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Unione europea riassunto, Appunti di Diritto Romano

riassunto unione europea prof. varvaro

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 18/12/2019

Ambrafazioo1
Ambrafazioo1 🇮🇹

4

(8)

24 documenti

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Scarica Unione europea riassunto e più Appunti in PDF di Diritto Romano solo su Docsity! RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno INTRODUZIONE LE ORIGINI E LO SVILUPPO DEL PROCESSO D’INTEGRAZIONE EUROPEA 1. Imetodi di integrazione: cooperazione intergovernativa e metodo comunitario L’ideale di un continente europeo non più diviso in Stati in lotta tra loro si afferma sin dal XX secolo e si realizza concretamente solo alla fine della Seconda Guerra mondiale. Mentre l’Europa orientale dà vita a forme di aggregazione militare (Patto di Varsavia) ed economica (Comecon) L’integrazione dell'Europa occidentale segue due metodi: Cooperazione intergovernativa, metodo tradizionale: Gli Stati cooperano tra loro come soggetti sovrani, creando apposite strutture a tal fine. Le caratteristiche: - Prevalenza di organi di Stati: negli organi principali dell’organizzazione siedono persone che rappresentano lo Stato di appartenenza e seguono le direttive loro impartite; - Prevalenza del principio di unanimità: in tal modo ciascuno Stato ha potere di opporsi alle deliberazioni (diritto di veto); - Assenza o Rarità di decisioni vincolanti: le deliberazioni dell’organizzazione hanno di regola natura di raccomandazioni. Gli Stati europei seguono il metodo della cooperazioni in alcuni importanti settori: nella cooperazioni militare (due organizzazioni militari: UEO -unione dell’Europa occidentale- e la NATO -—organizzazione del trattato del nord atlantico-); nel settore dell’integrazione economica (OECE - organizzazione europea per la Cooperazione Economica-); nel settore della cooperazione politica, culturale e sociale (Consiglio d’ Europa, con poteri assai ampi e con organo principale il Comitato dei ministri. Il suo principale strumento di azione è predisporre e favorire la conclusione di convenzioni internazionali tra Stati. La convenzione più rilevante conclusa nell’ambito del Consiglio d'Europa è la CEDU —convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali). Metodo comunitario, più innovativo: la dimensione sovranazionale: nasce dalla necessità di superare il principio dell’ unanimità e di attribuire alle organizzazioni maggiore autonomia. “Metodo comunitario” -> dalla denominazione delle tre Comunità europee nelle quali trova applicazione per la prima volta. Le caratteristiche: - Prevalenza di organi di individui: le persone che siedono nelle organizzazioni principali rappresentano se stesse, non lo Stato di appartenenza, e portano avanti quindi proprie opinioni e scelte, che compiono in maniera indipendente (indipendenza sancita nei Trattati, con clausole, vietando agli Stati M. di impartire loro direttive, e la decadenza di chi viene meno all’obbligo di indipendenza); - Prevalenza del principio maggioritario: gli Stati membri contrari ad una delibera che si trovano in minoranza sono vincolati dalle deliberazioni dell’istituzione; - Potere di adottare atti vincolanti: creano a carico degli Stati membri obblighi aggiuntivi rispetto a quelli che gli Stati stessi hanno assunto concludendo i Trattati istitutivi; => RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno - => Sistema di controllo giurisdizionale di legittimità degli atti delle istituzioni: proprio perché possono adottare atti vincolanti è necessario che un organo giurisdizionale della stessa organizzazione possa sindacare la legittimità di tali atti. 2. Le tre Comunità: CECA, CEE, CEEA. La nascita del metodo comunitario si fa risalire al 9 maggio 1950(oggi c.d. “giornata dell'Europa”) con la Dichiarazione di Schuman, resa dal ministro degli esteri francese Robert Schuman, che espresse l’esigenza di creare qualcosa di diverso e in più di un semplice accordo: “I! contributo che un'Europa organizzata e vitale può apportare alla civiltà è indispensabile per il mantenimento di relazioni pacifiche”, ma che “L'Europa non potrà farsi un una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”. È la c.d. Europa dei piccoli passi. Come PRIMA TAPPA di questo processo di avvicinamento per una “federazione europea”, il Governo francese propone di mettere insieme la produzione francese e tedesca (per superare le loro rivalità e conflitti ed evitare un segreto riarmo ostile) di carbone e di acciaio (settore carbo- siderurgico) sotto una comune Alta Autorità, nel quadro di un’organizzazione cui possono aderire anche altri paesi. La proposta fu accolta da 6 Stati: Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi e Italia (che vede nel progetto franco tedesco l’occasione di reinserirsi nel gioco degli affari europei ed internazionali). Sorge così la “Piccola Europa”, dando vita alla CECA, la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, istituita col Trattato di Parigi del 12 Aprile 1951. Nasce quindi con l’impulso della Dichiarazione di Schuman. Stranamente, la CECA presenta profili di sovranazionalità più marcati delle successive CEE ed EURATOM, e ciò perché la CECA ha dei fini specifici => è più facile da parte degli Stati rinunciare alla sovranità statale in questo caso. La CECA. La disciplina settoriale: la CECA prevede l’istituzione di un mercato comune del carbone e dell’acciaio, comprendente una zona di libero scambio tra gli Stati membri, il divieto di discriminazioni tra produttori, acquirenti e consumatori, il divieto di sovvenzioni e di aiuti statali alle imprese e il divieto di pratiche restrittive della concorrenza. Le istituzioni: la CECA si basa su quattro istituzioni: - Il perno è l’Alta Autorità: organo di individui, composto da 9 persone nominate dai governi degli Stati membri, i quali devono agire in modo indipendente. È incaricata del funzionamento dell’organizzazione, emanerà pareri, decisioni e raccomandazioni, questi due con effetti vincolanti ed esecutive per i paesi che aderiscono. Sono assicurati i mezzi ri per fare ricorso contro i suoi atti. Gli atti possono essere rivolti o agli Stati membri o alle imprese del settore carbo-siderurgico: ciò spiega l’uso del termine “ente sovranazionale” per definire la CECA-> ente detentore di poteri di governo non riconducibili agli Stati nazionali, poteri esercitabili all’interno del territorio nazionale e nei confronti di soggetti che vi operano. - Il Consiglio speciale dei Ministri: composto da 1 rappresentante del governo di ogni Stato membro, ha funzioni consultive rispetto all’ Alta Autorità. Ha funzione di collegamento tra nece: RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno materia di cui si occupano di volta in volta ricada nel campo di applicazione dell’uno o dell’altro Trattato). La seconda tappa Trattato di Bruxelles, 8 aprile 1965, che istituisce un Consiglio e una Commissione unici delle Comunità europee. Anche qui, i nuovi organi unici gestiscono i poteri diversamente seconda delle differenti disciplina dei diversi trattati. La terza tappa Si è realizzata con la scadenza del Trattato CECA, il 23 luglio 2002: gli Stati membri non lo rinnovano => il settore carbo-siderurgico ormai rientra nel campo di applicazione del mercato comune generale del TCE (quindi nella CEE, ormai diventata CE dal ‘92). Infine, è col T. di Lisbona che conclude l’esperienza comunitaria: la Comunità Europea-CE cessa di esistere come ente autonomo e viene incorporata nell'Unione Europea (artl1 TUE-> “l'Unione sostituisce e succede alla Comunità europea”). Perciò, il TCE cambia titolo e diviene il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). La CEEA-Euratom sopravvive come ente autonomo. 4. Deficit democratico e la sua riduzione Uno dei problemi che la struttura istituzionale presenta ancora oggi è il c.d. deficit democratico. Il principio democratico fa parte dei valori su cui è fondata 1’ Unione. Il problema del deficit democratico: In origine, la struttura istituzionale pensata non sembrava rispettare il principio della democrazia parlamentare o rappresentativa: l’istituzione dotata di maggiori poteri —soprattutto di emanare atti normativi - era il Consiglio, composto dai rappresentanti dei Governi degli Stati membri: viene rappresentato il potere esecutivo degli Stati membri -> rappresentanti degli esecutivi disponevano, collegialmente, a livello comunitario, di poteri che avrebbero dovuto essere prerogativa di un organo parlamentare. Il deficit non veniva compensato dall’ Assemblea parlamentare (“Parlamento europeo” dal 1986, con L’atto unico europeo), che nasceva con funzioni meramente consultive. Ma la soluzione fu semplice e naturale: sarebbe bastato ampliare i poteri del Parlamento europeo per controbilanciare quelli del Consiglio -> il sistema si sarebbe avvicinato ad una configurazione Bicamerale (Consiglio, rappresentanti degli stati + Parlamento, rappresentanti eletti dal popolo). Il carattere bicamerale è necessario per tenere conto della duplice fonte di legittimazione su cui si fonda l’Europa: la volontà dei cittadini (espressa con l’elezione a suffragio universale diretto dei membri del Parlamento europeo) e la volontà degli Stati membri (rappresentanti dei rispettivi governi nel Consiglio) [Il T. di Lisbona ribadisce la doppia legittimazione all’art 10 del TUE, par.1 e 2]. Le tappe dell’ampliamento dei poteri del Parlamento: - Inizi anni ’70, vengono firmati i c.d. “Trattati di bilancio”, a Lussemburgo e a Bruxelles: attribuiscono al Parlamento europeo ampi poteri in merito all’approvazione del bilancio unificato delle tre Comunità: bilancio adottato congiuntamente da Consiglio e Parlamento. - 1976: si dà attuazione ad una norma del TCE: da elezione indiretta si passa a suffragio universale diretto per l’elezione dei membri del Parlamento europeo => grande prestigio, RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno legittimazione democratica elevatissima. In origine i membri erano designati da ciascun Parlamento nazionale tra i propri componenti. Si giunge alla firma dell’ Atto Unico Europeo (AUE)**, tra il 17 e il 28 febbraio 1986: aumentano i poteri del Parlamento->due novità: a) procedura di parere conforme, che impedisce al Consiglio di approvare determinati atti senza l’approvazione parlamentare; b) procedura di cooperazione, offre al Parlamento europeo maggiori opportunità per influire sulle deliberazioni del Consiglio, essendo questo costretto in alcuni casi a ricorrere all’unanimità per superare opposizione parlamentare. Il 7 febbraio 1992 firmato a Maastricht il TUE, che aggiunge una procedura decisionale: la procedura di codecisione: si realizza sostanzialmente un sistema bicamerale. Il 2 ottobre 1997 firmato Il Trattato di Amsterdam: estende il campo d'applicazione della procedura di codecisione e la rende più rapida ed efficacie. Trattato di Lisbona: ulteriori rafforzamenti del Parlamento. Applicazione della procedura di codecisione viene estesa e viene rinominata “procedura legislativa ordinaria”. Inoltre, i parlamenti nazionali sono chiamati a svolgere un ruolo di controllo e di opposizione per l’applicazione dei principi si sussidiarietà e proporzionalità. Il deficit democratico è un problema non ancora risolto: per alcune materie, anche dopo il T. di Lisbona, il Parlamento eu mantiene funzioni solo consultive, ancora di più nel settore PESC. #*Atto Unico Europeo, febbraio 1986: è il primo atto comunitario dal quale emerge espressamente un'integrazione politica (prima era solo implicita) che si affianca all'integrazione economica. Fu elaborato per andare incontro a due necessità improrogabili: completare la costruzione del mercato interno, ormai al palo dopo le crisi economiche degli anni Settanta, e avviare un primo embrione di Unione politica. Sul piano economico: comincia a farsi strada l’idea di un “mercato interno”, più che un mercato comune: il mercato “interno” ha proprio politiche comuni che garantiscono al meglio la realizzazione della libera circolazione di servizi, persone, merci, capitali... Sul piano delle competenze materiali: ampliamento delle competenze della comunità europea (ambiente, ricerca scientifica, ambiente di lavoro, ...) Sul piano politico istituzionale: aumento dei poteri del Parlamento eu (procedura di cooperazione & parere conforme); si afferma il principio della maggioranza qualificata all’interno del Consiglio, invece dell’unanimità; per la prima volta viene formalizzato il Consiglio europeo, formato da Capi di Stato o di Governo (il consiglio eu si riuniva già dal 1974); riconoscimento di una cooperazione sul piano della politica estera —CPE, cooperazione politica estera-: è il primo nucleo di ciò che sarà la PESC del Trattato di Maastricht, ossia il 2° pilastro dell’Unione europea. 5. La riemersione della dimensione intergovernativa L'ampliamento del campo di applicazione dell’integrazione europea non è sempre avvenuto seguendo il disegno originale delle Comunità, ma si è assistito ad un recupero di forme di cooperazione più cle che, nelle quali i singoli Stati membri detengono poteri interdittivi più consoni alla cooperazione intergovernativa che a quella del metodo comunitario. RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA 5.1. Prof Armanno Un primo segnale in questo senso è stata l’introduzione del Consiglio europeo con l’A.U.E., quale ulteriore organo rappresentativo degli Stati membri, accanto e al di sopra del Consiglio, quale suprema istanza politica incaricata di dare l’impulso necessario allo sviluppo dell’integrazione europea e di definirne gli orientamenti politici generali (nasce dalle difficoltà incontrate dal Consiglio nel risolvere questioni di grande rilevanza politica). Ciò avviene inizialmente in via di prassi, senza che il Consiglio europeo sia previsto dai Trattati istitutivi, successivamente nei trattati vengono inserite clausole che ne definiscono composizione e funzioni, fino al T. di Lisbona, nel quale figura come istituzione dell’Unione. Composizione: capi di Stato e di Governo degli Stati membri, che hanno il potere deliberativo. È evidente il carattere spiccatamente intergovernativo della cooperazione messa in atto. Altro esempio della riemersione della dimensione intergovernativa riguarda le deliberazioni del Consiglio e le votazioni a maggioranza qualificata: il principio maggioritario, introdotto dall’A.U.E., pur non essendo mai stato rinnegato, ha subito nel tempo dei ridimensionamenti e cautele a favore degli Stati messi in minoranza. [Nonostante l’ampliamento dei poteri del Parlamento Europeo, è sempre esistita una tendenza al metodo tradizionale. E’ sufficiente pensare alla nascita del CONSIGLIO EUROPEO nel 1961, nato per ovviare alle mancanze del Consiglio delle Comunità, incapace molto spesso di dare nuovi impulsi. AI Consiglio Europeo prendono parte i capi di Stato o di governo dei vari Paesi, accompagnati dai ministri degli esteri ed esso non e un organo delle Comunità, bensì dell’UNIONE. Le proprie deliberazioni avvengono all’unanimità, o al massimo PERCONSENSUS, ossia senza l’opposizione di alcuno. Oppure possiamo sottolineare la continua opposizione di diversi Stati al metodo comunitario: la Francia nel 1965 decise di non partecipare più alle riunioni del Consiglio delle Comunità Europee, creando la cosiddetta CRISI DEL SEGGIO VUOTO. In quell’occasione fu necessario il COMPROMESSO DI LUSSEMBURGO del 1966, che garanti, agli Stati contrari ad una decisione del Consiglio per motivi d’interesse nazionale, una discussione più lunga per raggiungere un accordo. Col tempo ciò si trasformo in un vero e proprio diritto di veto, prima di cadere in desuetudine. Poi vi fu il problema della MINORANZA DI BLOCCO, ossia del numero di voti utili per evitare la formazione della MAGGIORANZA QUALIFICATA e bloccare una determinata decisione. Si temeva, infatti, una scarsa salvaguardia dei diritti degli Stati contrari. Per tale motivo si decise, con il COMPROMESSO DI IOANNINA del 1994, che dinanzi ad una minoranza rilevante, benché non sufficiente ad evitare la formazione di una maggioranza qualificata, non si passasse subito al voto, ma si discutesse per un tempo ragionevole] Segue: Dalle Comunità europee all’Unione europea°° RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno speciale per le procedure decisionali, gli atti da adottare e la quasi totale assenza di competenza della Corte di giustizia. 6. Segue: L’Europa a più velocità La progressiva riconduzione al metodo comunitario delle forme di cooperazione di carattere intergovernativo ha contaminato lo stesso metodo comunitario. Nello stesso TCE si infiltrano soluzioni chiaramente intergovernative, mal conciliate con le originarie caratteristiche. L'espressione più importante di tale tendenza è il frequente ricorso a forme di cooperazione differenziata c.d. perché applicabile ad un numero ristretto di Stati: il fenomeno è detto “Europa a più velocità” (o Europa a geometria variabile, o Europa à la carte), e nasce come soluzione di ripiego quando l’estensione della competenza comunitaria ad un nuovo settore o la previsione di poteri d’azione comunitari più efficienti (soluzioni che richiedono revisione dei Trattati => l’accordo di tutti gli Stati ex art 48 TUE) rischiano di essere bloccate per l’opposizione di un numero limitato di Stati => si preferisce rinunciare ad una integrazione uguale per tutti. Un primo esempio del fenomeno è in ambito non comunitario: si tratta dell’ Accordo di Shengen 14 giugno 1985 —firmato da Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi-, finalizzato a ridurre i controlli fisici per coordinare la politica di immigrazione da paesi terzi e la polizia degli stranieri. La disciplina dell’ Accordo e degli atti in esso rientranti —c.d. Acquis di Schengen- è stata integrata nel sistema UE col Trattato di Amsterdam, ma sottoforma di cooperazione rafforzata: rimangono estranei UK e Irlanda. La Danimarca, invece, partecipa all’acquis, ma non è vincolata da misure che sviluppano l’acquis, slavo che notifichi l'intenzione di accettarle. Un secondo esempio di integrazione differenziata riguarda l'Unione Economica e Monetaria (UEM): alla terza fase dell’UEM, che comporta l’adozione dell’euro, non tutti gli Stati membri partecipano per motivi diversi. Altri esempi simili si moltiplicano col Trattato di Amsterdam: attraverso appositi protocolli allegati al TUE vengono previste a favore del UK, dell’Irlanda e della Danimarca clausole che consentono loro di non essere vincolati dalle misure adottate in base al nuovo Titolo IV del TCE nei settori di visto, asilo, immigrazione e circolazione dei cittadini di paesi terzi (prima materie del GAI). La posizione dei tre Stati membri è confermata dal T. di Lisbona, rispetto al titolo IV del TFUE dedicato allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia. I Protocolli citati consentono tuttavia a UK e Irlanda di notificare l’intenzione di partecipare a specifici atti (clausola opting-in). La Danimarca invece può decidere di rinunciare all’intero Protocollo o scegliere di sottoporsi al regime di opting-in caso per caso come UK e Irlanda). Il Trattato di Amsterdam, addirittura, crea un apposito istituto di applicazione generale che permette l’adozione di iniziative di integrazione limitate ad alcuni Stati membri: la COOPERAZIONE RAFFORZATA (art 20 TUE): ammessa dapprima solo nel I e III pilastro, la coop. rafforzzata viene estesa dal T. di Nizza anche alla PESC. Il T. di Lisbona moltiplica gli esempi di cooperazioni differenziate: gravissimo appare per il Protocollo 30 sull’applicazione della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea alla Polonia e al UK [Parte III riassunti]. FOCUS: COME SE FOSSERO IN UNA TABELLA. NON C'è NEL LIBRO. Trattato di Amsterdam firmato il 2 ottobre 1997 dagli allora 15 paesi dell'Unione europea ed è entrato in vigore il 1° maggio 1999. Costituisce il primo tentativo di riformare le istituzioni europee 10 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno in vista dell'allargamento. Modifica i Trattati preesistenti: evoluzione modesta degli obiettivi di Maastricht + volontà di maggiore integrazione politica. Le Novità: comunitarizzazione: spostamento dal IMI pilastro al I delle politiche relative alla circolazione dei cittadini e la materia civile. Il III pilastro rimane ancorato alla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale. Inoltre, c’è estensione al Il e II pilastro di alcuni caratteri tipici del I. All'interno del trattato di Maastricht esisteva già una disposizione che invitava gli stati membri a convocare una Conferenza intergovernativa (CIG) per la sua revisione. Nel 1995 ciascuna istituzione presenta le proprie riflessioni e chiede di "andare oltre Maastricht": una relazione in tal senso viene presentata al Consiglio europeo di Madrid del dicembre 1995. Proprio l'insoddisfazione alle modifiche istituzionali, spinse i capi di Stato e di governo a prospettare subito un'ulteriore modifica del sistema istituzionale "prima che l'Unione conti venti membri". I paesi membri sono consapevoli della necessità di approfondire l'integrazione, soprattutto nei due nuovi "pilastri" introdotti appunto con il trattato che ha visto nascere l'UE. La CIG si apre al Consiglio europeo di Torino del 29 marzo 1996 e si conclude al Consiglio europeo informale di Noordwijk del 23 maggio 1997. Il trattato firmato ad Amsterdam contiene innovazioni che vanno nella direzione di rafforzare l'unione politica, con nuove disposizioni nelle politiche di Libertà, sicurezza e giustizia, compresa la nascita della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, oltre all'integrazione di Schengen. Altre disposizioni chiarificano l'assetto della PESC. Quindi, contenuti più importanti: rinumerazione degli articoli dei trattati comunitari; formalizzazione e regolamentazione della cosiddetta "cooperazione rafforzata"; incorporamento degli Accordi di Schengen nel cosiddetto "primo pilastro". [fonte Wikipedia di questo in piccolo]. Trattato di Nizza è uno dei trattati fondamentali dell'Unione europea, e riguarda le riforme istituzionali da attuare in vista dell'adesione di altri Stati. Il trattato di Nizza ha modificato il trattato di Maastricht (TUE) e i trattati di Roma (TFUE). È stato approvato al Consiglio europeo di Nizza, l'11 dicembre 2000 e firmato il 26 febbraio 2001. Dopo essere stato ratificato dagli allora 15 stati membri dell'Unione europea, è entrato in vigore il 1° febbraio 2003. L'obiettivo del trattato di Nizza è relativo alle dimensioni e composizione della commissione, alla ponderazione dei voti in consiglio e all'estensione del voto a maggioranza qualificata, e infine alle cooperazioni rafforzate tra i paesi dell'Unione europea. Dopo l'approvazione del trattato di Amsterdam nacque subito l'insoddisfazione per le modifiche non incisive introdotte in campo istituzionale, soprattutto in vista dell'allargamento dell'UE ai paesi dell'ex Unione Sovietica. Questa insoddisfazione spinse i capi di Stato e di governo a prospettare subito un'ulteriore modifica del sistema istituzionale "prima che l'Unione conti venti membri". La Conferenza intergovernativa (CIG) inizia il 14 febbraio 2000 con la presidenza portoghese dopo la "Relazione sulle implicazioni istituzionali dell'allargamento" del gruppo Dehaene. La trattativa si conclude al Consiglio europeo di Nizza dell'11 dicembre 2000, ma si traduce in un mezzo fallimento: vengono adottate solo disposizioni "minime" che permettono alle istituzioni, pensate per 6 membri, di funzionare anche a 28 membri. Il trattato di Nizza in particolare introduce: 11 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno e nuova ponderazione dei voti nel Consiglio dell'Unione europea, e modifica della composizione della Commissione europea, e estensione della procedura di codecisione e modifica del numero di deputati al Parlamento eu per ogni Stato membro, ® estensione del voto a maggioranza qualificata per una trentina di nuovi titoli. e riforma per rendere più flessibile il sistema delle cooperazioni rafforzate e nuova ripartizione delle competenze tra Corte e Tribunale Nell'ambito del Consiglio europeo di Nizza è stata solennemente proclamata la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che però non è entrata a far parte del trattato. [fonte: Wiki]. È uno snodo importante: si acquisisce consapevolezza della inadeguatezza delle modifiche dei Trattati precedenti. Ma la cosa più importante è la Dichiarazione allegata al Trattato di Nizza: la Dichiarazione relativa al futuro dell’unione, che portò alla Dichiarazione di Laeken. ALTRO FOCUS, fonte wiki: Una conferenza intergovernativa (CIG) è un negoziato condotto tra i rappresentanti dei governi degli stati membri di un gruppo o confederazione, in esito al quale i trattati possono essere modificati o emendati. L'importanza della Conferenza è rilevante nell'ordinamento dell'Unione europea in quanto i cambiamenti della struttura istituzionale e giuridica, o il contenuto dei trattati, sono il risultato di conferenze intergovernative (per esempio: Atto unico europeo del 1986 e Trattato sull'Unione europea del 1992). Questa opportunità di aumentare l'integrazione a livello europeo è stata invece meno evidente per la CIG riunitasi ad Amsterdam nel 1997. Può anche essere convocata una Conferenza Intergovernativa prima di procedere ad un processo di ampliamento dell'UE. La Conferenza si svolge mediante riunioni, di solito mensili, con la presenza di solito dei ministri degli Affari Esteri. Possono richiedere anche un anno o più e devono portare a conclusioni approvate all'unanimità. I lavori di tale assemblea sono preparati da un gruppo composto da un rappresentante di ciascun Ministero degli Affari esteri degli Stati membri e dal Commissario incaricato delle questioni istituzionali. All'organizzazione pratica provvede il Segretariato generale del Consiglio. Il Parlamento europeo viene regolarmente informato in merito allo stato di avanzamento dei lavori e, ove lo consideri opportuno, può esprimere il proprio punto di vista su tutte le questioni. 