Scarica Vita e opere di Tacito e più Appunti in PDF di Latino solo su Docsity! TACITO Tacito visse in un'epoca della storia romana di grande splendore, ma anche di forti tensioni e conflitti. Quando nacque, intorno al 55, La Repubblica era finita da tempo. Le virtù di Roma per lui erano quelle antiche ai suoi tempi irrimediabilmente perdute. Per questa ragione dalle sue pagine emerge un dipinto a tinte fosche della voracità dei potenti: i suoi protagonisti sono un indimenticabile serie di imperatori crudeli, corrotti, immortali. Tacito, in realtà, fu nostalgico nell'anima, ma realista nei fatti: sapeva riconoscere le necessità della sua epoca e capiva con grande lucidità che la restaurazione delle istituzioni repubblicane sarebbe stata anacronistica e rovinosa. La grandezza di questo autore sta nell'aver saputo conciliare il suo lucidissimo pensiero di storico, in grado di interpretare soprattutto le dinamiche politiche, con una straordinaria sensibilità di scrittore. Della vita di Cornelio Tacito non si sa molto. Anche il prenome è incerto: Gaio oppure, più probabilmente, Publio. Forse era nativo della Gallia Narbonense secondo altri, invece, era di Terni. Suo suocero fu il valente comandante militare Giulio Agricola, del quale Tacito sposò la figlia. Tacito ebbe la migliore educazione e intraprese presto la carriera politica. La sua attività iniziò con Vespasiano, proseguì con suo figlio Tito e non si arrestò neppure col suo successore, Domiziano, uomo sospettoso e crudele. Dopo la morte di Domiziano, sotto l'impero del moderato Nerva, nel 97, divenne console; nello stesso periodo iniziò a scrivere, e a questi anni, infatti, risalgono le prime sue opere. Proseguì la sua carriera pubblica sotto Traiano, durante il cui regno divenne proconsole della provincia d'Asia, attorno al 112. La data della morte è incerta; tra il 116 e il 122. LE OPERE Le opere di Tacito, quasi tutte di carattere storico, che si sono conservate per intero sono: ● De vita et moribus iulii Agricolae, più nota come De vita Iulii Agricolae o Agricola («La vita di Giulio Agricola», scritta nel 98), una biografia del suo illustre suocero, morto pochi anni prima ● De origine et situ Germanorum, più nota come Germania («Germania», risalente anch'es- sa al 98), un opuscolo di carattere etnografico sulle popolazioni e la cultura dei popoli germanici che vivevano oltre il confine dei territori di Roma; ● Dialogus de oratoribus («Dialogo sugli oratori», scritto probabilmente tra il 101 e il 102),un dialogo sull eloquenza e il suo declino in epoche recenti ● Historiae, che descrivevano il periodo dal 69 (morte di Nerone) al 96 e di cui sopravvivono i libri I-IV e ventisei capitoli del libro V; ● gli Annales ab excessu divi Augusti («Annali dalla morte del Divino Augusto») più noti come Annales (scritti intorno al 116), (che raccontavano degli imperatori che governavano prima di Nerone a partire dalla morte di Augusto, e di cui sopravvivono i libri I-IV, parte del libro V e il libro VI DE VITA ET MORIBUS IULII AGRICOLAE L'Agricola (De vita et moribus iulii Agricolae) è una monografia (ovvero un'opera che si propone di raccontare un momento storico di estensione limitata), divisa in 46 capitoli, in cui si incrociano generi letterari diversi. Scritta nel 98, essa narrava le vicende del suocero di Tacito, Giulio Agricola (morto nel 93), comandante militare distintosi nella conquista della Britannia. Agricola è quindi, innanzitutto, una biografia, anche se sarebbe meglio definirla un encomio Cossia un elogio) in forma di biografia. L'intenzione di Tacito è infatti quella di mettere il suocero nella miglior luce possibile e, per questa ragione, dall'opera sono esclusi i dettagli sulla vita privata di questo personaggio, che è invece descritto solo nel suo ruolo pubblico di leale servitore dello Stato. La sezione più ampia della monografia, per questa ragione, è dedicata al racconto della conquista della Britannia e comprende anche un excursus di carattere geografico ed etnografico sulla regione e sui popoli che l'abitavano. In realtà, lodando