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domande più frequenti all'esame di diritto dell'unione europea, Sintesi del corso di Diritto dell'Unione Europea

raccolta delle domande con le relative risposte che vengono poste più frequentemente da assistenti e professori

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

Caricato il 25/03/2023

veronica-errani
veronica-errani 🇮🇹

4.3

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Scarica domande più frequenti all'esame di diritto dell'unione europea e più Sintesi del corso in PDF di Diritto dell'Unione Europea solo su Docsity! Consiglio Europeo E’ rappresentativo dei governi degli stati membri, organo intergovernativo. la sua composizione è definita dall’art 15 par 2 TUE il quale sancisce che esso riunisce i capi di stato e di governo degli stati membri, il presidente e il presidente della Commissione e ai lavori partecipa anche l’alto rappresentante dell’unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. il presidente è un organo individuale eletto dal consiglio stesso a maggioranza qualificata per un mandato di 2 anni e mezzo. il consiglio si riunisce 2 volte a semestre su convocazione del presidente che può anche indire riunioni straordinarie, le decisione vengono prese attraverso la pratica del consensus che riproduce in un unico testo l’intesa raggiunta dai partecipanti. dedica gli orientamenti generali dell’UE, organo politico , gli atti sono giuridicamente non vincolanti rapporti tra UE e ordinamento italiano, vige il principio per cui in caso di conflitto, di contraddizione o di incompatibilità tra norme di diritto comunitario e norme nazionali, le prime prevalgono sulle seconde. La necessità di affermare questo principio nasce dal fatto che la diretta applicabilità del diritto comunitario non potrebbe costituire una garanzia sufficiente per i cittadini degli Stati membri in quelle ipotesi in cui una norma comunitaria dovesse contrastare con una disposizione interna; se quest’ultima dovesse prevalere sulla norma comunitaria i diritti attribuiti ai singoli dall’ordinamento comunitario non troverebbero alcuna tutela. Il principio del primato del diritto comunitario, volto proprio ad evitare tale eventualità, fu affermato per la prima volta nella celebre sentenza del 15 luglio 1964, Costa c. Enel. In quell’occasione la Corte sostenne che: — con l’istituzione della Comunità gli Stati membri hanno limitato, sia pure in campi circoscritti, i loro poteri sovrani e creato un complesso di diritto vincolante per i loro cittadini e per loro stessi; — tale limitazione di sovranità ha come corollario l’impossibilità per gli Stati di far prevalere contro tale ordinamento un provvedimento unilaterale ulteriore; se ciò accadesse sarebbe scosso lo stesso fondamento giuridico della Comunità. Nella sentenza 9 marzo 1978, Amministrazione delle Finanze c. Simmenthal, la Corte fu ancora più esplicita affermando che “in forza del principio della preminenza del diritto comunitario, le disposizioni del Trattato e gli atti delle istituzioni, qualora siano direttamente applicabili, hanno l’effetto, nei loro rapporti col diritto interno degli Stati membri, non solo di rendere “ipso jure” inapplicabile, per il fatto stesso della loro entrata in vigore, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale preesistente, ma anche, in quanto dette disposizioni e detti atti fanno parte integrante, con rango superiore rispetto alle norme interne, dell’ordinamento giuridico vigente nel territorio dei singoli Stati membri, di impedire la valida formazione di nuovi atti legislativi nazionali, nella misura in cui questi fossero incompatibili con norme comunitarie”. Nella stessa sentenza la Corte chiariva quali erano gli effetti dell’applicazione di un tale principio, in particolare per quanto riguardava l’attività del giudice nazionale incaricato di applicare, nell’ambito delle proprie competenze, il diritto comunitario. Quest’ultimo, infatti, “ha l’obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme, disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale, anche posteriore, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale”. procedure legislative dell’UE, PROCEDURA LEGISLATIVA ORDINARIA - E’ la regola, è frutto di un lungo percorso verso maggiore coinvolgimento del Parlamento europeo (democratizzazione). Oggi disciplinata all’art. 294 TFUE. - In passato chiamata procedura di codecisione. - Proposta della Commissione. - Prima lettura: o PE adotta la sua posizione. o Consiglio approva (magg qualif o unanimità a seconda se PE ha apposto emendamenti alla proposta della Commissione o no): atto adottato / Consiglio adotta la sua posizione in prima lettura. - Seconda lettura: o PE può entro tre mesi: ▪ Approvare