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Teologia 2 alberto- perchè la chiesa, Appunti di Teologia II

8-9 di origine della pretesa cristiana e perchè la chiesa 1a sezione con argomento a scelta

Tipologia: Appunti

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piperloveschocolate 🇮🇹

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Scarica Teologia 2 alberto- perchè la chiesa e più Appunti in PDF di Teologia II solo su Docsity! TEOLOGIA II All’origine della pretesa cristiana. Capitoli 8° e 9°. Capitolo VIII, la concezione che Gesù ha della vita. L’UOMO CRISTIANO: annuncio dell’irriducibilità della persona, dipendenza è costitutiva, si realizza con preghiera, allenamento alla sintonia (genialità morale). Per sintonizzarci serve qualcosa in comune e una genialità morale per capire l’altro e questo va allenato. Gesù chi era? Lo capiamo dalle sue gesta e soprattutto dalla considerazione che aveva delle persone in quanto irriducibili. Per salvare quella statura e conservarla si è fatto l’uomo per risvegliare l’originale dipendenza. Quindi l’uomo è dipendente e irriducibile. Il rapporto di dipendenza, l’abbandono a dio in quanto coscienti dell’amore si chiama religiosità. Bisogna condurre l’uomo a questo rapporto religioso (che rilega, unisce e costituisce l’uomo). Rendersi conto del rapporto religioso è la preghiera, domanda compiuta verso la dipendenza. 1) Occorre un’educazione alla moralità necessaria per comprendere. Genialità morale: per giudicare il valore di una persona. È una capacità psicologica- ha tre componenti: sensibilità naturale, attenzione, completezza dell’educazione. Per giudicare una persona gesù fa riferimento a questi concetti riassunti in genialità morale. Significativi sono i miracoli di gesù come il cieco nato e la resurrezione di lazzaro davanti a cui molti credettero mentre alcuni non comprendendo le sue azioni presero decisioni che avranno un impatto definitivo sulla vita di Gesù. Prima lo riferiscono ai farisei, col secondo decidono di ucciderlo. Se non si condivide qualcosa con la persona che si ascolta/guarda si rischia di non comprendere (non si parla un linguaggio comune dotato di uno stesso background comunicativo) e travisare le parole. Per capire Gesù occorre un’umanità disponibile e in corrispondenza con la sua. Occorre condividere anche solo una piccola cosa per comprendere la pragmatica dell’esperienza. Occorre impegno per comprendere perché la genialità morale parte da sensibilità naturale ma richiede allenamento cioè educazione. La religiosità non è spontanea e già perfetta ma richiede di essere stimolata se non viene meno la corrispondenza, per questo chiedevano sempre tanti miracoli. 2) La statura umana: a) il valore della persona: nello sguardo di Gesù, nell’uomo c’è una realtà superiore a qualsiasi altra, ogni uomo ha valore ed è irriducibile (rompe la mentalità per cui il fine giustifica i mezzi odierna). È sorgente di valori e non valori nel senso nati dalla società in cui viviamo ma come sorgente di azioni, motivi per cui agire, avere in sé uno scopo per vivere. Perciò Gesù dimostra una passione per il singolo incommensurabile perché pieno di una realtà che può capirlo. b) l’originale dipendenza: l’uomo si misura con la dipendenza sia da dio che dall’uomo perché non abbiamo scelto di vivere tuttavia dobbiamo questa scelta a qualcuno che ci ha chiamati. La vita dell’uomo dipende da un volere che l’ha chiamato, da un amore che l’ha voluto. Il senso della vita umana dipende dall’essere voluto cioè dall’amore. Quando viene riconosciuto è religiosità. Per salvare l’uomo, gesù ha voluto farsi carne e mostrare il rapporto col padre. O è libero da dio e schiavo di tutto o è schiavo di dio e libero da tutto. È l’unica condizione per cui è davvero libero e può realizzare sé stesso. La dipendenza da dio vissuta è la religiosità e gesù la insegna nel vangelo. 