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Tesi TFA sull'autismo, Tesi di laurea di Psicoanalisi

Con l’espressione Disturbi dello Spettro Autistico si fa riferimento ad un disturbo pervasivo del neurosviluppo con una sintomatologia ampiamente eterogenea da cui deriva appunto il termine “spettro”. I soggetti colpiti presentano numerosi sintomi, primo fra tutti una carente capacità ad intrattenere rapporti sociali: essi hanno delle difficoltà a esprimere le loro emozioni, a comprendere quelle altrui e in alcuni casi non cercano spontaneamente il contatto sociale. In questo lavoro di tesi si descriveranno le principali caratteristiche dei Disturbi dello Spettro Autistico con riferimento ai principali modelli teorici e si tratteranno alcune pratiche terapeutiche volte a sviluppare le abilità sociali di queste persone.

Tipologia: Tesi di laurea

2020/2021

Caricato il 16/01/2024

Roberta1994cavalierqueen
Roberta1994cavalierqueen 🇮🇹

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Scarica Tesi TFA sull'autismo e più Tesi di laurea in PDF di Psicoanalisi solo su Docsity! CORSI DI SPECIALIZZAZIONE PER LE ATTIVITÀ DI SOSTEGNO VII CICLO I Disturbi dello Spettro Autistico e le strategie Educativo-Riabilitative ELABORATO FINALE DI: Roberta Di Maria 0751424 RELATORE Prof. Davide Pinio ANNO ACCADEMICO 2021 - 2022 INDICE Abstract 3 Introduzione 4 CAPITOLO I 5 SINDROME DELLO SPETTRO AUTISTICO 5 1.1 Autismo: definizione, modelli teorici e caratteristiche 5 1.2 La Diagnosi 6 1.2.1 L'autismo nel DSM-V 7 1.2.2 Principali cambiamenti rispetto al DSM-IV 9 CAPITOLO II 10 LE STRATEGIE DI INTERVENTO PSICOEDUCATIVE 10 2.1 Le strategie educativo-riabilitative 10 2.2 L’approccio ABA 10 2.3 Il metodo TEACCH 12 2.4 La Comunicazione Aumentativa Alternativa 12 CONCLUSIONI 14 Bibliografia 15 CAPITOLO I SINDROME DELLO SPETTRO AUTISTICO 1.1 Autismo: definizione, modelli teorici e caratteristiche Le linee guida per l’autismo della Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SINPIA, 2005, p. 10) definiscono l’autismo come una sindrome comportamentale causata da un disordine dello sviluppo biologicamente determinato, con esordio nei primi tre anni di vita1. Nel 1911 Bleuler2 aveva usato per primo il termine “autistico” per indicare i malati mentali contraddistinti da una mancanza di accostamento alla vita reale e da un restringimento delle relazioni; Il termine fu ripreso nel 1943 Kanner3 per indicare una patologia neurologica. Nel 1944 Asperger4 individuò una gamma di situazioni che oscillavano da bambini autistici con capacità intellettive praticamente nella norma ai casi nei quali erano riscontrabili gravi danni biologici contraddistinti in entrambi i casi da importanti problemi nell’area relazionale. Oggi l’autismo è considerato una sindrome di estensione globale sulla persona e con implicazioni durature, che coinvolge l’intera personalità pertanto è assunto come Disturbo Generalizzato e Pervasivo dello Sviluppo5. L’autismo si manifesta mediante una vasta serie di sintomi tale da indurci a parlare non più di “autismo” ma di spettro autistico6. Le aree di alterazione comportamentale prevalentemente interessate, individuate grazie a dei parametri diagnostici, sono tre e fanno riferimento alle seguenti caratteristiche: - Compromissione qualitativa dell’interazione sociale reciproca. - Compromissione qualitativa della comunicazione. - Modalità di comportamento, attività e interessi ristretti, ripetitivi e stereotipati. 1 Società Italiana di Pedagogia Speciale (a cura di), Integrazione scolastica degli alunni con disturbi dello spettro autistico, Erickson, Trento, 2008, p. 15. 