7. Il Trattato che adotta una Costituzione per 1’ Europa La genesi dell’ultimo Trattato di riforma (2007), il T. di Lisbona, è complessa: si ricollega al Trattato di Nizza al quale è allegata una Dichiarazione relativa al futuro dell'Europa. In ess delinea un percorso per avviare “un dibattito più approfondito e più ampio sul futuro dell’UE”, stabilendo che un’ulteriore CIG di revisione sarebbe stata convocata nel 2004 e che il dibattito sarebbe stato già avviato nel 2001. Il dibattito deve affrontare questioni che la dichiarazione stessa specifica e che sono state effettivamente oggetto delle modifiche previste dal T. di Lisbona: a) Una più precisa delimitazione delle competenze tra UE e Stati membri, che rispecchi il principio di sussidiarietà; b) lo status della 12 si RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno competenze concorrenti, “gli stati membri esercitano nuovamente la loro competenza nella misura in cui l'UE ha deciso di cessare la propria”); b) La previsione di strumenti idonei ad impedire l’espansione incontrollata delle competenze ue: soprattutto con l’introduzione del Protocollo sull’applicazione dei principi di proporzionalità e sussidiarietà. La ritardata entrata in vigore del T. di Lisbona: Come tutti gli altri che modificano trattati in vigore, anche il T. di Lisbona necessitava della ratifica di tutti gli Stati membri, ratifica che avviene “conformemente alle rispettive norme costituzionali”. AI momento della ratifica, sorprendentemente, si sono avuti problemi con alcuni Stati membri che avevano ratificato senza problemi il Trattato costituzionale: Irlanda e Repubblica ceca: In Irlanda, nel 2008, gli elettori votano contro la ratifica. Successivamente, il Consiglio eu a Bruxelles adotta alcune misure che consentono al Governo irlandese di indire un secondo referendum nel 2009: l’esito è positivo. Analogamente, il Consiglio eu ha operato di fronte alla mancata ratifica da parte della Repubblica ceca. Anche in Germania la ratifica del T. di Lisbona è stata ritardata da un intervento della Corte costituzionale federale (Bundesverfassungsgericht - BVerfG): in una sentenza del 2009, pur dichiarando infondati i ricorsi presentati contro la legge di ratifica, la Corte dichiara incostituzionale la legge che rafforza i poteri del Parlamento tedesco in relazione alle nuove funzioni che è chiamato ad esercitare in applicazione del T. di L., prescrivendo che la ratifica tedesca non possa essere perfezionata fino all’entrata in vigore di una nuova legge. Superate queste difficoltà, il T. di L. è entrato in vigore il 1° Dicembre 2009. 9. La riforma della governance economica Nel 2008 negli USA scoppia una grave crisi bancaria, crisi che si diffonde presto in tutto il mondo ed in Europa, costringendo le autorità nazionali e dell'UE ad assumere provvedimenti inediti. In particolare è stata istituita una complessa rete di organi per assicurare la sorveglianza a livello europeo del settore finanziario. I lavori su questo fronte sono andati avanti soprattutto nel settore bancario, con l’obiettivo di creare una vera e propria unione bancaria, incentrata sul conferimento alla BCE del controllo prudenziale degli istituti di credito. Di fronte alla crisi, gli Stati membri hanno dovuto rifinanziare le proprie banche => peggioramento delle finanze pubbliche. A partire dal 2009 si manifestò la crisi del debito sovrano: prima in Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna e Italia: tutti questi Stati si trovano nell’impossibilità di far fronte all’ingente stock di debito pubblico accumulato negli anni e aumentato in seguito alla crisi. Questo induce 1’UE e i suoi Stati membri a promuovere una profonda riforma del coordinamento delle pratiche economiche quale originariamente disciplinato dai trattati. La riforma è consistita in due componenti: 1) Istituzione di un sistema di soccorso agli Stati membri che si trovino in gravi difficoltà finanziarie. Gli Stati membri hanno dato vita ad un Fondo salva-Stati, creato col Trattato istitutivo del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) del 2012, dai soli Stati che avevano adottato 15 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA 2) Prof Armanno l’euro. L’istituzione del MES ha reso necessaria una modifica del TFUE, in quanto si dubitava della compatibilità con l’art 125 TFUE e la sua clausola del no-bail out (divieto per l’UE e gli Stati di farsi carico dei debiti di altri Stati membri): si è ricorso alla procedura di revisione semplificata ex art 48 par 6 TUE. È stato così aggiunto un paragrafo all’art 136 TFUE, che non istituisce esso stesso un fondo come il MES, ma consiste in una mera clausola che abilita gli Stati membri della zona euro a farlo tra loro. Il MES è un’organizzazione finanziaria internazionale il cui oggetto è di reperire fondi per fornire, sotto stretta condizionalità, a agli Stati con difficoltà finanziarie. Pur dotata di organi autonomi, al suo funzionamento partecipano Commissione e BCE. Rafforzamento del coordinamento e della vigilanza delle politiche economiche nazionali, per evitare che si ripetano situazioni come quella del 2009. È la riforma della governance economica. stenza finanziari: Su questo versante c’è un quadro variegato di iniziative: Misure approvate a trattati immutati, cioè in conformità all’attuale disciplina dettata dal Titolo VIII della Parte INI del TFUE, senza necessità di ricorrere a procedure di revisione (vi rientra il c.d. Six Pack); Misure che, proprio perché avrebbero richiesto una vera revisione dei trattati e perciò reso ria l’approvazione da parte di tutti gli Stati membri, sono state adottate al di fuori del contesto dell'UE attraverso accordi intergovernativi (Trattato per la stabilità, noto come Fiscal Compact); Misure che, per quanto di contenuto significativo, hanno natura di soft law e => prive di valore cogente (il Patto per l'euro che istituisce un coordinamento più stretto delle politiche economiche per la competitività e la convergenza, il c.d. Patto Euro Plus). nece: 10. La natura dell’Unione europea. Si può dire che si sia formato un vero e proprio Stato europeo in sostituzione degli Stati membri? No. L’ Unione non è uno Stato, né gli Stati membri hanno perso la loro statualità individuale. La natura non statuale dell’ Unione è legata ad alcune sue caratteristiche: La mancanza del potere di definire autonomamente le proprie competenze: è legata al principio di attribuzione-> a differenza di uno Stato, l'UE “agisce esclusivamente nei limiti delle competenze che le sono attribuite dai trattati e per realizzare gli obiettivi da questi stabiliti art 5 TUE. L'Unione non gode pertanto della c.d. competenza della competenza -Kompetenz Kompetenz-, dipendendo l’estensione dei suoi poteri e obiettivi da quanto hanno deciso gli Stati membri nei trattati; La necessità del consenso unanime degli Stati membri per modificare i trattati: attiene alla natura dei Trattati. Se l’ Unione fosse uno Stato federale, i trattati ne rappresenterebbero la Costituzione, pertanto sarebbero modificabili con maggioranze particolarmente elevate, ma non sarebbe necessaria l’ unanimità. Invece, le procedure di revisione dei trattati, sebbene in forme diverse, necessitano del consenso unanime di tutti gli Stati membri: ciò dimostra come i trattati abbiano ancora natura di trattati internazionali conclusi da Stati sovrani, i 16 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno quali rimangono i padroni dei trattati e ne decidono il destino, fino al punto di riservarsi il diritto di recesso unilaterale (art 50 TUE). Abbiamo escluso che l’ Unione sia uno Stato. L’Unione costituisce niente’altro che un forma di organizzazione internazionale, sebbene molto avanzata? O si tratta di una figura intermedia che, pur non essendo uno Stato, non è nemmeno una semplice organizzazione internazionale ? Dobbiamo propendere verso questa seconda ipotesi, per cui l'UE sarebbe una realtà del tutto originale e dinamica, in continua evoluzione e rafforzamento. Il quid pluris che sembra distinguere l’Unione è il fatto che, in suo favore, gli Stati membri avrebbero trasferito “settori” o “porzioni” della propria sovranità: l’Unione sarebbe quindi un ente titolare di una sua sovranità, seppur parziale, perché limitata alle materie previste dai trattati, e derivata, perché frutto del conferimento degli Stati. L’idea che già la CE fosse titolare di poteri sovrani traspare per la prima volta nella sentenza del 5 febbraio 1963, causa 26/62, Van Gend & Loos: un giudice olandese desidera sapere se un articolo del TCE (vecchio art 12, che vietava agli Stati membri di aumentare i dazi doganali esistenti al momento dell’entrata in vigore del Trattato) può essere invocato da un'impresa import-export, che lamenta l’applicazione nei suoi confronti di un dazio maggiorato. Smentendo la tesi del Governo olandese, secondo cui l’articolo 12 è norma che disciplina i rapporti tra Stati membri e non può essere invocata da un soggetto privato come Van Gend & Loos, la Corte di giustizia risponde affermativamente, sancendo per la prima volta l’efficacia diretta di una norma del TCE. Secondo la Corte “la comunità costituisce un ordinamento giuridico di nuovo genere nel campo del diritto internazionale, a favore del quale gli Stati hanno rinunziato, anche se in settori limitati, ai loro poteri sovrani, ordinamento che riconosce come soggetti, non soltanto gli Stati membri ma anche i loro cittadini”. Nella visione della Corte, gli Stati membri, istituendo la Comunità, non si sarebbero limitati ad assumere reciprocamente degli impegni internazionali, ma avrebbero anche attribuito al nuovo ente alcuni poteri sovrani. La sovranità deriva dal fatto che l’ordinamento del nuovo ente tocca direttamente anche i cittadini. La visione della Corte viene ribadita nella sentenza del 15 luglio 1964, causa 6/64, Costa c. ENEL: il giudice conciliatore di Milano interroga la Corte sulla compatibilità tra la legge di nazionalizzazione dell’energia elettrica e alcuni articoli del TCE. Il Governo italiano manifesta dei dubbi sull’utilità della questione, partendo dall’assunto che il giudice nazionale è comunque tenuto ad applicare la propria legge, anche se in contrasto col trattato. La Corte respinge l'argomento, enunciando per la prima volta il principio del primato delle norme del TCE rispetto alle norme nazionali. La Corte infatti afferma che “a differenza dei comuni trattati internazionali, il Trattato CEE ha istituito un proprio ordinamento giuridico, integrato nell’ordinamento giuridico degli Stati membri all’atto dell’entrata in vigore del Trattato e che i giudici nazionali sono tenuti ad osservare.” Secondo la Corte, “istituendo una Comunità senza limiti di durata, dotata di propri organi, di personalità, di capacità giuridica, di capacità di rappresentanza sul piano internazionale, ed in ispecie di poteri effettivi provenienti da una limitazione di competenza o da un trasferimento di attribuzioni degli Stati alla Comunità, questi hanno limitato, sia pur in campi 17 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno quelli dei suoi cittadini e quelli degli Stati membri, garantire la coerenza, l'efficacia e la continuità delle sue politiche e delle sue azioni”. Si evince che le azioni svolte nei diversi settori dalle istituzioni devono essere tra loro coordinate secondo il c.d. principio di coerenza. Il principio ha particolare importanza per l’azione esterna dell’Unione, che si compone da un lato dalla PESC e, dall’altro, da altre azioni e politiche aventi rilievo esterno (politica commerciale comune, cooperazione con i paesi terzi, l’aiuto comunitario): nonostante la diversità di procedure a modalità di queste componenti, è necessario che tutte contribuiscano al raggiungimento degli obiettivi dell’azione esterna dell’UE stabiliti nell’art 21 TUE, secondo il quale, al paragrafo 3.2° comma, la responsabilità di assicurare il rispetto del principio di coerenza nell’ambito dell’azione esterna e tra questa e le politiche interne dell'UE è ripartita tra Consiglio e Commissione, con l’assistenza dell’ Alto rappresentante. Il principio dell’equilibrio istituzionale: L’art 13, al par. 2, afferma che “Ciascuna istituzione agisce nei limiti delle attribuzioni che le sono conferite dai trattati, secondo le procedure, condizioni e finalità da essi previste.”. Il principio riguarda i rapporti tra le istituzioni e impone a ciascuna di rispettare le competenze attribuite dai trattati alle altre istituzioni. La violazione del principio rappresenta un vizio di incompetenza ex art 263 TUE e comporta illegittimità dell’atto. La garanzia del principio trova è assicurata dalla rigorosa osservanza delle procedure decisionali per le singole materie. Il principio della leale collaborazione: il paragrafo 2 continua con la frase: “Le istituzioni attuano tra loro una leale cooperazione”.Il principio inizialmente non era sancito da una norma, e fu individuato dalla Corte di Giustizia deducendolo dal vecchio art 10 TCE, che prevedeva un obbligo di leale collaborazione a carico degli Stati membri verso la Comunità. Lo stesso principio è sancito dall’art 4, par. 3, TUE: “In virtà del principio di leale cooperazione, l'Unione e gli Stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente nell'adempimento dei compiti derivanti dai trattati”. Il principio del rispetto dell’acquis Acquis: l'insieme di quanto realizzato —acquisito- in un determinato momento storico sul piano dell’integrazione europea: non soltanto gli atti adottati e i trattati, ma anche i principi generali e la giurisprudenza della Corte di Giustizia, nonché alcuni atti di natura politica come le conclusioni del Consiglio eu. Nel tempo si affermò il principio per cui l’acquis dovesse essere rispettato, nel senso che non sarebbe stato consentito di approvare atti che costituissero un regresso rispetto all’obiettivo di una maggiore integrazione. Il principio riguardava sia gli Stati membri, che non avrebbero potuto modificare i trattati in senso peggiorativo, sia le istituzioni dell’UE, che non avrebbero potuto proporre/approvare atti regressivi. A questo profilo si riferiva più volte il TUE prima della riforma del T. di Lisbona, all’art 3, 1° comma, che disponeva che le istituzioni devono operare “rispettando e sviluppando l’acquis comunitario” (*). È dubbio che il principio del rispetto dell’acquis sia stato confermato dal T. di Lisbona: 20 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno - L’art 48 par.1 TUE consente che i trattati vengano modificati riducendo, anziché ampliando, le competenze dell'UE. - Inoltre, la parte dell’art 3 com'era prima del T. di Lisbona (*) è stata soppressa. Al suo posto, l’art 2, par. 2, del TFUE -sulle competenze concorrenti- chiarisce che “Gli Stati membri esercitano nuovamente la loro competenza nella misura in cui l'Unione ha deciso di cessare di esercitare la propria” => sarebbe legittimo un atto dell’Unione che, derogando all’acquis, decidesse di non esercitare più una competenza concorrente in un determinato settore lasciando così mano libera agli Stati membri. Si suppone che l’UE può agire in questo modo solo per esigenze legate al p. di sussidiarietà. [Vediamo ora le singole istituzioni dell’ Unione.] IL PARLAMENTO EUROPEO - P.E.- Originariamente chiamata Assemblea (parlamentare), l’istituzione ha assunto la denominazione di “Parlamento europeo” prima con propria deliberazione nel ’62, poi con lA.U.E. all’art.3. L’art 14, par 2, TUE prevede che “I! Parlamento europeo è composto di rappresentanti dei cittadini dell'Unione”. [Si collega all’art 22 TFUE: il diritto di elettorato attivo e passivo nelle elezioni per il Parlamento eu che si tengono in uno Stato membro spetta anche ai cittadini di altri Stati membri residenti nel territorio del primo = allusione ad un popolo europeo]. I membri sono eletti a suffragio universale diretto -> art 14, par 3, TUE: “I membri del Parlamento europeo sono eletti a suffragio universale diretto, libero e segreto, per un mandato di cinque anni”. Ai sensi dell’art 223 par.1 del TFUE lELEZIONE dei membri del P.e. potrebbe avvenire “secondo una procedura uniforme in tutti gli Stati membri o secondo principi comuni a tutti gli Stati membri”. Le disposizioni necessarie sono approvate con procedura legislativa speciale con le seguenti tappe: a) iniziativa del P.e. del progetto; b) delibera all’unanimità del Consiglio; c) approvazione degli Stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali La disciplina in vigore si limita a stabilire alcuni principi comuni che riguardano: carattere proporzionale del voto, regime dell’incompatibilità, periodo di svolgimento delle elezioni, momento di inizio dello spoglio delle schede elettorali. Per il resto, la disciplina della procedura elettorale è affidata agli Stati membri per l’elezione dei propri rappresentanti. La DURATA DEL MANDATO è di 5 anni. Quanto al numero dei membri, l’art 14 si limita a stabilire un massimo che “non può essere superiore a 750, più il Presidente” e a precisare che “la rappresentanza dei cittadini è garantita in modo degressivamente proporzionale, con una soglia minima di 6 membri per Stato e una soglia massima di 96 seggi”. Il numero totale e la distribuzione dei seggi è disposta con decisione del Consiglio eu, adottata su iniziativa del Parlamento eu e con la sua approvazione. In vista della legislatura 2014-2017 il Consiglio eu ha fissato la distribuzione di 751 membri tra gli attuali 28 Stati membri. [Proporzionalità degressiva: i paesi con una popolazione più elevata hanno più seggi rispetto ai paesi di dimensioni minori, ma questi ultimi 21 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno ottengono un numero di seggi superiore a quello che avrebbero sotto il profilo puramente proporzionale]. Il Parlamento eu dispone di alcuni ORGANI. Tra questi il più importante è il Presidente, che dirige i lavori del P.e. e lo rappresenta nelle relazioni internazionali. Il Presidente è stito da 14 vice-presidenti, insieme ai quali costituisce l’Ufficio di Presidenza con funzioni consultive. I membri del Parlamento sono spesso organizzati in Gruppi politici, il cui numero minimo di componenti è 25; i presidenti dei Gruppi insieme al Presidente del Parlamento costituiscono la Conferenza dei presidenti, che decide sull’organizzazione dei lavori e tiene i rapporti con le altre istituzioni e con i parlamenti nazionali. N.B.: I gruppi politici europei non sono necessari, non esiste un c.d. gruppo misto. Il Parlamento lavora in aula, con la partecipazione di tutti i membri, o in commis commissioni possono essere: - Commissioni permanenti, previste da un allegato al regolamento interno e si dividono gli affari di cui il Parlamento è investito a seconda della materia, ed hanno funzione istruttoria e referente degli argomenti da trattare; - Commissioni speciali e Commissioni temporanee d’inchiesta, ex art 226 TFUE / “il P.e., su richiesta di 1/4 dei membri che lo compongono, può costituire una commissione temporanea d'inchiesta incaricata di esaminare, fatti salvi i poteri conferiti dai trattati ad altre istituzioni o ad altri organi, le denunce di infrazione o di cattiva amministrazione nell'applicazione del diritto dell'Unione, salvo quando i fatti di cui trattasi siano pendenti dinanzi ad una giurisdizione e fino all'espletamento della procedura giudiziaria. La commissione temporanea d'inchiesta cessa di esistere con il deposito della sua relazione”, vedi “le denunce”]. L’art 14, al par. 1, del TUE descrive /e funzionidel P.e.: “Il Parlamento europeo esercita, congiuntamente al Consiglio, la funzione legislativa e la funzione di bilancio. Esercita funzioni di ioni. Le controllo politico e consultive alle condizioni stabilite dai trattati. Elegge il presidente della Commissione”. Rimane una disposizione incompleta: non cita la partecipazione del Parlamento alla nomina dei membri della Commissione e neanche la partecipazione all’adozione di atti non legislativi come gli accordi internazionali. Le funzioni più importanti sono due: funzioni di controllo politico, di cui parliamo in questo capitolo, e le funzioni di partecipazione all’adozione degli atti dell'UE, di cui parleremo nel capitolo successivo. Funzioni di controllo politico. Il Parlamento dispone di molti canali attraverso i quali riceve informazioni sull’operato delle altre istituzioni e, in misura minore, degli Stati membri e dei privati. L'informazione del Parlamento, regolare e periodica, è assicurata dalla presentazione allo stesso di relazioni o rapporti anche di altre istituzioni, soprattutto dalla Commissione: la più importante è la relazione generale annuale della Commissione, esaminata dal Parlamento ex art. 223 TFUE [anche il Presidente del Consiglio europeo presenta una relazione dopo ciascuna riunione]. 