Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

TFA Sostegno X ciclo–Riassunto completo PER AUTORI E TEORIE, Dispense di TFA Sostegno

Riassunti delle materie oggetto delle prove preselettiva, scritta e orale del TFA SOSTEGNO e della prima prova del CONCORSO PNNR (Competenze socio-psico-pedagogiche, intelligenza emotiva, creatività e pensiero divergente, metodologie didattiche). Le dispense argomentano il pensiero e le teorie di TUTTI gli autori e i concetti presenti nella tabella riepilogativa all'inizio del documento. **Lo studio di queste dispense (da integrare con il documento “Normativa inclusione scolastica” disponibile sul mio profilo) è più che sufficiente a passare con successo le prove di accesso al TFA sostegno e copre quasi tutto il programma della prova scritta del concorso pnnr.

Tipologia: Dispense

2023/2024

In vendita dal 27/12/2021

Artemisia_Gentileschi
Artemisia_Gentileschi 🇮🇹

4.7

(53)

12 documenti

1 / 319

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica TFA Sostegno X ciclo–Riassunto completo PER AUTORI E TEORIE e più Dispense in PDF di TFA Sostegno solo su Docsity! Locke Rousseau Darwin Durkheim Preyer Pavlov Thorndike Skinner Bandura Piaget Vygotsky Werner Bruner Freud Erikson Stern Chomsky Piaget Bruner Nelson Peters Birdwhistell Hall Lewis Watzlawick Selman Freud Jung PSICOLOGIA E SVILUPPO DELL’APPRENDIMENTO Visione ambientalista (cultura) Prospettiva naturalista (natura) Teoria evoluzionistica Filone sociologico-culturale Sintesi tra primato biologico e sociale Condizionamento classico Condizionamento operante Condizionamento operante Teoria dell’apprendimento sociale (modeling) Teoria dello sviluppo cognitivo attraverso stadi successivi Evoluzione della costruzione dei concetti Principio della crescente organizzazione Sistemi di rappresentazione (esecutiva, iconica, simbolica) Fasi psicosessuali Fasi sociali Psicologia personalistica (Q.1.) Teoria innatista LAD — Language Acquisition Device e Grammatica Universale Teoria interazionista (lo sviluppo cognitivo precede il linguaggio) Approccio funzionalista (linguaggio e capacità sociale) LASS (Language Acquisition Support System) Stili di acquisizione del linguaggio Cinesica Prossemica e distanza interpersonale Approccio sistemico Assiomi della comunicazione umana Role-taking Stadi psicosessuali Processo di individuazione MODELLI TEORICI DELLA PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO NASCITA DELLA PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO APPROCCIO COMPORTAMENTISTA APPROCCIO ORGANISMICO APPROCCIO PSICANALITICO SVILUPPO DEL LINGUAGGIO COMUNICAZIONE NON VERBALE SVILUPPO DELL’IDENTITÀ Klein Kohut Winnicot Bowlby Ainsworth Harlow Stern Mahler Fromm Spitz Erikson Piaget Kohlberg Turiel Gilligan Bandura Freud Klein Jakobson Giovanni Maria Bertin Agostino Comenio Comte Ardigò Locke De Condorcet Vico Rousseau Pestalozzi Relazione oggettuale - Posizioni Psicologia del Sé Esperienza transizionale Vero sé e Falso sé Teoria dell’attaccamento Strange situation Pattern di attaccamento Esperimento scimmie surrogate Fasi di sviluppo del sé Processo di separazione-individuazione Personalità e processo di sviluppo Organizzatori psichici Teoria sulla depressione anaclitica Sviluppo psicosociale di tipo stadiale Fasi dello sviluppo morale (cognitivismo) Fasi dello sviluppo morale Convenzione (cognitivismo) Teoria del dominio Moralità del prendersi cura Controlli morali interni (comportamentismo) Super lo e senso di colpa (psicanalisi) Aggressività e senso di colpa (psicanalisi) lo ideale (psicanalisi) SVILUPPO DEL SENSO MORALE LA PEDAGOGIA IN TEMA DI SVILUPPO E DI APPRENDIMENTO Problematicismo pedagogico Rapporto discepolo/Maestro PEDAGOGIA DEL 600 Pansofia e Educazione Universale Nuova educazione positiva . i Lins POSITIVISMO Psicologia scientifica Matrice sensitiva ed esperenziale delle idee (Empirismo) Working Schools Progetto sull’organizzazione generale dell'istruzione Metodo delle scienze umane Stato naturale e mito del buon selvaggio Educazione naturale e negativa ILLUMINISMO Educazione morale ROMANTICISMO Bronfenbrenner Leont’ev Bruner Atkinson e Shiffrin Baddeley e Hitch Meacham e Singer Markman Flavell Brown Campione Yerkes Dodson Cherry Broadbent Treisman Deutsch Deutsch Lavie Kahneman Hirst Kalmar Shallice Norman Mackworth Raskin Kelly von Glasersfeld Maturana Zona di sviluppo prossimale Modello ecologico Teoria delle attività Pensiero narrativo New Look (Percezione: processo attivo e influenzato da fattori comportamentali) Teoria dello sviluppo cognitivo (rappresentazione — categorizzazione — concetto) Conferenza di Woods Hole (struttura disciplina — curriculum a spirale — pensiero intuitivo — motivazione) Apprendimento per scoperta Problem solving — Scaffolding Modello multi-magazzino Modello di memoria di lavoro STUDI SULLA MEMORIA Memoria prospettica Metacomprensione Metamemoria Community of Learners Jigsaw METACOGNIZIONE Legge sulla qualità della prestazione Attenzione selettiva Cocktail party e Teoria del filtro Teoria del restringimento di banda Automatismo attentivo Stroop effect Carico percettivo ATTENZIONE Attenzione divisa Interferenza strutturale Sistema attenzionale supervisore (SAS) Studi sulla vigilanza Classificazione tipologie costruttivismo Costruttivismo personale Postulato e 11 corollari Costruttivismo radicale Autopoiesi Multiverso COSTRUTTIVISMO von Foerster Makarenko Freire Sutherland Neill Bauman Cantelmi Bourdieu Morin Mencarelli Giunti Wundt Watson Skinner Pavlov Rizzolati Premack Woodruff Fodor Baron-Cohen Dennett Frith Baron-Cohen Leslie Surian Cattell Eysenck Binet Processo cognitivo = ciclo ricorsivo di computazioni Analisi e critica del sistema di istruzione: macchina banale e macchina non banale — domande illegittime e legittime Pedagogia di tipo direttivo e collettivo e disciplina cosciente Pedagogia critica Problem-posing Do-discenza Bontà originaria dell’uomo e libertà nell'educazione Società liquida Tecnoliquidità Teoria dell’azione sociale (campi e habitus) Approccio multidisciplinare e transdisciplinare Teoria della complessità Educazione permanente Scuola come centro di ricerca INTELLIGENZA EMOTIVA Psicologia scientifica e sperimentale — Laboratorio per lo studio dei processi psichici (reazione agli stimoli) Comportamentismo Neuroni specchio Teoria della Mente (TOM) Teoria della Mente Modulare Comprensione dell’attenzione congiunta Comprensione delle intenzioni altrui Mindblindness (Autismo — carenza di metarappresentazione) Intelligenza cristallizzata e fluida = Fattore G Analisi multivariata e fattoriale sulla personalità (Big Five) Teoria trifattoriale Binet-Simon Intelligence Scale PEDAGOGIA MARXISTA PEDAGOGIA CONTEMPORANEA STUDIO SULLA MENTE STUDIO SULL’INTELLIGENZA Stern Terman Wechsler Spearman Thurstone Sternberg Gardner Goleman Salovey Mayer Bar-on Husserl Ellis Galimberti Lucangeli Le Doux Shaver Darwin James Lange Cannon Bard Schachter- Singer Arnold Sroufe Izard Saarni Harris Panksepp Lazarus Folkman Frijda Concetto di età mentale QI. Stanford-Binet Intelligence Scale WAIS e WISC Teoria bifattoriale (fattore G + S) Teoria multifattoriale (abilità primarie) Teoria componenziale Teoria titrarchica Teoria triangolare dell'amore Teoria delle Intelligenze multiple 5 chiavi per il futuro Teoria dell’intelligenza emotiva CASEL > Social Emotional Learning (SEL) Empatia Intelligenza emotiva (tabella delle abilità) INTELLIGENZE MULTIPLE E : ; INTELLIGENZA EMOTIVA Quoziente emotivo Emotional Quotient Inventory (EQ-1) Entropatia Rational-Emotive Therapy (RET) Alessitimia e l’importanza dell'educazione emotiva Warm cognition Emozioni cognitive Categorie di emozioni (positive / negative) Emozioni innate Principi generali dell'espressione emotiva Teoria periferica (corpo) Teoria centrale (talamo) Teoria dei due fattori (cognitiva + fisiologica) Appraisal— Teoria della valutazione emotiva Teoria della differenziazione emotiva Teoria differenziale TEORIA DELLE EMOZIONI Teoria delle mente emotiva Neuroscienze affettive Archeologia della mente Teoria cognitivo-transazionale Coping 12 leggi sul funzionamento delle emozioni Candy Maslow Murray Frith Ausubel Novak Lewin Demetrio Feuerstein Fleming Mills Felder Silverman Comoglio Mugny e Doise Sharan Hertz- Lazarowitz Osborn Eberle Geschka Kelley Bloom Apprendimento auto-diretto Piramide dei bisogni Tassonomia dei bisogni Apprendimento per canali sensoriali Modello di apprendimento della lettura Apprendimento significativo e mappe concettuali Leadership dell'insegnante Autoriflessione e Metodo autobiografico Teoria della modificabilità cognitiva EAM (Esperienza di apprendimento mediato) PAS (Programma di arricchimento strumentale) Approccio multidimensionale Modello VAK/VAKT Coppie di stili di apprendimento Didattiche disciplinari Didattica per concetti (Mappe concettuali) Didattica metacognitiva Didattica dell'errore Didattica orientativa Didattica speciale Didattica multimediale Didattica laboratoriale Cooperative learning Conflitto socio-cognitivo Group Investigation METODOLOGIE DIDATTICHE Peer education Peer collaboration Brainstorming Modello SCAMPER Brainwriting Problem solving Role play Circle time Lezione frontale Spaced Learning Mastery Learning Service Learning Lezione partecipata Brown Campione Aronson Lewin Rivoltella Bergmann Sams De Bono Itard Montessori Cervellati Rosenthal lesu Hoz Rogers Alberti Emmons Berne Karpman Damiano Canevaro Andrich Miato Ausubel Community of Learners Jigsaw Reciprocal Teaching Team teaching Ricerca azione Business Game Metodologia EAS (Episodi di Apprendimento Situato) Tinkering Flipped classroom Lezioni Co.R.T Inquiry Based Science Education (IBSE) LIM TIC NELLA DIDATTICA Webquest SPECIALE Ragazzo selvaggio Pedagogia emendativa Didattica differenziale (Metodo Cervellati) Disadattamento scolastico Didattica personalizzata Handicap/Integrazione Relazione educativa Relazione Alunno/Sostegno Analisi Transazionale: Relazioni educative disfunzionali Mediatori didattici Pedagogia speciale Vettore di handicap Delega paradossa Riposizionamento Didattica dell’integrazione Clima inclusivo Didattica personalizzata e strategie di adattamento Materiale strutturato/non strutturato Organizzatori anticipati Apprendimento per scoperta Didattica integrata Acquisizione dell'autonomia MEDIAZIONE E STRATEGIE NELLA DIDATTICA SPECIALE PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO E DELL’APPRENDIMENTO Lo sviluppo è il processo evolutivo di un organismo con modificazioni di struttura, di funzione e di organizzazione. Tale processo può avvenire per tre cause: > > > maturazione intrinseca (sviluppo di FATTORI INNATI) influenza dell'ambiente apprendimento (FATTORI ACQUISITI), ovvero qualunque cambiamento della condotta prodotto dall'esperienza e soggetto, dunque, ad acceleramenti, regressioni e arresti a seconda delle sollecitazioni dell'ambiente. Lo sviluppo globale, dunque, dipende sia dal substrato ereditario, formato dal corredo genetico che fornisce le caratteristiche individuali di base nell'evoluzione fisiologica dell’uomo (genotipo), sia dall'azione dell'esterno (fattori ambientali), fino a rappresentare l’insieme dei caratteri di un organismo (fenotipo). Qual è la natura del cambiamento che caratterizza lo sviluppo? Secondo alcuni teorici, il cambiamento ha natura quantitativa: lo sviluppo, cioè, è considerato sotto forma di accrescimento, come somma e accumulazione progressiva di piccoli cambiamenti nel tempo. La tesi quantitativa è sostenuta dai comportamentisti, secondo cui l'individuo accumula neltempo esperienze e apprendimenti consequenziali, che ne plasmano la crescita e ne direzionano lo sviluppo. Tali teorie considerano il bambino un essere infinitamente plasmabile il cui sviluppo è interamente condizionato da fattori ambientali esterni. Se consideriamo lo sviluppo come un processo quantitativo, il cambiamento dovrà essere considerato graduale e continuo: l'individuo reagisce agli stimoli esterni e all'esperienza mediante maturazione e crescita continue. Secondo altri, invece, il cambiamento avrebbe una natura qualitativa, sarebbe cioè una trasformazione conseguente a specifici cambiamenti evolutivi. La tesi qualitativa, invece, è sostenuta dalle teorie organismiche, proposte da Piaget e Vygotskij, secondo cui l'individuo è attivo costruttore delle proprie conoscenze e competenze e lo sviluppo appare determinato da principi intrinseci piuttosto che da fattori ambientali esterni. Se immaginiamo lo sviluppo come un processo qualitativo, allora il cambiamento sarà caratterizzato da discontinuità: in questo caso, l'individuo passa da una fase all’altra di sviluppo mediante cambiamenti improvvisi che annunciano nuove acquisizioni. Quali processi causano questo cambiamento? Le teorie divergono tra i sostenitori: delle influenze ambientali > comportamentisti: le influenze ambientali sono determinanti e modellano il comportamento del bambino; dei fattori genetici > teorie innatiste: le ragioni dello sviluppo risiedono nella programmazione genetica, mentre le condizioni ambientali possono solo modulare, ma non determinare, le fasi e l'intensità dello sviluppo. Charles Darwin (1809-1882), con la sua teoria evoluzionistica, ha dato un primo grande contributo allo studio delle differenze individuali e alle teorie dello sviluppo. Darwin era un convinto assertore dell’esistenza di profonde analogie tra gli animali vertebrati e gli uomini: le differenze tra gli uni e gli altri erano per lui solo di natura quantitativa e non qualitativa. In tal senso egli teorizzò e credette di dimostrare l’esistenza di una continuità biologica tra vertebrati e uomini e, a supporto delle sue tesi, indagò sulle componenti istintuali comuni, come l’istinto materno. Le differenze individuali, che egli definì mutazioni, erano frutto di un processo di adattamento dell'individuo all'ambiente: tali differenze si mantenevano nel corso delle generazioni, e dunque in linea evolutiva, proprio per la loro utilità. Darwin distingue due fasi: la prima è caratterizzata dallo sviluppo di una varietà abbondante di individui; nella seconda fase, gli individui vengono selezionati con il criterio della sopravvivenza del più adatto (cd. selezione naturale). La prima fase è regolata dalla casualità, la seconda dalla necessità. Il meccanismo della selezione naturale determina la sopravvivenza e il successo riproduttivo delle varietà che posseggono i caratteri maggiormente adattativi. Questi caratteri sono ereditabili da una generazione all’altra. Il risultato di tale processo — detto di specializzazione e atto a determinare la nascita di nuove specie — è la formazione di un gruppo di individui che, rispetto a quelli considerati all’inizio, risultano essere diversi. Gli assunti di base del darwinismo, fatti propri dalla psicologia sono: > ilmetodo dell’osservazione e della registrazione sistematica; > l’esistenza di variazioni tra individui appartenenti alla stessa specie; > le analogie tra l’uomo e l’animale; > ilrapporto tra comportamento e ambiente; dallo studio di questo aspetto nacquero: = la psicologia comparata o animale: studio delle abitudini e dell’intelligenza animale; = l’etologia: disciplina fondata da K. Lorenz che studia i comportamenti e le abitudini degli animali e il loro adattamento all'ambiente; = la psicobiologia con lo studio delle basi biologiche del comportamento. L'approccio evoluzionistico viene contrastato dal filone sociologico e culturale, ovvero da coloro che, come il sociologo Émile Durkheim (1858-1917), sostengono il primato della società nello sviluppo individuale: è la società che condiziona obiettivi e bisogni, fornisce i mezzi di sussistenza e orienta le azioni individuali. Poiché gli individui vivono in gruppi sociali organizzati, essi sono fortemente condizionati dalle leggi che regolano la partecipazione alla vita comunitaria. La personalità del singolo quindi, si forma a partire dalla sua appartenenza ad un gruppo sociale. Definisce homo duplex un individuo teso tra due poli opposti: da un lato la sua individualità, che Durkheim considera profana, dall’altro il suo essere sociale, che considera invece sacro. Per il sociologo francese l'uomo necessita della società per essere migliore, la cui appartenenza deriva dallo sviluppo di una coscienza sociale (o collettiva), che gli permetta di comprendere di essere una parte del tutto. Secondo Durkheim, l'individuo privato della società si ritrova a vivere in una condizione di anomia, che indica la condizione di sradicamento sociale dell'individuo per la perdita delle norme di riferimento collettivo. Le teorie di Durkheim fanno parte delle teorie olistiche, che considerano la società come un organismo indipendentemente dai singoli elementi che la compongono: per questo non considera affatto la situazione psicologica degli attori sociali, considerandoli come elementi funzionali al mantenimento del sistema stesso. In De la division du travail social (1893) distinse tra la “solidarietà meccanica” (o istintiva) delle società primitive (semplici) e la “solidarietà organica”, cioè consensuale, tipica delle società più evolute (complesse). La solidarietà meccanica delle società semplici, antecedenti primitive delle nostre società, fa riferimento a un'unione basata su una forte similitudine tra gli individui, dovuta al fatto che non esiste una differenziazione ma una grande e onnipresente coscienza collettiva; il passaggio dalla società semplice a quella complessa è segnato dalla divisione del lavoro e quindi da una differenziazione: la solidarietà organica è dovuta al fatto che si ha coscienza di essere interdipendenti, come parti di un organismo. La nascita della psicologia dello sviluppo, come disciplina autonoma, avvenne ufficialmente nel 1882, anno in cui Wilhelm Preyer (1803-1889) pubblicò La mente del fanciullo, che si basava sull’osservazione di sua figlia. L’autore ne descriveva lo sviluppo dalla nascita ai primi 4 anni di vita illustrando come si evolvessero consapevolezza, intelligenza e volontà. Preyer propose una teoria che rappresentava una sintesi tra il primato biologico e quello sociale: affermò che l’eredità individuale è importante quanto l’attività intellettuale nella genesi della mente. Ci sono 3 grandi filoni teorici della moderna psicologia dello sviluppo: =» comportamentista =. organismico = psicoanalitico L'approccio comportamentista muove dall’assunto che l'individuo è plasmabile dalle influenze ambientali ed è predisposto a sviluppare processi di apprendimento costanti e progressivi, se sottoposto a giuste stimolazioni esterne: il bambino tenderà a ripetere quelle sequenze comportamentali rinforzate dall'esterno e a eliminare quelle che ottengono rinforzi negativi. Il focus di indagine è rappresentato dai processi di apprendimento, utilizzando come metodologia la sperimentazione di laboratorio e l'osservazione sistematica e controllata. La corrente più radicale si esprime con i concetti di condizionamento classico e operante, sintetizzabili nell'espressione apprendimento associativo, ovvero per stimolo-risposta. Noti a questo proposito sono gli studi del Nobel per la medicina Ivan Pavlov (1849-1936), il fisiologo russo che dimostrò, attraverso l'osservazione sistematica di cani sottoposti a particolari stimolazioni, il legame tra stimoli e risposte, secondo uno schema che viene definito condizionamento classico. Pavlov osservò che nei cani si produceva un’aumentata salivazione in conseguenza all'assunzione di cibo. Sfruttando quest’associazione di stimoli e introducendo quello che definì SC, ovvero uno stimolo neutro come un suono, ottenne ugualmente la reazione di salivazione, pur eliminando la somministrazione del cibo, confermando l'avvenuto apprendimento della risposta incondizionata per via associativa. >» SI- Stimolo incondizionato (cibo) >» RI- Risposta incondizionata (salivazione) > SC- Stimolo condizionato (suono) > RC- Risposta condizionata (salivazione) Il condizionamento operante è stato introdotto da Edward Lee Thorndike (1874-1949) e approfondito dallo psicologo statunitense Burrhus Skinner (1904-1990), secondo cui l'apprendimento avviene mediante “rinforzo” di una delle tante risposte presenti nel contesto. Nei suoi esperimenti condotti sui topi egli notò che il topo chiuso in una gabbia, se premeva una leva casualmente e otteneva cibo (rinforzo), apprendeva ad abbassare la leva per ottenerlo nuovamente. Dagli studi sul condizionamento operante deriva l'assunto secondo cui i comportamenti rinforzati positivamente tendono a ripetersi, quelli rinforzati negativamente o non rinforzati, tendono a estinguersi. Si distinguono, inoltre, i rinforzi primari, che soddisfano i bisogni fondamentali, come fame e sete, dai rinforzi secondari. Sempre di matrice comportamentista è la teoria dell’apprendimento sociale sviluppata da Albert Bandura (1925), che si discosta dal comportamentismo radicale di Skinner per l’importanza attribuita all'osservazione come mezzo di apprendimento anche in assenza di rinforzo (modeling). L'apprendimento non sarebbe più associato alla sola esperienza diretta, bensì all’imitazione di modelli mediante il processo di rinforzo vicariante, per cui le conseguenze relative al comportamento del modello (ricompensa o punizione) hanno lo stesso effetto sull’osservatore. In tale contesto, il bambino assume un ruolo attivo nel processo di organizzazione ed elaborazione degli stimoli: i rinforzi non derivano più dall'ambiente esterno ma dall’elaborazione individuale degli stessi (rinforzi intrinseci). ( Correnti dell’approccio comportamentistico ) Condizionamento operante Condizionamento classico Teoria dell’apprendi- mento sociale ( Apprendimento ) Pavlov: risposta incondizionata per via associativa Skinner: (comportamen- tismo radicale) l'apprendi- mento avviene mediante rinforzo Bandura: apprendimen- to mediante osservazio- ne/imitazione di modelli > imparare a conversare utilizzando le diverse funzioni del linguaggio in base al contesto e all’interlocutore. Lo sviluppo del linguaggio è un aspetto della capacità comunicativa caratterizzato da due proprietà: = la creatività, cioè la possibilità di produrre innumerevoli messaggi combinando tra loro un numero limitato di unità-base, cioè fonemi e parole; = l’arbitrarietà della relazione tra suoni e significati. La teoria innatista Noam Chomsky ipotizza l’esistenza di un dispositivo innato per l'acquisizione del linguaggio (LAD — Language Acquisition Device), un programma biologico per imparare a parlare, una sorta di grammatica universale (GU) contenente la descrizione degli aspetti strutturali condivisi da tutte le lingue naturali. L'acquisizione del linguaggio non consiste dunque nell’imitazione degli adulti, ma è un processo attivo di scoperta di regole e di verifica di ipotesi. Le ipotesi di partenza sono in numero limitato e già presenti nel LAD: questo spiega la rapidità con cui si impara a parlare e il fatto che le tappe dello sviluppo linguistico siano le stesse in tutte le culture e le classi sociali. Chomsky critica violentemente la posizione comportamentista di Skinner, secondo il quale sono fondamentali l'apprendimento per imitazione e l'insegnamento degli adulti: Infatti: > ilbambino è creativo nell’usare il linguaggio, cioè è in grado di