Scarica Domande e risposte per prova scritta TFA Sostegno scuola secondaria di secondo grado e più Prove d'esame in PDF di TFA Sostegno solo su Docsity! Prof.ssa Maria Maceri 1 COME PUO’ ESSERE DEFINITO IL PENSIERO CREATIVO Il nostro cervello è composto da due emisferi: l’emisfero sinistro che fa capo al pensiero logico- razionale e l’emisfero destro che invece fa capo al pensiero creativo anche detto divergente. Il pensiero creativo è fluido, originale e non può fare a meno della nostra parte emozionale poiché le emozioni che proviamo sono il motore psichico della nostra capacità immaginativa. Un’altra caratteristica fondamentale del pensiero creativo è la condivisione e lo scambio di idee. In psicologia esiste una tecnica di gruppo finalizzata a sollecitare il pensiero creativo dei partecipanti che è il brainstorming letteralmente significa “tempesta di cervelli”: associandosi alle idee altrui senza giudicarle né passarle al vaglio della razionalità ognuno dice tutto ciò che può venirgli in mente in relazione ad un argomento o ad un problema, anche le ipotesi apparentemente più assurde o irrealistiche. PENSIERO DIVERGENTE E CONVERGENTE Il pensiero convergente è coordinato dall’emisfero sinistro del nostro cervello. Segue un percorso logico-analitico di tipo lineare e consequenziale ed è ottimo per tutti quei ragionamenti procedurali mediante i quali attuiamo strategie di soluzione note e consolidate per affrontare criticità che già conosciamo. E’ un modello di pensiero tramite il quale gli individui convergono anziché discostarsene sull’unica risposta accettabile a un problema. Il pensiero divergente è, invece, coordinato dall’emisfero destro sede della creatività, delle libere associazioni e del ragionamento per immagini. E’ un modello di pensiero che entra in campo quando ci troviamo davanti ad un nuovo problema da risolvere, per il quale le procedure solitamente utilizzate non funzionano. Questo tipo di pensiero fa appello alle qualità creative della mente ed è multidirezionale poiché ci permette di guardare le cose da nuovi punti di vista e avere nuove soluzioni. Secondo lo psicologo statunitense Guilford l’espressione pensiero divergente è quella più strettamente connessa all’atto creativo. Il pensiero divergente è la capacità di produrre una gamma di possibili soluzioni alternative per una data questione. Questo pensiero è misurato da tre indici: fluidità, parametro quantitativo che valuta la numerosità delle idee prodotte; flessibilità che rappresenta la capacità di adottare strategie diverse e l'elasticità nel passare da un compito a un altro che richieda un approccio differente; originalità che è l’attitudine a formulare idee uniche e personali, differenti da quelle prodotte dalla maggioranza. PENSIERO LATERALE E PENSIERO VERTICALE Lo psicologo maltese Edward De Bono ha elaborato sul finire degli anni sessanta la teoria del pensiero laterale che viene applicata per risolvere problemi utilizzando metodi apparentemente illogici. Il pensiero laterale pur apparendo illogico segue in realtà la logica della percezione. Il pensiero laterale si discosta dalle considerazioni ovvie (da cui il termine“laterale”) e cerca, attraverso la creatività, punti di vista alternativi, allontanandoci dai modelli acquisiti che usiamo di solito per ragionare. Genera nuove idee e nuovi concetti, è stimolatore, procede per salti logici ed esplora percorsi meno probabili. Esso è contrapposto al pensiero verticale. Quest’ultimo è quello logico o matematico, razionale, tradizionale, analitico e sequenziale. Si basa sulle deduzioni, passando attraverso le considerazioni che sembrano più ovvie e prevedendo una sequenza di passi, ognuno delle quali deve essere giustificata. Questo modo di operare può inibire lo sviluppo naturale dell’idea. Pensiero laterale e pensiero verticale possono essere avvicinati, rispettivamente, all’emisfero destro e all’emisfero sinistro del cervello e al loro modo di affrontare diversamente le cose: il primo più creativamente, il secondo più logicamente. Un modo di pensare, ovviamente, non deve però escludere l’altro, al contrario i due pensieri devono essere complementari affinché riescano a supportarci nel generare le soluzioni che stiamo cercando. Prof.ssa Maria Maceri 2 Durante il brainstorming, ad esempio, si utilizza il pensiero laterale durante la fase divergente e il pensiero verticale durante quella convergente. Delineare il rapporto tra empatia e intelligenza emotiva Per empatia s’intende la capacità di comprendere lo stato d’animo altrui e di entrare immediatamente in sintonia con un’altra persona. L’atteggiamento empatico si fonda sulla facoltà di comunicare e di capire l’altro. L’empatia designa un atteggiamento non di esclusione ma di comprensione dell’altro libero da preconcetti. L’empatia è strettamente collegata all’intelligenza interpersonale cosi definita dallo psicologo statunitense Gardner, ovvero la capacità di comprendere stati d’animo, emozioni e pensieri altrui. Il costrutto d’intelligenza emotiva è stato elaborato dagli psicologi Salovey e Mayer, che definirono questo tipo d’intelligenza come la capacità di monitorare le proprie e le altrui emozioni e di usarle per guidarle il pensiero e l’azione. Empatia ed intelligenza emotiva sono strettamente connesse poiché saper riconoscere e indirizzare le emozioni porta ad accrescere la motivazione e a migliorare le capacità relazionali, aumentando in tal modo l’empatia tra i soggetti coinvolti. Per meglio specificare, si ricorda che le cinque caratteristiche individuate dallo psicologo statunitense Golemann per descrivere l’intelligenza emotiva rientra, infatti, anche l’empatia. La reazione educativa non può prescindere dalla relazione empatica. Il docente, nel comunicare, deve possedere la capacità di valutare continuamente le reazioni anche non verbali dello studente rendendosi disponibile tanto a modificare e migliorare il suo stile comunicativo quanto a rafforzare il rapporto empatico. E’ importante per un docente esprimersi con chiarezza nel comunicare e allo stesso tempo riuscire a comprendere lo studente sapendolo ascoltare. Bisogna che s’instaura un rapporto di rispetto e di umiltà, di dialogo continuo per accogliere lo studente evitando stereotipi e l’imposizione di schemi interpretativi. Differenza tra integrazione e inclusione La differenza tra questi due termini non è soltanto lessicale. In Italia, il termine inclusione è entrato a far parte del nostro linguaggio del