22 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno Le FUNZIONI: Inoltre, ex art 16, il Consiglio esercita, congiuntamente al Parlamento europeo, la funzione legislativa (opera come una “Camera Alta”) e la funzione di bilancio. Inoltre, esercita funzioni di definizione delle politiche e di coordinamento alle condizioni stabilite nei trattati. L’attuale versione non esclude la possibilità che uno Stato membro si faccia rappresentare da membri di un Governo regionale, sempre che abbiano “livello ministeriale”. Quanto all’Italia va ricordata la legge La Loggia del 2003, che prevede nelle materie spettanti alla competenza regionale, il Capo delegazione —chi guida la delegazione di rappresentanti in Consiglio- può essere anche un Presidente di Giunta regionale o di Provincia autonoma. In questo contesto va menzionato l’Eurogruppo: il Protocollo 14 sull’Eurogruppo prevede che i ministri degli Stati membri la cui moneta è l’euro, si riuniscono a titolo informale, con la partecipazione di Com ione e BCE, per discutere sulle responsabilità specifiche in materia di È prevista la nomina di un presidente con deliberazione a maggioranza degli Stati interessati: si tratta di una sorta di Consiglio a formazione ridotta, dotato di presidenza stabile ma non chiamato ad adottare veri atti giuridici. moneta unica Il FUNZIONAMENTO: il Consiglio, diversamente dal Parlamento o dalla Commissione, non è un organo permanente e si riunisce in formazionitipizzate dalla prassi, secondo calendari differenziati e nelle quali partecipano i ministri di volta in volta competenti per la materia dell’ordine del giorno. L’art 16 TUE, par. 6, rimanda al 236 TFUE per la differenziazione delle varianti del Consiglio, e prevede direttamente solo il Consiglio Affari generali e il Consiglio Affari esteri: art 16-> “Il Consiglio si riunisce in varie formazioni, il cui elenco è adottato conformemente all'articolo 236 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Il Consiglio «Affari generali» assicura la coerenza dei lavori delle varie formazioni del Consiglio. Esso prepara le riunioni del Consiglio europeo e ne assicura il seguito in collegamento con il presidente del Consiglio europeo e la Commissione. Il Consiglio «Affari esteri» elabora l'azione esterna dell'Unione secondo le linee strategiche definite dal Consiglio europeo e assicura la coerenza dell'azione dell'Unione. È presieduto dall’ Alto rappresentante”. Ora, l’elenco è in un allegato del regolamento interno del Consiglio e prevede 10 tipi di formazione. Dopo il T. di Lisbona, la Presidenza del Consiglio è diversa a seconda che si tratti: - Del Consiglio Affari esteri: la Presidenza è attribuita in modo permanente all’ Alto rappresentante; - Per le altre formazioni è mantenuto il vecchio sistema: la Presidenza passa da uno Stato membro all’altro, secondo un sistema di rotazione paritaria, alle condizioni stabilite dal Consiglio europeo a maggioranza qualificata [Presidenza esercitata da gruppi predeterminati di 3 Stati membri per 18 mesi]. La Presidenza ha il compito di convocare le riunioni del Consiglio, stabilire l’ordine del giorno e firma gli atti del Consiglio + tiene i rapporti con le altre istituzioni. I MODI DI DELIBERAZIONE: il Consiglio può deliberare a: -maggioranza semplice (o assoluta), «maggioranza qualificata «unanimità. 25 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno Il modo normale di deliberazione è la maggioranza qualificata-> art 16 par 3 TUE: “/! Consiglio delibera a maggioranza qualificata, salvo nei casi in cui i trattati dispongano diversamente”, la maggioranza semplice e l’unanimità si applicano solo se lo prescrive la norma dei trattati su cui il Consiglio si basa per agire. La disciplina della maggioranza qualificata risultante dal T. di Lisbona è il frutto di aspre discussioni e di compromessi, ed è articolata in due fa - Prima del 1° novembre 2014: si applicava la disciplina definita col T. di Nizza. Nel sistema del trattato di Nizza la formazione della maggioranza qualificata richiede tre condizioni: a) Il raggiungimento di una soglia minima di voti ponderati pari 260; b) Il voto favorevole di almeno la maggioranza dei membri qualora le deliberazioni debbano essere prese su proposta della Commissione, negli altri casi occorre il voto favorevole di almeno 2/3 dei membri; c) Gli Stati membri che compongono la maggioranza qualificata devono rappresentare almeno il 62% della popolazione totale dell’ UE —c.d. quorum demografico-. - Dopo il 1° novembre 2014: trovano applicazione le norme del T. di Lisbona, per cui “A decorrere dal 1° novembre 2014, per maggioranza qualificata si intende almeno il 55% dei membri del Consiglio, con un minimo di quindici, rappresentanti Stati membri che totalizzino almeno il 65% della popolazione dell'Unione” (Art 16, par. 4 TUE). Per il sistema del Trattato di Lisbona sono quindi necessarie due condizioni: a) Un quorum numerico minimo calcolato però secondo parametri distinti: i voti favorevoli devono essere non meno di 15 e non meno del 55% del totale dei membri del Consiglio; b) Un quorum demografico minimo: i voti a favore devono essere espressi in nome di Stati membri la cui popolazione complessiva non sia inferiore al 65% popolazione totale EU. L'importanza del quorum demografico minimo è però limitata dall’art 16 par.4: La minoranza di blocco deve comprendere almeno quattro membri del Consiglio; in caso contrario la maggioranza qualificata si considera raggiunta. Lo scopo è di evitare lo strapotere degli Stati demograficamente più importanti. N.B.: il sistema di Lisbona è un regime transitorio: fino al marzo 2017 poteva essere evitato ed usato quello di Nizza. Il sistema della maggioranza semplice è prevista solo per questioni di procedura (es art 31par.5 TUE). Il sistema dell’unanimità è ancora abbastanza frequente e, quando è richiesta, il voto contrario di un solo Stato membro impedisce la decisione, mentre l'astensione non ha questo effetto: art 238 TFUE precisa che “/e astensioni dei membri presenti o rappresentati non ostano all'adozione delle deliberazioni del Consiglio per le quali è richiesta l'unanimità”. Una forma di astensione costruttiva è prevista in ambito EPSC all’art 31, par.1 4° comma TUE]. ! ->DISTINGUIAMO IL CONSIGLIO DA ALTRI ORGANI CHE HANNO COMPOSIZIONE SIMILE, SE NON IDENTICA: il TFUE talvolta si riferisce a decisioni che devono essere prese collegialmente dai rappresentanti degli Stati membri, es l’art 341 dispone “la sede delle istituzioni dell'UE è fissata d’intesa comune dai governi degli Stati membri”. Queste deliberazioni non sono opera del Consiglio, ma dei governi degli Stati membri, i cui rappresentanti 26 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno si riuniscono per deliberare. Nella prassi, tali deliberazioni si indicano come decisioni dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio [perché di solito queste riunioni coincidono con le riunioni del Consiglio vero e proprio], e di pubblicarle nella G.U. Non essendo atti dell’UE, non sono soggette al controllo della Corte di Giustizia. Anche il Comitato dei Rappresentanti Permanenti (COREPER), art 16, par. 7 TUE e art 240, par. 1 TFUE, rispecchia la composizione del Consiglio, uguale per la nazionalità dei membri, ma non per la loro qualità: riunisce i rappresentanti diplomatici (e non ministeriali) che ciascuno Stato sceglie. Ai sensi dell’art 240, il COREPER è responsabile della preparazione del lavoro del Consiglio e può anche adottare decisioni di procedura nei casi previsti dal regolamento interno del Consiglio. Il compito più importante consiste nell’esaminare preliminarmente tutte le proposte che la Commissione vuole sottoporre al Consiglio: costituisce una sorta di filtro tra Consiglio e Commissione-> quando la Commissione intende presentare una proposta al Consiglio, deve prima sottoporla al COREPER, il quale, esaminata la proposta delibera al riguardo. Se vi è accordo unanime, la proposta viene inserita nei punti A dell’ordine del giorno, ed il Consiglio l’approverà senza discussione. Se non c’è accordo, le proposte vengono inserite nei punti B, accompagnati dalla relazione del Comitato, e necessitano di discussione in seno al Consiglio. L’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, art 18 TUE. Carica istituita dal T. di Lisbona, è un’evoluzione di quella dell’ Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune che era attribuita al Segretario generale del Consiglio dal T. di Amsterdam. Attraverso questa carica si è voluto aumentare la coerenza tra le varie componenti dell’azione esterna dell’UE, da un lato, riconoscendo all’ Alto rappresentante il compito di guidare la PESC, dall’altro attribuendogli un ruolo forte nel Consiglio affari esteri e nella Commissione. Le sue funzioni infatti sono: - Guida la PESC, ha il compito di formulare proposte per l'elaborazione di tale politica e di attuarla in qualità di mandatario del Consiglio (non ha obbligo di indipendenza, è l’unico membro della Commissione a non essere indipendente); - Presiede il Consiglio affare esteri; - È uno dei Vice presidenti della Commissione, incaricato delle responsabilità di questa nel settore delle relazioni esterne e del coordinamento degli altri aspetti dell’azione esterna dell'UE. In ragione della duplice qualità di organo sia del Consiglio che della Commissione, la sua nomina coinvolge più istituzioni: la nomina spetta al Consiglio europeo a maggioranza qualificata con l’accordo del Presidente della Commissione. La durata del mandato coincide con quella degli altri membri della Commissione. IL CONSIGLIO EUROPEO - C.E.- 27 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno nuova Commiss. Il mandato può terminare anticipatamente in caso di dimissioni individuali o collettive o dimissioni pronunciate ex officio dalla Corte di Giustizia (per violazione obblighi di indipendenza) o per approvazione della mozione di censura. La procedura di nomina ex art 17 par. 7 TUE è stata modificata nel tempo, e ad oggi ha le caratteristiche: a) È ora una procedura istituzionalizzata, o comunitarizzata: in passato era dominata dagli Stati membri, ora coinvolge pressoché tutte le istituzioni. Si ravvisa soprattutto un ruolo determinante del Parlamento eu; b) Il Presidente della Commissione è il membro più importante, un c.d. “primus inter pares”, e la procedura distingue la sua posizione rispetto a quella degli altri membri. Vediamo le fasi della procedura: - Prima fase: ha solo ad oggetto l’individuazione del candidato alla carica di Presidente, individuazione effettuata dal Consiglio eu che decide a maggioranza qualificata, tenuto conto delle elezioni del Parlamento eu e dopo aver effettuato le consultazioni appropriate; - Seconda fase: elezione del candidato Presidente da parte del Parlamento eu — voto segreto e a maggioranza assoluta-; - Terza fase: partecipa anche il Presidente eletto. Vi è deliberazione del Consiglio, di comune accordo col Presidente eletto, con la quale adotta l’elenco delle personalità selezionate in base alle proposte presentate dagli Stati membri, che propone di nominare membri della Commissione. La decisione del Consiglio è adottata a maggioranza qualificata. - Quarta fase: il Presidente, 1’ Alto rappresentante e gli altri membri della Commissione sono soggetti collettivamente ad un voto di approvazione del Parlamento eu [procede ad audizioni separate per ciascuna persona, non l’insieme della nuova Commissione]; - Quinta fase: il Consiglio eu nomina la Commissione a maggioranza qualificata. Il Presidente della Commissione ha un ruolo centrale. La sua posizione di supremazia è specificata all’art 17, par.6, che gli attribuisce il compito di definire, oltre agli orientamenti politici della Commissione, anche la sua organizzazione interna, per assicurare coerenza, efficacia e collegialità della sua azione. Inoltre, nomina i Vicepresidenti, salvo l’Alto rappresentante, e ripartisce le competenze tra i membri della Commissione, salvo l’Alto rappresentante [art 248 TFUE]. Inoltre, il Presidente ha il potere di obbligare un membro a rassegnare le dimissioni. Per l’Alto rappresentante, il Presidente può solo chiederne le dimissioni, ma la decisione spetta al Consiglio-> non è chiaro se sia obbligato ad eseguire la richiesta del Presidente. Il Presidente è anche membro del Consiglio eu. Le DELIBERAZIONI della Commissione: decide su proposta di 1 o più membri e adotta le decisioni a maggioranza dei componenti. Di solito, però, vi è unanimità perché si cerca sempre di raggiungere un accordo. Le riunioni e le decisioni sono riservate=> non vi è regime di pubblicità. Modalità delle decisioni: la decisione è presa con procedimento scritto. In accordo col meccanismo silenzio-assenso. Vi sono molti casi di deleghe di gestione o amministrazione-> è possibile abilitare 1 o più membri ad adottare provvedimenti autonomamente, nei limiti fissati dalla 30 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno Commissione stessa. Inoltre, l’attività della Commissione p divisa in varie Direzioni Generali, di cui ciascun membro ne ha responsabilità. I COMPITIdella Commissione: art 17 par. 1 TUE: “La Commissione promuove l'interesse generale dell'Unione e adotta le iniziative appropriate a tal fine. Vigila sull'applicazione dei trattati e delle misure adottate dalle istituzioni in virtù dei trattati. Vigila sull'applicazione del diritto dell'Unione sotto il controllo della Corte di giustizia dell'Unione europea. Dà esecuzione al bilancio e gestisce i programmi. Esercita funzioni di coordinamento, di esecuzione e di gestione, alle condizioni stabilite dai trattati. Assicura la rappresentanza esterna dell'Unione, fatta eccezione per la politica estera e di sicurezza comune e per gli altri casi previsti dai trattati. Avvia il processo di programmazione annuale e pluriennale dell'Unione per giungere ad accordi interistituzionali.”->L’elencazione si apre riferendosi alla Commissione come motore ed interpretedell’interesse generale dell’UE, ed il par.2 ribadisce che il potere esclusivo di proposta nel procedimento legislativo spetta alla Commissione. Tra gli altri, vi è il compito di vigilare sull’applicazione dei trattati e delle misure adottate dalle istituzioni, nonché, in generale, del diritto dell’ UE, del diritto dell'UE, sotto il controllo della Corte di giustizia: la Commissione è infatti reputata custode della legalità dell’UE, compito esercitato nei confronti degli Stati membri e —con il ricorso per infrazione-, nei confronti delle altre istituzioni —ricorso di annullamento o in carenza- e nei confronti di persone fisiche o giuridiche. LA CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UE La Corte di Giustizia, in realtà, non è un’unica istituzione: si articola al suo interno di più rami, con autonomia funzionale piena e amministrativa parziale. Infatti, per l’art 19 TUE, par.1, essa comprende: la Corte di Giustizia, il Tribunale, i tribunali specializzati (per ora costituita dal solo Tribunale per la funzione pubblica). Quindi distinguiamo tra Corte-giurisdizione (la Corte di giustizia) e la Corte-istituzione: le componenti di questa sono tutte organi di individui, i cui membri, se pur nominati dagli Stati e quindi con nomina di natura politica, svolgono le funzioni in “piena imparzialità e secondo coscienza”. Se vengono meno a questi obblighi, sono rimossi dalle funzioni con decisione unanime della stessa Corte di Giustizia. Qua esaminiamo solo la Corte di Giustizia. Fonti normative che disciplinano l’attività della Corte: TFUE (artt da 251 a 281) + Protocollo 3 sullo Statuto della Corte di Giustizia richiamato dall’art 281 + Regolamento di procedura della Corte di G., stabilito dalla stessa Corte ed approvato dal Consiglio a magg. qualif. La COMPOSIZIONE. Essa conta un giudice per Stato membro (28) ed è assistita da avvocati generali, che sono attualmente 11 (il numero può essere aumentato con delibera unanime del Consiglio su richiesta della Corte). Tra i giudici viene eletto, per 3 anni, un Presidente con mandato rinnovabile, ed un vicepresidente. I giudici fanno parte del collegio giudicante, che emette le decisioni. Gli avvocati generali hanno funzione ausiliaria: art 252 TFUE: “L'avvocato generale ha l'ufficio di presentare pubblicamente, con assoluta imparzialità e in piena indipendenza, conclusioni motivate sulle cause che, conformemente allo statuto della Corte di giustizia dell'Unione europea, richiedono il suo intervento”: le conclusioni contengono il parere dell’avvocato generale su come la Corte dovrebbe 31 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno decidere la causa e non sono vincolanti: la Corte può pronunciare sentenza difforme anche senza motivare il perché. La nazionalità degli avvocati generali, che sono meno dei giudici: per prassi, ce ne sono sempre 4 della nazionalità degli Stati membri maggiori (Francia, Germania, Italia, UK), i posti rimanenti (7) sono coperti a rotazione da persone degli altri Stati. La nomina di giudici e avvocati è effettuata di comune accordo dai Governi degli Stati membri, previa consultazione di un apposito comitato —art 255 TFUE- composto da 7 ex membri della Corte di G, e del Tribunale, membri dei massimi organi giurisdizionali nazionali, giuristi di notoria competenza scelti dal Consiglio e un membro scelto dal Parlamento eu. La durata del mandato è di 6 anni ed è rinnovabile; è previsto anche un rinnovo parziale ogni 3 anni che riguarda metà dei componenti della Corte. [L’art 253 TFUE, 1° comma, sui requisiti di professionalità e indipendenza di giudici e avvocati: “/ giudici e gli avvocati generali della Corte di giustizia, scelti tra personalità che offrano tutte le garanzie di indipendenza e che riuniscano le condizioni richieste per l'esercizio, nei rispettivi paesi, delle più alte funzioni giurisdizionali, ovvero che siano giureconsulti di notoria competenza” ]. Le funzioni assolte dalla Corte di g. hanno natura giurisdizionale: art 19, par.1 TUE, con riferimento all’intera Corte-istituzione: “Assicura il rispetto del diritto nell'interpretazione e nell'applicazione dei trattati” — le funzioni giurisdizionali esaminate nella Parte V-. La Corte esercita anche funzioni di natura consultiva, per le quali è chiamata ad esprimere pareri, che hanno carattere parzialmente vincolante dal momento che condizionano il comportamento delle istituzioni e degli Stati membri-> esempio più importante è all’art 218, par 11 TFUE in materia di accordi internazionali dell’UE -Parte II- : il parere negativo della Corte non ha quindi effetto ostativo, ma rende necessario ricorrere alla procedura di revisione dei tratti prevista dall’art. 48 TUE, salvo che l’accordo previsto venga modificato in modo da eliminare le ragioni del parere negativo. Le formazioni di giudizio con cui opera la Corte, art 251 TFUE e art. 16 Statuto: - Sezioni composte da 3 o 5 giudici; - Grande sezione, composta da 15 giudici, tra cui il Presidente, il vicepresidente e tre presidenti delle sezioni a 5: è convocata quando lo richiede uno Stato membro o un'istituzione dell’ UE che è parte in causa; - Seduta plenaria, con la partecipazione di tutti i giudici, convocata per hp particolari o ove la Corte reputi che un giudizio pendente dinanzi ad essa rivesta importanza eccezionale. La procedura dinanzi alla Corte si divide in due fasi: 1) La fase scritta: consiste nello scambio o deposito di memorie scritte; 2) La fase orale: consiste in un’udienza con le parti e nella lettura o deposito delle conclusioni dell’avvocato generale. Successivamente la Corte si riunisce in camera di consiglio per deliberare. La sentenza è letta in pubblica udienza. IL TRIBUNALE DELL’UE - I TRIBUNALI SPECIALIZZATI 32 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno istituire tribunali specializzatiaffiancati al Tribunale e incaricati di “conoscere in primo grado di talune categorie di ricorsi proposti in materie specifiche” (art 257 TFUE). L'istituzione avviene attraverso un regolamento, che stabilisce composizione e portata delle competenze. La nomina dei membri è affidata al Consiglio, che delibera all'unanimità. Le sentenze dei tribunali spec. sono impugnabili davanti al Tribunale per soli motivi di diritto, 0, se previsto dal regolamento, anche per motivi di fatto. Il “riesame” della decisione del Tribunale davanti alla Corte di G è prevista solo eccezionalmente e alle condizioni e limiti previsti dallo Statuto, ove sussistano gravi rischi che l'unità o la coerenza del diritto dell'Unione siano compromesse (art 256, par.2, 2° comma). Per queste ipotesi eccezionali, dunque, vi saranno 3 livelli di giudizio (trib spec, Tribunale, Corte di G). Il primo tribunale specializzato esiste già: nel 2004, una decisione del Consiglio ha istituito il Tribunale della funzione pubblica dell’UE (TFP), il quale è competente in primo grado a pronunciarsi in merito alle controversie tra le Comunità e i loro agenti ai sensi dell’art 236 Trattato CE (ora 268 TFUE) e dell’art 152 trattato CEEA, comprese le controversie tra gli organi e il loro personale, per le quali la competenza è attribuita alla Corte di G (c.d. contenzioso del personale). Il TFP è composto di soli 7 giudici -aumentabile-, ed i giudici devono offrire le garanzie di indipendenza e possedere la capacità per l'esercizio di funzioni giurisdizionali. La nomina: è affidata al Consiglio, che decide all'unanimità, previa consultazione di un comitato composto da 7 personalità scelte tra ex giudici della Corte di G e del Tribunale e tra giuristi di notoria competenza. La Corte dei Conti, la BCE e altri organi (cenni) La CORTE DEI CONTI è un organo di individui (non rappresenta istanze governative=non vincolati da mandato). La COMPOSIZIONE comprende un cittadino di ciascuno Stato membro - art 285 TFUE- ed i membri sono nominati dal Consiglio a maggioranza qualificata, previa consultazione del Parlamento eu conformemente alle proposte presentate da ciascuno Stato membro, e per un mandato di 6 anni. I requisiti di indipendenza e di professionalità dei membri sono analoghi a quelli peri giudici della Corte di Giustizia. Le FUNZIONI della Corte dei Conti, art 285 e 287 TFUE: ha il compito di assicurare il controllo dei conti dell'UE, in particolare essa esamina i conti di tutte le entrate e le spese dell’UE, nonché quelli di ogni organo creato dall’ UE, nella misura in cui l’atto costitutivo non escluda tale esame. Inoltre, controlla la legittimità e la regolarità delle entrate e delle spese ed accerta la sana gestione finanziaria. L’atto più rilevante della Corte dei Conti è la relazione annuale redatta a fine di ogni esercizio. La Corte non ha nessun potere di annullare atti irregolari o idi impedirne l’esecuzione: interviene a posteriori, ma non ha nemmeno autonomo potere sanzionatorio. Vi sono altri organi nel quadro istituzionale dell’ Unione, che svolgono funzioni consultive o preparatorie. In particolare, vi sono due organi di individui (art 13, par.2, TUE): 35 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno Il COMITATO ECONOMICO E SOCIALE: composto da rappresentanze delle organizzazioni dei datori di lavoro, di lavoratori dipendenti e di altri attori rappresentativi della società civile. Il numero dei membri —non superiore a 350-, è stabilito dal Consiglio con delibera all’unanimità su proposta della Commissione. I membri sono nominati dal Consiglio a maggioranza qualificata “conformemente alle proposte presentate da ciascuno Stato membro”, previa consultazione della Commissione. Il COMITATO DELLE REGIONI: composto da rappresentanti delle collettività regionali e locali, che siano titolari di un mandato elettorale nell’ambito di una collettività regionale o locale o politicamente responsabili dinanzi ad un'assemblea eletta, per il numero di membri e la nomina valgono le regole del Comitato economico e sociale. Entrambi i Comitati devono essere consultati da Parlamento eu, Consiglio e Commissione quando è previsto dai trattati (parere obbligatorio ma non vincolante) o quando è opportuno (parere facoltativo). GLI ORGANI CREATI NELL’AMBITO DELL’UEM La BANCA CENTRALE EUROPEA (BCE) e il Sistema Europeo delle Banche Centrali (SEBC) —art 282 TFUE-. La BCE ha personalità giuridica, ed ha il diritto esclusivo di autorizzare l'emissione dell’euro ed è indipendente nell’esercizio dei suoi poteri e nella gestione delle sue finanze. Si articola in: Comitato esecutivo: organo di individui, composto da un Presidente, un vicepresidente e 4 membri —scelti in funzione delle loro competenze monetarie e in carica per 8 anni-, nominati dal Consiglio europeo con maggioranza qualificata, su raccomandazione del Consiglio, previa consultazione del Parlamento eu e del Consiglio direttivo. Consiglio direttivo: composto da membri del Comitato esecutivo e dai Governanti delle Banche centrali nazionali degli Stati membri con moneta euro. L’art 130 TUE impone alla BCE e alle Banche centrali nazionali di garantire l'indipendenza della loro azione rispetto agli Stati membri e alle altre istituzioni dell’ UE. Il funzionamento e l’organizzazione della BCE e del SEBC sono oggetto del Protocollo n.4 sullo Statuto del Sistema Europeo delle Banche Centrali e della Banca Centrale Europea, e del TFUE: questi attribuiscono alla BCE il potere nelle materie di sua competenza di stabilire regolamenti e di prendere decisioni con atti identici a quelli dell’art 288 TFUE. Le funzioni della BCE e del SEBC sono disciplinate dagli art 127 e 128 TFUE: l’obiettivo principale del SEBC è il mantenimento della stabilità dei prezzi ed esso agisce in conformità del principio di un'economia di mercato aperta e in libera concorrenza. Inoltre, definisce ed attua la politica monetaria dell’UE, svolge operazioni sui cambi, detiene e gestisce le riserve ufficiali in valuta estera degli Stati membri. La BCE ha altresì il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote in euro all’interno dell'UE. Gli artt 308 e 309 hanno ad oggetto la Banca Europea degli Investimenti (BEI), dotata di una propria personalità giuridica, ne sono membri gli Stati che ne sottoscrivono il capitale. La sua funzione è di facilitare mediante concessione di prestiti e garanzie, non a scopo di lucro, il finanziamento di progetti indicati all’art 309 TFUE e finalizzati a contribuire allo sviluppo equilibrato e senza scosse del mercato interno. 