capire e produrre espressioni NUOVE; > ilbambino produce un linguaggio più ricco di quello a cui è stato esposto. Sono stati criticati tre diversi aspetti della teoria: > considerare il linguaggio indipendente sia dall’intelligenza che dalla capacità comunicativa; > affermare che la competenza linguistica precede l'esecuzione (il bambino possiede le regole prima di saperle usare); > ritenere irrilevanti i discorsi che il bambino ascolta nel suo ambiente. Negli anni ‘70, infatti, va in crisi l’idea che il linguaggio si sviluppi indipendentemente dalle capacità cognitive e sociali. Si ritiene che i bambini debbano sviluppare una sufficiente conoscenza del mondo prima di cominciare a parlare e che tale conoscenza consentirà loro di esprimere verbalmente concetti e relazioni. L'ipotesi cognitiva riprende le ipotesi di Piaget sui rapporti tra linguaggio e pensiero: il linguaggio è un aspetto della capacità simbolica (sesto stadio sensomotorio) e segna il passaggio dall’intelligenza sensoriale a quella rappresentativa. Sempre in questo periodo (circa 18 mesi) i bambini acquisiscono altre capacità simboliche, come imitare e giocare a fare finta. Lo sviluppo cognitivo precede la comparsa del linguaggio e ne è l’origine. Piaget è in contrasto con Chomsky in quanto sostiene che l'esecuzione viene prima della competenza, cioè che il bambino impara facendo, agendo sulla realtà. Le prime espressioni verbali dei bambini sono “atti linguistici”, cioè frasi in cui il contenuto e il significato non coincidono (ad es. “Mamma calze”, nelle intenzioni di un bambino piccolo, può voler 9 dire sia “le calze di mamma” che “mamma mette le calze”): diventa allora importante la relazione tra linguaggio e contesto sociale nelle prime fasi di sviluppo. Bruner definisce formati di “attenzione condivisa” e di “azione condivisa” le sequenze sociali più significative per imparare ad esprimere le proprie intenzioni e quelle altrui: sono formati di gioco o routine che madre e bambino producono ripetutamente nell'interazione quotidiana. Egli si ispira alla teoria dello sviluppo cognitivo e linguistico di Vygotskij e critica la posizione di Piaget sul ruolo marginale dell’esperienza sociale nell’apprendimento. Secondo Bruner, si può ipotizzare che oltre al LAD (il dispositivo innato per l'acquisizione del linguaggio di Chomsky) debba esistere anche un LASS (Language Acquisition Support System), un sistema di supporto per l’acquisizione del linguaggio, corrispondente al ruolo dell'adulto e del contesto sociale nell’accompagnare il bambino nel mondo del linguaggio. > La fase prelinguistica (dalla nascita ai 9-10 mesi): i primi suoni prodotti dal neonato sono di natura vegetativa (sbadigli, ruttini, ecc.) o compaiono legati al pianto, che svolge un importante ruolo nel regolare l'interazione tra il bambino e gli adulti che lo allevano. Wolff ha individuato diversi tipi di pianto: di fame, di dolore, di “irritazione” (esso compare verso la terza settimana ed esprime il desiderio di attenzione del neonato: si placa solo se qualcuno interviene a intrattenere il bambino). Gradualmente, le cause del pianto e i mezzi capaci di inibirlo acquistano una natura sociale o psicologica. o 2-6 mesi: vocalizzazioni non di pianto e “protoconversazioni”, in cui il bambino risponde vocalizzando all’adulto che gli parla; 6-7 mesi: lallazione canonica e prosodia della lingua materna; 10-12 mesi: lallazione variata e proto-parole. > Gesti comunicativi 9-12 mesi): il bambino comincia ad utilizzare gesti performativi o deittici (indicare, offrire, mostrare), che esprimono un’intenzione comunicativa e si riferiscono ad un oggetto/evento esterno facilmente individuabile. Non sono azioni che permettano di raggiungere un obiettivo, ma comunicano ad altri tale obiettivo, e sono solitamente accompagnati dallo sguardo al destinatario del gesto. Di solito sono distali, cioè prodotti a distanza, e non implicano contatti col destinatario. Vengono usati per: o chiedere l’aiuto dell'adulto (richiesta); o attirare l’attenzione dell'adulto e condividere con lui l'interesse per un oggetto o evento esterno (dichiarazione). A partire dagli 11-12 mesi compaiono i gesti referenziali o rappresentativi, appresi per imitazione all’interno di routine sociali o giochi, che, oltre ad esprimere un’intenzione comunicativa, rappresentano un referente specifico, dato che il loro significato non varia secondo il contesto (fare “ciao” con la mano, scuotere la testa per “no”, agitare le mani per significare “uccello”, ecc.). Sono schemi gestuali tipici del primo sviluppo linguistico, che consentono al bambino di comunicare quando ancora non padroneggia l’uso delle parole. Le prime parole sono anch'esse inizialmente legate a contesti molto specifici. Quando il linguaggio verbale si consolida e il vocabolario raggiunge le 50 parole, l’uso dei gesti referenziali diminuisce fino a scomparire. 10 > Le prime parole (11-13 mesi): indicano persone della famiglia, oggetti quotidiani (piccoli e manipolabili, oppure che si muovono), azioni consuete. Inizialmente sono usate in contesti specifici: sono perciò legate a situazioni particolari (es.: chiamare “mamma?” in determinati contesti di necessità), ma in seguito si assiste ad una progressiva decontestualizzazione, per cui ilbambino comprende la relazione tra il suono (la parola) e il suo significato. Lo stesso processo di decontestualizzazione ha luogo nella comprensione del linguaggio, che precede e influenza la produzione verbale: il bambino inizialmente comprende semplici frasi dell’adulto solo in specifici contesti, ed in seguito sarà capace di produrne spontaneamente. > L'esplosione del vocabolario (2 anni): tra i 17 e i 24 mesi il ritmo di apprendimento di nuove parole accelera notevolmente, assumendo la forma di esplosione del vocabolario (da 5 a 40 nuove parole/settimana, 300/600 parole alla fine del 2° anno). Secondo gli studiosi tale esplosione non è una tappa universale: è stata riscontrata specialmente nei bambini di lingua inglese e inoltre può verificarsi in tempi e fasi diverse da bambino a bambino. Il bambino attribuisce al significato delle parole aspetti diversi da quelli che vi associa l'adulto, e commette frequentemente: > errori di sovraestensione: definisce “cane” ogni animale a 4 zampe; > errori di sottoestensione: chiama “bambola” solo la sua; > errori di sovrapposizione: dice “aprire” anche per accendere la luce. Il bambino impara inizialmente nomi categorizzabili ad un livello-base di generalità (es.: fiore), e soltanto in seguito apprende nomi più specifici (categorie subordinate: rosa, tulipano) o nomi più generali e astratti (categorie sovraordinate: piante, per indicare sia fiori che alberi). L'evoluzione del linguaggio infantile tende verso la progressiva convenzionalizzazione nell’uso delle categorie concettuali, cioè tende ad avvicinarsi al modello adulto. Già tra i 6 e gli 8 anni il bambino sa utilizzare termini sovraordinati e descrivere oggetti in modo complesso tenendo conto di diversi aspetti percettivi e funzionali: si avvia ad una conoscenza più astratta e condivisa della realtà. Lo sviluppo della grammatica (dalla fine del 2° anno ai 9— 10 anni) si distingue in due componenti: > lamorfologia (le regole che guidano la formazione delle parole: suffissi e prefissi per formare femminile/maschile, singolare/plurale, coniugazione dei verbi, ecc.); > la sintassi (le regole che guidano la formazione delle frasi: l’ordine delle parole, ecc.). Katherine Nelson (1973) ha distinto due diversi stili di acquisizione del linguaggio: > lo stile referenziale, caratterizzato da una produzione maggiore di nomi (oltre il 50% delle parole) e dalla rapidità dello sviluppo lessicale (vocabolario); > lo stile espressivo, caratterizzato dalla predominanza di pronomi, nomi propri e formule di interazione sociale e dalla rapidità dello sviluppo sintattico (formazione delle frasi). Oggi questi due stili vengono caratterizzati non solo come referenziale-espressivo, ma anche nominale-pronominale o analitico-olistico. Secondo quest'ultima proposta (Peters) il bambino impara a parlare ricorrendo a due diversi approcci, entrambi presenti: >» uno analitico, che gli permette di segmentare il linguaggio nelle sue unità minime, le parole; > uno olistico, che gli permette di usare unità linguistiche più ampie (le frasi) senza averle analizzate. | bambini differiscono a seconda del grado in cui ricorrono all’uno o all’altro. 11 > Reattivo: È l’altro sottoinsieme delle culture senza contatto. Le persone che ne fanno parte sono accomodanti e non conflittuali. Sono per lo più calme e non istigano o incoraggiano comportamenti aggressivi. Apprezzano il decoro e la diplomazia piuttosto che le emozioni per condurre le attività quotidiane. Sono ascoltatori molto pazienti e mostrano una comunicazione non verbale piuttosto neutra con espressioni poco marcate. Questo tipo include le culture del Vietnam, Cina e Giappone. Paul Watzlawick (1921-2007) è stato uno psicologo e filosofo esponente della statunitense Scuola di Palo Alto e tra i fondatori dell'approccio sistemico. Nel 1967 pubblica Pragmatics of Human Communication in cui sistematizza le conoscenze relative alla formulando i fondamentali assiomi della comunicazione umana: > L'impossibilità di non-comunicare (non si può non comunicare); > Livelli comunicativi di contenuto e di relazione (ogni messaggio ha un aspetto di contenuto e uno di relazione); > La punteggiatura della sequenza di eventi (una relazione va letto in funzione della punteggiatura delle sequenze di comunicazione); >» Comunicazione numerica e analogica (si comunica sia con la modalità numerica — linguaggi — che analogica — cinesica); > Interazione complementare e simmetrica (/e posizioni possono essere simmetriche o complementari — one-up / one-down). LO SVILUPPO DELL’IDENTITÀ Strettamente connessa allo sviluppo della dimensione emotiva è la formazione dell'identità, ovvero dell'idea che il bambino costruisce di sé. Si tratta di un aspetto dello sviluppo delle competenze sociali di un individuo che ne condiziona profondamente le capacità empatiche, essendo queste ultime basate sulla capacità di cogliere la prospettiva dell’altro e metterla in relazione con quella propria. Durante la fanciullezza, l'essere umano sviluppa la capacità di comprendere il ruolo dell'altro e assumere il suo punto di vista; inoltre, comincia a essere in grado di intendere alcuni aspetti del funzionamento della società, raggiungendo un primo accostamento al livello di conoscenza macro- sociale. Parallelamente alle conoscenze sugli altri, si sviluppano nel bambino le conoscenze sul sé. Durante gli anni della scuola elementare, la descrizione di sé passa gradualmente da un elenco di attributi fisici, comportamentali ed esterni, a rappresentazioni dei loro tratti, delle qualità interiori, delle credenze, dei valori. Questo sviluppo si rivolge verso un ritratto di sé psicologico e più astratto. Esiste un altro aspetto del concetto di sé, quello dell’autostima, basato sul giudizio dei sentimenti o delle qualità che si percepiscono come proprie. A partire dai 6 anni, i bambini cominciano a fare paragoni tra le informazioni sociali che ricevono, se sono più o meno competenti dei loro compagni. Questo tipo di paragone sociale aumenta con l’età e può diventare più forte se nell'ambiente della classe o sul campo del gioco è presente un'atmosfera competitiva. Tutto questo ha un riflesso sulla costruzione del sé del bambino: insorgono i primi dubbi sulle proprie capacità e il bambino comincia a percepire la differenza tra competenza e impegno. 14 Quest’età è importante anche per lo sviluppo di un senso più problematico dell’autoefficacia, cioè della percezione e della valutazione che il bambino ha delle proprie capacità di affrontare con successo un determinato aspetto della realtà. In questo contesto fondamentali sono le ricerche dello psicologo statunitense Robert L. Selman (1942) sullo sviluppo socio-cognitivo nell'infanzia e nella fanciullezza. In particolare, secondo Selman l’età scolare compresa tra i 6 e gli 11 anni è la fase in cui dalla separazione della famiglia e l'inserimento nel contesto scolastico deriva la costruzione di più avanzate competenze sociali. Risale a questo periodo l'acquisizione della capacità di Role-Taking o Perspecitve-Taking, ovvero la capacità di assumere un punto di vista diverso dal proprio. Selman propone 5 stadi di sviluppo delle abilità di Role-taking (assunzione di ruolo sociale e comprensione sé-altri): » Livello 0 (3 - 6 anni) > Indifferenziato/Egocentrico: non distingue caratteristiche fisiche e psicologiche di una persona, tra atti intenzionali e non intenzionali, tra mondo soggettivo e mondo oggettivo. Non esiste alcuna consapevolezza del fatto che gli altri possano interpretare un fatto in modo diverso da quanto fa il soggetto stesso; la diversità è accettata solo a livello percettivo e non a livello cognitivo. » Livello 1(6-8 anni) > Differenziato/Soggettivo: riconosce l’esistenza di prospettive diverse ma non ha la capacità di metterle in rapporto. C'è maggiore uniformità tra pensieri e sentimenti; si acquisisce la differenziazione tra caratteristiche fisiche e psicologiche e si distinguono atti intenzionali. » Livello 2 (9 anni) > Autoriflessivo/Reciproco: si riconosce la prospettiva dell'altro come diversa dalla propria. Si comprende che l’altro può avere sentimenti e pensieri non solo diversi ma molteplici. Le differenze non sono più solo fisiche, tra sé e l’altro, ma anche di pensiero e di emozione. » Livello 3 (11 anni) > Assunzione del punto di vista altrui/Reciproco: riesce a porsi al di fuori della relazione e a riconoscere il punto di vista di una terza persona. Parliamo quindi della nascita di un «io osservante». Considera simultaneamente più prospettive e più relazioni. » Livello 4 (+12 anni) > Sociale/Simbolico: emozioni, azioni e pensieri sono inseriti in un sistema più complesso di relazione e si comprende che essi possono anche essere inconsapevoli. La personalità emerge come concetto che attiene ad un sistema di tratti, credenze, valori. Le prospettive possono essere molteplici, diverse ed espresse anche attraverso i sentimenti. Si supera il punto di vista della terza persona e si comprende che esiste un livello più alto, legato alla morale sociale. Ci sono due grandi teorie che si sono occupate di analizzare lo sviluppo dell’identità e in particolare hanno legato tale sviluppo alla sessualità: la psicoanalisi e la teoria dello sviluppo psicosociale. La psicoanalisi può essere definita un “modello energetico della motivazione” poiché postula che alla base di ogni comportamento vi sia la necessità di scaricare energia che, altrimenti, diventerebbe insostenibile. La teoria psicoanalitica fa capo al neurologo e psicoanalista austriaco Sigmund Freud (1856-1939) noto per aver scoperto il ruolo dell’inconscio nei processi psichici. 15 Freud muove dal presupposto che la base delle successive relazioni sia il rapporto madre-bambino e che tale relazione fosse regolata da una motivazione secondaria. Infatti, alla nascita, l'individuo ha due tipi di istinti fondamentali: = quelli libidici, nei quali sono ricompresi gli istinti vitali che riguardano i bisogni fisiologici legati alla sopravvivenza; = quelli aggress Il bambino, secondo Freud, è per un lungo periodo totalmente narcisista e agisce solamente per i, che successivamente evolveranno nell’istinto di morte. ottenere la gratificazione degli istinti vitali: il bambino mostra affetto per la madre poiché è lei che si occupa del suo benessere e che soddisfa i suoi bisogni primari. L’istinto libidico tenderà successivamente ad investire particolari zone del corpo chiamate zone erogene. A seconda delle diverse zone interessate, si distinguono 5 stadi psicosessuali. La teoria freudiana è dunque una teoria stadiale: lo sviluppo viene suddiviso in diverse fasi, ciascuna delle quali definisce come si evolve l'energia libidica. > Il primo stadio, quello orale, corrisponde ai primi 18 mesi di vita. | primi contatti delbambino con il mondo si sviluppano per il tramite della bocca: pertanto, la regione orale diventa il mezzo privilegiato di rapporto con la madre, vissuta come un oggetto che gratifica il bambino tramite l’alimentazione. Aggressività e pulsione libidica si intrecciano e si manifestano già nel neonato che, allattato al seno, morde il capezzolo della madre. Questo stadio termina con lo svezzamento: il bambino deve ora abituarsi ad un tipo diverso di alimentazione e, di conseguenza, anche ad avere con la madre un rapporto diverso. >» Nel secondo stadio, detto anale, che va dai 18 ai 36 mesi, tutta l'energia libidica è concentrata nella dinamica ritenzione-espulsione delle feci. Spesso, in tale fase, i genitori possono diventare ossessivi circa il controllo degli sfinteri, nel senso di pretendere che il figlio acquisti al più presto questa capacità. È in questo stadio che può sorgere un conflitto tra autonomia del bambino e tendenza dei genitori a imporre propri tempi e bisogni. In tal senso il bambino, attraverso una serie di comportamenti oppositivi alle richieste genitoriali, manifesterebbe la propria aggressività. > Il terzo stadio, quello fallico, va dai 3 ai 5 anni. L'attenzione viene spostata ai genitali e alla scoperta delle differenze legate al possesso del pene. Freud colloca in questo periodo il complesso di Edipo, che si manifesta nell’emersione di desideri incestuosi verso il genitore del sesso opposto e rivalità e gelosia verso il genitore dello stesso sesso. Per la teoria freudiana, tutto il resto dello sviluppo è condizionato in modo positivo o negativo dal superamento o meno di tale complesso. Per il maschio egli identifica il superamento di questa fase con il manifestarsi del complesso di castrazione, cioè del timore di essere evirato dal genitore prima odiato e ora elevato a modello. In questa fase, il bambino tenderà a identificarsi con il padre: interiorizzando il padre, egli ne assumerà il potere. Il processo di identificazione è dovuto a quello che Freud considera il tabù più importante, perché fonda il genere umano: il tabù dell’incesto. Lo stesso processo, ma con i ruoli scambiati, avviene per le femmine: solo che la bambina proverà meno angoscia, perché per lei la vagina rappresenta già una castrazione avvenuta. E ciò costituirà poi, secondo Freud, il problema irrisolvibile della donna: l'invidia del pene. 16 stato in cui v'è una coesistenza della scissione e dell'angoscia persecutoria. L'angoscia nasce per lei dal timore di annientamento e le prime difese mosse dall'Io verso questa primordiale pulsione di morte sono la scissione, proiezione e introiezione. In questo stadio dunque la meta dell'Io è quella di introiettare l'oggetto ideale - solitamente percepito come unico - e tenere fuori gli oggetti persecutori - solitamente visti frammentati e molteplici. È qui che si forma la posizione schizo-paranoide, utilizzata come difesa, che nasce durante la prima scissione tra un seno buono ed uno cattivo. La Klein introduce inoltre un nuovo meccanismo, l'identificazione proiettiva, in cui ad essere introiettati nella fantasia non sono solo gli impulsi, ma anche parti del Sé e dei suoi prodotti corporali e poi proiettati su di un oggetto esterno. > Posizione depressiva: in questa fase dello sviluppo da 5 a 12 mesi sono centrali i concetti di integrazione, elaborazione del lutto e riparazione. Il seno onnipotentemente buono e cattivo non viene più scisso in due oggetti separati, come accadeva nella posizione schizoparanoide, ma viene sperimentato come oggetto totale, nel quale sono integrati, cioè, sia gli elementi gratificanti che quelli frustranti (integrazione). Si passa così da un mondo oggettuale totalmente fantasmatico ad una conciliazione delle percezioni interiori con gli attributi reali dell'oggetto. Il pensiero da onnipotente diventa ambivalente. Tale posizione coincide con il periodo dello svezzamento. Il bambino si scopre dipendente dalla madre per la soddisfazione dei propri bisogni, ma allo stesso tempo sperimenta l'impotenza perché non può trattenerla sempre con sé. Sviluppa così un atteggiamento depressivo. Tale depressione, come già aveva scritto Freud, è la stessa che caratterizzerà il lutto: il bambino interpreta lo svezzamento come perdita del seno buono, dal quale deve necessariamente separare la propria identità, se vuole sopravvivere, allo stesso modo in cui La Klein colloca in questa fase la nascita del simbolo inteso come sostituto dell'oggetto sul quale il bambino può scaricare le pulsioni libidiche ed aggressive senza temere di danneggiare il seno buono. Heinz Kohut fonda la Psicologia Psicoanalitica del Sé, uno dei pilastri della psicologia dinamica, assieme alla teoria delle relazioni oggettuali, alla teoria delle pulsioni di Sigmund Freud, alla psicologia dell'Io di Anna Freud e alla teoria dell'attaccamento. Il costrutto psicologico è nato come necessità di un modello che spiegasse le problematiche narcisistiche (nevrosi o disturbi della personalità) dei pazienti che Kohut aveva in cura. | suoi pazienti erano affetti da disturbi depressivi e maniacali (definiti anche disturbi bipolari o psicosi maniaco- depressiva), sentimenti di grandiosità, estrema sensibilità e vulnerabilità alla propria autostima e al giudizio altrui. Questi disturbi vennero in seguito associati a difficoltà narcisistiche ed empatiche. La sua teoria si basava sul "senso di Sé", ed il Sé divenne quindi un oggetto proprio dell'analisi, con una sua formazione, una storia, un'evoluzione e, conseguentemente, soggetto a patologie (disturbi di personalità). Secondo la psicologia del Sé di Kohut questi disturbi sono riconducibili al deficit di funzioni che avrebbero dovuto essere svolte dalle figure parentali nei primi anni di vita del bambino: al Sé materno spetta il compito di guidare il senso di grandezza e di perfezione del bambino (funzione speculare), al Sé paterno quello di fornire un ideale da prendere a modello (funzione 19 idealizzante). La carenza o mancanza di tali funzioni, dovute in parte, secondo Kohut, alle mutate condizioni sociologiche che tengono spesso lontano i genitori dai figli, impediscono all’individuo di strutturare la parte di Sè solida, stabile e fiduciosa, che nel corso della vita genererà ideali, principi, talenti e ambizioni personali che costituiscono il nucleo esistenziale dell'essere umano. La psicologia del Sé concepisce la vita psicologica dell'individuo, sin dalla sua origine, come un rapporto tra il Sé e l'oggetto Sé, ovvero quegli oggetti, originariamente rappresentati dagli altri parentali e in seguito interiorizzati, che esercitano la funzione di supporto nel processo di formazione dell’identità del Sé. Si sposta dunque da una teoria pulsionale (istintiva/biologica) proposta da Freud, ad una teoria del deficit, che ritiene le mancanze sopra-descritte, dovute a relazioni significative fallimentari e deficitarie, le vere responsabili dei disturbi narcisistici. Donald Winnicot ha introdotto il termine Holding (letteralmente "sostegno") per definire la capacità della madre di fungere da contenitore delle angosce del bambino. L’holding è la capacità di contenimento della madre sufficientemente buona, la quale sa istintivamente