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TRACCE SCRITTE TFA SOSTEGNO SCUOLA SECONDARIA DI II GRADO 2021 INDICE: Differenza tra Programmazione e Progettazione educativa…………………………………….7 Competenze chiave emanate dal Parlamento Europeo 2006…………………………………..7 La Certificazione delle Competenze D.M. 9 del 2009……………………………………………7 Competenze trasversali per l’apprendimento permanente: Raccomandazioni del Consiglio Europeo 2018…………………………………………………………………………………………8 Come sono cambiati i percorsi di alternanza scuola-lavoro……………………………….8 PTCO “Percorsi per le Competenza Trasversali e per l'Orientamento"................9 Linee guida per la Certificazione delle Competenze al termine dell’obbligo di istruzione …………………………………………………………………………………………….9 Come la Certificazione delle Competenze ha modificato i modelli di istruzione e la didattica……………………………………………………………………………………. 10 La scuola in base alle nuove indicazioni per il Curricolo D.M. 254/2012 e D.L. 62/2017. 11 Differenza tra conoscenze, abilità e competenze e ruolo della didattica per competenze11 2. METODI E STRATEGIE DIDATTICHE UDL in base alle Linee guida del 2018……12 Principi fondamentali del UDL (PUA) in italiano…………………12 Illustrare il concetto di metacognizione e come svilupparla negli studenti…………13………… La didattica metacognitiva e come applicarla….13 Gli elementi della didattica metacognitiva secondo Ianes………13 Illustrare i 4 livelli della didattica metacognitiva di Ianes……14……………………………….. Attività didattiche per sviluppare la competenza chiave di Imparare a imparare…………14 La didattica per problemi: caratteristiche e punti di forza ……..15 Il Problem posing di Freire: applicazione didattica………………………….15 Che cosa si intende per Problem Posing……16 Relazione tra problem: posing, finding e solving…16 Le fasi del processo di risoluzione di problemi…..16 Flipped Classroom ………………………………………………………………………17 Teoria dell’apprendimento situato di Wenger e Lave……..17 Metodologia EAS in ambito didattico……………………………………………….18 Le caratteristiche del metodo STEM……………………………………..18 Le 4 tipologie del metodo IBL per le STEM…………………………………………18 Comunità di pratica: applicazioni in ambito scolastico……………………………19 Applicazione della ricerca azione nel contesto scolastico………………………..19 Il concetto di Intelligenza emotiva secondo Goleman……………..20 Attività didattiche per sviluppare l’empatia e favorire l’integrazione……………………20 Sviluppare competenze sociali attraverso il Cooperative Learning…. 21 Autoefficacia e locus of control in riferimento all’Intelligenza emotiva…….21 Le Life Skills e come svilupparle…………………………………………22 UDA sulla convivenza interculturale……22 UDA per promuovere competenze sociali e di Cittadinanza……23 Strategie di intervento per contrastare bullismo e cyberbullismo 23 Metodologie didattiche per l’inclusione di neo arrivati in Italia ………24. Metodologie didattiche per l’integrazione di studenti ipovedenti…………25 Il Mastery Learning di Bloom ……………25 In cosa consiste il DEBATE………………………………25 Illustrare il concetto di creatività e come svilupparla negli studenti……………25 Pensiero convergente e divergente……………………………………………26 Definire il costrutto di pensiero divergente e strategie di applicazione………………26 Metodologie didattiche per sviluppare il pensiero divergente……………………………27 In cosa consiste la Sinettica di Gordon…………………………………………………27 8. ORGANI COLLEGIALI DELLA SCUOLA Ruolo e compiti dell’insegnante di sostegno nel Consiglio di classe…………47 Comitato di Valutazione dei docenti (107/2015).....47 L’APPRENDIMENTO Cosa si intende per Apprendimento…………………………………………………. Due teorie principali dell’Apprendimento…………………… Definire il concetto di rinforzo nell’ambito del Comportamentismo……………. Gli stadi dello sviluppo cognitivo secondo PIAGET Lo stadio delle operazioni formali secondo Piaget…. Teoria dell’apprendimento situato……………………………………………………. Le distorsioni cognitive………………………………………………………………… Stili di apprendimento e stili cognitivi………………………………………………. Illustrare il concetto di “zona di sviluppo prossimale”...................................... Illustrare il concetto di “Scaffolding”.................................................................. La costruzione della conoscenza………………………………………………….. Il pensiero divergente e convergente………………………………………………. La relazione tra motivazione e apprendimento……………… Strategie per promuovere la motivazione all’apprendimento…………………….. Promuovere la motivazione: teoria del goal setting…….. LA GESTIONE DELLA CLASSE Illustrare il concetto di gestione della classe………………………………………. Illustrare il concetto di “ecologia psicologica” di Lewin………………………… La gestione della classe “classroom management”........................................... Principali modelli di gestione della classe…………………………………………. DIFFERENZA TRA PROGRAMMAZIONE E PROGETTAZIONE EDUCATIVA Con la Legge sull’autonomia scolastica L. 59/1997, è stata superata la logica dei Programmi scolastici Nazionali che sono stati sostituiti dalle Indicazioni Nazionali, le quali devono essere declinate dalle singole istituzioni scolastiche, in programmazione curricolare. Le Indicazioni Nazionali definiscono le finalità e i traguardi per lo sviluppo delle competenze e gli obiettivi di apprendimento. Con il programma ci si riferisce ai contenuti dell’insegnamento e alla loro organizzazione gerarchica, che i docenti hanno il compito di applicare e di interpretare attraverso la programmazione, la quale invece, tiene conto della specificità dei contesti, delle risorse e dei limiti. A sua volta la Progettazione degli interventi formativi implica compiti di pianificazione, in considerazione dei contesti, dei bisogni, delle risorse e dei limiti, degli obiettivi, dei contenuti della formazione e delle attività formative. Un progetto d’intervento può essere inteso come un insieme organizzato di attività finalizzate a produrre un cambiamenti in un dato contesto. Gli obiettivi sono descritti in termini di conoscenze, capacità, prestazioni che gli studenti devono acquisire al termine del percorso formativo. Dopo aver stabilito cosa ottenere, vengono definite le azioni/attività, le metodologie, gli strumenti e i contesti, i criteri e modalità di valutazione e verifica dei risultati. La valutazione è una componente che accompagna la progettazione in tutte le sue tappe; essa ha lo scopo di individuare i punti di debolezza e di forza del progetto e di attuare azioni e interventi migliorativi anche in corso d’opera. COMPETENZE CHIAVE EMANATE DAL PARLAMENTO EUROPEO Nel 2006 e nel 2018, il Parlamento Europeo ha individuato le 8 competenze chiave per l’apprendimento permanente, che ogni persona deve possedere per il pieno sviluppo personale, lavorativo e l’esercizio della cittadinanza attiva. Gli stati membri della UE, devono promuovere l'acquisizione di queste competenze, attraverso i sistemi di istruzione e formazione. Le Indicazioni Nazionali e le linee guida del MIUR, hanno assunto tali raccomandazioni come riferimento, che si concretizza poi nel Curricolo di Istituto (PTOF). Le competenze chiave da sviluppare sono: 1) comunicazione nella madrelingua; 2) comunicazione nelle lingue straniere; 3) competenze matematiche, scientifiche e tecnologiche; 4) competenze digitali (uso critico delle TIC, nei diversi contesti di vita; 5) imparare ad imparare (gestire efficacemente il proprio apprendimento); 6) competenze sociali e civiche; 7) spirito di iniziativa e imprenditorialità (trasformare le idee in azioni, attraverso la creatività); 8) consapevolezza ed espressione culturale (espressione di idee, esperienze ed emozioni, attraverso diversi canali come la musica, le arti figurative, la letteratura, lo spettacolo. LA CERTIFICAZIONE DELLE COMPETENZE D.M. 9 del 2009 A decorrere dall’a.s. 2009/2010, il D.M. 9/2009 ha stabilito l’obbligo di certificazione delle competenze raggiunte nell’assolvimento dell’obbligo di istruzione (10 anni); la quale può essere richiesta dallo studente ed è rilasciata d'ufficio dall’Istituzione scolastica, al compimento del 18esimo anno di età. Il modello per la certificazione è messo a disposizione dal MIUR e deve essere compilato dai docenti, al termine delle operazioni di scrutinio finale. Esso indica il livello delle competenze raggiunto, coerentemente con la valutazione finale degli apprendimenti, espresso nei livelli:base, intermedio e avanzato. Il modello di certificazione delle competenze di base acquisite nell’assolvimento dell’obbligo di istruzione riguarda i seguenti ambiti/assi: Lingua italiana: saper comunicare, saper leggere e comprendere diversi tipi di testi scritti; saper produrre diversi tipi di testi in funzione di diversi scopi; lingua straniera: saper utilizzare la lingua straniera per i principali scopi comunicativi e operativi; altri linguaggi: usare e produrre testi multimediali e saper usare gli strumenti fondamentali alla fruizione del patrimonio artistico e letterario; asse matematico: saper svolgere procedure di calcolo algebrico e aritmetico e sua rappresentazione grafica; confrontare e analizzare le figure geometriche; strategie appropriate alla risoluzione di problemi; asse scientifico-tecnologico Asse storico-sociale. LE COMPETENZE TRASVERSALI PER L’APPRENDIMENTO PERMANENTE: RACCOMANDAZIONI DEL CONSIGLIO EUROPEO DEL 2018 Le competenza trasversali promosse dal Consiglio Europeo del 2018, sono necessarie alla formazione del Cittadino, che deve essere in grado di rispondere alle sfide crescenti di contesti socio-culturali, organizzativi ed economici sempre più complessi, interconnessi e digitalizzati. Tali competenze riguardano 4 ambiti: 1. competenze personali, sociali ed imparare ad imparare: si riferiscono alla capacità di riflettere su sé stessi, di gestire in modo consapevole e critico le informazioni, di collaborare con gli altri, di gestire il proprio apprendimento e la propria carriera e di mantenersi resilienti anche di fronte agli ostacoli. 2. Competenza imprenditoriale: riguarda la capacità di trasformare idee e opportunità in valore anche per gli altri, di sviluppare la creatività, il pensiero critico, la capacità di risolvere i problemi, lo spirito d’iniziativa e la perseveranza. 3. Competenza in materia di Cittadinanza: si riferisce alla capacità di agire da cittadini responsabili, di partecipare pienamente alla vita sociale, culturale, politica. 4. Consapevolezza ed espressioni culturali: si riferisce alla comprensione e al rispetto per come i significati e le idee vengono espressi nelle diverse culture e forme culturali come l’arte, la musica, la letteratura, lo spettacolo. PCTO “PERCORSI PER LE COMPETENZE TRASVERSALI E PER L’ORIENTAMENTO” La legge di Bilancio 2019 (L.145/2019) ha introdotto la nuova definizione di PCTO in sostituzione della vecchia alternanza scuola-lavoro, modificando in parte la legge 107/2015. Essa stabilisce che le scuole in convenzione con le imprese, siano tenute a organizzare per gli studenti, periodi di formazione professionale in aziende, associazioni o mediante altre attività che hanno lo scopo di favorire la loro integrazione nel mondo del lavoro. I percorsi possono essere realizzati in forma di stage, giornate di orientamento, incontri con le aziende e con i professionisti, ricerca sul campo e progetti di lavoro, per un ammontare di ore distribuite nell'arco del secondo biennio e dell’ultimo anno della scuola secondaria di secondo grado. I PCTO rispondono alle raccomandazioni del Consiglio Europeo del 2018 in merito alle competenze chiave per l’apprendimento permanente. Tra le competenze delineate, quelle trasversali hanno una grossa rilevanza per la formazione del Cittadino e si traducono in: 1. Competenze personali, sociali, capacità di imparare ad imparare; 2. competenza in materia di Cittadinanza; 3. Competenze imprenditoriali; 4. Consapevolezza ed espressione culturale. I PCTO sono articolati in 210 ore negli Istituti Professionali, 150 ore negli Istituti Tecnici e 90 ore nei Licei. Essi hanno la funzione di orientare e di far acquisire ai giovani, le competenze trasversali utili alla loro futura occupabilità e piena partecipazione alla vita sociale. LINEE GUIDA PER LA CERTIFICAZIONE DELLE COMPETENZE AL TERMINE DELL’OBBLIGO DI ISTRUZIONE A seguito delle Raccomandazioni del Parlamento europeo del 18 Dicembre 2006, relative alle competenze chiave per l’apprendimento permanente, gli Stati membri sono invitati ad adottare politiche educative per assicurare che l’istruzione e la formazione iniziale offrano, a tutti gli