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Traduzione e analisi Eneide IV, Virgilio, Traduzioni di Letteratura latina

Traduzione e analisi completa del IV libro dell'Eneide di Virgilio + legenda colori utilizzati per l'analisi del periodo

Tipologia: Traduzioni

2018/2019

Caricato il 16/02/2023

alessianetti
alessianetti 🇮🇹

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Scarica Traduzione e analisi Eneide IV, Virgilio e più Traduzioni in PDF di Letteratura latina solo su Docsity! ANALISI E TRADUZIONE Aeneidos IV – Virgilio De Didone et Anna sorore vv. 1-53 vv. 1-5 Didone, dopo aver ascoltato il racconto di Enea, si è ritirata nelle sue stanze, ma non riesce a prendere sonno: già preda della passione, ella rivive continuamente le avventure del suo eroe, l’immagine e le parole di lui le tornano sempre alla mente. At regina gravi iamdudum saucia cura volnus alit venis et caeco carpitur igni. Multa viri virtus animo multusque recursat gentis honos; haerent infixi pectore voltus verbaque nec placidam membris dat cura quietem. traduzione: Ma la regina già da tempo ferita da un grave affanno nutre una ferita nelle vene ed è consumata da un fuoco occulto. [Le] torna alla mente (ma anche: nel cuore) il grande valore dell’uomo e la grande gloria della stirpe; il [suo] volto e le [sue] parole [le] stanno conficcate nel petto, e l’affanno [amoroso] non concede riposo alle membra. analisi:  At: cong. di passaggio; il forte valore antitetico della cong. vuole indicare il passaggio dalle sofferenze di Enea (enunciate nei precedenti libri I e III) e quelle attuali di Didone.  saucia: agg. “ferita”; termine metaforico che riprende il momento in cui Cupido la colpisce con la sua freccia (Aen. I).  venis: abl. locativo con elisione di in.  volnus…venis: prosegue la metafora estesa anche mediante allitterazione.  alit: indicativo presente attivo alo alis alui altum alĕre  carpitur: forma passiva di carpo carpis carpsi carptum carpĕre  Caeco…igni: metafora del fuoco per indicare l’ardore amoroso. L’aggettivo caecus con cui è designato l’ardore amoroso ha val. passivo e significa “nascosto”, “invisibile” con riferimento al fatto che Didone non ha ancora piena coscienza del sentimento che la divora.  multa: è preferibile intenderlo come aggettivo riferito a virtus per simmetria con il successivo multus con il quale forma poliptoto (ma potrebbe avere anche val. avverbiale).  multus: lo traduciamo come attributivo, ma ha valore predicativo (grande le torna in mente la virtù dell’uomo)  recursat: verbo frequentativo di recurro recurris recurri recursum recurrere che indica il ripetersi dei pensieri nell’animo dell’amante (i frequentativi si formano dal supino + -are, -tare, -itare)  honos: arc. di honor; forma sempre preferita (al nom.) da Virgilio.  haerent infixi: espressione ridondante e quasi sinonimica che indica la presenza costante dell’immagine di Enea nel cuore di Didone.  voltus: plur. poetico per enfatizzare il concetto. vv. 6-30 Al sorgere dell’aurora, Didone si confida con la sorella Anna. Con apparente fermezza la regina dichiara il proposito di non cedere alla passione, ma le lacrime rivelano il sentimento che si è impadronito di lei. vv. 6-8 Postera Phoebea lustrabat lampade terras umentemque Aurora polo dimoverat umbram, cum sic unanimam adloquitur male sana sororem: traduzione: L’Aurora del giorno dopo illuminava le terre con la lampada di Febo e aveva scacciato dal cielo l’umida ombra, quando malsana si rivolge alla sorella concorde così: analisi:  Phoebea lampade: abl. di mezzo; metafore per designare il sole.  lustrabat…dimoverat: hysteron proteron (figura retorica consistente nell’enunciare prima ciò che logicamente viene dopo: l’aurora toglie infatti l’ombra dal cielo, prima che il sole inondi la terra con i suoi raggi).  umentemque: agg. participio perfetto di umeo umes umēre; la notte è definita umida in quanto apportatrice di rugiada.  Aurora: figlia di Iperione e di Teia, sorella di Elios (il Sole), la dea Aurora precedeva il fratello al mattino lasciandosi trasportare da un carro con cavalli bianchi e rossastri, con cui portava agli uomini la luce del giorno.  polo: termine poetico (usato anche da Orazio) preferito a caelum per ragioni metriche. vv.9-14 Anna soror, quae me suspensam insomnia terrent! Quis novos hic nostris successit sedibus hospes, quem sese ore ferens, quam forti pectore et armis! Credo equidem, nec vana fides, genus esse deorum. Degeneres animos timor arguit. Heu quibus ille iactatus fatis! Quae bella exhausta canebat! traduzione: Anna sorella, quali visioni atterriscono me che sono angosciata! Quale straordinario ospite questo è giunto nella nostra dimora, quale presentandosi nell’aspetto (=portando sé stesso nel viso), quanto di forte petto e di armi! [Io] credo davvero, e non [è] vana la mia fede (ma anche: il mio credere) che sia di stirpe degli dèi (=divina). Il timore rivela gli animi ignobili. Ah, da quali destini costui è stato colpito! Quali guerre compiute cantava! analisi:  suspensam: rivela l’incertezza di Didone “sospesa” tra la fedeltà al marito morto e la nuova passione per Enea. Il latino usa molto il participio con funzione subordinante laddove l’italiano preferisce due coordinate, quindi, possiamo tradurre anche quali visioni notturne mi spaventano e mi angosciano.  insomnia: non si tratta propriamente di sogni, ma di visioni angosciose che turbano Didone nel dormiveglia (infatti nel v. 5 è detto che la regina non potè fruire di un riposo tranquillo).  quis…quem: poliptoto; i due pronomi hanno funzione esclamativa.  novos: arc. per novus  secum sepulcro: allitterazione della s.  effata: participio di effor, verbo arcaico e solenne.  sinum: con ogni probabilità “il lembo della veste” che Didone ha portato al volto nell’atto di asciugarsi le lacrime. Altri intendono invece il seno in senso proprio.  obortis: participio da oborior; letteralmente vale “sgorgate all’improvviso”. vv. 31-53 Difronte al turbamento della sorella, Anna risponde rinfocolando la passione che l’ha avvinta: a che pro, dice, mantenere la fedeltà a un morto e consumare così in un vano ricordo la giovinezza? Ciò che Didone deve fare, a giudizio di Anna, è cercare di trattenere lo straniero finchè la stagione invernale renderà impraticabile la navigazione. Il discorso di Anna è introdotto un’apostrofe a sua sorella, una sorta di captatio benevolentiae, per farle capire che ciò che sta per dire è spinto dall’affetto: Anna reggerà il gioco di Didone dicendole ciò che vuole sentirsi dire, fingendo di credere alle illuse convinzioni della sorella. Quello di Anna non è un personaggio autonomo: per tutto il IV libro avrà solo il ruolo di sorella di Didone. vv. 31-34 Anna refert: “O luce magis dilecta sorori, solane perpetua maerens carpere iuventa, nec dulcis natos, Veneris nec praemia noris? Id cinerem aut manis credis curare sepultos? traduzione: Anna risponde: “O [tu] per tua sorella più cara della luce, da sola sarai consumata per tutta la giovinezza, non conoscerai i dolci figli, né le gioie di Venere? Tu credi che la cenere o i Mani sepolti si preoccupino di ciò (=che questo interessi alla cenere o ai mani sepolti)? analisi:  luce: sta per vita (abl. di paragone); espressioni come “vedere la luce” equivalgono a “vivere”, “essere in vita”.  perpetua...iuventa: ablativo di tempo. iuventa è termine di uso soprattutto poetico, spesso preferito da Virgilio al classico iuventus.  carpere: carperis, futuro I passivo. Vi è alternanza in età arcaica e anche classica, nella desinenza della 2 pers. sing. medio-passiva fra -re (più antica) e -ris (di formazione più recente e popolare).  Veneris nec: iperbato.  praemia: l’espressione Veneris praemia indica metaforicamente le gioie dell’amore.  noris: forma sincopata per noveris da novi novisti novisse perfetto del verbo nosco, ma con resa al presente in italiano (sapere, conoscere)  manis: = manes; la desinenza -is per l’accusativo plurale della III decl. nominale e della II classe degli aggettivi prevale in epoca arcaica e nella poesia classica rispetto alla più usuale -es. vv. 35-44 Esto: aegram nulli quondam flexere mariti, non Libyae, non ante Tyro; despectus Iarbas ductoresque alii, quos Africa terra triumphis dives alit: placitone etiam pugnabis amori? Nec venit in mentem quorum consederis arvis? Hinc Gaetulae urbes, genus insuperabile bello, et Numidiae infreni cingunt et inhospita Syrtes; hinc deserta siti regio lateque furentes Barcaei. Quid bella Tyro surgentia dicam germanique minas? traduzione: E sia: nessun pretende in passato ha piegato [te] affranta, né di Libia, né prima di Tiro; [da te] fu disprezzato Iarba e gli altri condottieri, che L’Africa, terra ricca di trionfi, nutre: ti opporrai anche ad un amore gradito? Non ti viene in mente nei territori di chi ti sei stabilita? Da una parte le città dei Getuli, stirpe insuperabile in guerra, i Numidi sfrenati e l’inospitale Sirti [ci] stanno attorno; dall’altra parte una regione deserta a causa della siccità e i Barcei che infuriano per largo spazio. Cosa dovrei dire delle guerre che sorgono da Tiro e delle minacce del fratello? analisi:  Esto: imperativo fut. di sum qui con valore concessivo e riferito a quel che segue.  aegram: sottinteso te. Si riferisce al periodo successivo alla morte di Sicheo, quando il forte dolore giustificava appieno il rifiuti di Didone di accettare nuove nozze.  flexere: = flexerunt.  Libyae...Tyro: variatio del costrutto sintattico; il primo termine è genitivo di appartenenza e il secondo è ablativo di origine.  despectus: sottinteso est a te.  Iarbas: re dei Massitani in Numidia, aveva concesso ospitalità a Didone esule da Tiro e in cambio di questo favore ne aveva chiesto la mano ricevendo un rifiuto. Anna lo nomina perché forse il più illustre tra i pretendenti di Didone.  Africa: qui in funzione di aggettivo riferito a terra.  triumphis dives: enjambement che conferisce particolare vitalità all’espressione.I trionfi sono quelli celebrati in seguito alle numerose guerre che si svolgevano in terra d’Africa.  placitione...amori: uso transitivo di placeo ammissibile in contesto poetico.  pugnabis amori: uso poetico di pugno + dat.  consederis: cong. perfetto con valore risultativo: l’azione di stabilirsi in quelle terre è avvenuta in passato, ma perdura anche nel presente (perfetto logico).  Gentulae urbes: i Gentuli erano una popolazione semibarbara, molto bellicosa, che abitava la regione a sud della Numidia.  infreni: i Numidi erano detti così perché cavalcavano senza freno.  Syrtis: è detta inhospita sia per la ferocia degli abitanti che per la conformazione della costa costellata di scogli e di secche pericolose per le navi.  deserta siti regio: accenno generico alle regioni desertiche dell’entroterra africano.  Baracaei: abitanti di barce, città della Cirenaica da cui proverranno alcuni capi cartaginesi. L’accenno è anacronistico perché ai tempi di Enea e Didone la città non era ancora stata fondata.  quid...dicam: preterizione, figura retorica spesso utilizzata nelle orazioni giudiziarie, con cui si finge di voler tacere ciò che in realtà si dice. Quid va inteso come avverbio “perché dovrei...?”.  Tyro: ablativo di provenienza.  germanique minas: questo è uno dei 57 versi incompleti dell’Eneide, che Virgilio chiamava scherzosamente “puntelli” in quanto sostenevano provvisoriamente l’edificio in attesa di più solide colonne. La morte del poeta fece sì che tali versi non fossero più completati: tutti però hanno un senso compito (tranne III 340). vv. 45-49 Dis equidem auspicibus reor et Iunone secunda hunc cursum Iliacas vento tenuisse carinas. Quam tu urbem, soror, hanc cernes, quae surgere regna coniugio tali! Teucrum comitantibus armis Punica se quantis attollet gloria rebus! traduzione: Io credo che di certo le navi troiane abbiano tenuto questa rotta grazie al vento, essendo favorevoli gli dei (=con l’aiuto degli dèi favorevoli) e Giunone propizia. Sorella, quanto [grande] vedrai questa città, quali regni [vedrai] sorgere grazie ad un tale matrimonio! Con l’unione delle armi dei Troiani, a quanto grandi imprese si innalzerà la gloria cartaginese! analisi:  dis...auspicibus: lett. “essendo auspici (cioè protettori) degli dèi. È abl. ass. come il seguente Iunone secunda.  Iunone: Giunone era la dea protettrice di Cartagine, ma anche la dea che presiedeva ai matrimoni e il riferimento a quest’ultima caratteristica appare prevalente nelle parole di Anna; può darsi che l’ambiguità sia intenzionale. Ella non può sapere come Giunone abbia potuto favorire l’arrivo di Enea a Cartagine ; nel suo discorso, pertanto, si può ravvisare una sorta di ironia tragica.  