quando intervenire dando amore al bambino e quando invece mettersi da parte nel momento in cui il bambino non ha bisogno di lei. All'interno dell’holding il bambino può sperimentare l'onnipotenza soggettiva, ovvero la sensazione di essere lui, con i suoi desideri, a creare ogni cosa. Questa esperienza è necessaria ed indispensabile per il sano sviluppo dell'individuo, e può verificarsi soltanto all'interno di uno spazio fisico e psichico (un holding environment) che possa permettere la sua espressione. Per Winnicott il bambino inizialmente vive in una realtà costruita soggettivamente, dove tutto (compresa la madre) è sotto il suo controllo onnipotente; in questa realtà il bambino crede di costruire la madre con i suoi desideri. Gradualmente dovrà abbandonare questa visione edonistica per abbracciare una visione dello spazio oggettivo condiviso, dove la madre esiste indipendentemente dalla volontà egoistica del bambino. Tuttavia, tra le due forme di realtà ne esiste una terza, lo spazio transizionale, il quale è sia costruito soggettivamente che percepito oggettivamente. L'esperienza transizionale (della quale fanno parte gli oggetti tran. nali), avendo la caratteristica di entrambe le forme di realtà, permette al bambino di spostarsi verso una realtà oggettiva condivisa, senza esserne traumatizzato. Inoltre permette lo sviluppo della capacità di vivere nella realtà oggettiva riuscendo però a conservare il nucleo dell'onnipotenza soggettiva, che permetterà l'espressione dell'originalità e della passione nell'individuo. Per Winnicott l'esperienza transizionale è una sorta di luogo psichico dove il bambino può giocare creativamente, e per questo motivo Winnicott assimila le esperienze culturali umane alle esperienze transizionali. In ogni caso, lo spazio transizionale non consiste solo in una fase evolutiva dello sviluppo psichico umano, ma è anche e soprattutto lo spazio potenziale tra individuo e ambiente, in cui si modella in "tutte le età successive dell'uomo" ogni forma di processo mentale creativo. All'interno dello spazio transizionale acquista notevole importanza l'oggetto transizionale. Questo termine denota un oggetto, generalmente di qualità tattile-pressoria (lembo di coperta, peluche, pezzo di stoffa, giocattoli, ecc.) che viene acquisito dal bambino per aiutarlo nel suo sviluppo psicologico; esso viene ad essere il primo oggetto assimilato dal bambino come "non-me". Tale oggetto, rappresentando l'unione con la madre, ne permette anche il distacco e l'autonomia da essa, un processo definito come individuazione-separazione. Quindi l'oggetto transizionale permette l'ammortizzazione del passaggio dallo stadio dell'onnipotenza soggettiva a quello della 20 realtà oggettiva condivisa, e lo fa rappresentando in maniera pre-simbolica l'area (o spazio) transizionale, uno spazio dove la madre non è né costruita soggettivamente né esistente oggettivamente. Winnicott definisce madre sufficientemente buona quella madre che, in maniera istintiva, possiede le capacità di accudire il bambino dosando opportunamente il livello della frustrazione che il bambino subisce. La madre sufficientemente buona possiede la cosiddetta preoccupazione materna primaria, uno stato psicologico indispensabile perché essa possa fornire le cure adeguate al piccolo e che le permette di "fornire il mondo" al bambino con puntualità, facendogli sperimentare l'onnipotenza soggettiva. Tra i compiti della madre, infatti, vi è anche quello di presentare il mondo al bambino (presentazione degli oggetti); la madre sufficientemente buona sa istintivamente quando presentare gli oggetti al piccolo, quando accudirlo, quando e come fargli sperimentare frustrazioni lievi facendo sì che il suo sviluppo proceda senza intoppi e senza traumi per lui soverchianti. Allo stesso modo Winnicott parla di madre non sufficientemente buona intendendo quella madre, in genere vittima di psicopatologie depressive o simili, che fornisce al bambino cure senza creatività, senza adattarsi a lui e in maniera meccanica; con una madre non sufficientemente buona il bambino smetterà presto di vivere nell'illusione che sia lui a creare e distruggere gli oggetti, e vivrà in un mondo, presentatogli dalla madre, alla quale egli dovrà essere accondiscendente: la creatività nascente potrebbe così essere uccisa. Anziché essere la madre ad adattarsi al piccolo, in questo caso sarà il piccolo a doversi adattare alla madre (o alla principale figura di accudimento). La madre non sufficientemente buona può distruggere in maniera traumatica l'esperienza dell'onnipotenza soggettiva del bambino, favorendo in particolare lo sviluppo di un falso sé o doppio legame. Winnicott indica, con iltermine Falso sé, le situazioni nelle quali il paziente avverte un pesante senso di inutilità soggettiva, di non esistenza. Il Falso Sé deriverebbe da un rapporto primario madre- bambino insoddisfacente, quindi da una madre che non ha risposto in maniera soddisfacente ai bisogni del bambino. In questo caso non si parla tanto di bisogni fisiologici, quanto dei bisogni di crescita, di onnipotenza, di creazione e distruzione dell'oggetto. Inizialmente, infatti, è importante che il bambino sperimenti l'onnipotenza soggettiva, vivendo nell'illusione di essere lui (con i suoi desideri) a creare e distruggere la madre. Successivamente, grazie all'esperienza e all'oggetto transizionale, potrà muoversi verso un terreno di realtà condivisa, meno egocentrico. Per fare ciò ha bisogno di una madre sufficientemente buona che lo sottoponga a delle frustrazioni ottimali, che il piccolo possa recepire in maniera non traumatizzante. La madre non sufficientemente buona, invece, interrompe bruscamente l'onnipotenza soggettiva del bambino, tarpandone le ali e impedendo la crescita del vero sé: è in questo modo che si forma il falso Sé, un Sé privo di energia soggettiva, fatto di accondiscendenze, non creativo, senza spinta. AI contrario, il Vero Sé è quello nato dal normale superamento dell'onnipotenza soggettiva, la quale rimane come base del vero nucleo della personalità, la fonte di energia dalla quale si sviluppano gli aspetti periferici della personalità. Il Falso Sé non corrisponde però ad una psicopatologia, ma viene piuttosto ad indentificarsi come una non creatività, ad un non stato del vero Sé dovuto a delle carenze nelle cure materne; si passa così da una teoria del conflitto, tipica della psicoanalisi freudiana, della psicologia dell'Io e delle concezioni kleiniane, a una teoria del deficit che presuppone l'assenza o la carenza di importanti elementi dello sviluppo. 21 32 episodio. Entra un estraneo che siede prima in silenzio, poi parla con il genitore e successivamente coinvolge il piccolo in qualche gioco. 42 episodio. Il genitore esce lasciando il bambino con l'estraneo. 52 episodio. Successivamente rientra il genitore nella stanza ed esce lo sconosciuto. 62 episodio. In questo episodio il genitore lascia di nuovo il bambino; questa volta solo. 72 episodio. Entra l'estraneo e, se necessario, cerca di consolare il bambino. 82 episodio. Il genitore rientra nella stanza. Nella strange situation i principali stili di comportamento attivati sono: > ilcomportamento esploratorio; >» ilcomportamento prudente o timoroso; >» ilcomportamento di attaccamento; > ilcomportamento socievole; > ilcomportamento arrabbiato/resistente. La sequenza osservativa di tutte le fasi della strange situation, permette di definire quattro tipologie di attaccamento che legano il caregiver al bambino: >. stile sicuro: il bambino esplora l'ambiente e gioca sotto lo sguardo vigile del caregiver con cui interagisce. Quando il caregiver esce e rimane con lo sconosciuto il bambino è visibilmente turbato. AI ritorno del caregiver si tranquillizza e si lascia consolare. > stile insicuro-evitante: il bambino esplora l'ambiente ignorando il caregiver, è indifferente alla sua uscita e non si lascia avvicinare al suo ritorno. > stile insicuro-ambivalente: il bambino ha comportamenti contraddittori nei confronti del caregiver, a tratti la ignora, a tratti cerca il contatto. Quando il caregiver se ne va e poi ritorna risulta inconsolabile. > stile disorganizzato: il bambino mette in atto dei comportamenti stereotipici, ed è sorpreso/stupefatto quando il caregiver si allontana. Attraverso una serie di sperimentazioni con la strange situation, Mary Ainsworth e John Bowlby hanno potuto notare come il comportamento di attaccamento sicuro, osservato tra la madre e il suo bambino, oltre a fornire protezione al piccolo, serviva a costituire una "base sicura" a cui il bambino potesse ritornare nelle fasi di esplorazione dell'ambiente circostante. Questa "base sicura" permette così di promuovere nel bambino un senso di fiducia in sé stesso, favorendone progressivamente l'autonomia. Le ricerche di Bowlby e gli esperimenti della Ainsworth hanno dimostrato che ogni esperienza di separazione dal caregiver, o anche di semplice minaccia di separazione, determinano nel bambino una reazione di protesta ansiosa e una riduzione del comportamento di esplorazione autonomo. A parere di Bowlby, diversi disturbi infantili e alcune psicopatologie adulte sono imputabili allo stress provocato da queste ripetute esperienze traumatiche. Separazione e minaccia di separazione costituiscono forme di deficit parentale e contribuiscono ad accrescere la dipendenza del bambino dal caregiver. Harry Harlow attuò alcuni esperimenti volti a comprendere come si formi il legame materno tra madre e figlio. Egli tentò di stabilire l’importanza del bisogno di cibo e del bisogno di conforto nei i macaco dalle madri biologiche bambini. In una serie di famosi esperimenti separò alcuni neonati 24 e li allevò in gabbie insieme a madri “surrogate”. Le scimmiette dovevano effettuare una scelta tra due alternative: una surrogata fatta di fil di ferro con un biberon di latte attaccato e l’altra, fatta di spugna morbida e soffice ma priva di biberon. Harlow scoprì che le scimmiette passavano la maggior parte del tempo aggrappate alla mamma di spugna, sebbene questa non offrisse loro alcun nutrimento. In un altro esperimento collocò le scimmiette in gabbie contenenti solo una delle due surrogate. Le scimmie che erano nella gabbia con la madre di spugna si sentivano relativamente sicure e si lasciavano andare al nuovo ambiente esplorandolo, correndo dalla “mamma?” e aggrappandosi a lei non appena un forte rumore le spaventava. In modo differente le scimmie in gabbia con la madre surrogata fatta di fil di ferro non esploravano l’ambiente, se spaventate rimanevano immobili e si rintanavano oppure correvano all'impazzata da una parte all'altra della gabbia. Harlow dimostrò che le scimmiette avevano un bisogno innato di contatto e conforto, fondamentali quanto il cibo. Tale constatazione mise in dubbio le teorie dell’attaccamento basate sull'amore interessato” (molto popolari tra i comportamentisti e gli psicoanalisti) secondo cui il neonato si legherebbe alla madre soprattutto perché quest'ultima è in grado di soddisfare il suo istintivo bisogno di nutrimento. A tal proposito Harlow si spinse a ritenere che gli stessi padri fossero capaci, proprio come le madri, di prendersi cura della prole. Daniel Stern è un esponente del movimento dell’/nfant Research, importante filone di ricerche sullo sviluppo psichico infantile secondo cui lo sviluppo del bambino è reso possibile grazie alle particolari esperienze che avvengono all’interno delle interazioni tra il bambino e i suoi caregiver. Il modello teorico alla base del contributo di Stern è la teoria dell’attaccamento elaborata da Bowlby, secondo la quale il bambino possiede sin dalla nascita una naturale tendenza alla ricerca e al mantenimento della relazione con l’altro. È proprio questa spinta motivazionale che guida l'evoluzione individuale e rende possibile l’interiorizzazione di un'immagine di Sé e dell'altro sulla base delle dinamiche che si instaurano all’interno delle relazioni con le figure primarie e, successivamente, che accompagnano la persona nel corso della propria vita. Secondo Stern il bambino possiede un Sé emergente sin dalla nascita, il cui percorso può essere ostacolato o facilitato sin dalle prime esperienze relazionali. Lo sviluppo del Sé avviene per tutto l’arco di vita, ma si concentra soprattutto in una zona di massimo potenziale che attraverso quattro fasi. Questi stadi sono temporalmente collocati nei primi due anni di vita così suddivisi: > Fase del Sé emergente (dalla nascita al compimento del secondo mese di vita): si tratta del primo contatto che il neonato fa con il mondo esterno. La relazione primaria gli permette di fare esperienza e di confrontarsi con un’ampia varietà di stimoli che il piccolo impara man mano a mettere insieme. Tale integrazione permette al bambino di gettare le fondamenta per acquisire la capacità di apprendere e creare, dando un senso al mondo. > Fase del Sé nucleare (fino ai sei mesi): mira all’ampiamento delle prime capacità di attribuzione di senso acquisite nello stadio precedente. Il bambino è ora in grado di organizzare la propria esperienza in ricordi episodici caratterizzati dall’associazione di determinati stimoli e risposte relazionali, come accade nel caso del pianto e del successivo nutrimento da parte della madre. Partendo dai fatti episodici e circoscritti, il bambino impara pian piano a generalizzare tali conoscenze ad altri ambiti e a fare previsioni che ne 25 influenzano le aspettative future. Il traguardo principale raggiunto in questo stadio evolutivo è pertanto rappresentato dall’acquisizione di una prima immagine di sé come centrale, dotata di caratteristiche proprie e distinte dagli altri. Le previsioni rispetto agli eventi futuri che maturano in questa fase influenzano ciò che il bambino si aspetta dall'altro, configurandone lo stile di attaccamento primario che lo accompagnerà dall'infanzia e, solitamente, resterà pressoché invariato anche nell’età adulta. > Fase del Sé soggettivo (dai 7 ai 15 mesi): questo step rimarca ulteriormente la rappresentazione del Sé come di qualcosa di distaccato dall'altro, separando la propria realtà soggettiva da quella percepita dagli altri. In questo momento di vita la sintonizzazione emotiva tra il bambino e le figure primarie riveste un ruolo cruciale in quanto aiuta il bambino ad affrontare tale divario. La presenza di eventuali lacune all’interno di tale sintonizzazione rappresenta un potenziale pericolo nello sviluppo del Sé in quanto può privare il bambino delle competenze relazionali necessarie a interagire con l’altro. > Fase del Sé verbale (15 mesi): il bambino acquisisce importanti abilità legate alla rappresentazione simbolica e allo sviluppo del linguaggio, iniziando ad elaborare rappresentazioni mentali più complesse ed astratte. L'acquisizione delle competenze comunicative legate all'utilizzo del linguaggio gli permette di interagire con l’altro vivendo la relazione sulla base dei propri bisogni individuali e sul riconoscimento di quelli altrui, facilitato dall'apprendimento della competenza linguistica e della maturazione raggiunta attraverso il superamento delle fasi precedenti. Secondo Margaret Mahler la nascita psicologica e quella biologica non coincidono; ma la prima è un processo le cui tappe fondamentali si svolgono nelle prime fasi di vita, ma che comunque proseguono anche oltre. Nel modello Mahleriano, sono previste diverse fasi della nascita psicologica. > Nelle prime quattro-cinque settimane di vita il bambino vive una fase di cosiddetto autismo normale, che si caratterizza per la mancanza relativa di investimento agli stimoli esterni. In questo periodo il bambino ha lunghi periodi di sonno, sonnolenza, e semi-veglia, di durata maggiore rispetto alla veglia attiva. Il bambino non ha consapevolezza del suo caregiver, ma ciò che regola il suo ritmo sonno/veglia sono lo stimolo della fame e l'alternanza bisogno- soddisfazione. > La seconda fase del modello Mahleriano è detta simbi ‘a, e dura fino al quarto mese. Il bambino comincia ad avere una vaga consapevolezza dell'agente di cure. Il bambino si comporta e agisce come se lui e la madre fossero una sorta di unità onnipotente, racchiusa dentro uno stesso confine; si tratta di uno stato di non-differenziazione (definito "fusione somatopsichica allucinatoria o illusionale onnipotente"), con la rappresentazione della madre. È una simbiosi impropriamente detta, perché il rapporto non è alla pari, ma il bambino è estremamente dipendente. > L'ultima fase del modello è il cosiddetto processo di separazione-individuazione, che avviene tra il quarto mese e il terzo anno di vita. L'individuazione riguarda la maturazione e la strutturazione del senso di identità; mentre la separazione ha una dimensione 26 > Dopo il terzo mese: cessazione del pianto, stato letargico. Questi sintomi scompariranno solo quando il bambino ritrova la madre o trova qualcuno che voglia prendersi cura di lui. Un trauma del genere non si risolve del tutto in poco tempo, anzi qualora non dovesse essere superato Spitz afferma, e dimostra, la presenza di ritardi di sviluppo nella totalità dei soggetti osservati e di un aumento del tasso di mortalità. Erik Erikson (1902-1994) è l’unico autore che ha fornito un quadro completo dell'intero ciclo vitale dell’uomo: dalla nascita alla vecchiaia. Nell'ambito della psicologia dello sviluppo sono noti i suoi studi sui bambini Sioux e gli Youk, nonché sui giochi di bambini normali e disturbati e sulle crisi adolescenziali. Allievo di Freud, l’apporto teorico più significativo alla teoria dello sviluppo è rappresentato dall’elaborazione di un modello di sviluppo psicosociale di tipo stadiale, diviso in 8 stadi. La sua teoria mantiene in comune con la matrice originale l'assunto dell’esistenza dell'inconscio. Tuttavia Erikson, a differenza di Freud, attribuisce notevole importanza alla dimensione socio- culturale e ridimensiona la componente sessuale, che nella teoria freudiana è un caposaldo. Per Freud lo sviluppo della personalità ha una conclusione nel periodo adolescenziale, per Erikson procede per tutta la vita sino alla morte. Erikson polarizza il proprio interesse sull’interazione tra individuo e ambiente (familiare e sociale), tanto da definire gli stadi di sviluppo come stadi psicosociali, a differenza di Freud che aveva parlato di stadi psicosessuali. Lo scopo fondamentale dell’uomo è la ricerca di una propria identità, passando attraverso una serie di tappe evolutive che sono caratterizzate da una coppia antinomica: una conquista e un fallimento. Tale situazione (come per es. fiducia-sfiducia) è definita «qualità dell'Io». Questi stadi non sono, come per Freud, definiti da specifici momenti biologici, bensì da specifiche crisi psicosociali. Ogni tappa deve portare al rinforzo della specifica qualità positiva dell’lo: solo in tal modo il soggetto può accedere validamente allo stadio successivo. Le qualità dell'Io sono esperite come vissuti (quindi accessibili all’introspezione), come modalità comportamentali (quindi osservabili) e come strutture del mondo interno (quindi inconsce). >» stadio (0 — 1 anno): fiducia/sfiducia + la condizione di fiducia nasce da un rapporto affettivo incentrato sulla figura della madre e caratterizzato da ripetitività e costanza. Secondo Erikson, tale rapporto non è di tipo quantitativo ma qualitativo: la fiducia dipende, cioè, non dal nutrimento ricevuto o dalle manifestazioni d'affetto, ma piuttosto dalla qualità del rapporto con la madre. Ciò che consente alla madre di fondare la fiducia nei loro figli è una combinazione di sensibilità per le esigenze individuali del bambino e di fiducia in sé stessa. Dunque, è l’insieme del contesto sociale che contribuisce a creare il sentimento di fiducia: infatti, la madre riesce a trasmettere fiducia al bambino nella misura in cui è supportata dall'intero nucleo familiare che rappresenta per il bambino il contesto sociale di riferimento. Il mancato sviluppo della fiducia provoca nel bambino sfiducia e impedisce la creazione di un lo solido. > Il stadio (1 — 3 anni): autonomia/vergogna, dubbio + corrisponde ad un periodo estremamente delicato per il bambino, in cui il riferito è la famiglia. L'acquisizione del linguaggio, la capacità di deambulare e di controllare gli sfinteri rende autonomo il bambino 29 ma nel contempo lo espone a dei rischi: la paura di non essere compreso nel parlare, così come la paura di cadere, espone il bambino al timore di essere giudicato (vergogna, per esempio, in caso di caduta) e deriso dagli altri (dubbio, il timore di essere preso in giro). In questo stadio il bambino deve essere dunque guidato e rassicurato fino a quando non acquisirà la padronanza piena di queste abilità necessarie ad integrarsi nell'ambiente che lo circonda. Ill stadio (4—5 anni): ativa/senso di colpa > lo spirito di iniziativa è legato alla conquista dell'autonomia e alla consapevolezza della propria capacità di progettare e realizzare i propositi. Tale periodo è contraddistinto da iperattività e manifestazioni talvolta violente che possono essere vissute dai genitori come comportamenti aggressivi, negativi, da correggere: in questa fase, il bambino si interfaccia in modo irruento con gli oggetti e in modo aggressivo con i suoi compagni di giochi, assumendo spesso un atteggiamento di sfida nei confronti dei genitori (legati anche all'emergere della consapevolezza delle differenze sessuali). Erikson ritiene che questo stadio sia estremamente importante per lo sviluppo di un lo equilibrato: occorre evitare di far vivere ai bambini le manifestazioni di aggressività come qualcosa di «cattivo», di lesivo per gli altri, altrimenti il rischio è che sviluppino un senso di colpa. È in tale periodo, infatti, che comincia a formarsi nei bambini il senso della morale e del dovere: se in questa fase non si sviluppa un atteggiamento positivo nei confronti dello spirito di iniziativa, il rischio è che i bambini si sentano frustrati o repressi nei loro desideri o che, sul versante opposto, si lascino andare ad atteggiamenti irrispettosi nei confronti degli altri e di eccessivo individualismo. | riferimenti in questa fase sono la famiglia ed eventualmente la scuola. IV stadio (6— 11 anni); industriosità/senso di inferiorità > il bambino fa il suo ingresso nella vita sociale mediante l'inserimento nel contesto scolastico: dovrà confrontarsi con nuove realtà, entrare in competizione, misurarsi con la capacità di apprendimento. Il concetto di industriosità si riferisce alla possibilità che il bambino ha di ottenere l'approvazione sociale grazie alla propria produttività (imparando a leggere, a scrivere, partecipando alle attività di gruppo, etc.), ma può anche suscitargli un senso di inadeguatezza e inferiorità se, nel confronto con i suoi compagni, non riesce a integrarsi costruttivamente. In questo periodo l'aggressività e l’irruenza tipiche dello stadio precedente vengono sostituite da perseveranza, costanza, che diventano qualità importanti. Le figure di riferimento sono i coetanei (compagni di classe e amici di famiglia). V_stadio (12 — 18 anni): identità/dispersione (o confusione dei ruoli) > è il periodo dell'adolescenza, caratterizzato da importanti cambiamenti fisici che inducono il bambino a mettersi in discussione