Scarica Teologia riassunto Perché la chiesa? e più Sintesi del corso in PDF di Teologia II solo su Docsity! PERCHÉ LA CHIESA PARTE 1 CAPITOLO 2: COME RAGGIUNGERE OGGI LA CERTEZZA SUL FATTO DI CRISTO 2 PREMESSE: 1- Con quale metodo ho la possibilità di essere ragionevole nell'aderire alla proposta cristiana? Risposta divide la cultura e rivela l'atteggiamento dell'uomo verso la realtà. → 3 atteggiamenti culturali → risposte diverse (modalità per affrontare le diverse circostanze della vita) 1. Un fatto nel passato Gesù è un fatto del passato alla stregua di Napoleone e Cesare → giustificazione dell’esistenza da fonti, ciò che il fatto ha lasciato nella storia → si raccoglie tutto, si paragona e si valuta → giudizio di certezza su alcuni fattori e di incertezza su altri. METODO DELLA RAGION STORICA → (riguardo al fatto cristiano) Interpretazioni diverse tot capita, tot sententiae. A. Schweitzer: storia della ricerca della vita di Gesù -> due tendenze: 1- Cristo grande ignoto (non fonti sufficienti) 2- Apocalittica/escatologica Mette a fuoco l’impossibilità di una soluzione che l’applicazione di questo metodo avrebbe generato. Atteggiamento RAZIONALISTICO. (ragione misura delle cose → quanto pretendesse superare tali misure non c’è a priori) → contraddice il realismo (razionalismo abolisce la possibilità); affrontare l’annuncio cristiano con atteggiamento razionalistico equivale a svuotare di contenuto il messaggio cristiano; atteggiamento che tende a ricondurre la mente a un tipo di concezione che ci è più familiare; rapporto con Dio → varie religioni; novità della rivelazione cristiana: Dio è Qualcuno che si è affiancato al cammino dell’uomo e ne è diventato compagno. Razionalismo: esclude possibilità di un fatto storico che non abbia le caratteristiche da essa predeterminate. 2. Una illuminazione interiore Atteggiamento PROTESTANTE: distanza sterminata tra uomo e Dio. Uomo religioso vive intensamente la categoria della possibilità. A Dio tutto è possibile: Dio si è reso presenza in Cristo. Uomo impotente, non può essere certo di questa presenza è lo Spirito di Dio che fa sentire la verità della presenza di Gesù; riconoscimento attraverso esperienza interiore. => esperienza dei profeti. Se si assume questo atteggiamento ognuno è giudice e profeta di se stesso → identico pericolo tra i due atteggiamenti: soggettivismo. Due riflessi interrogativi: - Come distinguere se ciò che l’uomo sente è influsso dello spirito o idealizzazione dei suoi pensieri - Come è possibile che lo Spirito nel tentativo di aiutare l’uomo usi un metodo moltiplicatore della confusione? Vera obiezione: annuncio cristiano è un fatto integralmente umano secondo tutti i fattori della realtà umana (atteggiamento protestante riduce esperienza a esperienza meramente interiore) 3. Lo sguardo ortodosso-cattolico Atteggiamento ORTODOSSO-CRISTIANO: coerenza con la struttura dell’avvenimento cristiano così come si è presentato nella storia => annuncio di Dio, del mistero che si è fatto carne. → metodo dell’incontro: imbattersi in una realtà fatta si coloro che credono il Lui, presenza di cristo perdura come forma incontrabile nell’unità dei credenti; annuncio cristiano come invito a una esperienza integralmente umana, incontro oggettivo con una realtà umana oggettiva, significativa x l’interiorità dell’uomo, invadente il soggetto. Modalità fenomeniche di tale incontro evolvono nei tempi ma struttura del fenomeno rimane identica. Analogia/coerenza con il dinamismo originale del fatto cristiano è innegabile nel 3° atteggiamento mentre è tentativamente ridotto nel 1° e 2°. 4. Uno sguardo valorizzatore Primi due atteggiamenti sottolineano valori che sono recuperati e riconosciuti anche nel terzo. 1) Non elimina l’indagine storica ma colloca la persona nella possibilità di utilizzare tale indagine in un modo più adeguato. È partecipando all’esperienza che ha dettato dei documenti che li si può comprendere → evita la confusione dell’interpretazione “soggettiva” e fa emergere una interpretazione totale (pdv comprensivo e esaustivo). 2) Protestante: esperienza mistica. Se il divino è incontro esistenziale la convivenza con esso potenzia una evidenza risolutiva e una convinzione razionale. PARTE 2 CAPITOLO 1: LA CONTINUITÀ DI GSÙ CRISTO: RADICE DELLA COSCIENZA CHE LA CHIESA HA DI SÉ La Chiesa è un fenomeno storico e si pone nella storia innanzitutto come rapporto con Cristo vivo ; anche a seguito della morte di Gesù i discepoli, dopo un primo attimo di smarrimento, cominciarono a riunirsi e aggregare altri; per loro l’unico insegnamento che non poteva essere messo in discussione era il Maestro presente, Gesù vivo che è esattamente ciò che hanno trasmesso: la testimonianza di un Uomo vivo, presente. e proprio questo insieme di discepoli che dopo la morte di Cristo sta insieme ugualmente è l’inizio della Chiesa xk Cristo si rende presente in mezzo a loro. Con la loro presenza e testimonianza questi discepoli trasmettono che Dio è venuto nel mondo per rimanere nel mondo: Cristo è l’Emmanuel, il Dio con noi. C’è quindi una continuità tra Cristo e questo primo nucleo di Chiesa, ed è così che questo gruppetto di persone inizia il suo cammino nel mondo: come continuità della vita dell’uomo Cristo presente e attivo tra loro. L’assiduità e la concordia nella preghiera infatti si radicavano nella fiducia e nell’esperienza del Maestro presente; il gruppo non si è sciolto xk il motivo dell’unione non li ha mai abbandonati. Per loro Gesù è qualcuno da testimoniare ancora presente e operante. Il problema della chiesa va