vento: abl. causale più che strumentale.  carinas: qui significa navi per sineddoche.  quam: predicativo di urbem, nel senso di qualem o di quantam.  cernes: variatio sintattica, per cui regge prima un semplice acc. (urbem) e poi un’infinitiva (surgere regna)  Teucrum: = Teucrorum. È appellativo frequente dei troiani in quanto discendono da Teucro, primo re di Troia secondo la leggenda.  comitantibus armis: abl. ass.  quantis...rebus: probabilmente dativo, in dipendenza da se...attollet. Altri lo intendono come abl. di causa interpretando così il verso: “per quanto grandi imprese si solleverà la gloria punica”. vv. 50-53 Tu modo posce deos veniam sacrisque litatis indulge hospitio causasque innecte morandi, dum pelago desaevit hiemps et aquosus Orion, quassataeque rates, dum non tractabile caelum”. traduzione: Tu chiedi soltanto indulgenza agli dei e una volta celebrati i riti sacri, dedicati all’ospitalità e intreccia ragioni di indugio, finchè sul mare infuriano l’inverno e Orione piovoso, e le barche sono sfasciate, finchè il cielo non [è] trattabile (= è intrattabile)”. analisi:  posce...indulge...innecte: tricolon, ossia suddivisione dell’enunciato in tre membri complementari. È figura propria dello stile simmetrico e della cosiddetta concinnitas ciceroniana fondata sulla corrispondenza di membri paralleli.  pelago: termine di origine greca, qui è abl. di luogo.  hiemps: è da preferire il significato di “inverno” rispetto a quello di “tempesta”.  Orion: mitico cacciatore amato dalla dea dell’aurora (Eos) e ucciso da Artemide con una freccia. Dopo la morte fu trasformato in una costellazione. vv. 65-67 Heu vatum ignare mentes! Quid vota furentem, quid delubra iuvant? Est mollis flamma medullas interea et tacitum vivit sub pectore volnus. traduzione: O menti ignare degli indovini! A cosa [giovano] [a lei] furente le preghiere agli dei, a cosa giovano i templi? Nel frattempo, la fiamma consuma le tenere midolla e la piaga vive occulta nel petto (= nel cuore). analisi:  Heu...mentes: esclamazione sentenziosa a carattere generale, con la quale il poeta rompe l’andamento oggettivo della narrazione.  vota...delubra: i due termini sono contrapposti, come conferma anche l’anafora del quid: il primo si riferisce alla preghiera che è un atto individuale, il secondo alle cerimonie collettive pubbliche che avevano luogo negli edifici sacri.  est = edit.  medullas: la parola indica “il midollo delle ossa”; qui in senso traslato, vuol significare “l’intimo del cuore della regina” divorato dalla fiamma d’amore.  tacitum...volnus: la metafora della ferita d’amore era già stata impiegata al v. 2. Qui è detta occulta, perché ancora ignota agli estranei, ma forse anche perché cresce senza che Didone ne abbia piena consapevolezza. vv. 68-89 La sventurata regina non trova pace né giorno né notte; e nel frattempo trascura i suoi doveri di sovrana, tanto che giacciono abbandonati anche i grandiosi lavori di costruzione della città. vv. 68-73 Uritur infelix Dido totaque vagatur urbe furens, qualis coniecta cerva sagitta, quam procul incautam nemora inter Cresia fixit pastor agens telis liquitque volatile ferrum nescius: illa fuga silvas saltusque peragrat Dictaeos; haeret lateri letalis harundo. traduzione: Didone infelice è arsa e vaga furente (=furiosa) per tutta la città, come dal momento che la freccia è stata scoccata, una cerva che, incauta un pastore ha compito da lontano, tra i boschi cretesi, inseguendo[la] con dardi, e ignaro [le] ha lasciato il ferro alato: quella durante la fuga percorre le selve e le gole dittee; la freccia letale è infissa nel fianco. analisi:  uritur...vagatur: i due verbi posti all’inizio e alla fine del verso, esprimono rispettivamente la condizione interiore e l’azione esteriore della regina, dando all’enunciato un senso di equilibrio e completezza.  infelix: l’agg. è in contrasto con pulcherrima al v. 60, indicando l’avviarsi della vicenda verso l’epilogo tragico.  coniecta sagitta: abl. ass.  procul: spiega il successivo incautam; la cerva non si aspettava di essere colpita proprio perché la freccia è stata scagliata da lontano.  nemora inter: anastrofe.  illa: la cerva. prosegue la similitudine.  fuga: abl. di mezzo.  telis: abl. plur n. II decl. telum teli.  lateri: abl. sing. n. III decl. latus lateris.  letalis harundo: la freccia è detta letale per anticipare quello che sarà l’esito finale della situazione di Didone, cioè la morte. vv. 74-79 Nunc media Aenean secum per moenia ducit Sidoniasque ostentat opes urbemque paratam: incipit effari mediaque in voce resistit. Nunc eadem labente die convivia quaerit Iliacosque iterum demens audire labores exposcit pendetque iterum narrantis ab ore. traduzione: Ora conduce con sé Enea attraverso la città e gli mostra le ricchezze sidonie e la città pronta: [lei] inizia a parlare e si ferma a metà discorso. Ora, mentre cala il giorno (= al calar del giorno), chiede gli stessi banchetti e chiede con insistenza fuori di sé di ascoltare di nuovo le pene di Ilio e di nuovo pende dal labbro di colui che racconta. analisi:  media...per moenia: = mediam per urbem; propriamente moenia sono le mura, ma per sineddoche indicano la città stessa.  Sidoniasque: Virgilio impiega questo aggettivo (insieme anche a Tyrius in altri passi) per sottolineare l’origine fenicia di Didone.  paratam: pronta per essere abitata dagli esuli di Tiro, ma anche da Enea se lo volesse.  mediaque in voce: il motivo per la voce bloccata è il turbamento amoroso.  eadem...convivia: banchetti come quelli tenutosi all’arrivo dei Troiani a Cartagine, quando Enea raccontò la presa di Troia e le sue peregrinazioni.  labente die: abl. ass. con valore temporale.  demens: come già furens v. 69 indica la prevalenza della parte istintuale dell’animo di Didone rispetto a quella razionale.  narrantis: sottinteso Aeneae. vv. 80-85 Post ubi digressi lumenque obscura vicissim luna premit suadentque cadentia sidera somnos, sola domo maeret vacua stratisque relictis incubat: illum absens absentem auditque videtque, aut gremio Ascanium, genitoris imagine capta, detinet, infandum si fallere possit amorem. traduzione: Poi, quando [tutti] si [sono] congedati e la luna, oscura a sua volta, nasconde la [sua] luce e [quando] le stelle, tramontando, invitano il sonno, sola si addolora nella sua casa vuota e si distende sui letti abbandonati: [lei], lontana, ascolta e vede lui lontano, o tiene in grembo Ascanio, rapita dalla somiglianza del padre, come se potesse ingannare il suo amore indicibile. analisi:  post: è avverbio = postea.  ubi digressi: sottinteso omnes sunt.  lumenque...premit: la luna, all’avvicinarsi dell’aurora, perde il suo chiarore e determina la fine del banchetto.  vicissim: la luna tramonta “a sua volta” cioè dopo il sole.  absens absentem: poliptoto. I due termini hanno due accezioni diverse: l’assenza di Enea è fisica, mentre quella di Didone è intima e psicologica.  capta: può essere abl. ass., ma più facilmente è nominativo riferito al soggetto sottinteso Dido.  si...possit: costrutto frequente anche in prosa con i verba temptandi: occorre sottintendere un concetto come “come se”, “per vedere se”, “nel tentativo di” o simili. vv. 86-89 Non coeptae adsurgunt turres, non arma iuventus exercet portusve aut propugnacula bello tuta parant; pendent opera interrupta minaeque murorum ingentes aequataque machina caelo. traduzione: Non si innalzano torri [già] iniziate, la gioventù non si esercita nelle armi o non allestisce porti o fortificazioni sicure per la guerra: restano interrotti i lavori, le grandi mura minacciose e le impalcature innalzate al cielo. analisi:  l’esito di questa passione è il venir meno di Didone al suo statuto di regina, motivo per cui i lavori di edificazione di Cartagine si fermano.  non...non: anafora.  coeptae: ha valore temporale, ma ha anche una sfumatura concessiva.  bello: dativo di fine.  parant: ha come soggetto iuventus che è nome collettivo (costructio ad sensum)  minaeque murorum: lett. “le minacce delle mura”; viene impiegato l’astratto per il concreto (=metonimia).  aequataque...caelo: iperbole.  machina: uso del singolare per il plurale; con questo termine si intendono le impalcature innalzate dai carpentieri per la costruzione delle mura. De Iunonis et Veneris foedere vv. 90-128 vv. 90-104 Giunone, che scorge nei fatti il pericolo che la futura stirpe di Enea rappresenterà per la sua città prediletta, persuade Venere a far sì che l’eroe troiano resti a Cartagine e si congiunga a Didone con il sacro vincolo del matrimonio. vv. 90-92 Quam simul ac tali persensit peste teneri cara Iovis coniunx nec famam obstare furori, talibus adgreditur Venerem Saturnia dictis: traduzione: E non appena la cara sposa di Giove si accorse che quella era posseduta da una tale peste e che la fama non si oppone al furore, Saturnia aggredì (= andò contro) Venere con tali parole:  est ingressa: = coepit dicere.  abnuat...malit: congiuntivi potenziali.  bello: ablativo strumentale.  si modo: ha una sfumatura condizionale e introduce una proposizione con valore restrittivo o desiderativo e corrisponde all’italiano “purchè” “a condizione che” e simili. Non corrisponde allo schema delle classiche subordinate.  factum: participio congiunto con valore temporale (=ubi factum fuerit). vv. 110- 112 Sed fatis incerta feror, si Iuppiter unam esse velit Tyriis urbem Troiaque profectis, miscerive probet populos aut foedera iungi. traduzione: Ma [io] sono condotta in dubbio (=resto incerta) a causa dei fatti, se Giove voglia che i Tirii e coloro che sono partiti da Troia (=i profughi troiani) abbiano un’unica città, o [se] approvi che i popoli si mescolino o che vengano stretti patti. analisi:  fatis: ablativo di causa.  feror: in Virgilio esprime spesso l’idea di un movimento, fisico o mentale che non dipende del tutto dalla volontà del soggetto. In tale accezione, difficilmente riproducibile nelle lingue moderne, il significato del verbo si avvicina molto a quello di sum.  Tyriis...Troiaque profectis: dativo di possesso.  aut: ha funzione copulativa, non disgiuntiva. vv. 113-114 Tu coniunx, tibi fas animum temptare precando. Perge: sequar”. Tum sic excepit regia Iuno: traduzione: Tu [sei] la sposa [di Giove], a te [è] lecito sedurre [il suo] animo con le preghiere. Prosegui: [io ti] seguirò”. Così allora rispose la regina Giunone: analisi:  coniunx: sottinteso Iovis es.  fas: designa propriamente ciò che è lecito per diritto divino; ma qui, dato il carattere ironico del del discorso di Venere, contiene addirittura una connotazione umoristica.  perge: sequar: l’asindeto sottolinea la consequenzialità delle due azioni e la loro rapida successione.  excepit: nel senso di “eseguire”, “tener dietro”, e quindi, nell’ambito di una conversazione, di “rispondere”. vv. 115- 116 “Mecum erit iste labor. Nunc qua ratione quod instat confieri possit, paucis (adverte) docebo. traduzione: Questa fatica sarà mia (=mi occupo io di questa fatica). Ora (stai attenta) ti spiegherò in poche parole in quale modo possa succedere ciò che preme. analisi:  mecum: corrisponde a meus.  quod instat: lett. ciò che preme, ossia il matrimonio.  confieri: i composti di facio con preposizione non assumono di solito, al passivo, le forme di fio; questa forma è perciò arcaica in luogo di confici (che non si adatterebbe al metro).  paucis: sottinteso verbis.  adverte: sottinteso animum, cioè “sta attenta”.  docebo: rimarca il tono didascalico del discorso di Giunone, quasi che ella voglia sottolineare la sua maggiore esperienza di vita. Tutto ciò contribuisce all’atmosfera di ironia di tutto il passo. vv. 117-119 Venatum Aeneas unaque miserrima Dido in nemus ire parant, ubi primos crastinus ortus extulerit Titan radiisque retexerit orbem. traduzione: Enea e la sventuratissima Didone si preparano per andare a caccia nel bosco, non appena Titano di domani avrà levato i primi albori e avrà svelato (meno lett. avrà illuminato) il mondo con i [suoi] raggi. analisi:  Venatum: supino finale.  miserrima: l’aggettivo va inteso nel senso più probabile di “follemente innamorata” e quindi “sventurata” perché tormentata dalla passione.  primos ortus: lett. “il primo sorgere”. Con l’espressione ortus efferre anziché oriri, ha inteso elevare stilisticamente il passo. Il plurale è poetico.  Titan: lett. “il Titano”, perché il Sole era figlio del titano Iperione.  