qual di un quotidiano di fine 900 e Quella di un quotidiano attuale? La prima pagina del primo numero del corriere della sera presentava due articoli da leggere dalla prima all’ultima riga. Nel 900 nella prima pagina sono presenti alcuni articoli spesso meno di 5, accompagnati da immagini o disegni. Negli ultimi quindici anni la prima pagina cambia profondamente e contiene spesso 20 input e ogni input più che essere simile a un testo , è un riquadro , un oggetto grafico-testuale, caratterizzato da un titolo, un sottotitolo, poche righe di testo e spesso un'immagine. Il riquadro sembra l’icona di un articolo. Come cambia il lettore? Il lettore delle pagine pre 2000 doveva decostruire il testo per ricostruire il senso. Oggi il lettore si confronta con i riquadri, si muove velocemente da un'icona all'altra, mentalmente costruisce un puzzle le cui tessere sono le icone degli articoli. Se precedentemente la lettura era per singolo articolo, ora l’interpretazione richiede una visione “trasversale “ che coinvolge larga parte delle icone-input presenti. La ipertestualizzazione non è presente solo nei giornali ma anche le pagine dei manuali scolastici sono costruiti da piccoli blocchi e da fumetti. Il passaggio da una lettura come decostruzione a una lettura come aggregazione è descritto da Kress come processo che caratterizza la multimodalità, che non riguarda solo la presenza di più linguaggi, in questo caso si parlerebbe di multimedialità, ma l interazione di tanti processi/modi ovvero di tante tipologie di azione. TECNOLOGIA E DIDATTICA 4. COMPLESSITA’ E INFORMATION LITERACY L’Insegnante vive in un contesto d’azione a elevata complessità. Tale complessità è dovuta dalla crescita delle informazioni e dall’invecchiamento rapido delle conoscenze, dal protagonismo della tecnologia, dalle nuove pratiche e dalle nuove modalità attraverso le quali la Generazione Z sviluppa apprendimento. In particolare sono le info e il loro crescere a produrre problema: x la scuola e x le insegnanti questo significa avere lo stesso numero di ore curricolari ma dover affrontare uno scenario di conoscenze che si espande. X gli studenti la complessità è quello di info di cui è diventato difficile predisporre una ricerca efficace, una selezione significativa, un attribuzione di paternità. In qst situazione risultava chiaro che Il problema non era più ricercare nuove informazioni, ma di scegliere quali portare con se. Il sapere oggi è sempre più intotalizzabile e qst comporta almeno due importanti conseguenze: In primo luogo vi è un problema di fisica sociale, ovvero di ricerca e selezione delle informazioni. Questo comporta non solo la conoscenza e l’uso esperto di motori di analitica, che descrive i singoli componenti, e una olistica che coglie il funzionamento del sistema. La differenza principale è l’esistenza di reti che attraversano i singoli componenti, autonome dagli stessi. Negli artefatti digitali una di tale reti garantisce lo scambio di dati e di info e usa il linguaggio digitale. - La presenza nelle macchine complesse del industria 4.0 di differenti tecnologie, non solo informatiche ma anche meccaniche , idrauliche, elettriche, elettroniche e, in alcuni casi, quantistiche, Ogni tecnologia ha una sua logica e le differenti logiche interagiscono grazie al digitale. - La connessione degli artefatti in reti. Vale anche per i cellulari, per i cloud ma anche per gli ambienti digitali per la formazione che aggregano le produzioni e le persone che le producono. - Il morphing ovvero la possibilità di modificare , il livello di zoom o la granularità dei concetti . Es Google Maps e alla possibilità di passare dalla visione di un singolo edificio a quella dell’intero globo. Aggregazione , connessione e morphing producono quella che Floridi chiama Infosfera, una realtà in cui lo scambio di dati digitali crea un ambiente dove l’informazione è il nucleo fondante ma anche il valore aggiunto. A un livello minimo l’Infosfera è “l’intero ambiente informazionale costituito da tutti gli enti informazionali, le loro proprietà, interazioni, processi e reciproche relazioni”. A livello massimo l’infosfera è “un concetto che può essere utilizzato anche come sinonimo di realtà, laddove interpretiamo quest’ultima in termini di informazionali. L’idea è che ciò che è reale è informazionale e ciò che è informazionale è reale”. Il reale divine un’ibridazione tra il mondo percepito con i sensi e quello prodotto con i dati. Il mondo digitale è costituito dall’interazione di tre elementi: società, cultura e tecnologie. Non sono traiettorie autonome, ma tre facce della stessa medaglia. Questi tre elementi sono influenzati dal rapporto circolare tra natura e cultura. Dire che società, cultura e tecnologie sono 3 facce della stessa medaglia significa vedere la tecnologia come oggetto ambiguo che è sia il prodotto degli uomini sia dell’ambiente che li circonda. 1.2 Il frammento e il layout Aggregazione, connessione, macchine complesse e morphing hanno in comune due elementi : frammento e layout. I frammenti sono espressione della complessità e sono tra loro non riducibili : ogni notizia del giornale e ogni opera in un museo ha una sua identità e una sua specificità. Inoltre ogni frammento è complesso, ovvero leggibile con più formule. Per capire come loro possano interagire a distanza senza perdere le loro caratteristiche può essere d’aiuto il concetto di ambiguità proposto da Ponty , egli afferma che il soggetto della percezione rimarrà ignorato finchè non sapremo evitare l’alternativa. I distanti cioè i frammenti nella cultura sono connessi da relazioni topologiche che li collegano senza determinarne l’omologazione. Se nella cultura orale era il contesto a dare senso, se nel testo sono connessione e coesione a sorreggere la struttura interna, nell’infosfera sono le relazioni topologiche, le analogie a suggerire un senso, che non è dato a priori ma solo suggerito e poi prodotto in contesto dal singolo lettore mentre Naviga e opera nella rete globale. Il layout non è solo un organizzatore che supporta la conoscenza, ma è azione: nel web 2.0 si naviga, si sceglie, si scrive. Il soggetto interagisce con il layout e la sua azione produce l’emergenza che aggrega il sistema a un livello superiore in quanto la connessione non è data a priori Ma si struttura in situazione Grazie all’azione poiché L’azione permette di semplificare la complessità del pensiero. 