visto nella sua radice di continuità di Cristo, così come si è posto ai primi che lo hanno vissuto, così come Gesù stesso lo ha posto dopoché tutta la sua missione in questo mondo e la stata di rendere presente il Padre attraverso di sé. Ancora oggi è il Signore presente che definisce il problema della Chiesa; la Chiesa sente se stessa come la comunità di Gesù, il Messia, ma non solo per un adesione dei discepoli agli ideali da Lui predicati, che ancora certo non afferravano del tutto, bensì per un abbandono a Lui vivo e presente tra loro come aveva promesso. “il cristiano è colui che prima di tutto crede alla risurrezione di Cristo ovvero a un Cristo vincitore vivente a cui noi possiamo unirci e vuole inoltre dirci che questa unione è lo scopo della nostra vita. La risurrezione significa ancora che Gesù è non solo il fondatore della Chiesa ma anche il capo invisibile ma attivo” CAPITOLO 2: I TRE FATTORI COSTITUTIVI Triplice fattore costitutivo del fatto cristiano così come fenomenicamente appare sullo schermo della storia. 1. Una realtà comunitaria sociologicamente identificabile La Chiesa si presenta all’osservatore come COMUNITÀ (Atti degli Apostoli: connotato comunitario dei cristiani)→ la chiesa ha cominciato a farsi vedere sotto quel “portico di Salomone”, a proporre agli altri una prima percezione che non si può evitare di chiamare comunitaria. Primo fattore con cui la chiesa ha dimostrato di porsi come realtà è quello di essere un gruppo individuabile; → concetto base dell’ AT: Israele come popolo di Jahvè (Giudaismo trasmette al Cristianesimo la sua concezione d’una salvezza essenzialmente sociale). → idea della chiesa proviene dagli Ebrei. De Lubac: “credere in un Dio unico era credere in un padre comune di tutti, unus Deus et Pater omnium → il monoteismo non poteva che essere una fraternità”. c) La capacità di pronunciarsi di fronte al mondo, forza di testimonianza e di missione Il dono dello spirito comunica a queste nuove personalità un impeto, che rende la loro vita e capacità comunicativa feconda, comunicativa della novità che nel mondo Gesù ha portato. Profeta è colui che annuncia il senso del mondo e il valore della vita. questa capacità di adesione e confessione di una nuova realtà in atto avviene, comincia ad avvenire, nel giorno della pentecoste. d) Il documentarsi della presenza della energia con cui Cristo attesta il suo dominio sulla storia: il miracolo La potenza divina era spesso segnalata da una esperienza sensibile ma un solo grande prodigio oggi sostituisce la normalità dei miracoli e dei segni di allora, per riconoscere il quale è richiesta però la stessa apertura dell'animo, lo stesso impeto di libertà che allora. L’inizio di tale esperienza è il miracolo per cui l'uomo chiede il dono dello spirito lo invoca, lo mendica. Invocare lo spirito significa chiedere quella luce e quella forza capaci di renderci sperimentabile il mistero la cui natura non vediamo. 3. Un nuovo tipo di vita parola con cui viene definita il tipo di vita alla quale quella comunità animata dallo spirito si destava: Koinonia = communio. Definisce la struttura dei rapporti che qualifica il gruppo, rappresenta il termine che specifica nel nuovo testamento un modo di essere e agire una miniera di riportarsi con Dio e con gli uomini. Due informazioni da rivelarci: la prima koinonoi implicava un possesso in comune, la seconda è che è da questo possesso in comune conseguiva una solidarietà tra di loro. che cosa quei cristiani avevano coscienza di possedere in comune? Possedevano la ragione di vita cioè Gesù Cristo. La comproprietà dei primi cristiani è il mistero di Cristo che è stato annunciato, riconosciuto come la verità del cammino e del destino dell'uomo; per questo gli uomini sono chiamati in comunicazione gli uni gli altri. Parola koinonia indicava realtà esistente, Cristo, posseduta in comune dagli uomini che la riconoscono→ ha un valore ontologico. Se si ha in comune il senso della vita si ha in comune tutta vita. la parola koinonia esprime la situazione reciproca dei cristiani tra loro nella comune ontologica dipendenza da Gesù Cristo e dallo spirito, con il quale lui cominciava a manifestare il suo posto nel mondo. Connotazioni principali che koinonia portava con sè: a) Un ideale etico i primi cristiani sentono come legge della loro convivenza la tendenza a mettere in comune e a concepire in comune le risorse materiali e spirituali. la parola importante è tenenza. Implica una libertà in atto sospinta da un valore ideale che produce un dinamismo condizionato dalla storia, dal temperamento dalla capacità, dalla disponibilità dello spirito di ciascuno; tipo di clima umano che stava nascendo tra le prime comunità di cristiani, radicalità e insieme la discrezione, la libertà con la quale veniva concepita questa tensione fondamentale del vivere cristiano. Un altro aspetto dell’attenzione al coinvolgimento di tutte le energie da parte delle prime comunità cristiane è presentato dall’alta considerazione dell’ospitalità. Questa è il vertice della condivisione. il signore ama chi dà con gioia. L’assenza di costrizione, la gioia quell’ilarità del cuore cui accennava Paolo mostra che si può compiere un sacrificio avvertendo la fatica fino alle lacrime eppure volentieri. b) Una connotazione istituzionale Communio: condivisione vissuta nella dipendenza da Gesù Cristo ha anche una connotazione istituzionale; insieme dei fattori che via via struttura i cristiani come gruppo sociale. È uno degli accenni più documentativi del fatto che la chiesa non è mai esistita senza