la figura del suocero, Tacito lodava indirettamente se stesso e la propria famiglia e questa fu un'operazione tutt'altro che casuale.Agricola e raffigurato come un rappresentante dell antica virtus romana non contaminato dalla corruzione della capitale: un vir bonus, dunque, che aveva saputo affrontare le vicende della vita con coraggio e nobiltà. Agricola incarna proprio questo modello di uomo, in quanto mantenere la dignità anche nei momenti piu duri di oppressione. Nei capitoli iniziali della monografia, Tacito inserisce un'ampia prefazione, dove presenta il periodo storico in cui Agricola visse, in particolare, loda i tempi nuovi inaugurati dal principato di Nerva in contrapposizione alla passata oppressione. A queste considerazioni preliminari segue una breve biografia del protagonista. Agricola nacque nel 40, sotto il regno di Caligola, a Forum Iulii. Crebbe in provincia, dove si conservavano gli antichi costumi, lontano da Roma e dalla sua corruzione; studio a Marsiglia e poi intraprese la carriera militare nell'esercito romano in Britannia. Il racconto dei primi anni della vita del suocero prosegue con il resoconto della sua carriera, durante la quale Agricola si rivelò un uomo integro e giusto; nel 77 fu nominato da Vespasiano governatore della Britannia; confermato dai successori di Vespasiano, ricevette l'incarico di sottomettere quella provincia Un breve excursus etnografico sui costumi dei Britanni precede il resoconto delle imprese di Agricola, il quale, a poco a poco, in un susseguirsi di scontri, sottomise la maggior parte dell'isola. La parte più notevole, anche dal punto di vista letterario, è quella dedicata alla vittoria di Agricola contro i ribelli Caledoni, avvenuta nell'83 nel Nord della Britannia presso un monte chiamato Graupio. Tacito si riferisce al discorso di Calgàco e successivamente Agricola pronuncia un discorso degno di un generale romano, che esorta i suoi soldati e si mostra fiducioso della vittoria. Dopo i discorsi dei due comandanti inizia la battaglia, e i Romani, nonostante un iniziale sbandamento, annientano i nemici. Ma una volta ottenuta questa vittoria, Agricola cade nei sospetti di Domiziano: l'imperatore lo richiama a Roma e lo accoglie con freddezza. Perciò Agricola si ritira a vita privata e muore in circostanze non chiare, forse avvelenato per ordine dell'imperatore. Sebbene l'Agricola sia un'opera essenzialmente celebrativa, questa prima prova mostra già la forza delle qualità di scrittore di Tacito. In essa, infatti, si riconoscono alcune caratteristiche che saranno tipiche delle opere della maturità: in particolare, la sua capacità di delineare il carattere dei personaggi e quella di creare scene emozionanti e movimentate. Il linguaggio è inoltre vario, ricco di sfumature e di chiaroscuri, e rivela numerosi passaggi di tono. Gli Annales (Annales ab excessu divi Augusti), molto probabilmente in sedici libri, sono il capolavoro di Tacito, Narrano le vicende della casata giulio-claudia a partire dalla morte di Augusto (14) fino al suicidio di Nerone (avvenuto nel 68, ma il racconto si ferma al 66), e, al pari delle Historiae, seguono lo schema annalistico. A noi restano solo i libri relativi al principato di Tiberio. ● libri I-IV raccontano il principato di Tiberio (nominato erede da Augusto per testamento), del quale Tacito descrive il carattere cupo e sospettoso e, con un ritratto magistrale, mette in luce il progressivo declino morale. ● libri I-II: Subito dopo il racconto della nomina di Tiberio, Tacito comincia a parlare di colui che avrebbe potuto essere ben più degno del potere imperiale: il giovane nipote di Tiberio, Germanico, che comandava l'esercito del Reno e si era già fatto notare per le splendide vittorie.I libri I e II proseguono con la narrazione delle guerre contro i Germani, descritte da Tacito con toni epici, sottolineando il coraggio e l'eroismo di molti romani e romane, come quello di Agrippina Maggiore ● I libri III e IV hanno un protagonista di tutt'altra natura: Seiano, prefetto del pretorio, uomo sanguinario e