retexerit: propriamente vale per “scoprire”, perché il sole toglie alla terra il velo della notte. Si noti la costruzione paratattica e l’omeoteleuto extulerit...retexerit. vv. 120-123 His ego nigrantem commixta grandine nimbum, dum trepidant alae saltusque indagine cingunt, desuper infundam et tonitru caelum omne ciebo. Diffugient comites et nocte tegentur opaca: traduzione: Io dall’alto rovescerò su di loro un temporale nero misto a grandine, mentre le file di cavalieri si affannano e cingono le balze con le reti (=lett. con l’accerchiamento) e scuoterò tutto il cielo con il tuono. I compagni si disperderanno e saranno nascosti da una notte oscura: analisi:  nigrantem...nimbum: lett. un “nuvolone nero” da cui si origina il temporale; è indicata la causa per l’effetto (metonimia).  commixta grandine: ablativo assoluto lett. “mescolato alla grandine”.  alae: termine traslato ripreso dal lessico militare, ove designa “gli squadroni di cavalleria” che procedono ai due lati delle truppe di fanteria.  indagine: propriamente è “l’accerchiamento” fatto dai cacciatori nei boschi per impedire la fuga della selvaggina, qui per metonimia, designa le reti stesse.  omne: qui ha valore distributivo “ogni parte del cielo”.  nocte: non è propriamente la notte, svolgendosi la caccia di giorno, ma l’oscurità prodotta dalle nubi temporalesche. vv. 124-128 speluncam Dido dux et Troianus eandem devenient. Adero et, tua si mihi certa voluntas, conubio iungam stabili propriamque dicabo; hic hymenaeus erit”. Non adversata petenti adnuit atque dolis risit Cytherea repertis. traduzione: Didone e il comandante troiano giungeranno nella medesima grotta. [Io] ci sarò e, se la tua volontà [sarà] per me sicura (=se posso contare sul tuo consenso), [li] unirò con un matrimonio indissolubile e dichiarerò [lei] appartenente a [lui] (=sua sposa) (anche: e la dichiarerò sua): questo sarà il [loro] matrimonio”. Dal momento che non si oppose a lei che chiedeva, annuì e scoperti gli inganni Citerea sorrise. analisi:  speluncam...eandem: complemento di moto a luogo con omissione di in.  dux et: anastrofe.  tua...voluntas: sottinteso erit.  propriamque dicabo: la formula propriam dicare è del linguaggio giuridico e religioso e significa “dare una donna in proprietà” a qualcuno come sposa, consacrandogliela con vincolo legittimo e perenne.  petenti: lett. “a lei (Giunone) che chiedeva”.  dolis repertis: ablativo assoluto.  Cytherea: attributo di Venere, cos’ detta perché il suo culto era praticato con particolare cura nell’isola di Citèra. De dolosa venatione vv. 129-159 Al sorgere del sole viene organizzata la battuta di caccia: Didone ed Enea, a capo delle rispettive schiere dei Tirii e dei troiani, si distinguono tra tutti. I cacciatori si disperdono, mentre il piccolo Ascanio si augura di potersi scontrare con un cinghiale o un fulvo leone. vv. 129-132 Oceanum interea surgens Aurora reliquit. It portis iubare exorto delecta iuventus; retia rara, plagae, lato venabula ferro Massylique ruunt equites et odora canum vis. traduzione: Nel frattempo l’Aurora, sorgendo, lasciò Oceano. Sorto il sole, giovani scelti escono dalle porte; [vi sono] reti di trama larga, lacci, larghi spiedi di ferro, e corrono i cavalieri africani e la forza odoratrice dei cani (=i cani con l’odorato fine). analisi:  iubare exorto: ablativo assoluto. Iubar è enniano e vale per “sole”  lato: ipallage, perché l’aggettivo si riferisce grammaticalmente a ferro, ma logicamente a venabula.  Massylique: erano un popolo del Nord Africa; qui probabilmente va inteso nel senso di africani in genere.  ruunt: il verbo regge per zeugma anche i sostantivi elencati nel verso precedente; nella resa italiana è però meglio sottintendere un verbo come adsunt o ferunt.  montis = montes.  decurrere: perfetto contratto per decurrerunt.  patentis = patentes.  transmittunt: qui vale per transeunt.  fuga: ablativo probabilmente strumentale.  relinquont: forma arc. per relinquunt. vv. 156-159 At puer Ascanius mediis in vallibus acri gaudet equo iamque hos cursu, iam praeterit illos spumantemque dari pecora inter inertia votis optat aprum aut fulvom descendere monte leonem. traduzione: Ma il piccolo Ascanio in mezzo alle valli si diverte col suo forte destriero e sorpassa al galoppo ora questi, ora quelli e desidera con le preghiere che tra le bestie innocue [gli] venga incontro uno schiumante cinghiale o che un fulvo (=biondo) leone discenda dal monte. analisi:  iamque...iam: correlativi di uso poetico e virgiliano, in luogo di modo...modo.  dari = sibi offerri.  inertia: le capre selvatiche e i cervi menzionati prima.  fulvom: arc. per fulvum. De secreto conubio de Fama vv. 160-197 vv. 160-172 Quel che Giunone aveva previsto nel suo colloquio con Venere (vv. 120-127) puntualmente si verifica: allo scopo del temporale Didone ed Enea, abbandonati dai compagni trovano riparo nella grotta e lì, sotto l’alta protezione della sposa di Giove, viene celebrata la loro unione. vv. 160-161 Interea magno misceri murmure caelum incipit, insequitur commixta grandine nimbus; traduzione: Nel frattempo il cielo comincia ad essere sconvolto da un grande rimbombo, e segue un acquazzone misto a grandine; analisi:  nimbus: metonimia (causa per effetto). vv. 162-164 et Tyrii comites passim et Troiana iuventus Dardaniusque nepos Veneris diversa per agros tecta metu petiere; ruunt de montibus amnes. traduzione: da tutte le parti sia i compagni tirii, sia i giovani troiani e il dardanide nipote di Venere, sparsi per i campi, cercarono per paura dei rifugi; torrenti scorrono giù dai monti. analisi:  iuventus: metonimia (l’astratto per il concreto).  Dardaniusque nepos Veneris: perifrasi insolita per Ascanio, discendente di Dardano, capostipite dei troiani.  diversa: ipallage, in quanto l’aggettivo pur concordato con tecta è logicamente riferito ai cacciatori che si spargono ovunque alla ricerca di un rifugio.  tecta: sineddoche.  metu: ablativo di causa.  petiere: perfetto logico contratto da petiverunt. vv. 165-168 Speluncam Dido dux et Troianus eandem deveniunt. Prima et Tellus et pronuba Iuno dant signum: fulsere ignes et conscius aether conubiis summoque ulularunt vertice Nymphae. traduzione: Didone e il capo troiano giungono nella medesima grotta. Per prima la Terra e [poi] la pronuba Giunone danno il segnale: rifulsero i fulmini e il cielo [fu] testimone delle nozze e le Ninfe ulularono dalla cima più alta. analisi:  pronuba Iuno: a Roma era detta pronuba la matrona che assisteva la sposa durante la cerimonia. vv. 169-172 Ille dies primus leti primusque malorum causa fuit; neque enim specie famave movetur nec iam furtivum Dido meditatur amorem; coniugium vocat, hoc praetexit nomine culpam. traduzione: Quel giorno fu il primo della rovina e per primo fu causa di sciagure; Didone non è resa ansiosa (=non si cura) né infatti dalle apparenze né dal [suo] buon nome e ormai non trama più un amore nascosto; [lo] chiama matrimonio, con questa parola copre la [sua] colpa. analisi:  movetur: lett. “è agitata”, “è resa ansiosa”, con valore traslato.  furtivom: arc. per furtivum.  coniugium...culpam: termini antitetici, evidenziati dalla collocazione all’inizio e alla fine del verso. vv. 173-197 La Fama, spargendosi per le città della Libia, diffonde subito la notizia dell’unione tra Didone ed Enea. Essa è rappresentata come un mostro orrendo, dotato di molti occhi e orecchi atti a vedere e ascoltare tutto ciò che accade nel mondo, e di tante lingue per poterlo riferire. Nel suo incessante cammino la Fama giunge sino al re Iarba, diffondendo allo stesso modo notizie false e vere. vv. 173-174 Extemplo Libyae magnas it Fama per urbes, Fama, malum quo non aliut velocius ullum: traduzione: Subito la Fama si sparge per le grandi città della Libia, la Fama, un malanno rispetto al quale non esiste nessun altro più rapido: analisi:  Fama...fama: anadiplosi (ripetizione all’inizio di un verso o di una frase di una parola conclusiva del verso precedente).  quo: secondo termine di paragone riferito a malum.  aliut: arc. per aliud. vv. 175-177 mobilitate viget virisque adquirit eundo; parva metu primo, mox sese attollit in auras ingrediturque solo et caput inter nubila condit. traduzione: Ha vigore grazie al movimento e acquista forza avanzando; prima è piccola per paura, poi si innalza nell’aria, cammina sulla terra e nasconde la testa tra le nuvole. analisi:  mobilitate...eundo: variatio; l’idea del movimento è prima resa con un sostantivo all’ablativo (mobilitate), poi con un gerundio strumentale (eundo).  parva: sottinteso est. vv. 178-183 Illam terra parens, ira inritata deorum, extremam, ut perhibent, Coeo Enceladoque sororem progenuit pedibus celerem et pernicibus alis, monstrum horrendum ingens, cui quot sunt corpore plumae tot vigiles, oculi subter (mirabile dictu), tot linguae, totidem ora sonant, tot subrigit auris. traduzione: Proprio la Terra madre, spinta dall’ira degli dèi, la generò, a quanto raccontano, come ultima sorella a Ceo e Encelado, veloce nei piedi e nelle rapide ali, [è] un mostro orrendo, smisurato che, quante penne ha sul corpo, tanti occhi attenti [ha] sotto (mirabile a dirsi), tante lingue, altrettante bocche rimbombano, altrettante orecchie tiene aperte. analisi:  deorum: genitivo oggettivo.  ut perhibent: espressione limitativa.  pedibus...pernicibus: ablativi di limitazione.  auris = aures. vv. 184-188 Nocte volat caeli medio terraeque per umbram stridens nec dulci declinat lumina somno; luce sedet custos aut summi culmine tecti, turribus aut altis et magnas territat urbes, tam ficti pravique tenax quam nuntia veri. traduzione: Di notte vola nell’ombra, a metà tra il cielo e la terra, stridendo e non chiude gli occhi al dolce sonno; di giorno sta ferma come un guardiano o sulla cima più alta del tetto  dicitur: costruzione personale nom. + inf (= lui è detto aver fatto qualcosa)  multa: avverbio (=multum).  supplex: predicativo. vv. 206-210 “Iuppiter omnipotens, cui nunc Maurusia pictis gens epulata toris Lenaeum libat honorem, aspicis haec? an te, genitor, cum fulmina torques nequiquam horremus, caecique in nubibus ignes terrificant animos et inania murmura miscent? traduzione: O Giove onnipotente, al quale ora il popolo mauritano, dopo aver banchettato su triclini decorati, versa l’offerta lenea (=di Bacco), vedi queste [cose]? oppure invano temiamo, quando scagli i fulmini e le cieche folgori tra le nuvole terrorizzano gli animi e suscitano vani rimbombi? analisi:  epulata: part. perfetto epulor epularis epulatus sum epulari.  an: la particella sottintende un utrum difronte alla prima domanda rivolta a Giove.  caecique...ignes: ossimoro. vv. 211-214 Femina, quae nostris errans in finibus urbem exiguam pretio posuit, cui litus arandum cuique loci leges dedimus, conubia nostra reppulit ac dominum Aenean in regna recepit. traduzione: La donna, che vagabondando nei nostri territori, ha fondato con il denaro una piccola città, alla quale [io] ho dato una terra da arare e alla quale ho dato la giurisdizione su [quel] luogo, ha rifiutato la nostra unione e ha accolto Enea come un padrone nel [suo] regno. analisi:  litus: letteralmente “spiaggia”, cioè terra non buona da coltivare.  dedimus: pluralis maiestatis. vv. 215-218 Et nunc ille Paris cum semiviro comitatu, Maeonia mentum mitra crinemque madentem subnexus, rapto potitur: nos munera templis quippe tuis ferimus famamque fovemus inanem.” traduzione: E ora quel Paride, con il [suo] seguito di effeminati, stretto dalla mitra meonia nel mento e nella chioma impregnata [di unguenti], si impadronisce della cosa rubata: effettivamente noi portiamo offerte ai tuoi templi e alimentiamo una fama inconsistente.” analisi:  Paris: antonomasia per indicare il seduttore.  mentum...crinemque: accusativi di relazione.  madentem: sottinteso unguentis.  rapto: neutro generico “la cosa rubata”.  nos: antitetico rispetto a ille.  quippe: conferisce una connotazione ironica. De Iovis iussu vv. 219-295 vv. 219-237: Giove udendo la preghiera di Iarba, chiama immediatamente Mercurio e gli comanda di raggiungere Enea e di riferirgli il suo ordine irrevocabile: dovrà lasciare Cartagine e dar corso al suo destino di regnare sull’Italia e propagare la stirpe che in futuro dominerà il mondo. Sua madre Venere – egli dice – non l’ha salvato due volte dai Greci per vederlo poi finire negli ozi e nelle mollezze di Cartagine; se per sé non ha più desiderio di gloria, pensi almeno a suo figlio, cui non può togliere il glorioso avvenire. vv. 219-221 Talibus orantem dictis arasque tenentem audiit Omnipotens, oculosque ad moenia torsit regia et oblitos famae melioris amantis. traduzione: Mentre pregava con queste parole e toccava l’altare, [lo] udì l’Onnipotente e volse gli occhi alle mura regali e agli amanti dimentichi di una fama migliore. analisi:  omnipotens: antonomasia per Giove.  