studenti, gli strumenti per sviluppare competenze chiave che li preparino alla vita adulta e che siano la base per le successive occasioni di apprendimento e per la vita lavorativa. Tali competenze sono declinate coerentemente al sistema di descrizione del quadro europeo dei titoli e delle qualifiche EQF in: Conoscenze: insieme di fatti, principi, teorie e pratiche (teoriche e procedurali) FUNZIONI E COMPITI DELLA SCUOLA DELL’AUTONOMIA NEL PROCESSO DI INCLUSIONE Educazione e istruzione sono diritti fondamentali dell’uomo sanciti dalla Costituzione Italiana e presupposti per la realizzazione del principio di uguaglianza sostanziale, attraverso il superamento dei limiti dovuti a differenze di natura sociale, economica e culturale tra le persone. Il compito delle Istituzioni scolastiche è quello di promuovere lo sviluppo pieno della persona, la realizzazione delle sue potenzialità e del suo talento. Il regolamento dell’autonomia scolastica DPR 275 del 1999, definisce la scuola come istituzione che ha il compito di strutturare percorsi formativi funzionali a garantire il diritto ad apprendere, di tutti gli studenti, riconoscendo e valorizzando le diversità e adottando tutte le iniziative atte a garantire il successo formativo degli studenti. Il MIUR con la nota 1143 del 2018, ha ribadito che il fine ultimo della progettazione didattica è il successo formativo di tutti. La Circolare n. 8 del 2013, ha diffuso il documento del 2012 in cui si definivano i BES, per indurre le scuole a prendere in carico con maggiore attenzione, gli studenti che non sono tutelati dalla L. 104/99 e dalla L.170/2010, ossia non hanno una disabilità né un disturbo specifico dell’apprendimento, certificato dal SSN. Il documento invita la scuola a riconoscere il disagio anche temporaneo di natura sociale, culturale, psicologica ed a realizzare percorsi flessibili e personalizzati nella progettazione educativa e didattica. La partecipazione al processo di inclusione degli alunni, riguarda tutti i componenti dell’istituzione scolastica, i quali condividono la responsabilità di creare un contesto inclusivo, nell’ambito di una chiara pianificazione degli interventi educativi, formativi, riabilitativi previsti dal PEI e dal PDP . ATTIVITÀ’ DIDATTICHE PER SVILUPPARE L’EMPATIA E FAVORIRE IL PROCESSO DI INTEGRAZIONE Il compito della scuola è anche quello di educare al rispetto della diversità, creando i presupposti di una cultura dell’accoglienza e favorire il processo di integrazione, mediante lo sviluppo delle competenze empatiche. E’ dunque, necessario promuovere le competenze sociali, attraverso interventi mirati che coinvolgano il gruppo classe. L’empatia e la capacità di autoregolazione emotiva, sono considerate dall'OMS un fattore di prevenzione contro il disagio, l’abbandono scolastico, il bullismo e costituiscono la base per l’adattamento ambientale e relazionale dell’individuo. Le attività didattiche, devono focalizzarsi sul riconoscimento, il rispetto dell’altro, l’accoglimento delle emozioni altrui e al rispecchiamento delle stesse. Il clima da promuovere, per potenziare le capacità empatiche negli studenti, è basato sull’ascolto attivo, la sospensione del giudizio, cosicché ognuno si senta libero di esprimere le proprie emozioni e pensieri. Si potrebbe proporre l’attività della “scatola delle emozioni”, in cui si chiede agli alunni di scrivere in modo anonimo, di una situazione che ha suscitato delle reazioni emotive significative, per poi leggere gli scritti davanti al gruppo e stimolare una riflessione e un confronto attraverso delle domande stimolo, proposte dal docente-moderatore. Un’altra attività utile, è quella del racconto di storie o della lettura di testi specifici, che permettano agli studenti di identificarsi nei vari personaggi e nelle loro emozioni, sentimenti, pensieri e comportamenti. Altra tecnica è il role playing, che attraverso l’assunzione di ruoli diversi, permette agli studenti di comprendere i diversi punti di vista rispetto a una situazione, di identificarsi con l’altro e avvicinarsi al suo mondo. Altra tecnica è il circle time, che attraverso il racconto a turno di una situazione emotiva, permette di allenarsi a dialogare all’interno di un gruppo, ad esprimere la propria opinione e dare il proprio contributo ad uno scopo comune. IL CANDIDATO PROPONGA UN'ATTIVITÀ DIDATTICA VOL TA A SVILUPPARE LA COMPETENZA CHIAVE DELL'IMPARARE AD IMPARARE Imparare ad imparare, è l'abilità di organizzare il proprio apprendimento, la consapevolezza dei metodi e strategie utilizzati, la gestione efficace del tempo e delle informazioni, nell’ottica dell’apprendimento permanente, raccomandato dal Parlamento Europeo nel 2006 e nel 2018. Questa competenza chiave, può essere sviluppata in ambito scolastico tramite una didattica metacognitiva, che punti a rendere consapevoli gli studenti dei propri processi di apprendimento, dei propri stili cognitivi, delle proprie motivazioni ad apprendere, dei propri limiti e risorse in modo da promuovere l'autoregolazione efficace del proprio apprendimento, non solo in ambito formale, ma anche non formale e informale. A tal fine, un modello di didattica attiva laboratoriale volta a rendere protagonista lo studente, rappresenta un ottimo sistema per coinvolgerlo e renderlo consapevole del proprio lavoro e degli strumenti che ha a disposizione, per realizzarlo. Attraverso alcune metodologie come il problem solving, il role playing, il brainstorming, il peer-to-peer, il circle time. ILLUSTRARE IL CONCETTO DI METACOGNIZIONE E COME SVILUPPARLA NEGLI STUDENTI Il termine metacognizione è stato introdotto da Flavell nell’ambito dei suoi studi sulle abilità cognitive e la metamemoria. Sono molti gli studiosi di Psicologia cognitiva ad essersi interessati di questo argomento, tra essi spicca la scuola italiana di Cornoldi. Essi si sono interessati delle modalità che portano alla consapevolezza, da parte del soggetto, dei propri processi mentali e ciò ha implicato interrogarsi sulle diverse variabili che condizionano il processo di apprendimento (cognitive, motivazionali, personali, situazionali). La didattica metacognitiva ha il fine di “imparare a imparare” ossia, attivare consapevolmente le capacità e le procedure utili ad acquisire apprendimenti efficaci e spendibili in diversi contesti e in situazioni nuove. La metacognizione e una meta-abilità, che permette di organizzare efficacemente l’apprendimento in base allo scopo, al tempo e alle informazioni acquisite e di perseverare nello stesso. Le abilità metacognitive implicano consapevolezza e controllo/autoregolazione dei comportamenti e delle strategie e conducono all’assunzione di responsabilità rispetto al proprio apprendimento autonomo. L’approccio autoregolativo è la migliore modalità di applicare la didattica metacognitiva e consiste nell’aiutare lo studente a riconoscere le abilità necessarie ad eseguire un compito ed a scegliere adeguate strategie operative. I processi metacognitivi di controllo riguardano la capacità di verificare l’andamento della propria attività mentale e di mettere in atto strategie di potenziamento. Essa comporta, tra le altre cose, valutare il grado di difficoltà del compito, stabilire il proprio livello di conoscenze a riguardo, verificare e valutare se le scelte fatte portino a risultati soddisfacenti. ILLUSTRARE I QUATTRO LIVELLI DELLA DIDATTICA METACOGNITIVA DI IANES La didattica metacognitiva, secondo Ianes, si può articolare in 4 livelli. Il 1° è quello in cui l’insegnante fornisce informazioni generali sui processi cognitivi: la memoria (tipi di memoria e strategie di immagazzinamento delle informazioni), la percezione, l’attenzione, i vari tipi di apprendimento e le diverse forme dell’intelligenza. Il 2° livello riguarda l’autoconsapevolezza del proprio funzionamento cognitivo, dei propri punti di forza e limiti. Il 3° livello concerne l’uso di strategie di autoregolazione cognitiva come: fissarsi dei chiari obiettivi di funzionalità ottimale del processo (come si deve fare per ricordare dei nomi o per scrivere un riassunto); darsi delle istruzioni (devo scrivere su un foglio e ripetere per 5 volte i nomi); osservare l'andamento del processo e confrontare i risultati con gli obiettivi. I processi principali sono quindi auto osservazione, autodirezione e autovalutazione. Il 4° livello riguarda le variabili psicologiche di mediazione, concernenti l’immagine di sé come persona in grado di apprendere; il locus of control, gli stili di attribuzione, il senso di autoefficacia, l’autostima e la motivazione ad apprendere. ILLUSTRARE IL CONCETTO DI INTELLIGENZA EMOTIVA SECONDO GOLEMAN, I 5 PRINCIPI FONDAMENTALI DA LUI DESCRITTI E COME POTERLI RENDERE ATTIVI NEL CONTESTO SCOLASTICO. Goleman definisce intelligenza emotiva, la capacità di riconoscere i propri sentimenti e quelli altrui, di motivare se stessi e gestire le proprie emozioni nei vari contesti; egli ha individuato 5 principi fondamentali che la caratterizzano. Essi sono: 1. la consapevolezza di sé, intesa come capacità di riconoscere i propri sentimenti e usarli nei processi decisionali, valutare realisticamente le proprie abilità. 2. L’autocontrollo, ossia la capacità di gestire le proprie emozioni nelle varie situazioni di vita, saper fronteggiare la propria sofferenza emotiva e saper rimandare le gratificazioni per perseguire i propri obiettivi. 3. La motivazione, consiste nel sapersi spronare e guidare al raggiungimento dei propri obiettivi, nonostante gli insuccessi e le frustrazioni. 4. L’empatia, intesa come capacità di percepire i sentimenti degli altri e adottare la loro prospettiva. 5. L’abilità sociale, che consiste nella capacità di gestire le emozioni nella relazione con l’altro, di comprendere le situazioni sociali, di collaborare con gli altri ad uno scopo comune. Attraverso l’attuazione dei programmi di alfabetizzazione emotiva in ambito scolastico, è possibile sviluppare i diversi aspetti dell’intelligenza emotiva degli studenti, prevenendo il disagio e promuovendo il benessere e la capacità di adattarsi all’ambiente e alle sue richieste. IN COSA CONSISTE LA CONTINUITA’ VERTICALE E ORIZZONTALE La continuità verticale, detta anche “curricolo verticale”, fa riferimento alle azioni e iniziative messe in campo per garantire i collegamenti tra i diversi gradi di istruzione, al fine di ridurre lo smarrimento e disorientamento che caratterizza il passaggio da un grado scolastico a quello successivo. Di conseguenza, il curricolo verticale è progettato a partire dal ciclo inferiore verso quello superiore. La continuità orizzontale si riferisce invece, alla coerenza del percorso formativo alla realtà territoriale in cui la scuola opera. Bisogna quindi, costruire un curricolo adeguato alla realtà sociale, civile, culturale ed economica del contesto. A tal scopo, la scuola stabilisce contatti con gli enti territoriali, le Università, le associazioni, le agenzie di formazione. Il curricolo verticale è il percorso formativo dello studente, dalla scuola dell’infanzia fino alla scuola secondaria; esso è contenuto nel PTOF (L.107/2015), il documento programmatico dell’attività formativa della scuola. STADI DELLO SVILUPPO COGNITIVO SECONDO PIAGET Secondo Piaget, il bambino nasce con un bagaglio genetico che gli permette un adeguato sviluppo cognitivo, il quale si verifica secondo tappe ben definite. 