e a ricercare la sua identità per svilupparne una nuova e definitiva in cui la maturità sessuale è una nuova componente. Si tratta della fase in cui l'adolescente sperimenta esperienze nuove in grado di affrancarlo definitivamente dalla famiglia: lo sviluppo delle prime forti passioni, l'emergere delle attitudini innate, la possibilità di ricoprire in prima persona dei ruoli sociali. Anche i primi amori, caratteristica fondamentale di tale nuova fase, non hanno una connotazione esclusivamente sessuale, ma sono in gran misura un tentativo di definire la propria identità per mezzo della proiezione di un'immagine ancora confusa del proprio lo, su di un’altra persona, al fine di vederla così riflessa e 30 progressivamente più chiara. Il rischio, in questa fase, è che il bisogno di trovare una propria identità si trasformi in ricerca di modelli in cui identificarsi per incapacità di definire una propria identità. >» VI stadio (19 — 25 anni): intimità/isolamento > ormai costituita una propria identità, l'individuo tende a conservare sé stesso e a stabilizzare il rapporto con gli altri componenti del suo ambiente, tipicamente il partner e i colleghi di lavoro. La ricerca di rafforzare il rapporto con i propri punti di riferimento ha sul versante opposto la possibilità di chiudersi al rapporto con gli altri (isolamento) al di fuori della propria cerchia. > VII stadio (26 — 40 anni): generatività/stagnazione > per Erikson il concetto di generatività non riguarda solo il desiderio di mettere al mondo dei figli e di allevarli, ma anche quello di creare qualcosa di utile con il proprio lavoro, di insegnare agli altri la propria esperienza. > VIII stadio (+ 40 anni): integrità dell’lo/disperazione > si tratta dell'ultima fase dello sviluppo sociale degli individui, in cui occorre accettare tutto ciò che si è fatto, ciò che si è e ciò che si potrebbe essere ancora. Chi ha costruito un lo forte riesce ad accettare il tempo trascorso e, quindi, anche un nuovo stadio della propria vita. Diversamente, chi non è riuscito a costruire un lo forte vivrà questa fase con rimpianto e grande rimorso, sfociando nella disperazione. Erikson ha formulato una teoria dello sviluppo umano il cui importante merito è quello di aver rivalutato la forte interazione tra sviluppo psichico e ambiente sociale. LO SVILUPPO DEL SENSO MORALE Una norma morale contiene un valore affettivo-emotivo, ovvero contiene un'indicazione emotiva di colpa, vergogna o imbarazzo se viene trasgredita, soddisfazione e orgoglio se viene rispettata. In questo senso una norma è una guida per la condotta, poiché delinea i comportamenti desiderabili e quelli non desiderabili. Le tre grandi teorie che hanno provato a descrivere lo sviluppo morale degli individui sono: = lateoria cognitiva, per la quale lo sviluppo intellettivo promuove quello morale; = la teoria dell’apprendimento sociale, per cui le norme vengono acquisite attraverso l'imitazione di modelli esterni, proposti dalla famiglia e dagli agenti sociali; = la teoria psicoanalitica, che ritiene che l’uomo sia dominato dal principio del piacere, per cui sia amorale per natura. Il Super lo, generato dalla interiorizzazione di norme e divieti parentali e sociali, determina il passaggio dal principio di piacere al principio di realtà. Prospettiva Prospettiva Prospettiva cognitivo-evolutiva comportamentista psico-analitica È concentrata sullo È concentrata sullo È concentrata sulla sviluppo del giudizio sviluppo del dimensione affettivo- morale comportamento morale emotiva alla base del controllo morale 31 Bandura ha approfondito i meccanismi e le condizioni che, nel corso della socializzazione, determinano l’attivazione o meno dei controlli morali interni, agendo così come cause del comportamento immorale di persone pur capaci delle più elevate forme di ragionamento morale. > La giustificazione morale è un meccanismo attraverso il quale i comportamenti socialmente deleteri vengono resi accettabili, sia personalmente che socialmente, attraverso la ricostruzione cognitiva o forme di ideologizzazione. > L’etichettamento eufemistico è un meccanismo che si fonda sul potere del linguaggio. Questo se elaborato, permette di mascherare un'azione riprovevole conferendole un carattere di rispettabilità proprio grazie all'attribuzione di caratteristiche positive alla condotta deviata, in modo tale che il soggetto si senta libero da ogni responsabilità. > Il confronto vantaggioso consiste nel mettere a confronto la propria azione deplorevole con una peggiore, in modo da alterarne la percezione ed il giudizio. > La dislocazione della responsabilità è un meccanismo che permette alle persone di compiere azioni che solitamente ripudiano poiché non si sentono direttamente responsabili del loro operato. > La diffusione della responsabilità è un meccanismo che permette di distribuire fra membri diversi la responsabilità derivante dall’attività rischiosa, della quale vengono eseguiti aspetti parziali che sembrano quindi innocui in sé, ma che sono pericolosi nella loro totalità. Secondo la prospettiva psicoanalitica, Sigmund Freud sostiene che la coscienza morale, ovvero il Super lo, sia il risultato del complesso edipico e del legame di dipendenza con le figure genitoriali. Il senso di colpa si configura come la conseguenza dell’azione censoria del Super lo. In questa prospettiva assume una funzione importante anche l’lo Ideale, derivante dall’identificazione con gli adulti di riferimento, poiché costituisce un modello a cui ilbambino tende ad assomigliare. L’austriaca Melanie Klein (1882-1960), diversamente da Freud, ritiene che per parlare di coscienza morale non si debba attendere il superamento dell’Edipo, ma che il bambino manifesti una comprensione di questa dimensione fin dalla primissima infanzia. Egli, infatti, manifesta spinte aggressive nei confronti della madre che, causando senso di colpa e paura di perdere l’oggetto d’amore, lo spingono a tenere comportamenti riparatori. Per Edith Jacobson (1897-1978) riveste una funzione primaria l’lo ideale, che si formerebbe prima del Super lo e che concorrerebbe, con la sua funzione vicariante, a guidare il bambino nella comprensione di ciò che è giusto e di ciò che non lo è. LA PEDAGOGIA IN TEMA DI SVILUPPO E DI APPRENDIMENTO La Pedagogia è la scienza che si occupa della formazione dell’uomo e della donna per l’intero corso della vita e nella pluralità dei tempi di vita e di esperienza. Tra le più rilevanti branche ricordiamo: > la pedagogia sociale che opera all’interno dei problemi sociali; 34 > la pedagogia speciale che si occupa dei soggetti con bisogni educativi speciali, come le persone con disabilità, favorendo la loro inclusione scolastica e sociale lungo tutto l'arco di vita; > la pedagogia sperimentale che si occupa della ricerca scientifica in pedagogia, guardando agli aspetti oggettivi e misurabili dell'esperienza; > la pedagogia comparativa che si occupa dell'analisi delle pratiche educative in rapporto ai sistemi educativi e formativi di altre nazioni e culture; > la pedagogia della comunicazione che studia i fenomeni comunicativi dal punto di vista educativo, descrivendone gli effetti sulla persona; > la pedagogia interculturale (o approccio transculturale) che si fonda sullo scambio interattivo tra individui appartenenti a culture diverse e si occupa di favorire il superamento del monoculturalismo e il riconoscimento dei valori appartenenti alle diverse culture in maniera dinamica; > la pedagogia degli adulti, detta anche andragogia, si occupa dei problemi specifici degli adulti, come la rieducazione e formazione continua (Lifelong Learning); > il problematicismo pedagogico è un modello elaborato da Giovanni Maria Bertin per analizzare il problema educativo nella sua complessa fenomenologia, anche attraverso un serrato confronto con le principali correnti filosofiche e pedagogiche contemporanee e nella prospettiva di un'etica e pedagogia dell'impegno razionale. Si parla invece di sociometria riferendosi a una teoria che, usando un’adeguata metodologia, si propone di descrivere la struttura dei processi socio-affettivi e socio-cognitivi nei piccoli gruppi. Tra le altre scienze sociali vi è la gnoseologia, chiamata anche teoria della conoscenza, cioè quella branca della filosofia che studia la natura della conoscenza. L’epistemologia invece designa quella parte della gnoseologia che studia i fondamenti della conoscenza scientifica. La docimologia è un ramo della pedagogia che si occupa dello studio dei sistemi di valutazione delle prove di verifica e si pone come obiettivo quello di trovare metodi di valutazione oggettivi, tramite varie tipologie di prove, come test, prove strutturate. Agostino (354 d.C.-430 d.C.) è uno dei maggiori esponenti della filosofia cristiana; tra i numerosi argomenti trattati nelle sue opere, vi è anche il tema della conoscenza e della strada da percorrere per raggiungerla. Il tema viene affrontato in particolar modo nel De Magistro (389), dove Agostino analizza la dinamica tra il maestro e il discepolo, alla luce dell'intervento divino. Il maestro spiega con proprie parole la natura delle cose al discepolo. Tuttavia, queste parole non sono che un riflesso delle cose, ne costituiscono un'indicazione, un segno, ma non sono la cosa in sé. Per comprendere le cose è necessario passare dai segni ai significati. Agostino conclude che la vera comprensione intellettuale non avviene tramite le parole: essa avviene perché tracciamo al nostro interno una via che porta alla conoscenza, facciamo spazio al nostro Maestro interiore (che Agostino identifica con Cristo), il quale, tramite l’illuminazione divina, permette la comprensione delle cose. 35 Le parole del precettore hanno l’obiettivo di fornire spunti e di scrutare fino a che punto il discepolo è pronto a fare spazio al suo Maestro interiore, nonché a trasformare i segni in significati. Quando il discepolo è predisposto ad ascoltare il Maestro interiore, allora è possibile l'apprendimento. In chiave più attuale, si può affermare che l’educatore deve favorire l'apprendimento, non solo con le parole, ma facendo in modo che il discepolo conosca sul campo e in maniera diretta le cose. Inoltre, deve favorire la ricerca interiore e la crescita intellettuale del discepolo; tuttavia, a quest’ultimo spettano i maggiori sforzi per raggiungere il risultato. Jan Amos Komensky, in italiano Comenio (1592-1670), nella formulazione delle sue teorie pedagogiche, risente inevitabilmente dell'influenza dell’epoca in cui vive, che è il secolo del Metodo (Galilei, Cartesio). Allo stesso modo, Comenio propone un metodo con il quale attuare l'insegnamento, che contempli anche la costruzione degli obiettivi che si vogliono perseguire con l'educazione. L'ideale pansofico è alla base della concezione pedagogica di Comenio. La Pansofia può essere intesa come una sintesi unitaria delle diverse forme di sapere, le quali devono necessariamente avere una radice comune, identificabile in Dio quale creatore dell'intero universo. L'unitarietà del sapere trova ragione d'essere nel fatto che esiste un unico creatore, ossia Dio, per: > la natura, investigata dalle scienze naturali e sperimentali; > lamente umana e l'intelletto, cui si avvicina la filosofia; > le Sacre Scritture, che raccolgono il sapere teologico. Pertanto, tutte le declinazioni del sapere sono interpretabili in un'ottica integrata e coerente. In base a questa concezione, l'insegnamento dei saperi ed il loro apprendimento possono essere facilitati, in quanto hanno una radice comune che si riflette in un metodo comune di insegnamento. Nell’ideale pansofico trova quindi spazio la Pampaedia, ossia l’idea di un’Educazione Universale, che riguardi qualsiasi ambito del sapere e che possa essere rivolta a tutti. In tal senso, si nota quanto sia rivoluzionario il pensiero di Comenio, tra i primi a concepire una scuola universale, aperta a chiunque, senza distinzione di sesso o ceto sociale, che possa insegnare tutto il sapere. Tutti gli uomini devono avere la possibilità di mettere a frutto le loro potenzialità; ciascuno deve poter aspirare alla propria piena realizzazione e formazione. Questa concezione, cui è dedicata una delle sue opere più celebri Didactica Magna, si riassume nell’assioma pedagogico di Comenio, ossia omnibus omnia omnino (a tutti si può insegnare tutto in modo completo e interconnesso, rispettando quell’unitarietà pansofica del sapere). Comenio parla di un metodo che avvicini all’apprendimento gli studenti senza creare in loro idiosincrasia o demotivazione e di una didattica che ponga l'alunno come protagonista del proprio sviluppo. L'attenzione a una didattica che sia calibrata sulle reali capacità del fanciullo e la visione di una scuola che sia acces a tutte le classi sociali portano Comenio ad una formulazione della struttura di un sistema scolastico che possa assolvere a tali compiti: > La scholamaterna è diretta ai bambini di età fino ai 6 anni (il periodo dell’infanzia). In questa scuola, una particolare attenzione è rivolta ai sensi, come modalità di contatto con il mondo circostante, e all’intuizione, come prima occasione di apprendimento del fanciullo. Una particolare novità, per l'epoca, consiste nel fatto che questa scuola non deve causare il 36 > l’istruzione deve essere efficace e specialistica, legata, cioè, alle reali esigenze della società produttiva del paese. Occorre istruire le persone per le professioni che sono richieste nella sfera sociale ed economica. Questo sistema di istruzione vuole perseguire chiaramente degli obiettivi di stampo illuminista. In particolare, si tratta di uno strumento sociale e politico che vuole: > eliminare ogni tipo di emarginazione sociale che spesso sfocia in fenomeni delinquenziali; > garantire l'effettiva uguaglianza dei cittadini, non solo come principio, ma nei dati di fatto; > garantire la libertà dell’uomo, affrancandolo dall’ignoranza e permettendogli di contribuire alla crescita sociale. Si noti come tutti questi principi siano presenti nell'attuale Costituzione italiana. Per tale motivo l’lluminismo segna, in un certo senso, la nascita dello stato moderno. Il sistema di istruzione proposto da Condorcet si articola nei seguenti livelli: = una scuola comune suddivisa in: © una scuola primaria, della durata di 2 anni, nella quale si insegnano diritti e doveri del cittadino e in cui si apprendono tutte le nozioni fondamentali per partecipare alla truzione, che dovrebbe vita sociale e produttiva. Si tratta del livello minimo di essere raggiunto anche dalle classi più indigenti; © una scuola secondaria, della durata di 2 anni, nella quale si ha accesso alle discipline scientifiche e alla storia. Si tratta di un livello successivo di istruzione che è pensato per essere accessibile a chi non ha la necessità di dover contribuire al bilancio familiare lavorando; = glilstituti, che possono essere ricondotti alla nostra istruzione secondaria di secondo grado, nei quali si specializzano le conoscenze, secondo vari indirizzi; = iLicei, riconducibili alle nostre attuali università; = la Società nazionale delle Scienze e delle Arti, che supervisiona su tutti gli altri livelli di istruzione e conduce ricerche nei vari settori della conoscenza. Il contributo del filosofo Giambattista Vico (1668-1744) alla questione dell'educazione può essere ricondotto in parte alle tesi dell’Illuminismo. L'educazione deve essere diretta a tutti, mirando alla piena realizzazione di ogni individuo. Il pensiero di Vico si incentra sulla storia quale prodotto della natura umana: egli vuole codificare un metodo che possa far emergere delle verità dallo studio della storia e che, più in generale, si possa applicare alle scienze umane. Questo metodo deve essere affiancato con pari dignità al metodo scientifico di Galilei e al metodo matematico di Cartesio. L’opera in cui Vico affronta questo problema è la Scienza Nuova. Il pensiero pedagogico di Vico emerge in una delle sue Orazioni, tenute durante la cerimonia iniziale dell’anno accademico dell’Università di Napoli: si tratta della De nostri temporis studiorum ratione, in cui si asserisce che gli studi di carattere umanistico devono essere affiancati, con pari dignità, a quelli di tipo scientifico. Vico traccia anche un profilo dell'evoluzione del bambino, che è proprio il riflesso del ciclo storico dell'evoluzione dei popoli: il bambino passa da una fase in cui è legato soprattutto ai sensi come veicolo di conoscenza ad una in cui fa particolare uso dell’intuizione, della fantasia e dell’immaginazione; solo più tardi, perviene ad una fase in cui raggiunge la piena razionalità ed usa in modo efficace l’intelletto. Proprio sulla base di queste tre fasi evolutive, lo 39 studio delle scienze umane dovrebbe essere anteposto a quello delle discipline scientifiche, per le quali l’astrazione dettata dall’intelletto è particolarmente necessaria. Inoltre, risulta essenziale educare i popoli attraverso la storia: solo in questo modo l’uomo potrà conoscere appieno la propria natura. Lo svizzero Jean-Jacques Rousseau (1712-1778) ha dato contributi originali allo sviluppo della pedagogia, distaccandosi in parte dalla visione degli illuministi del suo tempo. Il pensiero di Rousseau emerge fin dai suoi primi scritti (f Discorsi del 1750 e del 1755), per poi consolidarsi in una visione sociale e politica nel Contratto sociale (1762). L'educazione ci viene impartita o dalla natura, o dagli uomini, o dalle cose. Quella della natura consiste nello sviluppo interno delle nostre facoltà e dei nostri organi; quella degli uomini ci insegna a fare un certo uso di facoltà e organi così sviluppati; l'acquisto di una nostra personale esperienza mediante gli oggetti da cui riceviamo impressioni è l'educazione delle cose. Nel Discorso sulle scienze e sulle arti (1750), Rousseau introduce il concetto di stato naturale e sostiene come il progressivo avanzare della cultura abbia distaccato l’uomo da questa situazione idilliaca, senza dare alcun reale giovamento alla condizione umana. La cultura e l'avanzamento delle scienze hanno scatenato nell'uomo gli aspetti più brutali e dannosi. Rousseau parte dall’affermazione che la natura è una creazione di Dio, pertanto essa è perfetta e incontaminata; l’uomo, in quanto essere naturale, è anch'egli puro e incontaminato. Tuttavia, una volta creato da Dio, si è progressivamente distaccato dal suo stato naturale, perdendo la sua originale bontà e purezza. Viene quindi introdotto il mito del buon selvaggio, ossia di un uomo che, a stretto contatto con la Natura e lontano dalla civiltà, è altruista, innocente nelle sue azioni, saggio e spontaneo negli atteggiamenti. Da questo stato di purezza originale, però, si distacca progressivamente, creando delle strutture artificiali che possono essere identificate con le culture dei singoli popoli: queste danno origine ad una società contaminata, nella quale l’uomo compie azioni e assume comportamenti notevolmente difformi dalla sua originale purezza. Nel successivo Discorso sull'origine e i fondamenti della disuguaglianza fra gli uomini (1755), Rousseau riprende il concetto di stato naturale dell’uomo e cerca di tracciarne con rigore filosofico le principali caratteristiche. L'autore non sostiene esplicitamente che tale stato naturale possa essere realmente esistito, non è in grado di collocarlo temporalmente, tuttavia vuole descriverlo affinché si possa tendere ad esso in modo più consapevole ed efficace. Con Rousseau, la pedagogia assume la configurazione di una scienza finalmente autonoma, con un proprio campo di indagine e una serie di strumenti con cui operare. L'Emilio o dell'educazione (1762) è un romanzo dal forte accento didattico che riporta l'ideale educativo dell'autore. In quest'opera, un precettore — che possiamo ricondurre allo stesso Rousseau — spiega come procedere nelle varie fasi dell'educazione di un ragazzo, Emilio, che alla nascita è stato sottratto alla civiltà e portato in campagna, affinché possa avvicinarsi allo stato naturale dell’uomo. Il romanzo è diviso in cinque libri, ciascuno dei quali tratta dell'educazione in una fase ben precisa della vita del fanciullo. > Il primo libro è dedicato alla prima infanzia, che va dalla nascita fino ai 2 anni, in cui il bambino inizia a parlare, adoperando soprattutto le capacità sensoriali e motorie, che diventano i principali canali di esplorazione e di indagine del mondo intorno a lui. L'abilità 40 dell’educatore sta nell’assecondare i reali bisogni manifestati dal bambino, tralasciando i capricci e i desideri frivoli. > Il secondo libro affronta il periodo della seconda infanzia, che va dai 3 ai 12 anni. È l’età in cui il linguaggio è pienamente sviluppato e il bambino entra in contatto con gli altri in modo consapevole; in questa fase vi è una propensione al gioco che può essere un utile strumento educativo. È importante che il bambino impari attraverso l’esperienza. L’educatore deve astenersi dall’impartire precetti in modo diretto, il bisogno di regole deve nascere dalle esperienze che quotidianamente il bambino vive. Occorre assecondare i suoi tempi di apprendimento, senza forzare il suo cammino verso la conoscenza: al bambino deve sembrare che le attività in cui è impegnato avvengano in modo naturale e non per scelta del precettore. > Il terzo libro parla dell'età della pubertà che va dai 13 ai 15 anni. In questo periodo, il precettore lavora affinché il fanciullo possa mitigare i propri istinti. Lo studio delle discipline avviene sia attraverso una partecipazione attiva del ragazzo sia attraverso la proposta di situazioni di utilità concreta, che possano destare la sua motivazione facendo riferimento ai suoi reali bisogni. > Il quarto libro è dedicato all'adolescenza, fase che va dai 16 ai 20 anni; l'adolescente diventa un essere spiccatamente sociale. L'educazione di Emilio viene completata dalla dottrina religiosa. > Il quinto libro, infine, tratta dell'età adulta, periodo che si colloca tra i 21 e i 25 anni. Emilio viene introdotto nella società, dove conosce Sophie, una ragazza semplice, educata con rigore e lontana dai vizi. Emilio potrà sposare Sophie solo dopo aver compiuto, con il suo precettore, un lungo viaggio per completare la sua istruzione, viaggio durante il quale conoscerà popoli e culture diverse da quella francese e compirà la scelta del paese in cui stabilirsi con la sua famiglia. Dal racconto fatto nell’Emilio emergono tutti i concetti fondamentali della pedagogia di Rousseau. Innanzitutto, si parla di educazione naturale, in quanto l’autore evidenzia la contrapposizione tra stato naturale dell’uomo e civiltà. L'educazione non deve tenere conto di quanto la società stabilisce o dichiara, ma deve essere orientata verso il soggetto che è il protagonista dell’apprendimento, risvegliando in lui quelle attitudini e quelle facoltà che gli appartenevano già nello stato naturale e che la società ha col tempo corrotto. In particolare, viene introdotto il concetto di educazione negativa che vede l’educatore come uno strumento di rimozione degli elementi potenzialmente dannosi alla formazione del discente. Più nello specifico, il compito del precettore è quello di mettere il fanciullo nelle condizioni di compiere esperienze, piuttosto che intervenire direttamente nella formazione dello stesso proponendo la propria esperienza e conoscenza. Altro concetto fondamentale è quello della progressività dell'educazione: | fanciullo apprende mediante l’esperienza, che, però, deve essere calibrata sulle sue capacità, ossia su quanto il ragazzo è realmente in grado di fare e comprendere. Tuttavia, anche questo non basta: la scelta dell'esperienza da proporre deve essere guidata dai reali interessi del fanciullo. In pratica, egli deve avvertire la necessità, il bisogno, l'interesse di compiere quell’esperienza; viceversa, non ne trarrà alcun beneficio, in quanto non ne comprenderà il bisogno. 