36 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno 37 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno inscindibilmente tanto la tutela dell’ambiente quanto l'eliminazione delle disparità nelle condizioni di concorrenza-> la base giuridica è tanto nell’art 192 TFUE quanto nell’art 114 TFUE. Questa soluzione eccezionale non è sempre ammissibile: non vale in particolare se le disposizioni prevedono procedure decisionali incompatibili. Confermato dalla Corte, in merito alla sopracitata sentenza: non è possibile adottare entrambe le norme indicate perché l’art 192 prevede che l’atto venisse adottato dal Consiglio su mera consultazione del Parlamento, l’art 114 prevede la procedura di cooperazione. In casi del genere la base giuridica può essere una sola e si dovrà preferire quella che non pregiudica i poteri di partecipazione del Parlamento alla procedura decisionale. Nella sentenza di prima, la Corte conclude infatti che si dovrà seguire la procedure di cui all’art 114. Fino all’entrata in vigore del T. di Lisbona, la soluzione della base giuridica plurima veniva esclusa anche in caso di atti a cavallo tra pilastri diversi. La Corte aveva risolto casi del genere invocando il vecchio art. 47 TUE e assegnando una funzione meramente residuale alle basi giuridiche tratte dal II o dal III pilastro: queste non potevano essere usate tutte le volte che era disponibile una base giuridica contenuta nel TCE (I pilastro). Secondo la giurisprudenza la scelta della corretta base giuridica degli atti adottati riveste un’importanza di natura costituzionale, in quanto preserva le prerogative delle istituzioni nella varie procedure decisionali. Di conseguenza, la base giuridica deve essere sempre indicata e rientra nell’obbligo di motivazione (art 296, 2° comma TFUE). 3. La procedura legislativa ordinaria. Secondo l’art 289 TFUE: “La procedura legislativa ordinaria consiste nell’adozione congiunta di un regolamento, di una direttiva o di una decisione da parte del Palamento europeo e del Consiglio su proposta della Commissione”. In passato era nota come procedura di codecisione -art 251 TCE-: con questa le due istituzioni gestiscono insieme il potere decisionale, agendo il Parlamento ed il Consiglio in questa sede come co-legislatori. La procedura di codecisione fu introdotta dal TUE, che ne prevedeva pochi casi di applicazione. Si affianca inizialmente con la procedura di cooperazione introdotta dall’ AUE. Successivamente, il T. di Amsterdam ne estende la portata e la sostituisce alla procedura di cooperazione. La differenza tra le due procedure consiste nel fatto che nella p. di cooperazione il Consiglio può approvare all’unanimità un atto che sia stato respinto dal Parlamento, nella p. di codecisione in questo caso l’atto si considera definitivamente non adottato. La DISCIPLINA della procedura è all’art. 294 TFUE, e si fonda su un sistema di ripetute letture della proposta dell’atto da parte delle due istituzioni —se ne prevedono 3 massime, ma la procedura può interrompersi prima se sopraggiunge accordo tra le due istituzioni-. In generale, la procedura si apre con la proposta della Commissione. Si riteneva, infatti, che questa fosse la portatrice dell’interesse generale della Comunità, e faceva così contrappeso alla deliberazione del Consiglio, che esprimeva interessi particolari degli Stati membri. Il potere di iniziativa della Commissione non è però assoluto: in casi specifici previsti dai trattati, la proposta degli atti legislativi può essere affidata ad un gruppo di Stati membri o al Parlamento europeo, su raccomandazione della BCE o su richiesta della Corte di giustizia (un esempio è all’articolo 257 TFUE). 40 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno Ad ogni modo, il Parlamento europeo ed il Consiglio(ed il Consiglio europeo) possonosollecitarela Commissione a presentare una proposta, e non è prevista alcuna sanzione nel caso in cui la Commissione non si attivi. Nondimeno, la mancata presentazione di una proposta sollecitata dal Parlamento potrebbe indurlo ad approvare una mozione di censura. In alternativa, né il Consiglio né il Parlamento potrebbero presentare ricorso alla Corte: non sarebbe possibile sostenere che l’astensione della Commissione costituisca violazione dei trattati-> mancherebbe il presupposto per la presentazione del ricorso. Il T. di Lisbona introduce inoltre un istituto di democrazia partecipativa, l’iniziativa dei cittadini, consistente nel diritto dei cittadini dell’Unione -almeno 1 mln, appartenenti ad un numero significativo di stati membri- di invitare la Commissione a presentare una proposta appropriata su materie in merito alle quali tali cittadini ritengono necessario un atto dell’unione, ai fini dell’attuazione dei trattati. È da ritenersi che la Commissione non sia obbligata ad agire. Emendazione della proposta: Abbiamo già detto che la Commissione è portatrice dell’interesse generale dell’ Unione, mentre il Consiglio rappresenta gli interessi individuali di ciascuno Stato membro. Per questo, all’art 293, par. 1, del TFUE si limita al potere del Consiglio di modifica della proposta della Commissione: “il Consiglio può emendare la proposta solo deliberando all’unanimità”, ciò perché il consenso unanime dei rappresentanti degli Stati membri garantisce che l’atto adottato risponda comunque all’interesse generale della Comunità [N.B.: il Consiglio non può stravolgere la proposta della Commis sostanziali => atto annullabile con ricorso alla Corte ex art 263 TFUE]. ione, e se ciò avvenisse sarebbe una violazione di forme L’unanimità del Consiglio non è richiesta tuttavia durante la fase del comitato di conciliazione e la terza lettura. Di contro, vale nella prima e seconda lettura: in queste due fasi il Consiglio può votare a maggioranza qualificata solo se si attiene alla proposta della Commissione. L’unanimità garantisce sì che gli atti del Consiglio perseguano l’interesse generale dell’Unione, tuttavia potrebbe causare una situazione di stallo (es. il Consiglio non vuole approvare la proposta della Commissione così com’è, ma non raggiunge l’unanimità). Per evitare ciò il TFUE prevede che “finché il Consiglio non ha deliberato, la Commissione può modificare la propria proposta in ogni fase delle procedure che portano all’adozione di un atto dell’Unione europea”, e ciò per favorirne l’approvazione da parte del Consiglio a maggioranza qualificata. Tra i poteri della Commissione ex art. 293 TFUE rientra anche il potere di ritirare la proposta. La PROCEDURA: La proposta della Commissione viene indirizzata contestualmente al Consiglio ed al Parlamento. Già in questa fase il Parlamento può avviare negoziati interistituzionali con Consiglio e Commissione secondo lo schema del c.d. trilogo per facilitare il raggiungimento di un accordo sull’atto. La prima lettura consiste nell’adozione di una “posizione” da parte del Parlamento, poi trasmessa al Consiglio. Il Consiglio può : 41 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno e Approvare la posizione del Parlamento: in questo caso l’atto è approvato. [Se il Parlamento si è conformato alla proposta della Commissione, il Consiglio approva a maggioranza qualificata. Se il Parlamento ha invece emendato la proposta della Commissione, per approvarla il Consiglio delibera all’unanimità]; e Non approvarla: in questo caso il Consiglio adotta a maggioranza qualificata una “posizione in prima lettura”. Si continua in seconda lettura. La seconda lettura: il Parlamento ha 3 mesi per decidere se: e Approvare la posizione in prima lettura del Consiglio o omettere di deliberare entro il termine: l’atto si considera adottato nella formulazione corrispondente alla posizione del Consiglio; e Respingere, rigettare, la posizione a maggioranza assoluta dei membri: la procedura si arresta-> l’atto non è adottato; e Proporre emendamenti, sempre a maggioranza assoluta: in questo caso, la Commissione emette un parere sugli emendamenti, ed il Consiglio (a maggioranza qualificata) sceglie se: a) Approvare tutti gli emendamenti del Parlamento (all’unanimità se il parere della Commissione era contrario): l’atto è approvato definitivamente; b) Non approvare tutti gli emendamenti. In questo caso si apre una fase intermedia: Viene infatti convocato un Comitato di Conciliazione, composto da membri del Consiglio e altrettanti membri del Parlamento. Questo deve approvare entro 6 settimane un “progetto comune” insieme alla Commissione, e se non riesce entro il termine l’atto si considera non adottato. Se invece il Comitato approva un progetto comune, l’atto dovrà essere definitivamente approvato in terza lettura da Parlamento e Consiglio (quest’ultimo a maggioranza qualificata) entro altre 6 settimane. In mancanza di una delle due approvazioni l’atto è non adottato. N.B.: vi sono possibili varianti alla procedura ordinaria: il TFUE a volte prescrive che nel corso di questa si debbano raccogliere i pareri di alcuni organi consultivi (Comitato economico e sociale, Comitato delle regioni); inoltre è da menzionare il Protocollo n.2 sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, il quale prescrive una fase preliminare nel caso in cui la maggioranza dei parlamentari nazionali si siano espressi nel senso che la proposta non rispetta il primo principio. 4. Le procedure legislative speciali: la procedura di consultazione e la procedura di approvazione. Lo svolgimento delle procedure speciali è definito di volta in volta dalle disposizioni che fungono da base giuridica. Il più delle volte si prevedono procedure di consultazione: l’atto è adottato dal Consiglio a maggioranza qualificata o unanimità, previa consultazione del Parlamento. Più RARAMENTE sono previste procedure di approvazione: l’atto deliberato dal Consiglio è sottoposto all’ approvazione del Parlamento. 42 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno e Inaltre ipotesi lo strumento procedurale è associato a procedure legislative speciali, che richiedono una delibera unanime da parte del Consiglio. Lo strumento si presenta qui come una variante che consente di superare —anche se parzialmente- la mancanza di unanimità (sono le ipotesi di istituzione di una Procura europea, cooperazione operativa tra l’autorità di polizia). In queste ipotesi, in mancanza di unanimità, un gruppo di almeno 9 Stati può chiedere che il progetto di atto passi in esame al Consiglio europeo il quale, entro 4 mesi, può approvare o non l’atto. Se lo approva, il progetto è rinviato al Consiglio perché lo adotti. Se non lo approva, almeno 9 Stati possono richiedere la cooperazione rafforzata — uguale a sopra-. 6. Le procedure NON legislative In molti casi i trattati prevedono l’adozione da parte delle istituzioni dell’Unione di atti non legislativi e stabiliscono di volta in volta la procedura decisionali applicabile, categoria molto eterogenea. In particolare, subito adesso esamineremo: a) alcuni esempi di procedure decisionali seguite dal Consiglio europeo e procedure utilizzate dal Consiglio per adozione di atti non legislativi nei settori di ambito del TFUE. b) le procedure applicabili nel settore PESC, la procedura per la conclusione degli accordi internazionali, le procedure per gli atti d’attuazione o di esecuzione della Commissione e la procedura per istituire una cooperazione rafforzata. a) Procedure decisionali per atti non legislativi del Consiglio europeo e del Consiglio: e Il Consiglio europeo. I suoi atti non hanno mai natura legislativa e delibera seguendo procedure diverse da caso a caso, alcune disciplinate in modo diverso rispetto a quelle adottate dal Consiglio, altre disciplinate in modo simile: - Procedure diverse da quelle del Consiglio. Sono di questo tipo le procedure in cui il Consiglio europeo (C.E.) decide in piena autonomia, senza necessità di proposta e senza consultazione o approvazione di altre istituzioni [es: per l’elezione del Presidente del C. E.]. In questo gruppo sono anche classificate alcune procedure in cui la deliberazione del C.E. è subordinata all’approvazione di altra istituzione o organo [es: per la nomina del Presidente della Commissione, proposto dal C.E. di sua iniziativa, è necessaria l’approvazione del Parlamento europeo; o per quella dell’ Alto Rappresentante, in cui serve accordo del Presidente della Commissione]. - Procedure simili a quelle del Consiglio. È una categoria costituita da procedure che si ispirano ai modelli della procedura di consultazione o di approvazione: il Consiglio non agisce di propria iniziativa, ma ha bisogno di una proposta ed in genere è poi tenuto a consultare altre istituzioni o deve ottenerne l’approvazione. 45 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno [Esempio di procedura simile alla p. di consultazione: art. 48 TUE sulle diverse procedure di revisione dei trattati-> il Consiglio europeo agisce su proposta del governo di uno Stato membro, del Parlamento o della Commissione. Esempio di procedura simile alla p. di approvazione: art 7, par.2 TUE-> il Consiglio europeo necessita di una proposta di 1/3 degli Stati membri o della Commissione per constatare l’esistenza di una violazione grave e persistente da parte di uno Stato membro dei valori di cui all’art 2 TUE. In questo caso è anche necessaria l’approvazione del Parlamento europeo]. e Il Consiglio. Quando adotta atti non legislativi nel campo di applicazione del TFUE, il Consiglio segue in generale procedure modellate sulla p. di consultazione e su quella di approvazione. [Esempio di p. uguale a quella di consultazione: art 103, par.1-> i regolamenti e le direttive utili all’applicazione delle regole di concorrenza applicabili alle imprese sono stabiliti dal Consiglio su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento. La procedura di approvazione è applicabile quando il Consiglio adotta disposizioni ai sensi dell’art 352, par 1 TFUE, che si tratti o meno di atti legislativi]. b) Procedure applicabili in altri settori: Le procedure nel settore della PESC Nonostante le modifiche del T. di Lisbona, il settore della PESC resta separato rispetto a tutti gli altri di competenza dell’Unione, anche per quanto riguarda le procedure decisionali applicabili: art 24, par. 1 TUE dice che la PESC è soggetta a “procedure specifiche”. Non sono procedure legislative. Differenze principali con le procedure applicate ai settori che rientrano nel TFUE: Il ruolo del Consiglio europeo: esercita un vero potere decisionale con procedura ad hoc; Le procedure decisionali: sono per lo più deliberazioni del Consiglio all’unanimità, su iniziativa degli Stati membri o dell’Alto Rappresentante (non della Commissione); Il ruolo del Parlamento: molto ridotto-> mera consultazione. Vediamo, quindi, in particolare: » Procedure decisionali seguite dal Consiglio europeo. Il TUE, con una scarna disciplina, gli attribuisce potere decisionali veri e propri-> art 26 par.1 “Il Consiglio europeo individua gli interessi strategici dell'Unione, fissa gli obiettivi e definisce gli orientamenti generali della politica estera e di sicurezza comune, ivi comprese le questioni che hanno implicazioni in materia di difesa. Adotta le decisioni necessarie”. L’unica regola procedurale è all’art 31, par 1: il Consiglio europeo delibera sempre all’unanimità, salvo che sia disposto diversamente. Non è specificato su iniziativa di chi il Consiglio europeo deliberi. 46 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno > Procedure decisionali seguite dal Consiglio in ambito PESC. Si applica anche a quest’istituzione l’art 31, ossia la regola dell’unanimità, salvo che si disponga diversamente. N.B.: posto che le astensioni non escludono l’unanimità, si è cercato di indurre i membri del Consiglio contrari ad una proposta ad astenersi invece che esprimere il voto contrario-> si è creato così L’ISTITUTO DELL’ASTENSIONE COSTRUTTIVA: è una deroga al principio per cui le delibere del Consiglio obbligano tutti gli stati membri anche astenuti. In tal caso, infatti, lo Stato membro contrario ad una decisione non è obbligato ad applicare la decisione, ma accetta che questa impegni l'Unione (per mutua solidarietà, lo Stato membro si astiene da azioni che contrastino o impediscano l’azione dell’Unione basata su tale decisione e gli altri Stati membri rispettano la sua decisione). È un esempio di Europa a più velocità. Questo meccanismo diventa inapplicabile quando 1/3 degli Stati membri vi fanno ricorso (che rappresentano 1/3 della popolazione dell’Unione) -> in questo caso, la decisione non è proprio adottata. Vi è poi la possibilità che le decisioni vengano assunte a maggioranza qualificata, in 4 casi: - Quando il Consiglio adotta una decisione che definisce un'azione o posizione dell'Unione, sulla base di una decisione del Consiglio europeo relativa agli interessi e obiettivi strategici dell'Unione di cui all'articolo 22, paragrafo 1; - Quando adotta una decisione che definisce un'azione o una posizione dell'Unione in base a una proposta dell'Alto Rappresentante presentata in seguito a una richiesta specifica rivolta a quest'ultimo dal Consiglio europeo di sua iniziativa o su iniziativa dell'Alto Rappresentante; - Quando adotta decisioni sull'attuazione di una decisione che definisce un'azione o una posizione dell'Unione; - Quando nomina un rappresentante speciale ai sensi dell'articolo 33. Peraltro, la pur limitata possibilità di assumere decisioni a maggioranza qualificata può essere paralizzata grazie alla clausola di salvaguardia art 31, par.2: “Se un membro del Consiglio dichiara che, per specificati e vitali motivi di politica nazionale, intende opporsi all'adozione di una decisione che richiede la maggioranza qualificata, non si procede alla votazione. L'alto rappresentante cerca, in stretta consultazione con lo Stato membro interessato, una soluzione accettabile per quest'ultimo. In mancanza di un risultato il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può chiedere che della questione sia investito il Consiglio europeo, in vista di una decisione all'unanimità”. Potere di iniziativa: Ogni Stato membro e l’Alto Rappresentante (da solo o con la Commissione) possono sottoporre al Consiglio questioni di ambito PESC e presentare iniziative o proposte. Non esclude che il Consiglio possa agire di propria iniziativa. Parlamento europeo: non svolge alcun ruolo nell’ambito PESC. L’ Alto Rappresentante lo consulta regolarmente sui principali aspetti e sulle scelte fondamentali e provvede affinché le sue opinioni siano prese in considerazione. Il Parlamento può rivolgere interrogazioni o dare raccomandazioni al Consiglio o all’ Alto Rappresentante. 47 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno controllo saranno stabiliti dal Parlamento e dal Consiglio, deliberando con regolamenti e con p. legislativa ordinaria. [Piccola delega di poteri ulteriore a pagina 141, 9.4]. La procedura per instaurare una cooperazione rafforzata L'istituto della cooperazione rafforzata si affermò col T. di Amsterdam ed è l’espressione massima dell’Europa a più velocità: lo scopo è l’utilizzo, da parte degli Stati membri, le procedure e i meccanismi decisionali previsti dai trattati per instaurare tra loro forme di cooperazione non condivise da tutti gli Stati membri. La disciplina dell’istituto è all’art 20 del TUE e negli artt da 326 a 334 del TFUE. I requisiti materiali per instaurare una cooperazione rafforzata: Alcuni devono essere ricercati già nella procedura di autorizzazione (la coop rafforzata deve riguardare una competenza non esclusiva dell’Unione; deve essere intesa a promuovere gli interessi dell’Unione, a proteggere i suoi interessi, essere aperta a qualsiasi Stato; deve essere autorizzata in ultima istanza), Altri riguardano più da vicino il contenuto della misura da adottare (tale misura deve rispettare i trattati e il diritto dell'UE; non può recare pregiudizio al mercato interno né alla coesione economica, sociale e territoriale;...). La procedura perl’autorizzazione ad instaurare una cooperazione rafforzata è diversa a seconda che l’oggetto riguardi o meno la PESC: - Per la PESC: art 329, par. 2 TFUE dispone che-> la richiesta di instaurare la coop raff è presentata dagli Stati interessati al Consiglio e trasmessa all’ Alto Rappresentante e alla Commissione (affinché esprimano un parere sulla coerenza con la PESC e con le politiche europee) e al Parlamento per conoscenza. Il consiglio dà autorizzazione all’ unanimità. - Perglialtri settori: gli Stati interessati trasmettono la richiesta alla Commissione, la quale può presentare al Consiglio la proposta o rifiutarsi di farlo (motivando il rifiuto). L'autorizzazione è concessa con p. di approvazione: il Consiglio delibera (a maggioranza qualificata) previa approvazione del Parlamento. La composizione delle istituzioni, le modalità deliberative e le procedure decisionali applicabili sono quelle ordinarie. L’unica particolarità riguarda il Consiglio: i rappresentanti di Stati membri non partecipanti non possono votare, dunque il quorum per raggiungere la maggioranza qualificata è proporzionale rispetto agli Stati partecipanti. Per l’ambito della PESD (Politica Europea di Sicurezza e Difesa, è una componente della PESC) è applicabile un istituto analogo, c.d. cooperazione strutturata permanente (“permanente” per distinguerla dalla cooperazione ex art 42 TUE per lo volgimento di missioni civili o militari). Gli stati membri che rispondono a criteri più elevati in termini di capacità militari e che hanno sottoscritto impegni più vincolanti in materia ai fini delle missioni più impegnativi, possono instaurare tra di loro una cooperazione di tale tipo. La disciplina è simile a quella applicabile alla cooperazione rafforzata. 