2 Eugen Bleuler (Zollikon, 30 aprile 1857 - Zollikon, 15 luglio 1939) è stato uno psichiatra svizzero, tra i più importanti di tutta l’Europa di ogni tempo. Apportò importanti contributi alla moderna psicopatologia, ridefinendo clinicamente la schizofrenia e l’autismo. 3 Leo Kanner (Klekotow, 29 febbraio 1896 - Sykesville, 3 aprile 1981) è stato uno psichiatra austriaco. Nel 1943 descrisse per primo l’autismo infantile precoce o sindrome di Kanner definendolo come un disturbo innato del contatto affettivo, derivante da fattori interpersonali psicodinamici. 4 Hans Asperger (Vienna, 18 febbraio 1906 - Vienna, 21 ottobre 1980) è stato un pediatra austriaco. Dal 1944 è stato un punto di riferimento importante per la descrizione dei sintomi dell'autismo. 5 Cfr. Cottini L. (2009), op. cit., p. 17 6 Cfr. Cattelan L. (2010), op. cit., pp. 25, 28. 35 1.2 La Diagnosi La diagnosi di Disturbi dello Spettro Autistico è basata sulla descrizione e osservazione clinica del soggetto. Gli schemi più riconosciuti e condivisi per la diagnosi sono quelli definiti dal manuale di diagnostica internazionale DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) e dalla classificazione Internazionale ICD (International Classification of Diseases). Il DSM è uno strumento di diagnosi descrittiva su base sintomatologica dei disturbi mentali redatto dall’American Psychiatric Association. I sintomi costituiscono un continuum al cui interno è importante specificare i livelli di gravità. Nel corso degli anni il manuale è stato continuamente aggiornato, rivisto e arricchito seguendo quelle che sono state le scoperte scientifiche, psicologiche e psichiatriche del tempo. Attualmente il manuale è arrivato alla sua 5° edizione. La classificazione ICD, stilata dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), è una classificazione internazionale delle malattie e dei problemi correlati. All’interno dell’ultima edizione (ICD-10) l’autismo è inserito all’interno dei disturbi psichiatrici, tra le “Sindromi da alterazione globale dello sviluppo psicologico”. All’interno dell’ICD-10 viene utilizzata la formula “autismo infantile” con distinzione dall’”autismo atipico”, una forma che non soddisfa tutti i criteri diagnostici generali e che presenta atipicità nella sintomatologia e nell’età di comparsa. Nel 2001, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ha approvato la nuova Classificazione Internazionale del Funzionamento e delle Disabilità e della Salute, nota come ICF, che nasce dallo sforzo congiunto di 65 Paesi coordinati dall’OMS. Lo scopo generale della classificazione ICF è di fornire un linguaggio standard e unificato che serva da modello di riferimento per la descrizione della salute e degli stati correlati. Essa definisce le componenti della salute e alcune componenti ad essa correlate (come l’istruzione e il lavoro). L’ICF sostituisce le precedenti versioni denominate ICDH (del 1980) e ICDH-2 (del 1999). Le informazioni fornite dall’ICF sono una descrizione delle situazioni che riguardano il funzionamento umano e le sue restrizioni, e la classificazione serve da modello di riferimento per l’organizzazione di queste informazioni, strutturandole in modo significativo, interrelato e facilmente accessibile. L‘ICF organizza le informazioni in due parti, ognuna composta da due componenti: Parte 1 “Funzionamento e Disabilità”: - Funzioni e Strutture corporee; - Attività e Partecipazione. Parte 2 “Fattori contestuali”: - Fattori ambientali; - Fattori Personali. 