1.3 Pensare in formato corporeo Da sempre il pensiero ha dato forma a concetti astratti. Nel mondo pre-digitale la codificazione riguardava soprattutto la rappresentazione e l’elaborazione che avveniva all’interno della mente umana. Nel mondo digitale invece, la codificazione coinvolge i modi con cui agire sui concetti. I concetti vengono rappresentati fisicamente con le parole , disegni, schemi e grafici. Ma Le app richiedono l’azione , per cui concettualizzare è maneggiare i concetti come se fossero oggetti per costruire nuove idee. Il digitale rende sempre più diffuso il processo del pensare in formato corporeo in quanto crea uno spazio cognitivo in cui i concetti sono visualizzati. Essi divengono oggetti che possono essere modificati nello schermo con processi senso-motori: avvicinarli, allontanarli, collegarli, manipolarli. I mondi aumentati più che virtualizzare il reale , danno corpo a concetti astratti e permettono di muoversi con idee e concetti nello stesso modo con cui si opera con gli oggetti reali. Il digitale quindi opera in due direzioni: dà corpo ai concetti astratti; costruisce uno spazio cognitivo in cui i concetti astratti prendono forma e sono manipolabili con attività senso motorie ovvero permette di utilizzare le mani e il corpo per gestire oggetti astratti. 1.4 Il frammento , il layout e la didattica Il frammento che caratterizza il digitale ed è presente nella cultura attuale non porta con se un valore aggiuntivo. Molti autori lo vedono come un problema e come l’origine di molti limiti del contesto attuale come il disorientamento è l’ansia. Però la sua presenza siccome è collegata con il contesto culturale e produttivo non può essere rimossa se non rinunciando al mondo attuale. Il problema diventa quindi come interagire con esso e come operare nella relazione tra frammento e layout. Gli elementi chiave sono il ruolo centrale da assegnare alle attività degli studenti e la necessità di layout . Partendo da ciò Rivoltella elabora un medoto EAS ( Episodi di apprendimento situato) nel quale il docente e, attraverso lui , il sapere sapiente hanno il compito di far emergere e valorizzare i frammenti per poi riorganizzarli. Se la conoscenza quindi è liquida e presente in vari contesti, se gli studenti arrivano a scuola con un sapere a macchia di leopardo acquisito in contesti non-formali, al docente spetta il compito di far emergere tale sapere per poi sistematizzarlo. Le difficoltà che ci sono in tale processo derivano dalla pluralità e difformità di contenuti , linguaggi, logiche che emergono durante il percorso e dalla necessità di una padronanza epistemologica della disciplina che il docente deve possedere per ricondurre a sistema i fili presenti. Prima nota: il problema del disorientamento deriva non dalla presenza del frammento ma dall’incapacità di aggregare i frammenti. I metodi di insegnamento attuali spesso hanno schemi rigidi incapaci di produrre aggregazioni situate coerenti con il sapere degli studenti. Seconda nota: Il ruolo del docente cambia , infatti opera come un tutor che accompagna lo studente nella formazione dei sui “ quadri”. Efficacia del MICRO-LEARNING: Il micro-learning è uno spazio d’azione delimitato e pertanto sostenibile , che funge da contenitore (LAYOUT) per portare a sistema la varietà. Con i dispositivi multimediali lo studente opera sulle proprie conoscenze e le confronta con gli altri costruendo sintesi condivise. Nel passato l’elemento condiviso era il riferimento teorico e culturale, Oggi sono le attività e le pratiche la base comune. I frammenti sono connessi alle discipline, agli obiettivi e ai contenuti; i layout alle attività, alle competenze e ai compiti autentici. Altri livelli che si aggregano nell’agire didattico sono il disciplinare, l’intrasoggettivo e l’Intersoggettivo. Prima in pagella c’erano i voti sulle discipline e voti sulla condotta. Le due cose viaggiavano separatamente. Oggi le singole attività intrecciano disciplinare, Intra e Inter soggettivo: lo studente tratta di un contenuto, lavora su di esso con un lavoro di gruppo, riflette su come sta apprendendo e si autoregola. 1.5 il digitale come terzo spazio La gestione del micro-learning viene supportata dalla presenza di artefatti digitali che forniscono un supporto insostituibile. La presenza di frammenti ha posto l’esigenza di uno spazio diverso in cui sia possibile ibridare processi e attività, in cui connettere concetti per formare nuove emergenze. Flessner propone il terzo spazio come luogo per le ibridazioni. per Gutierrez il terzo spazio è un luogo di apprendimento trasformativo che crea numerosi punti di accesso sia per i linguaggi utilizzati sia per le modalità operative. Nella pratica educativa e non solo, troviamo il digitale sia nella presenza ( LIM ), sia nella distanza ( internet, Wikipedia ). Il valore aggiunto però è quando produce il terzo spazio ibrido e blended che connette formale ed informale, presenza e distanza, permette di costruire fili Rossi che recuperano quanto si sta realizzando negli altri due spazi fornendo senso e significato alle produzioni realizzate da entrambe. È un Terzo spazio in quanto in esso interagiscono significati e processi, esperienze e riflessioni, teoria e pratica che provengono dagli altri due spazi. Le tipologie di attività interpretabili come terzo spazio sono : - Aggregare note e scrittura collaborativa : alcuni tool digitali aggregano frammenti che provengono da varie sorgenti. - La stratificazione dinamica dei documenti digitali e il tracciamento in itinere delle attività che rivoluzionano il concetto stesso di documentazione. - La progettazione tramite app che permetto di aggregare diversi livelli e di i ridare design, documentazione e riflessione. - Infine molti ambienti blended che sono uno spazio intermedio tra le pratiche in aula e le esperienze esterne quasi una terza aula svolgono la funzione di Ponte che non solo connette ma garantisce l’emergere di una prospettiva diversa. Nella terza aula interagiscono pratica e teoria, contesti formali e informali. Il digitale è un terzo spazio quando permette ai docenti e studenti di raccogliere materiale differente , recuperato da rete, da produzioni in classe, da lavori precedenti e poi organizzarlo e strutturarlo, costruendo quel sapere situato e condiviso che è il prodotto dell’agire didattico e dell’identità della classe. Il terzo spazio e quindi il digitale visto come Terzo Spazio sono generativi e producono innovazione. 