ruoli oggettivi di conferma o di verifica ultima. Parola koinonia indicava il risultato di un modo nuovo di vita in termini di forme sociali stabilite, indicava che i nuovi rapporti erano così evidenti e costantemente ricercati da raggiungere i primi ma fondamentali tratti di un assetto istituzionale → koinonia o communio: sinonimi del temine ecclesia indicando l’unità del popolo di Dio come fatto sociale che ha preso una sua forma. c) Un’espressione rituale Il terzo fattore che caratterizzava la realtà ecclesiale come Comunione e il gesto eucaristico, espressivo dell'unità della chiesa come tale. Il rito appartiene all'espressione della chiesa primitiva e alla sua vita nella koinonia. eucarestia era segno di tutta la vita della comunità; nei primi tempi veniva compiuto il gesto che Cristo aveva chiesto si ripetesse, gesto e segno che portava dentro di sé la densità ontologica della presenta reale di Gesù. Sacramenti il latino e mistero in greco: la parola mistero indica l'inconoscibile, l’inattingibile; nel linguaggio cristiano indica l’inattingibile e l’inafferrabile quanto in qualche modo si rivela nella nostra finitezza e si rende parte della nostra esperienza → mistero n quanto si fa conoscere sensibilmente e sperimentalmente. l’eccellenza della celebrazione eucaristica è sentita dalla coscienza cristiana immediatamente fin dalle origini. Esempio storico del fatto che la celebrazione Eucaristica fosse vissuta dai primi cristiani come il segno distintivo supremo della loro fede comune è contenuto nella prassi delle lettere di comunione che attestavano che il viaggiatore apparteneva alla communio e poteva quindi ricevere l’eucarestia. d) Un fattore gerarchico tutti sono chiamati a riverberare la funzione stessa di Gesù Cristo per l’umanità ma alcuni riflettono la funzione di Gesù in modo eccezionale; il signore ha valorizzato al massimo le componenti naturali. così ha voluto che esistesse una diversa funzionalità nell’esperienza comunitaria che il lui si sarebbe radicata e in cui lui sarebbe stato sempre presente. la chiesa in base a un preciso insegnamento di Gesù è fondata sugli apostoli e sul particolare primato di Pietro. Al vescovo dunque aspettava riconoscere un uomo come credente alla fede o no. Tra tutti particolare posizione la occupa quello di Roma. e) Un fervore di comunicazione, un ideale missionario La parola koinonia indica una realtà di vita, una societas potentemente animata da un fervore comunicativo. i primi cristiani si sentivano chiamati a comunicare l'annuncio di Cristo a chi ancora non l'aveva conosciuto. la comunità primitiva ha sentito talmente eccezionale alla sua esistenza l'urgenza di comunicare di un Dio coinvolto con gli uomini al punto da farsi uomo e di non lasciare soli coloro che lo riconoscevano, che in pochi anni abbiamo documentazioni di comunità cristiane sparse un po’ dappertutto nell’impero. accanto ai veri apostoli dovettero esistere dei missionari, cioè degli apostoli in senso più ampio, che non potrei considerare gli unici rappresentanti della missione cristiana. I cristiani tutti insieme infatti operarono nel mondo e proclamarono il Vangelo di Gesù. Come Gesù Cristo raggiunge gli uomini nella storia? Attraverso coloro che lo riconoscono e che egli stesso ha scelto; appunto la dimensione morale dell'uomo cristiano si misura sinteticamente nella testimonianza che offre gli altri dell’amore a Cristo per gli uomini e agli uomini per Cristo; ecco perché quello di comunicare agli altri è stato e rimane un dovere determinante, decisivo dell'autenticità della vita cristiana. Fervore comunicativo che appartiene all'esperienza dell'amore. Forzature e violenze sono un venir meno dell’autenticità di questa esperienza e sono sempre possibili ma questa possibilità non può far sostenere che la proposta serena, rispettosa eppure appassionata di chi avesse compiuto un grande incontro o fatto una grande scoperta sarebbe inevitabilmente un assalto alla coscienza di interlocutore. la comunicazione di una certezza è in qualsiasi caso un aiuto per chi cerca. f) La moralità come dinamismo di un cammino Santo: qualcuno che apparteneva all’alleanza di Dio con l’uomo e per questo si protendeva in un cammino secondo il volere di Dio → Israele era il popolo Santo. La chiesa era il luogo in cui la misericordia di Dio accoglieva e correggeva povera gente debole e facile a invischiarsi negli errori. la chiesa primitiva non si sente il luogo della gente perfetta ma dentro quella realtà così banalmente umana c'è la certezza di un'umanità nuova, quella di Cristo capace di trasformare qualunque povera umanità purché ci si disponga in quella corsa che descriveva l’apostolo, purché ci si metta in cammino. La certezza è che Cristo può vittoriosamente attraversare le nostre impotenze con la sua forza e mutarle in energia operosa per il bene. la testimonianza dei primi cristiani ci avverte che non si può affermare un valore ideale senza desiderarlo, né desiderarlo senza cercare di applicarlo e che perciò chi sa riconoscersi peccatore non può che essere sulla strada della realizzazione del proprio essere uomo vero, uomo di Cristo. PARTE 3 CAPITOLO 1: IL FATTORE UMANO Analisi dei due fattori soffermandoci sul veicolo della comunicazione di Dio, lo strumento scelto: il fattore umano. Pretesa specifica della Chiesa è di essere veicolo del divino attraverso l’umano. Questo è lo scandalo che la Chiesa ripropone nella sua sostanza e nella sua esistenza nella storia, che ripropone oggi e sempre. 