sistema educativo. Questo termine, però, ha generato confusione con il termine “integrazione”, di cui si è iniziato a parlare con la legge 517 del 1977 dove sono state abolite le classi differenziali e le scuole speciali per gli studenti con disabilità e si è favorito il passaggio dall’inserimento all’integrazione. Se con “integrazione” s’intende quell’approccio che prima guarda il soggetto diversamente e successivamente il contesto, con “l’inclusione” si intende invece un processo che guarda la globalità delle sfere educativa, sociale e politica e non prende in considerazione solo il singolo ma si estende il concetto di integrazione che coinvolge non solo gli studenti con certificazione ai sensi della L.104/1992, ma tutti gli studenti ed interviene prima sul contesto e poi sul soggetto. DEFINIRE I PRESUPPOSTI TEORICO METODOLOGICI PER UNA DIDATTICA INCLUSIVA La legislazione italiana attribuisce alla scuola il compito di attivarsi per portare tutti i suoi studenti al successo formativo. La scuola deve creare per tutti i ragazzi ambienti accoglienti e facilitanti, attraverso buone strategie educativo/didattiche, che possano contribuire alla crescita cognitiva e psicosociale degli alunni in situazioni di difficoltà, passando dal vecchio concetto d’integrazione, caratterizzato dal consentire e facilitare al «diverso» la maggior partecipazione possibile alla vita scolastica degli altri a quello d’inclusione, rivolto a strutturare i contesti educativi in modo tale che siano adeguati alla partecipazione di tutti, ciascuno con le proprie modalità. Prof.ssa Maria Maceri 5 La strategia del token economy (economia simbolica) utilizza dei rinforzatori simboli, esempio gettoni, che servono come rinforzanti in quanto vengono scambiati per acquistare prestazioni richieste ma lo studente può anche perderli se utilizza comportamenti inadatti. Didattica per studenti con ADHD ADHD ha una causa neurobiologica e genera difficoltà di pianificazione, apprendimento e socializzazione con i coetanei. Tale disturbo comporta la difficoltà a relazionarsi e in casi più gravi l’abbandono scolastico. L’insegnante, in questo caso, deve porsi in modo autorevole e facendo in modo che l’alunno impari a conoscere il proprio ambiente dove ci sono delle regole e una routine cosicchè si crea un ambiente tranquillo e rassicurante nonché prevedibile. PEI (Piano educativo individualizzato) È il documento dove vengono descritti e integrati gli interventi predisposti per gli alunni con disabilità con certificazione secondo la legge 104/1992. E’ obbligatorio per: alunni con disabilità sensoriali, motori, psicofisici e spettro autistico. PDP (Piano didattico personalizzato) E’ obbligatorio per DSA, per gli alunni con altri BES, esempio alunni con svantaggio socioeconomico e socioculturale. La scuola sceglie, insieme alla famiglia, se redigere o meno un pdp. Altri disturbi specifici sono: ADHD, disprassia (disturbo della coordinazione motoria), disturbo non verbale, disturbo del linguaggio, bordeline cognitivo o funzionamento cognitivo limite, disturbo lieve dello spettro autistico. Sindrome di down è una malattia genetica con la caratteristica di avere un comosona 21 in più rispetto alla normale coppia (pei). Bordeline cognitivo si tratta di ragazzi con QI globale risponde a una misura che va dai 70 agli 85. E’ legato a fattori neurobiologici. Si tratta di una forma lieve di difficoltà. Sindrome dell’X fragile è la più comune causa di ritardo mentale dopo la sindrome di down ed è provocata dall’alterazione di un gene situato sul cromosoma X. Le conseguenze della malattia sono ritardo mentale moderato o grave, ritardo nello sviluppo psichico-motorio, turbe del carattere e del comportamento, difficoltà del linguaggio. Sindrome di turner (disgenesia gonadica) interessa esclusivamente soggetti di sesso femminile e dipende da un’anomalia del cromosoma sessuale X. La manifestazione è la bassissima statura.. non comporta ritardo mentale ma possono esserci deficit visivo motori e visivo spaziali. Sindrome di duchenne è causata dall’assenza di una proteina, la distrofina, e si manifesta intorno ai 3 anni quando il bambino inizia ad avere difficoltà a correre, salire le scale, alzarsi da terra. Ha un deficit cognitivo e può insorgere difficoltà di apprendimento di linguaggio. Sindrome di Marfan è disturbo ereditario del tessuto connettivo che colpisce ossa e legamenti, occhi, cuore e vasi sanguigni e polmoni. Prof.ssa Maria Maceri 6 IL COOPERATIVE LEARNING (BRUNER)- COLLABORIAMO Il cooperative learning è una metodologia didattica attraverso la quale gli studenti apprendono in piccoli gruppi (2/5 studenti). Questa modalità di apprendimento permette di conseguire obiettivi la cui realizzazione richiede il contributo personale di tutti gli studenti coinvolti. Rispetto a una lezione frontale, il cooperative learning permette agli studenti di sviluppare determinate abilità e competenze sociali. E’ importante l’interdipendenza positiva, dove ognuno si sente responsabile del proprio impegno e di quello degli altri. Esso permette l’instaurazione di un clima che favorisce l’agire comune, tendendo in maniera fortemente motivata al raggiungimento degli obiettivi comuni. Gli studenti lavorano in piccoli gruppi eterogenei organizzati per attività di apprendimento, si suddividono i compiti, condividono il materiale, si assegnano ruoli diversi all’interno del gruppo e ricevono una valutazione in base ai risultati acquisiti. Il cooperative learning permette all’insegnante di effettuare una didattica individualizzata che consente agli studenti di perseguire obiettivi diversi secondo percorsi diversi. L’insegnante ha il ruolo di controllo delle attività e dei risultati conseguiti. JIGSAW La Jigsaw classroom, sviluppata negli anni ’70 da Elliot Aronson, è una metodologia di cooperative learning basata sulla ricerca. Questa metodologia riduce il conflitto tra gli studenti, migliora la motivazione e aumenta il piacere dell’esperienza di apprendimento. L’insegnante divide gli studenti in gruppi, sceglie un leader, divide la lezione in un numero di segmenti pari al numero dei membri del gruppo, assegna a ogni studente di ogni gruppo l’apprendimento di un solo segmento e alla fine della sessione, verifica l’apprendimento. Al termine del lavoro ogni studente tornerà al suo gruppo casa e presenterà una relazione ben organizzata al proprio gruppo. La situazione è fortemente strutturata al punto che il solo accesso che ogni membro ha rispetto