amantis = amantes. vv. 222- 226 Tum sic Mercurium adloquitur ac talia mandat: “vade age, nate, voca Zephyros et labere pennis Dardaniumque ducem, Tyria Karthagine qui nunc exspectat fatisque datas non respicit urbes, adloquere et celeris defer mea dicta per auras. traduzione: Allora così esortò Mercurio e [gli] da tali incarichi: “coraggio, figlio,vai chiama gli zefiri e scendi con le ali ed esorta il capo Dardanide, che ora indugia nella tiria Cartagine e non si preoccupa delle città date[gli] dai fati, e veloce porta i miei ordini attraverso il cielo. analisi:  age: imperativo di ago usato come interiezione esortativa.  exspectat: usato nel senso di “soffermarsi”, “indugiare”.  celeris = celeres. L’aggettivo, che per il senso dovrebbe riferirsi a Mercurio, è concordato con auras (ipallage).  auras: metonimia per “l’alto spazio del cielo”. vv. 227-228 Non illum nobis genetrix pulcherrima talem promisit Graiumque ideo bis vindicat armis; traduzione: Non così lo promise a noi la bellissima madre e non per questo [lo] ha protetto due volte dalle armi dei Greci; analisi:  illum: Enea.  nobis: “a noi dèi” a cui stava a cuore il compimento del glorioso destino dell’eroe troiano.  genetrix pulcherrima: perifrasi per indicare Venere.  Graiumque = Graiorumque.  vindicat: presente storico che indica la continuità nel tempo della protezione di Venere. vv. 229-231 sed fore qui gravidam imperiis belloque frementem Italiam regeret, genus alto a sanguine Teucri proderet, ac totum sub leges mitteret orbem. traduzione: ma [promise] che sarebbe stato [in grado] di governare l’Italia feconda di popoli dominatori (=di dominio) e fremente di guerra, di tramandare la stirpe [discesa] dal nobile sangue di Teucro e di mettere il mondo intero sotto le [sue] leggi (=sottomettere il mondo intero alle sue leggi). analisi:  fore: sottinteso illum. Infinito futuro che si accosta all’altra forma futurum esse.  qui: introduce relativa impropria con valore consecutivo, suddivisa in tre membri paralleli (tricolon) con verbi legati dall’omeoteleuto. Qui sottintende un eum “[promise che sarebbe stato] quello che avrebbe retto l’Italia...”.  imperiis: metonimia; da intendere come populis imperantibus.  alto...Teucri: perifrasi che indica i Troiani. vv. 232-234 Si nulla accendit tantarum gloria rerum nec super ipse sua molitur laude laborem, Ascanione pater Romanas invidet arces? traduzione: Se non lo accende (=entusiasma) la gloria di tanto [grandi] imprese e [se] neppure lui stesso intraprende una fatica per il proprio prestigio, forse il padre toglie ad Ascanio le rocche romane? analisi:  nulla = non. Nulla aggettivo pronominale nullus a um di significato negativo.  gloria: posizione attributiva (=a incastro) tra tantarum e rerum che indica che tantarum è concordato a rerum e che formano il compl. di spec. di gloria.  accendit: sottinteso eum.  super: equivale a pro e regge l’ablativo sua...laude.  molitur: nella cpstruzione molitur laborem significa “intraprendere una fatica”.  invidet: nel senso di “togliere”, “privare” con la costruzione invidere alicui aliquid. vv. 235-237 Quid struit? aut qua spe inimica in gente moratur nec prolem Ausoniam et Lavinia respicit arva? Naviget. Haec summa est, hic nostri nuntius esto.”  Cyllenia proles: perifrasi per indicare Mercurio. vv. 259-264 Ut primum alatis tetigit magalia plantis, Aenean fundantem arces ac tecta novantem conspicit; atque illi stellatus iaspide fulva ensis erat Tyrioque ardebat murice laena demissa ex umeris, dives quae munera Dido fecerat, et tenui telas discreverat auro. traduzione: Non appena con i piedi alati toccò le capanne, scorse Enea mentre costruiva rocche e rifaceva case; lui aveva una spada scintillante di fulvo diaspro e un mantello di porpora tiria fiammeggiava sceso dalle spalle, doni che [gli] aveva fatto la ricca Didone, e aveva diviso i tessuti con oro (=e aveva trapunto il tessuto con fili d’oro). analisi:  fundantem...novantem: struttura chiastica con i due participi all’inizio e alla fine della frase, avvicinati dall’omeoteleuto.  conspicit: presente storico forse dettato da ragioni metriche.  atque...erat: dativo di possesso.  murice: metonimia per indicare il colore porpora.  iaspide: grecismo.  laena: termine di origine greca.  munera: plurale perché riferito sia alla spada che al mantello. vv. 265-267 Continuo invadit: “tu nunc Karthaginis altae fundamenta locas pulchramque uxorius urbem exstruis? heu, regni rerumque oblite tuarum? traduzione: Immediatamente [lo] assalì: “tu ora poni le fondamenta dell’alta Cartagine e schiavo della moglie costruisci una bella città? ahimè, tu dimentico, del regno e dei tuoi interessi? analisi:  regni...tuarum: l’espressione indica un concetto unico ed è quindi un’endiadi.  regni rerumque: paronomasia.  oblite: vocativo di oblitus, da obliviscor. vv. 268-270 Ipse deum tibi me claro demittit Olympo regnator, caelum et terras qui numine torquet, ipse haec ferre iubet celeris mandata per auras: traduzione: Il re degli dei in persona mi manda a te dal luminoso Olimpo, lui che con la [sua] autorità muove il cielo e la terra, egli stesso mi comanda di portare questi ordini veloce attraverso il cielo: analisi:  deum...regantor: perifrasi per indicare Giove.  Deum: è genitivo plurale in luogo di deorum.  ferre iubet: sottinteso me.  celeris...per auras: ipallage > celeris (=celeres) è sintatticamente riferito ad auras, ma logicamente a Mercurio; auras per metonimia indica lo spazio del cielo. vv. 271-278 quid struis? aut qua spe Libycis teris otia terris? si te nulla movet tantarum gloria rerum [nec super ipse tua moliris laude laborem,] Ascanium surgentem et spes heredis Iuli respice, cui regnum Italiae Romanaque tellus debetur.” Tali Cyllenius ore locutus mortalis visus medio sermone reliquit et procul in tenuem ex oculis evanuit auram. traduzione: cosa trami? o con quale speranza perdi tempo nelle terre libiche? se non ti muove la gloria di così grandi imprese, [e non intraprendi di persona l’impegno per il tuo prestigio,] datti pensiero di Ascanio che cresce e le speranze di Iulo [tuo] erede, a cui sono destinati il regno d’Italia e la terra romana.” Il Cillenio, dopo aver parlato con un tale linguaggio, abbandonò l’aspetto mortale in mezzo al discorso e subito svanì dalla vista nell’aria leggera. analisi:  otia terrere: lett. vale per “consumare il tempo libero”.  [nec...laborem]: il verso è ritenuto spurio (può essere opera di un commentatore).  spes heredis Iuli: può intendersi come genitivo sia soggettivo (=“le speranze che Iulo nutre”) sia oggettivo (=“le speranze riposte in Iulo”) > quest’ultimo preferibile.  Cyllenius: = Mercurio.  ore: metonimia che presume un’allusione allo sguardo e all’espressione del volto da cui traspare rimprovero.  mortalis: = mortales.  procul: va unito a ex oculis. vv. 279-295 L’inattesa apparizione di Mercurio risveglia in Enea la coscienza di sé e del suo destino, tanto che arde subito dal desiderio di lasciare la terra africana. Ma come potrà convincere Didone, o soltanto cominciare con lei un discorso? In attesa di trovare il momento migliore per parlare alla regina, Enea chiama i compagni e ordina loro di allestire in gran segreto le navi per la partenza. I troiani eseguono con entusiasmo l’ordine del loro capo. vv. 279-280 At vero Aeneas aspectu obmutuit amens, arrectaeque horrore comae et vox faucibus haesit. traduzione: Ma Enea si ammutolì sconvolto a causa di quella vista, e i capelli si erano drizzati a causa dell’orrore e la voce si fermò in gola. analisi:  vero: rafforzativo di at.  arrectaeque: sottinteso sunt.  vox haesit: lett. “la voce gli restò attaccata alle fauci”. vv. 281-284 Ardet abire fuga dulcisque relinquere terras, attonitus tanto monitu imperioque deorum. heu quid agat? quo nunc reginam ambire furentem audeat adfatu? quae prima exordia sumat? traduzione: Arde [dalla voglia] di fuggire e di lasciare le amabili terre, spaventato da un così [autorevole] avviso e dal comando divino. Ahimè, cosa dovrebbe fare? Con quale discorso ora dovrebbe osare a blandire la regina furibonda? Con quali parole dovrebbe incominciare? analisi:  ardet abire: costruzione poetica di ardeo + infinito.  fuga: ablativo strumentale, pleonastico nella traduzione italiana, ma significativo per il senso.  dulcisque: = dolcesque.  deorum: perché l’ordine portato da Mercurio è volontà dell’intero complesso delle divinità.  agat...audeat...sumat: congiuntivi dubitativi.  ambire: inteso come blanditis circumvenire.  prima exordia: espressione pleonastica. vv. 285-287 atque animum nunc huc celerem nunc dividit illuc in partisque rapit varias perque omnia versat. Haec alternanti potior sententia visa est. traduzione: E separa ora da una parte, ora dall’altra il pensiero veloce e [lo] trascina da varie parti e [lo] volge a ogni [proposito]. [A lui] che era incerto, questa sembrò la decisione migliore. analisi:  in partisque: = in partesque.  alternanti: sottinteso ei. vv. 288-295 Mnesthea Sergestumque vocat fortemque Serestum, classem aptent taciti sociosque ad litora cogant, arma parent et quae rebus sit causa novandis dissimulent; sese interea, quando optima Dido nesciat et tantos rumpi non speret amores, temptaturum aditus et quae mollissima fandi tempora, quis rebus dexter modus. Ocius omnes imperio laeti parent et iussa facessunt. traduzione: Chiama Mnesteo e Sergesto e il forte Seresto, e [ordina] che preparino la flotta in silenzio, radunino i compagni sulla spiaggia, preparino le attrezzature e tengano nascosto [ciò] che è la causa per le rivoluzioni (=innovazioni); egli, nel frattempo, dato che la squisita Didone non conosce e non si aspetta che un amore così grande si infranga, tenterà le possibilità [scegliendo] quale sia il momento più adatto per parlar[l]e, quale sia la maniera più consona alle circostanze. Subito tutti obbediscono felici al comando ed eseguono gli ordini. analisi: dulce meum, miserere domus labentis et istam, oro, si quis adhuc precibus locus, exue mentem. traduzione: Dunque fuggi da me? In nome di queste lacrime e della tua destra io ti prego, dal momento che nient’altro ho lasciato oramai a me stessa sventurata, per la nostra unione, per le [nostre] nozze [appena] iniziate, se mi sono comportata bene verso di te, o almeno qualcosa di me ti fu gradito, abbi pietà della [mia] casa che cade e ti prego [abbandona questo proposito], se c’è ancora un qualche posto per le preghiere, deponi la mente. analisi:  si...merui: lett. “se ho ben meritato di te in qualcosa”, ove quid (=aliquid) è accusativo di relazione.  oro: propriamente è predicato di te (v. 314), ma in questa posizione può anche essere inteso come incidentale , a rafforzare il tono generale di preghiera. vv. 320-324 Te propter Libycae gentes Nomadumque tyranni odere, infensi Tyrii; te propter eundem exstinctus pudor et, qua sola sidera adibam, fama prior. Cui me moribundam deseris hospes? hoc solum nomen quoniam de coniuge restat. traduzione: A causa tua i popoli della Libia e i principi della Numidia mi odiano, i Tirii mi sono ostili; sempre a causa tua è perduto il mio pudore e la fama di prima, per la quale soltanto arrivavo alle stelle. A chi mi lasci moribonda, straniero? dal momento che solo questo nome rimane rispetto a quello di sposo. analisi:  te propter: anastrofe.  odere = oderunt.  infensi Tyrii: sottinteso sunt.  extinctus pudor: sottinteso est.  hospes: connotazione dispregiativa.  quoniam: anastrofe. vv. 325-330 Quid moror? an mea Pygmalion dum moenia frater destruat aut captam ducat Gaetulus Iarbas? saltem si qua mihi de te suscepta fuisset ante fugam suboles, si quis mihi parvulus aula luderet Aeneas, qui te tamen ore referret, non equidem omnino capta ac deserta viderer. traduzione: Che cosa aspetto? forse che mio fratello Pigmalione distrugga le mura per ora, o che il gètulo Iarba mi porti via prigioniera? almeno se avessi avuto da te qualche discendenza prima della tua fuga, se giocasse con me nel palazzo un piccolo Enea, che tuttavia ti somigliasse nell’aspetto, certamente non sembrerei del tutto offesa e abbandonata. analisi:  Quid moror: sottinteso in vita.  mihi: può essere un dativo etico oppure un dativus commodi.  aula: ablativo locativo con ellissi di in.  tamen: sottintende una protasi ipotetica con valore concessivo, come etiam si tu abesses “anche se tu fossi assente”. Con questa ellissi piò trovare spiegazione anche il congiuntivo referret, benchè possa intendersi anche dovuto a un implicito valore consecutivo della relativa (qui = talis ut).  