1. Attraverso l’umano Ciò che caratterizza il mistero cristiano è la rivelazione del fatto che Dio si comunichi all’umanità proprio attraverso l’uomo. Delineata coscienza della propria umanità piena di limiti, assolutamente sproporzionata a ciò di cui pure era strumento; ma quell’umanità fragilissima è destinata a rendere evidente la sublimità di una potenza, l’invincibilità di una presenza. L’incontro dell’uomo con Dio e la partecipazione al suo essere si realizzano sommamente in una circostanza “volgare” (cena). Il comunicarsi della vta divina con i suoi doni passava attraverso l’assunzione del pane e del vino. L’uomo può rielare una sottile resistenza di fronte a quel metodo misterioso, tutto di Dio, di voler passare attraverso l’umano; anche la parola che persona il peccato è parola di uomo → problema della chiesa: Dio vuole passare attraverso l’umanità di coloro che ha afferrato nel Battesimo. → il fenomeno della chiesa è caratterizzato dal divino che usa l’umano come mezzo di comunicazione di sé; ciò implica accettare che l’umano faccia parte imprescindibilmente della definizione di Chiesa. Se si riconosce che la Chiesa si definisce così nessuna obiezione al cristianesimo potrà in linea logica prendere a spunto o a pretesto la sproporzione, l’inadeguatezza, l’errore della realtà umana che forma la chiesa. così come l’uomo cristiano non potrà usare come alibi i suoi limiti; questo mentre sarà proteso a chiedere il bene al Signore, sarà sincero e doloroso nel giudizio sulla propria incapacità, di cui pure Dio si serve → nessuna miseria potrà annullare la paradossalità dello strumento scelto da Dio. 2. Implicazioni Implicazioni carattere pratico in quanto contestano una mentalità, un modo di giudicare e di sentire che generalmente ci circonda a) Inevitabilità dei particolari temperamenti e mentalità S divino sceglie umano come mezzo di comunicazione, l’uomo che accoglie tale metodo diventa e rimane tale mantenendo il proprio temperamento particolare. Dio avendo scelto il veicolo umano per comunicarsi e salvare l’uomo, utilizza sia l’uno sia l’altro dei due temperamenti opposti. Ciò che conta è il valore veicolato e, visto che usa l’uomo, non si troverà mai tale valore allo stato puro: la comunicazione di Dio è incarnata nel temperamento dell’uomo ma la potenza di Dio passa attraverso il condizionamento del tipo umano di cui si serve. → rischio di giudicare una predica in base a elementi come carattere, atteggiamento capacità o incapacità espressiva → rischio di dimenticare che l’elemento in gioco è l’amore alla verità; illusione pensare come automatico il fatto che si sarebbe diversi nei confronti di una verità se ci si fosse imbattuti in persone differenti. Terribile quanto l’uomo sia distaccato dal problema del suo destino al punto che rinuncerebbe all’oro a causa del fango che lo accompagna; ma il problema è di giudizio: non si è valutato che è in gioco l’oro della vita. Osservazioni analoghe potrebbero essere fatte per la mentalità = capacità di coscienza; figure di Silvestro II e Gregorio VII → l’unità della Chiesa, la sua forza propulsiva verso tutti gli uomini, la sua interna necessità di essere il più efficace possibile nel portare un messaggio unico e irripetibile all’umanità sono servite da temperamenti diversi, da progetti opposti. Tutto questo non può essere né obiezione né motivo di adesione al messaggio; si aderisce o si rifiuta qualcosa per il suo contenuto, per la sua verità risolutrice del problema così come si pone. Esempio di Pio IX ci mostra la bontà del suo temperamento naturale ma anche i limiti di una mentalità dominata da esitazioni paure e emozioni. 6. Le facilitazioni della libertà rettamente impostata Dai problemi gli uomini vengono sollecitati a quei principi e a quelle condizioni non perdendo di vista i quali tutto si trova a poter essere affrontato con verità e quindi con più rendimento. Comprensività di tutti gli aspetti, equilibrio nella soluzione, stabilità nella soluzione avvenuta, fecondità dopo → alcune connotazioni dell’umanità che tutte le soluzioni dei nostri problemi devono cercare di avere; proprio la libertà è il sintomo essenziale dell’umanità della soluzione. La chiesa conduce l’uomo all’assoluzione dei suoi problemi in quanto l’uomo riesce in modo più duraturo, completo, realistico nella misura in cui ha un atteggiamento autenticamente religioso, quello che Gesù è venuto a indicarci. 7. Il lavoro di ogni uomo Uomo deve cercare la soluzione dei singoli problemi, lo sforzo risolutivo deve essere applicato alle 4 categorie di problematiche; tale compito è affidato alla propri libertà dentro la libertà del disegno di Dio che si attua nella storia. Libertà e storia: l’uomo è all’interno di una possibilità di soluzione, perché dio non ci ha immesso nel flusso del tempo senza una ragione ma la possibilità di soluzione è affidata alla tua libertà di mettere te stesso e le cose o le circostanza che creano il problema in nesso con il fondamento della vita. → la chiesa ci sprona ad attuare le condizioni dell’atteggiamento religioso che realizzano quel nesso e facilitano il lavoro dell’uomo nella storia. “l’attualità del vangelo passa attraverso i problemi degli uomini” e quanto più il cristiano è impegnato nella soluzione dei problemi umani tanto più diventa segno della coerenza del vangelo con la speranza degli uomini; affermazione di religiosità è fondamento di una costruzione che spetta a ognuno di noi. In una storia in cui Dio si è incarnato l’essere impegnati nei problemi che il tempo ci pone è la prima forma di carità. 