ai materiali degli altri dipende dall’ascolto attento alla relazione delle altre persone nel gruppo. Il jigsaw incoraggia l’ascolto, il coinvolgimento, l’empatia dando a ciascuno una parte essenziale dell’apprendimento. I membri del gruppo devono lavorare insieme per raggiungere uno scopo comune e ogni persona dipende dalle altre. Nessuno studente può comprendere completamente se non lavora con gli altri. Questa cooperazione è determinata dalla progettazione stessa della lezione e facilita l’interazione tra gli studenti, portandoli a valutare i contributi degli altri come un compito comune. LA DIDATTICA METACOGNITIVA Il termine metacognizione viene usato per designare la consapevolezza ed il controllo che l’individuo ha dei propri processi cognitivi. E’ un approccio metodologico che si riferisce fondamentalmente alla conoscenza metacognitiva (consapevolezza del soggetto rispetto ai propri processi cognitivi) e ai processi metacognitivi (consapevolezza del soggetto rispetto all’attività di controllo esercitata sui suddetti processi).La conoscenza metacognitiva si riferisce alle idee che un individuo ha sviluppato sul funzionamento mentale e include impressioni, intuizioni, nozioni, sentimenti, autopercezioni. La conoscenza metacognitiva si riferisce alle idee che un individuo ha sviluppato sul funzionamento mentale e include impressioni, intuizioni, nozioni, sentimenti, autopercezioni. LA DIDATTICA METACOGNITIVA ha dimostrato la sua efficacia per: l’affinamento di competenze trasversali (attenzione, memoria, metodo di studio), l’apprendimento di abilità più prettamente curricolari (lettura e comprensione del testo, matematica, scrittura). LA DIDATTICA METACOGNITIVA mira a offrire agli allievi opportunità di imparare a: interpretare, organizzare e strutturare le informazioni ricevute dall’ambiente. L'approccio metacognitivo riserva un ruolo fondamentale al docente: quello di Prof.ssa Maria Maceri 7 "facilitatore” di cambiamenti strutturali nei discenti che non riguarda la compensazione di particolari comportamenti, singole abilità o specifiche competenze, ma qualcosa che interessa direttamente la struttura dei processi mentali e, proprio per questo, rimane stabile nel tempo, sviluppare la capacità di riflettere su questi processi per divenire sempre più autonomi nell’affrontare situazioni nuove. LA DIDATTICA LABORATORIALE Lo sviluppo della didattica laboratoriale si deve a Dewey (learning by doing- FACCIAMO PRATICA) che addirittura fondò a Chicago una scuola laboratorio per attuare le sue idee di scuola attiva. Le più recenti norme legislative italiane relative alla riforma della scuola fanno più volte riferimento al laboratorio inteso come «momento in cui l’alunno è attivo, formula le proprie ipotesi e ne controlla le conseguenze, progetta ed esperimenta, discute e argomenta le proprie scelte, impara a raccogliere dati e a confrontarli con le ipotesi formulate, negozia e costruisce significati interindividuali, porta a conclusioni temporanee e a nuove aperture la costruzione delle conoscenze personali e collettive» o, in altre parole come una «modalità di lavoro che incoraggia la sperimentazione e la progettualità». La didattica laboratoriale non va confusa con la «didattica in laboratorio» in quanto indica un approccio diverso alla lezione che serve per rendere lo studente protagonista del proprio apprendimento assieme ai compagni, e quindi favorire le sue conoscenze a partire da esperienze collettive. La didattica laboratoriale non ha bisogno del laboratorio inteso come ambiente specifico nel quale sono presenti attrezzature, oggetti e strumenti per la realizzazione pratica di una qualche cosa materiale. La didattica laboratoriale è caratterizzata dai seguenti elementi: - Modalità di conduzione del processo di insegnamento/apprendimento che si fonda sull’attribuzione agli studenti del ruolo attivo di “costruttori “ della propria conoscenza. - Il laboratorio è un ambiente di apprendimento (non un luogo fisico!) nel quale si utilizza prevalentemente il metodo della ricerca, ovvero della soluzione di problemi attraverso la sperimentazione concreta che procede per ipotesi, prove ed errori. - I compiti proposti sono sempre legati alla vita reale, pertanto lo studente ha l’occasione di mettere alla prova ciò che sa e di mobilitare e coniugare le proprie conoscenze e abilità per trasformarle in competenze. - Nel laboratorio l’azione educativa si sposta dall’insegnamento all’apprendimento, si “impara facendo” e in tal modo si realizza un apprendimento attivo e significativo. - L’attività laboratoriale ha delle ricadute positive anche sull’aspetto relazionale poiché la conoscenza si costruisce in modo collaborativo. - L’insegnante avrà più che altro un ruolo di guida, di consulenza, di facilitazione, alla maniera dello “scaffolding” di Bruner per cui il docente rappresenta un adulto competente che offre al discente un’impalcatura di sostegno per le nuove acquisizioni. - La valutazione avrà a oggetto le competenze che il laboratorio vuole sviluppare; dovrà basarsi sull’osservazione e considererà sia il prodotto che, soprattutto, il processo, in un’ottica di flessibilità che consenta eventualmente al docente di ridefinire in itinere il processo. - Il laboratorio è dunque un ambiente di apprendimento integrato, nel quale tutte le discipline di studio si intrecciano e gli studenti possono mettere in campo risorse e intelligenze diverse. PROBLEM SOLVING (BRUNER- COSTRUTTIVISMO) Ogni individuo, nella sua vita quotidiana deve affrontare una serie di problemi per i quali deve trovare una soluzione. Molto spesso le decisioni vengono prese in maniera semplice, senza dovere ricorrere a Prof.ssa Maria Maceri 10 Il candidato parli dell’ampliamento dell’offerta formativa nella scuola dell’autonomia. La legge 440 del 1997 ha istituto un fondo per l’ampliamento dell’offerta formativa destinato alla piena realizzazione dell’autonomia scolastica, prevista dalla legge 59 del 1997 all’art. 21. In riferimento all’ampliamento dell’offerta formativa, le attività didattiche possono essere ampliate e integrate da iniziative che non sono semplici aggiunte al programma scolastico ma risultano inserite nella programmazione educativa e didattica di ciascuna classe. Esse favoriscono i collegamenti interdisciplinari e contribuiscono a garantire lo sviluppo cognitivo, affettivo e relazionale dello studente. Oltre le attività didattiche destinate agli studenti, in coerenza con gli obiettivi