2 CAPITOLO : STORIE E PRINCIPI DELLE TECNOLOGIE EDUCATIVE 2.1 INTRODUZIONE : Una storia delle tecnologie educative Non può essere tratteggiata solo A partire dagli sviluppi delle tecnologie e dal loro ingresso nei contesti educativi. La stessa parola tecnologia mostra lo stretto legame che esiste, a partire dalla connessione tra strumenti e modalità di utilizzo, con il pensiero o in senso lato con la cultura. Se nell’uso comune la parola tecnologia viene principalmente usata in riferimento ai dispositivi, oggetti come smartphone, computer o reti telematiche, l’etimologia della parola ricorda che il suo significato è molto più ampio e parte dal concetto Greco di Techne il quale si è poi ampliato assumendo una riflessione filosofica legata al concetto di guida del ragionamento, allievi. Le tecnologie quindi sono viste come mezzi per imparare autonomamente e non quali media per esercitare un controllo o trasferire informazioni. Nei primi anni 90 le tecnologie diventano veri e propri ambienti ( virtuali ) per la costruzione attiva, partecipativa e collaborativa delle conoscenze. Con internet il modello esce dalle classi e diventa globale. 3 CAPITOLO : LE TECNOLOGIE PER LA PROGETTAZIONE DIDATTICA E LA GESTIONE DELL’AULA. La presenza delle nuove tecnologie ha spostato l’attenzione da una relazione diretta docente- discente a una triangolare in cui il terzo polo è rappresentato da ambienti e artefatti digitali. Alcuni artefatti sono mediatori didattici e supportano il docente nella trasposizione, altri invece sono degli aggregatori e forniscono la rappresentazione esplicita del percorso, rappresentazione che era garantita dal manuale o dall’azione spesso implicita del docente. 3.2 Le tecnologie a supporto della progettazione del docente Scrivere un contributo utilizzando la matita e un foglio o farlo utilizzando un word processor è differente: il ricorso al digitale , fornisce schemi e percorsi guidati che indirizzano la produzione di documenti. La necessità di disporre di un supporto esterno alla mente umana dipende dalla complessità della struttura da costruire. Nell’ambito della progettazione didattica le prime realizzazioni di dispositivi autoriali digitali incomincia negli anni 90 quando, sotto la spinta della diffusione di percorsi di formazione online, era necessario costruire Learning Objects che potessero essere utilizzati in diversi Learning Management System. ADL ( advanced distributed model) propose SCORM , una standard utile a guidare la progettazione di oggetti didattici riutilizzabili. Limite di SCORM era quello di fornire e richiedere molte indicazioni tecnologiche, che rendevano oneroso il lavoro del progettista, mentre scarse risultavano quelle di carattere pedagogico e didattico. Per rispondere a tale limite, all’inizio del 2000 l’IMS Global Learning Consortium definì L’IMS LD (Learning Design) ovvero uno standard che poteva supportare il docente nella realizzazione di percorsi didattici, ma che diversamente da quello SCORM, lo guidasse anche sul piano pedagogico. Anche questo si rivelò praticabile solo per la progettazione di percorsi complessi ma che sarebbero rimasti immutabili x anni. Soluzioni successive furono le API (Application Programming Interface) che permettevano di far dialogare componenti di diversi applicativi al fine di produrre aggregazioni materiali. 3.2.1 LA SECONDA FASE Dal nuovo millennio è emersa una nuova attenzione alla progettazione didattica supportata da applicazioni digitali che ha riguardato non più solo la creazione di percorsi online ma la didattica nel suo complesso. Il gruppo di lavoro LEARNING DESIGN GROUP ha individuato quattro progetti che hanno alimentato la ricerca: questi avevano in comune la visione che il miglioramento dell’insegnamento e dell’apprendimento passasse attraverso lo sviluppo di framework descrittivi dei processi e dell’azione didattica. In particolare gli autori condividono il fatto che la tecnologia supporti la riflessione sulla progettazione di percorsi didattici. Il learning design support enviroment ad esempio è un supporto digitale all’organizzazione delle attività didattiche del docente attraverso una scansione delle azioni. La possibilità di descrivere il proprio progetto permette al docente in fase di progettazione di distanziarsi e dialogare con il proprio artefatto per attivare quei processi di simulazione dell’azione, di anticipazione, di previsione con cui testare il processo stesso. 3.2.2 GLI AGGREGATORI MULTIMEDIALI : L’attenzione si sposta dalla progettazione pre-azione alla costruzione di aggregatori utilizzabili anche in classe. Si pensi ad esempio a Edmodo o a TesTeach, la web app che permette al docente di organizzare le risorse multimediali selezionate in rete e di condividerle con i propri studenti all’interno della classe, virtuale o in presenza. Tale ambiente mette insieme due delle condizioni inerenti all’utilizzo degli artefatti digitali: la facoltà di aggregare media differenti e la possibilità di manipolare e modificare gli artefatti stessi. La funzione quindi dell’artefatto progettuale è quella sia di supportare il docente nell’elaborazione del percorso, raccogliendo e organizzando tutto ciò che egli utilizzerà a lezione che gli studenti orientandoli e fornendo loro una visione organica del percorso didattico e i materiali da utilizzare x lo svolgimento delle attività. L’uso di applicazioni esistenti nate per scopi non educativi porta a dei problemi cioè se nascono fuori dal mondo educativo si portano dietro logiche che non sono proprie di questo mondo. Laurillad rivendica ai docenti il ruolo di progettare , con il supporto di informatici, le applicazioni per la didattica evitando deleghe pericolose e fuorvianti. In qst contesto si colloca il progetto DEPIT promosso dall'Università di Macerata che si pone lo scopo di supportare la progettazione attraverso un dispositivo che permetta la condivisione in classe dell'artefatto progettuale. Questo artefatto progettuale digitale è costituito da più mappe tra loro connesse Dove ogni mappa rappresenta un diverso livello della granularità che caratterizza la didattica e, così, permette al docente di riconnettere le dimensioni macro e micro; ciascun livello infatti è connesso a quello successivo attraverso dei link e ciò produce un morphing tra le diverse dimensioni temporali e organizzative ma anche cognitive. 3.2.3 LA REIFICAZIONE DELLA PROGETTAZIONE L’artefatto digitale assolve, contemporaneamente, alla funzione di contenitore flessibile e a quella di ambiente reticolare. Il ruolo di contenitore non va inteso come un serbatoio da riempire con gli oggetti digitali per essere conservati e poi catalogati (come nello SCORM) per un successivo e uguale utilizzo. L’aggregatore può essere infatti utilizzato in classe per organizzare i materiali di studio da sottoporre agli studenti , dare consegne, raccogliere e gestire le restituzioni, archiviare i prodotti delle diverse attività didattiche e i documenti di valutazione. Si tratta infatti di un organizzatore grafico flessibile che può essere costantemente modificato in azione. La dimensione reticolare invece espande la progettazione del docente sia in termini di apertura verso contenuti esterni , presenti nel contesto sociale di riferimento o in rete, sia in termini di correlazione tra i diversi punti di vista provenienti da approcci disciplinari differenti. L’artefatto digitale risponde all’esigenza di soddisfare le diverse richieste provenienti dalla classe, permette infatti una visione multiprospettica e la raccolta dei contributi di ciascuno, la gestione dei dibattiti e la sintesi delle diverse posizioni. La possibilità di condividere i propri prodotti estende la possibilità di incontro e di conoscenza di altre realtà, permettendo il confronto e lo scambio peer to peer in dimensione orizzontale e partecipativa. La struttura reticolare garantisce quella flissibilità e quella possibilità di essere generativa che le strutture lineari non hanno e che invece è richiesta nella complessità attuale. ( il prof lo ha spiegato, concetto di cultura partecipativa). 