46 1.2.1 L'autismo nel DSM-V Il nuovo manuale definisce i “Disturbi dello Spettro Autistico” come segue: A. Deficit persistenti della comunicazione sociale e dell’interazione sociale in molteplici contesti, non spiegabile attraverso un ritardo generalizzato dello sviluppo e manifestato da tutti e 3 i seguenti punti: 1. Deficit della reciprocità socio-emotiva, che vanno, per esempio, da un approccio sociale anomalo e dal fallimento della normale reciprocità della conversazione; a una ridotta condivisione di interessi, emozioni o sentimenti; all’incapacità di dare inizio o di rispondere a interazioni sociali. 2. Deficit dei comportamenti comunicativi non verbali utilizzati per l’interazione sociale, che vanno, per esempio, dalla comunicazione verbale e non verbale scarsamente integrata; ad anomalie del contatto visivo e del linguaggio del corpo o deficit della comprensione e dell’uso dei gesti; a una totale mancanza di espressività facciale e di comunicazione non verbale. 3. Deficit dello sviluppo, della gestione e della comprensione delle relazioni, che vanno, per esempio, dalle difficoltà di adattare il comportamento per adeguarsi ai diversi contesti sociali; alle difficoltà di condividere il gioco di immaginazione o di fare amicizia; all’assenza di interesse verso i coetanei. Specificare la gravità attuale: Il livello di gravità si basa sulla compromissione della comunicazione sociale e sui pattern di comportamenti ristretti, ripetitivi. B. Pattern di comportamento, interessi o attività ristretti, ripetitivi come manifestato da almeno due dei seguenti fattori, presenti attualmente o nel passato: 1. Movimenti, uso degli oggetti o eloquio stereotipati o ripetitivi (per es., stereotipie motorie semplici, mettere in fila giocattoli o capovolgere oggetti, ecolalia, frasi idiosincratiche). 2. Eccessiva aderenza alla routine priva di flessibilità o rituali di comportamento verbale o non verbale (per es., estremo disagio davanti a piccoli cambiamenti, difficoltà nelle fasi di transizione, schemi di pensiero rigidi, saluti rituali, necessità di percorrere la stessa strada o mangiare lo stesso cibo ogni giorno). 3. Interessi molto limitati, fissi che sono anomali per intensità o profondità (per es., forte attaccamento o preoccupazione nei confronti di oggetti insoliti, interessi eccessivamente circoscritti o perseverativi). 4. Iper- o ipo-reattività in risposta a stimoli sensoriali o interessi insoliti verso aspetti sensoriali dell’ambiente (per es., apparente indifferenza al dolore/temperatura, reazione di avversione nei confronti di suoni o consistenze tattili specifici, annusare o toccare oggetti in modo eccessivo, essere affascinati da luci o da movimenti). Specificare la gravità attuale: Il livello 57 CORSI DI SPECIALIZZAZIONE PER LE ATTIVITÀ DI SOSTEGNO VII CICLO I Disturbi dello Spettro Autistico e le strategie Educativo-Riabilitative ELABORATO FINALE DI: Roberta Di Maria 0751424 RELATORE Prof. Davide Pinio ANNO ACCADEMICO 2021 - 2022 INDICE Abstract 3 Introduzione 4 CAPITOLO I 5 SINDROME DELLO SPETTRO AUTISTICO 5 1.1 Autismo: definizione, modelli teorici e caratteristiche 5 1.2 La Diagnosi 6 1.2.1 L'autismo nel DSM-V 7 1.2.2 Principali cambiamenti rispetto al DSM-IV 9 CAPITOLO II 10 LE STRATEGIE DI INTERVENTO PSICOEDUCATIVE 10 2.1 Le strategie educativo-riabilitative 10 2.2 L’approccio ABA 10 2.3 Il metodo TEACCH 12 2.4 La Comunicazione Aumentativa Alternativa 12 CONCLUSIONI 14 Bibliografia 15 CAPITOLO I SINDROME DELLO SPETTRO AUTISTICO 1.1 Autismo: definizione, modelli teorici e caratteristiche Le linee guida per l’autismo della Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SINPIA, 2005, p. 10) definiscono l’autismo come una sindrome comportamentale causata da un disordine dello sviluppo biologicamente determinato, con esordio nei primi tre anni di vita1. Nel 1911 Bleuler2 aveva usato per primo il termine “autistico” per indicare i malati mentali contraddistinti da una mancanza di accostamento alla vita reale e da un