posizione Consiglio o non deliberare → adozione ▪ Respingere posizione Consiglio → procedura si arresta, non adottato ▪ Proporre emendamenti → • Parere Commissione • Consiglio approva tutti emendamenti → adozione • Consiglio non approva tutti → comitato di conciliazione a composizione paritetica elabora entro 6 settimane progetto comune. - Terza lettura: approvazione entro 6 settimane del progetto comune. - Atto sottoscritto congiuntamente da PE e Consiglio. ▪ integrativi o modificativi dell’atto legislativo su aspetti non essenziali o L’atto legislativo delegante ▪ delimita obiettivi, contenuto e portata della delega di potere ▪ fissa condizioni e principi cui è soggetta la delega o Modalità di controllo da parte di Consiglio o PE: ▪ Potere di revoca della delega ▪ Potere di impedire entrata in vigore dell’atto sollevando obiezioni ADOZIONE DI ATTI ESECUTIVI o Art. 291: esecuzione di atti giuridici vincolanti dell’UE (sia legislativi che non) o Di regola esecuzione affidata agli Stati, che adottano tutte le misure necessarie o Può essere attribuita alla Commissione se necessarie condizioni di esecuzione uniformi o Controllo operato dagli Stati secondo le condizioni fissate con regolamenti adottati con procedura legislativa ordinaria paesi di primo ingresso Il sistema di Dublino serve ad armonizzare le politiche degli stati dell’Unione europea sull’asilo. Stabilisce quali paesi sono competenti per l’esame delle richieste di asilo all’interno dell’Unione e assicura a ogni richiedente che la sua domanda sia esaminata nel rispetto della convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951. Si basa sul principio del primo paese d’arrivo, secondo cui lo stato responsabile per l’esame della richiesta è quello d’ingresso nell’Unione. Convenzione di Dublino È stato il primo accordo per stabilire regole europee sul diritto d’asilo. La convenzione fu siglata nella capitale irlandese nel 1990 dai dodici paesi che in quell’anno facevano parte dell’Unione. Entrata in vigore nel 1997 , introduceva il criterio del primo paese d’ingresso. Il 1 gennaio 2014 è entrato in vigore il regolamento Dublino III, che ha sostituito il precedente, confermandone i princìpi di fondo e apportando alcune modifiche. La nuova disciplina conferma il divieto di presentare domanda di asilo in più di uno stato e prevede che la richiesta sia esaminata nel primo paese d’ingresso nell’Unione. Tra le novità ci sono l’ampliamento dei termini per il ricongiungimento familiare, la possibilità di fare ricorso contro un ordine di trasferimento e maggiori tutele per i minori. Del cosiddetto sistema di Dublino fa parte anche il database Eurodac (European dactyloscopie), un archivio con le impronte digitali dei richiedenti asilo e delle persone fermate mentre cercavano di varcare illegalmente una frontiera esterna dell’Unione. Confrontando i dati, gli stati possono capire se un richiedente asilo ha già presentato domanda in un altro paese. Competenze Corte di Giustizia È una delle istituzioni dell’Unione Europea (UE), con sede nella città di Lussemburgo. Ha funzioni giurisdizionali. Sebbene sia una istituzione unica, è articolata in: Corte di giustizia, Tribunale (istituito nel 1989, con la denominazione Tribunale di primo grado) e Tribunali specializzati. Il complesso di tali organi assicura “il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei trattati” (art. 19 del Trattato sull’Unione Europea). In effetti, l’azione della Corte è fondamentale per assicurare sia la corretta applicazione del diritto dell’UE da parte degli Stati membri, sia la sua interpretazione uniforme. Funzioni della Corte: La Corte ha essenzialmente tre funzioni. In primo luogo, essa giudica sui ricorsi per la violazione dei Trattati comunitari, proposti dalla Commissione europea o da uno Stato membro. Se la Corte accerta l’inadempimento, lo Stato è tenuto a porvi fine immediatamente, pena una seconda condanna e il pagamento di penalità. In secondo luogo, la Corte effettua il controllo di legittimità sugli atti normativi adottati dalle istituzioni dell’UE (Regolamenti. Diritto dell’Unione Europea; Direttive. Diritto dell’Unione Europea; Decisioni. Diritto dell’Unione Europea). Tale procedura permette agli Stati membri, al Consiglio dell’Unione europea e alla Commissione europea, nonché, a determinate condizioni, al Parlamento europeo, di chiedere l’annullamento delle norme comunitarie illegittime. Ai privati è consentito chiedere – entro 2 mesi dalla notifica – l’annullamento degli atti giuridici che li riguardano direttamente e individualmente (soprattutto le decisioni). Se il ricorso è fondato, l’atto contestato viene annullato. Infine, la Corte ha competenza in tema di “questioni pregiudiziali” sollevate dai giudici nazionali degli Stati