50 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno PARTE II L’ORDINAMENTO DELL’UNIONE Considerazioni generali. Il complesso di norme del TUE e del TFUE costituisce o no un ordinamento giuridico autonomo? Inizialmente, la questione si era posta in riferimento alle CE e al solo diritto comunitario. Nella sentenza del 1963, causa 26/62, Van Gend & Loos la Corte di Giustizia conclude che “la Comunità costituisce un ordinamento giuridico di nuovo genere nel campo del diritto internazionale, a favore del quale gli Stati hanno rinunziato, anche se in settori limitati, ai loro poteri sovrani, ordinamento che riconosce come soggetti, non soltanto gli Stati membri ma anche i loro cittadini”; concezione ribadita dalla sentenza del 1964, causa 6/64, Costa c. Enel dove la Corte rileva che, “a differenza dei comuni trattati internazionali, il Trattato C.E.E. ha istituito un proprio ordinamento giuridico, integrato nell'ordinamento giuridico degli Stati membri all'atto dell'entrata in vigore del Trattato e che i giudici nazionali sono tenuti ad osservare”. Secondo la Corte gli Stati membri hanno limitato, sia pure in campi circoscritti, i loro poteri sovrani e creato quindi un complesso di diritto vincolante per i loro cittadini e per loro stessi. A differenza dei trattati internazionali tradizionali, l'allora TCE comporta delle vere limitazioni alla sovranità degli Stati membri ed entra nella sfera giuridica di questi: ciò ci segnala l'autonomia del diritto comunitario rispetto al diritto interno degli Stati. Inoltre, l’applicazione del diritto comunitario nei settori assegnati alla sua sovranità non è subordinata all’adozione da parte degli Stati di misure interne di adattamento (p. di efficacia diretta) e non è possibile che la sua applicazione sia ostacolata da provvedimenti nuovi o preesistenti degli Stati membri contrari a ciò che il diritto comunitario prevede (p. del primato). Conclusione: secondo la Corte di Giustizia l'’ORDINAMENTO COMUNITARIO è autonomo rispetto all’ordinamento internazionale generale e rispetto agli ordinamenti interni degli Stati membri. Questo discorso la Corte lo fece in merito al diritto comunitario. Può dirsi lo stesso per l’ordinamento dell’Unione nel suo complesso? (Anche per i settori degli allora Il e III pilastro, quindi, che mantenevano caratteristiche di stampo intergovernativo) Dopo il T. di Lisbona la soppressione della CE come ente autonomo rispetto all’Unione, la —parziale- abolizione della struttura a pilastri e il riconoscimento all’Unione di personalità giuridica (art 47 TUE) rendono di facile intuizione la considerazione che il nuovo ordinamento UE tende all’unicità e all’onnicomprensività [la risposta è Sì]. Il sistema delle fonti e gerarchia delle fonti del diritto. a) Itrattati, i principi generali del diritto, la Carta dei diritti fondamentali dell’PE; diritto primario 51 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno b) Diritto internazionale generale e accordi internazionali conclusi dall’ Unione chn Stati terzi; fonti interm. c) Gli atti di base adottati dalle istituzioni; diritto derivato d) Gliatti di attuazione o esecuzione adottati da Commissione e Consiglio. La distinzione fondamentale resta quella tra diritto primario (a)e diritto secondario o derivato (c, d), a cui si aggiunge la categoria delle fonti intermedie (b). All’ interno del diritto derivato o secondario vi è gerarchia tra atti di base ed atti d’attuazione o di esecuzione. Lo vedremo dopo. Analizziamo le fonti una ad una. DIRITTO PRIMARIO (Trattati, principi generali del diritto, Carta dei diritti fondamentali dell'UE) 1. Itrattati Le fonti di diritto primario sono per lo più i trattati: TFUE e TUE. Il rapporto tra i due: hanno pari natura giuridica[art 1 TUE “l'Unione si fonda sul presente trattato e sul tfue” e “i due tratti hanno lo stesso valore giuridico”, concetti ribaditi dall’art.1 TFUE], ma da un punto di vista funzionale si trovano in rapporto gerarchico poiché il TFUE è servente al TUE-> hanno un legame funzionale per cui il TUE è contenitore di disposizioni più importanti, mentre il TFUE contiene quelle considerate di minore importanza o di dettaglio (in ogni caso funzionali al TUE). Natura di fonti primarie hanno anche i Protocolli e gli Allegati ai trattati, che ne costituiscono parte integrante. Qual è la natura giuridica dei trattati? Due soluzioni: - Sono semplici trattati internazionali. Considerando che TCE, TUE e tutti i trattati che li hanno succeduti, sono stati conclusi nelle forme e secondo procedimenti propri di un normale trattato internazionale; - Vanno considerati, nell’insieme, come una carta costituzionale. In una prospettiva interna al sistema giuridico dell’Unione, si osserva che i trattati definiscono la struttura istituzionale dell’Unione, i settori attribuiti alla sua competenza, prevedono una serie di principi e regole di base. Inoltre, la disciplina dei trattati è inderogabile se non tramite revisione ex art 48 TUE. Infine, all’interno dell’UE opera una Corte di giustizia che assicura il rispetto dei trattati e del diritto generale. Certo è che non si tratti di una costituzione di tipo statuale, tuttavia non soddisfa la tesi che i trattati siano meri trattati internazionali. Sta di fatto che la Corte di giustizia considera i trattati come una vera costituzione. Nel parere 1/91 del 1991 disse che “i/ trattato CEE, benché concluso in forma di accordo internazionale, costituisce la carta costituzionale di una comunità di diritto”. Ciò si riflette nei criteri interpretativiseguiti dalla Corte, che si discostano molto da quelli usati per i trattati internazionali: ricorre spesso a criteri contestuali e teleologici, piuttosto che attenersi al dato testuale delle norme. 52 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno Perciò, l’avvio della procedura è agevolato dal fatto che il Consiglio eu può deliberare a maggioranza semplice. Tuttavia in seguito sarà necessario l'accordo unanime degli Stati membri sul trattato di revisione. L'entrata in vigore è subordinata alla ratifica da parte di tutti gli Stati membri. N.B.: è rimessa a ciascuna Costituzione nazionale definire le forme della ratifica e stabilire se questa debba avvenire come per qualsiasi trattato internazionale o se sia necessario seguire procedure speciali. Le costituzioni nazionali stabiliscono se e in che caso la ratifica debba essere sottoposta a referendum popolare. Il paragrafo 5 dell’art 48 dovrebbe facilitare l’entrata in vigore del trattato di revisione: evoca la possibilità che il Consiglio eu decida misure che favoriscano l’entrata in vigore del trattato di revisione nonostante la mancata ratifica da parte di un unico Stato membro o di un numero limitato di S.m. Le procedure semplificate di revisione: art 48 paragrafi 6 & 7: Quella al paragrafo 6:può avere ad oggetto soltanto modifiche totali o parziali revisione delle politiche e azioni interne dell’UE (riguardanti ad esempio l’agricoltura e la pesca, il mercato interno, i controlli alle frontiere, la politica economica e monetaria). L'obiettivo è agevolare una sempre maggiore integrazione europea in questi settori. Tale procedura evita (ed è la differenza con quella ordinaria) che ci sia la necessità di convocare una convenzione europea e una conferenza intergovernativa: è il Consiglio eu a definire le modifiche. Tuttavia, tale procedura non può comportare alcuna estensione delle competenze attribuite all’ Unione dai trattati. © È pertanto escluso che vi rientri tutto ciò che riguarda l’azione esterna ed anche le disposizioni di carattere istituzionale della parte II sulle modalità di voto del Consiglio e la scelta tra procedura legislativa ordinaria e procedure legislative speciali. Le fasi della procedura: - Il Governo di uno Stato membro, il Parlamento EU o la Commissione presentano al Consiglio un progetto di modifica; - Adozione delle modifiche da parte del Consiglio eu con decisione all’UNANIMITÀ, previa consultazione del Parlamento eu e della Commissione; - Entrata in vigore della decisione del Consiglio eu previa approvazione degli Stati membri conformemente alle rispetti norme costituzionali. Quella al paragrafo 7, la procedura passerella: può avere ad oggetto solo le disposizioni del TFUE o del Titolo V del TUE (PESC) che prevedono che: a) Il Consiglio deliberi all’unanimità in un settore o in un caso determinato; b) Il Consiglio adotti atti legislativi secondo una procedura legislativa speciale. Nel caso a) è possibile stabilire che il Consiglio deliberi a maggioranza qualificata, nel caso b) che si passi alla procedura legislativa ordinaria => procedura passerella. Le fasi della procedura: - Iniziativa del Consiglio eu; - Trasmissione dell’iniziativa ai parlamenti nazionali. Ciascuno di questi, entro 6 mesi, può opporsi all'iniziativa -impedendo che la procedura prosegua-; 55 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno - In assenza di opposizioni, il Consiglio eu delibera con decisione all’unanimità, previa approvazione del Parlamento eu. Qui, le differenze con la procedura ordinaria sono importanti: invece della ratifica da parte degli Stati membri, è sufficiente delibera unanime del Consiglio eu con approvazione del Parlamento eu. Non è dunque mai prevista una fase che si svolga al di fuori del circuito istituzionale dell’ Unione; però l’assenza di intervento diretto da parte degli Stati membri è compensata dall’obbligo di notificare ogni iniziativa del Consiglio eu —prima che deliberi- ai parlamenti nazionali e dal loro potere di porre il veto, opponendosi. Procedure speciali previste dalle clausole dei trattati: Permettono di modificare solo alcuni articoli o aspetti specifici. In generale, l’elaborazione e l’approvazione delle modifiche è affidata alla delibera unanime del Consiglio eu o del Consiglio ma l’entrata in vigore è subordinata all’approvazione degli Stati membri conformemente alle loro norme cost [es art 42 par 2 TUE]. Ci sono dei limiti intrinseci al potere di revisione? Ci sono parti dei trattati non modificabili? L’art 48 non prevede nulla al riguardo. I toni usati dalla Corte in una sentenza del 1991 sembrano implicare che l’introduzione di norme che pregiudichino il sistema giurisdizionale previsto dai trattati, alterando la funzione giurisdizionale della Corte o restringendo la portata della competenza della stessa, non sarebbe consentita, nemmeno ricorrendo alla procedura di revisione di cui all’art 48 TUE. Si ritengono del pari immodificabili le norme che costituiscono il nocciolo duro dell’ordinamento dell’Unione, quali l’art 2 TUE (che definisce i valori dell’Unione), l’art 6 almeno nel par.3 (che impone all'Unione il rispetto dei diritti dell’uomo come principi generali del diritto), e l’art 14 TFUE (che stabilisce il principio del mercato interno). Altri modi di modificare i trattati-> La procedura di adesione, art 49. Un altro modo di modificare i tratti è previsto all’art 49 TUE, che disciplina la procedura di adesione all'Unione da parte di nuovi Stati. Può presentare domanda di adesione ogni Stato europeo (condizione geografica) che rispetti i valori di cui all’art 2 TUE (rispetto dignità umana, libertà, democrazia, uguaglianza, delle minoranze..) e si impegni a promuoverli (condizione politica). La procedura di adesione si articola in una fase interna al circuito UE ed una esterna, affidata agli Stati m.: - La domanda di adesione è presentata al Consiglio e ne vengono informati Parlamenti eu e nazionali; - La domanda è approvata all’unanimità dal Consiglio, previa consultazione della Commissione e approvazione del Parlamento eu, tenuto conto dei criteri di ammissibilità convenuti dal Cons Eu; - Le“condizioni per l'ammissione” e “gli adattamenti dei trattati da essa determinati” sono oggetto di un trattato concluso —l’Atto di adesione- tra gli Stati membri e lo Stato candidato, che deve essere ratificato da tutti gli Stati contraenti. 56 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno Dunque a decidere sull’ammissione del nuovo Stato sono il Parlamento ed il Consiglio. Il trattato — con allegato un Arto di adesione- è invece definito dagli Stati, che devono poi ratificarlo. L’Atto di adesione ha il solo scopo di stabilire gli adattamenti che l’adesione del nuovo Stato comporterà: sono modifiche minoris generis rispetto a quelle approvate con procedura ex art 48, e consistono spesso in un ampliamento della composizione delle istituzioni e degli organi per assicurare la rappresentanza del nuovo Stato. ! -> Nella prassi ci si è discostati dalla procedura dell’art 49-> innanzitutto, il negoziato sull’adesione e quello dell’ Atto di adesione si svolgono contemporaneamente, così che i due atti portino la stessa data. Inoltre, la procedura si svolge sotto il controllo diretto del Consiglio eu. In più, gli ultimi allargamenti (Bulgaria, Romania, Croazia) hanno visto l'affermarsi di una fase preliminare, detta di pre-adesione, nel corso della quale lo Stato candidato dimostra di rispondere ad alcuni criteri. Quando la Commissione attesta il rispetto dei criteri, il Consiglio eu autorizza l’apertura dei veri negoziati di adesione. Per assistere gli Stati candidati nel loro sforzo per arrivare a soddisfare i criteri di cui sopra, l'Unione conclude con questi degli accordi di pre-adesione. sati dal Consiglio eu nel 1993: - Criteri politici: lo Stato candidato deve avere raggiunto una stabilità istituzionale che garantisca la democrazia, il p. di legalità, i diritti umani, il rispetto e la protezione delle minoranze; I criteri da verificare sono stati fis - Criteri economici: lo Stato candidato deve dimostrare l’esistenza di una economia di mercato funzionante e la capacità di rispondere alle pressioni concorrenziali di mercato dell'UE; - Criteri relativi all’acquis comunitario: è richiesta la capacità di assumersi gli obblighi di tale appartenenza, inclusa l'adesione agli obiettivi di un’ Unione economica e monetaria. Possibilità di recesso dall'Unione: introdotta dal T. di Lisbona, art 50 TUE. Lo Stato membro notifica l'intenzione di recedere al Consiglio eu; ne segue la conclusione di un accordo tra l’ Unione e lo Stato interessato volto a definire le modalità del recesso. Il recesso può avvenire però anche in mancanza di tale accordo: decorsi due anni dalla notifica dell’intenzione, i trattati cessano comunque di applicarsi allo Stato interessato: è un vero e proprio diritto di recesso unilaterale, non subordinato all’ assenso di UE o altri Stati. È possibile modificare i trattati al di fuori delle procedure previste a tale scopo? - Sesi considerassero i trattati in veste di trattati internazionali, la risposta sarebbe sì. - Sesi tiene conto, invece, della loro funzione costituzionale si conclude che le procedure ex art 48 TUE e le altre a questo preposte devono essere considerate obbligatorie: tentare di introdurre eventuali modifiche senza seguirle le renderebbe (le modifiche) prive di valore giuridico. La Corte di Giustizia non si è mai pronunciata sul merito, ma è da ritenersi che la risposta della Corte sarebbe in tale ultimo senso. Va ricordata in proposito la netta presa di posizione della Corte contro il riconoscimento della possibilità che il TCE venisse modificato da una prassi difforme di Stati membri o istituzioni. 2. I principi generali del diritto 57 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno tenendo in debito conto le spiegazioni cui si fa riferimento nella Carta, che indicano le fonti di tali disposizioni. 2. L'Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Tale adesione non modifica le competenze dell'Unione definite nei trattati. 3. I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell'Unione in quanto principi generali”. Dal testo risulta che la protezione dei diritti umani nell’ordinamento dell’UE trova la sua disciplina in una pluralità di fonti: Carta dei diritti fondamentali dell’UE, la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’ Uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), i principi generali di cui fanno parte i diritti fondamentali garantiti dalla CEDU e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri. Per il momento la CEDU non vincola direttamente l’unione, anche se il suo contenuto contribuisce a formare i principi generali menzionati al par. 3 dell’art 6. Il processo: Nell’articolo 6 sono confluiti i risultati di un lungo e tormentato processo, così umibile: Inizialmente, la totale assenza di ogni riferimento alla tutela dei diritti fondamentali nel TCE aveva portato la Corte di giustizia a teorizzare (dagli anni ’70) l’esistenza di principi generali che assicuravano la protezione di tali diritti e per la cui ricostruzione occorreva ispirarsi ai trattati internazionali in materia (CEDU) e dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri. Successivamente il TUE, nella versione originale, recepì l’impostazione data dalla giurisprudenza della Corte attraverso l’allora art 6, al paragrafo 2, il cui contenuto è ripreso nell’attuale paragrafo 3 dell’art 6. Presto però si avvertì la necessità di conferire una fonte più precisa alla tutela dei diritti fondamentali da parte della CE e poi dall’Unione. Inizialmente si pensò che la CE potesse aderire formalmente alla CEDU, ma tale progetto si arenò di fronte al parere 2/94 del 1996 della Corte, la quale escluse che la CE avesse la competenza necessaria. La volontà di assicurare l'adesione dell’ Unione alla CEDU non è venuta meno: il par.2 dell’art 6 contiene infatti una norma che autorizza tale adesione, stabilendo che l'Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Il fatto che l’UE non sia parte contraente della CEDU ha creato nel tempo difficoltà per stabilire la competenza degli organi di controllo di tale Convenzione in caso di violazione di tali diritti collegati ad atti riconducibili alle istituzioni dell’Unione. L'articolo 1 del Protocollo n. 8 sull’art 6 richiede che l’accordo di adesione preveda “i meccanismi necessari per garantire che i procedimenti avviati da Stati non membri e le singole domande siano indirizzate correttamente, a seconda dei casi, agli Stati membri e/o all'Unione”. Il progetto di accordo prevede in proposito l’istituto di un co-difensore, che permette all’UE di intervenire nel caso di un ricorso presentato contro uno o più Stati membri e ad ogni Stato membro di intervenire nei ricorsi presentati contro la UE quando il ricorso abbia ad oggetto la conformità del diritto della UE con la CEDU. 60 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno Nell’impossibilità di pervenire rapidamente all’adesione dell’Unione alla CEDU, si è deciso di redigere un autonomo catalogo di diritti fondamentali->la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, ossia la c.d. Carta di Nizza del 2000. Il suo valore giuridico è rimasto incerto finché l’art 6 ha previsto non solo che L'Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea ma soprattutto che ha lo stesso valore giuridico dei trattati. Tornando agli anni °70, nello specifico: L'affermazione della giurisprudenza della Corte di giustizia secondo cui esistono principi generali del diritto che proteggono i diritti fondamentali e che vincolano le istituzioni è strettamente collegata alla presa di posizione assunta dalle Corti Costituzionaliitaliana tedesca nelle pronunce del 1973 e del 1974. Entrambe le Corti partono dal presupposto che le norme costituzionali che hanno loro permesso di aderire alla CE non consentono di derogare a quelle altre norme costituzionali che definiscono e proteggono i diritti fondamentali della persona umana. Ne deriva che tali norme devono essere rispettate anche dagli atti adottati dalle istituzioni dell’Unione. In caso contrario, le dure Corti si riservano il potere di assicurare la prevalenza delle norme costituzionali impedendo che l’atto comunitario trovi applicazione nell’ord interno. Nella sentenza del 1973, n. 183, Frontini, la Corte cost italiana ritiene che nel caso di atti delle istituzioni che violassero “i principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale o i diritti inalienabili della persona umana, sarebbe sempre assicurata la garanzia del sindacato di questa Corte sulla perdurante compatibilità del Trattato con i predetti principi fondamentali”. La Corte allude alla POSSIBILITÀ DI DICHIARARE L'ILLEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE della legge di autorizzazione alla ratifica e l’ordine d’esecuzione del TCE. La Corte esclude, invece, di poter operare il proprio controllo direttamente sugli atti comunitari in questione. Per una soluzione diversa: ordinanza del 1974 “Solange I” della Corte federale tedesca-> la Corte T. allude ad UN POSSIBILE CONTROLLO DIRETTO DA PARTE SUA SUL’ATTO COMUNITARIO in causa, imponendo tuttavia al giudice che volesse rimettere una questione di costituzionalità del genere, di interrogare preventivamente la Corte di G ex art 267 TFUE. L’ordinanza sottolinea però il carattere provvisorio della soluzione. La ragionevole soluzione prospettata dalle Corti Costituzionali italiana e tedesca comportava però un grande attentato al carattere unitario del diritto comunitario: l’atto giudicato in contrasto non avrebbe trovato applicazione nell’ordinamento italiano o tedesco, pur restando applicabile negli altri Stati membri. Negli stessi anni, la Corte di giustizia elaborò in via giurisprudenziale una forma “comunitaria” di tutela dei diritti fondamentali in una serie di sentenze tale tutela viene ricondotta ai principi generali del diritto che le istituzioni devono rispettare e la cui osservanza è sottoposta al controllo della Corte. Secondo l’impostazione della Corte: - I diritti fondamentali vanno tutelati nell’ordinamento comunitario in quanto rientranti nei principi generali del diritto; - AI fine di definire il contenuto di tali diritti e la portata della tutela che deve essergli accordata, la Corte utilizza quale fonte di ispirazione: 61 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno a) Le tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e b) Itrattati internazionali in materia di tutela dei diritti dell’uomo. Sentenza Nold 14 maggio 1974: la Corte ribadisce che “i diritti fondamentali fanno parte integrante dei principi generali del diritto, di cui la corte di giustizia garantisce l'osservanza”. Precisa inoltre che “nel garantire la tutela di tali diritti, la corte è tenuta ad ispirarsi alle tradizioni costituzionali comuni agli stati membri”, nonché ai “trattati internazionali relativi alla tutela dei diritti dell' uomo, cui gli stati membri hanno cooperato o aderito”. Sentenza Internationale Handelsgesellschaft 17 dicembre 1970: la Corte afferma: “La validità degli atti emananti dalle istituzioni della Comunità può essere stabilita unicamente alla luce del diritto comunitario. Il diritto nato dal trattato, che ha una fonte autonoma, per sua natura non può infatti trovare un limite in qualsivoglia norma di diritto nazionale senza perdere il proprio carattere comunitario e senza che sia posto in discussione il fondamento giuridico della stessa Comunità”. La soluzione elaborata dalla giurisprudenza è stata poi recepita dall’art 6 TUE nella sua versione originale. 