dell’offerta formativa delle singole istituzioni scolastiche, gli insegnanti possono svolgere anche attività didattiche rivolte al pubblico di adulti in relazione alle esigenze formative provenienti dal territorio. Finalità, tecniche e strumenti per la valutazione diagnostica La valutazione è disciplinata dalla legge 169 del 2008 volta a verificare il rendimento e il comportamento dello studente. Dalla valutazione gli insegnanti ricavano le informazioni decisive per migliorare il processo di insegnamento/apprendimento e per calibrare i percorsi formativi sulla base delle caratteristiche cognitive affettive e motivazionali di ogni studente. La valutazione ha una funzione diagnostica, una funzione formativa e una funzione sommativa. La valutazione diagnostica (detta anche iniziale) è finalizzata a conoscere la situazione di partenza del percorso didattico dello studente. Generalmente all’inizio di un nuovo corso di studi o del nuovo anno scolastico, gli insegnanti accertano il livello di apprendimento degli studenti in relazione alle conoscenze acquisite nell’anno scolastico precedente e ai contenuti da affrontare nel nuovo anno scolastico. Rientrano nella valutazione diagnostica molte tipologie di prove che valutano diverse caratteristiche degli studenti: la motivazione scolastica, i livelli di attenzione, gli interessi, le capacità cognitive, gli stili di apprendimento, etc. Molto utili per la valutazione troviamo come strumenti i questionari, le prove strutturate, i test d’ingresso da somministrare agli studenti. Valutazione formativa (o in itinere) è finalizzata a valutare i progressi dello studente rispetto agli obiettivi da raggiungere e ai traguardi fissati per lo sviluppo delle competenze. Consente all’insegnante di attivare tempisticamente interventi attraverso una didattica flessibile al fine di migliorare le qualità delle competenze e dell’apprendimento degli studenti. Detta valutazione si compie in itinere mediante verifiche scritte o orali o prove pratiche nel corso dell’anno scolastico. Valutazione sommativa (o finale) tende a verificare se gli obiettivi prefissati, all’inizio dell’anno scolastico, sono stati raggiunti e a che livello. Ha una funzione di bilancio consuntivo sull’attività scolastica e sugli apprendimenti che essa ha promosso. Risponde alle esigenze di apprezzare la capacità degli studenti di utilizzare in maniera omogenea le abilità e le conoscenze che hanno acquisito durante il percorso di apprendimento e al termine dell’anno scolastico. Nella prassi scolastica, alcuni momenti di valutazione sommativa sono previsti istituzionalmente come ad esempio le votazioni trimestrali o quadrimestrali e le prove di esame. Pertanto è importante effettuare una valutazione sommativa ogni volta che il lavoro svolto consenta di individuare un complesso organico di abilità e conoscenze. Processo formativo Il processo formativo è un insieme di azioni volontarie pianificate volte alla crescita personale dello studente. Esso può essere definito come un cambiamento del comportamento, delle competenze, delle Prof.ssa Maria Maceri 11 conoscenze e delle capacità dello studente risultanti dalla frequenza e quindi dall’esperienza nell’ambiente scolastico. Nella prassi, ogni materia, infatti, concorre alla crescita formativa dello studente. La valutazione, inoltre, è considerata parte fondamentale del processo formativo. La valutazione del comportamento La valutazione del comportamento degli studenti è disciplinato dall’art. 2 d.l. 137/2008 convertito in L. 169/2008. Essa risponde alle prioritarie finalità di accertare i livelli di apprendimento e consapevolezza raggiunti, con specifico riferimento alla cultura, ai valori della cittadinanza e della convivenza civile, nonché dei diritti e dei doveri degli studenti, al patto educativo di corresponsabilità e ai regolamenti approvati dalle istituzioni scolastiche. Detta valutazione è affidata al consiglio di classe e tiene conto degli insiemi dei comportamenti posti in essere dallo studente durante il corso dell’anno, della frequenza e della partecipazione al dialogo educativo. La valutazione viene espressa in sede di scrutino intermedio e finale e nel caso in cui è inferiore a sei decimi, comporta la non ammissione al successivo anno o esame conclusivo dei cicli di studi. Il candidato illustri brevemente la certificazione delle competenze La scuola, per certificare le competenze, deve innanzitutto saperle valutare; ciò comporta la capacità di fissare non solo gli obiettivi per l’apprendimento (valutazione formativa) e dell’apprendimento (valutazione sommativa) ma anche i traguardi per lo sviluppo delle competenze, progettandole in un curricolo in coerenza con la situazione di partenza dello studente e della classe. La norma di riferimento è il d.lgs. 13 del 2013. La valutazione delle competenze La valutazione deve orientarsi verso l’analisi delle competenze che sono da intendersi quelle capacità dimostrate da uno studente di utilizzare le conoscenze, cioè la padronanza di fatti o informazioni che uno studente apprende, le abilità, che sono atti concreti singoli che lo studente compie utilizzando date competenze, la metaqualità, ossia costituite dalle capacità di sviluppo e mutamento degli elementi di comprensione, di applicazione, di analisi, di sintesi e di valutazione, della propria efficacia, dalla consapevolezza delle proprie conoscenze, capacità e limiti. Per capire se uno studente possiede determinate competenze, è necessario che l’insegnante lo metti in condizione di risolvere diverse problematiche in modo tale da capire se ha le competenze per svolgere quei determinati compiti. Detti compiti devono essere autentici, reali, legati a una disciplina e situati in contesti significativi, reali e possono riguardare situazioni quotidiane. Inoltre, strutturare griglie per l’osservazione sistematica può essere un utile e importante aiuto per l’insegnante che osserva e raccoglie informazioni indispensabili ai fini della valutazione. Il candidato parli della scuola dell’autonomia e della didattica per competenze La legge 107/2015 pone l’obiettivo di dare piena attuazione alle norme dell’autonomia scolastica. In Italia, si può parlare di autonomia già con L. Bassanini del 1997 con la quale viene introdotta e i suoi interventi legislativi. L’autonomia si fonda su dei principi: anzitutto lo Stato stabilisce le norme e i principi generali volti a garantire i livelli minimi di godimento dei diritti che la costituzione