3.3 LE TECNOLOGIE PER SUPPORTARE L’INCLUSIONE Il particolare contributo delle tecnologie per la progettazione e gestione della classe può essere vista nell’ottica dell’inclusione. Sebbene personalizzazione è una parola chiave della formazione , essa va connessa alla sostenibilità dell’azione didattica in classe. Infatti non sarebbe didatticamente sostenibile , né per il singolo docente ne per l’intera comunità scolastica, un approccio che intendesse la personalizzazione come la realizzazione di percorsi differente per ogni studente. L’apprendimento infatti è un processo al contempo individuale e sociale che parte dalle interazioni che avvengono nella classe e che supportano in modo generativo tale processo; la moltiplicazione di percorsi didattici, uno per ciascuno studente, potrebbe inibire tali interazioni. Perché la personalizzazione sia sostenibile va intesa come la predisposizione di dispositivi unici ma aperti , all’interno dei quali ciascuno studente possa agire in modo diverso in base alle proprie abilità, alle proprie competenze e ai propri bisogni. Personalizzare quindi vuol dire predisporre dispositivi inclusivi che riescano a far dialogare le varie traiettorie differenti attraverso un complesso processo di progettazione. In questa prospettiva le tecnologie digitali permettono di: - Presentare lo stesso contributo attraverso formati diversi, facilmente gestibili dall'utente. – Avere diverse app ciascuna delle quali consente di lavorare e interagire secondo le proprie abilità. – Costruire gruppi di lavoro che permettono la diversa contribuzione da ciascun utente. – Realizzare percorsi di lettura collaborativa (co-writing) e interagire con altri attori del processo formativo attraverso le applicazioni online. Se poi, l’artefatto progettuale è costruito secondo una logica “ mappale” rende visibile allo studente il proprio percorso, in una dimensione che gli permette di cogliere il particolare nel generale e il generale nel particolare. Tale approccio può favorire lo sviluppo anche di una dimensione inclusiva: all’interno della mappa infatti ciascuno studente potrà cogliersi come particolare nel generale, avendo ben chiara la dimensione, comune della classe, del percorso che gli si presenta davanti. Porre attenzione alla dimensione inclusiva, secondo questa chiave di lettura significa realizzare un artefatto che coniughi macro e micro, generale e particolare: da un lato macroprogettazione (il percorso annuale) dall'altro varie microprogettazioni (singole attività didattiche in cui è articolata la lezione) personalizzate in funzione dei bisogni di ciascuno. 3.4 DISPOSITIVI BYOD PER ESTENDERE LO SPAZIO-TEMPO DELLA CLASSE: La sempre maggiore diffusione dei dispositivi BYOD ha ampliato la possibilità di accesso alle risorse digitali e modificato la progettazione. GRAZIE ad essi l’artefatto progettuale non è solo visibile alla classe ma diventa uno strumento di lavoro personale del singolo studente. Contiene tutti i materiali ed è organizzato secondo il senso con il quale il docente ha strutturato il percorso, ma a differenza tecnologiche e didattiche, sia su quello della personalizzazione degli approcci sulla base del particolare deficit cognitivo. Nel caso poi di studenti con difficoltà emotive e/o di disturbi di comportamento è possibile che le risorse tecnologiche possano : - Proporre attività in cui i discenti non si sentano intimiditi o sotto giudizio nel compiere azioni o a commettere errori. - Proporre attività attraverso l’uso del computer che facilitino gli studenti nel raggiungimento di risultati. - Offrire al singolo la possibilità di sentirsi responsabile del proprio percorso di apprendimento. - Assegnare agli studenti compiti differenziati, adeguati cioè al loro particolare status e alle loro capacità. 4.3.3 PATOLOGIE CHE IMPEDISCONO LA NORMALE FREQUENZA SCOLASTICA Ci sono gravi patologie croniche che costringono gli studenti a lunghe assenze a scuola, come nel caso della sensibilità chimica multipla. Si tratta di numeri importanti tanto da spingere il Miur a istituire , nel 2003, il servizio di Istruzione Domiciliare, che nasce proprio con l’obiettivo di consentire agli studenti costretti a importanti degenze al di fuori di un istituto di cura di partecipare al percorso di studi, grazie alla presenza, x alcune ore la settimana, di docenti presso la propria abitazione o la domiciliazione temporanea vicino al luogo di cura. Tuttavia l'ID non prevede tra le sue prassi anche il mantenimento del contatto tra la classe di provenienza e lo studente costretto a casa ( homebound). L’assenza o la riduzione di relazioni sociali può essere fonte di ulteriore malessere psicologico per lo studente che non può frequentare. Infatti la relazione con gli altri svolge un ruolo centrale nello sviluppo della mente e delle abilità sociali, cognitive e metavignitive. E proprio per permettere una completa inclucione degli studenti homebound E’ stato lanciato il progetto TRIS ( TECNOLOGIE DI RETE E INCLUSIONE Socio-educativa 2013-16) dove la finalità di questo progetto è stata ideare, mettere a punto e sperimentare un modello eco-sistemico centrato sul concetto di classe ibrida inclusiva. Le classi ibride si sviluppano negli spazi ibridi, ossia spazi dinamici prodotti dalla costante connessione delle persone alla rete internet attraverso i propri dispositivi mobili, includendo così spazi e contesti remoti in quello percepito/vissuto al momento. Obiettivo dell’aula ibrida inclusiva è fare in modo che lo studente non fruisca passivamente le lezioni a casa ma si senta come se stesse in classe e, allo stesso tempo, la classe lo percepisca "presente" in classe, realizzando così una piena inclusione socioeducativa. Tornando alla classe ibrida vediamo che ciò che la caratterizza non è tanto la meccanica composizione di spazi reali e digitali quanto piuttosto l’essere sede di processi di insegnamento-apprendimento centrati su strategie didattiche che favoriscano l’inclusione. Le strategie che sono state più efficaci sono quelle centrate sul coinvolgimento attivo e partecipativo dello studente remoto, cosi come gli studenti in aula. Le tecnologie che si possono utilizzare per realizzare una classe ibrida inclusiva possono essere una web brandeggiabile , ossia orientabile direttamente sullo studente a casa in modo di dargli la possibilità di provvedere in modo autonomo alle inquadrature all’interno dell’aula remota. 