3) L’esistenza umana: l’uomo che pratica la religiosità compie delle azioni come dipendenti da dio e questo si chiama moralità. Questo permette di andare nel regno dei cieli. 4) L’espressione della religiosità e della moralità in una coscienza si chiama preghiera. È l’espressione consapevole del rapporto. a) la preghiera è la coscienza ultima di sé, espressione della dipendenza costitutiva. La sua espressione più acuta è la domanda primordiale. Con il pianto che è domanda inizia la vita e con lo stesso modo termina. Riprede consistenza l’esistenza umana, è il momento di verifica e di confronto. Questa dipendenza è continua e ha a che fare con ogni frammento della nostra vita. È rendersi conto di questo rapporto. L’uomo è diverso perché cosciente e renderci conto di questo legame aiuta ad allenare la coscienza verso la nostra azione. Solo così la solitudine è eliminata: ci si accorge che ls’esistenza è un dialogo con la presenza che la anima. La formula di avvicinamento a dio e allenamento per la libertà resa cosciente della sua dipendenza è la preghiera. L’espressione compiuta è la domanda che è anche espressione originale dell’esistenza umana. È nel chiedere, nel mendicare che si ottiene il centuplo. “Chiedete e vi sarà dato”. Accorgersi di una risposta alla domanda ultima sulla vita è preghiera. 5) Le legge della vita: caratteristiche dell’uomo, la morale che richiede sacrificio, il disordine umano cioè la falla nel sistema, la libertà a) il dono di sé: nel rapporto di dipendenza ci si rende conto che la missione è agire subito e servire il tutto di cui si fa parte perché questo ci lega al tutto, ci completa. Il sacrificio è la dimensione di unione al cosmo. L’uomo sceglie ed è guidato dalla legge morale. I due strumenti della legge morale sono: l’istinto cioè il fascino maggiore di cui parla sant’agostino (va allenato) e la coscienza del fine di questi stimoli. Ordinando gli stimoli in base al proprio scopo è il criterio di giudizio per orientarsi al sacrificio. Il sacrificio al tutto è verso una persona, ha sempre un oggetto che riconduce a dio. Qualsiasi dovere è coscienza della volontà di dio. b) il disordine umano: il peccato originale annebbia la mente dell’uomo e lo fa perdere, non iernte verso l’altro le sue azioni ma verso di sé. Va contraria al piano did io. L’uomo non ha l’energia per realizzare questa coscienza per realizzare sé stesso. Più si è sensibile più ci si accorge di questo. Paolo dice chi lo libererà da questa situazione mortale. Non si può essere sé stessi da soli, nessuno si salva da solo (dimensione comunitaria necessaria). c) la libertà: serve un amore libero per amare cristo e senza quella libertà disposta all’aiuto di cristo che ci toglie dal nostro auto determinismo, non v’è redenzione. la libertà si desume dall’esperienza. Non è solo soddisfare un desiderio ma raggiungere la completezza. Tanto più si coltiva la libertà più la realtà sarà attrattiva. Ma nessuno oggetto è adatto alla libertà totale quindi o si ferma a ciò che trova sul momento o si misura sempre col fine della realtà. Chi si ferma si rende schiavo, chi fa il passo oltre e riconosce dipendenza è libero perché il resto vale meno. Se in questione c’è la libertà e la completezza chi si fermerebbe prima? Però per arrivarci serve adesione libera alla dipendenza repulsiva per noi. La libertà è la capcità dell’uomo di completare sé verità. È un incontro interiore, lo spirito apre il dialogo. È la controparte del razionalismo: non è la ragione misura di tutte le cose ma la sensibilità personale. È il religioso puro. In entrambi i casi è il soggetto che detta legge e de-finisce l’oggetto. 