viderer: sottinteso mihi. De Aeneae responso vv. 331-361 Enea chiude nell’animo un grande dolore. Nella sua risposta emerge la riconoscenza per i meriti di Didone, di cui non si dimenticherà, ma anche la fermezza nella sua decisione. Se potesse vivere a modo suo, egli ricostruirebbe Troia, la sua patria; ma ora i numi, con chiari e inequivocabili segni, gli impongono di raggiungere l’Italia. Sono inutili, ormai, i pianti e le preghiere: Enea dovrà seguire il destino assegnatogli dai fati. vv. 331-336 Dixerat. Ille Iovis monitis immota tenebat lumina et obnixus curam sub corde premebat. Tandem pauca refert: “ego te, quae plurima fando enumerare vales, numquam, regina, negabo promeritam, nec me meminisse pigebit Elissae dum memor ipse mei, dum spiritus hos regit artus. traduzione: Così disse. Egli teneva gli occhi fissi a causa del monito di Giove e ostinato nascondeva l’affanno nel cuore. Infine, risponde brevemente: “io, regina, non negherò mai che tu sei stata meritevole in moltissime [cose] che parlando potresti elencare, e non mi dispiacerò di ricordarmi di Elissa, finchè io stesso [sarò] memore di me, finchè il soffio vitale reggerà questi arti. analisi:  dixerat: piuccheperfetto da considerare alla stregua di un perfetto , genera più scarto temporale tra i due discorsi diretti e indica una pausa di riflessione da parte di Enea prima della risposta.  monitis: ablativo di causa.  Ego...promeritam = Ego, regina, numquam negabo te promeritam (esse) plurima, quae vales (=potes) enumerare fando.  pigebit: piget impers. (piget piguit (pigitum est) piguēre) + inf. [altri modi di costruzione: 1. + acc. della persona che prova il sentimento e il gen. della cosa o della persona di cui si sente rincrescimento; 2. + nom. n. del pronome].  Elissae: è il nome fenicio di Didone.  regit: in dipendenza da dum ha valore continuativo; può pertanto corrispondere a un futuro semplice in italiano. vv. 337-339 Pro re pauca loquar. Neque ego hanc abscondere furto speravi (ne finge) fugam, nec coniugis umquam praetendi taedas aut haec in foedera veni. traduzione: Sulla questione parlerò brevemente. Né io ho sperato di tenerti nascosta questa [mia] partenza furtivamente (non pensarlo), né sono mai state innalzate le fiaccole di coniuge né sono venuto per questi patti. analisi:  pro...loquar: formula del linguaggio giuridico con la quale il parlante iniziava la trattazione degli argomenti a favore della sua causa.  furto: con valore vicinissimo a quello avverbiale (=furtim, clam).  (ne finge): lett. “non figurartelo”. Forma arcaica per l’imperativo negativo: nella lingua letteraria avremmo avuto ne fingas (o finxeris).  aut = nec.  in: con valore finale. vv. 340-344 Me si fata meis paterentur ducere vitam auspiciis et sponte mea componere curas, urbem Troianam primum dulcisque meorum reliquias colerem, Priami tecta alta manerent, et recidiva manu posuissem Pergama victis. traduzione: Se il destino mi permettesse di condurre la vita secondo il mio arbitrio e calmare gli affanni secondo la mia volontà, anzitutto onorerei la città di Troia e le care reliquie dei miei, gli alti tetti di Priamo (=l’alto palazzo di Priamo) rimarrebbe [in piedi], e con la mano avrei innalzato per i vinti una rinascente Pergamo. analisi:  fata: al plur. = “destino”.  me: è soggetto di ducere e componere.  meis auspiciis et sponte mea: espressioni equivalenti che valgono “di mia volontà” e simili, cioè senza dover seguire gli ordini del fato.  dulcisque = dulcesque.  colerem: il verbo ha qui significato preponderante di “abitare”, ma vi è implicito anche il senso di “rispettare”, “onorare”, che meglio si adatterebbe a meorum reliquias.  manerent: nel senso generale di “esistere”.  recidiva: acc. plur. riferito a Pergama. vv. 345-350 Sed nunc Italiam magnam Gryneus Apollo, Italiam Lyciae iussere capessere sortes; hic amor, haec patria est. Si te Karthaginis arces Phoenissam Libycaeque aspectus detinet urbis, quae tandem Ausonia Teucros considere terra invidia est? et nos fas extera quaerere regna. traduzione: Ma ora Apollo grineo e i responsi di Licia [mi] hanno ordinato di raggiungere l’Italia, la grande Italia; questo è l’amore, questa è la patria. Se le rocche di Cartagine e la vista di una città libica, catturano te fenicia (=straniera), cosa [ti] impedisce che i Teucri giungano in terra Ausonia? Anche a noi è lecito cercare regni stranieri. analisi: forse rivolto uno sguardo? Ha forse versato lacrime, commosso, o ha forse provato pietà per chi lo ama? analisi:  ingemuit: perfetto di ingemisco ingemiscis ingemui ingemiscĕre; regge l’ablativo.  fletu: molti ritengono che sia una forma racica di dativo in -u, in luogo del classico -ui che contrasterebbe con la metrica; tuttavia, potrebbe trattarsi anche di un ablativo di causa dipendente da ingemuit.  victus: letteralmente “vinto” dalle preghiere o dalla compassione.  amantemst: aferesi per amanetm est. vv. 371- 374 Quae quibus anteferam? Iam iam nec maxima Iuno nec Saturnius haec oculis pater aspicit aequis. Nusquam tuta fides. Eiectum litore, egentem excepi et regni demens in parte locavi. traduzione: Quali [offese] dovrei preferire a queste? Ormai né la suprema Giunone né il padre Saturno guardano ciò con occhi giusti. In nessun luogo la lealtà è più sicura. [Io] lo raccolsi naufrago, miserabile e io pazza l’ho messo in una parte del regno. analisi:  iam iam: geminatio (duplicazione di una parola: serve a innalzare e vivacizzare il tono del discorso).  Saturnis...pater: è Giove.  haec: la vicenda capitata a Didone.  eiectum litore: letteralmente “gettato sulla spiaggia” cioè naufrago. L’ablativo litore va inteso come locativo con ellissi di in. vv. 375-378 Amissam classem, socios a morte reduxi (heu furiis incensa feror!): nunc augur Apollo, nunc Lycae sortes, nunc et Iove missus ab ipso interpres divom fert horrida iussa per auras. traduzione: Ho recuperato la flotta danneggiata e i compagni dalla morte (ahi, sono trascinata infiammata dal furore!): ora l’augure Apollo, ora i responsi di Licia, ora anche il messaggero degli dèi, inviato da Giove in persona, porta spaventosi comandi attraverso il cielo. analisi:  a morte reduxi: l’espressione, che ben si adatta a socios, regge per zeugma anche amissam classem, che richiederebbe invece un verbo come restitui , servavi o simili.  Apollo...sortes: sottinteso adsunt o un verbo di analogo significato. vv. 379-381 Scilicet is superis labor est, ea cura quietos sollicitat. Neque te teneo neque dicta refello: i, sequere Italiam ventis, pete regna per undas; traduzione: È chiaro che egli è un affanno per gli dei del cielo, questa preoccupazione turba i quieti. Non ti trattengo, né ribatto le tue parole: vai, insegui l’Italia con i venti, cerca dei regni attraverso le onde; analisi:  superis: sono “gli dei del cielo” in contrapposizione a inferi, “gli dei sotterranei”.  sequere...pete: tricolon ascendente (perfetto equilibrio stilistico).  ventis: ablativo strumentale. Alcuni studiosi interpungono diversamente il verso, ponendo la virgola dopo Italiam e collegando ventis con il successivo pete. vv. 382-387 spero equidem mediis, si quid pia numina possunt, supplicia hausurum scopulis et nomine Dido saepe vocaturum. Sequar atris ignibus absens et, cum frigida mors anima seduxerit artus, omnibus umbra locis adero. Dabis, improbe, poenas; audiam et haec Manis veniet mihi fama sub imos”. traduzione: certamente spero che pagherai le pene in mezzo agli scogli e spesso chiamerai Didone per nome (=spesso invocherai il nome di Didone), se gli dèi giusti possono qualcosa (=hanno qualche potere). [Io ti] seguirò [anche] da assente con neri fuochi e, quando la gelida morte avrà separato gli arti dall’anima, io sarò presente in ogni luogo come un’ombra. Tu pagherai la pena, miserabile; [io] lo verrò a sapere e questa notizia mi giungerà tra i mani profondi. analisi:  mediis...scopulis: ablativo locativo con omissione di in.  pia numina: qui la pietassi risolve nella giustizia.  hausurum: forma arcaica e rara per hausturum (part. fut. di haurio hauris hausi haustum haurīre). Ellissi del soggetto te e del verbo esse (= per il successivo vocaturum). L’espressione haurire suppplicia vale per poenas dare (“pagare il fio” di qualche misfatto).  Dido: è probabilmente un accusativo ricalcato sulla declinazione greca.  frigida: aggettivo con valore attivo, dal momento che la morte non è fredda, ma “rende freddi” coloro che raggiunge.  anima: ablativo di separazione.  audiam: è equivalente successivo veniet...fama.  manis...sub imos: = sub imos manes cioè nell’Averno. I Mani sono propriamente le ombre dei defunti, ma il termine può essere traslato indicando il luogo sotterraneo (imos) ove le anime hanno dimora. vv. 388-392 His medium dictis sermonem abrumpit et auras aegra fugit seque ex oculis avertit et aufert, linquens multa metu cunctantem et multa parantem dicere. Succipiunt famulae conlapsaque membra marmoreo refurunt thalamo stratisque reponunt. traduzione: Dopo che furono dette queste parole interrompe il discorso a metà e, afflitta, fugge la luce, si allontana dallo sguardo e si trascina, lasciandolo molto titubante per il timore e mentre si accingeva a dire molte cose. Le ancelle [la] sorreggono e riportano le sue membra svenute nella camera marmorea e la adagiano sui cuscini. analisi:  his...dictis: ablativo assoluto.  avertit et aufert: i due verbi, simili sul piano semantico, benchè non sinonimici, reggono entrambi ex oculis (sottinteso Aeneae).  suscipiunt...referunt...reponunt: tricolon.  conlapsaque membra: letteralmente “le membra cadute”.  marmoreo...thalamo: dativo poetico di moto a luogo.  stratisque: complemento di stato in luogo. De Aeneae apparatu ad discessum vv. 393-407 Il Pio Enea, benchè angosciato e desideroso di consolare l'amante infelice, obbedisce al comando dei nomi e affretta la partenza punto i Troiani si prodigano nell’apprestare le navi. vv. 393-396 At pius Aeneas, quamquam lenire dolentem solando cupit et dictis avertere curas, multa gemens magnoque animum labefactus amore iussa tamen divum exsequitur classemque revisit. traduzione: Ma il pio Enea, benchè desideri calmare [lei] addolorata, confortandola, e allontanare gli affanni con le parole (=parlandole), sebbene si lamentasse molto e vacillante nell’animo da un grande amore, tuttavia segue gli ordini degli dèi e tornò a vedere la flotta. analisi:  pius: il consueto appellativo di Enea, qui non meramente esornativo, perché l’eroe sta sacrificando i suoi sentimenti per obbedire al comando divino.  lenire...avertere: disposizione chiastica dell’enunciato con i due infiniti dipendenti da cupit in posizione estrema e al centro i due ablativi strumentali solando e dictis distinti dalla variatio (il primo è un gerundio, il secondo è un participio).  multa: è avverbiale (=multum).  animum: accusativo di relazione.  divom: forma arcaica per divorum. vv. 397-400 Tum vero Teucri incumbunt et litore celsas deducunt toto navis. Natat uncta carina, frondentisque ferunt remos et robora silvis infabricata fugae studio. traduzione: Allora sì che i Teucri si prodigano e dalla spiaggia mettono in mare le alte navi. Galleggiano le carene unte, e dai boschi portano remi frondosi e legname grezzo per il desiderio di fuga analisi: vv. 419-423 Hunc ego si potui tantum sperare dolorem, et perferre, soror, potero. Miserae hoc tamen unum exsequere, Anna, mihi; solam nam perfidus ille te colere, arcanos etiam tibi credere sensus; sola viri mollis aditus et tempora noras. traduzione: Se io ho potuto prevedere questo dolore tanto grande, potrò anche sopportarlo, sorella. Ciononostante, Anna, esegui questo unico [ordine] per me, sventurata; infatti, quel traditore solo te onorava, a te confidava anche i suoi pensieri segreti; [tu] sola avevi conosciuto le vie accessibili e i tempi adatti dell’uomo. analisi:  Miserae: va unito al successivo mihi con iperbato.  solam...sola: poliptoto.  colere...credere: infiniti descrittivi che presentano l’azione come continua e abituale.  credere: + accusativo della cosa e dativo della persona.  mollis: = molles.  mollis...tempora: l’aggettivo mollis è riferito solo ad aditus, ma per il senso anche a tempora.  noras: = noveras. Indicativo piuccheperfetto di nosco. vv. 424-427 I, soror, atque hostem supplex adfare superbum. Non ego cum Danais Troianam exscindere gentem Aulide iuravi classemve ad Pergama misi, nec patris Anchisae cinerem manesve revelli: traduzione: Vai, sorella, e rivolgiti supplice al superbo nemico. Io non ho giurato con i Danai in Aulide di sterminare il popolo troiano, non ho mandato una flotta a Pergamo, né ho profanato la i mani e la cenere del padre Anchise: analisi:  adfare: imperativo presente adfor adfaris adfatus sum adfari (deponente).  