4.4 LE SITUAZIONI SPECIALI COME CROGIOLO D’INNOVAZIONE La didattica speciale da sempre ha rappresentato uno straordinario punto d’innovazione per condurre sperimentazioni sull’uso didattico delle tecnologie. Sperimentazioni che spesso hanno portato a modelli didattico-pedagogici e organizzativi efficientemente esportabili anche nella didattica “ normale” , anche se quest'ultima è più restia a introdurre tecnologie nelle proprie prassi educative. Questo avviene soprattutto quando vi sono esigenze che portano a vedere nella tecnologia stessa un alleato, ossia qualcosa che può risolvere/attenuare un problema o migliorare la situazione, più che creare disturbo o complicazioni. VEDERE TABELLA PAG 67. L'ultimo punto della tabella è interessante perché spesso sono proprio le situazioni di disagio a fungere come una specie di Cavallo di Troia x una più ampia riflessione sull introduzione delle tecnologie nella didattica. 5 CAPITOLO : VALUTAZIONE FEEDBACK , TECNGOLOGIE INTRODUZIONE : L’uso delle tecnologie è un elemento che può interagire con i cambiamenti in atto nelle pratiche di valutazione, rendendo quest’ultima un’esperienza più significativa per gli studenti e migliorando la gestione dei tempi e dei modelli per i docenti. Vengono prese in esame diverse pratiche di utilizzo delle tecnologie in aula e nell online, che introducono nuove prospettive di azione e di relazione tra docenti e alunni. Vi sono delle linee di lavoro che mirano ad indagare i seguenti processi : - Comunicare la consegna, presentare il compito, correggere il compito e assegnare in automatico un punteggio, discutere con lo studente le valutazioni assegnate. - Valutare collaborativa mente anche grazie a strumenti per la comunicazione online. - Riflettere sui propri compiti e auto-valutare la propria traiettoria individuale e professionale. - Attuare pratiche di valutazione inclusive e rispettose delle differenze dei diversi alunni. 5.2 VALUTAZIONE E TECNOLOGIE Contemporaneamente alla diffusione di nuove modalità di comunicazione didattica atrabero le tecnologie, vi è stata anche la diffusione di strategie molteplici per il monitoraggio e la certificazione di competenze e diverse modalità di apprendimento e di interazione mediate digitalmente. Tutto questo ha portato ad un ripensamento del tradizionale modello valutativo fondato sulla triade informazione, studio, verifica. Modello considerato non più adeguato alla situazione attuale degli studenti e del contesto. Gli stessi insegnanti notano che molti compiti del passato vengono svolti in maniera meccanica e poco significativa da parte degli alunni, in quanto grazie all’utilizzo della tecnologia, possono essere svolti con operazioni di copia e incolla in nessun modo rilevanti e formative. Per questo vi è la necessità di ripensare alcune tipologie di compiti/consegne che richiedono un elaborazione più motivante e complessa. La tecnologia infatti può essere utilizzata x costruire delle Prove Strutturate. Esistono dei software che supportano il docente nella costruzione di prove che possono essere svolte dalla classe e forniscono un prezioso aiuto nella visualizzazione dei dati raccolti, dando così al docente la possibilità di ripensare il proprio lavoro e di comprendere se siano necessari interventi di potenziamento o recupero. Per lo studente il lato positivo di queste forme di accertamento è rappresentato dal feedback immediato fornito dall’applicazione in base alla risposta data. Mentre nel caso delle esercitazioni tradizionali la correzione viene svolta dal docente a casa e la restituzione del compito avviene a volte dopo un po' di tempo dalla prova stessa, riducendo l’efficacia del feedback, nel caso delle prove strutturate digitali, invece, il feedback è immediato e di conseguenza lo studente può avere una correzione in tempo reale. Un ulteriore beneficio è quello di poter trattare i dati raccolti statisticamente x evidenziarne la congruità rispetto alle aspettative. La valutazione formativa si concentra più sul successo che sul prodotto e produce sia nello studente sia nel docente effetti motivazionali e orientativi. Lo scopo è il miglioramento della prestazione dello studente, dunque l’intervento si concretizza attraverso un feedback che permette allo studente di capire cosa non va nella sua prestazione e come fare per migliorarla. Nello stesso momento la valutazione formativa serve al docente per ricevere un feedback sulla qualità della propria azione didattica e x progettare eventuali interventi di modifica o di ripianificazione del percorso progettato e realizzato. Black e William hanno individuato 5 strategie che definiscono una valutazione formativa: - Strutturare discussioni di classe che permettano di far emergere prove concrete dei risultati dell’apprendimento. - Fornire feedback che aiutino lo studente a migliorare. - Chiarire ed esplicitare gli obiettivi di apprendimento previsti dal docente e i criteri della valutazione. - Coinvolgere gli studenti per abituarli a considerarsi proprietari del loro percorso di apprendimento. - Attivare gli studenti affichè si sentano “ risorse di apprendimento” gli uni per gli altri. La tecnologia in ogni caso offre solo il potenziale per migliorare la valutazione e il feedback e la sua efficacia trasformativa diventa più probabile quando, accanto all’innovazione proposta, c’è un chiaro scopo educativo e quando l'uso della tecnologia è accuratamente contestualizzato all'interno del mondo scolastico e del contesto sociale più ampio. 5.2.1 IL PROGETTO DEPIT ( DESIGN FOR PERSONALIZZATION AND INCLUSION WITH TECNOLOGIES) In riferimento a quanto detto prima: una possibile pista di lavoro è data dal progetto DEPIT che parte dalla necessità di esplicitare gli obiettivi e di negoziare il percorso e quindi dei processi valutativi e consente una forma di valutazione “embedded”. Le attività progettate dal docente e gestite dal gruppo classe e dagli studenti, sono infatti processi per la costruzione di conoscenza e, in questo modo, si presentano ad essere valutati, anche collaborativamente, in un’ottica di migliorabilità delle idee condivise. (vedere cap 3 paragrafo Gli aggregatori multimediali). 