1. STADIO SENSO MOTORIO: da 0 ai 2 anni; è caratterizzato dall’egocentrismo (non distingue tra sé e il mondo esterno). Gli schemi di azione di base gradualmente si coordinano, dando luogo a schemi e comportamenti più complessi. I primi schemi senso motori consistono in risposte innate (suzione, movimenti oculari e degli arti), che si evolvono e si integrano tra loro (afferrare-succhiare) ed hanno lo scopo di conoscere l’ambiente. Le reazioni circolari primarie ossia, la ripetizione di un’azione per sperimentarne gli effetti, ne permette il consolidamento e la trasformazione in uno schema; fino a giungere alla comparsa dei movimenti intenzionali, diretti ad uno scopo (mezzi- 3. riformulazione del problema 4. si cercano analogie con altri settori, ad esempio nel mondo della natura, della scienza etc. le fasi 5,6 e 7 : implicano lavorare su diversi tipi di analogie e approfondirle 8. connessione forzata con il problema di partenza 9. proposta di soluzione SVILUPPARE COMPETENZE SOCIALI ATTRAVERSO IL COOPERATIVE LEARNING Il cooperative learning è la metodologia didattica attiv,a che permette di rispondere contestualmente sia ai bisogni di interazione sociale che a quelli di autonomia degli studenti. Si basa sul lavoro in piccoli gruppi ritenendo che dalla collaborazione e scambio di idee scaturiscono elementi utili ad agevolare l’apprendimento. e mette in campo una serie di abilità sociali permettendone il diretto apprendimento, in vista di un obiettivo comune da raggiungere. Tra queste abilità annoveriamo la capacità di comunicare (ascoltare ed esprimere le proprie idee), di scambiarsi punti di vista, competenze e conoscenze, la capacità di gestire i conflitti. L’apprendimento cooperativo rafforza il senso di appartenenza degli studenti al gruppo, la fiducia reciproca, l’interdipendenza, l’assunzione di responsabilità verso sé stessi e gli altri. Il successo del gruppo è determinato dalle abilità sociali dei singoli partecipanti, per questo è indispensabile preventivamente definire le regole e stabilire quali siano i comportamenti sociali che influiscono sul funzionamento del gruppo (aspettare il proprio turno nella conversazione, saper ascoltare, esprimere le proprie idee e opinioni, accogliere le idee degli altri e i diversi punti di vista). Il lavoro cooperativo implica dunque, un'influenza reciproca tra i partecipanti e allo stesso tempo un’influenza del gruppo sul comportamento del singolo, contribuendo allo sviluppo delle competenze sociali degli studenti. IL PATTO EDUCATIVO DI CORRESPONSABILITÀ: CARATTERISTICHE, NORMATIVA E FUNZIONI. Il Patto di corresponsabilità è stato introdotto per la prima volta con il DPR 249 del 98 e modificato con successivo DPR 235 del 2007, nell’ambito del governo Fioroni che va a modificare lo statuto degli studenti e studentesse per contrastare il problema del bullismo. Lo scopo del Patto è quello di coinvolgere la famiglia nel progetto educativo degli studenti, in modo da creare sinergia e condivisione di responsabilità tra famiglia, scuola e studenti. Recentemente con il DPR 92 del 2019, è stato introdotto anche nella scuola primaria. Sostanzialmente questo documento definisce norme di comportamento, regole e responsabilità educative che scuola, famiglia e studenti condividono e si impegnano a rispettare. Viene firmato all’atto dell’iscrizione a scuola dai genitori e studenti e rappresenta lo strumento base della relazione scuola-famiglia. STRATEGIE DI INTERVENTO PER CONTRASTARE IL BULLISMO E CYBERBULLISMO Il bullismo è una forma di prevaricazione e aggressività fisica, verbale e psicologica perpetrata in modo ripetuto nei confronti di una vittima che è considerata un facile bersaglio e/o incapace di difendersi. Nel Cyberbullismo i social media e le tecnologie informatiche vengono utilizzate per screditare, minacciare, isolare la vittima rispetto al gruppo dei pari, divulgando informazioni e video imbarazzanti, anche creando falsi profili o rubando identità digitali. Nel 2009 data l’espansione del fenomeno, il MIUR ha emanato le linee guida di prevenzione e contrasto al bullismo, aggiornate nel 2021 con l’invito a costituire Gruppi di Lavoro (Team Antibullismo e Team per l’Emergenza) a livello scolastico e territoriale, integrati da figure specialistiche di riferimento. La L. 71 del 2017 che ha dato una definizione di Cyberbullismo ed ha previsto all’interno delle istituzioni scolastiche la presenza di un referente per il bullismo. La scuola ha il dovere di contrastare questi fenomeni e di segnalarli tempestivamente qualora ve ne sia conoscenza. In ambito didattico, gli interventi di social emotional learning possono avere una funzione preventiva e di contrasto, in quanto puntano a sviluppare le competenze emotive, come l’empatia degli studenti ed a promuovere i comportamenti prosociali. Il circle time e il role playing, sono tecniche che permettono agli studenti di conoscersi in modo più approfondito e di mettersi nella prospettiva dell’altro comprendendo i suoi sentimenti, pensieri ed intenzioni. Ciò è efficace anche a contrastare fenomeni discriminatori nei confronti di gruppi minoritari. COMUNITA’ DI PRATICA APPLICAZIONI IN CAMPO SCOLASTICO La comunità di pratica è una struttura di aggregazione sociale che dissemina la conoscenza all’interno di una organizzazione. In essa l’apprendimento è concepito in ottica costruttivista e l’apprendente è al centro del processo di conoscenza. Si tratta di un insieme di persone che interagiscono tra loro scambiandosi competenze, conoscenze, metodologie e strumenti per migliorare il proprio apprendimento. A differenza dei gruppi di lavoro, la CdP non ha un limite temporale in quanto il miglioramento rispetto ad un ambito del sapere non ha sostanzialmente mai fine. Inoltre, le persone si uniscono spontaneamente sulla base di un bisogno condiviso e non sulla base di una volontà esterna, come accade invece, nei gruppi di lavoro. Per Wenger la CdP è una combinazione di tre elementi: un dominio (argomento/passione) comune; un gruppo di persone che interagiscono tra loro; una condivisione di metodi, tecniche, approcci, teorie. La CdP si fonda sull'idea, ampiamente dimostrata, che l’approccio cooperativo è un potente fattore moltiplicatore, in termini di elaborazione concettuale e di apprendimento individuale, per gli adulti/professionisti come per gli studenti. Le istituzioni educative e formative devono evolversi in una comunità in cui gli insegnanti siano ricercatori dell’azione didattica/educativa e la scuola diventi un vero e proprio laboratorio dell’innovazione. Questa nuova visione è legittimata a livello normativo, dall’attribuzione alle Istituzioni scolastiche dell’Autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo (L.59 del 1997). La Commissione Europea, con il documento “Europa 2020”, evidenzia la necessità di promuovere una crescita intelligente, al fine di sviluppare un’economia basata sulla conoscenza e sulla innovazione. Questa nuova visione implica che gli insegnanti siano professionisti dotati di una preparazione specifica e di un’elevata autonomia progettuale ed operativa. L’insegnante diventa un facilitatore e promotore del cambiamento, costruttore di una rete formativa per designare attività di collaborazione e ricerca in sinergia con le istituzioni. IL PROBLEM POSING DI FREIRE: APPLICAZIONE DIDATTICA Problem Posing è un termine coniato da Freire nel suo libro “Pedagogia degli oppressi”, che si collega ad un metodo di insegnamento che sottolinea l’importanza di sviluppare negli studenti, una coscienza critica. Esso si contrappone al modello educativo tradizionale detto anche “banking education”, che considera colui che apprende come un contenitore da riempire. Il metodo PP implica ascolto, dialogo e azione; gli apprendenti sono per l’insegnante, compagni dialoganti, che si avvicinano alla conoscenza considerandola una realtà trasformabile. Un percorso educativo e didattico che punti a sviluppare la coscienza e il pensiero critico degli studenti, deve far leva su esperienze dirette, significative e coinvolgenti. Non si punta a somministrare agli studenti, delle soluzioni da imparare ma li si spinge a porsi dei problemi e li si guida nella ricerca della soluzione. Una didattica per problemi, permette di raggiungere un apprendimento critico e attivo, che non porta a conoscere il mondo così com’è ma ad immaginare come potrebbe essere. Una didattica di questo tipo ha come fondamento la teoria costruttivista dell’apprendimento, così come è stata descritta da teorici come Piaget. LA DIDATTICA PER PROBLEMI CARATTERISTICHE E PUNTI DI FORZA E’ una strategia educativa basata sulla presentazione agli studenti di problemi significativi, complessi, tratti dal mondo reale o costruiti in modo realistico e strutturati in modo da non prevedere un’unica risposta specifica o un risultato prestabilito. Permette di sviluppare uno spirito creativo, di mantenere elevata la motivazione ad apprendere, in quanto gli studenti sono pienamente coinvolti e attivi nel processo di apprendimento. E’ un metodo che si focalizza più sul processo con cui viene raggiunta la soluzione, che non sulla stessa. L’apprendimento prende le mosse da una domanda, che può pervenire anche dagli stessi studenti. Compito della scuola è insegnare agli studenti come risolvere i problemi, ossia insegnare loro ad apprendere. La didattica per problemi implica un apprendimento per scoperta adatto ad operare una società in rapida trasformazione, in cui è importante acquisire la capacità di far fronte a nuove situazioni e mantenersi motivati ad apprendere in nell’ottica del long life learning, come ribadito dalle raccomandazioni europee del 2018. E’ una metodologia che ha origine dai lavori di Dewey, sostenitore dell’importanza della partecipazione attiva del discente, nel processo di apprendimento e dell’acquisizione di una autonomia nel gestire e guidare il proprio percorso di formazione e crescita. APPLICAZIONE DELLA RICERCA AZIONE NEL CONTESTO SCOLASTICO Il DPR n. 275 del 1999, dispone che le scuole, anche associate in rete, esercitino autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo volta al miglioramento dei processi formativi, anche attraverso l’integrazione delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione. La scuola si configura come un luogo di ricerca e sperimentazione in risposta a problemi e criticità riscontrate. La ricerca azione di Lewin, ha la finalità di produrre conoscenza contestualizzata, volta al miglioramento delle pratiche educative, permette di produrre cambiamenti. Essa prevede 5 fasi: 1) la diagnostica, ossia definizione e comprensione del problema, raccolta di dati conoscitivi che permettano di formulare delle ipotesi; 2) la pianificazione/progettazione sulla base della definizione di obiettivi da raggiungere; 3) la realizzazione o applicazione delle azioni previste; 4) la valutazione dei risultati che conseguono dalle azioni; 5) l’apprendimento in seguito alla riflessione sul processo. Alla base della RA c’è la teoria del campo di Lewin, secondo cui qualsiasi comportamento e cambiamento in un campo/contesto è dovuto all’interdipendenza dei singoli elementi che lo compongono e lo definiscono come sistema globale e dinamico. Il cambiamento è il risultato di azione e riflessione su quanto è scaturito dall’azione ed implica un cambiamento di prospettiva, per poi prevedere un nuovo ciclo di RA. La RA infine, prevede una dimensione pubblica attraverso la documentazione dei risultati. Agenda 2030 è un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità, sottoscritto nel 2015 dai paesi membri dell’ONU. Essa include 17 obiettivi/traguardi da raggiungere entro il 2030 per lo sviluppo sostenibile. Tra gli obiettivi ci sono la lotta alla povertà, la riduzione delle disuguaglianze, la lotta contro i cambiamenti climatici, la promozione della pace. L’obiettivo 4, si riferisce alla promozione di una istruzione di qualità, equa, inclusiva e la garanzia di una formazione permanente per tutti. Un'istruzione di qualità è la base per migliorare la qualità di vita delle persone e per uno sviluppo sostenibile . Pertanto, bisogna garantire un accesso equo a tutti i livelli di istruzione e formazione professionale alle categorie protette, tra cui le persone disabili. Nel documento si sottolinea l’importanza della promozione della cittadinanza globale e la valorizzazione delle diversità culturali. STRUMENTI COMPENSATIVI E MISURE DISPENSATIVE La L. 170/2010 riguardante la tutela il diritto all’educazione e al successo formativo degli studenti con DSA, prevede la stesura da parte del consiglio di classe, del Piano Didattico Personalizzato PDP; il documento che contiene le azioni da realizzare per garantire una didattica inclusiva e personalizzata, gli strumenti compensativi e le misure dispensative e le forme di verifica e valutazione. Gli strumenti compensativi sono le strategie didattiche che facilitano o sostituiscono una prestazione che coinvolge l’abilità deficitaria dello studente. Tra essi rientrano i software di sintesi vocale e di scrittura con correzione automatica degli errori ortografici (disortografia); l’uso del registratore in alternativa al prendere appunti; l’uso della calcolatrice e dei fogli di calcolo, nel caso di discalculia, le mappe concettuali, gli schemi etc. Le misure dispensative invece, esonerano lo studente da una prestazione che sarebbe eccessivamente difficoltosa, a causa della specificità del disturbo, oltreché inutilmente frustrante. Un esempio, è la dispensa dalla