2 interrogativi davanti a questo metodo: Come distinguere dio da idealizzazione dei pensieri? Il profeta aveva lo stesso metodo ma nel suo caso la storia verificava le sue parole, in questo caso ognuno è profeta di sé stesso? Niente da fare. La seconda domanda è l’infinità di interpretazioni che emergono: manca unità e perciò manca una fede codificata. Ma la vera obiezione è che anche questo metodo non considera Cristo interamente: lo considera solo come spirito e non come corpo. Tradisce il contesto di Cristo. Bisogna essere coerenti con il modo in cui l’oggetto si è presentato alla storia. È sia interiore che esteriore. Come si può allora studiare l’oggetto? Si diceva anche quando era in vita che si faceva incontrare attraverso altri perché le persone erano troppe. Chi incontra voi ha incontrato me. Li mandava a due a due. Come vettore. Dio perciò aveva il volto di chi era mandato da lui. La scrittura ci dà la risposta, lui si incontra attraverso chi è stato incontrato. È incontrabile nei suoi credenti. Diventa una rete di conoscenza contagiosa, cioè la Chiesa. Tanti ma un corpo solo. È un fatto fisico, accade nella carne. Questo incontro è la chiesa, cioè l’unione dei credenti, cioè Cristo nella carne. È un incontro che accade nella storia, è entrato nella storia per rimanerci e ci rimane attraverso gli uomini. Accade come accadde 2000 anni fa. Incontro oggettivo con realtà umana, non interiore. È coerente con il cristianesimo primitivo, anche se ore si è evoluto. 3) Atteggiamenti cristiano-ortodosso. Studiare le fonti ma alla luce del contenuto si può ottenere il metodo di studio del fenomeno. Solo conoscendo il contenuto si può intuire la funzione pragmatica dietro alle parole della bibbia. Per capire le parole serve esperienza, incontro. Exp ci fa capire gli scritti e capire il senso oggettivo. Per essere incontrati serve la chiesa, cioè i credenti. Indagine razionale alla luce dell’esperienza. Ogni fatto umano va studiato alla luce dei due diversi fattori: leggi di vita e leggi dell’esperienza. Perciò un’analisi adeguata richiede una partecipazione al divino. Anche l’atteggiamento 2° partecipa attraverso il misticismo, che non p vago e isolato ma sorge davanti all’oggetto in analisi. Convivere con cristo comporta il misticismo. Noi non siamo solo spirito, siamo anche corpo, abbiamo bisogno di entrambi. L’atteggiamento spirituale allontana, toglie familiarità: non è più padre con figli. Come dalla madre viene il figlio e sono un corpo unico, così noi siamo con cristo, un corpo unico e perciò familiare (concezione ebraica). Dobbiamo educarci al terzo atteggiamento. Da dove nasce questa lontananza nel capire cristo: dalle parole che sono state svuotate di esperienza (percorso da medioevo fino a noi). Visto che il metodo chiede di partire dall’incontro + studio delle fonti, le fonti appaiono difficili e oscure. Perché non le capiamo? Loro erano facilitati perché vicini, noi arriviamo stanchi perché le letture ci risultano estranee. Perché? Il medioevo: ha maggiore sintonia con l’oggetto perché c’era un’idea di dio totalizzante, religiosità autentica perché Dio rispondeva alla domanda del perché di tutto. Tutti gli aspetti della vita (economici, sociali, sanitari, educativi) la vita comunale si compiva nella vita della chiesa, era prolungamento della liturgia. Dio invadente, consistenza ultima della vita (allegoria). La civiltà cristiana non è una civiltà perfetta ma una civiltà in corsa. Diffusa la mentalità per cui la religiosità coincideva con l’interesse di ogni uomo per la propria vita. È un periodo pieno di antinomie dalle università alle crociate: dio c’entra con tutto e diventa motivo di tutto ma spesso l’applicazione era errata. Tutti animati da Dio e tutti riuniti sotto alla cattedrale medievale. Spesso l’applicazione del moto interiore era applicato in maniera errata. L’educazione religiosa familiarizzava a Dio e spesso alcune scelte possono sembrare strane per le persone della nostra epoca. Ci sono 2 errori: il loro nell’applicazione, il nostro nel giudizio lontano dai fatti. C’è sempre lontananza dai principi morali affermati e l’applicazione: tanto più il principio è alto, tanto più difficile è la