41 Nel 1837 fonda un istituto scolastico a Bad Blankenburg, in Germania, destinato ad accogliere tutti i bambini al di sotto dei 6 anni di età appartenenti alle classi sociali più svantaggiate: in questa scuola il pedagogista adotta un metodo improntato su “gioco e attività”. Nel 1840 conia, per questa scuola, il termine kindergarten (“giardino dei bambini”). Fròbel traccia le seguenti fasi evolutive che caratterizzano il processo di crescita del bambino: > il lattante: si tratta di un periodo di massima apertura verso il mondo esterno che viene conosciuto mediante i sensi e una fase nella quale lo sviluppo del corpo assume un aspetto preponderante; > il fanciullo: è un periodo incentrato intorno al linguaggio che serve per ragionare, organizzare le idee e ordinare il mondo esterno; > lo scolaro: è il periodo dell'adolescenza, in cui l'istruzione diventa centrale e il mondo comincia ad essere codificato tramite l’intelletto. Ciascuna fase è imperniata intorno ad una facoltà dell'essere umano, dai sensi al linguaggio, all’intelletto. Questi tre periodi sono caratterizzati a loro volta da tre campi esplorati incentrare le attività del bambino: i sui quali il maestro deve = lareligione, che cura l'indagine su Dio e gli aspetti morali; = le scienze, che investigano la natura e il mondo fisico circostante; = il linguaggio, che aiuta a comunicare con gli altri e a conoscere l’uomo. Il filosofo tedesco Johann Friedrich Herbart (1776 — 1841) considera la pedagogia come una scienza autonoma e specifica, un sistema di concetti intorno al metodo dell'educazione (a tal proposito egli parla di pedagogia scientifica), che trova i suoi fondamenti nell’etica e nella psicologia: l'etica deve indicare il fine stesso della pedagogia, che è la formazione morale dell’allievo, mentre la psicologia deve indicare i mezzi e gli strumenti con i quali ottenere queste finalità. È importante che il discente riconosca i 5 seguenti valori eti = la libertà interiore, che contraddistingue la coerenza tra la volontà dell'individuo e la sua condotta; = la perfezione, che rappresenta l'equilibrio interiore e il perfetto compimento dell’individuo; = labenevolenza, che rappresenta l'armonia fra la volontà del soggetto e quella degli altri; = il diritto, che definisce la concordanza della volontà di molti e diviene un accordo che può prevenire scontri e lotte; = l’equità, che commisura la ricompensa alle azioni svolte. Per Herbart, la moralità dell’uomo costituisce il fine ultimo dell'educazione: essa si può acquisire tramite l'esempio e l'insegnamento dell’educatore. Per tale motivo, il percorso che educa alla morale è suddiviso in tre tappe: > la prima tappa è costituita dal piano di governo: in questa fase l’educatore ha un ruolo predominante sul discente, ne domina le passioni e gli impulsi e stimola in lui la volontà. L'obiettivo principale è la moralità dell'allievo e tale obiettivo non può essere raggiunto senza l'intervento di una morale esterna, quella dell’educatore. Herbart prende in considerazione diverse modalità di attuazione del governo. L'insegnante può fare leva su: 44 la minaccia, ossia la costrizione a svolgere qualche compito o il divieto di fare qualcosa; la sorveglianza, che consiste nel vigilare continuamente sull'attività svolta dall’allievo con l'eventuale correzione; l'autorità, ossia la capacità del maestro di porsi come figura di alto valore morale e spirituale; l’amore, ossia un'unità di intenti che il maestro instaura con l'allievo, in quanto capace di leggerne bisogni e interessi.” Mentre le prime due modalità limitano l’iniziativa dell'allievo e ne frenano lo sviluppo, le successive due promuovono in lui la capacità di valutare e di auto-educarsi. > La tappa successiva è il piano di istruzione: il docente deve porre in essere una didattica che stimoli l'interesse dell'allievo e che sia attuata in rapporto alla sua fase di sviluppo. L'allievo deve maturare le proprie idee e un proprio giudizio morale. > La tappa conclusiva è l’autogoverno: fase in cui si determina la sintesi tra la volontà e il giudizio, elementi caratteristici delle due fasi precedenti. Herbart ritiene l'interesse quella condizione essenziale grazie alla quale avviene l'apprendimento. Egli distingue due tipologie di interessi: " COnosi riguardano la conoscenza del mondo e della realtà circostante, per tale motivo sono di carattere oggettivo. Essi si suddividono in: o o o = Compartecipativi interesse empirico, che deriva dalla sensazione e dalla percezione stimolata in modo diretto dagli oggetti; interesse speculativo, che deriva da ragionamenti e riflessioni fatte sugli oggetti; interesse estetico, che deriva dall’interesse per l'armonia e la bellezza della natura. sviluppano il versante dei rapporti umani e sociali. Sono di carattere soggettivo e si suddividono in: o interesse simpatetico, che deriva dal provare gli stessi sentimenti degli altri e dal condividerli con loro; interesse sociale, che deriva dal mostrare attenzione per le virtù sociali (la solidarietà, la cooperazione); interesse religioso, legato alla riflessione sulle finalità dell’uomo e sul divino. L'insegnamento deve riuscire a stimolare tutti questi interessi nel discente, in modo da creare un equilibrio generale che risulti armonico. Per tale motivo, entra in gioco il ruolo fondamentale delle discipline, che Herbart raggruppa in due categorie: quelle di tipo scientifico — scienze naturali e matematica — che favoriscono in particolar modo gli interessi conoscitivi, e quelle di tipo umanistico — storia e studio del linguaggio — che favoriscono, in special modo, gli interessi partecipativi. Secondo Herbart, la programmazione dell’insegnamento si delinea in momenti che sono detti gradi = Il primo grado è la chiarezza. In questo contesto si attua un insegnamento rappresentativo, durante il quale l’insegnante deve rappresentare l'oggetto o l'argomento dell’apprendimento descrivendolo nelle sue caratteristiche, come se l’allievo potesse “vederlo”. In tal modo si imita il processo tipico dell'esperienza diretta. Questo tipo di 45 approccio favorisce l'intuizione nell’alunno e aiuta il maestro a fissare gli obiettivi dell’insegnamento. = Il secondo grado è l'associazione. È la fase in cui l'insegnante stimola l'associazione tra l'oggetto presentato e quelli che già sono nella mente come rappresentazioni. In questo particolare momento è essenziale svolgere un insegnamento di tipo analitico che aiuti l'allievo a scomporre l'oggetto e le rappresentazioni nelle loro parti essenziali. In tal modo, è più semplice associare e stabilire rapporti tra rappresentazioni. = Ilterzo grado è la sistemazione, in cui, dopo le associazioni fatte in modo intuitivo, vi è una sistemazione delle rappresentazioni che stabilisce dei veri e propri legami tra esse, di cui, pertanto, si inizia ad avere una vera coscienza. L'insegnante a questo punto deve mirare a consolidare nell’alunno una conoscenza ordinata e sistematica, tramite un insegnamento sintetico. = L'ultimo grado è il metodo, fase in cui si applica praticamente quanto si è appreso in modo ordinato e chiaro nelle fasi precedenti. In questo processo di insegnamento sono messi in rilievo, anche se con nomi diversi, dei concetti che spesso sono richiamati nella didattica attuale, come: gli obiet di una lezione, i prerequi per un argomento (le rappresentazioni già presenti nell’allievo), le abilità analitiche e sintetiche e le competenze (il metodo che viene applicato praticamente nella fase finale). Il funzionalismo e l’attivismo Il funzionalismo, in ambito psicologico, trova la sua formulazione completa nella Scuola di Chicago, formatasi intorno al 1930 negli ambienti universitari della città. Alla scuola di Chicago possiamo ricondurre il pedagogista americano John Dewey e lo psicologo americano James Rowland Angell, autore dell'articolo The Province of Functional Psychology (1907), tuttora considerato il manifesto della psicologia funzionale. Lo psicologo americano William James (1842-1910), tuttavia, è considerato il padre del funzionalismo. Nella sua opera Principi di Psicologia, pubblicata nel 1890, egli afferma che la mente è caratterizzata da un susseguirsi continuo di esperienze, che definisce flusso di coscienza. Tali esperienze causano degli incessanti mutamenti nella mente, per cui non ha senso definire delle rappresentazioni statiche della stessa e scomporla in elementi fondamentali o isolati. Più che chiedersi quale sia la natura della mente e quali possano essere i suoi costituenti fondamentali, ha senso chiedersi quale sia la finalità dei processi psichici e come essi avvengano: in tal senso si parla di funzionalismo, ossia di studio della funzione del pensiero umano. In base a questo approccio, il funzionalismo si contrappone allo strutturalismo, per il quale è importante scomporre l’esperienza in una serie di elementi fondamentali, quali le sensazioni, le immagini mentali e gli stati affettivi, per poi studiare le relazioni che intercorrono tra gli stessi. Pertanto, si può affermare che il funzionalismo contrappone ad una visione analitica dei processi mentali dello strutturalismo una visione olistica, ossia di insieme, delle attività della mente. Il funzionalismo attinge all’evoluzionismo di Darwin, il quale afferma che ogni organismo deve far fronte a problemi di adattamento nell'ambiente in cui vive. Dato un certo ambiente con alcune caratteristiche, vi sono talune facoltà e talune qualità che permettono ad un organismo di 46 soggetto che li attua. Pertanto, tutti comportamenti degli esseri viventi, quindi anche quelli umani, vanno letti alla luce del soddisfacimento di un bisogno. In altre parole, un comportamento viene adottato quando vi è uno specifico interesse a porlo in essere. Nell'opera L’educazione funzionale Claparède studia le tappe evolutive del bambino alla luce del funzionalismo, individuando 6 leggi di sviluppo funzionale che possono essere alla base di una nuova concezione dell'attività educativa: > La legge della successione genetica afferma che il bambino attraversa fasi di sviluppo che si succedono in un ordine determinato e costante e che si differenziano da quelle delle altre specie perché sono più lunghe ed articolate. Proprio queste fasi evolutive permettono al bambino di diventare un uomo, ossia un essere dalle complesse facoltà intellettive ed emotive. In base a questa legge, l'educazione deve conformarsi alla fase evolutiva che il bambino sta percorrendo, alla sua fase di sviluppo mentale. La legge di esercizio funzionale sostiene che ogni funzione si sviluppa se viene esercitata. La legge dell’esercizio genetico afferma che ogni funzione, se viene esercitata e quindi sviluppata, crea le premesse perché si possano manifestare nuove funzioni. Si tratta di una legge in stretto legame con la precedente: in pratica, l'esercizio di funzioni permette lo svilupparsi delle stesse e il manifestarsi di nuove funzioni. La legge dell’adattamento funzionale sancisce che un'azione si manifesta quando è finalizzata a soddisfare un bisogno, ossia vi è un interesse per il quale tale attività deve essere svolta. Da un punto di vista educativo, questa legge suggerisce che per far svolgere ad un individuo una determinata attività, occorre suscitare in lui un bisogno o un interesse. Pertanto, anche l'apprendimento si determina laddove il bambino matura un interesse o un bisogno. Inoltre, è importante che l’educatore rispetti interessi e bisogni del bambino in ciascuna delle sue fasi evolutive, utilizzando metodi di insegnamento specifici che accrescano la motivazione nel discente. La legge di autonomia funzionale sostiene che il bambino non è un essere incompleto o imperfetto: al contrario, può essere considerato autonomo e perfetto, in quanto adeguato alle circostanze che gli sono proprie. Questa legge mira a disconoscere l'approccio tipico dell’adultismo (anche definito teleiomorfismo da Claparède). Occorre riconoscere che l’attività mentale del bambino è funzionale ai suoi bisogni e al suo stadio evolutivo: la sua debolezza è solo apparente. Egli ha un'effettiva mancanza di esperienza; tuttavia, è naturalmente predisposto in modo efficace a maturare tale esperienza. Pertanto, in questa legge si ravvisa anche la rottura di Claparède con i metodi istruttivi tradizionali, che osservano il bambino sotto una prospettiva adulta. Tali metodi sono spesso coercitivi e propongono un apprendimento forzato, basato anche sulla disciplina e sull’autoritarismo. La legge d’individualità sancisce che ogni individuo differisce dagli altri per caratteristiche fisiche e psichiche e introduce il concetto di un'educazione personalizzata e individualizzata. Il modello di educazione di Claparède vuole essere calibrato su misura per ciascun individuo, in base alle sue caratteristiche peculiari. Alla luce di quanto descritto, emerge il profilo della scuola attiva così come viene concepita da Claparède. Da un punto di vista metodologico, la scuola attiva promuove: la centralità dell’alunno, adattando le attività alle fasi evolutive dell’alunno stesso; 49 un apprendimento basato sui bisogni e sugli interessi dell’alunno, facendo in modo che questi si accosti in modo naturale e non forzato alle attività che gli vengono proposte; un apprendimento basato sull'esperienza, sull’esplorazione dell'ambiente circostante, sul gioco, sulla scoperta; un apprendimento personalizzato, che possa adattarsi alle esigenze specifiche di ciascun discente. Perché queste premesse possano realizzarsi, il processo educativo della scuola attiva di Claparède deve passare attraverso le seguenti tappe: > > > una prima fase in cui è necessario risvegliare l'interesse dell’allievo; la fase successiva che consiste nel proporre all'allievo delle attività che possano soddisfare l’interesse suscitato; la fase finale, in cui occorre far convergere l’attività dell'allievo verso il fine educativo prefissato dal docente. La scuola su misura è l’opera in cui Claparède presenta la sua idea di organizzazione scolastica, fondata sul principio che si possa garantire un apprendimento individualizzato che tenga conto delle specificità di ciascun alunno. Claparède nota che ogni discente ha una propria capacità cognitiva, una personale motivazione e interessi propri. Pertanto, la scuola non può attuare le medesime strategie educative per tutti gli alunni, come se si rivolgesse ad un ipotetico studente medio. Per questa discrasia Claparède individua le seguenti soluzioni: Le classi parallele ed omogenee. All’interno di una classe si verificano spesso delle disomogeneità nell’apprendimento, pertanto può essere utile formare un gruppo omogeneo di studenti, che ha necessità di svolgere attività di recupero, ed un secondo gruppo omogeno di studenti più dotati, che può svolgere attività di approfondimento. In questo caso è necessario distinguere i percorsi e gli obiettivi educativi dei due gruppi. Le classi mo . Si tratta di classi che non sono composte sempre dagli stessi alunni. Viste le diverse attitudini di ciascuno, non è detto che alunni della stessa età debbano seguire lo stesso programma di una specifica disciplina. Il ragazzo che ha una particolare attitudine per una disciplina può seguire le lezioni con gli alunni più grandi di lui. Analogamente, un fanciullo che abbia difficoltà in una specifica disciplina potrà soffermarsi su lezioni più elementari e meno impegnative rispetto a quelle previste per la sua età. Le sezioni parallele. Sono dei percorsi che danno particolare risalto ad alcune attività o discipline: tra di essi l'alunno può scegliere in base alle sue attitudini e ai suoi interessi. In un linguaggio più moderno si parlerebbe di indirizzi di studio. Il sistema delle opzioni. È un'ulteriore specializzazione del percorso di studi scelto nella sezione parallela. Prevede diverse possibilità: o la suddivisione delle ore di studio in una parte obbligatoria per tutti e in una parte che gli alunni possono personalizzare a propria scelta; o un nucleo minimo di conoscenze obbligatorie per tutti gli alunni. Su questo nucleo basilare si possono aggiungere percorsi specifici dettati dall’interesse dei singoli alunni. 50 Il pedagogista belga Jean-Ovide Decroly (1871-1932) è stato uno dei maggiori fautori della scuola attiva in Europa e si è anche interessato dell'educazione dei bambini diversamente abili. Nel 1901, infatti, fonda una scuola di insegnamento per i bambini portatori di handicap; nel 1907, invece, dà vita alla Scuola dell’Ermitage, in cui i bambini normali vengono educati con gli stessi metodi e materiali utilizzati per quelli con difficoltà. Per impostare il suo impianto pedagogico, Decroly parte dai bisogni del fanciullo, con un approccio che riprende il funzionalismo: il programma educativo deve riuscire a soddisfare tali bisogni, che possono essere suddivisi in: > esigenze soggettivo-psicologiche, legate alle necessità del fanciullo; esse sono riconducibili a quattro bisogni fondamentali: o nutrirsi; o lottare contro le intemperie; o difendersi dai pericoli e dai nemici; o lavorare e rilassarsi, elevarsi in modo solidale. Da ciascuno di questi bisogni può nascere un particolare interesse. > esigenze oggettivo-sociali, legate alla realtà che circonda il fanciullo, per le quali l'elemento fondamentale è l’ambiente in cui il bambino è immerso. Per ambiente si può intendere sia il sistema di relazioni sociali che il bambino instaura in famiglia o a scuola, sia il vero e proprio ambiente fisico nel quale egli è immerso. Il centro di interesse costituisce un elemento fondamentale della didattica di Decroly. Da ciascuno dei bisogni nasce un particolare interesse del fanciullo. Ad esempio, dal bisogno di nutrirsi nasce l'interesse per il cibo, mentre dal bisogno di proteggersi dalle intemperie può nascere l'interesse per la casa. Pertanto, è importante impostare la didattica mediante dei centri di interesse che possano attirare l’attenzione del bambino e motivarlo alla scoperta e alla conoscenza. Intorno a questo centro di interesse sono poi raggruppate in maniera organica delle nozioni ad esso pertinenti: in tal modo si evita il nozionismo e la frammentazione artificiale del sapere. Le attività non vengono suddivise in base alle discipline, ma intorno ai centri di interesse. Si imposta quindi un apprendimento più naturale, in quanto i vari concetti sono tra loro collegati ed assumono dei significati: in questo modo l'alunno non ha bisogno di ricordare meccanicamente una serie di concetti astratti e decontestualizzati. L'utilizzo dei centri di interesse crea una nuova modalità di impostare il programma educativo: Decroly parla di programma delle idee associate, proprio in riferimento all’aggregazione di idee e concetti intorno al centro di interesse. Questa strategia permette al fanciullo di ampliare progressivamente il suo sapere in modo naturale. La didattica intorno al centro di interesse si articola in tre tipi di attività che i fanciulli possono svolgere: > Nelle attività di osservazione, gli allievi acquisiscono esperienze e informazioni in modo personale e diretto. In questa fase si formulano impressioni, si misurano o si stimano grandezze e quantità, si fanno particolari verifiche su ciò che si sta osservando. > Nelle attività di associazione, i fanciulli acquisiscono conoscenza in modo indiretto, attraverso richiami di cognizioni acquisite in precedenza. Si tratta di una fase in cui si possono operare confronti, compiere generalizzazioni ed esprimere giudizi o valutazioni. 51 cura di educare la memoria, trascurando la vera educazione intellettuale. Naturalmente bisognerà avere riguardo dell’età dei bambini e perciò alternare molto l'applicazione della mente con esercizi fisici, giochi e canti e inoltre istruire con molta dolcezza, vivacità nell'esposizione e con tutti gli accorgimenti atti a rendere la loro fatica più leggera. Una delle caratteristiche è il configurarsi dell'asilo come un istituto pre-elementare, in funzione della scuola elementare, e che perciò anticipa esercizio e nozioni che si dovrebbero riservare al lavoro scolastico vero e proprio. La permanenza dei bambini all’asilo dura dalle 8 del mattino alle 5 del pomeriggio. Di queste ore ben 4 sono dedicate all'educazione intellettuale (esercizi di memoria, aritmetica mentale, nomenclatura, scrittura, lettura, catechismo e storia sacra, spiegazione delle “regole di civiltà”), interrotte da altre occupazioni (frequenti ricreazioni: marce, canti, esercizi ginnastici) fuori dalle aule destinate all’istruzione. Si aggiungono poi brevi preghiere, giochi e lavoretti. Alle 10, tutti i bambini fanno colazione, alle 12:30 il pranzo e alle 16 la merenda. Ci sono attività caratteristiche nel metodo aportiano, come l'esercizio di nomenclatura (presentando oggetti d’uso comune e pronunciandone il nome). Caratteristico è l'insegnamento della storia sacra, basato su appositi tabelloni illustrati (il bambino accoglie volentieri il racconto di storie e tende a chiedere spiegazioni di fronte ad un’illustrazione). L'insegnamento del catechismo s’impartisce a parte. Nell’asilo aportiano si comincia già a leggere e a scrivere, o almeno si fanno esercizi preliminari; in ogni modo il bambino non è forzato ad imparare queste cose, se non è abbastanza maturo. Nei programmi si parla anche di ginnastica, intesa come esercizi fisici atti ad irrobustire il corpo senza recare danno, ma dalla loro descrizione molti di questi esercizi sono inadatti all’età della scuola materna (corsa, salti, esercizi ginnici veri e propri, che si possono a malapena esigere dai bambini delle elementari). Sono elencati anche i giochi con la palla, con il cerchio e con la fune. | froebeliani rimproveravano all’Aporti la mancanza di un sistema filosofico di base, di non avere ben studiato la psicologia del bambino e di eccedere nell’istruzione. Gli aportiani rimproveravano a Froebel l’artificiosità e l’astrazione del suo metodo; tuttavia, il vantaggio del Froebel sull’Aporti è la concezione del gioco e il posto dato alle attività di carattere estetico. Il limite dell’Aporti, infatti, è il tenere in scarsa considerazione le attività spontanee dell'infanzia e l’eccedere nello scolasticismo; l’aver concepito l’asilo in funzione della scuola elementare è il suo merito, ma insieme il suo limite. Don Lorenzo Milani (1923 -1967), è stato un presbitero, scrittore, docente ed educatore cattolico italiano. La sua figura di prete è legata all'esperienza didattica rivolta ai bambini poveri nella Scuola di Barbiana, in Toscana, in cui avviò il primo tentativo di scuola a tempo pieno, espressamente rivolto a coloro che, per mancanza di mezzi, sarebbero stati quasi inevitabilmente destinati a rimanere vittime di una situazione di subordinazione sociale e culturale. In quelle circostanze, iniziò a sperimentare il metodo della scrittura collettiva. Gli ideali della Scuola di Barbiana erano quelli di costituire un'istituzione inclusiva, democratica, con il fine di far arrivare, tramite un insegnamento personalizzato, tutti gli alunni a un livello minimo d'istruzione garantendo l'eguaglianza con la rimozione di quelle differenze che derivano da censo e condizione sociale. 