Pergama: = Troia.  cinerem manesve: probabilmente un’endiadi che allude alla profanazione della tomba di Anchise che sarebbe stato un gravissimo sacrilegio. vv. 428-430 cur mea dicta negat duras demittere in auris? quo ruit? extremum hoc miserae det munus amanti: exspectet facilemque fugam ventosque ferentis. traduzione: Perché rifiuta di accogliere le mie parole nelle orecchie crudeli? Dove corre? Conceda quest’ultimo favore all’amante infelice: aspetti una partenza agevole e venti propizi. analisi:  auris: = aures.  det...exspectet: congiuntivi esortativi.  ferentis: = ferentes. I venti propizi sono così chiamati perché sospingono (=ferunt) la nave. vv. 431-434 Non iam coniugium anticum, quod prodidit, oro, nec pulchro ut Latio careat regnumque relinquat: tempus inane peto, requiem spatiumque furori, dum mea me victam doceat fortuna dolere. traduzione: Io non supplico più il matrimonio di un tempo, che ha tradito, né che si privi del suo bel Lazio e abbandoni il regno: chiedo un po’ di tempo, riposo e intervallo per il mio furore, finchè la mia sorte insegni a me, vinta, a soffrire. analisi:  anticum: grafia arc. per antiquum.  careat: regge l’ablativo nel senso di “privarsi”.  tempus inane: lett. “tempo vuoto”; l’espressione può significare “una pausa di breve durata”, (quindi “un po’ di tempo”).  requiem spatiumque: i due termini sono sinonimici e costituiscono un’endiadi. vv. 435-436 Extremam hanc oro veniam (miserere sororis), quam mihi cum dederit cumulatam morte remittam.” traduzione: Io chiedo questo ultimo favore (abbi compassione sorella), che quando a me sarà concesso, restituirò ingrandito alla mia morte. analisi:  miserere: misereor regge genitivo.  quam: riferito a veniam.  morte: ablativo di tempo. vv. 437-449 Anna compie senza indugio la sua ambasciata, ma Enea non può ascoltarla, il suo destino glielo vieta. vv. 437-440 Talibus orabat, talisque miserrima fletus fertque refertque soror. Sed nullis ille movetur fletibus aut voces ullas tractabilis audit; fata obstant placidasque viri deus obstruit auris. traduzione: Con queste [parole] pregava, e l’infelice sorella riferisce e ripete quei pianti. Ma egli non è impietosito da nessun pianto, non ascolta arrendevole nessun discorso; i fati si oppongono, e un dio chiude le orecchie benevole all’uomo. analisi:  talibus...talisque: (=talesque) poliptoto.  fertque refertque: annominazione.  aut: = nec.  auris: = aures.  deus: da intendersi come “volontà divina” in generale. vv. 441-444 Ac velut annoso validam cum robore quercum Alpini Boreae nunc hinc nunc flatibus illinc eruere inter se certant; it stridor, et altae consternunt terram concusso stipite frondes; traduzione: E come quando le Boree delle Alpi si sforzano tra loro, con le raffiche di qua e di là, per sradicare una quercia robusta dall’antico tronco; si propaga uno strido, e le alte foglie, scosso il tronco, ricoprono la terra. analisi:  annoso...robore: l’ablativo può intendersi sia come complemento di qualità (“dall’antico tronco”), sia di causa (“per l’antico tronco”).  cum: temporale da congiungere a certant.  certant: regge l’infinito.  concusso stipite: ablativo assoluto con valore causale. vv. 445-449 ipsa haeret scopulis et quantum vertice ad auras aetherias, tantum radice in Tartara tendit: haud secus adsiduis hinc atque hinc vocibus heros tunditur, et magno persentit pectore curas; mens immota manet, lacrimae volvuntur inanes. traduzione: la stessa rimane attaccata alle rocce e per quanto con la cima si protende verso l’aria del cielo (=eterea), altrettanto si protende con le radici nel Tartaro: non altrimenti l’eroe è stordito di qua e di là dalle preghiere insistenti, e nel suo grande cuore sente gli affanni; la mente rimane irremovibile, le lacrime sono riversate invano. analisi:  haud secus: = non aliter.  heros: termine di origine greca.  persentit: il prefisso enfatizza l’azione espressa dal verbo.  volvontur: = volvuntur. De infelicibus Didonis fatis vv. 450- 473 Perdute ormai tutte le speranze, la sventurata Didone invoca la morte. vv.450-451 Tum vero infelix fatis exterrita Dido mortem orat; taedet caeli convexa tueri. traduzione: Allora senza dubbio l’infelice Didone, atterrita dal destino, invoca la morte; ha fastidio di guardare la volta del cielo analisi:  orat: = optat, invocat. traduzione: Dunque, quando accolse in sé le furie [della disperazione] sopraffatta dal dolore, e decise di morire, con sé stessa esaminò il momento e il modo, e, rivoltasi all’infelice sorella, nasconde nell’aspetto la [sua] intenzione e fa brillare sulla fronte la speranza. analisi:  dictis adgressa: corrisponde ad adloquor.  voltu: ablativo di limitazione.  spem fronte serenat: ipallage (=spe frontem serenat), giacchè il verbo sereno dovrebbe avere per oggetto frontem, a cui dovrebbe far seguire l’ablativo strumentale spe. vv. 478-479: “Inveni, germana, viam (gratare sorori) quae mihi reddat eum vel eo me solvat amantem. traduzione: “Sorella, ho trovato la via (rallegrati con tua sorella) che me lo restituisca o [che] liberi da lui me che l’amo. analisi:  viam: termine metaforico nel senso di “modo”, “sistema”.  quae...reddat...amantem: relative improprie con congiuntivo (= proposizione finale). vv. 480-482 Oceani finem iuxta solemque cadentem ultimus Aethiopum locus est, ubi maximus Atlas axem umero torquet stellis ardentibus aptum; traduzione: Presso il confine dell’Oceano, e dove il sole tramonta, c’è l’estrema regione degli Etiopi, dove il gigante Atlante fa girare la volta celeste sulle spalle adorna di stelle ardenti; analisi:  axem: = caelum.  aptum: participio di un inusitato verbo apere (“attaccare”): nell’antichità, infatti, si credeva che le stelle fossero attaccate al cielo. vv. 483-486 hinc mihi Massylae gentis monstrata sacerdos, Hesperidum templi custos, epulasque draconi quae dabat et sacros servabat in arbore ramos, spargens umida mella soporiferumque papaver. traduzione: da qui mi si è presentata una sacerdotessa di stirpe màssila, custode del tempio delle Esperidi, che dava il pasto al drago e conservava sull’albero i rami sacri, spargendo liquido idromele e soporifero papavero. analisi:  hinc: dalla regione dell’Atlante, la Mauritania.  Massylae: della Numidia, ma qui ha forse senso generale di “africana”.  mostrata: sottinteso est.  epulae: pluralia tantum I decl. epulae epularum. vv. 487-489 Haec se carminibus promittit solvere mentes quas velit, ast aliis duras immittere curas, sistere aquam fluviis et vertere sidera retro; traduzione: Costei promette di liberare le menti, che vuole, con incantesimi, d’altra parte di introdurre in altri crudeli affanni, di fermare l’acqua nei fiumi e di volgere indietro le stelle (=invertire il corso degli astri); analisi:  carminibus: sono le formule magiche, gli incantesimi.  promittit...mentis (=mentes): costruzione poetica; in prosa avremmo avuto l’infinito futuro. “Liberare le menti” sottinteso dagli affanni amorosi.  ast: congiunzione arcaica con valore avversativo che Virgilio impiega in luogo di at.  aliis: sottinteso mentibus.  fluviis: può essere sia un dativo con funzione analoga di genitivo, sia ablativo di luogo. vv. 490-493 nocturnosque movet Manis; mugire videbis sub pedibus terram et descendere montibus ornos. Testor, cara, deos et te, germana, tuumque dulce caput, magicas invitam accingier artis. traduzione: di notte evoca i Mani; vedrai rimbombare la terra sotto i piedi e gli orni discendere dai monti. Chiamo a testimoni gli dei e te, cara sorella, e il tuo dolce capo, di essermi dedicata contro voglia alle arti magiche. analisi:  nocturnoscque: aggettivo in funzione predicativa, che nella traduzione può corrispondere ad un avverbio (enallage).  manis: = manes.  ornos: propriamente i “frassini”, ma qui indica per sineddoche gli alberi in generale (la specie per il genere).  caput: ha il senso di “vita”.  accingier: infinito passivo con desinenza arcaica (classico accingi). Si noti anche nell’infinitiva l’ellissi del soggetto me.  artis: = artes. vv. 494-498 Tu secreta pyram tecto interiore sub auras erige, et arma viri thalamo quae fixa reliquit impius exuviasque omnis lectumque iugalem, quo perii, superimponas: abolere nefandi cuncta viri monumenta iuvat monstratque sacerdos.” traduzione: Tu innalza segretamente una pira nella parte interno all’aperto e mettici sopra le armi dell’uomo che, crudele, ha lasciato immobili nella camera da letto, e tutte le [sue] spoglie e il letto coniugale, dove ho perito: è bene distruggere tutti i ricordi dell’uomo sacrilego e così mi mostra la sacerdotessa. analisi:  secreta: aggettivo con valore predicativo di tu, in luogo dell’avverbio (enallage).  arma: si tratta della spada che Enea aveva donato a Didone.  viri: in senso dispregiativo per non nominare Enea.  omnis: = omnes.  quo: riferito a lectum; è ablativo di luogo.  superimponas: congiuntivo esortativo.  nefandi: potrebbe mantenere il senso originario di “indicibile”, “innominabile”.  monumenta: tutti gli oggetti che potrebbero ricordarle l’eroe troiano.  iuvat: impersonale + inf. vv. 499-503 Haec effata silet, pallor simul occupat ora. Non tamen Anna novis praetexere funera sacris germanam credit, nec tantos mente furores concipit aut graviora timet quam morte Sychaei. Ergo iussa parat. traduzione: Dopo che ebbe detto ciò, tacque, allo stesso tempo il pallore si diffonde sul viso. Tuttavia, Anna non crede che la sorella nasconda la morte con [quei] riti insoliti, né accoglie nella mente una così grande follia, né teme [cose] più gravi di quelle [avvenute] alla morte di Sicheo. Dunque, esegue gli ordini. analisi:  novis...sacris: ablativo strumentale.  funera: letteralmente “i funerali” e poi per metonimia “la morte” stessa.  tantos...furores: plurale intensivo spiegabile come allusione alle varie manifestazioni della follia di Didone.  aut: = nec.  graviora...Sychaei: sul piano sintattico l’espressione è ellittica e andrebbe completata così: quam (quae facta erant, oppure quae viderat) morte Sychaei. Morte è ablativo di tempo.  Ergo iussa parat: uno dei 58 versi incompleti (puntelli) dell’Eneide. De Didonis veneficiis vv. 504-521 Viene allestito il rogo, sul quale Didone pone la spada e l'effige di Enea punto viene poi celebrato il rito magico, durante il quale la maga invoca a gran voce le divinità infernali, presagio di morte imminente; nel frattempo la regina, che ha già preso l’irrevocabile decisione, prega gli dèi di aver cura del suo amore infelice. vv. 504-507 At regina, pyra penetrali in sede sub auras erecta ingenti taedis atque ilice secta, intenditque locum sertis et fronde coronat funerea; super exuvias ensemque relictum effigiemque toro locat haud ignara futuri.  pecudes: termine greco che indica tutti gli animali.  lacus...liquidos: letteralmente “i liquidi laghi”; ma lacus designa la distesa d’acqua in generale.  somno: ablativo locativo. vv. 529-532 At non infelix animi Phoenissa, neque umquam solvitur in somnos oculisve aut pectore noctem accipit: ingeminant curae rursusque resurgens saevit amor magnoque irarum fluctuat aestu. traduzione: Ma la fenicia infelice nell’animo non [calmava le pene], mai si abbandona nel sonno o accoglie la notte negli occhi o nel petto: raddoppiano gli affanni e inoltre, risorgendo, l’amore infuria e fluttua in una grande tempesta d’ira. analisi:  At non: sottinteso lenibat curas con aggancio al verso precedente.  animi: genitivo di relazione.  noctemque: indica per metonimia la quiete notturna. vv. 533- 536 Sic adeo insistit secumque ita corde volutat: “En, quid ago? rursusne procos inrisa priores experiar, Nomadumque petam conubia supplex, quos ego sim totiens iam dedignata maritos? traduzione: Quindi appunto persiste e rimugina tali [pensieri] tra sé nel suo cuore: “Allora, che posso fare? Ricorrerò a mia volta ai pretendenti precedenti, dopo essere stata derisa, e chiederò supplice le nozze Nomadi, che io ho già tante volte rifiutato per mariti? analisi:  sic: esprime la conseguenza di quanto detto prima, corrispondendo all’italiano “quindi”, “perciò”.  insistit: sottinteso consilio suo.  volutat: verbo frequentativo di volvo, a esprimere il continuo agitarsi di quei pensieri nell’animo della regina.  quid ago?: l’indicativo in luogo del congiuntivo rivela l’intima convinzione di Didone, cioè quella della irrealizzabilità delle varie ipotesi che sta per prospettare.  rursusne: qui equivale a vicissim.  