sua applicazione. Fonte e sorgente di ogni cosa, ogni cosa lo richiama (campane). Una comunità unica. Inizio cristianesimo di massa. Tutti in dipendenza reciproca perché consci di un legame necessitato per vivere (aiutava a far intuire l’unità nella realtà) L’umanesimo: oggi cristo neanche sembra un problema con cui confrontarci, diventa una problematica con cui confrontarsi guardando la storia e interrogando la vita , chi pone la vita come un problema (pro ballo), ciò che ci sta davanti con interesse e non dubbio (il dubbio allontana dall’oggetto, interesse ci sta fa stare dentro). L’ambiente medievale aiutava questa mentalità di porsi il problema (cronotopo). Più avanti nasce una realtà che non aiuta più a porsi davanti alla vita come un problema ma come un dato di fatto (più sicurezza). Noi facciamo fatica perché non guardiamo con quella lente di problematicità alle cose, è un dato di fatto. C’è una lenta degradazione di questa realtà unitaria “problematica”, mancanza di interesse per realtà totale. La vita si articola e si perde l’abitudine di pensare. (Chesterton). Il benessere porta a disimpegno, dimenticanza e si inzia a sconnettere il tessuto sociale per cui l’uomo si rende conto della sua dipendenza. Allontanamento da Dio perché 1300 si passa da carestia e peste (apocalittico per loro) a benessere. Nasce sfiducia negli altri, superstizione (vd i comandamenti), + benessere: scioglimento sociale di dipendenza gli dagli altri e dalla problematicità della vita. Petrarca ne è testimonianza di questo bipolarismo tra ciò che si debba fare/sentire e ciò che il contesto sociale ci fa sentire automaticamente. Teso a Dio culturalmente e non esistenzialmente. Si vede sfuggire di mano quell’esistenzialità che non riesce a ottenere a causa della situazione culturale. L’uomo perciò si dedica all’otium e riempie quel vuoto, quella domanda sulla vita con i propri interessi e si divide. La domanda sulla totalità diventa domanda su un particolare. Per vivere devo dedicarmi e riuscire in questo ambito perché il mio compimento (il mito di successo che c’è anche oggi). Si riferisce al proprio ideale. In quello si realizza (oceano del mistero, frase di Newton sulla sabbia). Dopo la peste e la condizione attuale l’uomo si sente più eroe che figlio che combatte contro il fato e più realizza, più è compiuto ( è una ripresa della classicità ovvero vita come caos che come dono dovuta anche alla ripresa dei manoscritti, riresa pantheon greco). Non gli resta altro da fare che morire nobilmente, quando hai successo cosa te ne frega del tutto, anche delle cose in cui non sei capace. Il valore non è più l’unità con tutto che ti dà valore, ma sei tu responsabile della tua compiutezza. Resta comunque disagio per la morte. Il merito nella chiesa è: vivere con intensità, compiersi. Esaltando l’uomo alla luce di Dio, non diminuiva Dio. Oggi merito è quanto si fa: e non si fa, si spreca tempo, ci sono azioni banali. Fare le cose con consapevolezza ci salva dalla meritocrazia. Si separa il destino dalla vita. Rinascimento: per via del benessere c’è fiducia a oltranza nelle capacità del uomo che non riconosce più queste come capacità come doni. Fiducia nell’uomo è irragionevole in quanto non tiene conto della realtà e del mistero: il mondo non è fatto a misura e intelligenza d’uomo. Prima conseguenza: Visto che il successo è il valore della vita, la morale è meno importante (non giudicare Maradona), è compromesso l’equilibrio unitario della persona. Per non renderlo solo un inno all’individualismo si elogia l’utilità di quel successo per tutti. Ma avere la fama e la fortuna come dei crea solo più diseguaglianza tra gli uomini. È la nascita della meritocrazia: chi ha le condizioni/capacità per il successo è valido. Non più tutti in quanto uomini. La diseguaglianza perciò è alla base del nostro sistema valoriale. Il merito cristiano dipende dal coinvolgimento e la