8. La religiosità non sarà mai integralmente vissuta nella storia La chiesa ha però una concezione dell’uomo e della storia estremamente realistica. Nella storia l’uomo spesso non accetterà di vivere quell’atteggiamento religioso e non sempre riuscirà a mantenersi in tale atteggiamento. I problemi umani avranno sempre degli aspetti irrisolti, porteranno sempre dei pesi di complicazione proprio perché il giusto atteggiamento di fronte al reale, ispirato da Cristo, da parte dell’uomo non sarà sempre adeguatamente rispettato. 9. La tensione morale del cristiano La concezione della vita umana che la chiesa propone è una tensione; ognuno si deve continuamente sforzare di affrontare i problemi umani dal pdv di una religiosità autentica → l’uomo cristiano è consapevole del fatto che la vita è un cammino, un andare verso il proprio traguardo, e che la soluzione totale sta al fondo di tutti i problemi ed è opera di Dio, solo la potenza di Dio ci può completare. Ma la ricerca di una completezza sempre maggiore caratterizza in ogni istante la grandezza del cristiano, l’invito che la chiesa ci fa e con ciò la misura del nostro essere cristiani. In questa tensione è racchiusa la concezione morale che la chiesa addita all’uomo. C’è un segno sperimentabile di questa ricerca continua nell’uomo cristiano della verità di se stesso e quindi della verità del mondo: pace. Tutti gli elementi di una tensione morale sono qui contenuti: il riconoscimento della dipendenza dal Dio che mi ha creato, nelle cui mani sto senza timore, l’affermazione che la consistenza della vita è un Altro e che perciò la speranza del destino è un Altro, la necessità di vivere un’attesa, e perciò una ricerca, un cammino in cui in vuoto è sempre da colmare; così la tensione ad affermare il reale secondo lo sguardo di Cristo è il fondamento della pace. L’ansia è una menzogna che continuamente risorge e s’annida a impedire l’adesione a ciò che nella nostra coscienza è emerso come vero. La pace è una guerra con se stessi. CAPITOLO 3: IL DIVINO NELLA CHIESA Il fattore umano ha nella chiesa valore di un metodo con cui ci viene veicolato qualcosa di più grande; l’umano è la modalità con cui Dio si comunica. Chiesa consapevole di essere la manifestazione del nuovo, del soprannaturale, del divino che si dispiega nel regno di Dio, di essere la manifestazione della santità. La chiesa fatta da uomini inseriti in un contesto storico-culturale, non può essere giudicata riducendola a quegli uomini con le loro caratteristiche, o a quel contesto storico con le sue specificità. La chiesa afferma di recare un valore assoluto in uno strumento di per sé fallibile, imperfetto. L’uomo quando dalla natura è sollecitato all’amore autentico, sa esprimere l’attaccamento al contenuto vero più che la considerazione di sé. 1. Il comunicarsi della verità: comunità, tradizione, magistero L’uomo non raggiunge la conoscenza di qualcosa se non ne comprende il significato, se non ne coglie cioè la capacità di rapporto con il resto. La condizione per conoscere qualunque realtà è di avere chiarezza e certezza sul significato dell’esistenza stessa → verità; 1° livello attraverso cui il divino nella chiesa si comunica: comunicazione di verità; Dio tramite la chiesa aiuta l’uomo a raggiungere un’obiettiva chiarezza e sicurezza nel percepire i significati ultimi della propria esistenza. La chiesa si propone come aiuto, capace di rendere chiaro e quotidiano ciò che la mente umana al suo vertice raggiunge solo con molto lavoro, molto tempo e non senza errori. La comunicazione del divino come comunicazione di verità non risponde a un’istanza astrattamente filosofica ma ha a che fare con il modo di concepire e di sentire la propria vita, il proprio nesso con la realtà. “nell’amore la libertà si dà interamente all’essere amato. Allora soltanto l’uomo è consapevole di essere un uomo perfetto. Dio ha voluto, con questa “duplice creazione” che l’uomo sia completo solo in un dialogo in cui due esseri si abbandonano l’uno all’altro. Nell’unione dell’amore la persona è finalmente se stessa, nella libertà. È così perché Dio è Trinità: le relazioni sussistenti che fanno, che sono la vita stessa di Dio mostrano che libertà e dono di sé sono sinonimi”. Ecco perché nessuno sforzo teorico può spiegare meglio i culmini e gli aspetti più tipici dell’esperienza umana, fatta a immagine di Dio. Il mistero della trinità ha una voce che si fa sentire come chiarificante all’interno della nostra esperienza, appartiene profondamente al significato ultimo dell’esistenza o meglio è quest’ultimo che a Esso appartiene; così il 2° mistero della fede cristiana costituisce la più esplicativa delle ipotesi per dare unità alla storia umana. L’annuncio cristiano del Verbo fatto carne, morto e risorto, realizza quello che nella coscienza dell’uomo emerge talora come presentimento o profezia. Cristo risorto conclama che tutto nella storia è redimibile, che non si perde nulla nel vortice degli eventi. La comunicazione di verità che il divino nella chiesa fa arrivare agli uomini mostra la sua validità proprio nel non dimenticare nulla, nel valorizzare il bene e nel giudicare o trasformare il male. Questa comunicazione di verità divina avviene nella chiesa in 2 modi (anche se unica dinamica) a) Il magistero ordinario Verità supreme veicolate all’uomo con un metodo che richiama la pressione osmotica → è immanendo, vivendo dentro la comunità ecclesiale che tali verità penetrano incalcolabilmente attraverso la membrana della nostra consapevolezza. → cristiano arriva alle verità divine proposte dalla chiesa per una via ordinaria; la sorgente normale d’una