inrisa: sottinteso da Enea.  sim...dedignata: il congiuntivo dipende dal valore avversativo della relativa impropria. vv. 537-539 Iliacas igitur classis atque ultima Teucrum iussa sequar? quiane auxilio iuvat ante levatos et bene apud memores veteris stat gratia facti? traduzione: Allora seguirò la flotta iliaca e gli infimi ordini dei Teucri? forse perché [a loro] giova essere stati sollevati prima dal mio aiuto e presso [di loro] memori (=riconoscenti) dura la grazia di un antico beneficio? analisi:  Iliacas: di Ilio.  classes: plurale enfatico da classis classis (sost. f. III decl.).  ultima: non in senso temporale, ma riferito alla qualità degli ordini.  bene: da unire a facti (tmesi per benefacti > gen. sing. II decl. n.). vv. 540-542 Quis me autem, fac velle, sinet ratibusve superbis invisam accipiet? nescis heu, perdita, necdum Laomedonteae sentis periuria gentis? traduzione: Poi, ammesso che io voglia, chi me lo permetterà [di seguirli], [chi] accoglierà me odiata, sulle navi superbe? Ahimè, sventurata, tu non sai, non ti accorgi ancora degli spergiuri della stirpe di Laomedonte? analisi:  fac: vale per “ammesso che” e regge l’inf.  me: fa da soggetto sia all’infinitiva retta da sinet (sottinteso sequi), sia a quella nell’inciso fac velle. La confuzione sintattica trova spiegazione nello stato d’animo esagitato della regina.  Laomedonteae...gentis: così viene chiamata per disprezzo la stirpe di Enea, in riferimento a Laomedonte, antico re di Troia. vv. 543-547 Quid tum? sola fuga nautas comitabor ovantis? an Tyriis omnique manu stipata meorum inferar et, quos Sidonia vix urbe revelli, rursus agam pelago et ventis dare vela iubebo? quin morere ut merita es, ferroque averte dolorem. traduzione: Poi che [farò]? Da sola accompagnerò i marinai gioiosi in esilio? Oppure mi muoverò circondata dai Tirii e da tutta la schiera dei miei e [quelli] che strappai a stento dalla città Sidonia, [li] condurrò di nuovo in mare e ordinerò di dare le vele ai venti? Muori piuttosto, come ti sei meritata, e metti fine al dolore con la spada. analisi:  quid tum?: sottinteso faciam.  ovantis: = ovantes.  Tyriis...manu: dipendono entrambi da stipata e formano un’endiadi, perché il concetto espresso è unico: “tutta la folla dei miei Tirii”.  inferar: ha valore medievale di “mi porterò”, quindi equivale a ibo.  pelago: termine di origine greca, ablativo di luogo.  quin: ha valore confermativo del seguente imperativo morere.  ferroque: metonimia per “spada”. vv. 548-551 Tu lacrimis evicta meis, tu prima furentem his, germana, malis oneras atque obicis hosti. Non licuit thalami expertem sine crimine vitam degere more ferae, talis nec tangere curas; traduzione: Tu, sorella, commossa dalle mie lacrime, tu per prima opprimi me furente con queste sciagure e mi abbandoni ai nemici. Non mi è stato permesso trascorrere la [mia] vita, senza colpa, priva di nozze come una bestia selvaggia, né di sottrarre tali affanni; analisi:  more ferae: letteralmente “come una bestia selvaggia”, ma è preferibile intenderlo come “in modo innocente”.  thalami: propriamente “la camera nuziale”, ma qui per metonimia si intende il matrimonio legittimo.  talis: = tales. vv. 552-553 Non servata fides cineri promissa Sychaeo.” Tantos illa suo rumpebat pectore questus. traduzione: La fedeltà promessa alle ceneri di Sicheo non è stata mantenuta.” Lei emetteva lamenti tanto forti dal suo petto (questus?) analisi:  servata: sottintesto est.  Sychaeo: aggettivo concordato con cineri  tantos: indica l’intensità, non la quantità. De subito Aeneae discessu vv. 554- 583 La scena si sposta sulla spiaggia di Cartagine. A Enea, che sta dormendo a bordo della sua nave, appare in sogno Mercurio, che lo avvisa del pericolo: se ancora indugia in quei luoghi, potrebbe incorrere nella vendetta di Didone che, furiosa per l'imminente abbandono, medita contro di lui inganni e violenze. L'eroe Troiano, destatosi, lancia immediatamente l'allarme e con la spada taglia gli ormeggi. I Troiani con grande ardore si mettono a remi e così l'intera flotta prende il mare. vv. 554-555 Aeneas celsa in puppi iam certus eundi carpebat somnos rebus iam rite paratis. traduzione: Enea sull’alta poppa già deciso a partire, stava dormendo dopo che le cose erano già state preparate a dovere. analisi:  certus eundi: costruzione poetica, affine a quella dell’infinito.  carpebat somnos: lett. “addormentarsi”.  rebus...paratis: ablativo assoluto (+ allitterazione r) vv. 556-559 Huic se forma dei vultu redeuntis eodem obtulit in somnis rursusque ita visa monere est, omnia Mercurio similis, vocemque coloremque et crinis flavos et membra decora iuventa: Adsis o placidusque iuves et sidera caelo dextra feras.” Dixit vaginaque eripit ensem fulmineum strictoque ferit retinacula ferro. traduzione: Assistici e aiutaci, o benigno, e porta le stelle favorevoli nel cielo.” Parlò [così] ed estrasse la spada fulminea dal fodero e, dopo che il ferro fu impugnato, taglia gli ormeggi. analisi:  adsis...iuves...feras: tricolon con congiuntivi esortativi più adatti degli imperativi a una supplica come questa.  caelo: dativo poetico di moto a luogo.  dixit...eripit:il passaggio da perfetto a presente visualizza la rapidità delle azioni.  fulmineum: epiteto esornativo.  strictoque...ferro: ablativo assoluto. Ferro designa la spada per metonimia. vv. 581-583 Idem omnis simul ardor habet, rapiuntque ruuntque; litora deseruere, latet sub classibus aequor, adnixi torquent spumas et caerula verrunt. traduzione: Il medesimo entusiasmo prende tutti insieme, si affrettano e fuggono; lasciano già la spiaggia, l’acqua si cela sotto le navi, si sforza, le spume volteggiano e spazzano [il mare] ceruleo. (perché? non mi trovo con cerula e adnixi) analisi:  omnis: = omnes.  rapiuntque ruuntque: allitterazione e omeoteleuto creano un effetto fonosimbolico.  deseruere: (= deseruerunt) perfetto logico che visualizza la rapidità dell’azione descritta, in italiano questa sfumatura può essere espressa con l’aggiunta dell’avverbio “già”.  torquent: nel verbo c’è allusione al movimento circolare che l’acqua sembra descrivere attorno ai remi.  caerula verrunt: lett. “spazzano” la superficie marina. Caerula è aggettivo sostantivo neutro plurale. De Didonis imprecatione vv. 584-629 Didone vede la spiaggia vuota e le navi troiane allontanarsi sulla distesa del mare. presa da un violento eccesso di ira quella vista, si sfoga lanciando contro il Troiano una terribile maledizione, che coinvolgerà anche la sua stirpe per tutti i secoli futuri. mai vi sarà pace fra i cartaginesi discendenti di Enea, sempre divisi da un odio eterno. vv. 584-585 Et iam prima novo spargebat lumine terras Tithoni croceum linquens Aurora cubile. traduzione: E già la prima Aurora, lasciando il letto del colore del croco (=dorato) di Titone, spargeva le terre con luce nuova. analisi:  terras: plurale intensivo.  croceum: lett. “del colore del croco” cioè dello zafferano, tra il giallo e l’arancione.  cubile: accusativo neutro singolare III decl. cubile cubilis. vv. 586-591 Regina e speculis ut primam albescere lucem vidit et aequatis classem procedere velis, litoraque et vacuos sensit sine remige portus, terque quaterque manu pectus percussa decorum flaventisque abscissa comas “Pro Iuppiter! ibit hic,” ait “et nostris inluserit advena regnis? traduzione: La regina non appena dalla rocca vide albeggiare la [prima] luce e la flotta procedere con vele spianate, e [non appena] vide (= si accorse che) la spiaggia e il porto vuoti senza marinai, percuotendosi per tre e quattro volte il bel petto con la mano e strappandosi i biondi capelli, disse: “Per Giove! Questo se ne andrà e lo straniero si sarà preso gioco del nostro regno? analisi:  albescere: verbo incoativo che indica l’inizio di un’azione o la gradualità del suo svolgersi: viene così ben resa l’idea del progressivo illuminarsi del cielo all’alba.  sine remige: singolare collettivo.  pectus...comas: accusativi di relazione.  percussa...abscissa: costruzione tipicamente poetica: questi participi hanno in realtà valore mediale e corrispondo a participi presenti attivi, il cui uso sarebbe stato preferito in prosa.  flaventisque: = flaventesque.  hic...advena: l’uso dell’aggettivo deittico e di questo sostantivo generico denotano, da parte di Didone, un tono di profondo disprezzo.  nostris...regnis: espressione enfatica, detta per accrescere la gravità dell’azione di Enea.  inluserit: il futuro anteriore implica che l’azione espressa dal verbo è ritenuta un fatto già compiuto. vv. 592- 594 Non arma expedient totaque ex urbe sequentur, diripientque rates alii navalibus? ite, ferte citi flammas, date tela, impellite remos! traduzione: Non prepareranno le armi, non lo seguiranno per tutta la città e altri non strapperanno le navi dagli arsenali? Andate, portate veloci le fiamme, distribuite le armi, spingete i remi! analisi:  arma: accusativo plurale neutro II decl. arma armorum (= pluralia tantum)  expedient: ha come soggetto un sottinteso alii (= i Cartaginesi) correlato a quello del verso successivo.  navalibus:  citi: attributo del soggetto part. perf. di cieo (composto di eo) vv. 595-597 Quid loquor? aut ubi sum? quae mentem insania mutat? infelix Dido, nunc te facta impia tangunt? tum decuit, cum sceptra dabas. En dextra fidesque! traduzione: Cosa dico? O dove sono? Quale follia muta la mente? O Didone infelice, ora le azioni empie ti toccano (=ora ti penti delle tue empie azioni?)? Allora sarebbe stato bene [farlo] quando gli davi lo scettro. Ecco la destra e la lealtà! analisi:  facta impia tangunt: Didone allude alle proprie azioni empie, quali l’aver mancato alla promessa di fedeltà fatta a Sicheo e l'aver ceduto alle lusinghe di uno sconosciuto; di ciò adesso si rammarica, come risulta dal verso seguente virgola e pare perciò corretto tradurre tangunt con “ti penti” (letteralmente “ora le azioni empie ti toccano”).  dextra fidesque: endiadi; i due termini esprimono un unico concetto, cioè la promessa di lealtà fatta dagli sposi con l'unione delle mani destre. Si conferma così, ancora adesso, che Didone intende la sua unione con Enea come vero e proprio vincolo coniugale. vv. 598-602 Quem secum patrios aiunt portasse penatis, quem subiisse umeris confectum aetate parentem! Non potui abreptum divellere corpus et undis spargere, non socios, non ipsum absumere ferro Ascanium patriisque epulandum ponere mensis? traduzione: [Ecco colui] che dicono abbia portato con sé i patri penati, [ecco colui] che [dicono] abbia portato con sé i penati patri, [colui] che [dicono] abbia portato sulle spalle il padre consumato dall’età! Non avrei forse potuto strappare il suo corpo, dopo averlo rapito e gettarlo tra le onde, non [avrei potuto] forse sopprimere i compagni e lo stesso Ascanio con la spada e porlo alle mense del padre per mangiarlo? analisi:  quem: = en ille quem (nesso relativo in accusativo perché dipendente da aiunt).  portasse: forma sincopata di portavisse.  penatis: = penates.  subiisse: infinito perfetto di subeo (composto di eo).  non: = nonne.  potui: il latino usa di norma l’indicativo nelle espressioni che indicano possibilità, dovere, necessità, ove l’italiano preferisce il condizionale.  abreptum: participio congiunto concordato con corpus che può essere reso in italiano con costruzione paratattica, come se fosse abripere et divellere.  undis: dativo poetico di moto a luogo, equivale a in undas.  ferro: ablativo strumentale consueta metonimia che designa le armi.  epulandum: gerundivo con valore finale. vv. 603-606 Verum anceps pugnae fuerat fortuna. Fuisset: quem metui moritura? faces in castra tulissem implessemque foros flammis natumque patremque cum genere extinxem, memet super ipsa dedissem. traduzione: Sorgi [tu] o vendicatore dalle mie ossa, qual che tu sia, e perseguita con ferro e fuoco i coloni Dardani, ora, un tempo e in qualunque tempo si offriranno le forze. Invoco le coste avverse alle coste, onde avverse ai flutti, armi avverse alle armi: combattano loro stessi e i [loro] discendenti. analisi:  exoriare...sequare: l’apostrofe allo sconosciuto vendicatore è condotta in tono di preghiera più che di comando, come rivela l’utilizzo dei congiuntivi esortativi, qui con desinenza arcaica -re in luogo di -ris (=exortaris...sequaris).  ex ossibus: = ex cineris.  ultor: può essere sia vocativo che predicativo del soggetto, ma dato il tono del passo, è meglio intenderlo come vocativo.  face...ferroque: espressione stereotipata per indicare la guerra, con l’uso metonimico del termine face in luogo del più comune igni.  nunc, olim, quocumque: suggestivo tricolon che conferisce all’enunciato un’idea di completezza: la vendetta di Didone potrà realizzarsi in qualsiasi momento, non in un tempo stabilito.  