membri. Il rinvio pregiudiziale dà al giudice nazionale facoltà di chiedere alla Corte una pronuncia sull’interpretazione o sulla validità di una norma comunitaria quando siffatta pronuncia sia necessaria per risolvere la controversia di cui il giudice nazionale è investito. Oltre alle competenze di natura contenziosa, la Corte esercita una funzione consultiva. Il Consiglio dell’Unione, la Commissione europea o uno Stato membro possono chiedere un parere della Corte (che ha valore vincolante) circa la compatibilità con i Trattati comunitari di accordi stipulati da Stati membri con Stati non membri dell’UE. Composizione della Corte. - La Corte è formata da un giudice per ogni Stato membro e si riunisce in sezioni, in grande sezione o in seduta plenaria, conformemente alle regole previste a tal fine dal suo statuto. È assistita da 8 avvocati generali, che hanno l’ufficio di presentare pubblicamente, con assoluta imparzialità e in piena indipendenza, conclusioni motivate sulle cause che, conformemente allo statuto della Corte, richiedono il loro intervento. I giudici e gli avvocati generali della Corte – scelti tra personalità che offrano tutte le garanzie d’indipendenza e che riuniscano le condizioni richieste per l’esercizio, nei rispettivi paesi, delle più alte funzioni giurisdizionali – sono nominati di comune accordo per 6 anni dai governi degli Stati membri. Ogni 3 anni si procede a un rinnovo parziale dei giudici e degli avvocati generali, alle condizioni previste dallo statuto della Corte. I giudici designano tra loro, per 3 anni, il presidente della Corte, il cui mandato è rinnovabile. Il Tribunale. - In base all’art. 19 TUE, il Tribunale deve essere composto da almeno un giudice per ogni Stato membro; attualmente esso è composto da 27 giudici. Il Tribunale funge da organo giurisdizionale di primo grado, le cui sentenze sono impugnabili, per motivi di diritto, davanti alla Corte di giustizia. Tale funzione è limitata ai casi previsti dal Trattato (sono esclusi, ad esempio, dalla competenza di primo grado del Tribunale i ricorsi per inadempimento e le controversie tra Stati membri). Il Tribunale è invece giudice di secondo grado rispetto ai Tribunali specializzati, essendo l’organo competente a decidere sui ricorsi contro le sentenze di questi ultimi. I Tribunali specializzati. - Attualmente, l’unico Tribunale specializzato esistente è il Tribunale della funzione pubblica dell’Unione Europea, competente per le controversie tra l’UE e i suoi agenti. Il suo statuto è allegato allo statuto della Corte. Altri Tribunali specializzati potranno essere istituiti in futuro, mediante un regolamento del Consiglio e del Parlamento europeo, per conoscere in prima istanza alcune categorie di ricorsi in materie specifiche (art. 257 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea). Vizi degli atti comunitari art. 230 Trattato CE Secondo quanto disposto dal Trattato istitutivo della Comunità europea gli atti emanati dalle istituzioni comunitarie possono essere viziati da: — incompetenza -> che comprende sia l’incompetenza relativa (esempio: quando l’istituzione che ha emanato l’atto non aveva il potere di emanarlo), sia l’incompetenza assoluta della Comunità (esempio: l’atto emanato riguarda una materia estranea all’oggetto del trattato); — violazione delle forme sostanziali -> cioè mancanza di un requisito di forma essenziale per la formulazione dell’atto. La violazione delle forme sostanziali comprende il difetto di maturazione, l’errata individuazione della base giuridica e la mancata consultazione di un’altra istituzione, quando ciò sia previsto dalla nella realizzazione degli obiettivi dell'Unione, efficacia che sarebbe compromessa se alle posizioni giuridiche attribuite da una direttiva inattuata ai singoli non fosse concesso tutela giurisdizionale. La direttive gode di effetti diretti, però, solo dopo la scadenza del termine stabilito (nella direttiva stessa) per il recepimento. L'idoneità a produrre effetti diretti di una direttiva inattuata è solo "verticale": le situazioni giuridiche soggettive che essa pone in capo ai singoli possono essere fatte valere solo nei confronti degli organi statali (in quanto responsabili dell'inadempimento). Si tratta dunque di una sanzione a carico dello Stato che non può più pretendere l'adempimento di un dovere imposto ai singoli che sia in contrasto con tale atto. L'idoneità ad avere effetti diretti "orizzontali", cioè nei rapporti tra soggetti, delle norme contenute in direttive è invece negata (è peraltro ammessa per alcune norme dei trattati). Le norme (contenute in direttive) prive di effetti diretti, in quanto carenti dei requisiti di chiarezza, precisione e carattere incondizionato, assumono rilevanza nell'ordinamento in via