coscienza ultima sicura: le articolazioni della vita comune della chiesa legata al magistero ordinario del papa e dei vescovi in comunione con lui. Vari strumenti: encicliche, discorsi del papa, documenti e lettere del vescovo alla diocesi o documenti di una comunità; strumento + grande è la continuità della vita della chiesa => tradizione: coscienza della comunità che vive ora, ricca della memoria di tutta la sua vicenda storica. La comunità cristiana è come una persona che crescendo prenda coscienza della verità che Dio le ha messo dentro e intorno. Memoria elemento fondamentale della sua personalità; unità del cristiano con la tradizione è una delle grandi controprove della sua autenticità religiosa. Importanza tradizione decisiva perché se la tradizione ci viene attraverso la vita della comunità, essendo questa il progredire di cristo nella storia, quanto adesso insegna non può essere in contrasto rispetto a quanto insegnava mille anni fa, non può essere una decadenza del suo primitivo messaggio. b) Il magistero straordinario Insegnamento eccezionale come formulazione e come precisa risposta a contingenze storiche e ha come soggetto il papa come autorità, sia nella formulazione personale ex cathedra sia nell’evento del concilio. Tale modo straordinario riguarda una definizione di valori che si propone come clamorosamente definitiva, irreversibile e che perciò rappresenta un vertice della coscienza cristiana di fronte alla società. Osservazioni: 1- L’autorità come funzione della vita della comunità L’autorità suprema del magistero è una esplicitazione della coscienza della comunità intera guidata da Cristo; l’autorità la individua difendendola, chiarendo quello che risulta da sempre vissuto. Autorità è una conduzione che riunisce in sé una duplice funzionalità: funzione ideale e funzione limite. La vita di cristo nella storia della chiesa è una vita che cresce; la formulazione dogmatica coincide con questo salto qualitativo nella coscienza della chiesa e quindi delle persone. → attenzione quando proclama un dogma. Il valore dell’attimo sta nell’amore al tutto con cui è vissuto. È l’affermazione della dimensione vera dell’uomo che mette alle strette l’angustia materialistica dell’uomo moderno per dilatarlo sotto l’urto dello spirito all’infinito. 2- Nella chiesa non tutto è dogma Non tutto è dogma intanto perché potrebbe non essere necessaria quella solenne esplicitazione e poi perché non tutto può essere già emerso alla coscienza del popolo cristiano così da diventare certa o chiara consapevolezza. Proclamazione di un dogma: funzione pedagogica; esplicitazione dogmatica di una verità può divenire particolarmente utile per la comunità cristiana quando una cultura dominante neghi con metodi gravi e violenti quella verità. Depositum fidei si comporta nella storia della chiesa come il contenuto dell’umanità di un bambino, via via che il tempo passa prende coscienza di sé sempre di più. La chiesa è dunque una vita che nel tempo prende sempre più coscienza di sè 3- La traiettoria dell’autocoscienza della Chiesa Importante tener presente che esiste una traiettoria in questa maturazione. Strumetni ceh la chiesa usa per salvaguardare la sicurezza della espressione della fede possono avere come formula ultima un’affermazione di questo tipo: “allo stato attuale della conoscenza non vediamo come questo atteggiamento possa accordarsi con i valori della fede”. La chiesa vive e opera nel tempo, disegnando una sua traiettoria di autocoscienza nella quale lo spirito di cristo la assiste indefettibilmente perché possa sempre compiere la sua missione e perciò non definire mai un errore. 2. Il comunicarsi di una realtà divina (primo aspetto riguarda i significati ultimi dell’esistenza della storia, la verità, che la chiesa ci comunica con chiarezza e sicurezza definitive); cuore del messaggio cristiano: vivere nella chiesa comunica una realtà divina. della comunità di cui egli è concepito come parte e dal futuro dello svolgimento della sua vita cosciente. La fede come convinzione implica che tutta intera la personalità sia unificata dalla verità e dalla realtà in cui si crede. Perché tale convincimento sia viabile occorre che tutti i fattori generativi del realizzarsi della persona vi contribuiscano in particolare la dimensione comunionale che si attua nella pazienza del tempo e) Il sacramento come preghiera Il sacramento è la forma più semplice di preghiera, non c’è bisogno di saper riflettere, di trovare espressioni adeguate, di provare emozioni consone all’avvenimento. La presenza dell’uomo al gesto sacramentale vissuta come preghiera, come domanda consacra la propria elezione a essere presenza nella storia del mondo; è la partecipazione della storia di un uomo al disegno di Dio che in Cristo ha già realizzato la sua pienezza. Il sacramento è il gesto più gratuito, vivere nella vita ciò che il sacramento celebra significa fondare l’unità sul disegno di Dio per il mondo, non su una affezione o convenienza che ne sono fragili strumenti. Attraverso ogni sacramento l’uomo riconosce ciò che Cristo è, afferma la sua gloria e la testimonia al mondo continuando a proclamare dentro ogni sua ora quella perenne fonte di divina energia con la propria umanità presente e implorante. Non è facile tener presenti queste valenze dei gesti sacramentali; la chiesa ci richiede nel sacramento l’affermazione della completezza del gesto della fede che l’unità con Cristo implica. PARTE 4: IL VERIFICARSI DELLA PRESENZA DEL DIVINO NELLA VITA DELLA CHIESA CAPITOLO 1: IL LUOGO DELLA VERIFICA: L’ESPERIENZA UMANA Questo fenomeno nuovo è perfettamente consapevole di essere realtà umana, non sorpreso né scandalizzato peri suoi difetti e nello stesso tempo altrettanto cosciente che in mezzo a tutto quel magma si deve cercare l’oro puro del vero, l’oro puro della realtà definitiva, dell’umanità rinata, della nuova creatura. 