ambiziosissimo, che riuscì a diventare il consigliere più stretto dell'imperatore Tiberio e represse con violenza ogni forma di dissenso dal potere imperiale. Quando l'imperatore si rese conto del pericolo rappresentato dal suo uomo di fiducia, che era ormai sul punto di emarginare, decise di farlo uccidere. In un capitolo del libro VI si è invece conservato il racconto della miserabile morte di Tiberio, soffocato all'età di settantotto anni per ordine del prefetto del pretorio Macrone ● libro XI: quando gli Annales tornano leggibili (con il libro XI), ci troviamo negli ultimi anni del regno di Claudio (47- 54). Egli non fu un cattivo imperatore e governò con sagge misure; nonostante ciò, la sua figura è comunque giudicata con severità e astio da Tacito, che lo descrive come zoppo, balbuziente, facile preda dei raggiri dei suoi liberti e delle donne di corte. Dopo aver sposato Messalina (che fu uccisa per aver complottato contro l'imperatore, suo marito), Claudio fu infatti sedotto dall’ambiziosa e spregiudicata Agrippina, che prima gli fece adottare il figlio avuto dal precedente marito, Nerone, e poi lo avvelenò. ● libri XIII- XVI: contengono alcune tra le pagine più fosche e drammatiche che uno storico antico abbia mai scritto: il principato di Nerone. Il giovanissimo Nerone appare (nella descrizione di Tacito) un uomo senza scrupoli, animato da un immenso desiderio di onnipotenza e da un esibizionismo senza limiti. Salito al potere a diciassette anni, per i primi tempi fu tenuto sotto tutela da sua madre e dai suoi consiglieri. Iniziarono poi i suoi delitti; prima fece uccidere il fratellastro Britannico (avvelenato, come il suo patrigno) e poco dopo, con feroce freddezza, la madre. A quel punto il principato di Nerone andava assomigliando sempre più a una monarchia assoluta. Tra l'altro, fu accusato di avere appiccato l'incendio di Roma del 64, che distrusse buona parte della città, per poter costruire la sua fastosa reggia, la Domus Aurea. Gli atteggiamenti di Nerone però avevano ormai suscitato un vasto movimento di opposizione; l'aristocrazia senatoria organizzò una congiura contro l'imperatore, che però fu scoperta e repressa duramente. Siamo negli anni 65-66, mentre Nerone e Tigellino infuriano; qui finisce, a metà, il libro XVI di Tacito. Nerone avrebbe regnato altri due anni. Non sappiamo se l'opera di Tacito sia stata completata e se essa arrivasse sino alla caduta di Nerone. LA STORIOGRAFIA DI TACITO Tacito è stato probabilmente il più grande storico latino, in particolare per la sua capacità di percepire - e quindi trasmettere - la tragedia dell'uomo davanti alla storia: qualsiasi persona, per quanto buona e retta, rischia di cadere in preda a forze incontrollabili, dalle quali viene travolto. Secondo la prospettiva di Tacito, quindi, non prevalgono i migliori, non vince la giustizia, né esiste un progetto voluto dagli dèi o dal destino a dirigere le vicende umane. Tacito racconta dunque la precarietà del destino degli uomini e il trionfo del desiderio di potere. Il metodo storiografico di Tacito è esposto all'inizio degli Annales e si basa sull'impersonalità. Tacito critica i suoi predecessori, che avevano scritto sui suoi stessi argomenti deformandoli per ignoranza o servilismo, ma in realtà egli stesso non riesce a essere davvero imparziale. Tacito era un senatore e aveva un senso molto alto dell'istituzione a cui apparteneva, che ai suoi occhi appariva ancora come il cardine delle istituzioni romane. Nei confronti della plebe urbana si esprime invece, ogni volta che può, con profondo disprezzo. Tacito si rendeva conto che una struttura così immensa, com'era l'impero, non poteva essere governata con l'instabile sistema repubblicano. Perciò la soluzione, per Tacito, era un «buon>>>> principe, capace cioè di far coesistere la libertà. Al centro del racconto di Tacito, di conseguenza, non stanno le masse né il popolo romano, ma i grandi personaggi.Per di più, dalle opere di Tacito emerge che con l'instaurazione del principato si era creato un nuovo modo di fare politica, in