1 -> Va segnalato che, comunque, l'impostazione della Corte di giustizia al problema della tutela dei diritti fondamentali nell’ordinamento dell’ Unione non ha soddisfatto le Corti Costituzionali italiana e tedesca, e non le ha indotta a rinunciare alla pretesa di assicurare un autonomo controllo sul rispetto di tali diritti da parte delle istituzioni. La Corte ha affermato che finché l’UE e la Corte di Giustizia garantiranno una protezione effettiva dei diritti fondamentali contro l’esercizio dei propri poteri sovrani, la Corte Costituzionale tedesca non eserciterà più la sua competenza relativamente all’applicazione del diritto comunitario derivato. Nella sentenza del 1984 n 170, Granital, la Corte ita ha ribadito quanto affermato nella sentenza “Frontini”, circa la sua competenza a controllare la persistente compatibilità con i principi fondamentali del nostro ordinamento della legge d’esecuzione del TCE. La Corte federale tedesca, per contro, nella sentenza del 1986 “Solange II’, ha ritenuto che “fino a quando le Comunità eu e, in particolare, la giurisprudenza della Corte di G delle Comunità europee garantiranno in generale una protezione effettiva dei diritti fondamentali contro l’esercizio dei propri poteri sovrani, che possa essere considerata per l'essenziale di livello uguale a quello della tutela inalienabile dei diritti fondamentali assicurata dalla Legge fondamentale, e che garanti; particolare su un piano generale la sostanza di questi diritti, la Corte tedesca non eserciterà più la sua competenza relativamente all’applicazione del diritto comunitario derivato”. In un’altra più recente sentenza, la Corte tedesca che le condizioni per considerare ammissibili ricorsi o rinvii costituzionali aventi ad oggetto atti delle istituzioni accusati di ledere i diritti fondamentali garantiti dalla LF, sono estremamente restrittive: non basta sostenere che in un caso specifico il livello di protezione dei diritti umani assicurato dall'UE è inferiore a quello garantito dalla LF, ma è necessario anche sostenere che la protezione dei diritti fondamentali di volta in volta indispensabile non è raggiunta in termini generali, ponendo a confronto il livello nazionale di protezione con in quello comunitario. 62 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno Convenzione che ha redatto la Carta e aggiornate sotto la responsabilità del Presidium della Convenzione europea”. Sembrerebbe quindi che la Carta non abbia carattere normativo, non crea quindi diritti che non siano già ricavabili dalle fonti richiamate: la Carta avrebbe dunque carattere documentale, perché riassumerebbe in un unico documento l’elenco e la descrizione dei diritti ricavabili da suddette fonti e facenti già parte dei principi generali del diritto vincolanti per l’ Unione. Eppure il rapporto tra le fonti richiamate dalla Carta solleva alcune difficoltà: si pone il problema di stabilire come regolarsi nel caso di incongruenza tra i diritti previsti dalla Carta e quelli ricavabili dalle altre fonti citate. La soluzione si trova agli articoli 52 par.3 e 53 della Carta: Articolo 53 “Livello di protezione”’-> clausola di compatibilità: “Nessuna disposizione della presente Carta deve essere interpretata come limitativa o lesiva dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali riconosciuti, nel rispettivo ambito di applicazione, dal diritto dell'Unione, dal diritto internazionale, dalle convenzioni internazionali delle quali l'Unione o tutti gli Stati membri sono parti, in particolare dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali, e dalle costituzioni degli Stati membri”. Da questo si evince che la Carta non impedisce l’applicazione della CEDU o delle altre fonti richiamate, nella misura in cui queste prevedano una tutela più ampia di quella garantita dalla Carta. Il problema più delicato sollevato dall’art 53 riguarda la conciliazione fra la tutela dei diritti fondamentali al livello previsto “dalle costituzioni degli Stati membri” e i principi di applicazione uniforme e di primato del diritto dell’Unione: la garanzia particolarmente elevate offerta da una Costituzione nazionale a un determinato diritto fondamentale dovrebbe prevalere —per effetto dell’art 53- sul regime comune stabilito dal diritto dell’Unione e ciò vale senz’altro quando lo Stato membro gode di discrezionalità nell’attuare le disposizioni dell’Unione. Dalla giurisprudenza emerge tuttavia una diversa soluzione qualora il grado di tutela del diritto fondamentale in esame sia già stato cristallizzato da una specifica norma o atto dell’Unione: la Corte ha affermato che uno Stato membro può applicare gli standard nazionali di tutela dei diritti fondamentali, a patto che tale applicazione non comprometta il livello di tutela previsto dalla Carta, come interpretato dalla Corte, né il primato, l’unità e l’effettività del diritto dell’ Unione. Articolo 52 (‘Portata e interpretazione dei diritti e dei principi”), par. 3-> clausola di equivalenza: Si occupa solo della CEDU: “Laddove la presente Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali, il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta convenzione. La presente disposizione non preclude che il diritto dell'Unione conceda una protezione più estesa”. In base a questo articolo, la Carta deve essere applicata in modo tale che il livello di protezione assicurato ai diritti tutelati anche dalla CEDU sia almeno equivalente a quello garantito dalla CEDU. Resta salva la possibilità che la protezione sia superiore e che la 65 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno Carta protegga diritti non tutelati affatto dalla CEDU [=> La Carta può solo estendere la portata della tutela dei diritti fondamentali rispetto a quanto già previsto da altre fonti, mai restringerla]. Perché l’art 6 ha mantenuto una struttura così complessa con questa pluralità di fonti? Ci si chiede se sarebbe stato sufficiente sancire il valore giuridico della Carta stessa senza il bisogno di mantenere il richiamo ai principi generali tratti dalla CEDU e delle tradizioni costituzionali comuni agli Sati membri (par. 3), e senza bisogno di prevedere l’adesione formale dell’Unione alla CEDU (par. 2). - Quanto all’adesione dell’Unione alla CEDU, la sua previsione è giustificata: si tratta di sottoporre l'Unione al controllo esterno degli organi della CEDU e in particolare della Corte EDU: tale controllo, in mancanza di adesione formale, non può essere esercitato direttamente dall'UE. - Meno pacifica è la scelta di reiterare il richiamo ai principi generali trattati della CEDU e delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, dato che c’è la Carta con valore giuridico certo. Ciò si spiega probabilmente in due modi: a) La Carta è considerata come minimum standard per la protezione dei diritti fondamentali, e dunque non si deve impedire in nessun modo l’applicazione di protezione maggiore prevista da altre fonti; b) Teniamo presente che, grazie al Protocollo 30, la Carta non costituisce uno standard di protezione interamente comune a tutti gli Stati membri, avendo ottenuto la Polonia e gli UK di applicarlo in modo parzialmente diverso. In questo modo, se non fosse ribadito l’impegno dell’Unione e degli Stati membri a rispettare i principi generali, si sarebbe corso il rischio di un arretramento rispetto alla situazione pre-Lisbona del livello di protezione nei due Stati membri. Il ruolo dei principi generali e della Carta dei diritti fondamentali nel sistema delle fonti: Si dice che questi abbiano una funzione strumentale, perché influiscono sull’applicazione di norme materiali derivanti da altre fonti. I principi generali del diritto vengono in rilievo in primo luogo come criteri interpretativi delle altre fonti (norme dei trattati e atti delle istituzioni) dell’ Unione: in presenza di più interpretazioni possibili si dovrà scegliere la soluzione più coerente con i principi generali e con il rispetto dei diritti fondamentali. In secondo luogo, i principi generali operano indirettamente come parametro di legittimità per gli atti delle istituzioni: possono essere annullati o invalidati per violazione di un principio o per contrarietà ai diritti sanciti dalla Carta. In terzo luogo, i principi generali operano indirettamente da parametro di legittimità per alcuni comportamenti degli Stati membri, quando questi sono adottati in attuazione di una norma UE che ne autorizzi l’adozione. Pertanto gli interventi degli Stati membri in attuazione del diritto dell’ UE devono conformarsi ai principi generali del diritto comunitario e in particolare a quelli attinenti al rispetto dei diritti fondamentali. Qualora ciò non avvenisse, tali interventi sarebbero incompatibili rispetto alla norma dell’UE che li autorizza o li prescrive e andrebbero dunque disapplicati. 66 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno In genere, i diritti fondamentali vengono invocati dai singoli per opporsi a provvedimenti assunti dagli Stati membri in violazione di tali diritti. Non è però escluso che talvolta i ruoli si invertano e siano gli Stati ad invocare diritti fondamentali per giustificare i propri provvedimenti. Perché ad uno Stato membro possa essere contestata la violazione di un principio generale e/o dei diritti fondamentali riconosciuti dalla Carta, è necessario che sì ta un collegamento tra il comportamento dello Stato membro ed il diritto dell’Unione: occorre che lo Stato abbia agito per attuare una norma dei trattati o atto delle istituzioni o che almeno il comportamento contestato sia assunto in un settore del campo d’applicazione dei trattati. In mancanza, l’obbligo degli Stati membri di rispettare i diritti fondamentali non è ricollegabile all’UE -> la Corte non ha competenza per assicurare il rispetto di quei diritti. È confermato dall'art 51, par. 1, della Carta: “Le disposizioni della presente Carta si applicano alle istituzioni, organi, organismi del’Unione nel rispetto del principio di sussidiarietà come pure agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell'UE. Pertanto, i suddetti soggetti rispettano i diritti, osservano i principi e ne promuovono l’applicazione secondo le rispettive competenze e nel rispetto dei limiti delle competenze conferite all’ UE nei trattati”. La formula usata è più restrittiva della giurisprudenza, la quale estende l’obbligo per gli Stati membri di osservare i principi generali, compresi quelli relativi ai diritti umani, anche a casi in cui questi agiscono “nel campo di applicazione” dei trattati. La Corte ha recentemente confermato che: “i diritti fondamentali garantiti dalla Carta devono essere rispettati quando una normativa nazionale rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell'UE”; “non possono esistere quindi casi rientranti nel diritto dell'UE senza che tali diritti fondamentali trovino applicazione. L’applicabilità del diritto dell'UE implica quella dei diritti fondamentali garantiti dalla Carta. I comportamenti degli Stati membri confliggenti con i diritti dell’uomo, anche se privi di collegamento col campo d’applicazione dei trattati, possono essere nondimeno oggetto della procedura di controllo e sanzione ex art 7 TUE, in caso di rischio di violazione grave” o di “violazione grave e persistente” dei valori di cui all’art 2 TUE, tra cui figura il <<rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze>>. Infine, dobbiamo dire che l’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i principi generali del diritto vale per tutto il campo di attività dell’Unione, comprese le materie che prima di Lisbona rientravano nei pilastri non comunitari (PESC, CPGMP)-> in favore di tale soluzione, vedi art. 6 TUE: impegno dell’UE a rispettare i diritti fondamentali senza distinzione di materia; principio riconosciuto esplicitamente anche dalla giurisprudenza pre-Lisbona: “le istituzioni sono soggette al controllo della conformità dei loro atti ai Trattati e ai principi generali del diritto, al pari degli Stati membri quando danno attuazione al diritto dell’ Unione”. FONTI INTERMEDIE (Diritto internazionale generale e Accordi internazionali con Stati terzi) L’Unione costituisce un soggetto di diritto internazionale autonomo e gode quindi delle prerogative delle persone giuridiche internazionali (diritto di legazione attivo e passivo, capacità di 67 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno In teoria, invece, non appartengono all’ordinamento dell’UE quelle parti degli accordi misti che hanno ad oggetto materie rientranti nella competenza dei soli Stati membri. È una distinzione difficile da tracciare. Il valore giuridico degli accordi internazionali e il rango nel sistema delle fonti: Distinguiamo il rapporto dei degli accordi int. con le altre fonti: - Gli accordi internazionali sono SUBORDINATI ai Trattati: devono rispettarli. In caso contrario, l’atto delle istituzioni con cui è stata decisa la conclusione dell’accordo è illegittimo e può essere annullato. - Sono anche SUBORDINATI ai principi generali, in particolare quelli che tutelano i diritti fondamentali. - Gli accordi internazionali PREVALGONO sugli atti delle istituzioni. Ricordiamo l’art 216 TFUE “Gli accordi conclusi dall'Unione vincolano le istituzioni dell'Unione e gli Stati membri” -> le istituzioni non possono adottare atti che non rispettino un accordo concluso dall'Unione e, in caso contrario, l’atto configgente può essere annullato o invalidato. In generale, quindi, gli accordi internazionali fungono da parametro di legittimità degli atti delle istituzioni. Esistono però delle eccezioni: alcuni accordi non possono essere usati a questo fine: L’esempio più importante è dato dagli accordi allegati all'Accordo istitutivo dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) firmato a Marrakech nel 1994-> per questi accordi la Corte ha dichiarato che a causa della loro natura flessibile, gli Accordi OMC non figurano in linea di principio tra le normative alla luce delle quali la Corte controlla la legittimità degli atti delle istituzioni comunitarie: se fosse diversamente disposto, l’effetto potrebbe essere di indebolire la posizione della Comunità nella ricerca di una soluzione reciprocamente accettabile di una controversia. La Corte ammette tuttavia due eccezioni all’eccezione in cui l’utilizzabilità degli accordi OMC come parametro di Costituzionalità viene ammessa: >» Che l’atto impugnato sia stato adottato proprio per dare esecuzione agli obblighi derivanti da tali accordi; >» Quando l’atto impugnato richiama espressamente specifiche disposizioni degli accordi. Ulteriore caso di accordi internazionali non usati come parametro di legittimità degli atti delle istituzioni è la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982. DIRITTO DERIVATO O SECONDARIO. (Atti di base, atti di attuazione o esecuzione) All’ interno del diritto derivato o secondario vi è gerarchia tra atti di base ed atti d’attuazione o di esecuzione, distinzione (introdotta dal T. di Lisbona) rilevante non solo per la procedura decisionale applicabile (parte II): l’atto di attuazione o esecuzione deve rispettare l’atto di base e rimanere nei limiti della delega conferita. Come si distinguono dagli atti di base? - Atti di attuazione: sono sempre adottati dalla Commissione su delega disposta da un atto legislativo adottato o da Parlamento e Consiglio insieme o da uno dei due. Recano l’aggettivo “delegato” nel titolo. 70 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno - Atti di esecuzione: sono emessi dalla Commissione o —in casi specifici e motivati- dal Consiglio. Recano l’aggettivo “di esecuzione” nel titolo. Natura e struttura degli atti delle istituzioni. In generale, che siano atti di base o atti secondari, gli atti delle istituzioni sono diversi tra loro in base alla loro natura ed alla loro struttura. Natura: si distinguono atti legislativi ed atti non legislativi. La distinzione è stata introdotta col T. di Lisbona, ma non vengono creati appositi tipi di atti. La distinzione, invece, si basa sulla procedura decisionale applicata per la loro adozione: sono atti legislativi quelli adottati con p. legislativa, sono atti non legislativi gli atti adottati con diversa procedura. Per cui, in concreto, si possono avere regolamenti, direttive e decisioni legislativi e regolamenti, direttive e decisioni non legislativi. Dal momento che la procedura decisionale applicabile è indicata dalla base giuridica in forza del quale l’atto è adottato, è questa che determina la natura legislativa o meno degli atti. Inoltre, le procedure legislative, ordinarie o speciali, contemplano sempre l’adozione di atti da parte del Parlamento e del Consiglio (insieme o separatamente) => gli atti delle altre istituzioni sono a priori non legislativi. [Ribadito da art 15, par 1 del TUE; da art 290, par.1 TFUE; e art 24 par. 1 secondo comma TUE]. I motivi che hanno guidato alla qualificazione per alcuni atti come atti legislativi ed altri no sono a volte oscuri. Un esempio clamoroso è dato dall’art 103, par. 1 TFUE, che nel prevedere l’emanazione da parte del Consiglio —su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento- di regolamenti e direttive per dare attuazione alle regole della concorrenza tra le imprese, non specifica che si tratta di una p. legislativa speciale => i regolamenti e le direttive emanati ex art 103 non avranno carattere legislativo, nonostante la loro indubbia importanza normativa. Il fatto che un atto giuridico sia o no legislativo comporta delle conseguenze: - I lavori del Consiglio per l’adozione di un atto legislativo devono svolgersi in seduta pubblica; - Per gliatti legislativi saranno esercitati i poteridi controllo dei parlamenti nazionali circa il rispetto del p. di sussidiarietà; - Le condizioni di ricevibilità dei ricorsi di annullamento delle persone fisiche o giuridiche saranno più severe se l’atto impugnato ha carattere legislativo. Struttura: anche per la struttura degli atti vi sono delle differenze. All’art 288 TFUE vi è l’elencazione degli atti più usati dalle istituzioni, i c.d. atti tipici: - Regolamenti - Direttive Atti vincolanti = fonti del diritto - Decisioni - Pareri } Atti non vincolanti = non fungono da fonti del diritto - Raccomandazioni 71 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno L’art 288 non prevede alcuna gerarchia tra gli atti vincolanti, per cui potrebbero abrogarsi a vicenda. Normalmente, la base giuridica specifica di volta in volta quale atto le istituzioni possono adottare. Ma può anche capitare che non venga precisato, ed in questo caso spetta alle istituzioni competenti effettuare la scelta nel rispetto del principio di proporzionalità. La tipologia di atti di cui all’art 288 non è tassativa, e gli stessi trattati prevedono atti non corrispondenti a quelli elencati: in particolare, per la PESC è prevista una tipologia di atti con denominazione e struttura diverse. Sono i c.d. atti atipici. Un esempio è il bilancio della Comunità. Accanto agli atti atipici, ma espressamente contemplati dai trattati questa volta, sono annoverati alcuni tipi di atti affermati in via di prassi(soprattutto in settori di concorrenza e aiuti di Stato alle imprese). Per questi atti la Commissione ha ampi poteri di controllo e di sanzione e ampia discrezionalità. Per orientare i comportamenti dei destinatari, la Commissione pubblica periodicamente delle comunicazioni (orientamenti, codici, linee direttrici) per rendere noto il modo in cui intende applicare le norme del TFUE con riferimento a determinate categorie di fattispecie. Le comunicazioni non hanno un vero valore normativo, e tuttavia sono considerate dalla giurisprudenza come atti con cui la Commissione definisce i limiti del proprio potere discrezionale => la Commissione non può discostarsene quando valuta casi concreti. Una mera prassi, anche se costante e di lunga durata, che non sia una comunicazione, può essere invece variata nel tempo dalla Commissione, senza che i destinatari interessati possano vantare un legittimo affidamento circa il mantenimento della prassi anteriore. La Giurisprudenza ha ritenuto invece che le prese di posizione contenute in lettere della Commissione rivolte ad uno Stato membro non vincolano né lo Stato membro né il giudice nazionale [i/ giudice nazionale deve però tenerne conto come elemento di valutazione nell’ambito della controversia di cui è investito e motivare la propria decisione alla luce dell’insieme del contenuto del fascicolo che è stato sottoposto alla sua attenzione]. Gli artt 296 e 297 TFUE disciplinano alcuni aspetti comuni a tutti gli atti delle istituzioni: motivazione, firma ed entrata in vigore. Gli atti delle istituzioni sono motivati e fanno riferimento alle proposte, iniziative, raccomandazioni, richieste o pareri previsti dai trattati. Gli atti legislativi sono firmati dal Presidente del Parlamento europeo e/o dal Presidente del Consiglio, a seconda della procedura legislativa applicata. Gli atti non legislativi sono firmati dal Presidente dell’istituzione che li ha adottati. Sono pubblicati nella G.U. dell’U.E. gli atti legislativi, e, tra i non legislativi, regolamenti, direttive e decisioni. Gli atti pubblicati nella G.U. entrano in vigore 20 gg dopo la pubblicazione, salvo diversa disposizione. Le direttive e le decisioni sono notificate ai destinatari ed “hanno efficacia in virtù di tale notificazione”. 1. I Regolamenti Il regolamento è descritto all’art 288 TFUE, al 2° comma: “I! regolamento ha portata generale. Esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri”. Emergono tre caratteristiche dal testo dell’articolo: 72 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno amministrative modificabili a piacimento dall’amministrazione e prive di adeguata pubblicità, non possono essere considerate valido adempimento dell’obbligo”]. Il contenuto delle direttive: il risultato viene definito dalla direttiva, mentre l’altra parte del binomio, le forme ed i mezzi, vengono scelte dallo Stato membro. Nella prasi, la distinzione tra risultati e forme-mezzi non è semplice da tracciare: determinati risultati richiedono non solo elaborazione di obiettivi e principi, ma anche l’elaborazione di un quadro normativo più dettagliato. Non è pertanto possibile individuare in via generale uno spazio di competenza riservato agli Stati membri oltre il quale la direttiva non può intervenire. Viceversa, la frontiera tra il livello d’intervento dell’Unione e quello nazionale è frutto di valutazioni politiche delle istituzioni, operate in funzione dell’obiettivo voluto dalla direttiva e del principio di sussidiarietà. Non sono perciò fondate le accuse di illegittimità rivolte alle direttive degli anni °80 che erano caratterizzate da una disciplina particolarmente precisa e particolareggiata (direttive dettagliate). L’ex III pilastro. Nell'ambito di quello che, fino al T. di Lisbona era il III pilastro, le istituzioni potevano adottare tipi di atti diversi da quelli elencati dall’art 288 (vecchio art 249 TCE). L’art 34 TUE indicava infatti 4 tipi di atti tutti del Consiglio: le posizioni comuni, le decisioni quadro, le decisioni e le convenzioni. Ci soffermiamo solo sulle decisioni quadro: è un tipo di atto che si ispira al modello direttive. Con queste condivide lo scopo che la maggior parte delle direttive persegue, ossia il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri. Come le direttive, le decisioni quadro sono vincolanti per gli Stati membri quanto al risultato da ottenere e non per i mezzi o le forme per ottenerli. Vi è però un’importante differenza: le decisioni quadro “non hanno efficacia diretta”. È questo un problema lasciato irrisolto per le direttive (anche se ora la Giurisprudenza della Corte lo ha risolto). Dopo il T. di Lisbona, gli effetti giuridici delle decisioni quadro “sono mantenuti finché tali atti non saranno abrogati, annullati o modificati in applicazione dei trattati”. 