lettura ad alta voce (dislessia); inoltre sono previsti tempi più prolungati per le verifiche. Infine, la valutazione degli apprendimenti è basata su compiti significativi ma semplificati, dal punto di vista sintattico e lessicale. I GRUPPI PER L'INCLUSIONE La L.104/92, ha introdotto già da tempo i GLI (gruppi di lavoro per l’inclusione), a livello di ogni singolo Istituto. Questo gruppo, valuta la situazione complessiva delle disabilità e dei BES all’interno della scuola, definisce le linee guida e la politica per l’inclusione, individua gli indicatori di qualità dell’inclusione, da inserire nel PTOF, formula proposte formative per il personale, propone azioni per migliorare l’inclusività dell’istituto, da inserire nel PAI (piano annuale per l’inclusività), che è parte integrante del PTOF. Il PAI viene poi discusso e deliberato dal Collegio docenti. Il GLI ha il compito di affiancare i GLO (gruppo di lavoro operativo), nell’attuazione delle azioni educative e didattiche previste per gli studenti con BES, presenti nella scuola. Il GLO è stato modificato nella sua composizione dalla DLgs n.96 del 2019, in attuazione del Dlgs 66/2017, si tratta del gruppo di lavoro operativo, che traduce le direttive del GLI in azioni concrete sul caso specifico di ciascun alunno con disabilità; viene infatti, nominato per ogni singolo alunno ed intraprende azioni concrete per la sua integrazione. La D.M. del 27 dicembre 2012, ha esteso gli strumenti di intervento, anche a tutela di tutti BES. Infine, i GIT (gruppo di lavoro territoriale), introdotto dal Dlgs 66/2017, composto da nuclei di docenti esperti, ha un ruolo di supporto alle istituzioni scolastiche e di verifica della congruità delle risorse di sostegno richieste dal DS, all’Ufficio scolastico regionale USR. FLIPPED CLASSROOM Flipped Classroom sta per classe capovolta ed è una metodologia che inverte il tradizionale ciclo di insegnamento-apprendimento, caratterizzato da: lezione frontale in classe, studio individuale a casa e verifica dell’apprendimento in classe. E’ un metodo che si propone di ottimizzare e rendere il tempo scuola più produttivo e funzionale alle esigenze della società odierna. La F.C. consiste nello spostare la lezione a casa, attraverso le risorse offerte dal WEB e della TIC, il materiali digitali, anche preparato dai docenti. Mentre il tempo in classe è dedicato alle attività collaborative, esperienziali, laboratoriali ai dibattiti; a tutte quelle strategie che permettono di applicare la conoscenza teorica alla risoluzione di problemi concreti e che pertanto, implicano l’attivazione di competenze cognitive più complesse, rispetto al solo comprendere e memorizzare. L’insegnante svolge la funzione di tutor e guida nel processo di apprendimento degli studenti oltreché, predisporre e progettare contenuti e attività della formazione. CONCETTO DI BES, ITER NORMATIVO E METODOLOGICO La D.M. del 27 dicembre 2012, ha introdotto il concetto di Bisogni Educativi Speciali (BES), diffuso con la C.M. 8/2013, estendendo la tutela del diritto all’inclusione e al successo formativo a tutti gli studenti in situazione di difficoltà. I BES si riferiscono a tutti gli studenti che in modo temporaneo o permanente presentino uno svantaggio, non solo dovuto a disabilità (L.104/92) o ai DSA (L.170/2010) ma anche di natura psico-sociale, culturale, linguistica, economica. Un bisogno educativo speciale, è qualsiasi difficoltà evolutiva e di apprendimento, che determini un funzionamento problematico e quindi necessiti di educazione speciale (IANES). Lo strumento metodologico per garantire il successo formativo di ciascuno, di cui la scuola si avvale, è la personalizzazione dei processi di insegnamento-apprendimento. La D.M. del 2012, stabilisce che la scuola ha il dovere di attuare misure e azioni per assicurare adeguati percorsi formativi, atti ad assicurare il successo formativo di ogni studente, al di là del tipo di diversità, di cui sia portatore. METODOLOGIA EAS IN AMBITO DIDATTICO Si riferisce alla progettazione di episodi di apprendimento situato ed è stata introdotta da Rivoltella, sui presupposti teorici dell’attivismo pedagogico e del learning by doing. Si basa su un’accurata progettazione del docente e propone agli studenti esperienze di apprendimento situato e significativo, che portino alla produzione di artefatti digitali, favorendo l’appropriazione personale dei contenuti. La metodologia EAS si articola in tre fasi: 1: preparatoria: in cui il docente introduce i concetti attraverso mappe concettuali, brevi video o presentazione multimediale; 2) operatoria: in cui si svolgono micro-attività in modo individuale o cooperativo, per praparare artefatti; 3) ristrutturazione: implica una riflessione metacognitiva su come si è operato e sui risultati emersi. Il percorso si conclude con una breve lezione del docente, che ricapitola i concetti chiave, da indicazioni per lo studio e approfondimenti. Il docente svolge un ruolo di mediazione e di facilitatore, oltreché di progettazione, fornendo la cornice entro cui gli studenti sperimentano l’apprendimento in modo autonomo. TEORIA DELL’APPRENDIMENTO SITUATO E’ stata elaborata da Wenger e Lave e sostiene che l’apprendimento è il frutto di un processo dinamico, della partecipazione attiva del discente nell’ambito di un contesto, in cui interagisce con gli altri e con l’ambiente. Il modello di apprendimento situato (situated learning) si basa sul presupposto che l’apprendimento implica l’esame dei problemi riscontrati, l’applicazione pratica della teoria in una data situazione e la riflessione sul processo di apprendimento. Imparare, implica partecipare alle pratiche significative di una comunità, contribuendo a definirle e innovarle, in quanto apprendere significa negoziare i significati in modo partecipativo. L’insegnante si configura come Keeper, colui che ha la responsabilità di gestire le dinamiche della comunità di pratica. LE CARATTERISTICHE DEL METODO STEM L’acronimo STEM o STEAM, si riferisce alle discipline della scienza, tecnologia, arte (se c’è la A), ingegneria e matematica, che vengono integrate in un nuovo paradigma educativo, che implica esperienze di apprendimenti in situazione reale e autentica. Il Consiglio Europeo nel 2006 e nel 2018, ha raccomandato il rafforzamento delle competenze dei giovani in ambito imprenditoriale e in particolare nelle STEM, data la crescente innovazione tecnologica delle imprese di oggi e del futuro. Per promuovere l’acquisizione di tali competenze, è particolarmente indicata una didattica empirica, per scoperta in situazioni di vita reale, che promuova il pensiero computazionale, in un’ottica di problem solving. A tal proposito, l’IBL (inquiry based learning), è un metodo didattico basato sull’indagine, adottato dai ricercatori, in cui l’apprendimento prende avvio da una domanda di ricerca rispetto a un campo di indagine. Questo metodo per scoperta, è basato sulla cooperazione e implica attività laboratoriali con un crescente livello di difficoltà. L’IBL si suddivide infatti, in 4 tipologie di difficoltà crescente per conoscenza del campo di indagine e per l’autonomia richiesta agli studenti, nella scelta dell’indagine e della metodologia da adottare. LE 4 TIPOLOGIE DEL METODO IBL PER LE STEM Il metodo IBL (inquiry based learning), è basato sull’indagine che prende avvio da una domanda di ricerca; si tratta del metodo adottato dai ricercatori. Si distinguono 4 tipologie adottate e che si differenziato per il grado di conoscenza dell’argomento trattato e per l’autonomia di scelta, da parte degli studenti, sia dell’argomento che del metodo di indagine. Esse sono: 1. Inquiry confermativa: in cui si cerca conferma ad un aspetto già indagato. 2. Inquiry strutturata: indagine su un problema parzialmente conosciuto dagli studenti; il docente fornisce un procedimento adatto per giungere a conclusioni corrette. 3. Inquiry aperta: gli studenti scelgono sia il problema che il metodo di indagine. 4. Inquiry guidato-esplorativo: indagine su un problema totalmente nuovo, l’indagine deve essere strutturata e scelta la metodologia. Il docente svolge il ruolo di tutor. L’autonomia organizzativa delle Istituzioni scolastiche, prevista dal DPR 275 del 99, è volta alla realizzazione della flessibilità, all’ ottimizzazione delle risorse umane, finanziarie, tecnologiche, materiali e temporali, in rapporto alle esigenze formative del territorio . Tra le espressioni di autonomia organizzativa rientrano l'adattamento del calendario scolastico alle esigenze del PTOF, nel rispetto delle competenze Regionali in merito; l’organizzazione flessibile dell’orario del curricolo, purché le lezioni siano articolate in non meno di 5 giorni settimanali e si rispetti il monte ore annuale. Si può differenziare l’impiego dei docenti nelle classi, in base alle scelte metodologiche e organizzative definite nel PTOF. Le risorse per attuare l’autonomia sono il personale docente e ATA e le dotazioni finanziarie. Il DS è rappresentante legale dell’Istituzione scolastica, le sue funzioni sono state ampliate dalla legge 107 del 2015 (buona scuola). Tale autonomia permette un ’organizzazione flessibile delle scuole, che risponda al meglio alla finalità di promuovere il successo formativo di tutti gli studenti. La L. 107 del 2015 (buona scuola), per attuare al meglio questo tipo di autonomia, ha previsto l’apertura pomeridiana delle scuole e la riduzione del numero di alunni per classe. AUTONOMIA DIDATTICA L’autonomia didattica delle scuole è espressione della libertà progettuale, di scelta educativa da parte delle famiglie e del diritto ad apprendere degli studenti, nonché libertà di insegnamento e scelta culturale dei docenti, sancita dall’art. 33 della Costituzione; nel rispetto delle norme generali definite a livello nazionali. Essa è esercitata dalla scuola, traducendo gli obiettivi nazionali in percorsi di educazione e istruzione, volti a promuovere lo sviluppo delle potenzialità degli studenti, il loro successo formativo. A tale scopo, la scuola può esercitare tutte le forme di flessibilità che ritiene opportune, tra cui la definizione di unità di insegnamento che non coincidono con l’unità oraria e l’uso del tempo residuo, per il potenziamento di alcuni insegnamenti. Le discipline possono essere aggregate in ambiti disciplinari; la scuola può: organizzare iniziative di sostegno, recupero, orientamento scolastico e professionale; predisporre percorsi individualizzati e personalizzati, in funzione dei bisogni educativi degli studenti; attivare insegnamenti opzionali che rispondano agli interessi degli studenti; l’insegnamento di materie in lingua straniera (CLIL); definire i criteri di valutazione degli studenti, nel rispetto della normativa nazionale; ampliare l’offerta formativa per adattarla al PTOF. La L. 107 del 2015 (buona scuola), ha istituito l’organico dell’autonomia, per l’ampliamento dell’offerta formativa, composto da docenti, personale ATA, docenti di sostegno, allo scopo di dare maggiore attuazione all’autonomia didattica delle scuole. AUTONOMIA DI SPERIMENTAZIONE, RICERCA E SVILUPPO L’autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo, sancita dall’art. 6 del DPR 275/99, permette alle scuole singolarmente o associate in Reti, di attuare progetti proposti dal Collegio docenti, conformi alle finalità del PTOF. Tali progetti riguardano diversi aspetti come: la sperimentazione di innovazioni metodologiche, didattiche ed educative; l’integrazione delle TIC nei processi formativi; la formazione e aggiornamento d el personale scolastico; gli interventi di orientamento formativo e professionale rivolto agli studenti; interventi per la co ntinuità tra i diversi gradi scolastici ; lo scambio di informazioni, buone prassi, materiali e strumenti tra le scuole; la documentazione educativa e didattica; la ricerca valutativa . La metodologia di ricerca più diffusa nelle scuole, è la ricerca-azione, che permette l’analisi concreta delle pratiche educativo-didattiche, al fine di apportare dei miglioramenti. Il MIUR può promuovere sperimentazioni proposte dalle scuole, per l ’innovazione degli ordinamenti degli studi, che qualora si rivelino efficaci, possono condurre a modifiche strutturali e didattiche dei corsi di studio. LE FUNZIONI DEL DIRIGENTE SCOLASTICO NELLA SCUOLA DELL’AUTONOMIA Nella scuola dell’autonomia, il Dirigente scolastico ha il compito di tutelare: il diritto all’apprendimento degli studenti (art.34 Cost.); la libertà di insegnamento dei docenti (art. 33 Cost.) e le scelte educative delle famiglie. L’art. 21 della L. 59 del 1997, stabilisce che il DS è il garante della qualità dei servizi formativo- educativi offerti alla collettività, egli coordina e gestisce le risorse umane, finanziarie e strumentali; si raccorda e presiede alle funzioni degli organi collegiali della scuola, nei quali ha un importante ruolo di indirizzo e con l’amministrazione periferica; si interfaccia con gli enti del territorio e con le famiglie. La L. 107/2015, ha ampliato le funzioni del DS, che è responsabile della valorizzazione del personale docente, tramite l’assegnazione di bonus per il merito, sulla base dei criteri indicati dal Comitato di Valutazione dei Docenti. Il DS si può avvalere del 10% dell’organico dell’autonomia, per costituire uno staff, che lo coadiuvi nell’espletamento delle sue funzioni. IL PTOF RIFERIMENTI NORMATIVI E CONTENUTI Il PTOF è stato istituito dalla L. 107/2015, di modifica del DPR 275/99 (POF) ed è il documento informativo e programmatico che definisce l’identità culturale dell’istituzione scolastica. Esso contiene la programmazione curricolare, relativa alla quota obbligatoria nazionale e a quella stabilita dalla scuola autonomamente, in base alla lettura delle caratteristiche del territorio, al rapporto con l’Ente Regione, alle proposte delle associazioni, dei genitori e degli studenti. Il PTOF contiene poi la programmazione extra-curricolare, educativa e organizzativa della scuola, i piani di miglioramento (PDM) previsti dal DPR 80/2013, il PI (piano per l’inclusività), aggiornato e integrato dal Dlgs 96/2019, che contiene le iniziative per migliorare l’inclusione scolastica. Contiene inoltre, il fabbisogno di risorse umane (posti comuni, di sostegno, ATA) dell’organico dell’autonomia e quello per il potenziamento dell’offerta formativa; delle risorse strumentali e materiali. Il PTOF è elaborato dal Collegio docenti, sulla base degli indirizzi e scelte del dirigente scolastico e approvato dal Consiglio di Istituto. Ha validità triennale ma può essere rivisto annualmente, entro il mese di Ottobre, per apportare modifiche migliorative. Il documento è pubblicato sul sito della scuola, nel rispetto degli obblighi di trasparenza delle PA, anche al fine di permettere alle famiglie una valutazione comparativa. INDICATORI DI QUALITA’ DELL’INCLUSIONE Il Dlgs 66/2017 indica le norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità, in attuazione della L.107/2015. Nell’art. 4 il decreto, stabilisce i criteri per la valutazione della qualità dell’inclusione delle istituzioni scolastiche, che è parte integrante del procedimento di valutazione delle scuole. L’INVALSI, definisce gli indicatori di valutazione sulla base di alcuni criteri come: il livello di inclusività del PTOF, espresso nel PI (piano per l’inclusività); la realizzazione di percorsi di istruzione individualizzati e personalizzati, in risposta ai bisogni educativi degli studenti; il livello di coinvolgimento di tutte le componenti scolastiche nel processo di inclusione; le iniziative di valorizzazione e formazione per il personale scolastico, sui temi dell’inclusione; l’uso di strumenti e criteri condivisi per la valutazione degli apprendimenti degli studenti; il grado di accessibilità di risorse, strumenti, attrezzature, spazi e libri di testo adottati. Nell’alaborazione del PTOF, il Collegio docenti, deve tener conto di questi indicatori, per poter progettare un’offerta formativa, realmente inclusiva. RUOLO E COMPITI DELL’INSEGNANTE DI SOSTEGNO NEL CONSIGLIO DI CLASSE La figura dell’insegnante di sostegno, è stata introdotta dalla L.517/1977, che prevedeva solo un massimo di 6 ore settimanali per classe. La sentenza Costituzionale 215/1987, ha garantito il pieno diritto dei disabili all’istruzione in tutti i gradi e ordini della scuola, con l’ausilio del sostegno didattico. La legge quadro 104/92 sui diritti dei disabili e l’integrazione sociale e scolastica, ha stabilito che l’insegnante di sostegno è contitolare della classe a cui viene assegnato e partecipa a tutte le attività del consiglio di classe e del collegio docenti. Partecipa alla programmazione educativa e didattica e alla valutazione di tutti gli studenti della classe e non solo dei disabili. Fa parte del GLO (gruppo di lavoro operativo), insieme ai docenti della classe, per l’elaborazione e attuazione del (PEI), ai sensi del Dlgs 96/2019. Mette in atto, in collaborazione con i docenti e il personale specializzato, gli interventi predisposti nel PEI ed è corresponsabile del processo di inclusione e del successo formativo degli studenti. LE DIVERSE FORME DI VALUTAZIONE L’art. 21 del Dlgs 62/2017 “Norme in materia di valutazione e certificazione delle competenze”, esplicita che la valutazione ha per oggetto sia il processo formativo che i risultati di apprendimento. Essa, ha una valenza formativa ed educativa e concorre al miglioramento dell’apprendimento e al successo formativo degli studenti. Inoltre, documenta lo sviluppo dell’identità dello studente e promuove la sua capacità di autovalutarsi r ispetto all’acquisizione di conoscenze, abilità e competenze. La valutazione deve essere coerente con l’offerta formativa e con la personalizzazione dei percorsi espressi nel PEI e nel PDP, oltreché con le indicazioni nazionali e le linee guida. Tra le forme di valutazione annoveriamo: quella diagnostica o dei prerequisiti, che riguarda la preparazione rispetto a nuovi contenuti da apprendere; quella formativa che si svolge in itinere e permette di monitorare il processo di apprendimento e qualora necessario, apportare delle modifiche; quella sommativa che è volta a rilevare l’acquisizione di conoscenze e abilità e competenze al termine di una unità di apprendimento. Infine, la valutazione orientativa, che va oltre la riuscita scolastica e ha la finalità di orientare lo studente verso le sue scelte future, sulla base della consapevolezza degli aspetti personali, interessi, abilità e valori e che è coadiuvata da progetti di orientamento (PCTO). COSA SI INTENDE PER APPRENDIMENTO L’apprendimento è una modificazione più o meno stabile del comportamento, che avviene in seguito all’interazione con l’ambiente. Per cognitivisti come Vygotskij e Bruner, l’apprendimento è strettamente dipendente dall’interazione con gli altri, nell’ambito di un contesto socio-culturale, che mette a disposizione strumenti come il linguaggio. Le teorie costruttiviste, sostengono che la conoscenza è una costruzione sociale. Ogni individuo elabora e si rappresenta la realtà in modo personale, ma allo stesso tempo condiviso con il suo gruppo di appartenenza, attraverso l’interazione sociale. Le interazioni e la comunicazione sono quindi, tra i principali veicoli di diffusione, condivisione e costruzione della conoscenza. La scuola in quanto comunità educante e formativa, deve privilegiare quelle metodologie che permettono la collaborazione e cooperazione tra gli studenti, nel determinare il proprio apprendimento, attraverso la condivisione, la negoziazione di significati, lo scambio di informazioni, idee e prospettive. Il Cooperative learning, è tra gli approcci che hanno più efficacia, nel migliorare l’apprendimento, oltreché l’acquisizione di competenze comunicative e relazionali. DESCRIVERE ALMENO DUE TEORIE PRINCIPALI DELL’APPRENDIMENTO La prima teoria dell’apprendimento si è sviluppata nell’ambito del comportamentismo, di cui Pavlov e Skinner, sono i maggiori esponenti. Essi sostengono che l’apprendimento, è il frutto di una associazione tra uno stimolo proveniente dall’ambiente e una risposta comportamentale, prodotta dal soggetto. L’associazione S-R si stabilizza, determinando una variazione del comportamento, quando alla R segue un rinforzo, ossia, un incentivo che porta il soggetto ad emettere la risposta voluta, in modo volontario (condizionamento operante). In quest’ottica, colui che apprende ha un ruolo preminentemente passivo inoltre, non si tiene conto dei processi mentali che intervengono tra lo S e la R. Un’evoluzione successiva è quella del cognitivismo, che si interessa invece, dei processi mentali di elaborazione delle informazioni, di cui Neisser è il fondatore e che studia la relazione tra il cervello umano e l’intelligenza artificiale (computer). Tra le teorie di validità attuale, abbiamo il costruttivismo, di cui Vygotskij, Bruner, Piaget, Kelly, sono tra i maggiori rappresentanti. Esso considera l’individuo come attivo costruttore della propria conoscenza, attraverso l’interazione con l’ambiente e con gli altri e per il tramite degli strumenti che la cultura mette a sua disposizione (linguaggio), ponendo così il discente al centro del processo di apprendimento. DEFINIRE IL CONCETTO DI RINFORZO, NELL’AMBITO DELLA TEORIA COMPORTAMENTISTA DELL’APPRENDIMENTO Il concetto di rinforzo è di derivazione comportamentista, nell’ambito degli studi sull’apprendimento condotti inizialmente da Pavlov e Skinner. Essi sostengono che l’associazione S-R, si stabilizza, determinando l’apprendimento, quando alla risposta del soggetto viene associato un Rinforzo, ossia una conseguenza positiva, mentre, si verifica l’estinzione, se alla risposta, segue una punizione. Il rinforzo positivo può essere di natura materiale (un gioco, un cibo etc.) oppure immateriale (lode, dimostrazione di affetto o stima etc). Il rinforzo può essere anche negativo, ossia evitare qualcosa che al soggetto provoca dispiacere. Ad esempio, se una bambina piange e lamenta mal di pancia, la mattina prima di andare a scuola e in risposta, le viene concesso di restare a casa, si sta rinforzando il comportamento disadattivo del pianto/lamento, attuato per evitare una situazione spiacevole (l’andare a scuola). IL MASTERY LEARNING E’ una metodologia didattica elaborata da Bloom, famoso per i suoi studi tassonomici; è anche chiamata apprendimento per padronanza ed ha il fine di permettere a tutti gli studenti, a prescindere dalle difficoltà presentate, di padroneggiare competenze e conoscenze, nel rispetto dei ritmi di ciascuno. Il Mastery learning prevede che la didattica sia impostata per obiettivi e organizzata in unità di apprendimento, che a loro volta siano suddivise in sotto- obiettivi. Ciò implica, uno spezzettamento delle unità didattiche, presentate in successione di difficoltà crescente. I compiti e le informazioni, vengono scomposti per renderli più facilmente assimilabili e al termine di ogni micro-unità, sono previste verifiche dell’acquisizione degli apprendimenti. Qualora gli obiettivi non siano stati raggiunti o solo parzialmente, si prevedono delle attività di recupero e consolidamento, prima di passare alle unità successive. Ciò permette agli studenti, di raggiungere la padronanza legata alle conoscenze e competenze, senza imporre che gli obiettivi siano raggiunti da tutti, negli stessi tempi. E’ un metodo che punta a sviluppare gradualmente l’autonomia degli studenti, nella gestione del proprio percorso di apprendimento. COSA SI INTENDE PER DIDATTICA METACOGNITIVA E COME PUÒ ESSERE APPLICATA E’ un approccio didattico che si basa sul concetto di metacognizione (Flavell) e che ha il fine di rendere consapevole lo studente, delle modalità e strategie di studio, per lui più efficaci. Questo approccio, si concentra sulle modalità di apprendimento e rielaborazione dei contenuti. E’ una didattica, che promuove la capacità di “imparare ad imparare”, una delle competenze chiave, promosse dalle Raccomandazioni Europee del 2006 e 2018, per l'apprendimento permanente. Essa permette, lo sviluppo dell'autonomia nella gestione e organizzazione degli apprendimenti e l’autoregolazione dei processi cognitivi. La didattica metacognitiva, richiede una riflessione critica sulle modalità di ricerca, organizzazione, memorizzazione delle informazioni, sulla capacità di sintesi, sugli atteggiamenti nei confronti dell’apprendimento, sulla motivazione e volontà di riuscire degli studenti. Aspetti che determinano, la capacità del cittadino di guidare il proprio percorso di sviluppo personale e professionale e di partecipare attivamente alla vita sociale. SVILUPPARE LA CAPACITA’ DI “IMPARARE AD IMPARARE”, NEGLI STUDENTI Imparare ad imparare, è una delle 8 competenze chiave promosse dalle Raccomandazioni Europee (2006-2018), per l’apprendimento permanente. Essa implica, capacità metacognitive, ovvero di riflessione suoi propri processi di apprendimento, sulle strategie di organizzazione, rielaborazione delle informazioni, ma anche sui propri atteggiamenti verso l’apprendimento. A tal proposito, il docente, può lavorare sugli atteggiamenti utili al raggiungimento del successo formativo degli studenti, come: il desiderio di riuscire, la capacità di perseverare di fronte agli ostacoli, la capacità di scomporre problemi complessi in compiti gestibili, la curiosità nell’applicare le proprie conoscenze, in contesti nuovi. Ianes, ha sottolineato l’importanza della consapevolezza di alcune variabili psicologiche di mediazione, nel determinare la percezione di sé, come in grado di imparare. E’ proprio su aspetti come, il desiderio di riuscita, gli stili di attribuzione, le convinzioni rispetto alla propria efficacia e sull’immagine di sé, che si potrebbero strutturare attività didattico- educative. Queste ultime devono mirare a rendere consapevoli gli studenti, di idee e convinzioni, che spesso sono alla base del senso di frustrazione che essi sperimentano, nel percorso di apprendimento e che giustificano atteggiamenti disfunzionali rispetto al proprio successo e progresso. GLI ELEMENTI DELLA DIDATTICA METACOGNITIVA SECONDO IANES Secondo Ianes , gli elementi che costituiscono la didattica cognitiva sono: a) le conoscenze rispetto al funzionamento cognitivo in generale, agli stili di apprendimento, ai tipi di intelligenza e ai tipi di pensiero. 