crescita dell’individuo nella realtà (in quanto partecipe della realtà di Dio). Secondo fattore: Sorgente di energia: il nuovo volto dell’energia non è più collocata in cielo ma è vicina sulla terra, è più tangibile cioè la natura. La sorgente rimane comunque indipendente dall’uomo perché inevitabile negare il caos. La natura non è più opera e segno di Dio ma prende il posto di dio stesso. Si usa la scusa che la natura sia fatta da dio ma l’energia diventa immanente. La natura perché viene da Dio è solo bene e perciò anche l’uomo viene da essa e perciò anche l’uomo è solo bene. Ci si dimentica del male e perciò la morale diventa obsoleta. La morale coinciderà con la spontaneità. Perciò le regole di dio che limitano la vita sono percepite come intrusione ostacolante. Terza conseguenza: L’uomo si dimentica di essere non solo bene ma anche male e che perciò serve morale cioè è dovuta alla poca attenzione alla visione unitaria della realtà, ma è parziale. Viene chiamato naturalismo: natura rimpiazza dio, valore della vita è il successo e ci si dimentica dalla realtà unitaria.Anche nel teatro, uno dei protagonisti indiretti è la natura e i suoi impeti. Altro polo importante è il razionalismo: contenere tutta la realtà a portata della ragione. Questo è stato aumentato da naturalismo che ha incrementato studio della natura, accorgersi che la natura era coglibile tramite il pensiero. Perciò nella coscienza si realizza la verità ed essa è la misura di tutto. In essa si spera. Ma la chiesa chiede un altro tipo di mentalità perché presuppone un andare oltre la ragione. Ci si chiude alla possibilità. Un esempio di sostituzione a dio è il cartesianesimo: fervore per la ragione che è in grado di svelare la natura e dio è superfluo. Usato sempre più come giustificante delle teorie filosofiche dell’epoca. Piano piano la ragione non è più riconosciuta come dono ma come auto illuminazione. L’uomo è indipendente da dio. La ragione è onnipotente. I 2 effetti: ridurre a razionalismo svuota di contenuto i problemi, si perde gruppo identificabile di prescelti incontrati. d)Chiesa unitaria, non somma Viene utilizzato prima come termine di una singola assemblea al singolare, poi utilizzato al plurale per codificare più gruppi/assemblee. Poi da Paolo viene utilizzata al singolare ma con accezione diversa: Chiesa come assemblea di dio unica, non una somma di comunità ma come realtà universale della presenza di dio. Dove se ne riunisce una, si riunisce quella universale perché rappresentanza e possibile incontro nella carne di Cristo. Ognuna è la possibilità di comunicare cristo e con cristo. Segno di una realtà unitaria. Perciò per conoscere la chiesa, uno deve andare in fondo alla realtà ecclesiale che ha incontrato perché è la chiesa tutta a patto che sia leale con la sua pretesa. Tutte sono fonte di mistero. 3) La comunità investita da una forza dall’alto. Nascevano queste comunità sentendo di essere un mondo nuovo. Portatori di salvezza per l’umanità intera: l’idea dominante era che la loro vita era stata mossa e trasformata da una azione dall’alto chiamato dono dello spirito. La pentecoste è la testimonianza di questo fattore. Gesù aveva promesso la sua energia mentre tornava al padre. a) questo dono dall’alto, voluto in primis dal credente aveva la capacità di trasformare l’individuo. I cambiamenti nella loro vita non dipendono dalla propria intelligenza ma dello spirito. Nasce una personalità nuova. Altus non voleva dire solo alto ma profondo. Avevano una differente concezione di sé e il mondo + una forza comunicativa. È come un sigillo cioè un segno fisico che muta l’aspetto e la persona nel complesso. Gli cambia la faccia, trasforma la fisionomia. Era un dono per tutti e non solo per le persone importanti nella comunità, tutti cambiavano. b)Era un cambiamento sperimentabile. È sia sperimentabile ma è anche chiamato a dimostrarlo: l’alba di un mondo