5.2.2 FLIPPED CLASSROOM : Questa propone un rovesciamento della tradizionale pratica didattica basata sulla successione: spiegazione, esercitazione, valutazione. Il docente con l’aiuto delle tecnologie fornisce materiali in video o audio agli studenti per la visione o l’ascolto domiciliare e riserva invece un tempo in classe per attività di consolidamento, approfondimento e revisione collaborativa. In questo modo l’attività trasmissiva viene svolta individualmente da ciascun alunno, secondo i propri tempi e possibilità, mentre la parte più complessa, quella della rielaborazione dei concetti presentati e del prima caratteristica è qll della Gamification: raccogliere badge durante il percorso di apprendimento lo rende simile ad un gioco a punti dove completare le sfide significa ricevere attestati di competenza e questo può risultare molto motivante per l’alunno. La seconda caratteristica è la loro visibilità pubblica: chi guadagna un badge può mostrarlo nel suo profilo social o nel suo curriculum. La terza caratteristica è di natura più didattica: il badge può facilitare la comprensione del rapporto tra attività svolte e traguardi conseguiti. La tecnologia Blockchain, che sta producendo app interessanti nell'ambito della formazione, è connessa alla logica degli Open Badge. Essa può essere definita come un registro digitale che tiene traccia, in maniera sicura e anonima, delle transazioni che avvengono tra diversi utenti. Per valorizzare al massimo le caratteristiche è stato proposto uno standard chiamato Blockcerts che permette il controllo e la verifica delle credenziali. Lo standard blockcerts consente di verificare l’emissione di un titolo senza dover contattare direttamente l’istituzione scolastica o l’università che lo ha emesso, ma semplicemente sfruttando la prova crittografica della validità del titolo. CAPITOLO 6 : DOCUMENTARE PER CREARE NUOVI SIGNIFICATI : I MUSEI VIRTUALI 6.1 PATRIMONI IN AMBIENTI DIGITALI. CONTESTO DI RIFERIMENTO Rispetto all’evoluzione degli ambienti digitali in ambito museale, il patrimonio può essere considerato più complesso, costituito da un rimando continuo tra spazi fisici e virtuali, che garantisce alle diverse tipologie di visitatori (insegnanti, gruppi scolastici , famiglie) di conoscere, esplorare i beni, di sperimentare nuove attività attraverso le tecnologie e anche collaborare per costruire percorsi museali. In tal senso le opere culturali trasmettono nuove informazioni, conoscenze, emozioni e si trasformano nel tempo. Questo aspetto di ridefinizione pone al centro il visitatore e la sua capacità di ricreare contenuti “ aggiungendo al patrimonio altro patrimonio”. Infatti l’UNESCO definisce il patrimonio come “l'insieme delle prassi, delle rappresentazioni, delle espressioni, delle conoscenze, come pure gli strumenti, gli oggetti, i manufatti e gli spazi culturali, che le comunità, i gruppi e, in alcuni casi, gli individui riconoscono in quanto parte del loro patrimonio culturale, trasmesso di generazione in generazione e costantemente ricreato dalle comunità e dai gruppi in risposta al loro ambiente, alla loro interazione con la natura e alla loro storia". Gli ambienti digitali, in modo particolare i musei virtuali, giocano un ruolo essenziale nella relazione tra visitatore/comunità, patrimonio / tecnologie. E’ così Jenkins parla di “culture partecipative”, che si definiscono nello spazio aperto della rete grazie agli strumenti web o social networking con l’obiettivo di favorire l’espressione artistica, l’impegno civico e il senso di appartenenza. 6.2 MUSEI VIRTUALI: LINEE DI SVILUPPO Un museo virtuale può essere definito come un’identità digitale per la comunicazione e valorizzazione dei beni culturali accessibile al pubblico. Ha lo scopo di ampliare l’esperienza museale tradizionale attraverso forme di interazione, personalizzazione e creazione dei contenuti. Gli elementi che caratterizzano i musei virtuali riguardano fondamentalmente i seguenti aspetti: - La multimedialità, in quanto permette un tipo di comunicazione attraverso differenti codici espressivi ( Immagini testi o suoni ) - La muldimodalità intesa come possibilià di agire, scegliere e strutturare in modo personalizzato una varietà di percorsi. - La connettività, come parte di un sistema di rete che favorisce l’accesso a una o più realtà museali. Il museo virtuale si costituisce di riproduzioni digitali di oggetti/opere reali oppure di elaborazioni di artefatti creati ex novo. La sua diffusione ha portato alla distinzione di due tipologie: musei reali su digitale e musei digitali per l'allestimento di oggetti reali o/e virtuali 6.3 I musei reali su digitale sono trasposizioni e/o ampliamenti in digitale delle più importanti collezioni del museo reale. Consentono l’esplorazione degli oggetti, l’approfondimento tramite l’accesso a differenti contenuti informativi e la creazione di gallerie personali da condividere sui social network. Esempio Museo del Prado: ogni opera può essere visualizzata ad alta definizione con eventuali contenuti audio di approfondimento. Alcuni musei reali su digitale permettono di visitare monumenti che, andati distrutti, sono stati ricostruiti virtualmente. Questa tipologia di musei si pone come : - Anticipatore, ossia come luogo di preparazione alla visita che si effettuerà nel museo reale. - Consolidator, ossia come strumento per approfondire alcuni aspetti di una visita già effettuata nel museo reale. - Dilatatore, ossia come opportunità formativa x rielaborare nuovi contenuti e sviluppare percorsi didattici originali. 6.4 I musei digitali per l’allestimento di oggetti reali e/o virtuali sono svincolati da istituzioni museali fisiche e possono presentarsi come contenitori di oggetti tangibili o costruiti digitalmente. Esempi significativi: il MUVA (Museo Virtual de Artes) El Pais, dedicato all’arte uruguaiana e sudamericana, navigabile in 3d che permette al visitatore di muoversi all’interno degli spazi espositivi e di accedere a contenuti di approfondimento. 6.5 MOdE, MUSEO DIGITALE CON OGGETTI REALI Il Mode, Museo officina dell’educazione, realizzato nel 2008 dal dipartimento di scienze dell’educazione dell’università di Bologna, è uno spazio digitale e multimediale in cui è possibile navigare e visualizzare contenuti e materiali allestiti in sale e atelier virtuali. E’ costituito da 3 aree: esposizione, documentazione e formazione. Lo spazio di esposizione riguarda l'allestimento di sale e atelier virtuali dedicati a temi specifici; gli oggetti vengono descritti attraverso una serie di informazioni come titolo, soggetto, descrizione, autore, data, medium e formato. Lo spazio di documentazione è un area dedicata alla documentazione delle buone pratiche che mirano alla conoscenza e valorizzazione del patrimonio culturale, scientifico e umanistico dei musei. In questo spazio vengono documentate esperienze di qualità educativa, realizzate a livello nazionale e internazionale all’interno dei contesti scolastici. Le esperienze documentare possono essere fruibili attraverso un open-access-repository. Lo spazio di formazione eroga contenuti didattici e realizza attività cooperative sui temi del patrimonio culturale con le nuove tecnologie per l’apprendimento rivolti a esperti museali in aggiornamento, studenti e insegnanti. 