tutela e dall’altro, consente ai sistemi regionali di organizzarsi tra loro; infatti le Regioni devono individuare e definire l’organizzazione dei servizi nei territori di competenza. La scuola autonoma ha, infine, la responsabilità di far perseguire agli studenti non soltanto il successo scolastico (conoscenza e abilità) ma anche quello formativo (competenze). La competenza è la capacità dimostrata, secondo il rapporto europeo del 2006, da un soggetto di utilizzare le conoscenze, le abilità e Prof.ssa Maria Maceri 12 le metaqualità personali, sociali e/o metodologiche in situazioni di lavoro o studio. La didattica per competenze deve basarsi su una valutazione che non deve fare altro che assegnare agli studenti, per certificarne gli apprendimenti, compiti di realtà, autobiografie cognitive e osservazioni sistematiche. Delineare i rapporti tra scuola, famiglia e territorio La famiglia e la scuola rappresentano le principali agenzie educative che operano nel territorio. La famiglia, oggi coopera insieme alla scuola per promuovere lo sviluppo formativo dello studente. Grazie all’autonomia scolastica, la scuola permette una partecipazione attiva delle famiglie nel consiglio d’istituto, nel consiglio di classe, nel GLI, con l’adozione del registro elettronico che dà la possibilità alle famiglie di prendere visione immediata. Inoltre, la scuola si rapporta anche in modo costruttivo con la realtà territoriale, dove presta servizio di volontariato, collabora con associazioni sportive, con servizi socio sanitario e accoglie famiglie di varie nazionalità favorisce questa interazione. Questo rapporto tende a vedere una scuola aperta e inclusiva facendo perno sugli strumenti forniti dall’autonomia scolastica anche riconosciuto dalla L. 107 del 2015. Anche il PTOF può rappresentare uno strumento prezioso di progettazione curricolare ed extracurricolare, educativa e organizzativa tra scuola, famiglia e territorio. RELAZIONE FAMIGLIA E ENTI TERRITORIALI Nell’ambito scolastico un ruolo sempre più attivo viene attribuito alla famiglia, già coinvolte nella formulazione del Profilo Dinamico Funzionale (oggi sostituito dal Profilo di Funzionamento d.lgs. 66/2017 che comprende la diagnosi funzionale e il PDF) e del Piano Educativo Individualizzato (PEI). In particolare, la legge 104/92, al fine di assicurare la piena collaborazione tra scuola ed enti territoriali, ha introdotto esplicitamente il principio della programmazione coordinata tra i servizi scolastici, quelli sanitari, quelli socio assistenziali e culturali. La scuola ha inoltre elaborato il Patto di Corresponsabilità, sottoscritto dai genitori e condiviso con gli alunni. Il patto di corresponsabilità è uno strumento di trasparenza attraverso il quale i docenti esprimono le proprie proposte formative, gli studenti apprendono le fasi del loro curricolo, le famiglie conoscono la proposta formativa e collaborano alle attività e si impegnano a mantenere vivo il rapporto con la scuola partecipando e facendo parte degli organi collegiali, così come delineato dal DPR 416/74. Inoltre, la famiglia supporta il GLI (istituito con Dlgs 66/2017 sostituisce il GLH) nella predisposizione del PAI. Il candidato parli del rapporto di autovalutazione (RAV) Il RAV è la mappa della scuola. La scuola, dopo un'attenta lettura dei dati, individua punti di forza e punti di debolezza, avendo come target il miglioramento. Il RAV si conclude con l'individuazione di alcune priorità che costituiscono il primo passo verso il PdM (piano di miglioramento). Il rav può essere suddiviso in cinque sezioni: 1. Contesto e risorse: si indicano i vincoli e le opportunità per migliorare i risultati degli studenti. In questo caso si tiene conto del contesto, appunto del territorio e delle istituzioni contingenti, per definire, autovalutandosi, quanto sia importante l’apporto educativo e formativo della zona. 2. Esiti: qui vengono riportati i risultati scolastici degli alunni, sia quelli interni che quelli derivanti dalle prove INVALSI. Sono compresi anche i risultati a distanza e le competenze chiave di cittadinanza. 3. Processi: in questa parte si entra nel vivo dell’offerta formativa, ma anche l’ambiente di apprendimento, l’inclusione e la differenziazione, il recupero e il potenziamento, la continuità, Prof.ssa Maria Maceri 15 AUTONOMIA SCOLASTICA Le istituzioni scolastiche sono espressione di autonomia funzionale (cioè non piena, ma esplicata solo in vista del conseguimento dei fini educativi e di istruzione che sono propri di ciascuna istituzione scolastica). L’autonomia scolastica è la capacità giuridica delle singole scuole, riconosciute dalla legge, di progettare e realizzare, coerentemente con la finalità e gli obiettivi generali del sistema istruzione e con le caratteristiche specifiche degli alunni, interventi di educazione, formazione ed istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti e alla domanda della famiglia. L’autonomia mira a migliorare l’efficacia del processo di apprendimento e di insegnamento al fine di assicurare il successo formativo. Il DPR 275/1999 riconosce alle scuole l’autonomia didattica, organizzativa, di ricerca, sperimentazione e sviluppo e finanziaria. L’autonomia organizzativa (art. 5 DPR 275/99) riguarda l’adattamento del calendario scolastico in base all’offerta formativa, la programmazione plurisettimanale dell’orario del curricolo in non meno di 5 giorni settimanali e nel rispetto del monte ore annuale previsto per le singole discipline e attività obbligatorie, l’impiego flessibile dei docenti nelle varie classi e sezioni. E’ finalizzata alla realizzazione della flessibilità e all’ottimizzazione delle risorse umane. Autonomia didattica (art. 4 DPR 275/99) L’autonomia delle istituzioni scolastiche si concretizza, in maniera specifica, nell’autonomia didattica. Sulla base di tale autonomia, le scuole, nel rispetto della libertà di insegnamento dei docenti e delle scelte educative delle famiglie, adeguano gli obiettivi educativi e di apprendimento ai percorsi formativi programmati per far conseguire a tutti gli alunni il successo formativo, nel rispetto delle individualità e delle potenzialità di ciascuno. In particolare le istituzioni scolastiche esercitano l’autonomia didattica, adottando tutte le forme di flessibilità che ritengono opportune e tra l’altro possono prevedere: l’articolazione modulare del monte ore annuo di ogni disciplina; ciò significa che le scuole hanno l’autonomia di regolare i tempi