2) l'autoconsapevolezza del proprio funzionamento cognitivo, del modo in cui si cercano, si elaborano, si organizzano, si ricordano le informazioni, sui propri punti di forza e limiti. 3) riguarda le strategie di autoregolazione cognitiva come: l’auto-osservazione e valutazione, le strategie di risoluzione dei problemi, la pianificazione nell’apprendimento; 4) le variabili psicologiche di mediazione, tra cui lo stile di attribuzione, il senso di autoefficacia, l’immagine di sé come persona in grado di apprendere e di trovare le risorse necessarie. La didattica metacognitiva, deve formare gli studenti ad essere in grado di risolvere problemi, valorizzare e mettere in campo le proprie capacità. Tutto ciò, và a definire la competenza chiave dell’imparare ad imparare, individuata dalle Raccomandazioni europee, per la formazione permanente. IN COSA CONSISTE L’UDLA (PUA in italiano), IN BASE ALLE LINEE GUIDA L’UDL sta per progettazione universale dell’apprendimento (PUA), la sua applicazione all’ambito pedagogico e didattico, ha il fine di rendere i Curricoli più accessibili a soddisfare la variabilità individuale degli studenti, a ttraverso obiettivi flessibili e metodi, processi e materiali inclusivi. L’inclusività della progettazione di ambienti, metodi, programmi, strutture, si basa sui principi di flessibilità, reale accessibilità, riconoscimento e valorizzazione delle differenze di ogni persona. Di questo bisogna tener conto, già nella costruzione iniziale di ogni percorso formativo, come ribadito anche dalla Convenzione ONU del 2006, sui diritti delle persone con disabilità. UDL è un modello pedagogico, che si pone a guida della pratica educativa, identificando e rimuovendo gli ostacoli presenti nei materiali didattici curricolari, per rispondere alla varietà delle esigenze degli studenti. Le linee guida sull’UDL, citano 3 principi fondamentali, sostenuti dalla ricerca neuroscientifica, ossia: molteplicità delle forme di coinvolgimento, dei mezzi di rappresentazione e di espressione. DELINEARE I PRINCIPI FONDAMENTALI DELL’UDL, SECONDO QUANTO DEFINITO NELLE LINEE GUIDA DEL 2018. UDL sta per Progettazione Universale per l’Apprendimento, in italiano PUA e si tratta di un modello pedagogico che si pone a guida della pratica educativa e punta ad eliminare gli la negoziazione sociale dei significati, lo scambio di opinioni, di pensieri, competenze e informazioni. L’apprendimento cooperativo, permette di avere più punti di vista su una stessa situazione e questo porta ad un arricchimento per tutti. Gardner, sostiene che il lavoro cooperativo può agire potenziando le diverse intelligenze, attraverso lo scambio sociale e la comunicazione interpersonale, permettendo di favorire l’inclusione di tutti, perché ci sarà lo spazio per ogni tipo di intelligenza personale. ILLUSTRARE IL CONCETTO DI CREATIVITA’ E COME SVILUPPARLA NEGLI STUDENTI Secondo il matematico Poincaré, la creatività è la capacità di riorganizzare, ristrutturare le informazioni legate ad un contesto, in un modo nuovo, creando nuove connessioni, per produrre qualcosa di originale, che sia anche utile. Essa può essere applicata a qualsiasi ambito, in quanto è un elemento trasversale a tutte le discipline e conduce al cambiamento e all’innovazione. Il pensiero creativo è una delle competenze chiave, descritte nelle Raccomandazioni Europee del 2006 e 2018 per l’apprendimento permanente, nell’ambito dello “spirito di iniziativa e imprenditorialità”. E’ una competenza necessaria ad affrontare le sfide di una società in costante cambiamento e di sempre maggiore complessità (Morin). La scuola ha il compito di promuovere negli studenti, il pensiero creativo nella risoluzione di problemi. Questo è possibile attraverso l’uso di metodologie didattiche specifiche come il brainstorming di Osborn, la sinettica di Gordon, la tecnica dei sei cappelli per pensare di De Bono, l’uso di mappe mentali ed altri metodi. Questi devono implicare il porre gli studenti, di fronte a problemi aperti, che comportino più soluzioni alternative possibili. Favorendo il superamento della paura dell’errore e l’espressione libera di pensieri e idee. Il pensiero creativo è stato oggetto di diversi studi, Guilford lo ha declinato come pensiero divergente, De Bono come pensiero laterale in contrapposizione a quello verticale, di tipo più logico e razionale. Wallas ha descritto il processo creativo in 4 fasi che vanno dalla preparazione (analisi del problema), all’incubazione (elaborazione mentale), all’illuminazione (il cosiddetto momento EUREKA), in cui una nuova idea emerge alla mente consapevole; infine la verifica (l’idea viene testata per verificarne l’applicabilità). La creatività è una capacità che può essere allenata e sviluppata, con l'ausilio di metodi specifici come il brainstorming, la tecnica dei sei cappelli per pensare (De Bono), che permette di liberarci dagli schemi mentali creati dalla nostra posizione e dal nostro carattere. Ancora, l’uso di mappe mentali, che sono rappresentazioni grafiche del pensiero, può facilitare oltre ad una rielaborazione soggettiva e unica delle informazioni, la memorizzazione e il recupero delle stesse. IL P.A.I. DI COSA SI TRATTA E CHI LO REDIGE Il PAI (Piano Annuale per l’inclusività) è stato introdotto dal DM del 27/12/2012 e dalla CM. 8/2013 (indicazioni operative), relative ai BES. Si tratta di un documento elaborato dal GLI (gruppo di lavoro per l’inclusione) entro il mese di Giugno, per l’anno scolastico successivo e sottoposto ad approvazione e delibera del Collegio docenti. Il PAI, è il documento che fa il punto della situazione in merito allo stato dei bisogni educativi e formativi presenti nella scuola e sul processo di inclusività messo in campo, sugli interventi in corso e quelli programmati. Implica, una riflessione sui punti di forza e le aree di miglioramento, relative agli interventi di inclusione realizzati. Esso, contiene anche la stima delle risorse finanziarie, professionali, strumentali presenti nell’Istituto, per la richiesta di eventuali fondi di implementazione di processi e delle iniziative per l’inclusione e anche la quantificazione dell’organico di sostegno, per gli alunni con disabilità. Viene inviato all’Ufficio scolastico regionale USR, per per l’assegnazione delle risorse. Il PAI è finalizzato a garantire la qualità e unitarietà degli interventi, l’assunzione collegiale di responsabilità di tutta la comunità scolastica, rispetto ad essi. Nel PAI sono definite: le modalità condivise di identificazione dei Bisogni Educativi, la definizione delle procedure per valutare le condizioni individuali degli studenti, per il monitoraggio e la valutazione di efficacia degli interventi, le analisi di contesto, i criteri di stesura dei percorsi personalizzati, le modalità di valutazione degli stessi; le modalità di relazione scuola-famiglie, le risorse interne ed esterne da utilizzare. Il Dlgs 66/2017, ha sostituito il PAI con il PI (piano per l’inclusione), che ha validità triennale ed è inserito nel PTOF, prevedendo una progettualità più a lungo termine. Il GLI, come ribadito anche dal Dlgs 96/2019, supporta il Collegio docenti nella definizione e attuazione del PI, consultando anche le associazioni delle persone con disabilità, i genitori e gli studenti. All’interno del PI, sono indicate anche le modalità per l’uso coordinato delle risorse, per il superamento delle barriere e l’individuazione dei facilitatori, nel rispetto del principio di “accomodamento ragionevole”, ribadito dalla Convenzione ONU del 2006, sui diritti delle persone con disabilità. I GRUPPI DI LAVORO PER L’INCLUSIONE Il Dlgs 96/2019, ha modificato e integrato Il Dlgs 66/2017 (norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità), prevedendo l’istituzione di 4 gruppi per l’inclusione che operano a diversi livelli. A livello della singola istituzione scolastica, opera il GLI, che è composto da insegnanti curricolari e di sostegno, dal DS che lo nomina e lo presiede ed eventualmente, da specialisti delle USL. Esso ha il compito di supportare il Collegio docenti, nella definizione e attuazione del piano per l’inclusione PI e di supportare i Consigli di Classe, nell’attuazione del PEI. Per ogni studente disabile, è prevista la costituzione del GLO, la cui composizione è stata modificata dal Dlgs 96/2019 e che ha sostituito il GLHO, che era previsto dalla L. 104/92. A livello di ambito territoriale Provinciale, abbiamo il GIT, che supporta le singole scuole e collabora con il GLIR, per l’assegnazione delle risorse dell’organico di sostegno alle scuole della Provincia. Infine, a livello regionale abbiamo il GLIR (gruppo di lavoro interistituzionale), che opera all’interno dell’USR ed ha il compito di definire, attivare e verificare, gli accordi di programma regionali, relativi all’impiego e ottimizzazione delle risorse. IL SISTEMA NAZIONALE DI VALUTAZIONE SNV Il SNV, è stato introdotto dal DPR 80/2013 “Regolamento sul sistema nazionale di valutazione in materia di istruzione e formazione”ed è composto dall’INVALSI (Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema educativo e di Istruzione e Formazione), dall’INDIRE (Istituto Nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa) e dal Contingente Ispettivo. Il SNV ha il fine di valutare e misurare , l’efficacia, la qualità e l’efficienza del sistema di istruzione e formazione, nell’ottica del miglioramento. Esso, valuta le scuole al fine di ampliare e migliorare l’offerta formativa; valuta i Dirigenti scolastici; valorizza il merito professionale dei docenti (bonus istituito dalla L. 107/2015), il cui servizio, viene valutato dal Comitato per la valutazione dei docenti, in base ai criteri stabiliti dall’INVALSI. Inoltre, ciascuna scuola ogni 3 anni, deve provvedere alla propria autovalutazione, tramite la stesura del RAV (rapporto di autovalutazione), che è predisposto dall’INVALSI, in formato digitale. Al RAV, fa seguito il PdM (piano di miglioramento), parte integrante del PTOF, che si riferisce al triennio successivo e che per la sua attuazione, può prevedere il supporto dell’INDIRE. IL RAV E LE SUE FINALITA’ Il SNV , è stato introdotto nel 2013 dal DPR n. 80 ed è composto dall’INVALSI, dall’INDIRE e dal Contingente Ispettivo. Esso prevede che ogni 3 anni, in concomitanza con l’elaborazione del PTOF, ogni scuola provveda alla propria autovalutazione, al fine di promuovere il miglioramento continuo, dei servizi offerti alla collettività. IL Dirigente scolastico, coadiuvato dal NIV (nucleo interno di valutazione), composto da docenti con specifiche competenze, compila il RAV (rapporto di autovalutazione), sulla base del modello digitale fornito dall’INVALSI, chiamato CIPP. Questo documento, mette in evidenza i punti di forza e le aree di miglioramento, relative a 5 sezioni: 1. contesto e risorse: popolazione scolastica e risorse interne ed esterne 2. esiti: delle prove invalsi, competenze europee.. 3. processi: inclusione, orientamento, valutazione.. 