litora litoribus: poliptoto.  contraria: anche per gli altri due membri del tricolon (undas...arma) dobbiamo sottindere l’aggettivo contrarius.  arma armis: poliptoto.  ipsique nepotesque: i due popoli attuali e loro discendenti futuri. De Didonis interitu vv. 630-671 vv. 630-641 Ora Didone e desiderosa di terminare al più presto una vita diventata per lei intollerabile; così, per poter restare sola, allontana la vecchia nutrice di Sicheo, mandandola a dire alla sorella Anna di venire solo dopo aver concluso la preparazione del sacrificio. vv. 630-633 Haec ait, et partis animum versabat in omnis, invisam quaerens quam primum abrumpere lucem. Tum breviter Barcen nutricem adfata Sychaei, namque suam patria antiqua cinis ater habebat: traduzione: Disse questo, e volgeva l’animo da ogni parte, mentre cercava di eliminare quanto prima l’odiata luce. Allora brevemente si rivolse a Barce, nutrice di Sicheo, e la sua infatti, una nera urna la teneva nella patria antica: analisi:  adfata: sottinteso est; indicativo perfetto di adfor.  suam: = la nutrice di Didone, per designare la quale ci attenderemmo eius.  patria antiqua: ablativo di luogo.  cinis: propriamente la cenere, ma è metonimia per indicare l’urna funeraria. La nutrice di Didone, pertanto, era morta ed era stata sepolta a Tiro. vv. 634-637 “Annam, cara mihi nutrix, huc siste sororem: dic corpus properet fluviali spargere lympha, et pecudes secum et monstrata piacula ducat. Sic veniat, tuque ipsa pia tege tempora vitta. traduzione: Cara nutrice, fai venire qui mia sorella Anna: dille che si affretti a spargere il [suo] corpo con l’acqua corrente (=di fiume), e [dille] che porti con sé le vittime e le prescritte offerte espiatorie. Venga così, e tu stessa fascia le tempie con la sacra benda. analisi:  mihi: dativo etico da collegare a siste.  dic...properet: sottinteso ei ut.  monstrata: sottinteso a sacerdote.  pia...vitta: nell’eseguire un sacrificio il sacerdote usava porsi attorno alle tempie una benda rituale. vv. 638-641 Sacra Iovi Stygio, quae rite incepta paravi, perficerest animus finemque imponere curis Dardaniique rogum capitis permittere flammae.” Sic ait. Illa gradum studio celebrabat anili. traduzione: Ho in mente di compiere i sacrifici a Giove Stigio, che ho preparato e avviato secondo il rito, di porre fine agli affanni e di affidare il rogo alla fiamma della testa dardania.” Così disse. Quella affrettava il passo con la fretta dei vecchi. analisi:  Iovi Stigio: perifrasi per indicare Plutone.  incepta paravi: = paravi et incepi.  perficerest: = perficere est (aferesi). vv. 642-671 Didone si getta sulla spada di Enea. grida di dolore e di sgomento si levano nel Palazzo Reale, quasi come se l'intera città crollasse o bruciasse per un assalto nemico. vv. 642-647 At trepida et coeptis immanibus effera Dido sanguineam volvens aciem, maculisque trementis interfusa genas et pallida morte futura, interiora domus inrumpit limina et altos conscendit furibunda gradus ensemque recludit Dardanium, non hos quaesitum munus in usus. traduzione: Ma Didone tremante e agitata per i suoi atroci propositi, roteando gli occhi iniettati di sangue, chiazzata di macchie nelle guance tremanti e pallida per la morte imminente, irrompe nelle soglie più interne della casa, furibonda sale gli alti gradini, sguaina la spada dardania, dono non richiesto per questo uso. analisi:  At: formula di passaggio a una nuova sezione narrativa, ma conserva anche il valore avversativo nel contrapporre l’ingenua calma della vecchia nutrice alla furia incontenibile che agita la regina.  volvens...pallida: la descrizione di Didone è resa con un efficace tricolon che rappresenta con equilibrio i tratti essenziali del volto: gli occhi sanguigni, le chiazze tipiche della tensione nervosa, il pallore mortale. Vi è anche una variatio tra i due participi (volvens...interfusa) e l’aggettivo pallida.  aciem: sottinteso oculorum, propriamente “pupilla” (metafora).  trementis (=trementes)...genas: accusativo di relazione dipendente da interfusa.  morte futura: ablativo di causa. vv. 648-650 Hic, postquam Iliacas vestis notumque cubile conspexit, paulum lacrimis et mente morata incubuitque toro dixitque novissima verba: traduzione: Qui, dopo che vide le vesti iliache e il letto conosciuto, dopo che ebbe indugiato con le lacrime e con la mente, si gettò sul letto e disse le ultime parole: analisi:  Hic: può avere tanto valore locale (“qui”), quanto temporale (“allora”).  Iliacas veste: certamente donatele da Enea.  lacrimis...morata: nell’espressione è ravvisabile un hysteron proteronperchè il pensiero e il ricordo precedono logicamente lo sgorgare delle lacrime. Il termine mente è metonimico.  novissima: = extrema. vv. 651-654 “Dulces exuviae, dum fata deusque sinebat, accipite hanc animam meque his exsolvite curis. Vixi et quem dederat cursum Fortuna peregi, et nunc magna mei sub terras ibit imago. traduzione: “O spoglie dolci, finchè i fati e un dio lo permettevano, accogliete quest’anima e liberatemi da questi affanni. Ho vissuto e ho compito il cammino che la Fortuna mi aveva dato, e ora l’immagine gloriosa di me andrà sottoterra. analisi:  fata deusque: è un concetto unico, quasi un’endiadi, giacchè la volontà del fato ha coinciso con gli ordini di Giove.  vixi: ha valore enfatico, nel senso di “ho vissuto una vita completa” come confermano le parole seguenti.  magna: ha valore predicativo.  sub terras: plurale intensivo. vv. 655-658 Urbem praeclaram statui, mea moenia vidi, ulta virum poenas inimico a fratre recepi: felix, heu nimium felix, si litora tantum numquam Dardaniae tetigissent nostra carinae.”  ora...pectore: plurale greco e romano.  per medios: sottinteso Carthaginienses. L’espressione è generica, altrimenti avremmo dovuto trovare il femminile, visto che Didone è circondata soprattutto da ancelle. vv. 675-679 “Hoc illud, germana, fuit? me fraude petebas? hoc rogus iste mihi, hoc ignes araeque parabant? quid primum deserta querar? comitemne sororem sprevisti moriens? eadem me ad fata vocasses, idem ambas ferro dolor atque eadem hora tulisset. traduzione: “Questo era quello [che volevi fare], sorella? Proprio me attaccavi con l’inganno? Questo mi preparava codesto rogo, questo i fuochi e gli altari? Di cosa dovrei lamentarmi per prima ormai abbandonata [da te]? Con la morte hai disprezzato tua sorella come compagna? Mi avessi chiamata ad uno stesso destino, uno stesso dolore e uno stesso momento avrebbero portato via entrambe con la stessa spada. analisi:  deserta: sott. a te, participio perfetto con funzione attributiva rispetto al soggetto di desero deseris deserui desertum deserĕre.  querar: congiuntivo dubitativo.  comitemne: predicativo rispetto a sororem.  moriens: participio presente con senso strumentale (“con la morte” ossia “scegliendo di morire”) di morior morĕris mortuus sum mori.  eadem...eadem: anafora e poliptoto.  vocasses: = vocavisses. È congiuntivo ottativo (= uno dei congiuntivi volitivi insieme a quello esortativo e concessivo, che esprime un augurio per il futuro o un rimpianto per il passato).  idem: da riferire a dolor.  ferro: ablativo strumentale.  tulisset: abstulisset. È congiuntivo irreale, che costituisce in un certo senso l’apodosi di periodo ipotetico, la cui protasi è costituita dal precedente vocasses. vv. 680-687 His etiam struxi manibus patriosque vocavi voce deos, sic te ut posita, crudelis, abessem? Exstinxti te meque, soror, populumque patresque Sidonios urbemque tuam. Date, vulnera lymphis abluam et, extremus si quis super halitus errat, ore legam.” Sic fata gradus evaserat altos, semianimemque sinu germanam amplexa fovebat cum gemitu atque atros siccabat veste cruores. traduzione: Ho anche costruito [il rogo] con queste mani e ho chiamato a gran voce gli dai patri, affinchè io crudele fossi allontanata da te che giacevi così? Hai annientato te e me, sorella, il popolo, i padri Sidoni e la tua città. Lasciate che io lavi le [sue] ferite con acqua pura e, se aleggia ancora un qualche ultimo respiro [in lei], che lo raccolga con la bocca.” Così detto aveva salito gli alti gradini e, abbracciandola, riscaldava al seno la sorella moribonda con un gemito e con la veste asciugava il nero sangue. analisi:  struxi: sottinteso pyram.  vocavi voce: figura etimologica propria delle antiche formule del rituale sacro, alla cui solennità Virgilio allude.  sic: va con te...posita, ablativo di separazione dipendente da abessem.  crudelis: è predicativo del soggetto sottinteso ego.  ut: ha valore finale, più che consecutivo.  exstinxti: forma sincopata di exstinxisti da extinguo extinguis exstinxi exstinctum exstinguĕre.  Date: = sinite, che regge direttamente i congiuntivi abluam e legam.  volnera: = vulnera.  lympis: grecismo.  super: avverbio nel senso di “ancora”.  errat: letteralmente “aleggia”. vv. 688- 692 Illa gravis oculos conata attollere rursus deficit; infixum stridit sub pectore volnus. Ter sese attollens cubitoque adnixa levavit, ter revoluta torost oculisque errantibus alto quaesivit caelo lucem ingemuitque reperta. traduzione: Lei, dopo aver tentato di sollevare gli occhi pesanti, di nuovo venne a mancare; profonda sibila la ferita sotto il petto. Per tre volte, levandosi dopo essersi poggiata sul gomito, si alzò, per tre volte ricadde sul letto e cercò con gli occhi erranti la luce nell’alto cielo e gemette una volta trovata. analisi:  Illa: Didone.  gravis: = graves.  stridit: sintatticamente ha per soggetto volnus, ma è logicamente riferito al respiro della regina.  levavit: ha per soggetto sese collegato anche ad attollens.  torost: aferesi per toro est. Toro è dativo di moto.  reperta: sottinteso luce, ablativo assoluto. vv. 693-705 Giunone, impietosita dalla lunga agonia di Didone, manda Iride ah staccarle il capello fatale che la tiene ancora in vita. vv. 693-695 Tum Iuno omnipotens longum miserata dolorem difficilisque obitus Irim demisit Olympo quae luctantem animam nexosque resolveret artus. traduzione: Allora Giunone onnipotente, commiserato il lungo dolore e la morte difficile, mandò dall’Olimpo Iride, affinchè sciogliesse l’anima in lotta e le membra [ad essa] legate. analisi:  difficilisque (=difficilesque) obitus: plurale intensivo che si riferisce ai vari momenti della lunga agonia di Didone.  quae...resolveret: relativa impropria con valore finale.  lunctatem: participio presente di lucto luctas luctatus luctare  nexosque: participio presente di necto nectis nexi nexus nectĕre. vv. 696-699 Nam quia nec fato merita nec morte peribat, sed misera ante diem subitoque accensa furore, nondum illi flavum Proserpina vertice crinem abstulerat Stygioque caput damnaverat Orco. traduzione: Infatti, poiché non moriva né per destino, né di morte [meritata], ma [moriva] tragicamente, prima del giorno stabilito, infiammata da un’improvvisa follia, Proserpina non aveva ancora strappato dalla testa il biondo capello, né aveva condannato la sua testa all’Orco stigio. analisi:  fato: per volontà del destino”, cioè di morte naturale.  peribat: sottinteso Dido.  misera: aggettivo con valore di avverbio.  ante diem: così Didone aveva augurato la morte a Enea.  caput: designa l’intera persona. vv. 700-705 Ergo Iris croceis per caelum roscida pennis mille trahens varios adverso sole colores devolat et supra caput adstitit: “Hunc ego Diti sacrum iussa fero teque isto corpore solvo.” Sic ait et dextra crinem secat, omnis et una dilapsus calor atque in ventos vita recessit. traduzione: Dunque Iride rugiadosa con le ali del colore del croco (=dorate), trascinando con sé per il cielo mille vari colori contro il sole (=per il riflesso del sole), volò dall’alto e [le] si fermò sul capo: “Questo io consacro e porto a Dite, secondo gli ordini ricevuti e ti libero da questo corpo.” Così dice e con la destra taglia il capello, e nello stesso tempo tutto il calore si dissolse e la vita si dileguò tra i venti. analisi:  croceis: letteralmente “del colore del croco” cioè zafferano, quindi dorato.  adverso sole: ablativo di causa in dipendenza da varios (“colori che variano a causa del riflesso del sole”).  devolat: il presente rende il movimento del volo nel suo svolgersi, mentre il perfetto adstitit trasmette l’idea di un fatto compiuto e ormai fisso nel tempo e nello spazio.  Hunc: sottinteso crinem.  Diti: nome romano di Plutone.  sacrum...fero: letteralmente “porto dopo che è stato consacrato”.  iussa: sottinteso a Iunone.  omnis et: anastrofe.  dilapsus: sottinteso est.