cui tutto era deciso da un solo uo- mo e la carriera di ciascuno dipendeva dalla volontà dell'imperatore. Un simile stato di cose generava corruzione, servilismo; uomini onesti e retti. A detta di Tacito, insomma, il nuovo sistema politico rischiava di fare emergere i peggiori, non i migliori. E da questa considerazione sorge il più grande problema della riflessione di Tacito: può un uomo onesto vivere sotto un regime tirannico mantenendosi onesto? E se può, a quale prezzo? Da un punto di vista letterario sembra che Tacito, più che essere attirato dalla virtù degli uomini, sia attirato dai loro vizi. L'opera di Tacito può quindi essere letta, oltre che come pura storiografia, anche come una riflessione sulla natura del potere; un potere che è in primo luogo ambizione e corruzione, e a cui uomini senza scrupoli aspirano come fine supremo. Per scrivere le sue opere, Tacito poteva accedere a numerose fonti, tutte eccellenti, da cui attinge informazioni, e perciò la sua conoscenza degli eventi appare sempre accurata, Lo storico si servi di resoconti delle riunioni del senato, lettere e archivi. Solitamente Tacito si limita a riportare questi pettegolezzi senza considerarli davvero attendibili, ma in questo modo finisce per dare loro un qualche valore e insinuare dubbi e sospetti nel lettore. In tutto questo modo di procedere, e anche nella sua visione della storia, Tacito tiene pre- sente un grande modello, al quale è in vari modi debitore: Sallustio. TACITO SCRITTORE Come tutti gli storici antichi, Tacito considerava la storiografia come un genere letterario a tutti gli effetti (e non come una disciplina tecnica e scientifica), il cui fine era educare - secondo il principio della storia «maestra di vita» -, ma nello stesso tempo appassionare il lettore. Secondo la tradizione comune agli storici (tra cui Livio e Sallustio), Tacito inserisce spesso nel racconto i discorsi diretti dei suoi personaggi, alcune volte rielaborando parole effettivamente pronunciate, in altri casi inventando liberamente. Questa scelta stilistica gli consente di dare vivacità alla narrazione, di introdurre il punto di vista del personaggio in questione, di approfondire la psicologia e inoltre di far filtrare le proprie considerazioni soggettive. La maggiore qualità di Tacito scrittore sta però nel riuscire a dare tono drammatico agli eventi. Appunto la capacità di addentrarsi nei lati più oscuri della mente umana è l'aspetto più avvincente di Tacito scrittore: dai ritratti dei suoi personaggi emerge sempre l'essenza della loro personalità. Oltre che i discorsi, dalla tradizione retorica Tacito ricavava anche l'uso delle sententiae, cioè le massime in cui in poche parole viene riassunto un pensiero, destinato generalmente a chiudere in modo folgorante un episodio o la descrizione di un personaggio. Il modo che ha di raccontare gli eventi è incalzante e denso. Si tratta di un modo di narrare che då forte risalto alla drammaticità delle situazioni, in particolare nei casi in cui i personaggi sono descritti nell'atto di affrontare il loro destino e la loro morte. Talvolta, sono uomini vili che muoiono senza dignità (come Vitellio); in altri casi, i personaggi abbandonano la vita nobilmente. Una scena tipica nelle opere storiche di Tacito è infatti la morte del saggio. LINGUA E STILE Lo stile di Tacito è potente e vigoroso, e in questo risiede la sua maggiore differenza da quello dell'esempio per eccellenza di prosa latina, Cicerone, che invece è fluente e armonico; Tacito scrive in un modo oscuro e difficile, quasi una sfida per l'intelligenza dei lettori. Come Sallustio, anche Tacito privilegia la brevitas, cioè un periodo conciso e sintetico; altra caratteristica è poi l'inconcinnitas, vale a dire l'asimmetria, ottenuta attraverso la variatio per cui mai un periodo è uniforme al precedente. Tipico di Tacito è anche l'uso frequente dell'ablativo assoluto, che per sua natura spezza la frase. Un'altra caratteristica è la tendenza a variare l'ordine delle parole all'interno del periodo, così da creare una sequenza inaspettata.