restringimento delle relazioni; Il termine fu ripreso nel 1943 Kanner3 per indicare una patologia neurologica. Nel 1944 Asperger4 individuò una gamma di situazioni che oscillavano da bambini autistici con capacità intellettive praticamente nella norma ai casi nei quali erano riscontrabili gravi danni biologici contraddistinti in entrambi i casi da importanti problemi nell’area relazionale. Oggi l’autismo è considerato una sindrome di estensione globale sulla persona e con implicazioni durature, che coinvolge l’intera personalità pertanto è assunto come Disturbo Generalizzato e Pervasivo dello Sviluppo5. L’autismo si manifesta mediante una vasta serie di sintomi tale da indurci a parlare non più di “autismo” ma di spettro autistico6. Le aree di alterazione comportamentale prevalentemente interessate, individuate grazie a dei parametri diagnostici, sono tre e fanno riferimento alle seguenti caratteristiche: - Compromissione qualitativa dell’interazione sociale reciproca. - Compromissione qualitativa della comunicazione. - Modalità di comportamento, attività e interessi ristretti, ripetitivi e stereotipati. 1 Società Italiana di Pedagogia Speciale (a cura di), Integrazione scolastica degli alunni con disturbi dello spettro autistico, Erickson, Trento, 2008, p. 15. 2 Eugen Bleuler (Zollikon, 30 aprile 1857 - Zollikon, 15 luglio 1939) è stato uno psichiatra svizzero, tra i più importanti di tutta l’Europa di ogni tempo. Apportò importanti contributi alla moderna psicopatologia, ridefinendo clinicamente la schizofrenia e l’autismo. 3 Leo Kanner (Klekotow, 29 febbraio 1896 - Sykesville, 3 aprile 1981) è stato uno psichiatra austriaco. Nel 1943 descrisse per primo l’autismo infantile precoce o sindrome di Kanner definendolo come un disturbo innato del contatto affettivo, derivante da fattori interpersonali psicodinamici. 4 Hans Asperger (Vienna, 18 febbraio 1906 - Vienna, 21 ottobre 1980) è stato un pediatra austriaco. Dal 1944 è stato un punto di riferimento importante per la descrizione dei sintomi dell'autismo. 5 Cfr. Cottini L. (2009), op. cit., p. 17 6 Cfr. Cattelan L. (2010), op. cit., pp. 25, 28. 35 1.2 La Diagnosi La diagnosi di Disturbi dello Spettro Autistico è basata sulla descrizione e osservazione clinica del soggetto. Gli schemi più riconosciuti e condivisi per la diagnosi sono quelli definiti dal manuale di diagnostica internazionale DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) e dalla classificazione Internazionale ICD (International Classification of Diseases). Il DSM è uno strumento di diagnosi descrittiva su base sintomatologica dei disturbi mentali redatto dall’American Psychiatric Association. I sintomi costituiscono un continuum al cui interno è importante specificare i livelli di gravità. Nel corso degli anni il manuale è stato continuamente aggiornato, rivisto e arricchito seguendo quelle che sono state le scoperte scientifiche, psicologiche e psichiatriche del tempo. Attualmente il manuale è arrivato alla sua 5° edizione. La classificazione ICD, stilata dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), è una classificazione internazionale delle malattie e dei problemi correlati. All’interno dell’ultima edizione (ICD-10) l’autismo è inserito all’interno dei disturbi psichiatrici, tra le “Sindromi da alterazione globale dello sviluppo psicologico”. All’interno dell’ICD-10 viene utilizzata la formula “autismo infantile” con distinzione dall’”autismo atipico”, una forma che non soddisfa tutti i criteri diagnostici generali e che presenta atipicità nella sintomatologia e nell’età di comparsa. Nel 2001, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ha approvato la nuova Classificazione Internazionale del