3. Le decisioni L’ultima categoria di atti vincolanti è descritta al 4° comma art 288: “La decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi. Se designa i destinatari è obbligatoria soltanto nei confronti di questi”. Si deduce che la categoria comprende due tipi di decisioni: - Decisioni individuali: hanno obbligatorietà integrale, ma non ha portata generale e vincola solo i destinatari da essa designati, che possono essere anche soggetti diversi dagli Stati membri (anche i singoli): Le decisioni individuali rivolte agli Stati membri sono simili -e lo è anche la loro attuazione- alle direttive qualora impongano un obbligo di facere. Tuttavia, quest’obbligo di facere è spesso molto più specifico dell’obbligo di attuare una direttiva e lascia allo Stato un minore margine di discrezionalità. Ci sono anche decisioni che impongono obblighi di non facere. 75 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno Le decisioni individuali rivolte ai singoli hanno natura amministrativa ed i casi più importanti sono rappresentati dalle decisioni che la Commissione adotta nell’ambito della disciplina della concorrenza, che possono anche prevedere la comminazione di sanzioni pecuniarie a carico delle imprese. In quest’ultimo caso, le decisioni costituiscono titolo esecutivo ai sensi dell’art 299 TFUE: “Gli atti del Consiglio, della Commissione o della Banca centrale europea che comportano, a carico di persone che non siano gli Stati, un obbligo pecuniario costituiscono titolo esecutivo”. - Decisioni generali: hanno varia natura. Esempi più importanti sono alcune decisioni che il Consiglio europeo adotta nell’ambito delle p. di revisione dei trattati. Di analoga importanza sono alcune decisioni prese dal Consiglio, ad esempio quelle in cui si constata l’esistenza di un “evidente rischio di violazione grave da parte di uno Stato membro dei valori ex art.2 TUE”. Vanno anche ricordate le decisioni, in genere del Consiglio, adottate in ambito PESC. Lo vediamo subito. 4. Gliatti nel settore PESC Il T. di Lisbona elimina sì le distinzioni tra gli atti dell'ex II pilastro e quelli del pilastro comunitario, ma mantiene un regime speciale per la PESC. Ai sensi dell’art 25 TUE, gli atti giuridici attraverso cui l'UE conduce la PESC sono: - Gli orientamenti generali: sono atti del Consiglio europeo [corrispondenti alle strategia comuni previste in passato] e di altissima politica: definiscono le linee guida su cui 1’UE deve muoversi nell’ambito della PESC e comprese nelle questioni che hanno implicazioni in materia di difesa. - Le decisioni: sono atti del Consiglio che assumono vari contenuti perché possono definire Le azioni che l'UE deve intraprendere, Le posizioni che l'UE deve assumere, Le modalità di attuazione di queste decisioni. Gli atti adottati in ambito PESC non hanno mai carattere legislativo. Tuttavia, le decisioni sono vincolanti per gli Stati membri [vedi art 28, par. 2 TUE “Le decisioni di cui al paragrafo 1 vincolano gli Stati membri nelle loro prese di posizione e nella conduzione della loro azione” e art 24, par. 3 “Gli Stati membri sostengono attivamente e senza riserve la politica estera e di sicurezza dell'Unione in uno spirito di lealtà e di solidarietà reciproca e rispettano l'azione dell'Unione in questo settore”. 5. L’adattamento dell’ordinamento italiano al diritto dell’Unione. I trattati si presentano nella forma di normali tratti internazionali, pertanto l’Italia ha dato loro esecuzione ricorrendo alle forme e alle procedure previste per casi del genere: l’ordine di esecuzione di ciascun trattato è stato dato con la stessa legge con cui il Parlamento italiano ha autorizzato la ratifica del trattato stesso da parte del Capo dello Stato, ex art. 80 Cost. Ma il ricorso ad una legge ordinaria per eseguire trattati europei ha dato luogo a delle difficoltà: molti ritenevano necessaria una norma costituzionale ad hoc che autorizzasse l’accettazione della limitazione di sovranità legata all’appartenenza all'UE e che conferisse all'UE uno status costituzionale definito. Norma mai adottata. Infatti, il nuovo art 117 stabilisce solo che “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli 76 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”. Diversamente, altri Stati hanno invece modificato la propria costituzione inserendo apposite “clausole europee”. In assenza di una specifica previsione costituzionale, si ritiene di poter ricondurre l’ adesione italiana all'Unione all’art 11 Cost: “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. Ciò trova conferma con la giurisprudenza della Corte costituzionale, in particolare con la sentenza Costa c. Enel del 1964-> l’art 11 non è solo una norma “permissiva” [che abilita ad accettare le limitazioni di sovranità], ma anche procedurale [consente di accettare limitazioni di sovranità senza necessità di procedere ad una revisione costituzionale]. La Corte affermò: “l’art 11 significa che, quando ricorrono i presupposti, è possibile stipulare trattati con cui si assumono limitazioni di sovranità ed è consentito darvi esecuzione con legge ordinaria”. Chiaramente, la circostanza che l'esecuzione dei trattati sia avvenuta con legge ordinaria ha inizialmente costituito un ostacolo al riconoscimento da parte della Corte cost del principio del primato del diritto comunitario sul diritto interno incompatibile. Più difficile è risultato assicurare l’attuazione in Italia del diritto secondario/derivato, soprattutto in merito alle direttive (che richiedono termini perentori spesso brevi). Inizialmente si ricorreva allo strumento della delega legislativa ex art 76 Cost, ma ciò comportava problemi di ordine giuridico [in merito al rispetto dei principi e della limitatezza dell’oggetto della delega] e di ordine pratico [i tempi per l’approvazione dei decreti legislativi erano troppo lunghi]. Un nuovo ed efficiente meccanismo di attuazione degli atti comunitari si ebbe con la L. n 86 del 1989, la “Legge la Pergola”, successivamente sostituita dalla L. n 11 del 2005 a sua volta abrogata dalla legge n 234 del 2012. La maggiore novità della legge La pergola è l’introduzione del meccanismo legislativo annuale: ogni anno il Parlamento approva una o più leggi che contengono provvedimenti volti a conformare l’ordinamento a tutti gli “obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’UE”, che vengono a maturazione entro l’anno di riferimento. Mentre la Legge la Pergola e quella del 2005 prevedevano un unico strumento legislativo annuale (la c.d. legge comunitaria), la legge n 234 del 2012prevede ora due distinti provvedimenti: la legge di delegazione europeae la legge europea. Vediamole: La legge di delegazione europea: usa due metodi per rendere l’ordinamento conforme agli obblighi eu: - Delega legislativa al Governo ex art 76 Cost-> la legge di delegazione europea può avere innanzitutto il contenuto di una legge delega e quindi prevedere i criteri per l’attuazione delle norme dell’UE da parte del Governo, mediante decreti legi: Il governo è tenuto a rispettare anche il c.d. divieto del gold plating: i decreti legislativi che attuano le direttive non possono introdurre o mantenere livelli di regolazione, obblighi o oneri superiori a quelli richiesti dalla normativa dell'UE. Inoltre, i decreti legislativi devono assicurare parità di trattamento tra cittadini italiani e cittadini degli altri Stati membri. ativi. 77 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno PARTE IV DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA E SGGETTI DEGLI ORDINAMENTI INTERNI La caratteristica propria dell’ordinamento dell’Unione consiste nel riconoscere come titolari di soggettività giuridica non solo gli Stati membri, ma anche coloro ai quali tale soggettività spetta nell’ambito degli ordinamenti interni degli Stati membri. DIMENSIONE INTERNAZIONE E DIMENSIONE INTERNA DELLE NORME COMUNITARIE. Le norme dell’ordinamento dell’Unione europea si rivolgono direttamente ai cittadini degli Stati membri -> ciò comporta che tali norme presentano due dimensioni distinte: - Una dimensione internazionale -> costituita dai rapporti giuridici che il diritto dell’Unione fa sorgere in capo agli Stati membri e all’Unione stessa. Il loro contenuto è costituito da diritti e obblighi che, l'Unione, attraverso le sue istituzioni, e uno Stato membro possono far valere nei confronti di un altro Stato membro o di un'istituzione. Nell’ambito di tali rapporti lo Stato membro interessato si presenta in maniera unitaria: esso è espressione comprensiva di tutte le componenti in cui si articola la propria organizzazione interna (esecutivo, magistratura, enti territoriali e individui). I rapporti di tipo internazionalistico sfociano, in caso di controversia, in procedimenti giudiziari di soluzione anch’essi di stampo internazionalistico. - Una dimensione interna -> costituita dai rapporti giuridici interessati dal diritto dell’Unione che coinvolgono soggetti dell’ordinamento interno di ciascuno Stato membro. Talvolta si tratta di rapporti che vedono contrapposti un soggetto privato ad un altro (rapporti orizzontali); altre volte sorgono tra soggetto privato e un soggetto pubblico (rapporti verticali). L’EFFICACIA DIRETTA DELLE ©» 0} COMUniiARIe Il Diritto dell’Unione può fornire in tutto o in parte la disciplina di tali rapporti -> avviene nel campo dei regolamenti: essi sono direttamente applicabili, quindi costituiscono una fonte che assume valore normativo anche all’interno degli ordinamenti nazionali, disciplinando una nuova materia o sostituendosi a norme interne preesistenti (effetto di sostituzione). Il diritto dell’Unione può interessare la disciplina di un rapporto giuridico dettando principi generali o regole particolari che si limitano ad impedire l’applicazione di norme interne ad esse contrarie (effetto di opposizione). La disciplina del rapporto resta soggetta al diritto interno, dal quale vengono espunte le norme incompatibili con il diritto dell’ Unione. In entrambi i casi (effetto di sostituzione e di opposizione), si dice che la norma comunitaria goda di efficacia' diretta negli ordinamenti interni e nei confronti dei soggetti riconosciuti da tali ordinamenti. L'efficacia diretta di una norma dell’Unione implica che il soggetto nei cui confronti la norma produce effetti favorevoli può pretenderne il rispetto da parte dell’altro soggetto del rapporto (efficacia diretta in senso sostanziale). /n caso di mancato rispetto l’efficacia diretta comporta anche l’invocabilità in giudizio: i soggetti favoriti dalla norma dell’Unione possono chiedere al tin passato la Corte usava indistintamente i termini “efficacia diretta” e “applicabilità diretta”. In realtà, l'applicabilità diretta è riservata dall'art. 288 ai soli regolamenti, mentre l'efficacia diretta è una caratteristica che può essere presente anche in altre fonti del diritto dell’Unione. 80 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno giudice nazionale l'applicazione in giudizio della norma stessa, ottenendo la corrispondente tutela giurisdizionale. L'efficacia diretta non costituisce l’unica forma attraverso cui le norme dell’Unione è rilevanza normativa interna -> la giurisprudenza ha individuato almeno 2 formedi efficacia IN- diretta: a) I giudici nazionali sono soggetti ad un obbligo di interpretazione conforme -> il diritto dell’Unione, anche non direttamente efficace, ha un valore interpretativo cogente rispetto alle norme interne; b) La mancata attuazione di una norma dell’Unione anche se non direttamente efficace, fa sorgere in capo a coloro che sono stati danneggiati dalla mancata attuazione, il diritto al risarcimento del danno a carico dello Stato membro responsabile. ssumono PRESUPPOSTI DELL’EFFICACIA DIRETTA. La capacità della norma dell’Unione di produrre effetti diretti costituisce questione che attiene all’interpretazione della norma e rientra nella competenza pregiudiziale della Corte (vedi parte v): non essendo l’efficacia diretta una caratteristica propria delle norme UE, il giudice nazionale che intenda trarre dalla norma effetti diretti al fine di risolvere una controversia, ha l’onere di verificare d’ufficio se la norma presenti caratteristiche necessarie, e di avvalersi, se del caso, del rinvio pregiudiziale di cui all’art. 267. Nell’indagine volta a stabilire se una norma dell’Unione abbia o meno efficacia diretta, la Corte individua nella norma in questione alcune caratteristiche sostanziali che possono essere ricondotte ai concetti di: - Sufficiente precisione -> attiene alla formulazione della norma: essa deve contenere un precetto sufficientemente definito perché i soggetti destinatari possano comprenderne la portata e il giudice applicarlo nel giudizio di propria competenza. La norma comunitaria deve specificare almeno 3 aspetti: 1) il titolare dell’obbligo; 2) il titolare del diritto; 3) il contenuto del diritto-obbligo creato dalla norma ste: Una stessa norma dell’Unione può essere considerata sufficientemente precisa per determinati fini e non per altri: la diretta efficacia si determina anche in funzione del contenuto del diritto che si intende azionare - Incondizionatezza ->attiene all’assenza di clausole che subordinano l'applicazione della norma ad ulteriori interventi normativi da parte degli Stati membri o delle istituzioni dell’Unione, ovvero consentano agli Stati membri un ampio margine di discrezionalità nell’applicazione. Le norme che consentono agli Stati membri di derogare all’applicazione di un’altra norma non escludono l’efficacia diretta di quest’ultima. Ai fini della verifica dell'efficacia diretta non rileva la destinatarietà formale: che la norma si rivolga agli Stati membri o alle istituzioni. I presupposti dell’efficacia diretta sono -in linea di massima- gli stessi qualunque sia il tipo di norma dell’Unione rispetto alla quale il problema si pone. È comunque utile analizzare la disciplina dell’efficacia diretta di ciascuna delle fonti normative europee: EFFICACIA DIRETTA DEI TRATTATI. 81 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno Le norme dei trattai rivolte agli Stati membri possono PRODURRE EFFETTI DIRETTI QUALORA siano dotate delle caratteristiche della sufficiente precisione e della incondizionatezza. Le norme dei trattati producono effetti diretti tanto nei rapporti verticali, quanto nei rapporti orizzontali -> è possibile invocarne il disposto sia nei confronti dell’autorità pubblica (efficacia diretta verticale) sia nei confronti di un privato (efficacia diretta orizzontale). Alcune disposizione dei trattati si riferiscono espressamente ai singoli (es. le norme in materia di concorrenza: vietano alcuni comportamenti delle imprese): queste sono senz'altro direttamente efficaci, nel senso che sono opponibili ai singoli ai quali si rivolgono. EFFICACIA DIRETTA DEI REGOLAMENTI. La diretta applicabilità dei regolamenti implica che le loro disposizioni siano anche capaci di PRODURRE EFFETTI DIRETTI. Nel caso di regolamenti che richiedono l’emanazione da parte degli Stati membri di provvedimenti di integrazione o di esecuzione, in mancanza di tali provvedimenti nazionali, occorre verificare che la disposizione regolamentare in questione presenti i presupposti della sufficiente precisione e della incondizionatezza. Anche i regolamenti producono effetti diretti tanto nei rapporti verticali quanto in quelli orizzontali -> è possibile parlare di efficacia diretta verticale e di efficacia diretta orizzontale. L’EFFICACIA DIRETTA DELLE DECISIONI. Raramente la Corte è stata chiamata a pronunciarsi sull’efficacia diretta delle decisioni. I dubbi riguardano soprattutto le decisioni che hanno gli Stati membri come destinatari: la Corte, occupandosi di una decisione del Consiglio rivolta agli Stati membri, ha riconosciuto la possibilità che tale decisione po: sere invocata non soltanto dalle istituzioni dell’Unione, ma anche da qualsiasi soggetto interessato al suo adempimento. La Corte ha recentemente precisato che alle decisioni si applicano le stesse limitazioni individuate a proposito delle direttive (vedi quanto segue). SECONDO E TERZO PILASTRO. Per quel che riguarda gli atti delle istituzioni emanati nell’ambito di quello che, prima del Trattato di Lisbona, veniva considerato terzo pilastro, l’art. 34, par. 2, TUE escludeva espressamente che le decisioni quadro e le decisioni avessero efficacia diretta. Non erano idonei a produrre effetti diretti nemmeno gli atti appartenenti alle altre categorie di cui all’art. 34 TUE o gli atti PESC. Ai sensi dell’art. 9 del Protocollo n. 36 sulle disposizioni transitorie, anche dopo il Trattato di Lisbona, gli effetti giuridici degli atti adottati dai pilastri non comunitari sono mantenuti finché tali atti non saranno stati abrogati, annullati o modificati in applicazione dei trattati -> si ritiene che con tale formula si sia inteso preservare anche la mancanza di effetti diretti di cui parlava l’art. 34, par. 2, a proposito delle decisioni quadro e delle decisioni. EFFICACIA DIRETTA Ul} DiRe Per quel che riguarda i presupposti sostanziali, anche le direttive devono presentare le caratteristiche di sufficiente precisione e incondizionatezza. Occorre però fare delle precisazioni che riguardano: a) La portata temporale dell’efficacia diretta delle direttive -> cioè il momento a partire dal quale l’efficacia diretta si produce; b) La portata soggettiva dell’efficacia diretta delle direttive -> cioè i soggetti nei cui confronti può essere fatta valere l’efficacia diretta. 82 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno b) Una seconda eccezione riguarda le direttive che sottopongono le misure degli Stati membri ad una procedura di controllo -> si tratta di direttive che prescrivono adempimenti a carico dei soli Stati membri. In questi casi la direttiva inattuata non influisce sulla disciplina dei rapporti inter-privati, se non indirettamente, nel senso di precludere l’applicazione di una normativa o di un provvedimento interno emanato in violazione delle procedure di controllo -> la Corte ritiene che la direttiva “non crea né diritti né obblighi per i singoli” e può essere applicata dal giudice senza che si possa parlare di efficacia diretta orizzontali; c) Una terza eccezione riguarda le norme contenute in direttive che siano utilizzate come parametro di valutazione di condotte individuali, anche a scapito dei privati, per effetto di un rinvio da parte di un regolamento dell’Unione -> in casi del genere la direttiva rileva solo al fine di integrare la disciplina contenuta in strumenti direttamente e generalmente efficaci. d) Una quarta eccezione riguarda le direttive che attuano un principio generale del diritto o un diritto fondamentale -> questo tipo di soluzione è stata adottata dalla Corte nei casi in cui dinanzi al giudice nazionale rilevi un principio generale del diritto dell’Unione, al quale una direttiva si limiti a dare espressione concreta, disciplinandone le condizioni di esercizio. Non si può accettare un'ulteriore soluzione prospettata nei casi di successione di norme interne, di cui la più recente, a differenza di quella antica, sia incompatibile con una direttiva -> in casi del genere la direttiva non comporterebbe effetti negativi a carico dei privati, in quanto essa si limiterebbe ad impedire l’applicazione della disposizione interna più recente: sarebbe invece l’ordinamento interno, attraverso la norma più antica tornata in vigore, a produrre effetti del genere. IL PRIMATO DEL DIRITTO DELL’UNIONE La capacità del diritto di produrre effetti diretti all’interno degli ordinamenti degli Stati membri pone il problema dei conflitti che possono sorgere tra norma dell’Unione e norme interne incompatibili -> essi sono risolti in base la principio del primato del diritto dell’Unione, secondo il quale le norme nazionali non possono in alcuna maniera ostacolare l'applicazione del diritto dell’Unione all’interno degli ordinamenti degli Stati membri, e quando la norma dell’Unione direttamente efficace incontra una norma interna incompatibile, il principio del primato impone che la seconda incida sulla prima. Logicamente il principio del primato si salda con quello dell’efficacia diretta! -> se così non fosse, la norma dell’ Unione -direttamente efficace- non potrebbe creare diritti in capo ai soggetti di quegli ordinamenti degli Stati membri in cui fossero presenti norme interne incompatibili. L’efficacia della norma dell’Unione varierebbe così da uno Stato membro all’altro. Questo è inaccettabile e incompatibile con un’esigenza dell’ordinamento dell’Unione che le sue norme siano applicate uniformemente in tutti gli Stati membri. Il principio del primato NON vale in essenza di efficacia diretta -> ciò non vuol dire che la norma dell’Unione priva di effetti diretti abbia minore forza obbligatoria nei confronti degli Stati membri: anche la violazione di una norma del genere può essere oggetto di un ricorso per infrazione (vedi parte V). Inoltre la Corte costituzionale afferma che una norma dell’Unione prima di effetti diretti “ Per ipotesi di contrasto di una norma interna con una norma dell’Unione priva di efficacia diretta, vedi pag. 10 85 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno rientra nella nozione di “vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario” che, a norma dell’’art. 117, par.1, Cost costituiscono un limite alla potestà legislativa dello Stato e delle Regioni. A cedere al principio del primato sono le norme interne di qualunque rango (non si distingue tra norme di carattere amministrativo, legislativo o costituzionale) -> in caso contrario l’efficacia della norma dell’Unione varierebbe in ragione del diverso rango delle norme interne. SENTENZA ENEL E LIMITI AL PRINCIPIO DEL PRIMATO. (per sentenza Enel, nel dettaglio, vai a pag. 8, qua la si cita solo per parlare dei limiti al principio del primato) Il principio del primato si è affermato in via giurisprudenziale, in particolare con la sentenza 15 luglio 1964 (sentenza Costa c. Enel, descritta in introduzione) -> la legge italiana di nazionalizzazione dell’energia elettrica, di cui il sig, Costa contestava la compatibilità con alcuni articoli del TCE, era successiva alla legge contenente l’ordine di esecuzione del trattato stesso. Il Governo italiano sosteneva l’inammissibilità assoluta della questione pregiudiziale del Giudice conciliatore di Milano, affermando che il giudice nazionale è comunque tenuto ad applicare la legge interna. Secondo la Corte, l’integrazione del diritto dell’Unione nell’ordinamento interno di ciascuno Stato membro “non ha per corollario l’impossibilità per gli Stati di far prevalere, contro un ordinamento giuridico da essi accettato a condizione di reciprocità, un provvedimento unilaterale ulteriore, il quale pertanto non potrà essere opponibile all’ordine comune. Se l’efficacia del diritto comunitario variasse da uno Stato all’altro, in funzione delle leggi interne posteriori, ciò metterebbe in pericolo l’attuazione degli scopi del Trattato [...] il diritto originato dal Trattato non potrebbe, in ragione della sua specifica natura, trovare un limite in qualsiasi ordinamento interno senza perdere il proprio carattere comunitario e senza che ne risulti scosso il fondamento stesso della comunità”. Un atto statale successivo al TCE, ma con esso incompatibile, sarebbe del tutto privo di efficacia. —+Gli unici casi in cui il principio del primato può incontrareun limite sono: a) b) Il caso di contrasto tra norme dell’ Unione e norme nazionali -sostanziali o processuali- che siano necessarie per assicurare la tutela dei diritti fondamentali garantiti anche dall’ordinamento dell’ Unione -> la Corte: “/a tutela di tali diritti rappresenta un legittimo interesse che giustifica una limitazione degli obblighi imposti dal diritto comunitario, ancorché derivanti da una libertà fondamentale garantita dal Trattato”. La Corte ha confermato tale concezione con riguardo alla normativa italiana che prevede l’estinzione automatica del procedimento in materia tributaria ove questo abbia avuto una durata ultradecennale e l’amministrazione sia risultata soccombente nei primi due gradi di giudizio -> in questo caso, la