4. processo di autovalutazione: 5. individuazione delle priorità: traguardi e obiettivi di processo l’offerta formativa; i servizi; le strutture; la valorizzazione e formazione del personale; l’impiego di risorse finanziarie e strumentali; il livello di inclusività della scuola; l’innovazione metodologica, didattica, tecnologica. Sulla base del RAV, viene poi elaborato il Piano di Miglioramento, in cui sono indicati gli interventi previsti per raggiungere i traguardi, che è parte integrante del PTOF e come esso, può essere rivisto annualmente. Mentre il RAV, viene pubblicato sul portale della scuola in chiaro. L’INVALSI E LE SUE FINALITA’ L’Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema educativo, di Istruzione e Formazione, è un ente di ricerca, riordinato dalla legge Moratti (53/2003), prima si chiamava CEDE (centro europeo dell’educazione), che opera sotto la vigilanza del MIUR. IL DPR n.80/2013, ha conferito all’INVALSI, il compito di coordinare il SNV. A questa, si aggiungono altre funzioni come: predisporre le prove INVALSI; il supporto e la formazione alle scuole (docenti, DS..), in merito alle attività di monitoraggio, valutazione e autovalutazione; la definizione degli indicatori di efficacia ed efficienza, allo scopo di identificare le scuole che necessitano di maggiore supporto, anche tramite il NEV (nucleo esterno di valutazione); la ricerca e innovazione in materia di valutazione. L'INVALSI assicura inoltre, la partecipazione dell’Italia alle indagini internazionali in merito alla valutazione, come ad esempio, l’OCSE-PISA. LE PROVE INVALSI L’INVALSI ha il compito di coordinamento funzionale del SNV, istituito dal DPR n, 80/2013; di cui fanno parte anche l’INDIRE e il Contingente Ispettivo. L’INVALSI, tra i suoi compiti, ha anche quello di predisporre le prove INVALSI (computer based) per la verifica periodica e sistematica delle conoscenze e abilità acquisite dagli studenti. La sperimentazione delle prove INVALSI, è stata avviata nel 2004 ed introdotta ufficialmente nel 2006. Le prove, perseguono i seguenti obiettivi: accertare le conoscenze e abilità degli studenti, nell’uso della lingua italiana, dell’inglese e nella matematica. Esse vengono somministrate alle classi 2° e 5° della scuola primaria, alle classi 3° della secondaria di primo grado e alle classi 2° e 5° della scuola secondaria di secondo grado. Il Dlgs 62/2017, stabilisce che le prove invalsi vengano effettuate entro il mese di Aprile, per consentire l’accesso all’esame di Stato. Gli alunni disabili e con DSA, partecipano alle prove avvalendosi delle misure idonee previste nei PEI e PDP. In caso di dispensa dalla prova scritta in inglese (prova orale) o di esonero dallo studio della lingua straniera, i medesimi, non sostengono la prova di inglese. OCSE -PISA L’OCSE (organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), è un’organizzazione internazionale, che sostiene i governi nel far fronte alle sfide economiche, sociali e ambientali, poste dall’economia mondiale. PISA sta per Programma di Valutazione internazionale dello studente; si tratta di un’indagine promossa dall’OCSE, che coinvolge più di 80 paesi e che mira a misurare le competenze degli studenti quindicenni. Questi ultimi, sono quasi giunti al completamento dell’obbligo di istruzione e vengono valutati relativamente alle competenze in lettura, matematica e scienze, oltreché al livello di preparazione, nel far fronte alla vita adulta. I risultati dell’indagine, che ha luogo ogni 3 anni, sono utilizzati per: conoscere il livello di preparazione degli studenti, individuare gli aspetti da migliorare e consentire il confronto con gli altri paesi. PISA 2018, si è focalizzata in particolare, sulle competenze in lettura (comprensione, uso e riflessione) dei testi scritti e in secondo luogo sulle competenze in matematica e scienze. comprendente le Università, l’Alta formazione artistica e coreutica e la Formazione Professionale Superiore. La formazione secondaria di 2° grado comprende: il sistema dei Licei; Gli Istituti tecnici; gli Istituti professionali; mentre gli istituti in cui sono presenti più ordini di studi differenti, sono detti “Istituti di Istruzione secondaria superiore”. I DPR 87,88,89/2010 (riforma della scuola secondaria di 2° grado) hanno riformato gli Istituti professionali, stabilendone la durata quinquennale, come gli Istituti tecnici e i Licei; suddivisi in un biennio e un triennio successivo, a cui segue l’esame di Stato e che dà accesso all’Università. Il Dlgs 61/2017, ha poi ridotto gli indirizzi ad 11. Gli Istituti tecnici (11) e i Licei (6), sono suddivisi in due bienni e un ultimo anno; con relativamente 11 (2 economici e 9 tecnologici) e 6 indirizzi di studio. I Licei (DPR 89/2010), hanno il compito di preparare gli studenti ai percorsi universitari, nel loro ultimo anno, come anche per gli Istituti tecnici, è prevista l’introduzione della metodologia CLIL (insegnamento in lingua straniera di una disciplina non linguistica). Per quanto riguarda la definizione dei PECUP e dei Curricoli, degli Istituti tecnici e Professionali, si fa riferimento alle Linee guida (2010-2012); mentre per i Licei, si fa riferimento alle Indicazioni Nazionali (D.M. 211/2010). Per tutte le scuole secondarie di 2° grado, è stabilito che il primo biennio è focalizzato sull’area di istruzione generale, con la finalità dell’adempimento dell’obbligo scolastico. Nel secondo biennio e a maggior ragione nell'ultimo anno, ci si focalizza sulle materie di indirizzo, che definiscono il PECUP degli studenti. Il DPR 89/2010, ha predisposto 6 tipi di Licei (scientifico, artistico, musicale e coreutico, classico, delle scienze umane, linguistico). Con il DM 211/2010, il MIUR ha emanato le Indicazioni Nazionali riguardanti i piani di studio disciplinari, gli OSA (obiettivi specifici di apprendimento) e i PECUP. Nell’ultimo anno degli Istituti tecnici e dei Licei, oltre alle materie di indirizzo, sono potenziati anche gli interventi di Orientamento post- scolastico. OBIETTIIVI E FINALITA’ DELLA SCUOLA SECONDARIA DI II GRADO I percorsi liceali, tecnici di istruzione e formazione professionale nei quali si realizza il diritto- dovere all'istruzione e formazione, sono di pari dignità ed hanno il fine di promuovere l'educazione alla convivenza civile, la crescita educativa, culturale e professionale dei giovani attraverso il sapere, il saper essere, e saper fare l'agire, e la riflessione critica su di essi, nonche' di incrementare l'autonoma capacità di giudizio e l'esercizio della responsabilità personale e sociale curando anche l'acquisizione delle competenze e l'ampliamento delle conoscenze, delle abilità, delle capacità e delle attitudini relative all'uso delle nuove tecnologie e la padronanza di una lingua europea, oltre all'italiano e all'inglese, secondo il profilo educativo, culturale e professionale PECUP. Essi assicurano gli strumenti indispensabili per l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita. Essi, inoltre, perseguono le finalità e gli obiettivi specifici. La frequenza, con esito positivo, di qualsiasi percorso o frazione di percorso formativo comporta l'acquisizione di crediti certificati che possono essere fatti valere, anche ai fini della ripresa degli studi eventualmente interrotti, nei passaggi tra i diversi percorsi. I PERCORSI LICEALI I percorsi liceali sono regolamentati dal Dlgs 226/2005, in attuazione della Riforma Moratti n.53/2003 e forniscono allo studente gli strumenti culturali e metodologici, per una comprensione approfondita della realtà, affinché egli possa acquisire un atteggiamento razionale, creativo, critico e progettuale di fronte alle situazioni e ai problemi. Lo studente, al termine dei percorsi deve acquisire conoscenze, abilità e competenze coerenti con le capacità e le scelte personali, adeguate al proseguimento degli studi superiori, all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro. Essi, hanno durata di 5 anni e si sviluppano in due bienni e un ultimo anno, che completa il percorso disciplinare, il quale realizza il profilo educativo, culturale e professionale dello studente PECUP. Il sistema dei licei è composto da 6 tipologie: classico, scientifico, delle scienze umane, artistico (6 indirizzi), linguistico, musicale e coreutico. A partire dal 3° anno e fino al 5°, sono previsti percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento PCTO, in modificazione dell’alternanza scuola-lavoro, ai sensi del Dlgs 145/2018 (legge di Bilancio), per la durata complessiva di 90 ore; i quali hanno la finalità di far acquisire ai giovani competenze orientative per favorire scelte consapevoli, rispetto alla propria formazione personale e professionale e atte ad agevolare il successivo ingresso, nel mondo del lavoro. IL PECUP DI COSA SI TRATTA Il profilo educativo, culturale e professionale, è regolamentato dal Dlgs 226/2005 ed è finalizzato alla crescita educativa, culturale e professionale dei giovani, allo s viluppo dell’autonoma capacità di giudizio , l’ esercizio della responsabilità personale e sociale . Le conoscenze disciplinari (il sapere), le abilità apprese (il fare consapevole) e il saper essere, sviluppate nel percorso di istruzione secondaria di secondo grado, sono le condizioni basilari per maturare competenze che rendano il giovane, autonomo costruttore del proprio percorso personale, sociale e professionale. Il PECUP, è la bussola di riferimento nella definizione degli obiettivi generali e specifici di apprendimento (DPR 275/99), dettati dalle Indicazioni Nazionali per i Licei e dalle Linee guida per gli Istituti tecnici e professionali. Lo Stato determina i livelli essenziali di prestazione (LEP), che le istituzioni scolastiche devono garantire, per l’esercizio del diritto sociale e civile di ogni persona, all’istruzione e alla formazione. LO STATUTO DELLO STUDENTE, QUALI SONO LE SUE FINALITA’ E COSA E’ CAMBIATO Lo Statuto dello studente, è stato introdotto dal DPR 249/1998, allo scopo di regolare i diritti e doveri degli studenti della scuola secondaria. Questo documento, anche detto “carta dello studente”, ne sostanzia la sua cittadinanza ed è ispirato a principi derivanti da più fonti normative, tra cui la Costituzione Italiana. I principi basilari su cui si fonda sono: certezza delle regole, riconoscimento dei diritti, rispetto dei doveri e responsabilità; fondamentali per il compito, delle istituzioni scolastiche, di educare i giovani alla democrazia e alla cittadinanza . I l DPR 235/2007, ha riformato lo Statuto, introducendo delle modifiche in risposta alla tematica emergente del bullismo. Le modifiche apportate, hanno riguardato: il tipo di sanzioni disciplinari previste e le procedure per applicarle, ma soprattutto la previsione ex novo del Patto educativo di Corresponsabilità. Quest’ultimo, coinvolge la scuola, gli studenti e i genitori e li responsabilizza rispetto al percorso educativo di ogni studente. IL REGOLAMENTO DI ISTITUTO, FINALITA’ E NORMATIVA DI RIFERIMENTO Il Regolamento, è adottato da ciascuna scuola e ne rappresenta l’attuazione dello Statuto, la carta legislativa scolastica, che stabilisce le modalità di gestione della scuola, finalizzate a realizzare il PTOF, sulla base dei criteri di trasparenza e coerenza. Il Regolamento è approvato dal Consiglio di Istituto ed ha il fine di stabilire le regole di andamento generale dell’Istituto, di permettere, attraverso l’osservanza degli obblighi, la convivenza civile e il raggiungimento delle finalità educative e formative della scuola. A tal proposito, regolamenta i comportamenti individuali e collettivi. Esso, è elaborato tenendo conto delle principali fonti normative, che disciplinano i diversi aspetti della scuola, per garantirne il buon funzionamento . Ogni scuola deve dichiarare nel proprio Regolamento, le modalità, gli spazi, i tempi di azione, deve stabilire regole e procedure, che garantiscano il rispetto di diritti e doveri, di tutta la comunità scolastica, prevedendo anche sanzioni. Al suo interno, è ormai inserito, anche il Protocollo relativo alle misure anti Covid. SVILUPPARE UNA UDA, PER PROMUOVERE LE COMPETENZE SOCIALI E DI CITTADINANZA. Titolo dell’UDA è “cultura, rispetto ed inclusione”. Le discipline coinvolte sono: Italiano, storia, filosofia, scienze umane, religione, inglese, storia dell’arte. Le competenze chiave da sviluppare sono: personali, sociali, imparare ad imparare, digitali, imprenditoriali, consapevolezza ed espressione culturale. Le