Funzionamento e delle Disabilità e della Salute, nota come ICF, che nasce dallo sforzo congiunto di 65 Paesi coordinati dall’OMS. Lo scopo generale della classificazione ICF è di fornire un linguaggio standard e unificato che serva da modello di riferimento per la descrizione della salute e degli stati correlati. Essa definisce le componenti della salute e alcune componenti ad essa correlate (come l’istruzione e il lavoro). L’ICF sostituisce le precedenti versioni denominate ICDH (del 1980) e ICDH-2 (del 1999). Le informazioni fornite dall’ICF sono una descrizione delle situazioni che riguardano il funzionamento umano e le sue restrizioni, e la classificazione serve da modello di riferimento per l’organizzazione di queste informazioni, strutturandole in modo significativo, interrelato e facilmente accessibile. L‘ICF organizza le informazioni in due parti, ognuna composta da due componenti: Parte 1 “Funzionamento e Disabilità”: - Funzioni e Strutture corporee; - Attività e Partecipazione. Parte 2 “Fattori contestuali”: - Fattori ambientali; - Fattori Personali. 46 1.2.1 L'autismo nel DSM-V Il nuovo manuale definisce i “Disturbi dello Spettro Autistico” come segue: A. Deficit persistenti della comunicazione sociale e dell’interazione sociale in molteplici contesti, non spiegabile attraverso un ritardo generalizzato dello sviluppo e manifestato da tutti e 3 i seguenti punti: 1. Deficit della reciprocità socio-emotiva, che vanno, per esempio, da un approccio sociale anomalo e dal fallimento della normale reciprocità della conversazione; a una ridotta condivisione di interessi, emozioni o sentimenti; all’incapacità di dare inizio o di rispondere a interazioni sociali. 2. Deficit dei comportamenti comunicativi non verbali utilizzati per l’interazione sociale, che vanno, per esempio, dalla comunicazione verbale e non verbale scarsamente integrata; ad anomalie del contatto visivo e del linguaggio del corpo o deficit della comprensione e dell’uso dei gesti; a una totale mancanza di espressività facciale e di comunicazione non verbale. 3. Deficit dello sviluppo, della gestione e della comprensione delle relazioni, che vanno, per esempio, dalle difficoltà di adattare il comportamento per adeguarsi ai diversi contesti sociali; alle difficoltà di condividere il gioco di immaginazione o di fare amicizia; all’assenza di interesse verso i coetanei. Specificare la gravità attuale: Il livello di gravità si basa sulla compromissione della comunicazione sociale e sui pattern di comportamenti ristretti, ripetitivi. B. Pattern di comportamento, interessi o attività ristretti, ripetitivi come manifestato da almeno due dei seguenti fattori, presenti attualmente o nel passato: 1. Movimenti, uso degli oggetti o eloquio stereotipati o ripetitivi (per es., stereotipie motorie semplici, mettere in fila giocattoli o capovolgere oggetti, ecolalia, frasi idiosincratiche). 2. Eccessiva aderenza alla routine priva di flessibilità o rituali di comportamento verbale o non verbale (per es., estremo disagio davanti a piccoli cambiamenti, difficoltà nelle fasi di transizione, schemi di pensiero rigidi, saluti rituali, necessità di percorrere la stessa strada o mangiare lo stesso cibo ogni giorno). 3. Interessi molto limitati, fissi che sono anomali per intensità o profondità (per es., forte attaccamento o preoccupazione nei confronti di oggetti insoliti, interessi eccessivamente circoscritti o perseverativi). 