nuovo. Chi investirà la sua vita nel seguire Cristo riceverà il centuplo quaggiù e la vita eterna. Il centuplo è iniziare a sperimentare la realtà in modo nuovo, ricco e pieno. Sono i doni del cambiamento. È sperimentabile in questo cambiamento quotidiano. Edificare una comunità è la caparra per un mondo nuovo. c) capacità comunicativa: aiuta a esprimersi per difendersi e per professare (profezie)La forza comunicativa (cioè di mettere in comune ciò che si è incontrato) viene dall’alto. Lo spirito santo vi dirà cosa dire. d) Uno dei segni fisici e manifestabili di Dio è il miracolo. Già la rivoluzione culturale è un miracolo in sé e hanno caratterizzato la vita di cristo ma anche dei santi fino ad oggi. Anche convertirsi ad un uomo nato 2000 anni fa è un miracolo. Tuttavia non limita la libertà dell’uomo perché egli sceglie come porsi davanti a essi (ben o mal disposto). Chiedere lo spirito santo è un miracolo, la conversione è il miracolo. La vittoria di cristo è un continuo miracolo. 4) Condividono uno stile di vita caratterizzato dalla koinonia, la comunione. È una comunità animata dallo spirito che condivide uno stile di vita. Il nuovo testamento descrive questo stile di vita. La parola greca è di uso comune che indicava soci di una cooperativa (es pescatori) indica perciò dei rapporti reciproci di persone che hanno qualcosa in comune, un comune interesse. Un possesso comune che implicava una solidarietà e un legame fra loro. Cosa possedevano i cristiani in comune che li accomunava e li univa? Il motivo di vita cioè seguire Gesù. Questo li univa. Il legame era al livello dell’essere, avevano qualcosa in comune che implicava l’essere dell’uomo per divenire una creatura nuova. Avevano in comune un percorso. Un essere nuovo ha un atteggiamento nuovo e tutti lo condividevano perché se si ha in comune il senso della vita, si ha in comune la vita stessa. Tutto ciò che consegue questa condivisione è una conseguenza (fatti pratici, etici, rituali). Quando Paolo volle correggere dei dissidi tra i Corinti ricorda loro che cosa hanno in comune e perciò che hanno una vita unitaria. Anche la prostituta o l’ubriacone hanno un’anima immortale che è santamente occupata a respirare. (claudel) Caratteristiche della koinonia: a)Hanno in comune una tensione, condividono un valore ideale che li muove dinamicamente e questo crea la tensione. Ognuna adatta alla propria storia e persona. Tensione a condividere la vita in tutti i suoi aspetti perché la vita è tutta vista alla luce dell’annuncio di cristo. Ognuno secondo le proprie disponibilità e soltanto con gioia e secondo quanto ha nel cuore. (colletta per Gerusalemme). In particolare il dono e l’ospitalità. Perché tutti condividono cristo e mossi da questa tensione si insegue il suo esempio nel donarsi. Vivevano così come un corpo unico un atteggiamento etico in quanto soci di un motivo di vivere. Condividere ma solo rispettando la propria libertà (con gioia). Quella gioia non può essere un fatto esteriore ma un’implicazione di essere un unico corpo, un’unica vita. b) Si forma anche una corpo istituzionale. Non era solo un sentimento fraterno ma in seguito a questo stile di vita sono nate delle regole sociali/istituzionale che consolidarono i cristiano come gruppo sociale. I cristiani da subito hanno sempre avuto ruoli (pietro-apostoli-vescovi- missionari). Ognuno ha una parte da svolgere nel disegno di dio. Dio crea un fatto sociale, un’istituzione. Nascevano istituzioni e regole stabili all’interno di queste comunità. Si chiamavano anche con nomi diversi quale pace e amore. Spesso queste parole incarnavano i valori della comunità ma anche usanze come agape: persone agiate che invitano bisognosi a tavola. Es) lettere di comunione, lettere del vescovo di una comunità che si consegnava ai cristiani in viaggio per ottenere ospitalità e messa gratuita. Segno di unità e di una chiesa sola. Per distinguere un