dell’insegnamento e dello svolgimento delle singole discipline e delle attività didattiche, nella maniera più adeguata ai ritmi di apprendimento degli alunni, adottando tutte le forme di flessibilità ritenute opportune; l’unità oraria di insegnamento non coincidente con l’unità oraria della lezione, per utilizzare le ore residue a fini di attuare percorsi di recupero o attività di arricchimento formativo; l’attivazione di percorsi individualizzati per alunni in difficoltà di apprendimento; l’articolazione modulare di gruppi di alunni della stessa classe o di classe diverse e l’aggregazione delle discipline in ambiti disciplinari. L’autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo (ART.6 DPR 275/99) Le scuole esercitano autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo tenendo presente le esigenze del contesto culturale, sociale ed economico delle realtà locali e curando tra l’altro: la ricerca didattica sulle diverse valenze delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e sulla loro integrazione nei processi formativi; la documentazione educativa e la sua diffusione all’interno della scuola; gli scambi di informazioni, esperienze e materiali didattici; l’integrazione fra le diverse articolazioni del sistema scolastico e con soggetti istituzionali competenti. Le scuole possono promuovere accordi di rete o aderire ad essi per il raggiungimento delle proprie finalità istituzionali. Il Piano dell’Offerta Formativa (POF) (ART.3 DPR 275/99) Prof.ssa Maria Maceri 16 è il documento fondamentale costitutivo dell’identità culturale e progettuale della scuola, attraverso la quale ciascuna istituzione scolastica si fa conoscere dall’utenza e dalla realtà socio-territoriale. Esprime la progettazione curricolare, educativa ed organizzativa, che le singole scuole adottano nell’ambito dell’autonomia. Il Piano è il progetto di studio e di formazione curricolare, che ogni scuola propone e s’impegna a predisporre in favore della collettività scolastica. Il Piano è elaborato dal punto di vista didattico dal Collegio dei docenti, è proposto con la partecipazione di tutte le componenti presenti all’interno della scuola sulla base degli indirizzi generali di gestione e amministrazione definiti in Consiglio d’istituto, che adotta il POF. La Carta dei Servizi è trasferita nel POF, mentre il Piano Educativo Individualizzato è trasversale al POF. Il Piano Educativo Individualizzato è il documento nel quale sono descritti gli interventi finalizzati alla piena realizzazione del diritto all’educazione, all’istruzione ed all’integrazione scolastica. Il POF deve attuare iniziative individualizzate di recupero e di sostegno in modo da prevedere la costruzione e la realizzazione di percorsi individuali d’apprendimento. Il POF inteso come strumento di progettazione e di gestione si compone di almeno 4 parti essenziali: 1) la presentazione dell’istituzione scolastica; 2) Le offerte formative ed i programmi delle attività che l’istituto realizza; 3) Il regolamento d’istituto 4) la valutazione. Il POF utilizza i seguenti indicatori: flessibilità rispetto alle scelte; integrazione innovative e coerenza progettuale; responsabilità. Il Piano dell’Offerta Formativa è pubblico ed è consegnato alle famiglie all’atto dell’iscrizione. Il Contratto di Lavoro del comparto scuola ha introdotto le funzioni strumentali al Piano dell’Offerta Formativa per valorizzare la professionalità del personale docente e per realizzare e gestire il Piano dell’Offerta Formativa. Le funzioni strumentali sono identificate con delibera del Collegio dei docenti in coerenza con il Piano dell’Offerta Formativa che, contestualmente ne definisce criteri di attribuzione, numero e destinatari. CURRICOLO L’autonomia didattica s’esprime nel curricolo vale a dire il piano di studi, che deve essere coerente con gli obiettivi generali ed educativi dei diversi tipi ed indirizzi di studi stabiliti a livello nazionale. La struttura del curricolo si compone di tre livelli: 1) una parte prescrittiva, con le attività e le discipline fondamentali, il monte ore annuale da dedicarvi, gli obiettivi e gli standard d’apprendimento determinati a livello nazionale; 2) una parte opzionale, che integra il curricolo lasciato all’autonoma determinazione delle scuole con una pluralità di offerte tra le quali gli alunni hanno il diritto di scegliere; 3) una parte facoltativa con l’arricchimento del curricolo attraverso attività e discipline aggiuntive, programmate e realizzate con l’accordo di soggetti esterni alla scuola (enti locali e/o agenzie formative). CURRICOLO VERTICALE/ DIDATTICA PER COMPETENZE La scuola ha il compito di assicurare il successo scolastico e formativo di ciascun alunno attraverso la costruzione di un curricolo verticale strutturato secondo una progettazione formativa e inclusiva. Il curricolo è il piano di studi della scuola, scaturito dalle scelte della comunità scolastica, nel rispetto dell’autonomia. La costruzione del curricolo è il processo attraverso il quale si sviluppano e si organizzano la ricerca e l’innovazione educativa, si delinea con particolare attenzione alla continuità del percorso educativo a partire dai 3 anni. Ogni scuola predispone il curricolo all’interno del Piano dell’offerta formativa con riferimento al profilo dello studente al termine del primo ciclo d’istruzione, ai traguardi per lo sviluppo delle competenze, agli obiettivi di apprendimento specifici per ogni disciplina. Prof.ssa Maria Maceri 17 Gli obiettivi vengono calibrati ai diversi stili di apprendimento, con particolare attenzione alle esigenze di tutti e di ciascuno. Quando l’alunno saprà in autonomia utilizzare saperi e abilità anche fuori della scuola per risolvere i problemi della vita, vorrà dire che gli insegnanti hanno praticato una didattica per competenze. Avere competenza significa, infatti, utilizzare anche fuori della scuola quei comportamenti colti promossi nella scuola. Il curricolo verticale per competenze, rimanda all’idea di un apprendimento attivo, a qualcosa che rimane agli alunni anche fuori dalla scuola, si avvale di una didattica interattiva e dialogata all’interno della classe, che non abusa della lezione espositiva, ma sperimenta un metodo di lavoro d’aula basato su capacità metacognitive, sullo sviluppo della laboratorialità, sul clima favorevole per una partecipazione emotiva attraverso situazioni di sfida, dalle quali derivano curiosità, domande, problemi da affrontare. Inoltre, promuove l’apprendimento