4. Iper- o ipo-reattività in risposta a stimoli sensoriali o interessi insoliti verso aspetti sensoriali dell’ambiente (per es., apparente indifferenza al dolore/temperatura, reazione di avversione nei confronti di suoni o consistenze tattili specifici, annusare o toccare oggetti in modo eccessivo, essere affascinati da luci o da movimenti). Specificare la gravità attuale: Il livello 57 CAPITOLO II LE STRATEGIE DI INTERVENTO PSICOEDUCATIVE 2.1 Le strategie educativo-riabilitative In passato gli interventi terapeutici che venivano attuati a seguito di una diagnosi di autismo erano basati quasi esclusivamente sulla psicoterapia il cui scopo era quello di comprendere i disturbi psicologici, definire ipotesi di trattamento e selezionare tra queste i trattamenti che garantiscono maggiore efficacia. Recentemente abbiamo assistito ad un cambio di rotta sia in ambito medico che in ambito pedagogico volto alla ridefinizione di nuovi metodi ed approcci di intervento che, con le dovute differenze di approccio, possono essere raggruppati sotto la definizione di interventi psicoeducativi (SINPIA; 2005). Quest’ultimi hanno come obiettivo lo sviluppo di competenze adattive all’ambiente attraverso l’apprendimento di competenze funzionali alla partecipazione a ruoli sociali normali e integrati. Si tratta di interventi di natura comportamentale volti alla sostituzione dei comportamenti problema attraverso l’acquisizione di comportamenti più adattivi e l’organizzazione di un ambiente rinforzante dei comportamenti desiderabili. Gli interventi psicoeducativi si basano sulla strutturazione di percorsi basati innanzitutto sull’individuazione di obiettivi e attività determinate dalla specificità del soggetto con autismo e dal suo profilo di funzionamento. Di seguito sono brevemente analizzati i principali modelli di intervento psicoeducativo e per la presa in carico degli alunni affetti da Disturbi dello Spettro Autistico. 2.2 L’approccio ABA La terapia ABA (Applied Behavior Analysis – Lovaas et al., 1979), si serve dei metodi comportamentali per implementare abilità come linguaggio, comunicazione e autonomie personali e per modificare condotte problematiche. Quanto emerso dall’analisi comportamentale viene utilizzato per modificare il comportamento, l’ABA prende in considerazione: - Gli antecedenti. - Il comportamento in esame. - Le conseguenze. - Il contesto. L’intervento, basato sulle informazioni ricavate dall’analisi, viene attuato utilizzando le tecniche della terapia del comportamento: - La sollecitazione o prompting. 810 Il prompting o “uso strategico dell’aiuto” consiste nell’utilizzo strategico di stimoli discriminativi per sollecitare il soggetto ad eseguire un determinato comportamento adeguato. Gli stimoli discriminativi forniti dall’operatore sono i prompt e ne esistono di tre tipi: verbali, gestuali e fisici. - La riduzione delle sollecitazioni o fading. - Il modellamento o modeling. - L’adattamento o shaping. - Il rinforzo (rinforzi commestibili e rinforzi sociali devono essere somministrati subito dopo la risposta corretta) I programmi basati sull’ABA prendono in esame tutte le aree dello sviluppo, gli obiettivi educativi, che devono essere dichiarati e misurabili, riguardano molti prerequisiti dell’apprendimento e della socialità come: - Imparare ad imparare: guardare, ascoltare, imitare, eseguire istruzioni, discriminare. - Comunicare: acquisire strumenti per una comunicazione efficace come il linguaggio per segni ed immagini (PECS), la comprensione, la produzione vocale, da semplici vocalizzazioni fino a sostenere conversazioni complesse. - Socializzare: scambi reciproci, gioco funzionale con i coetanei, espressione e comprensione delle emozioni, uso appropriato dei giocattoli. - Ragionare: soluzione di problemi. - Raggiungere l’autonomia personale: igiene personale, orientamento nello spazio e nel tempo, consapevolezza dei pericoli. - Acquisire abilità scolastiche: lettura, scrittura, disegno, matematica. Le abilità