54 Nella sua opera “Lettera a una professoressa” (maggio 1967), i ragazzi della scuola, insieme a don Milani, denunciano il sistema scolastico, borghese e classista, il metodo didattico che favorisce l'istruzione selettiva delle classi più ricche. Fu don Milani ad adottare per primo il motto inglese “/ care” (in dichiarata contrapposizione al “Me ne frego” fascista), che sarà in seguito fatto proprio da numerose organizzazioni religiose e politiche®. Questa frase scritta su un cartello all'ingresso riassumeva le finalità educative di una scuola orientata alla presa di coscienza civile e sociale. Don Milani abolì ogni forma di punizione corporale (canna per bacchettare, sale sulle ginocchia, ecc.) all'epoca ammesse per legge nella scuola pubblica, sostituendole con la perdita della benevolenza o del sorriso del maestro. Sebbene l’attività sportiva rivestisse un'importanza molto limitata nel modello educativo di don Milani, egli imitò l'esempio del pedagogista rinascimentale Vittorino da Feltre che sosteneva la necessità che l'esercizio mentale si alternasse alle pratiche ginniche. La sua concezione pedagogica è detta del professore-amico in contrapposizione al modello prevalente di un docente distaccato e autoritario che trovava legittimazione nel primato dell’autorità della cultura. Nell sua scuola di Barbiana, Don Milani, ha utilizzato il metodo del mutuo insegnamento, inteso come insegnamento reciproco. Si tratta di un metodo didattico elaborato nel Medioevo e poi ripreso da alcuni pedagogisti rinascimentali, come Comenio. Con tale metodo, l'insegnamento del docente non viene impartito simultaneamente a tutti i suoi discenti, ma viene impartito inizialmente al gruppo dei discenti più capaci, individuati come ripetitori delle lezioni, che a loro volta comunicano agli altri allievi — divisi in squadre o classi - quanto hanno appreso. La pedagogista italiana Maria Montessori (1870 — 1952), laureata in Medicina, è stata la prima donna ad esercitare la professione medica in Italia. Il suo lavoro l’ha portata a contatto con i bambini diversamente abili. In seguito, il metodo della Montessori è stato esteso a tutti i bambini: l’esperienza più importante è quella della “Casa dei Bambini”, istituita nel quartiere San Lorenzo a Roma. L’opera in cui viene presentato il metodo Montessori si intitola /{ Metodo della Pedagogia Scientifica applicato all’educazione infantile, la cui prima edizione del 1909 è stata seguita da quattro revisioni, l’ultima delle quali risale al 1950 e riporta il titolo La scoperta del bambino. Le convinzioni pedagogiche della Montessori trovano le proprie radici: >» nel positivismo, secondo cui occorre utilizzare un approccio scientifico allo studio del bambino; >» nel funzionalismo, che prevede di assecondare i bisogni del bambino; > nelle convinzioni pedagogiche di Rousseau e Fròbel circa l'atteggiamento che il maestro deve assumere durante lo svolgimento delle attività didattiche. 3 Il costrutto di pensiero caring è stato presentato da Matthew Lipman nel 1991, che lo descrive come una realtà composita, all’interno della quale si interfacciano tre dimensioni: una dimensione critica, una dimensione creativa, e una dimensione caring. Il focus del pensiero caring è, quindi, sull’impegno (sostenuto da una forte spinta emotiva e motivazionale), che deriva dall’attribuire importanza e valore alle cose e alle persone (alle quali ci si sente in qualche modo connessi, anche attraverso una disposizione empatica). 55 La Montessori ha comunque rielaborato queste prospettive, collocandole nel quadro generale dell’attivismo pedagogico, con degli aspetti originali e innovativi: > Il bambino deve esprimersi e svilupparsi cognitivamente mediante attività che reputa stimolanti e per le quali avverte interesse o bisogno. A tal proposito, è necessario accompagnare queste attività con materiali appositamente studiati, in un ambiente che funga da stimolo per il bambino e che risulti accogliente. > Il discente può scegliere in modo autonomo le attività da svolgere, a partire da un insieme di attività che il maestro propone. Ciascuna di esse è calibrata su una particolare fase di sviluppo, pertanto l'insegnante deve proporre attività che siano in prossimità del livello di abilità del bambino. > Le lezioni devono prevedere per il discente un ruolo attivo, cioè devono essere costruite intorno al bambino stesso (puerocentrismo, in contrapposizione all’adultismo), che così verrà costantemente coinvolto senza subirle passivamente. Il bambino deve svolgere le attività in prima persona, sia singolarmente, sia in collaborazione con altri alunni; a tale scopo le classi non devono essere necessariamente composte di alunni della stessa età, perché lo scambio di esperienze tra quelli più grandi ed esperti e quelli più piccoli e meno esperti favorisce l'apprendimento degli uni e degli altri. > Come conseguenza della parte attiva svolta dal bambino durante la lezione, il maestro assumerà un ruolo diverso. Il suo compito è, infatti, quello di osservare e studiare il comportamento dei bambini per definire quali saranno i prossimi traguardi da raggiungere. Le convinzioni pedagogiche della Montessori si concretizzano in un metodo, che presto viene definito metodo Montessori. Esso nasce inizialmente per ragazzi in difficoltà, sia da un punto di vista sociale, sia da un punto di vista strettamente cognitivo. In seguito, la Montessori estenderà l’applicazione del metodo a ragazzi che non presentano particolari aspetti problematici. Inoltre, il metodo Montessori, inizialmente pensato per la scuola dell’infanzia, verrà poi esteso anche alle scuole di grado successivo. La scuola dell'infanzia deve preparare i bambini alla scuola elementare, ponendosi in continuità con quest’ultima. Per farlo, è necessario agire su quattro rami di coltura: = il disegno, che abitua al riconoscimento di forme e colori, oltre che all’acquisizione di una certa manualità, che sarà utile nell’attività di scrittura; = l’aritmetica, che sviluppa abilità relative alla valutazione delle dimensioni, dei rapporti di quantità e della numerosità degli oggetti; = lascrittura, che coinvolge sia abilità manuali più complesse e fini, sia l'abilità visiva di seguire i contorni, sia quella uditiva di ascoltare le parole che vengono dettate; = la lettura, che aiuta ad arricchire il proprio linguaggio mediante l’accesso a documenti e scritti di altre persone. Le abilità del bambino vanno sviluppate in queste quattro attività, che la Montessori definisce come la quadriga trionfante delle conquiste intellettuali del bambino. Per sviluppare le abilità, la pedagogista delinea un metodo per ciascuna di esse che, attraverso attività di difficoltà graduale, porterà ad apprendere le tecniche della lettura, della scrittura e del calcolo. Il successo di queste attività si basa sugli stimoli che esse provocano nel bambino, sui 56 costrutti, ascoltando, ripetendo, assimilando e nuovamente ascoltando: egli si limita ad assorbire per la forza incredibile che ha di fissare le proprie esperienze e di richiamarle successivamente in modo corretto. In questo caso particolare, la nebula iniziale del linguaggio prende forma progressivamente nei costrutti e nelle parole che il bambino apprende. La mente assorbente è, quindi, naturalmente predisposta all’acquisizione del linguaggio. Tentare di acquisire un linguaggio in età adulta è estremamente più difficile, proprio perché le caratteristiche della mente dell’essere umano sono cambiate. Il periodo della mente assorbente viene individuato dalla Montessori da 0 a 3 anni di età. Il periodo successivo, che va dai 3 ai 6 anni, è caratterizzato, più che da uno sviluppo inconscio, da uno sviluppo cosciente. Le caratteristiche della mente assorbente continuano in parte a persistere, ma ad essa si affianca la mente cosciente: si tratta di una fase in cui il bambino inizia a sentire l'esigenza di organizzare e ordinare i contenuti che ha acquisito. Proprio in questo periodo, i materiali e le attività organizzate dalla Montessori aiutano il bambino nel compito di riordino cosciente delle sensazioni che provengono dall'esterno. Allo stesso modo, l'ordine ricreato nell'ambiente della classe, con i materiali disposti negli scaffali, aiuta a favorire l’ordine e l’organizzazione mentale del fanciullo. Rosa e Carolina Agazzi sono state due pedagogiste ed educatrici sperimentali, il cui metodo educativo, assieme al metodo montessoriano, inaugura l'era dell'attivismo italiano, corrente fondata sull'idea che al centro dell'apprendimento ci sia l'esperienza e che il bambino non sia più spettatore ma attore del processo formativo. Il loro Asilo di Mompiano (Brescia) fu il modello per la scuola materna, scuola dell’Infanzia statale istituita nel 1968. Pure rifacendosi al Kindergarten di Fròbel, esaltano la vitalità e la spontaneità dell'infanzia, punto principale del loro pensiero pedagogico e non condividono lo scolasticismo aportiano. Criticano la precocità dell'educazione poiché intendono formare bambini e non scolari. Il bambino deve crescere in un ambiente familiare che stimoli la sua creatività e deve avere un continuo dialogo con l'adulto. L'educatrice deve richiamare il ruolo della madre. L'attività del bambino è il punto centrale del processo educativo. L'ambiente in cui si sviluppa l'attività del bambino deve essere semplice e composto di materiali che fanno parte della sua quotidianità. Si privilegiano le attività individuali libere a quelle collettive sebbene sorvegliate dall'educatore. Il bambino deve essere libero di fare da sé pur rispettando l'ordine delle cose ed essere capace di collaborare con gli altri seguendo il metodo del mutuo insegnamento: il bambino più esperto e consapevole fornisce informazioni ed indicazioni ad un proprio compagno meno preparato. Il metodo intuitivo diviene il percorso principale dell'apprendimento: l'educatrice agisce indirettamente e pur rispettando la spontaneità del bambino organizza e predispone ambienti e situazioni. Il metodo intuitivo identifica l'insegnamento come un metodo per favorire le esperienze, in cui i bambini apprendono direttamente e spontaneamente con il loro fare e osservare. La scuola materna deve essere progettata in modo tale che rispecchi l'ambiente abituale del bambino, e quindi organizzata, sotto molti aspetti, come una piccola casa, dove il bambino può svolgere attività domestiche come a casa propria. Materiale didattico: > un giardino: con animali e piante. 59 > museo delle cianfrusaglie: una sala adibita a museo che raccoglie materiali ritrovati dai bambini come spaghi, rocchetti e sassolini. Queste venivano definite dalle due sorelle "cianfrusaglie senza brevetto", perché erano materiali che i bambini stessi ritrovavano e che servivano affinché anche il materiale didattico stesso non fosse preordinato e prestabilito, come invece avveniva nel metodo didattico pensato da Maria Montessori. > contrassegni: immagini di oggetti di uso comune che contrassegnano le proprietà dei beni individuali dei bambini; hanno lo scopo di abituare il bambino a parole sempre più lunghe e complesse. L'insegnamento agazziano suppone possibile la programmazione scolastica solo per quanto riguarda il fare e il conoscere, introducendo le attività di vita pratica, lingua parlata, lavoro manuale, norme che regolano educazione della voce ed esercizi ritmici. Per quanto riguarda la formazione emotiva e morale non è possibile sviluppare alcuna programmazione in quanto sono sentimenti che si sviluppano nel bambino spontaneamente e casualmente, seppur sotto il controllo dell'educatore. Seguendo le teorie delle Agazzi, abbiamo una nuova figura di docente della scuola materna: l'educatrice. Oltre alla capacità di amare i bambini deve saper coltivare i rapporti umani con ottimismo escludendo atteggiamento di ansietà e di malumore. Deve avere un profondo senso del dovere, uno spirito d'ordine e di coerenza e deve assicurare alla vita della scuola una atmosfera di stabilità e di sicurezza. Principi fondamentali dell'insegnamento agazziano: > Attività di vita pratica: giardinaggio, preparazione della tavola, igiene personale ecc. sono valorizzati come elementi educativi di primo ordine. I bambini vengono avvicinati principalmente al giardinaggio e imparano ad avere un rapporto positivo con l'ambiente. » Educazione estetica: armonia e bellezza sono alla base del senso estetico e si ritrovano in tutti i momenti della vita quotidiana. Ciò che più interessa all'educazione estetica sono le attività costruttive come il disegno e la recitazione. Il primo, che nasce come attività spontanea, deve essere incoraggiato, dopo la lettura di un racconto, sia come libera espressione del bambino sia come rappresentazione di fatti naturali psicologici e sociali. La recitazione è intesa come drammatizzazione di situazioni tipiche della vita quotidiana. Svolgendo tali attività il bambino acquisisce fiducia in sé stesso e migliora le proprie capacità intellettuali e morali >» Educazione sensoriale: consiste nell'ordinare per colore, materia e forma gli oggetti raccolti dai bambini. Confrontandoli tra loro possono scoprire somiglianze ed uguaglianze. Promuove un'educazione intellettuale perché stimola la curiosità ed un atteggiamento analitico. Promuove un'educazione linguistica in quanto attraverso le osservazioni degli oggetti i bambini esprimono i loro pensieri sotto forma di frasi, scoprendo così differenze tra nomi e aggettivi. >» Educazione al canto: ha una notevole importanza nella formazione scolastica. Il canto è inteso come apprendimento spontaneo, come avviene nelle tradizioni popolari. Il canto aiuta il bambino a liberarsi dalla pesantezza dei lavori manuali e lo rende più sereno > Istruzione intellettuale: si basa sull'esplorazione del mondo e naturale passaggio dalla percezione ai concetti. 60 >» Educazione del sentimento: contro l'aggressività. Si sviluppa anche praticando religione, educazione fisica e educazione morale. Loris Malaguzzi crede fermamente che ciò che i bambini apprendono non discende automaticamente da un rapporto lineare di causa-effetto tra processi di insegnamento e risultati, ma è in gran parte opera degli stessi bambini, delle loro attività e dell'impiego delle risorse di cui sono dotati. | bambini svolgono sempre un ruolo attivo nella costruzione e nell'acqui jone del sapere e del capire. L'apprendimento è quindi sicuramente un processo auto-costruttivo. La scuola è paragonata a un cantiere, a un laboratorio permanente in cui i processi di ricerca dei bambini e degli adulti si intrecciano in modo forte, vivendo ed evolvendosi quotidianamente. L'obiettivo principale è quindi quello di fare una scuola amabile dove stiano bene bambini, famiglie ed insegnanti dove lo scopo dell'insegnamento non è produrre apprendimento ma produrre condizioni di apprendimento. Nelle scuole di Malaguzzi è posta una grande attenzione al senso estetico in quanto vi è il convincimento che esista anche un'estetica del conoscere: la tesi è che nell'impresa di apprendere e capire c'è sempre, consciamente o no, una speranza che ciò che riusciremo a realizzare ci piacerà e piacerà agli altri. Malaguzzi ha introdotto l'atelier nella scuola: se avesse potuto avrebbe sostituito la vecchia tipologia scolastica con una scuola fatta di atelier e laboratori, luoghi dove le mani dei bambini, il fare, il pasticciare, potessero conversare con la mente come è nelle leggi biologiche ed evolutive. Il pensiero di Loris Malaguzzi, dunque, privilegiava: > l'attenzione primaria al bambino e non alla materia da insegnare, la trasversalità culturale e non il sapere diviso in modo settoriale, il progetto e non la programmazione, il processo e non il solo prodotto finale, l'osservazione e la documentazione dei processi individuali e di gruppo, il confronto e la discussione come alcune delle strategie vincenti della formazione, l'autoformazione degli insegnanti. MVWVIWVWVWVWv Il pedagogista americano John Dewey (1859-1952) è il maggiore esponente dell’attivismo di cui ne è considerato il padre. Nell'opera Il mio credo pedagogico (1897) Dewey declina in cinque articoli fondamentali la propria idea pedagogica, legata alle scuole nuove. >» Art. 1- L'educazione è un processo che permette all'individuo di giungere gradualmente a contatto con le risorse intellettuali e morali che l'umanità ha conquistato e di divenire il depositario di un capitale, quello delle conoscenze della civiltà. Il processo educativo è costituito da due aspetti fondamentali, uno psicologico e uno sociologico: il primo permette di determinare i bisogni, gli interessi e le potenzialità dei discenti; il secondo è necessario in quanto le condizioni sociali del discente e, più in generale, lo stato complessivo della società in cui vive, influenzano le caratteristiche e le attitudini del fanciullo. > Art. 2— La scuola è una comunità in cui tutti i mezzi sono destinati a rendere il fanciullo capace di partecipare attivamente alla vita sociale e di contribuire al progresso della società. 61 > questo flusso di idee mira ad un obiettivo, intende raggiungere una meta, che può essere, ad esempio, la risoluzione di un problema teorico o la verifica di un'ipotesi da un punto di vista sperimentale; > il pensiero riflessivo può essere un'ipotesi che trova o meno conferma nel ragionamento o nella verifica sperimentale, pertanto l’idea iniziale può anche essere errata, tuttavia l’obiettivo del pensiero riflessivo è quello di verificare l’ipotesi, senza accettarla in modo acritico. Per via di queste sue tre caratteristiche fondanti, il pensiero riflessivo si distingue da altre forme di pensiero caratteristiche dell’uomo, che Dewey individua come le seguenti: > il flusso della coscienza è un fluire incontrollato di idee e rappresentazioni che non sono correlate tra loro e la sequenza di rappresentazioni non esibisce alcuna regola evidente. Si tratta di impressioni rapide, vagheggiamenti piacevoli, reminiscenze casuali; è una sorta di pensiero libero e incontrollato. Molto spesso questo flusso di coscienza prende piede nella nostra mente quando siamo sovrappensiero. Se si attiva quando dormiamo, viene chiamato sogno. Questo tipo di pensiero si distingue dal pensiero riflessivo perché manca di una qualche concatenazione logica che metta in connessione il flusso di idee e le rappresentazioni; > l’immaginazione è invece un flusso di eventi, fatti o rappresentazioni che ha una sua concatenazione logica, ma che è frutto della fantasia. Anche se tale pensiero ha un suo schema logico-consequenziale, essendo frutto di invenzione, non è immediatamente riscontrabile nella realtà e non ha senso verificarlo direttamente. Inoltre, si tratta di un’attività che non ha un obiettivo cognitivo o una precisa finalità di indagine. Per questi ultimi due aspetti, un simile pensiero si distingue dal pensiero riflessivo. Sebbene non siano utili per l'indagine e per la conoscenza, l'immaginazione e il flusso della coscienza hanno una loro finalità: assolvono, cioè, alla necessità di svago e di diletto degli individui; > la credenza (o pregiudizio) è un pensiero o un'idea che ha una sua coerenza; tuttavia, di tale idea non ci si è mai posti il problema della fondatezza. Questo pensiero, che viene assunto per vero in quanto lo ritiene tale la maggior parte delle persone, assolve ad un bisogno specifico: quello di categorizzare e ridurre le esperienze nuove o le cose ignote a schemi mentali già noti. A questa categoria appartengono, ad esempio, le superstizioni e le scaramanzie. Le credenze si distinguono dal pensiero riflessivo in quanto non sono soggette ad alcuna verifica, ma vengono accettate acriticamente. Nell'opera Logica. Teoria dell'indagine (1938), il pensiero riflessivo viene descritto in dettaglio attraverso le sue fasi. Innanzitutto, è importante sottolineare che esso si genera da un dubbio, da un’incertezza che fa nascere nell’individuo il bisogno di un chiarimento o di una conoscenza. Questo dubbio iniziale mette quindi in moto un'indagine nella quale si fanno ipotesi, si determinano deduzioni e si ragiona al fine di chiarire l’incertezza iniziale: il pensiero riflessivo è quell’attività cognitiva che permette di realizzare un'indagine conoscitiva. Pertanto, le fasi in cui esso si snoda possono ricondursi alle fasi della vera e propria indagine conoscitiva. > La prima fase è la suggestione che determina l’affiorare di un dubbio o di un’incertezza. Quando pensiamo e agiamo, di solito lo facciamo per azioni dirette, ossia siamo convinti di dover avere un certo comportamento o di dover fare una certa deduzione che ci porta ad 64 una determinata conclusione. In questi casi, tipicamente, stiamo affrontando un compito. Tuttavia, in altri casi, siamo in dubbio su quale possa essere l’azione migliore da svolgere. In queste occasioni, più che di fronte ad un compito da svolgere, ci troviamo di fronte ad un problema da risolvere. Pensiamo ad una possibile azione risolutiva, che viene detta suggestione, ma, contemporaneamente, avvertiamo anche una seconda o una terza possibilità, ossia altre suggestioni. A questo punto si rende necessario uno studio più approfondito del problema che affrontiamo. > La seconda fase è l’intellettualizzazione, nella quale il problema inizia ad essere inquadrato nelle sue variabili fondamentali, ossia si comprende realmente quali siano le difficoltà che esso presenta. Si passa, così, dalla suggestione all’intellettualizzazione del problema, che viene rappresentato in modo preciso e definito, secondo le variabili che possono risolverlo. > La terza fase è quella dell'idea guida o dell'ipotesi. Alla luce della fase di intellettualizzazione, che ha definito al meglio le caratteristiche del problema, una delle possibili suggestioni iniziali comincia ad essere considerata come eventuale soluzione: quella suggestione diventa idea guida o ipotesi risolutiva. > La quarta fase è il ragionamento in senso stretto, in cui viene elaborata e codificata una risoluzione, in modo più analitico, partendo dall'idea guida. Per formulare questa soluzione si richiamano le conoscenze e le esperienze già elaborate in precedenza. > L'ultima fase è il controllo delle ipotesi che avviene mediante l’azione diretta volta a verificare la validità della risoluzione elaborata nella fase precedente. La riflessione filosofica di Dewey ha toccato anche l’ambito intelligenza creativa. Nel volume Creative Intelligence. Essays in the Pragmatic Attitude (1917), Dewey parla di intelligenza pragmatica (0 pensiero progettante) per descrivere il processo mentale che rende l’azione efficace in base alle necessità che di volta in volta si presentano; si tratta di un’attività creativa, non ripetitiva. Non accetta l'esistente in modo passivo