collaborativo, valorizza le conoscenze e le esperienze degli alunni, e promuove interventi mirati alle singole diversità. Il collegio elabora il curricolo verticale con riferimento ai profili di uscita per le scuole superiori basandosi sulle indicazioni nazionali del 2012 e sulle linee guida. Tutti i docenti del Collegio unitario si confrontano sulle Indicazioni nazionali e condividono le competenze da far acquisire agli allievi alla fine del primo ciclo e le articolano in due grandi categorie: 1. competenze disciplinari; 2. competenze per il pieno esercizio di cittadinanza. Le Indicazioni costituiscono, infatti, il quadro di riferimento per la progettazione curricolare affidata alle scuole; sono un testo aperto, che la comunità professionale è chiamata ad assumere e/o contestualizzare, elaborando specifiche scelte relative a contenuti, metodi, organizzazione e valutazione, coerenti con i traguardi formativi previsti dal documento nazionale. IL CURRICOLO ORIZZONTALE Nel curricolo orizzontale sono state riportate le otto competenze chiave europee, in accordo con i traguardi di sviluppo delle competenze disciplinari, ossia le fondamentali piste formative e didattiche da percorrere, che derivano dalla rielaborazione degli apprendimenti disciplinari e che generano la capacità di utilizzarli anche e soprattutto in contesti extrascolastici. Per ogni disciplina sono indicati i nuclei tematici, che segnalano gli aspetti fondanti e strutturali del sapere. Il curricolo orizzontale evidenzia per le diverse discipline gli apprendimenti ritenuti irrinunciabili, in quanto fondanti, generativi e trasferibili, rispetto ai quali saranno elaborate le prove di verifica intermedie e conclusive. Particolare attenzione è stata posta alla definizione dei traguardi di continuità, negli snodi formativi di passaggio fra Infanzia, Primaria e Secondaria di primo grado. Nella predisposizione del curricolo orizzontale si è inteso: -adeguare la proposta formativa ai bisogni culturali degli alunni; -migliorare la qualità e l’efficacia delle azioni; -costruire un modello progettuale valido e organizzato basato sull’informazione, sulla condivisione e sulla conseguente azione. LE COMPETENZE CHIAVE DI CITTADINANZA La competenza può essere concepita come l’insieme delle conoscenze, delle abilità, degli atteggiamenti che consentono a un individuo di ottenere risultati utili al proprio adattamento nell’ambiente sociale e che si manifesta come capacità di affrontare e padroneggiare i problemi di vita attraverso l’uso di abilità cognitive sociali. Le competenze chiave sono quelle di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo Prof.ssa Maria Maceri 20 l’impegno del figlio, lo incoraggia per permettergli di acquisire un maggior grado di autonomia e autostima. LA CLASSE Per conseguire una reale inclusione scolastica, la risorsa principale ed essenziale sono i compagni di classe, gli unici in grado di determinare rapporti di solidarietà e d’interazione di cui finiscono per giovarsi tutti gli allievi e non solo quelli in difficoltà. La classe, infatti, è una vera “comunità” di relazioni quando all’interno è caratterizzata da: senso di appartenenza, stima reciproca, possibilità di contribuire con le proprie capacità, esistenza di diritti e responsabilità per il benessere degli altri. Cooperare significa lavorare insieme per raggiungere obiettivi comuni. All’interno di situazioni cooperative l’individuo singolo cerca di perseguire risultati che vadano a vantaggio suo e di tutti i collaboratori. Alternanza scuola-lavoro L’alternanza scuola lavoro, introdotta in Italia con la legge delega 53/2003 e resa obbligatoria con la Legge della buona scuola del 2015, rappresenta una metodologia didattica innovativa del sistema di istruzione rivolta agli studenti del secondo biennio e del quinto anno della scuola secondaria di secondo grado. In altri termini, gli studenti alternano periodi di studio in aula e forme di apprendimento in contesti lavorativi. La finalità è quella di far aumentare negli studenti la motivazione allo studio, di orientarli e guidarli nella scoperta delle vocazioni personali e degli stili di apprendimento sia di far acquisire le competenze necessarie spendibili, in un futuro, nel mondo del lavoro. Attraverso le esperienze dell’alternanza-scuola lavoro, lo studente acquisisce zione di competenze chiave come apprendere in autonomia, interagire in vari contesti, essere imprenditori di se stessi. In generale, tale metodologia possiamo dire che risponde anche al pensiero dello psicologo Bruner, il quale sostiene che l’attività conoscitiva consiste in un processo di datti che provengono dall’esperienza al punto che si rende necessario educare il soggetto con i dati che scaturisco dall’esperienza e non soltanto dalla cultura. SALVAVITA La finalità della scuola dell'autonomia è far conseguire il successo formativo ad ogni alunno. Secondo l'impostazione scolastica tradizionale, l'insegnante doveva essere responsabile esclusivamente della propria disciplina, che gestiva restando chiuso e isolato nel suo sapere. Egli, inoltre, doveva essere immagine di autoritarismo, utilizzando l'”arma” della valutazione come strumento per ottenere rispetto e come espressione del suo giudizio. La scuola dell'autonomia richiede oggi al docente di svolgere ruoli di mediazione culturale, di socializzazione, di promozione di processi (tra cui l'apprendimento), di valutazione, di orientamento. Compito fondamentale della scuola attuale è promuovere la formazione ai valori e favorire processi di apprendimento. Apprendere non è soltanto memorizzare, cioè conservare dati e informazioni ed imparare, ma soprattutto è acquisire sempre nuovi atteggiamenti e comportamenti; perciò alla visione statica tradizionale bisogna sostituirne una dinamica, alla visione nozionistica una operativa, all'acquisizione di dati l'elaborazione degli stessi e la produzione di nuove informazioni, all'accumulo di conoscenze la produzione di nuove. L'apprendimento è un processo attraverso il quale il soggetto, elaborando le proprie esperienze, modifica il proprio comportamento e le proprie conoscenze per adattarsi in maniera autonoma alle sollecitazioni provenienti dal suo stato personale e dall'ambiente. Secondo questo quadro, l'insegnante deve avere diversi requisiti, come preparazione didattica, capacità di comunicazione con gli altri, competenza in campo psicopedagogico, aggiornamento continuo, capacità organizzative, atteggiamento