6.6 MUSEI VIRTUALI COME BANCHE DATI DI NARRAZIONE La forma più originale della narrazione non è quella lineare, ma quella algoritmica, propria delle banche dati in cui il progettista, il digital writer, diventa una sorta di cantastorie. La banca dati può essere definita come una raccolta strutturata di dati, organizzata in base a categorie e modelli logici diversi, in modo da consentire una gestione efficace ed efficiente delle informazioni che essa contiene. Con il ritmo di crescita dei dati presenti sul web, la tendenza attuale è quella di organizzare le info in banche dati: l utente naviga così all interno di una struttura anche se non ha consapevolezza di farlo. Il modo di rapportarsi alle banche dati si è molto evoluto: l’interfaccia che rappresenta la vetrina di una banca dati deve attirare l’utente e combattere nell’economia dell’attenzione con molti competitor. Così chi si occupa di ergonomia cognitiva propone interfacce sempre più vicine all’esperienza umana, capaci di suscitare emozioni, utilizzando più canali sensoriali. Qst cambiamento comunicativo sollecita l'immaginazione, organizzando i dati in forma narrativa. Alcuni studiosi hanno definito le banche dati come una nuova forma di narrazione, dove l’utente naviga secondo una storia che crede sia lineare, ma in realtà è solo una delle tante trame possibili pensate dal progettista. Il linguaggio che il digital writer utilizza è il Data Definition Language DDL che permette di definire la struttura del database e quindi di scrivere un cornice/layout narrativa delle possibili trame esperite dall'utente (Google Arts&Culture). 6.7 MUSEI VIRTUALI COME INTERFACCE DI PARTECIPAZIONE Nella missione dei musei digitali emergono nuove forme di meditazione tra oggetti e pubblici. Queste attività di mediazione sollecitano più persone a stampare contenuti per scrivere narrazioni orginali. Infatti, nei percorsi proposti dai musei, il visitatore può intervenire allo stesso modo di chi progetta e produce contenuti, in una scrittura condivisa. A qst proposito ci sono spazi personali che alcuni musei reali su digitale offrono al visitatore: in queste aree l’utente può sia raccogliere le immagini delle opere che gli suscitano maggiore interesse, sia creare gallerie/album all’interno di sequenze che ritiene particolarmente significativi. CONCLUSIONI: il diffondersi di ambienti digitali di progettazione e produzione di contenuti ha portato a considerare che il museo virtuale come terzo spazio in cui in contesti formali e informali, spazi reali e digitali si incontrano. Le sale bianche o spazi personali di profuzione fungono da mediatori iconici e simbolici per dare concretezza alle concettualizzazioni che derivano dalle esperienze museali di ogni utente. L’elemento centrale è proprio l’interazione tra vissuto personale e gli oggetti condivisi che svolgono il ruolo di spazi di incontro e confronto costituendo il presupposto fondamentale per la costruzione di una cittadinanza attiva, originale e responsabile per la crescita di giovani generazioni. CAPITOLO 7: MEDIAMORFOSI DELL’E-LEARNING 7.1 MEDIAMORFOSI DELL’E-LAERNING e-learning ovvero quel processo di apprendimento che si sviluppa ricorrendo alle tecnologie per sostenere la “mediazione" del sapere. La complessità di questo fenomeno sta proprio nel comprendere come, all’interno del triangolo didattico costituito dalle relazioni che intercorrono tra Il secondo concetto, il blended learning, non è nuovo. Lo ritroviamo nei primi anni 2000 come combinazione di modalità di istruzione, di metodi in presenza e online. Il blended oggi potrebbe essere esteso a qualsiasi sistema formativo, in quanto “apprendimento ibridato" ha sicuramente connessione con fenomeni dello scenario oggi : - L’apprendimento intervallato - Apprendimento immersivo - La capacità di navigare nelle società della post-verità - L’apprendimento aperto guidato a partire dal sistema studente. - CONCLUSIONI : Tre età dei media che ci hanno permesso di vedere la loro evoluzione da tecnologie della distanza, a tecnologie di gruppo, alle attuali tecnologie di comunità. LA PRIMA ETA’ è rappresentata dalla formazione a distanza dove il problema è la distribuzione dell’apprendimento: consentire al maggior numero di adulti di colmare bisogni informatici e conoscitivi, aggiornarsi, ottenere titoli riconoscibili dal mercato del lavoro. Tale obiettivo pone al centro delle attenzioni formative il contenuto e come “ mediarlo”. LA SECONDA ETA’ mette al centro la classe virtuale: il problema è come potenziare la classe, come riuscire a moderare i processi di apprendimento. Il focus di questa seconda data è rappresentato dalle piattaforme, ambienti in grado di aumentare le occasioni di classe. NELLA TERZA Età: accettare che i media facciano parte delle nostre vite: il processo di ibridazione è così pervasivo che non possiamo seperare reale e digitale. E’ quindi necessario puntare sulla Digital Learning, significa promuovere l’alfabetizzazione al digitale come competenza chiave per stare nella società attuale e rigenerare l’apprendimento. Il digitale visto come aggregatore sia del sapere in rete sia delle relazioni consente di superare la frammentazione che la velocità sembra imporci. CAPITOLO 8 : AMBIENTI DI APPRENDIMENTO INTRODUZIONE : Il concetto di spazio generalmente identifica un’entità nella quale sono situati i corpi e i cui vincoli ne determinano la possibilità di movimento, il concetto di ambiente è più ampio e riguarda il complesso delle condizioni esterne, materiali, sociali, culturali, nell’ambito delle quali si sviluppa, vive e opera un essere umano. Il concetto di ambiente si presta in modo più efficace di quello di spazio per descrivere l’ambito didattico e pedagogico, perché enfatizza il ruolo delle condizioni sociali e culturali che contraddistinguono i contesti in cui avvengono le azioni didattiche. Quando si apprende operando in uno spazio logico e dinamico online generato da un sistema digitale si parla di ambiente x l'apprendimento in rete (definizione Cap 7 paragrafo 7.3). 