ripetendo azioni già sperimentate, ma lo affronta mediante atti deliberati, seguendo intenzioni nuove. Il pensiero progettante collabora strettamente con quello meditativo; coinvolge, indirettamente, la sfera della responsabilità, dell'etica e della normatività e, direttamente, quella dell’efficacia operativa. Questo tipo di pensiero è l'opposto del pensiero responsivo che si conforma alla realtà esistente senza tentare di modificarla. Il saggio Esperienza ed educazione (1938) è una risposta di Dewey a diverse critiche che vengono rivolte alle scuole nuove e alla centralità dell'esperienza. Nell'argomentare le proprie idee in risposta alle critiche a lui mosse, il pedagogista riorganizza e approfondisce il concetto di esperienza. Nella parte iniziale del saggio, egli individua due tipologie di scuole: = le scuole tradizionali, che hanno programmi statici e immutabili, lontani dall'esperienza e caratterizzati da un’impostazione teorica e formale, appresa soprattutto dai libri. Si tratta di un approccio standardizzato che può essere spesso distante dalle esigenze di ogni singolo alunno. | contenuti e i comportamenti sono imposti dall'alto, le dinamiche educative prevedono una forte autorità del docente e una passività ricettiva del discente; = le scuole nuove, dette anche scuole attive, in cui si applica un'educazione progressiva, che segue, cioè, in modo specifico lo sviluppo cognitivo di ciascuno studente. Sono scuole calibrate sulle esigenze dei singoli allievi. Il punto di partenza è l’esperienza, lo studio di una 65 situazione reale, che deve essere effettuato attraverso il metodo scientifico; solo in seguito si giunge, compiendo un ulteriore percorso di scoperta, ad una formulazione teorica. In queste scuole il discente è attivo e gode di una certa libertà nel percorrere il suo iter formativo. In una società democratica, dove il cambiamento è la regola e dove ciascun individuo ha specifiche caratteristiche, l'approccio delle scuole tradizionali risulta fallimentare. Tuttavia, alcune critiche possono essere rivolte anche alle scuole nuove, nella misura in cui non realizzano o propongono esperienze valide e significative. Dewey accetta l'assunto secondo il quale non tutte le esperienze si possono ritenere educative. Alcune favoriscono la conoscenza del discente e gli aprono le porte a ulteriori esperienze; altre, invece, lo inibiscono e limitano la sua capacità di compiere nuove esperienze. Questo perché possono risultare meccaniche e generare noia e stanchezza. Il punto cruciale non è accumulare esperienze, ma proporne di realmente significative, in modo tale che aprano la strada a nuove esperienze e quindi a nuove conoscenze, motivando e centrando i bisogni degli alunni. Le esperienze positive si conformano ai seguenti principi: > prin di continuità. Le esperienze devono essere fatte in continuità l'una rispetto all’altra, vale a dire che un’esperienza deve attingere da quelle precedenti e fungere da giusto presupposto per esperienze di ordine superiore che avverranno in seguito. In tal modo le esperienze precedenti trovano giustificazione nell'essere propedeutiche all'esperienza attuale e questa, a sua volta, è legittimata e motivata dalle esperienze che seguiranno; > principio di crescita (0 di crescenza). L'esperienza educativa ha un suo valore se permette di accrescere le abilità e le conoscenze del discente e lo rende capace di interagire in modo ancora più efficace con il mondo circostante, creando le premesse per un'ulteriore crescita; > princi esterni (oggettivi) sono quelli legati all'ambiente, dove avviene l’esperienza; i fattori interni io di interazione. Tutte le esperienze sono il frutto di due ordini di fattori. | fattori (soggettivi) sono invece specifici del discente e sono più difficili da prendere in considerazione da parte del docente. A questo punto emerge il ruolo dell’educatore della scuola attiva: è suo compito progettare esperienze che riprendano i suddetti principi. Deve innanzitutto conoscere i propri allievi, in modo da tenere conto dei fattori interni, per poi mettere a fuoco i loro bisogni e i loro interessi. Inoltre, deve tenere conto degli aspetti oggettivi dell'esperienza: vi sono, cioè, esperienze e contenuti che sono oggettivamente importanti per l'acquisizione di contenuti successivi. Occorre conciliare la motivazione degli allievi con la necessità di svolgere queste esperienze oggettivamente significative. Per tale motivo anche il profilo culturale del docente deve essere di ampio respiro, in modo che egli possa tenere conto di quante più variabili possibili nel progettare le sue esperienze. Roger Cousinet (1882-1973) fu docente di psicologia pedagogica alla Sorbona e direttore di numerose riviste nonché fondatore di associazioni incentrate sull'educazione nuova. Convinto sostenitore dell’attivismo pedagogico, nell'opera Un metodo di lavoro libero per gruppi (1925), Cousinet espone la sua idea di un metodo incentrato sull’autonomia del discente, ovvero sul suo libero sviluppo. Il lavoro scolastico dovrebbe essere compiuto in un ambiente stimolante per la 66 > in senso largo: si riferisce al metodo, prediletto da Kilpatrick, con il quale lo studente apprende autonomamente, grazie alle proprie esperienze e scoperte che gli permettono un accesso graduale alla conoscenza. Con questo tipo di metodo, vengono quindi presi in considerazione tutti gli apprendimenti contenuti contemporaneamente in un singolo apprendimento; ad esempio un bambino piccolo che impara a socializzare con i compagni, allo stesso tempo impara anche a vincere la timidezza, a superare i propri limiti, la fiducia e il rispetto nei confronti degli altri. Il Metodo dei Progetti pensato da Kilpatrick concepisce l'allievo come il protagonista dell'educazione che apprende attraverso il fare. Egli distingue quattro tipi di progetto: 1. Il progetto del produttore: riferito ai progetti con i quali si costruisce ciò di cui andrà a godere il consumatore; 2. Il progetto del consumatore: il consumatore fruisce, apprezza e gode delle creazioni del produttore; 3. Il progetto dei problemi: secondo l'autore, un problema è considerato tale soltanto nel momento in cui ci si pone l'obiettivo di risolverlo. Questo progetto ha come scopo dunque quello di far luce sulle difficoltà intellettuali inerenti ai suddetti problemi; 4. Il progetto di apprendimento specifico: si riferisce alle abilità e alle conoscenze alle quali pervengono gli studenti dopo averne avvertito il bisogno. Il pedagogista infatti, ritiene che l'attività intenzionale provochi un apprendimento più efficace, soprattutto se si sostituisce l'esperienza vitale alla mera lettura di un libro di testo. In definitiva, l'idea di Kilpatrick era quella di promuovere uno studio fatto di progetti che mirano al coinvolgimento diretto degli alunni affinché apprendessero in maniera partecipe e creativa, lavorando anche in gruppo, così da promuovere un'educazione anche di tipo democratico. Il comportamentismo è una teoria dell’apprendimento che si è sviluppata nell’ambito della LI modello comportamentista parte dall'idea che l'individuo è un organismo docile e plasmabile e che psicologia principalmente in America e si occupa dello studio di comportamenti osserva l'apprendimento avviene mediante degli stimoli S che pervengono al soggetto dall'ambiente esterno. Raggiunto dagli stimoli, questi fornisce delle risposte R, ossia determinati comportamenti. Ciò che avviene nella mente e che determina la risposta R a un dato stimolo S non è oggetto di studio: a tal proposito si parla di una scatola nera (black box) che non desta l’attenzione degli studiosi comportamentisti. In generale, lo stimolo è prodotto dall'ambiente che circonda il soggetto; per tale motivo la visione dei comportamentisti è quella di un ambiente che determina le risposte di un soggetto che si pone in atteggiamento relativamente passivo. Il punto centrale dell’osservazione dei comportamentisti è cercare di associare in un individuo una risposta ad un determinato stimolo, in maniera stabile: se questa è stabile, si può affermare che il soggetto ha imparato a rispondere in un certo modo allo stimolo, pertanto si è verificato un apprendimento. L'intervento psicoeducativo di stampo comportamentale si basa sul metodo del rinforzo. In psicologia comportamentista, il rinforzo è una conseguenza che, se applicata al comportamento di 69 un organismo, rafforzerà il suo comportamento futuro ogni volta che esso è preceduto da uno specifico stimolo antecedente. Lo psicologo russo Ivan Petrovic” Pavlov (1849-1936) è famoso per i suoi studi sullo stimolo e sul riflesso condizionato. Analizzando il comportamento di alcuni cani, egli nota che, alla presenza del cibo, le bestie iniziano a produrre un quantitativo maggiore di saliva, che si mostra sotto forma di una bava evidente. Il cibo rappresenta lo stimolo incondizionato, mentre la bava è la risposta incondi ionata del soggetto (il cane) allo stimolo precedente. Questa connessione tra stimolo e risposta è connaturata alle caratteristiche della specie animale, come se fosse frutto dell'evoluzione della stessa. Per Pavlov, non si può affermare che questo comportamento sia realmente appreso dal singolo soggetto animale. Si consideri ora la seguente situazione: la somministrazione del cibo al cane viene fatta da un ricercatore che indossa un camice bianco. All’inizio, quando il ricercatore, tra una somministrazione e la successiva, si avvicina con il camice bianco al cane, in quest’ultimo non si intravede nessuna risposta. Almeno in questa fase iniziale, il camice bianco rappresenta uno stimolo neutro, che non induce, cioè, alcuna risposta. Dopo che la somministrazione del cibo è avvenuta più volte, contestualmente alla presenza del camice bianco, Pavlov nota che anche la sola presenza del camice (senza cibo) induce nel cane la produzione di bava. Il camice ora produce una risposta ed è diventato uno stimolo condizionato, poiché si è condizionata la presenza di questo camice alla presenza del cibo (stimolo incondizionato). Come conseguenza della presenza congiunta dei due stimoli, quello condizionato finisce per destare nel soggetto la stessa risposta dello stimolo incondizionato: questa volta si tratta di una risposta condizionata. Un esperimento analogo viene fatto adoperando un campanello elettrico: al suono dello stesso viene sistematicamente somministrato del cibo al cane. Anche in questo caso, il suono del campanello, da stimolo neutro, finisce col diventare uno stimolo condizionato. Lo stimolo condizionato e la conseguente risposta sono importanti, in quanto rappresentano il vero apprendimento. Il cane ha imparato che quando vede un camice oppure avverte il suono del campanello, probabilmente gli verrà somministrato del cibo. Il fenomeno studiato da Pavlov è conosciuto, più in generale, come riflesso condizionato, ed è stato presentato alla comunità scientifica in un congresso di Medicina tenutosi a Madrid nel 1903; l’anno successivo lo psicologo russo ha conseguito il premio Nobel per i suoi studi in campo medico. Più tardi, nel 1927, viene pubblicato in inglese un trattato completo delle teorie da lui elaborate, intitolato Conditioned Reflexes: An Investigation of the Physiological Activity of the Cerebral Cortex. Nell'ambito degli studi sul riflesso condizionato, si mettono in evidenza anche dei fenomeni specifici: > l’esti lo stimolo condizionato non accompagna più quello incondizionato; ione, ossia la graduale scomparsa della risposta condizionata, se progressivamente > il recupero spontaneo, ossia il progressivo riapparire (in modo più rapido e stabile) della risposta condizionata se progressivamente lo stimolo condizionato comincia a riaccompagnare quello incondizionato; > la generalizzazione, ossia la tendenza a produrre la risposta condizionata anche quando lo stimolo che accompagna lo stimolo incondizionato è molto prossimo a quello condizionato. 70 In particolare, i cani di Pavlov potevano iniziare a salivare anche quando udivano un campanello dal suono differente rispetto a quello che accompagnava la somministrazione di cibo; > la discriminazione, ossia ilfenomeno opposto alla generalizzazione, mediante cui il soggetto impara a distinguere in modo sensibile due stimoli pressoché simili. Se uno di essi rappresenta lo stimolo condizionato, l’altro, che è molto simile, non riesce a produrre analogamente la risposta condizionata. Lo psicologo statunitense John Broadus Watson (1878-1958) è considerato il padre del comportamentismo. Influenzato dal funzionalismo di James R. Angell, Watson pubblica nel 1913 l'articolo Psychology as the Behaviorist Views It, che è considerato il Manifesto del behaviourismo. La visione psicologica di Watson prevede l’esistenza di un ambiente circostante attivo, capace di influenzare un soggetto passivo, il quale apprende solo se viene stimolato. Lo psicologo statunitense afferma che esistono delle connessioni stimolo-risposta che sono ereditarie e altre che si generano mediante processi di condizionamento, come quelli operati da Pavlov: questi ultimi si possono configurare come processi di apprendimento. L'interesse di Watson si concentra proprio su di essi. Egli constata che, spesso, la presenza del medesimo stimolo genera nel soggetto delle risposte differenti. Pertanto, si interroga su quale di queste risposte sia la più probabile ripetendo lo stimolo con il passare del tempo. Da questo studio scaturiscono due leggi: > la legge della frequenza, secondo la quale la probabilità di una risposta è direttamente proporzionale al numero di volte in cui tale risposta si verifica in seguito allo stimolo (il classico legame tra frequenza e probabilità); > la legge della recenza, secondo cui la risposta più recente è quella maggiormente probabile. Pertanto, nel prevedere una risposta ad uno stimolo, occorre osservare quante volte e quanto di recente tale risposta sia stata data. In relazione al condizionamento, è rimasto famoso l'esperimento del piccolo Albert, un bambino di nove mesi che ama giocare con un topolino bianco e che viene spaventato con rumori violenti proprio mentre gioca con la bestiola: uno stimolo incondizionato (il rumore violento) provoca una risposta incondizionata (la paura). Allo stimolo incondizionato il bambino associa lo stimolo neutro (il topolino), per cui, dopo una serie di somministrazioni dei due stimoli congiuntamente, Albert finisce per avere paura anche del topolino. Egli mostra una risposta condizionata (la paura) in presenza dello stimolo neutro (il topolino), che diventa condizionato. Pertanto, una risposta connaturata nel bambino (la paura) viene estesa anche a nuovi stimoli e situazioni (il topolino). Il resoconto finale degli esperimenti sul piccolo Albert è presentato nell'articolo Conditioned emotional reactions, del 1920. Nell'opera Behaviourism (1925) Watson, in base ai suoi studi, conclude che, mediante il condizionamento e la realizzazione di un ambiente circostante appropriato, è possibile cambiare radicalmente i comportamenti dei soggetti. Lo psicologo afferma di essere in grado di creare da un bambino, privo di deficit cognitivi, un medico, un artista e finanche un ladro, a seconda del condizionamento operato. Tale dichiarazione sembra piuttosto opinabile; tuttavia, le convinzioni che portano Watson ad esprimere un giudizio così azzardato sono le stesse che gli permettono di asserire, in modo rivoluzionario e lungimirante, che non è possibile sostenere la superiorità di una 71 operante viene paragonato ad un ceramista che modella un pezzo di argilla. Il prodotto del ceramista avrà una sua forma specifica, ma non riusciremo a trovare un momento preciso in cui questa forma apparirà. Allo stesso modo una certa risposta di un organismo non è qualcosa che appare all'improvviso ma il risultato di un processo in continua formazione. Lo shaping può essere dunque definito come il rinforzamento differenziale dei comportamenti che progressivamente si lano al comportamento target. avvi Anche nel bambino e nell'adulto si generano comportamenti operanti, che vengono messi in atto per ricevere un rinforzo positivo, un premio. Ad esempio, un bambino può trovare dilettevole stare in braccio alla mamma. Si supponga che, in seguito al pianto del bambino, generato da un qualsiasi motivo, la madre, con una certa regolarità, lo prenda in braccio per calmarlo. Può succedere che il bambino pianga in modo operante, ossia senza particolari stimoli provenienti dall’esterno, semplicemente per ricevere il rinforzo positivo, ossia per essere preso in braccio. Allo stesso modo, uno scolaro può essere indotto a studiare per ricevere il rinforzo positivo dalla maestra, che può essere una lode in pubblico oppure un buon voto. Oltre a questo tipo di comportamenti, ne esistono altri che vengono attuati per sottrarsi ad una situazione di disagio: sono comportamenti legati ad un rinforzo negativo. Ad esempio, se un alunno molto studioso viene sistematicamente deriso dai compagni meno volenterosi, è probabile che a un certo punto tenderà ad affievolire il suo comportamento da studioso, per eliminare la situazione di disagio che vive. Quello di Skinner viene spesso definito comportamentismo radicale. Lo studio del comportamento, secondo lo psicologo statunitense, può diventare una scienza naturale, ossia avvalersi dell’oggettività, della riproducibilità dei risultati e del rigore, tutti elementi caratteristici di scienze come la fisica o la chimica. Il comportamento è il fatto oggettivo che viene studiato scientificamente. Esso si può ricondurre ai seguenti fattori: > all'ambiente che circonda il soggetto e che fornisce stimoli (comportamento rispondente) oppure ai rinforzi che inducono a ripetere un determinato comportamento (comportamento operante); > all'evoluzione della specie cui il soggetto appartiene (in questo caso si parla di variabi filogenetiche del soggetto); > alla storia e alle esperienze specifiche del soggetto che, mediante appositi rinforzi, hanno determinato un apprendimento nello stesso (in questo caso si parla di variabi ontogenetiche del soggetto). Il concetto di rinforzo, ereditato dalla legge dell'effetto di Thorndike, viene studiato in modo approfondito da Skinner, in termini di comportamento operante. Il rinforzo è uno stimolo successivo ad un determinato comportamento che è sempre destinato a favorire il comportamento ritenuto gradevole e auspicabile. Si può avere: = un rinforzo positivo, quando procura una situazione di soddisfazione nel soggetto che lo riceve; = unrinforzo negativo, quando elimina una situazione di disagio nel soggetto che lo riceve. La punizione è ben distinta dal rinforzo; essa mira a cancellare un comportamento inadatto e sgradevole. Si può avere: 74 una punizione positiva, quando procura una situazione di disagio nel soggetto che la riceve. Ad esempio, la madre sgrida il bambino che non fa i compiti. Il rimprovero della madre genera un disagio nel figlio; una punizione negativa, quando allontana il soggetto che la riceve da una situazione gradevole. Ad esempio, la madre che vieta al figlio di uscire ilsabato sera allontana il ragazzo da una situazione gradevole, che è l'uscita con gli amici. Il rinforzo presenta alcune caratteristiche fondamentali che lo rendono maggiormente efficace nel determinare il comportamento di un soggetto. Esse sono: la quantità e la qualità del rinforzo, che incidono sull’apprendimento del comportamento; il ritardo del rinforzo, cioè il tempo che intercorre tra la manifestazione del comportamento e la presenza del successivo stimolo-rinforzo. Un rinforzo tardivo viene associato in modo meno naturale al comportamento operante che lo ha determinato, pertanto l’effetto che tale rinforzo ha sull’apprendimento può affievolirsi. Inoltre il rinforzo si può anche suddividere nelle due seguenti tipologie: rinforzo primario (o incondizionato), che soddisfa un bisogno primario come la fame, la sete, il bisogno di riposarsi o di essere accuditi e protetti. Esso agisce su bisogni che sono connaturati alle necessità di sopravvivenza della specie e trova la propria giustificazione in chiave evoluzionistica; rinforzo secondario (o condizionato), che si ha quando, in conseguenza di un dato comportamento, si verifica uno stimolo inizialmente neutro, che, abbinato a uno stimolo- rinforzo considerato tale dal soggetto, finisce con l’acquisire anch'esso il valore di rinforzo. Rinforzi secondari possono essere una lode verbale, un applauso oppure il denaro. Ad esempio, quest’ultimo viene associato alla possibilità di procurarsi del cibo (rinforzo primario) e diventa anch'esso un rinforzo (però secondario). | rinforzi secondari possono essere generati sia da rinforzi primari che da altri rinforzi secondari. Quando una risposta è stabilizzata, dopo una fase iniziale di rinforzo, occorre adottare strategie di rinforzo per mantenere vivo il comportamento ottenuto. Risulta inefficace fornire un rinforzo ogni singola volta in cui il comportamento viene adottato. Skinner introduce due specifici schemi rinforzo di base che ritiene più efficaci: lo schema a intervallo fisso (fixed interval), nel quale il rinforzo viene fornito al soggetto ad intervalli di tempo regolari e prefissati; lo schema a rapporto fisso (fixed ratio), nel quale il rinforzo è somministrato al soggetto dopo un numero prefissato di volte in cui attua il comportamento. Vengono definiti, inoltre, i concetti di estinzione e recupero spontaneo dei comportamenti operanti: l'est comportamento, il rinforzo non ha più luogo: in tal caso si osserva che il soggetto tende jone di un comportamento operante avviene quando, in presenza di quel progressivamente a non mettere più in atto il comportamento, in quanto nota l'assenza del rinforzo. In realtà, si tratta di un nuovo tipo di apprendimento e non della cancellazione di un apprendimento precedente. Il soggetto impara a collocare quel comportamento non più tra quelli che generano ricompense desiderabili, bensì tra i comportamenti neutri che non producono risultati e che possono essere progressivamente abbandonati. 