viaggiatore come parte della koinonia. (scomunica infatti vuol dire fuori dalla comunione). c) ha un’espressione rituale: la comunione, il momento più importante per rivivere il dono di cristo all’uomo. Non solo ricordare ma rinnovare e rivivere. Era il segno più distintivo della comunità. Amavano rivivere quel momento. Momento che richiamava la presenza di Gesù, Dio che si rende esperienza accessibile all’uomo. Il mistero entra nell’esperienza: è la risposta possibile alla domanda ultima. Segno distintivo della fede comune era la comunione. d) un fattore gerarchico. Nell’istituzione c’erano dei ruoli ed essi erano in ordine gerarchico perché ognuno realizzasse una parte del piano di dio. Eppure tutti sono chiamati a riverberare la funzione di cristo per l’umanità. Il corpo ha diverse funzioni in base alle membra. Pietro (verbo episcopein, cioè vegliare sulle pecore come un pastore, compito di edificare la chiesa)- apostoli che avevano bisogno di collaboratori cioè i capi della comunità (vescovi) a cui era affidato il compito di discernere i fedeli dai non fedeli. Importante era il vescovo di Roma, bisognava essere in comunione con lui. e) la missione: animati da fervore comunicativo (frase di scout, tenere il bene per neppure un minuto), nasceva una dimensione missionaria per far conoscere a chi si incontrava questa notizia del mondo nuovo, del dio che è entrato nella storia. In particolare c’era come ruolo il missionario anche se tutti hanno collaborato alla diffusione del cristianesimo (soldati, commercianti, predicatori). La missione era di comunicare cosa è stato comunicato loro: cioè mettere in comune. Questo comporta la solidità del testimone. Questo è un dovere determinante della fede cristiana. Spesso percepita oggi questa missione come una violenza alla libertà dell’ascoltatore ma per i cristiani questo è percepito come un aiuto per avvicinare alla verità.Considerata spesso una violenza, imposta e questo a volte accade. f) Moralità: si definivano comunità di santi. Questa parola indicava tutti i cristiani e non solo coloro che oggi intendiamo come santi perché essere santo (cioè essere più possibile simili a cristo) è la vocazione del cristiano. Era l’immagine di una corsa verso l’ideale. Santo era colui che era coinvolto con cristo, non gli esempi migliori tra loro. Tutti lo erano. Correre con tutte le prprie energie verso Lui è la moralità cristiana. Le loro comunità non erano perfette ma erano tese e vocate a esserlo e provarci. Peccatori che corrono. Tutti potevano cambiare se correvano verso cristo e questo scandiva la morale. ARGOMENTO A SCELTA; il luogo della verifica è l’esperienza umana. La domanda è: ma tutto questa pretesa risponde al vero, la pretesa di rispondere alla domanda ultima con la venuta di dio nella storia, può rispondere a questa domanda? Come verificarlo: ecco i criteri. Ciò che la chiesa reclama come fattore giudicante. Ciò che Gesù ha fatto in vita si rivolse alla loro umanità così com’era consapevole dei peccati e delle virtù umane. La chiesa perciò che è il prolungamento di Cristo si rivolge all’uomo tutto. Fa appello al suo senso religioso, alla sua esperienza elementare che consiste in un complesso di evidenze ed esigenze umane. Fa appello a ciò che brucia nell’intimo umano di ciascuno. La chiesa vuole entrare nell’incontro che avviene tra l’uomo e la realtà e cogliere e cercare di rispondere e compiere tutte le domande nate dell’esperienza elementare dell’uomo. La chiesa vuole rispondere al perché dell’uomo. Scommette di poter introdurre l’uomo alla sua rivoluzione (il miracolo della conversione). Non vuole rispondere con qualcosa di passeggero, frutto della società in cui si trova (vista come menzogna secondo il concetto di verità biblico) ma con qualcosa di stabile, duraturo che possa realizzare l’uomo. Vuole rispondere all’uomo, non distrarlo o cambiare la sua natura. È adattabile all’uomo