1. Ciò che la Chiesa reclama come fattore giudicante La sfida della chiesa: scommette sull’uomo ipotizzando che il messaggio di cui essa è strumento, rivelerà la presenza prodigiosa. La chiesa si rivolge all’esperienza stessa dell’uomo, non alle maschere di umanità dominanti le diverse forme di società nel vano tentativo di giustapporre qualcosa al volto dell’uomo o di sostituirne la natura. L’uomo completo è colui che si è “allenato” a confrontare tutto con quel fascio di esigenze profonde che costituiscono il nucleo del suo “io” vero. È con questo supremo senso critico che la Chiesa si vuole misurare, mettendo se stessa alla mercè dell’autentica esperienza umana. 2. Un criterio di giudizio utilizzato al culmine della sua espressione La chiesa ripete con Gesù che può essere riconosciuta credibile in nome di una corrispondenza alle esigenze elementari dell’uomo nella loro più autentica fioritura. È sul filo del rasoio di questa promessa che la chiesa mette alla prova se stessa proponendosi come prolungamento di cristo a tutti gli uomini. Essendo la libertà una forza di adesione all’oggetto cui si aspira, l’uomo fatto perla felicità muove il suo libero dinamismo alla ricerca del “fascino più grande” , di una sempre maggiore pienezza di vita. Dio dà dei segni e domanda che questi siano letti , interpretati e compresi; ma fornisce una regola di discernimento per distinguere il falso dal vero profeta: colui le cui parole si compiono nella storia, costui è il vero profeta 3. La disponibilità del cuore Per noi come per tutti il problema di una verifica di una certa enorme pretesa deve partire da un incontro, da un qualcosa di fisicamente presente. ciò che occorre per iniziare questo cammino è la disponibilità all’impegno o povertà di spirito. Il centro dell’atteggiamento di accettazione è l’occhio teso a ciò che costituisce il tesoro dell’uomo per cui ogni altra immagine di verità e di realtà è riconosciuta umilmente di minor valore CAPITOLO 2: “DAL FRUTTO SI CONOSCE L’ALBERO” Se la chiesa è una vita bisogna coinvolgersi con la vita per poterla giudicare. Si tratta innanzitutto di convivere con la vita della chiesa, per questo la chiesa proclama i santi: per dare indicazioni di come sia possibile vivere sul serio la proposta cristiana. 4 categorie di “frutti” della presenza di Cristo nella vita della Chiesa e sono come le note caratteristiche della chiesa, i segni di riconoscimento del suo valore divino: “credo la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica” 1. Unità Unità è la caratteristica prima di ciò che vive; caratteristica di vitalità unitaria proviene direttamente da quanto Gesù ci ha rivelato del suo essere e da quanto ci ha chiesto come partecipazione alla sua presenza. a) Unità della coscienza Caratteristica dell’unità mostra la sua fecondità di frutto anzitutto se si documenta in una unità di coscienza. Unità di atteggiamento si scontra con tutte le possibili parzialità, dal dualismo alle divisioni che giungono fino a teorizzare la dissoluzione. La Chiesa è chiamata ad affermare e a dimostrare che il valore di un gesto sta nella misura in cui esso si connette con il tutto b) Unità come spiegazione della realtà Tale unità di coscienza organicamente tende a comprendere cose, uomini e avvenimenti in modo aperto a tutte le possibilità e adeguato a ogni incontro. Tutto è proteso a collegare ogni cosa al proprio fondamento. Egli è chiamato a non esserne scosso ma ad affermare l’altro con un instancabile anelito di valorizzazione, è chiamato a sapersene arricchire con la potenza di una unità organica, di una vera personalità. La vita come novità si sperimenta molto più nell’accadimento di qualcosa che si attende che non nella differenza come tale di un presente da un passato. Essa risiede nella scoperta di una corrispondenza possibile solo se vi è un prima di speranza, di desiderio, di attesa, di esigenza. È da una unità culturalmente valevole che l’uomo viene educato a una maturità critica vera; la chiesa è in grado di offrire dunque un capacità di critica che non è rinvenibile altrove. c) Unità come impostazione di vita Concetto di merito: la vita riceve valore in ogni minimo dettaglio dalla grazia che Dio fa all’uomo d’essere collaboratore alla sua presenza nell’azione salvifica della sua comunità. Ogni gesto acquista una dimensione comunitaria: l’azione è il fenomeno della personalità, il movente è quel nesso profondo con la presenza di Cristo nel mondo. Ogni gesto ha così valore eterno, in quanto gesto responsabile per il destino del mondo, in quanto espressione dell’individuo che diventa fattore decisivo per il senso dell’universo. In questa unità di impostazione di vita la comunità diventa fattore determinante lo stesso senso di sé, origine delle proprie azioni e forma della personalità; → esalta la personalità fin nei suoi infinitesimali aspetti espressivi. In questa unità di personalità e comunità viene assunta anche la natura fisica; paradigma supremo: la liturgia; eco della liturgia è il concetto cristiano di lavoro, espansione del mistero della salvezza in ogni momento e attività. Il lavoro è il tentativo dell’uomo di investire di sé tempo e spazio; è un lento inizio di un dominio dell’uomo sulle cose, di un governo