75 = Il recupero spontaneo consiste, invece, nel riapparire della risposta o del comportamento nel momento in cui il soggetto assiste alla contemporanea ricomparsa del rinforzo. Questo denota ulteriormente che l'estinzione non è stata una cancellazione dell’apprendimento avvenuto in precedenza. In modo analogo a quanto visto per il condizionamento classico, si possono verificare i fenomeni della generalizzazione e della discriminazione. Alla base della procedura di generalizzazione vi è il concetto di analogia: gli esseri viventi hanno l'abitudine di creare analogie tra situazioni simili, con l'intento di ordinare e semplificare la realtà circostante. Viceversa, la differenza è il concetto alla base della procedura di discriminazione, per la quale la realtà è categorizzata in modo sufficientemente vario e specifico, senza essere banalizzata. Nel romanzo Walden due (1948), Skinner si sofferma sulle importanti implicazioni sociologiche e pedagogiche che derivano dai suoi studi sull’apprendimento. Egli prende spunto dall’opera Walden, di Henry David Thoreau (1854), in cui l’autore fa il resoconto di due anni di vita in una capanna in un bosco nel Massachusetts. L'intento è quello di testimoniare come l’uomo possa vivere in modo sano e completo quando è immerso nella natura. Difatti, sebbene la vita a contatto con essa possa evidenziare condizioni di indigenza, è comunque un'esperienza edificante, in quanto lontana dalle aberrazioni di una società che fa del profitto e del successo l’unica finalità. Walden due è un romanzo nel quale Skinner rappresenta il suo modello utopico di società. Il protagonista è il professor Burris che si reca in una comunità guidata dal suo ex collega Frazier; i membri di questa vasta comunità, denominata “Walden due”, sono felici e produttivi, condividono esperienze e conoscenze e non sono mai in conflitto tra loro. Il controllo e la pace sociale della comunità si basano sul sistema educativo, che adotta metodi di condizionamento del comportamento umano che tendono al continuo miglioramento dell’uomo. | bambini vengono cresciuti mediante condizionamenti al loro comportamento, che deve essere socievole, produttivo, democratico e intelligente. Le emozioni negative vengono sopite attraverso tecniche di condizionamento che le rendono non desiderabili a colui che le sperimenta. L'istruzione e la lezione frontale sono completamente rimosse dalla comunità di Walden: l’unico compito degli insegnanti è quello di mostrare ai bambini come applicare le tecniche di apprendimento, che vanno dall'impianto deduttivo della logica al metodo scientifico, fino all’analisi statistica. Per il resto, l'apprendimento è libero e volontario e avviene nelle biblioteche e nei laboratori della comunità. Questi ultimi, in particolare, sono fondamentali perché permettono un riscontro diretto e reale della conoscenza. Nel sistema educativo di Walden due sono abolite le punizioni e gli atteggiamenti repressivi. Mediante questo romanzo, Skinner lancia un monito al sistema educativo reale, così come all'intero sistema sociale: occorre rinforzare e favorire fin dalla tenera età comportamenti desiderabili, piuttosto che controllare e reprimere tardivamente i comportamenti disdicevoli, tramite censure e punizioni. | principi pedagogici di Skinner e i metodi da essi dedotti sono illustrati nell’articolo The science of learning and the art of teaching del 1954 e sono approfonditi nel volume The technology of teaching del 1968. Skinner delinea gli obiettivi di apprendimento nella scuola attuale: in una prima fase, l'apprendimento è rivolto a concetti semplici e basilari, che spesso vengono acquisiti in modo meccanico (es. le tabelline o lo svolgimento di una delle quattro operazioni fondamentali); in 76 categorie che si rifanno a stati interni dell’individuo e che differiscono dai comportamenti esterni, ritenuti osservabili. Il neocomportamentismo prova a ricondurre lo studio scientifico su aspetti che vanno oltre il semplice comportamento: l'osservazione degli studiosi si sofferma su concetti nuovi, come lo scopo e la memoria. Si sostituisce al paradigma stimolo-risposta un nuovo paradigma che prevede la presenza del soggetto (organismo) tra lo stimolo e la risposta. Difatti, la risposta allo stimolo sarà mediata dalla presenza della memoria, della percezione e dello scopo, che sono caratteristiche dell'organismo: pertanto, il nuovo paradigma è stimolo-organismo-risposta. Lo psicologo neocomportamentista statunitense Edward Chace Tolman (1886 - 1959) è considerato un precursore del cognitivismo. | suoi studi sul comportamento dei ratti nei labirinti sono riportati nel volume Purposive Behavior in Animals and Men (1932). In rottura con i suoi predecessori Watson e Thorndike, Tolman sostiene che il comportamento di un soggetto deve essere osservato nella sua totalità, senza doverlo necessariamente ridurre ad una serie concatenata di stimoli e risposte. In pratica, se Watson e Thorndike, esaminando una serie di semplici connessioni stimolo-risposta, si erano dedicati allo studio di un comportamento molecolare, Tolman vuole dedicarsi allo studio di un comportamento globale e non frammentato del soggetto, che definisce comportamento molare, in riferimento alla mole che contiene un alto numero di molecole. Pertanto, nell'osservare come i ratti si muovono all’interno di un labirinto, non è opportuno soffermarsi sulle singole azioni (gira a destra, torna indietro, gira a sinistra), ma sul risultato complessivo di uscita dal labirinto in un numero determinato di mosse. Tre gruppi di topi (A, B e C) sono rinchiusi in tre labirinti identici per osservarne il comportamento che li porta ad uscire da essi. Inizialmente, i topi compiono percorsi casuali e avanzano per prove ed errori, fino a raggiungere l’uscita. Di seguito, posti nuovamente nel labirinto, iniziano a migliorare la prestazione che serve per condurli fuori da lì. > Ilgruppo A all’uscita trova cibo (il rinforzo) e impara velocemente ad uscire dal labirinto. > Il gruppo B non trova cibo e apprende meno velocemente ad uscire dal labirinto, nel senso che per raggiungere l’uscita compie molti più errori del gruppo A (la velocità di uscita viene misurata in numero di errori, ossia innumero di volte in cui viene imboccato un vicolo cieco). Si può quindi affermare che il gruppo B stia apprendendo meno velocemente del gruppo A, oppure che apprenda di meno: iò a causa dell'assenza di rinforzo. Fino a questo punto, il paradigma del comportamentismo classico sembra perfettamente rispettato. > Il gruppo C non trova cibo e per esso si nota un comportamento non difforme da quello messo in atto dal gruppo B, fino al decimo giorno dell'esperimento. Dall’undicesimo giorno in poi, il gruppo C trova del cibo all'uscita del labirinto: il paradigma stimolo-risposta vorrebbe che dall’undicesimo giorno in poi il gruppo C iniziasse a comportarsi come il gruppo A nei primi giorni, ossia iniziasse a ridurre progressivamente il tempo di uscita fino a raggiungere le performance del gruppo A nel medesimo numero di giorni. Tuttavia, questo non avviene: nel giro di un paio di giorni i topi del gruppo C raggiungono subito il livello di prestazione del gruppo A. Questo risultato inaspettato permette a Tolman di formulare diverse ipotesi. 79 > L'apprendimento può avvenire anche senza rinforzo. Difatti, è necessario ammettere che il gruppo C, per portarsi subito al livello del gruppo A, dopo la somministrazione del rinforzo, deve necessariamente aver imparato come uscire dal labirinto anche durante i primi dieci giorni nei quali non riceveva rinforzo. > L'apprendimento può avvenire anche se non si manifesta alcuna variazione del comportamento. Prima dell'esperimento di Tolman, l’idea prevalente era che l'apprendimento si manifestasse necessariamente sotto forma di una variazione del comportamento, anzi la variazione del comportamento era sintomo dell'avvenuto apprendimento. In realtà, i topi del gruppo C, durante i primi dieci giorni, anche se stanno apprendendo come uscire, non modificano il loro comportamento e continuano a comportarsi come il gruppo B. In base a questa osservazione, Tolman introduce il concetto di apprendimento latente i topi del gruppo C apprendono, anche se non manifestano il loro apprendimento. Nell'apprendimento latente si utilizzano mappe cognitive o schemi mentali, che sono la rappresentazione mentale dello spazio attraversato. Esse ci aiutano ad orientarci nel mondo circostante attraverso connessioni fra oggetti, significati, fatti e situazioni. Ciò è valido anche per gli esseri umani. > Occorre distinguere tra apprendimento e performance. Nell’esperimento la comparsa del rinforzo non determina l'apprendimento nei topi del gruppo C, ma solo la loro maggiore velocità di uscita dal labirinto, ossia la loro performance. Il rinforzo, quindi, non favorisce l'apprendimento, ma semplicemente la performance. > Le evidenze sperimentali mostrano che i ratti hanno una sorta di memoria di quanto appreso: i loro apprendimenti, cioè, emergono dalla memoria quando sono necessari ad ottenere un rinforzo. Inoltre, si nota che il comportamento viene adottato per ottenere uno scopo: se tale scopo non è perseguibile, il ratto non adotta il comportamento. Quest'ultimo non è solo indotto da un rinforzo, ma è un fatto intenzionale, è dettato da una volontà. Per tale motivo, si sostiene che Tolman definisca un comportamentismo intenzionale (purposive behaviorism). I concetti di memoria, scopo e intenzione aprano la strada alle teorie cognitiviste che analizzano gli stati interni del soggetto. Nel tentativo di descrivere il comportamento dei ratti nei labirinti, in un successivo articolo, Tolman introduce alcuni insiemi (set) di variabili. Le variabi ipendenti sono quelle che lo sperimentatore può manipolare. Ve ne sono di due tipi: = le variabili ambientali, relative al tipo di compito da svolgere nell’esperimento, agli stimoli che si forniscono per eseguirlo e, più in generale, alle modalità con le quali verrà effettuato; = levariabili legate alle differenze individuali dei soggetti (i ratti) che svolgono il compito. Tra queste ci sono: l’età dei topi, i fattori ereditari, le eventuali medicine che vengono loro somministrate e la quantità di esperimenti che hanno svolto in precedenza. Si tratta di fattori individuali di cui lo sperimentatore è a conoscenza e che quindi può controllare. Le variabili dipendenti sono legate al risultato che i topi esibiscono nell’esperimento, al loro livello di apprendimento e di performance: un esempio è la velocità con cui escono dal labirinto. Sono variabili che dipendono da quelle indipendenti. 80 sono variabili che si frappongono tra quelle indipendenti e quelle dipendenti e influenzano il valore di queste ultime, proprio come fanno le variabili indipendenti. Si tratta di variabili specifiche dei soggetti che compiono la prestazione (i ratti), che lo sperimentatore non può controllare direttamente, ma che sono collegate alle variabili indipendenti e che l'osservatore può desumere dai risultati dell'esperimento, osservandone le variazioni al variare delle variabili indipendenti. Ad esempio, variabili intervenienti sono l'appetito del ratto, la sua abilità motoria, la sua propensione al compito, la sua forza di volontà. Con l'introduzione delle variabili intervenienti Tolman asserisce che vi sono aspetti cognitivi e fisiologici, strettamente interni all’individuo, che influenzano l'apprendimento. Lo psicologo statunitense Clark Hull (1884-1952) evidenzia, nella sua teoria, una decisa centralità del concetto di abitudine: secondolo psicologo, la forza dell'abitudine è direttamente proporzionale al numero delle associazioni fra stimolo e risposta a essa connesse che hanno subito un rinforzo. Le risposte, e non le percezioni o le aspettative, partecipano alla formazione delle abitudini. Adottò un metodo di ricerca rigorosamente ipotetico-deduttivo che gli consentisse di giungere a risultati quantitativi. La sua concezione della psicologia fu rigorosamente formale e articolata, infatti, su teoremi e corollari: fu il primo ad elaborare dunque una teoria matematica dell'apprendimento che mettesse in relazione stimoli esterni e risposte comportamentali nello stesso modo formale in cui opera la geometria euclidea nel mettere in relazione punti, angoli e rette. Ma il programma di Hull non ottenne i risultati sperati, perché la sua teoria ipotetico-deduttiva dell'apprendimento non fu mai collimante con i risultati sperimentali. Hull si interessò anche di ipnosi, considerando il processo ipnotico come una forma di apprendimento appreso che si conforma alle stesse leggi degli altri tipi di apprendimenti: ripetizioni di associazioni, condizionamento, formazione di abitudini, processi di abituazione e così via. Hull è stato uno dei primi teorici che ha provato a formulare una grande teoria per spiegare tutti i comportamenti, nota come Teoria della riduzione dell'impulso. Parte dal concetto di omeostasi, l’idea che il corpo lavori attivamente per mantenere un certo stato di equilibrio. Usò il termine “impulso” per riferirsi allo stato di tensione o eccitazione causata da tali bisogni biologici o fisiologici. Un impulso, come la sete, la fame o il freddo, crea uno stato spiacevole, una tensione. Uomini e animali cercano modi adeguati per soddisfare ognuno di questi bisogni biologici (bere, mangiare, riparo) e ridurre lo stato di tensione. In questo senso, Hull suggerisce che uomini e animali ripetono qualsiasi comportamento capace di ridurre gli impulsi. Lo psicologo canadese Albert Bandura (1925-2021) deve la sua fama iniziale ad una serie di esperimenti sull’apprendimento per imitazione e sull’aggressività, che lo portano a formulare la di stampo comportamentista. Bandura è stato un autore fondamentale nel passaggio tra approccio comportamentista verso la definizione del cognitivismo. Nel 1961 Bandura, Ross e Ross pubblicano l'articolo Transmission of aggression through imitation of aggressive models: si tratta del resoconto di un esperimento condotto su 36 bambini e 36 bambine di età compresa tra i 3 e i 6 anni. Questi vengono divisi in tre gruppi, ciascuno formato da maschi e femmine. 81 comportamento genera e un auto-rinforzo, proveniente dalla sfera dei processi interni che avvengono nell’individuo. Nel modello comportamentista l’ambiente influenza il comportamento degli individui. Bandura afferma che esiste, invece, un determinismo reciproco, in quanto anche il comportamento dei soggetti può influenzare l’ambiente circostante, ad esempio facendo in modo che gli altri regolino opportunamente il loro comportamento, reagendo a quello da lui messo in atto. In altre parole, l’ambiente e la persona (gli aspetti interni all'individuo) influenzano il comportamento e, analogamente, quest’ultimo influenza gli aspetti interni della persona e l’ambiente circostante. L'apprendimento osservativo o vicario è sicuramente il punto centrale della teoria dell’apprendimento sociale: volendo far replicare ad un soggetto un determinato comportamento, piuttosto che condurlo per tentativi e successive approssimazioni verso il comportamento desiderato, risulta più immediato fargli apprendere il comportamento dall’osservazione di qualche altro soggetto che lo mette in atto. Bandura chiama questa procedura modeling, termine che si riferisce proprio all’azione di osservare un modello di comportamento e di conformarsi ad esso. Lo stimolo che viene fornito al soggetto per replicare il comportamento può essere di tre tipologie: l'osservazione fisica diretta di un modello (behavioural modeling), ossia di un individuo che svolge alcune azioni che devono essere replicate. In generale, questo tipo di stimolo è molto efficace e diventa una delle modalità preferenziali per i bambini che ancora non hanno accesso al linguaggio scritto o non padroneggiano bene il linguaggio parlato; la descrizione verbale di un comportamento (verbal modeling), ossia la possibilità di seguire delle istruzioni che vengono lette da un manuale o che vengono impartite verbalmente. In entrambi i casi, ci si riferisce alla rappresentazione della procedura di comportamento mediante il linguaggio (scritto o parlato). Si tenga presente che si tratta di una rappresentazione simbolica del comportamento, in quanto il linguaggio è uno strumento simbolico, cioè costituito da simboli (fonemi e grafemi) e regole per utilizzarli; la rappresentazione pittorica o simbolica (symbolic modeling), ossia l’uso di immagini, disegni e filmati per illustrare un determinato comportamento. Il processo di apprendimento osservativo (modeling) viene suddiviso nelle seguenti fasi che avvengono sequenzialmente: » processi di attenzione. È necessario che il soggetto ponga attenzione al processo che deve osservare. La scelta di prestare attenzione dipende da diversi fattori, da quanto si ritiene interessante ciò che si deve osservare, da quali ricompense intrinseche o estrinseche si possano prevedere nel riprodurre il comportamento sottoposto all'attenzione. Questa scelta può dipendere tanto dalla storia personale del soggetto, quanto dall'influenza della comunità e dell'ambiente in cui vive; > processi di ritenzione. Perché un processo venga ricordato, è necessario che sia impresso nella memoria. Questo può avvenire sia attraverso immagini di cose, persone o luoghi che vengono preservate in memoria nelle loro caratteristiche essenziali, sia attraverso rappresentazioni che coinvolgono codici verbali che descrivono quanto osservato. L'importante è che tramite queste due modalità il processo possa essere richiamato dalla memoria ed attuato; 84 > processi di riproduzione motoria. Anche se il processo è fissato in modo nitido in memoria, non è detto che il soggetto sia in grado di effettuarlo con sicurezza, senza compiere errori. Questo può avvenire per carenza di abilità motorie, a causa di una forza insufficiente per svolgerlo, oppure perché la propria conformazione fisica non è in grado di garantire la corretta esecuzione. Un bambino può non essere sufficientemente alto per premere l'interruttore ed accendere la luce o per avviare un'automobile, anche se ha memorizzato perfettamente la sequenza di azioni indispensabili. Inoltre, alcuni processi motori, come il nuoto, non permettono a chi li compie di osservare perfettamente i propri movimenti, per valutare se li stia compiendo in modo corretto; > processi motivazionali e di rinforzo. Infine, il soggetto, pur avendo prestato attenzione ad un processo ed avendolo immagazzinato correttamente in memoria e pur essendo perfettamente in grado di eseguirlo, può scegliere di non svolgerlo effettivamente mai nella sua vita. Questo perché non lo ritiene corretto o opportuno, o perché ritiene che il suo svolgimento possa essere sanzionabile: in tal caso, il soggetto non è motivato a eseguirlo. Tuttavia, se per lo svolgimento si prospetta un rinforzo positivo, allora il processo può essere svolto. Si tratta della differenza tra l'apprendimento, che è avvenuto, e l'esecuzione della performance, che può non avvenire. Il fatto che la performance non venga eseguita o posta in atto non è un segnale certo che l'apprendimento non sia avvenuto. In base alla teoria dell’apprendimento sociale, il processo di modeling avviene se ha luogo la sua fase iniziale, quella di attenzione. Non sempre il solo proporre un comportamento ad un soggetto garantisce che quest’ultimo presti effettivamente attenzione allo stesso. Per garantire l’attenzione del soggetto, può essere utile proporre un rinforzo anticipato che, a sua volta, può costituire un’argomentazione sull'importanza di quello che si sta per osservare, su come tale processo possa essere utilizzato per finalità di proprio interesse. Pertanto, esso può essere visto come uno stimolo che tende ad elicitare l’attenzione, la quale permette di recepire un secondo stimolo che è l'osservazione vera e propria del processo da parte del soggetto. Dopo l'osservazione, s’innescano processi interni di carattere cognitivo, come l’organizzazione del processo in memoria, e la scelta o meno di volerlo mettere in atto. Questi fattori determinano l'eventuale risposta, ossia l'esecuzione del processo osservato. Come si alimenta la motivazione a svolgere il processo? Un ruolo determinante viene svolto dal rinforzo vicario. Difatti, prima di eseguire il processo e ottenere un rinforzo a posteriori, il soggetto osserva l'eventuale rinforzo che riceve colui che ha svolto il processo. È possibile che questa persona riceva una ricompensa, una lode, che sia stimata dagli altri: simili fattori possono indurre il soggetto osservante a decidere di svolgere il compito. Tuttavia, non è detto che questo rinforzo vicario garantisca lo svolgimento del processo da parte dell’osservante. Quest'ultimo potrebbe fare delle sue valutazioni, immaginandosi nelle condizioni di chi ha messo in atto il processo, condizioni che comunque potrebbero inibirne lo svolgimento. Possono essere valutazioni che nascono dalla propria storia personale, dall'ambiente nel quale il processo viene svolto. Per Bandura, l’uomo tende ad esercitare un controllo cognitivo su ciò che deve effettuare, cercando, in modo naturale, di anticipare le conseguenze delle sue azioni. Infine, lo psicologo canadese introduce il concetto di auto-rinforzo che consiste nel determinare per sé stessi alcuni standard di comportamento che si ritengono plausibili e accettabili. Se tali standard 85 vengono raggiunti, l’individuo stesso può autocompiacersi, premiarsi e stabilire per sé un auto- rinforzo, che influenza lo stesso comportamento dell'individuo. Si parla in questo caso di esperienze di auto-efficacia 0 esperienze di padronanza, riferendosi alle esperienze in cui l’allievo ha affrontato e superato un compito. Acquisire padronanza tramite la pratica è probabilmente il modo migliore per migliorare l’autoefficacia. Per Bandura, le esperienze non troppo semplici, in cui l'individuo deve perseverare anche di fronte agli insuccessi, sono viste come esperienze di costruzione e sfida. Walter Mischel ha mostrato il fallimento dell’assunto circa la presunta coerenza comportamentale in diversi contesti di un individuo in relazione a uno specifico tratto caratteriale. Le sue analisi mostrano, piuttosto, che il comportamento di qualsiasi individuo risulta fortemente dipendente dai . La sua critica parte dall’assunto dell’evidente variabilità, instabilità e apparente incoerenza del comportamento umano nelle diverse situazioni. È necessario infatti considerare in maniera innovativa il ruolo che svolgono le variabili individuali, le variabili situazionali e le loro interazioni nell’organizzazione della condotta di ogni individuo. La personalità per Mischel è intesa come un sistema cognitivo-affettivo nel quale assumono particolare rilievo molteplici unità cognitivo-affettivo in relazione tra loro, che ne mediano il rapporto con l’ambiente. Le variabili personali analizzate sono soprattutto quelle legate all’elaborazione dell’informazione e alla costruzione dell'esperienza: > le competenze cogn comportamenti); > strategie di codificazione e categorizzazione (legate alle modalità sottese ai processi di 0-comportamentali (capacità di generare cognizioni, costrutti e raggruppamento delle informazioni); > processi di prototipizzazione (legate alle modalità di selezione e organizzazione delle informazioni); > aspettative (legate agli esiti delle risposte e degli stimoli); > valori soggettivi; > processi di autoregolazione (capacità di autoriflessione e autocontrollo). Lo psicologo e pedagogista statunitense Benjamin Samuel Bloom (1913-1999) ha dato importanti contributi alle teorie dell’apprendimento: una buona affermazione ha ottenuto la procedura di apprendimento da lui codificata e denominata Mastery learning, espressione che può essere tradotta come “apprendimento per padronanza”. Inizialmente proposta da John Carroll (1963) e successivamente ripresa da Bloom nell'articolo Learning for Mastery (1968), questa procedura ha come obiettivo primario quello di condurre la maggioranza degli studenti (circa il 90%) alla padronanza della disciplina che viene loro insegnata. Bisogna prima definire alcune variabili che influenzano l'apprendimento; poi occorre prescrivere, sulla scorta delle variabili individuate, una serie di azioni che rendano ottimali queste ultime e permettano di raggiungere la padronanza della disciplina alla maggior parte degli studenti. 86