8.2 LA COERENZA TRA AMBIENTE E PROCESSO DIDATTICO : Uno dei temi affrontati nella progettazione degli ambienti riguarda il Legame tra la relazione tra processo didattico e le caratteristiche dell’ambiente. Un concetto importante, legato al rapporto tra didattica e ambiente, è quello di isomorfismo. Un ambiente è isomorfo a un processo didattico quando ha caratteristiche e strumenti compatibili con esso, ovvero quando non solo rende possibili le azioni didattiche, ma le suggerisce. In altri termini è strutturante. I processi di rendere possibile e di suggerire dipendono dalla soggettività delle persone. La dimensione affettiva, quella emotiva e il principio di adattamento sono principi utili x descrivere le potenzialità degli ambienti anche non digitali. La dimensione affettiva riguarda il consolidamento dei significati che ciascun elemento dell’ambiente genera nei singoli partecipanti. Ogni ambiente ha le sue caratteristiche legate a funzioni e strumenti presenti che vengono conosciute e perfezionate nell’uso. Tener conto della dimensione affettiva ogni volta che si allestisce un nuovo ambiente, richiede non solo di analizzare le funzioni da prevedere, ma anche di indagare le abitudini dei soggetti e i cambiamenti che dovranno avviare. Richiede di esplicitare la logica dello spazio in modo che divenga un ambiente “affettivo”. La dimensione emotiva, in parte connessa a quella affettiva, prende in considerazione i contributi della cosiddetta “affective neuroscienze”, basata sulle esperienze edonico/affettive che accompagnano il lavoro negli ambienti e possono condizionare le valutazioni personali. Recenti studi neuroscientifici hanno confermato che un ambiente, che dal punto di vista emotivo genera eccessivo stress e a cui il soggetto ha una lunga esposizione, può incidere criticamente sull’apprendimento e sulla memoria almeno fino all’adolescenza. La maggior parte degli strumenti online per la formazione derivano da strumenti nati in ambiti non prettamente formativi e hanno subito un processo di adattamento. Il principio di adattamento comporta il vantaggio di riproporre i processi consolidati, ma propone anche logiche non sempre coerenti con le finalità didattiche. Negli ultimi anni l’investimento in campo educativo e il ruolo sempre più importante dei docenti nella progettazione dei dispositivi stanno determinando lo sviluppo di applicazioni nate specificamente per la formazione, come ad esempio DEPIT o app x sintetizzare i percorsi come PEAR DECK che permette di creare presentazioni tramite sofisticate interazioni con gli studenti. 8.3 IL SETTING Il termine setting indica il contesto in cui si svolge un'azione, nella fiction indica lo spazio e il tempo della storia e nel mondo scientifico delinea il contesto di una ricerca o di un fenomeno osservato. Tale concetto si sovrappone in parte con quello di “ambiente”, introduce la dimensione temporale e mantiene le condizioni geografiche e culturali. In didattica il termine identifica tutto ciò che riguarda il contesto di un azione educativa comprese le condizioni temporali, quindi lo spazio e il tempo dell’evento didattico. Questa particolarità chiarisce la prevalenza del termine per descrivere gli ambienti realizzati attraverso tecnologia digitale. Il setting può essere considerato come una situazione stabilita da un repertorio di attanti che nello specifico sono gli attori, gli strumenti e i contesti. Per gli spazi online i gradi di libertà corrispondono al numero delle possibili azioni ( click) che ciascun partecipante in un determinato tempo e in relazione al proprio ruolo può compiere. Data la flessibilità del digitale questo elemento può essere modificato durante il processo. Ad esempio un docente può decidere di mantenere non visibili alcune sezioni del percorso online fino a che non sia arrivato il momento. IL SETTING IN PRESENZA INTEGRATO DA TECNOLOGIE : LE DIGITAL CLASSROOM Quando si parla di spazi in presenza integrati da tecnologie spesso si fa riferimento alle aule dotate di strumenti digitali, i quali intervengono sulle modalità operative degli attori e sui canali comunicativi tra docente e studenti e tra pari. Ci sono varie tipologie di setting di aule digitali proposte da Ferrari e Garavaglia : - One to one computing : si tratta del setting con le tecnologie più tradizionali , cioè mantenendo l’aula con i banchi frontali e sostituendo il materiale classico con un notebook per discente. - Small group seating : si privilegia il lavoro di coppia dove due discenti si confrontano e lavorano insieme con un solo pc, attivando forme di collaborazione e apprendimento tra pari. - Subject areas : classi organizzate in aree specifiche dove singole tecnologie vengono utilizzate per specifici scopi didattici. - Media areas: in questo caso la variante non è più la disciplina ma la tipologia di tecnologia , differenziata a seconda degli strumenti e delle operazioni che si possono svolgere. - Multi-screen classrooms: variante delle precedenti con la presenza di due o più grandi schermi che permettono agli studenti di lavorare a geometrie variabili: piccolo, medio e grande gruppo. SETTING ONLINE : il setting online presenta diverse forme-tipo che possono essere integrate come sezioni di un unico applicativo o presentarsi separate in diversi applicativi: - Setting dedicati alla trasmissione della conoscenza per l’erogazione di materiali multimediali. - Setting dedicati al lavoro asincrono: applicativi per favorire il lavoro di gruppo e la collaborazione online tra pari. - Setting dedicato al lavoro sincrono: generalmente identificabili nei sistemi di webconference e videoconferenza. - Setting dedicati agli apprendimenti informali online: generalmente identificabili negli ambienti che ospitano comunità di apprendimento informali. SETTING IMMERSIVI : I setting immersivi presentano la caratteristica di coinvolgere il discente in uno scenario che richiede elevata attenzione contemporaneamente ad almeno due sensi del soggetto (GENERALMENTE VISTA E UDITO). Rispetto alle altre tipologie, gli ambienti immersi i permettono di simulare scenari e luoghi dove viene permesso lo sviluppo di competenze e abilità interagendo con elementi dell'ambiente stesso o con altri discenti attraverso l'utilizzo dei canali visivi e uditivi e parzialmente anche degli altri canali. SLATER E WILBUR in diversi studi sulle prime tecnologie immersive hanno proposto due categorie: immersività e presenza. Per presenza si intende il livello di consapevolezza che il soggetto ha di essere in un ambiente virtuale, per immersività la capacità di un ambiente di essere: inclusive, extensive, surrounding e vivid. - Inclusive: livello di esclusione dal mondo fisico . - Extensive: numero di sensi coinvolti. - Surrouiding: estensione del campo visivo.