problematico e critico verso ciò che si Prof.ssa Maria Maceri 21 insegna, conoscenza dei problemi sociali, sensibilità d'animo, disponibilità al confronto con gli altri. A questo proposito lo studioso Carl Rogers pone al centro di tutto il sistema educativo la relazione insegnante/allievo. Essa dev'essere fondata su stima e rispetto reciproci. L'insegnante non deve assumere un ruolo nella relazione con l'alunno, ma deve essere se stesso, esprimendo i propri sentimenti, positivi o negativi che siano. Egli deve saper creare un clima di fiducia, ma soprattutto deve saper ascoltare l'altro, instaurando un tipo di relazione empatica. In tal modo diventerà facilitatore dell'apprendimento e stimolerà la motivazione allo studio dell'allievo. La corretta comunicazione costituisce il veicolo privilegiato dell'apprendimento. l'insegnante deve cercare di tenere desta l'attenzione dei propri alunni attraverso una metodologia adeguata. Un buon insegnante, oggi, è colui che sa coniugare attività di progettazione, programmazione, valutazione con attività di motivazione, animazione, gratificazione degli alunni e di gestione della classe. Quindi il modo di presentare l'argomento, l'uso dei linguaggi verbali e non verbali, l'impiego dei media tecnologici, il tipo di lavoro da assegnare agli alunni, l'utilizzo delle dinamiche di gruppo attivate nella classe diventano degli espedienti importantissimi per conseguire dei buoni risultati di apprendimento. Il docente nell'attività di insegnamento deve tenere conto della specificità di ogni alunno a cui si rivolge, che è il vero protagonista del sistema insegnamento – apprendimento. Colui che insegna, perciò, non deve avere modelli fissi a cui ispirarsi, ma deve possedere un metodo duttile da adattare alle esigenze formative dei singoli studenti e alle particolari capacità. Guidare lo studente verso un apprendimento autonomo è lo scopo principale dell'attività di insegnamento. Una corretta metodologia didattica deve partire sempre dall'alunno, cioè dalla sua situazione di partenza (di carattere non solo cognitivo ma anche socio – relazionale, in base all'ambiente di appartenenza), quindi dai prerequisiti che possiede in relazione ad alcuni contenuti disciplinari da apprendere (in mancanza dei quali ci si attiva per un recupero o per un'eventuale ridimensionamento dei contenuti o degli obiettivi) e infine dalle conoscenze pregresse, sulle quali innestare le nuove. L'insegnante, inoltre, deve essere in grado di attivare diversi canali di comunicazione, in modo da coinvolgere tutti gli alunni e da stimolarne la partecipazione al processo di apprendimento. A tale scopo la metodologia didattica deve comprendere il maggior numero possibile di tecniche, al fine di rendere vario, flessibile, ricco ed efficace l'insegnamento. L'impiego di strumenti tecnologici, ad esempio, consente di fare dell'allievo il protagonista del suo sapere; egli, in questo modo, secondo la modalità d'uso interattiva che caratterizza questo genere di strumenti, può scegliere liberamente il percorso a lui più consono. Inoltre è possibile con tali mezzi adeguarsi ai tempi utili per l'apprendimento di ciascuno, in quanto essi rendono possibile la ripetizione e quindi la chiarificazione dei concetti. Altro grande vantaggio di questi particolari tipi di strumenti è la possibilità di autovalutazione da parte dell'utente, che viene corretto in maniera “indolore”, imparando dagli errori. Essi non sono vissuti come motivo di mortificazione o di abbattimento psicologico, ma come occasione di riflessione al fine di comprenderne la causa e di evitarne la ripetizione. L'aspetto ludico – motivazionale connesso a questo utilizzo è anche da rilevare. L'alunno, infatti, vive la prova come sfida e, in caso di insuccesso, è spinto a rivedere i contenuti per migliorare il risultato. L'uso dell'ipertesto, infine, come strategia di apprendimento, è anche particolarmente utile durante le lezioni, perché consente l'apprendimento cooperativo da parte degli alunni, il tutoring, i lavori di gruppo; permette inoltre di collegare e consolidare le conoscenze, oltre che di aumentare la motivazione. Un'altra tecnica utile per l'insegnamento è il problem solving: il contenuto viene proposto sotto forma di problematizzazione , affinché diventi motivo di riflessione e di conquista autonoma da parte dell'alunno. Oltre alla conoscenza di differenti tecniche utili all'insegnamento, occorre che il docente sappia variarne anche, a seconda delle situazioni, gli stili, scegliendo di volta in volta diversi mediatori: attivi (attraverso visite guidate, esplorazione su campo), simbolici (con l'uso e la manipolazione del linguaggio), iconici (da impiegare soprattutto nel metodo di studio, per stimolare l'analisi degli oggetti Prof.ssa Maria Maceri 22 visualizzati), analogici (come i giochi di simulazione), tecnologici (che racchiudono in sé tutti gli altri tipi di mediatori). DOCENTE CREATIVO L’insegnante dovrebbe allora creare un’atmosfera in cui lo sforzo di trovare qualcosa di personale e non convenzionale sia incoraggiato e ricompensato. È importante gratificare l’alunno per lo sforzo immaginativo compiuto, poiché le nuove idee emerse possano essere verificate ed eventualmente condurre alla soluzione desiderata. DEVE promuovere un clima che invita ad essere creativi. DEVE ADOTTARE UN metodo flessibile che solleciti la manifestazione di comportamenti creativi da parte di alcuni alunni. Talvolta questi ultimi, caratterizzati da curiosità e impulsività, manifestano irrequietezza e, di conseguenza, possono disturbare nello svolgimento delle attività didattiche. In certi casi vi è la tendenza a ricompensare solo le risposte “giuste” e a penalizzare quelle “sbagliate”. Sviluppare la creatività richiede modalità di lavoro che predispongano lo studente a mettersi in gioco e a proporre idee insolite e stravaganti. Il modo con cui ci si rivolge all’alunno, il tono con il quale si danno le consegne, i commenti fatti alle sue prestazioni possono inviare segnali che incoraggiano oppure inibiscono la produzione creativa. Queste considerazioni riguardano quello che potrebbe essere considerato lo “sfondo” della creatività, le precondizioni ambientali e relazionali che segnalano allo studente che si trova in un setting in cui ciò che è importante non è l’esattezza, l’applicazione di nozioni conosciute o di regole prefissate, la corrispondenza con criteri normativi, ma una certa audacia, fantasia, intraprendenza, originalità.