cui egli aspira realizzando l’immagine di Dio. Gesù è l’istante della storia in cui la realtà cessa di essere ambigua e ridiventa gloriosamente tramite a Dio. La comunità cristiana prosegue questa redenzione; nella liturgia la materia ridiventa amica dell’uomo, si sviluppa l’opera della redenzione e l’universo torna alla sua origine. Tutto il resto è ancora ambiguo. La collaborazione dell’uomo all’opera della comunità che comunica l’opera redentrice di Cristo nei sacramenti è il lavoro; questo è prezzo che l’uomo paga alla sua redenzione è collaborazione al dilatarsi dell’alba della resurrezione a tutti i rapporti creativi che l’uomo vive col tempo e con lo spazio; il lavoro è il riflesso della liturgia sul cosmo intero. Il lavoro è una strada tutta punteggiata dalla documentazione della presenza di Dio, che la tradizione della chiesa chiama miracoli. Questo è il paradigma ideale per la fatica dell’uomo nel lavoro: è profezia dell’esito finale; miracolo: la quotidianità che provoca l’ambiguità della natura a tornare con chiarezza al suo fine. Se la chiesa è veramente Cristo presente allora così come cristo è stato riconosciuto dai segni, anche la chiesa deve essere caratterizzata dagli stessi segni, ovvero dai miracoli. 2. Santità Tema del miracolo riconduce all’altra categoria di efficacia della chiesa: la santità. La santità cristiana è agli antipodi del concetto di santità proprio a tutte le religioni. Nella concezione cristiana non c’è nulla di pro- fanum xk tutta la realtà è il grande tempio di Dio: nulla è profano e tutto è sacro xk tutto è funzione di Cristo. Così la santità non è una abnormità: la realtà umana che si realizza secondo il disegno che l’ha creata. Il santo è l’uomo vero che aderisce a Dio e quindi all’ideale per cui è stato costruito il suo cuore, di cui è costituito il suo destino. Santo è l’uomo che realizza più integralmente la propria personalità, ciò che deve essere. Parola santità coincide con la vera personalità; il peccato è ciò che ostacola la realizzazione della personalità del singolo uomo. La personalità caratterizzata dalla santità si modula tutta nella chiarezza della coscienza del vero e nell’uso della propria libertà, cioè nel governo di sé; attività umana significativa. Il santo nella chiesa rende la presenza di Cristo attuale in ogni momento perché in lui Egli determina l’agire. Il santo è presente tutto a sé stesso: è padrone del suo gesto perché lo innesta nella oggettività del disegno di Dio, governa coerentemente ogni sua azione in quanto il più possibile cerca di aderire alla realtà ultima delle cose. Vicenda emblematica: vita di Ermanno lo storpio. → tutto può essere trasformato e mirabilmente mostrare gli effetti della sua trasformazione, se vissuto in rapporto con la realtà vera: se “offerto a Dio”. Consegnare a Dio qualunque miseria è il contrario dell’abdicazione, è il consapevole ed energicamente affermato nesso del proprio particolare con l’universale. La santità, segno della vita divina donata alla chiesa, si può sorprendere attraverso 3 caratteristiche che la qualificano: il miracolo, l’equilibrio e l’intensità. a) Il miracolo Miracolo => avvenimento attraverso cui Dio costringe l’uomo a badare a Lui, ai valori di cui vuole renderlo partecipe, attraverso cui Dio richiama l’uomo perché questi si accorga della sua realtà; modo in cui Egli impone sensibilmente la sua presenza. Dio si è reso familiare alla vita dell’uomo: il suo modo di rapportarsi a lui si esprime in una familiarità sperimentabile attraverso il miracolo → metodo di rapporto quotidiano di Dio con noi. 1. Tutte le cose sono miracolo Quanto più uno vive la fede nella presenza di Cristo nella Chiesa, tanto più lo stupore dei segni di Dio scatterà anche nella situazione più nascosta; non occorre uno shock particolare per richiamare la grande origine che costituisce la vita, basterà la normalità dell’istante. 2. Momenti particolari in cui Dio straordinariamente richiama il singolo ad attendere alla sua presenza (miracolo in senso più determinato). La grandezza di Dio sa palesarsi proprio nella familiarità con cui vive con l’uomo, vive nella vita dell’uomo. Xk sia considerato richiamo a Dio l’avvenimento miracoloso a priori deve avere una caratteristica moralizzatrice, deve avere una funzione edificatrice della coscienza della persona. → 1° criterio fondamentale x distinguere un miracolo; condizione per cogliere la presenza di un miracolo è l’avvicinarsi al fatto non per curiosità ma con spirito religioso (opposto a quello superstizioso). Miracolo è un confronto della libertà col Dio che la crea. Senza una “simpatia” per Dio non si può cogliere un avvenimento come miracolo 3. Simpatia necessaria x cogliere il miracolo nel suo senso più ristretto e proprio, là dove Dio interviene sulla sua creazione con un fatto oggettivamente inspiegabile; caso in cui Dio vuole richiamare la collettività alla sua presenza, offrendo all’edificazione della comunità religiosa fattori oggettivi documentabili per tutti. b) L’equilibrio Equilibrio è una ricchezza, è quella sovrabbondanza di cui Gesù dice “una buona misura pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo”. Origine di tale ricchezza è una coscienza orientata a Dio. Da questa ricchezza prima e più profonda scaturisce una visione della vita di una semplicità grandissima: una sola Realtà come criterio e misura e modi investe della sua luce tutte le cose, per cui l’io si sente uno con tutte le cose e in tutte le cose, perfino di fronte alla morte. Così la santità nella chiesa realizza una comprensione e