normativa italiana era finalizzata a garantire, in conformità alla Carta dei diritti fondamentali il rispetto della durata ragionevole del processo. Peraltro essa rendeva meno agevole la riscossione di tributi destinati ad alimentare il bilancio dell’unione (es. l'IVA) e si poneva pertanto in contrasto con gli obblighi gravanti sugli Stati membri in proposito. Nell’applicazionedell’art. 53 della Carta dei diritti fondamentali nella parte in cui stabilisce che nessuna disposizione presente nella Carta deve essere interpretata come limitativa o lesiva dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali riconosciuti dalle costituzioni degli Stati membri. Secondo la Corte, l'ordinamento dell’unione NON SOLO impone la prevalenza della norma di questo ordinamento (quello dell’Unione) sulla norma interna incompatibile, MA determina ANCHE 86 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno le modalità(1) attraverso cui tale prevalenza deve trovare applicazione e l’organo competente(2)a farla valere: 1) 2) L'esigenza di a: Se si ammettesse che ciascun ordinamento nazionale è libero di determinare in quali modi e attraverso che procedimenti applicare il principio del primato, verrebbe meno il carattere uniforme della norma dell’Unione, in quanto i suoi effetti si produrrebbero in tempi e secondo modalità variabili da uno Stato membro all’altro. la Corte inoltre riconosce che “il giudice nazionale, incaricato di applicare, nell’ambito della propria competenza, le disposizioni del diritto comunitario, ha l’obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme, disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale, anche posteriore, senza doverne chiedere a attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale” -> non sono pertanto ammesse le costruzioni normative o le prassi giurisprudenziali affermatisi in alcuni Stati membri che hanno l’effetto di sottrarre al giudice ordinario il potere di disapplicare immediatamente le norme interne incompatibili con il diritto dell’ Unione e di riservarlo ad organi diversi. La citazione riportata deriva dalla sentenza Simmenthal del 9 marzo 1978: Simmenthal chiedeva la restituzione di alcuni diritti di visita sanitaria riscossi dall’amministrazione italiana in relazione all’importazione di carni bovine originarie dell’Unione. [SULLA BASE DI COSA?] Da una precedente sentenza della Corte risultava che i diritti in questione costituivano delle tasse d’effetto equivalente a un dazio doganale ed erano pertanto vietati da un regolamento del Consiglio. [DI CONSEGUENZA] per accogliere la domanda di Simmenthal, i/ Pretore di Susa avrebbe dovuto preliminarmente disapplicare le disposizioni di legge italiane che prevedevano la riscossione dei diritti e che erano successive rispetto al regolamento. Considerata la giurisprudenza della Corte costituzionale, il Pretore chiede alla Corte di giustizia se la diretta applicabilità delle norme comunitarie vada intesa nel senso che eventuali disposizioni vanno immediatamente disapplicate senza che si debba attendere la loro rimozione ad opera dello stesso legislatore o di altri organi costituzionali. (Come si è visto) La Corte risponde affermativamente a tale quesito. In tale sentenza, inoltre, è previsto un passaggio in cui la Corte vuole delineare l’esistenza di un rapporto gerarchico tra ordinamento dell’Unione e ordinamenti degli Stati membri, tale da provocare l’invalidità della norma interna non compatibile: “le disposizioni del Trattato e gli atti delle istituzioni, qualora siano direttamente applicabili, hanno l’effetto nei loro rapporti con il diritto interno degli Stati membri, non solo di rendere ipso iure inapplicabile, per il fatto stesso della loro entrata in vigore, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione preesistente, ma anche di impedire la valida formazione di nuovi atti legislativi nella misura in cui questi fossero incompatibili con norme comunitarie. Questo in quanto dette disposizioni e detti atti fanno parte integrante, con rango superiore rispetto alle norme interne, dell’ordinamento giuridico vigente nel territorio dei singoli Stati membri” -> TUTTAVIA -> l’orientamento attuale della Corte è che il fenomeno della disapplicazione quale conseguenza del primato, NON postula che a norma interna incompatibile debba essere considerata invalida: le eventuali conseguenze sul piano della costituzionalità della norma interna non sono questioni disciplinate dal diritto dell’Unione, ma dal diritto interno applicabile. curare la tutela giurisdizionale immediata delle norme dell’Unione produttive di effetti implica il potere per il giudice nazionale la sospensione dell’applicazione di una norma 87 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno Il giudice ordinario, senza richiedere l’intervento della Corte costituzionale, dovrà stabilire se la materia rientri tra quelle in relazione alle quali l’Italia ha accettato, in conformità con l‘art. 11 Cost., di limitare la propria sovranità in favore dell’Unione. Qualora risulti che la materia rientra effettivamente nella competenza che i trattati attribuiscono alle istituzioni dell’Unione, il giudice italiano “accerta che la normativa scaturente da tale fonte regola il caso sottoposto, con esclusivo riferimento al sistema dell’ente sopranazionale, cioè al solo sistema che governa l’atto da applicare” tale soluzione vale soltanto “ se e quando il potere trasferito alla Comunità si estrinseca in una normazione compiuta ed immediatamente applicabile dal giudice interno”. = INOLTRE: la Corte costituzionale esclude in 2 ipotesi il potere del giudice di applicare immediatamente la norma dell’Unione e disapplicare l’eventuale legge interna confliggente, esigendo invece che sia sollevata questione di costituzionalità (competenza residua della Corte costituzionale): 1) Ipotesi di norma dell’Unione contraria ai principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale e ai diritti dell’Uomo -> il giudice nazionale chiamato ad applicare una norma dell’Unione sospettata di violare tali principi, sarebbe tenuto a sollevare questione di costituzionalità (teoria dei controlimiti); 2) Ipotesi di norme di legge dirette ad impedire il rispetto dei principi fondamentali dei trattati -> dovrebbe trattarsi di casi caratterizzati da particolare gravità e da una comprovata intenzione di impedire l’applicazione in Italia di interi settori del diritto dell’Unione -> QUINDI -> “La Corte costituzionale sarà chiamata ad accertare se il legislatore ordinario abbia ingiustificatamente rimosso alcuni dei limiti della sovranità statale da esso medesimo posti, mediante la legge d’esecuzione del Trattato, in diretto e puntuale adempimento dell’art. 11 Cost.” RIFORMA DEL TITOLO V. Con la riforma del Titolo V della Costituzione, il principio del primato del diritto dell’Unione su quello interno ha trovato un’esplicita consacrazione nel nuovo testo dell’art. 117, primo comma: “la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario” -> l’art. 117, primo comma, Cost costituisce ormai parametro di costituzionalità naturale. CONTRASTO CON NORMA PRIVA DI EFFICACIA DIRETTA. In caso di contrasto rispetto ad una norma dell’Unione priva di efficacia diretta, il giudice, non potendo procedere alla disapplicazione della legge interna, deve sollevare davanti alla Corte costituzionale eccezione di costituzionalità per violazione degli artt. 11 e 117, primo comma, Cost. EFFICACIA INDIRETTA DELLE NORME COMUNITARIE Numerosi motivi, dunque, possono escludere l’efficacia diretta di una norma dell’Unione: - La norma potrebbe mancare delle caratteristiche della sufficiente precisione e della incondizionatezza; - La norma contenuta in una direttiva potrebbe non essere invocabile perché il soggetto che ne trarrebbe vantaggio è un privato. STale riserva è stata enunciata per la prima volta nella sentenza Granital. Essa non è stata più menzionata di recente, per cui non è chiaro se sia ancora ritenuta applicabile dalla Corte. 90 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno In tali ipotesi, la norma dell’Unione può tuttavia assumere un valore normativo indiretto nell’ordinamento degli Stati membri e deve perciò essere presa in considerazione dal giudice nel risolvere la controversia”. OBBLIGO DI INTERPRETAZIONE CONFORME. La PRIMA FORMA DI EFFICACIA INDIRETTA consiste nell’obbligo di interpretazione conforme -> quando sono chiamati ad applicare norme interne, i giudici sono tenuti ad interpretarle in conformità con il diritto dell’Unione, anche se questo non è direttamente efficace. Tale obbligo costituisce un’applicazione specifica dell’obbligo di leale collaborazione. La differenza tra efficacia diretta ed interpretazione conforme risiede nel fatto che: - Nel primo caso (efficacia diretta) il giudice disapplica la norma interna confliggente con la norma dell’ Unione; - Nel secondo caso (interpretazione conforme) il giudice applica pur sempre la norma interna, ma interpretandola in modo aderente a quella dell’Unione. La giurisprudenza sottolinea tale distinzione affermando che l’interpretazione conforme delle norme interne non può giungere fino al punto che ad un singolo venga opposto un obbligo previsto da una direttiva non trasposta -> si avrebbe in tal caso produzione di effetti diretti, per di più orizzontali, da parte della direttiva. = La distinzione tra obbligo di interpretazione conforme e efficacia diretta è valorizzata dalla sentenza 16 giugno 2005 (sentenza Pupino), in cui la Corte ha affermato che l’obbligo di interpretazione conforme sì te anche riguardo alle decisioni quadro adottate nell’ambito dell’allora terzo pilastro, nonostante l’art. 34 TUE specificasse che tali atti non avessero efficacia diretta. Tale affermazione mantiene la sua rilevanza anche dopo che il Trattato di Lisbona ha soppresso la categoria delle decisioni quadro -> gli effetti giuridici di tali atti, infatti, permangono fino alla loro abrogazione o modifica L'obbligo di interpretazione conforme riguarda tutto il diritto nazionale -> lo afferma la Corte ad esito di una progressiva estensione del campo di applicazione dell’obbligo in questione: dapprima alle sole disposizioni che il giudice si trovasse ad interpretare ed applicare in quanto adottate dallo Stato membro in attuazione di una direttiva; successivamente anche a disposizioni più antiche rispetto alla direttiva, e pertanto priva di qualunque legame funzionale con la direttiva stessa. L'obbligo di interpretazione conforme non è incondizionato, ma incontra alcuni limiti: 1) L'obbligo è subordinato all’esistenza di un margine di discrezionalità che consenta all’interprete di scegliere tra più interpretazioni possibili della norma interna -> solo in questo caso sorge l’obbligo di scegliere l’interpretazione maggiormente conforme alle esigenze del diritto dell’Unione. Se la norma interna è inequivocabilmente contraria alla norma dell’Unione e questa è priva di efficacia diretta, l'obbligo di interpretazione conforme viene meno: l’obbligo di interpretazione conforme non può servire da fondamento ad un’interpretazione contra legem (sentenza 4 luglio 2006). “II ricorso alle forme di effic: diretta è ul ‘ata dalla Corte soprattutto per attenuare gli inconvenienti derivanti dalla giurisprudenza sulla mancanza di effetti diretti delle direttive 91 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno 2) Se la norma comunitaria in questione è una direttiva, l'obbligo non sorge prima della scadenza del termine previsto per la sua attuazione. Sentenza 4 luglio 2006: Il sig. Adeneler e diversi suoi colleghi erano stati assunti nella p.a. greca con numerosi e successivi contratti a tempo determinato. Tale pr: era contraria ad una direttiva sul lavoro a tempo determinato -> gli attori chiedevano quindi che l’amministrazione greca fosse condannata ad assumerli a tempo indeterminato. TUTTAVIA, la direttiva, pur imponendo agli Stati membri di prevedere delle sanzioni in caso di abuso dei contratti a tempo determinato, non prescriveva agli Stati membri l'obbligo di riconoscere ai lavoratori interessati il diritto ad ottenere la trasformazione in un contratto a tempo indeterminato -> QUINDI -> la direttiva non era sufficientemente precisa e dunque direttamente efficace -> ALLORA -> La Corte ricorda al giudice greco l’obbligo di interpretazione conforme, ma precisa che nel c: di tardiva attuazione di una direttiva, l’obbligo generale che incombe ai giudici nazionali di interpretare il diritto interno in modo conforme alla direttiva esiste solamente a partire dalla scadenza del termine d’attuazione di quest’ultima. Dalla data in cui la direttiva è entrata in vigore, i giudici degli Stati membri devono astenersi dall’interpretare il diritto interno in un modo che rischierebbe di compromettere gravemente, dopo la scadenza del termine d’attuazione, la realizzazione del risultato perseguito da questa direttiva. 3) La Corte afferma che nell’adempiere al proprio obbligo di interpretazione conforme, il giudice deve osservare i principi generali del diritto: a) i principi a tutela dei diritti fondamentali (ora previsti dalla Carta dei diritti fondamentali) -> l’interpretazione conforme non può condurre a risultati normativi che si pongano in conflitto con i principi generali; b) il principio della certezza del diritto e dell’irretroattività -> tali principi trovano particolare applicazione nel campo penale e si oppongono a che l’interpretazione conforme porti ad un aggravamento della responsabilità penale degli individui, creando nuove ipotesi di reato o estendendo il campo di applicazione di quelle già previste dall’ordinamento interno. IL RISARCIMETO DEL DANNO. Un'altra FORMA DI EFFICACIA INDIRETTA consiste nel riconoscere che la norma dell’Unione, anche se non direttamente efficace, può essere fonte di un diritto al risarcimento del danno. È opportuno distinguere le due ipotesi di norma direttamente efficace e norma priva di efficacia diretta: 1) L'ipotesi in cui gli organi di uno Stato membro ledano, provocando un danno, il diritto attribuito ad un singolo da una norma dell’Unione direttamente efficace -> tali organi sono tenuti al risarcimento del danno. In questi casi il diritto al risarcimento costituisce il corollario necessario dell’effetto diretto riconosciuto alle norme comunitarie la cui violazione ha dato origine al danno subito. 2) L'ipotesi di mancata attuazione di una direttiva priva di efficacia diretta -> in questi casi il comportamento omissivo degli organi statali impedisce il sorgere stesso del diritto che la direttiva intendeva garantire ai singoli. Si può parlare di efficacia indiretta della direttiva in quanto il pregiudizio subito non si rapporta alla lesione di un diritto già sorto, ma ne precede il sorgere. Le condizioni definite dalla giurisprudenza perché sorga il diritto al risarcimento del danno sono 3: 92 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno I due livelli di tutela giurisdizionale non operano in maniera del tutto distinta: attraverso la procedura del rinvio pregiudiziale (art.267 TFUE) il giudice nazionale ha la facoltà o l’obbligo di deferire alla Corte di giustizia le questioni riguardantiil diritto dell’unione ->collaborazione tra livello dell’Unione e livello nazionale di tutela giurisdizionale che consente di preservare il carattere uniforme delle norme dell’Unione anche nel momento applicativo. In questi casi la Corte esercita una competenza indiretta. TUTELA GIURISDIZIONALE EFFETTIVA. Secondo la Corte di giustizia, tale sistema giurisdizionale è completo: l’ordinamento dell’Unione rispetta il principio generale del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, sancito dagli artt. 6 e 13 della CEDU e dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Ne consegue che: - Iltitolare di una posizione soggettiva derivante dalle norme U.E. devono avere la possibilità di esperire un ricorso effettivo dinanzi ad un giudice competente contro gli atti delle autorità pubbliche di uno stato membro che violino tale sua posizione; - Un soggetto che venga pregiudicato da un atto delle istituzioni, deve poter ottenere il controllo giurisdizionale della validità di tale atto (Corte di giustizia: “la CE è una comunità di diritto, nel senso che né gli Stati membri che ne fanno parte, né le sue istituzioni sono sottratti al controllo della conformità dei loro atti alla carta costituzionale di base costituita dal trattato”) Qualora dovessero presentarsi delle lacune (manca un rimedio giurisdizionale utilizzabile per ottenere la protezione di determinate posizioni soggettive), queste dovrebbero essere colmate attraverso un’interpretazione evolutiva delle norme applicabili. L’insufficienza dei rimedi esperibili dinanzi alla Corte di giustizia non comporta violazione del diritto ad un rimedio giurisdizionale effettivo, qualora esista un rimedio adeguato che possa essere azionato davanti ai giudici nazionali - > QUINDI -> la necessità di colmare la lacuna in via interpretativa sorge nell’ipotesi in cui non esista un rimedio giurisdizionale effettivo né a livello della Corte di giustizia né a livello nazionale. Ciò può portare ad interpretazioni particolarmente estensive -finanche manipolative- di norme dei trattati e di norme di Stati membri. SECONDO E TERZO PILASTRO. Prima della riforma del Trattato di Lisbona, né il secondo, né il terzo pilastro disponevano di un sistema giurisdizionale analogo a quello stabilito per il pilastro comunitario -> gli atti adottati in tale ambito erano sottratti a qualunque tipo di controllo di legittimità da parte della Corte di giustizia. La soppressione della distinzione tra pilastri dovuta al Trattato non ha comportato il venir meno di tale situazione. Unica eccezione è costituita dal ricorso di annullamento speciale in merito a “decisioni che prevedono misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche adottate dal Consiglio in base al titolo V, capo 2 del TUE”. Circa gli atti adottati nell’ambito dell’ex terzo pilastro, è stato previsto un periodo transitorio di 5 anni [ora è scaduto] in cui continuano ad applicarsi le norme precedenti, salvo per gli atti che subiscono modifica nel corso di tale periodo: la modifica fa scattare l’applicazione immediata della disciplina ordinaria. 95 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno RICORSO PER INFRAZIONE (Stato membro accusato di aver violato obblighi derivanti dai trattati) Esso è disciplinato dagli artt. 258, 259 e 260 TFUE. OGGETTO DEL RICORSO. Oggetto del ricorso è laviolazione(1) da parte di uno Stato membro(2) di “uno degli obblighi(3) a lui incombenti in virtù dei trattati” (art. 258, primo comma e art. 259, primo comma). Per “Stato membro(2)” va inteso lo Stato-organizzazione, comprensivo di tutte le sue articolazioni: uno Stato membro può essere chiamato a rispondere di comportamenti facenti capo sia al Governo nazionale, sia a poteri indipendenti rispetto a quello esecutivo (Parlamento o Magistratura), sia ad enti territoriali dotati di autonomia e di competenze esclusive (Regioni, Comuni). Sentenza 9 dicembre 2003: viene accolto un ricorso in cui l’infrazione contestata è imputabile alla giurisprudenza interna -> la Commissione ritiene che la legislazione italiana applicabile alle domande di rimborso di tributi ri in violazione del diritto dell’Unione viene costantemente interpretata e applicata dai giudici italiani in senso incompatibile con il diritto dell’Unione. La Corte constata che quando una normativa nazionale forma oggetto di divergenti interpretazioni giurisprudenziali che siano plausibile e che conducano, alcune, ad un’applicazione della detta normativa compatibile con il diritto comunitario, altre, ad un’applicazione incompatibile con esso, occorre dichiarare che, per lo meno, tale normativa non è sufficientemente chiara per garantire un’applicazione compatibile con il diritto comunitario. Essendo provato che l’interpretazione della legislazione in questione fornita dalla costante giurisprudenza porta ad una sua applicazione incompatibile con il diritto comunitario, la Corte accoglie il ricorso della Commissione: il Governo italiano avrebbe dovuto modificare tale legislazione. Sentenza 16 gennaio 2003: l’infrazione contestata deriva da un comportamento di un ente locale-> la commissione lamenta che le tariffe per l’ingresso nel Palazzo dei Dogi in Venezia violano il divieto di discriminazione in base alla nazionalità, in quanto riservano una riduzione ai 96 RIASSUNTO DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA Prof Armanno soli cittadini italiani ultrasessantenni. Il Governo italiano si difende sostenendo che la fissazione di tariffe per l’ingresso nei musei ed altri monumenti di carattere reginale non è di competenza statale, ma rientra in quella esclusiva della Regioni. La Corte respinge la difesa affermando che gli Stati membri non possono richiamarsi a situazioni del loro ordinamento interno per giustificare l'inosservanza degli obblighi derivanti dal diritto comunitario. Ogni Stato membro è libero di ripartire come crede opportuno le competenze normative sul piano interno, tuttavia esso (lo Stato) resta il solo responsabile nei confronti della Comunità. Per obbligo(1) si intende qualsiasi obbligo derivante direttamente dai trattati ovvero da atti adottati in base ad essi. La violazione(3) che può costituire oggetto di un ricorso per infrazione è presa in considerazione nel suo obiettivo manifestarsi, pertanto: - Nonoccorre dimostrare la presenza di un atteggiamento psicologico di dolo o colpa da parte dello Stato membro o dei suoi membri; - Lo Stato membro non può addurre giustificazioni tratte da eventi interni (es. scioglimento anticipato del Parlamento, crisi di governo); - Lo Stato non può addurre motivi fondati su cause di forza maggiore o di ordine pubblico - Lo Stato non piò trarre giustificazione dal comportamento, anch'esso contrario al diritto UE tenuto da altri Stati membri. IL PROCEDIMENTO. Esso varia a seconda del soggetto che ne assume l’iniziativa: - Art. 258 TFUE -> disciplina l’ipotesi in cui sia la Commissione ad aprire il procedimento; - Art. 259 TFUE->disciplina il caso in cui sia uno Stato membro ad aprire il procedimento. Non è consentito ad altri soggetti, in particolare ai singoli aprire il procedimento, e in generale, rivolgersi direttamente alla Corte per far valere la violazione di un obbligo derivante dai trattati da parte di uno Stato membro -> essi potranno semmai denunciare la violazione alla Commissione o al proprio Stato membro per sollecitarli ad intervenire (ex artt. 258 e 259). In entrambi i casi contemplati dagli artt. 258 e 259 TFUE sono previste due fasi: 1) Una fase precontenziosa preliminare -> ha 2 scopi: a) favorire la composizione amichevole della controversia. Imponendo alle parti di discutere e confrontare le rispettive posizioni, si può evitare l’intervento della Corte; b) fungere da condizione di ricevibilità del ricorso alla Corte. L’inserimento nell’oggetto del ricorso di contestazioni diverse da quelle sollevate nella fase precontenziosa provocherebbe l’irricevibilità parziale del ricorso. 2) Una fase contenziosa -> prevede il ricorso alla Corte di giustizia e l'emanazione di una decisione giudiziaria. st * ART. 258: La Commissione apre il procedimento. “La Commissione, quando reputi che uno Stato membro abbia mancato a uno degli obblighi a lui incombenti in virtù dei trattati, emette un parere motivato al riguardo, dopo aver posto lo Stato in condizioni di presentare le sue osservazioni. Qualora lo Stato in causa non si conformi a tale parere nel termine fissato dalla Commissione, questa può adire la Corte di giustizia dell'Unione europea”. LaFASE PRECONTENZIOSA (comma 1) si articola nei seguenti momenti: 97