abilità da sviluppare sono: capacità di lavorare in squadra; di relazionarsi con gli altri; di ottimizzare strategie e stili di apprendimento; l’uso di metodi, strategie e strumenti di comunicazione. L’UDA è rivolta alle classi 3°. La procedura di lavoro sarà la seguente: 1) presentazione dell’attività e dei prodotti attesi; 2) formazione dei gruppi e divisione dei compiti; 3) Lezioni frontali e discussioni didattiche guidate (debate) sui temi: concetto di cultura da un punto di vista antropologico; la pluralità delle culture, Tylor, Morgan, Frazer, Geertz; scenari concettuali dell’antropologia: c) il relativismo e l’etnocentrismo; concetti di norma e controllo sociale. Le metodologie utilizzate saranno: lezione frontale, cooperative learning, flipped Classroom, Episodi di Apprendimento Situato, problem posing e problem solving. COSA SI INTENDE PER PROBLEM POSING Problem Posing letteralmente “problema in posa” è un termine coniato dal Pedagogista Freire nel suo testo “Pedagogia degli oppressi”; ad esso sono seguiti una serie di studi sulle metodologie per sviluppare il pensiero critico nei giovani. Nasce così il Problem Posing, come metodo educativo che punta a stimolare il coinvolgimento degli studenti, attraverso la concettualizzazione di problemi, che prende le mosse da un’analisi delle situazioni problematiche, per poi procedere verso la loro risoluzione. Consiste nel porre problemi, rispetto ad un contesto specifico e definire domande di ricerca, che stimolino la riflessione e la ricerca di soluzioni. Il Problem Posing, permette di sviluppare abilità di ragionamento e pensiero critico, nonché consapevolezza e auto-motivazione. Problem posing e problem solving, sono metodologie che favoriscono il processo di acquisizione ed elaborazione della conoscenza, sviluppano il senso critico, la capacità di analisi, l’abilità nell’impostare i problemi, nel progettare attività e realizzarle e nella riflessione sui processi, procedimenti e risultati. RELAZIONE TRA PROBLEM FINDING, PROBLEM POSING E PROBLEM SOLVING Il Problem finding (trovare problemi) sta per identificazione del problema, è la fase di scoperta di criticità che non erano state identificate, rispetto ad un contesto specifico e che poi, potranno essere formulate e concettualizzate (problem posing), come problemi da risolvere. Nel processo di risoluzione di un problema, il problem finding, rappresenta la premessa, il punto di partenza; infatti se non si sa di avere un problema, non ci si può attivare per risolverlo. Per scoprire problemi, occorre spirito di osservazione e creatività. Quest’ultima, implica il ricomporre, ristrutturare, gli elementi, le conoscenze, i dati dell’esperienza, riconsiderando il tutto da un nuovo punto di vista, che apre nuovi scenari. Quindi, il problem finding indica una parte del processo mentale, che porta alla risoluzione di problemi. LE FASI DEL PROCESSO DI RISOLUZIONE DI PROBLEMI Il processo di risoluzione di problemi si compone di diverse fasi; esse sono: 1. il problem finding: riconoscere la problematicità in una situazione specifica; essa richiede capacità di analisi, per delineare le caratteristiche del problema. 2. problem posing: consiste nella concettualizzazione del problema, che permette di delineare delle domande di ricerca; 3. problem setting (impostazione del problema): in cui si stabiliscono gli aspetti del problema su cui intervenire . 4. problem analysis: in cui il problema viene scomposto, per favorirne una piena comprensione. 5. problem solving: si elaborano le strategie di risoluzione , per produrre il cambiamento; è importante l’uso del pensiero creativo, per generare un ventaglio di soluzioni. 6. decision making (processo decisionale): si fa una valutazione, prendendo in esame le alternative possibili e scegliendo quella ritenuta più valida ed efficace. 7. decision taking (prendere decisioni): è la fase concreta, di applicazione delle strategie scelte per risolvere il problema. COMPETENZE CHIAVE DI CITTADINANZA NEL CURRICOLO PER LA SCUOLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO Le competenze chiave di Cittadinanza promosse dalle Raccomandazioni europee 2006, sono state declinate in Italia dal D.Minis. 139/2007 ” Regolamento recante norme in materia di adempimento dell’obbligo di istruzione); che ha individuato 8 competenze chiave da sviluppare negli studenti. Esse sono: valutazione dei docenti”, che ha durata di tre anni, è presieduto dal DS ed è composto da tre docenti, un rappresentante dei genitori ed uno degli studenti (scelti dal Consiglio di Istituto) e un componente esterno individuato dall’USR. I compiti del Comitato sono di esprimere parere in merito al periodo di prova dei docenti neo assunti e degli educatori. In questo caso, non è prevista la presenza di genitori e studenti ma quella del docente tutor che cura l’istruttoria . Inoltre, è compito del Comitato individuare i criteri per la valorizzazione del merito dei docenti in base a : qualità dell’insegnamento, contributo al successo formativo degli studenti e al miglioramento dell’Istituzione scolastica; innovazione didattica, documentazione e diffusione di buone pratiche; collaborazione con il team docenti. Infine, il comitato riabilita il personale docente. In base alla legge buona scuola il DS, sulla base dei criteri individuati, assegna annualmente il bonus per la valorizzazione del merito del personale docente di ruolo, in forma di retribuzione accessoria. ILLUSTRARE IL CONCETTO DI SCAFFOLDING Lo scaffolding (impalcatura) è una modalità di insegnamento-apprendimento elaborata da Bruner (socio-costruttivismo). Essa si basa sulla possibilità, da parte del docente, di fornire un sostegno temporaneo e adattabile per aiutare lo studente nello sviluppo ed estensione delle proprie abilità. Man mano che lo studente diviene più autonomo nella gestione delle abilità e strategie, l’impalcatura viene gradualmente rimossa. Ciò implica il monitoraggio costante degli aspetti che possono facilitare o rendere difficoltoso l’apprendimento, per lo studente. Il docente interviene suggerendo e facendo riferimento alla conoscenza che l’allievo già possiede, utilizzata in situazioni precedenti; egli svolge il ruolo di facilitatore, favorendo e sostenendo l’apprendimento da parte dello studente. ILLUSTRARE IL CONCETTO DI ZONA DI SVILUPPO PROSSIMALE La zona di sviluppo prossimale teorizzata da Vygotskij, pone l’accento su ciò che lo studente può fare e comprendere con il sostegno di un altro soggetto più competente. Essa rappresenta il potenziale di apprendimento di ciascuno ossia, la differenza tra ciò che il soggetto sa fare da solo e ciò che è in grado di fare insieme ad un altro. In sostanza, tale area definisce i limiti entro cui l’insegnamento può considerarsi efficace. Il modello tutor-apprendista, secondo Vygotskij, si può presentare in molteplici modi ossia: come genitore-figlio, insegnante-studente, studente esperto-studente inesperto. Si tratta di ruoli asimmetrici in cui lo studente può trarre vantaggio dalla guida di un compagno, anche di poco più esperto. In ambito scolastico questa modalità è usata nella didattica collaborativa e nel peer tutoring. ILLUSTRARE IL CONCETTO DI ECOLOGIA PSICOLOGICA DI LEWIN L’ecologia psicologica si riferisce alla necessità di analizzare il rapporto tra fattori psicologici (atteggiamenti, motivazioni, conoscenze) e fattori che riguardano i contesti di vita delle persone. Per produrre dei cambiamenti, secondo Lewin, bisogna partire dai gruppi e innanzitutto, analizzare i contesti e solo successivamente fare un’analisi dei fattori psicologici che influenzano il comportamento dei gruppi e dei singoli. Il gruppo è qualcosa di diverso dalla somma delle sue singole parti, ha fini propri, relazioni con altri gruppi ed è caratterizzato da’’interdipendenza tra i membri che lo compongono. Il gruppo è una totalità dinamica, di conseguenza, un cambiamento in una sua parte interessa anche le altre. Esso è un campo di forze con equilibri stazionari quindi, cambiare significa rompere e modificare questi equilibri creandone di nuovi; ciò si traduce in nuovi standard ed elementi normativi. Per Lewin, è più facile modificare un comportamento mediante una situazione di interazione di gruppo, piuttosto che operando sul singolo individuo, in quanto le persone tendono a conformarsi alle norme del gruppo, che spesso sono implicite. Inoltre, le situazioni di interazione di gruppo, creano maggior coinvolgimento, confronto sociale e consolidamento delle decisioni prese. Le fasi di produzione del cambiamento sono: 1. rottura dell’equilibrio 2. elaborazione di una nuova forma 3. fase di ricongelamento: si raggiunge un nuovo equilibrio che tende a stabilizzarsi Per attuare un nuovo cambiamento bisogna ripetere tutto il ciclo. ILLUSTRARE IL CONCETTO DI GESTIONE DELLA CLASSE (compito Monica) La gestione della classe include tutto ciò che il docente può fare per promuovere il coinvolgimento, la motivazione ad apprendere, la partecipazione e cooperazione nelle attività, per creare un ambiente di lavoro produttivo, favorevole al processo di insegnamento- apprendimento. La classe in quanto gruppo è una totalità dinamica, con caratteristiche proprie, con regole esplicite ed implicite, caratterizzata dall’interdipendenza tra i suoi membri e da equilibri propri (Lewin). Di conseguenza, si tratta di una realtà complessa il cui funzionamento è determinato da diversi fattori: strutturali (condizioni oggettive dell’ambiente fisico); professionali (le strategie messe in atto dal docente); individuali (personalità degli allievi). La gestione della classe richiede all’insegnante competenze di vario tipo, in primis, il saper regolare/adattare il proprio agire professionale, attraverso la lettura delle diverse situazioni, dimostrando una grande flessibilità. Questa competenza è il risultato di un continuo aggiustamento e di uno sforzo costante di miglioramento. L’insegnante deve saper regolare il setting inteso come organizzazione spazio-temporale e come atmosfera psichica del gruppo. Deve saper organizzare la didattica in modo flessibile, in funzione dei bisogni speciali degli studenti, utilizzando diversi modelli di comunicazione e rappresentazione (mediatori didattici); i metodi utilizzati devono avere come unico fine il favorire l’apprendimento e il successo formativo di tutti gli studenti. Particolare attenzione deve essere riservata alla formazione della classe come gruppo, alla promozione di legami cooperativi, alla gestione dei conflitti indotti dalla socializzazione. L’insegnante deve avere conoscenza dei diversi stili di apprendimento degli studenti, che si devono tradurre in corrispettivi stili di insegnamento, i quali devono essere modulati in modo congeniale alle esigenze degli studenti. ILLUSTRARE I PRINCIPALI MODELLI DI GESTIONE DELLA CLASSE Il modello di Kounin si basa sulla presenza efficace dell’insegnante, il quale deve sapere in ogni momento cosa sta accadendo nella classe e far sentire attenzionati gli studenti. Saper catturare la loro attenzione ed interesse e mantenerli vivi, trasmettendo entusiasmo. Tener conto dei bisogni differenti degli studenti e diversificare le attività per renderle motivanti. Strutturare il programma in modo da impegnare sempre gli allievi inoltre, prevenire i comportamenti inadeguati e il loro effetto onda sulla classe. Il modello di Glassen si basa sul presupposto che un contesto educativo favorevole, soddisfa i bisogni educativi degli studenti come quelli di appartenenza, competenza e libertà. L’insegnante deve facilitare e sollecitare gli studenti ad esprimersi; proporre attività personalizzate, promuovere la capacità degli studenti di autovalutarsi; favorire un clima positivo e usare metodi persuasivi piuttosto che repressivi. IN COSA CONSISTE IL DEBATE Il Debate è una tecnica euristica (trovare, scoprire) che permette di acquisire competenze trasversali (life skill) e curricolari, favorendo il cooperative learning e la peer education, anche tra docenti. Esso consiste in un confronto in cui due squadre sostengono e controbattono un'affermazione o argomento, stabilito dal docente, ponendosi pro e contro. L’argomento di dibattito può essere curricolare o extracurricolare. Il debate è molto efficace per sviluppare competenze come: imparare a imparare, comunicative ed espressive, capacità di argomentare e di trovare nuove idee, la flessibilità e l’apertura mentale, l’ironia e l’eloquenza.