sono parcellizzate in piccole fasi, definite in termini osservabili e misurabili, che vengono insegnate una ad una fino all’acquisizione e alla padronanza dell’abilità stessa. Ogni intervento ABA avviene all’interno di un setting. Sono almeno due i setting che vengono presi in considerazione: quello naturale che prende il nome di Natural Environment Training (NET), e quello strutturato Discrete Trial Teaching (DTT). Nel setting NET l’ambiente fisico dove si opera è quello naturale ma arricchito con materiale intrinsecamente motivante per il bambino per il raggiungimento dell’obiettivo stabilito, precedentemente selezionato e disposto dal tecnico, mentre il DTT è un setting tipico degli apprendimenti formali e prevede che le competenze da apprendere siano suddivise in sequenze di sotto-obiettivi e proposte all’interno di attività in un rapporto uno-a-uno con l’adulto. 911 2.3 Il metodo TEACCH Il Programma TEACCH – Treatment and Education of Autistic and Communication Handicaped Children -, ideato, progettato e realizzato da Eric Schopler et al., negli anni ’60 nella Carolina del Nord, prevede una presa in carico globale in senso sia “orizzontale” che “verticale”, una continuità di intervento in tutti gli ambienti di vita, in ogni momento della giornata, in ogni periodo dell’anno e per tutto l’arco dell’esistenza. Tale approccio, pur servendosi di tecniche comportamentali come il rinforzo, non è di tipo strettamente comportamentale. Seguendo l’approccio ABA il bambino verrebbe indotto a modificare il comportamento attraverso la ripetitività e il rinforzo positivo (o negativo), nel TEACCH, invece, si preferisce modificare l’ambiente in modo che l’apprendimento sia reso più agevole. Secondo la teoria di base dell’approccio TEACCH, adattare l’ambiente alla persona e presentarle progressivamente le difficoltà significa rispettare la persona nella sua diversità. Caratteristica importante ed innovativa del programma TEACCH riguarda la partecipazione attiva dei genitori, nel ruolo di co-terapeuti. La loro importanza deriva dal fatto che essi sono considerati la fonte più attendibile di informazioni sul soggetto preso in carico: la collaborazione con la famiglia favorirebbe la generalizzazione delle competenze acquisite e garantirebbe coerenza di approccio in ogni attività di vita dei soggetti autistici. Il programma TEACCH è presente all’interno delle Linee Guida ed ha mostrato di produrre miglioramenti sulle abilità motorie, le performance cognitive, il funzionamento sociale e la comunicazione in bambini con disturbi dello spettro autistico, per cui è possibile ipotizzare un profilo di efficacia a favore di tale intervento. 2.4 La Comunicazione Aumentativa Alternativa La Comunicazione Aumentativa Alternativa è un sistema multimodale che integra gli atti della comunicazione, accresce l’intenzionalità comunicativa e fornisce uno strumento di sostituzione alla comunicazione verbale. Le persone con gravi disturbi del linguaggio o ritardo del linguaggio si affidano a strategie di CAA per integrare, incrementare e potenziare il linguaggio parlato e per avere un’alternativa alla comunicazione tradizionale quando questa è deficitaria. Nella CAA sono incluse tutte quelle modalità di comunicazione che possono facilitare e migliorare la comunicazione di tutte quelle persone che hanno difficoltà ad utilizzare i più comuni canali comunicativi, soprattutto il linguaggio orale e la scrittura. La CAA utilizza espressioni facciali, gesti o segni, simboli o immagini, scrittura manuale o al computer. L’obiettivo della CAA è quello di fornire soluzioni che facilitino l’interazione tra bambino ed ambiente. Per fare questo esistono diversi strumenti visivi che sono: 102