indiretta grazie all'obbligo di interpretazione conforme che è posto in capo ai giudici nazionali e all'effetto legato alla responsabilità dello Stato per violazione del diritto dell'Unione europea. Tale ultimo effetto, affermatosi con la sentenza Francovich del 1991, impone che lo stato sia tenuto a risarcire il danno causato al singolo dalla mancata attuazione di una direttiva priva di effetti diretti a tre condizioni: che sia volta a conferire dei diritti ai singoli; che vi sia una grave e manifesta violazione del diritto (la Corte la presume per il fatto stesso della mancata attuazione da parte dello stato); che vi sia la presenza di un danno. Con la Costituzione europea le direttive comunitarie avrebbero assunto il nome di legge quadro europea. Tuttavia, con la bocciatura della Costituzione europea e con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, si è ritornati alla dicitura originale. I diritti fondamentali I valori fondamentali su cui è fondata l'Unione sono sanciti dall'articolo 2 TUE - del rispetto dei diritti umani, - della libertà, - della democrazia - dell'uguaglianza: - dello Stato di diritto - del rispetto dei diritti fondamentali, tra cui quelli di individui appartenenti a minoranze. Il rispetto dei diritti delle persone costituisce uno degli obblighi fondamentali dell'UE. Tali diritti devono essere rispettati dall'Unione all'atto di applicare politiche e programmi, dalle istituzioni dell'Unione e da ogni Stato membro. La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea sancisce tutti i diritti individuali, civili, politici, economici e sociali di cui godono i cittadini dell'Unione europea. La Carta integra i sistemi nazionali senza sostituirli. In caso di mancato rispetto dei diritti fondamentali delle persone, i tribunali nazionali devono decidere in merito. Ogni individuo può anche rivolgersi alla Corte europea dei diritti dell'uomo, che si pronuncia sulle violazioni dei diritti civili e politici sanciti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. In casi specifici, quando uno Stato membro non rispetta il diritto dell'UE e viola i diritti di una persona, la Commissione europea può anche adire la Corte di giustizia dell'Unione europea. L' Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali è l'organo indipendente dell'UE specializzato in questo settore, con un mandato che copre l'intero ambito dei diritti sanciti dalla Carta. diritti umani All’interno dell’Unione europea vi sono due principali linee politiche e d'azione in materia di diritti umani. La prima è la tutela dei diritti umani fondamentali dei cittadini dell’UE, mentre la seconda è la promozione dei diritti umani in tutto il mondo. La Carta dei diritti fondamentali dell'UE garantisce i diritti dei cittadini europei. Sancisce i diritti fondamentali vincolanti per le istituzioni e gli organi dell'UE e si applica anche ai governi nazionali quando mettono in atto il diritto dell'UE. L'Unione europea si è assunta l'impegno di promuovere e tutelare i diritti umani, la democrazia e lo Stato di diritto in tutto il mondo. I diritti dell'uomo rivestono un'importanza decisiva nelle relazioni dell'UE con altri paesi e regioni del mondo. La politica dell'UE punta a: - promuovere i diritti delle donne, dei bambini, delle minoranze e degli sfollati - combattere la pena di morte, la tortura, la tratta di esseri umani e le discriminazioni - difendere i diritti civili, politici, economici, sociali e culturali - difendere i diritti umani in attiva collaborazione con i paesi partner, le organizzazioni internazionali o regionali e gruppi e associazioni a tutti i livelli della società civile - includere clausole sui diritti umani in tutti gli accordi commerciali o di cooperazione con i paesi extra UE. principi generali principi non espressamente dichiarati nelle disposizioni del Trattato, ma sono di origine pretoria dunque frutto della giurisprudenza creativa della Corte di giustizia -> principi non scritti alcuni di essi partono da disposizioni specifiche come il principio di leale collaborazione contenuto dall’art 10 CE come dovere degli stati nei confronti delle istituzioni i principi generali si pongono come fonti non scritte che integrano il sistema colmando eventuali lacune, essi operano in genere nei confronti delle istituzioni dunque esse sono chiamate a rispettarli , ma anche nei confronti degli stati membri che qualora venissero meno all’obbligo di rispetto può essere esprima contro questi ultimi una procedura di infrazione in taluni casi essi svolgono una funzione interpretativa rispetto ad altre norme dell’unione , es. principio dell’effetto utile secondo il quale ogni norma deve essere interpretata in modo che possa raggiungere nella maniera più efficace il suo obiettivo , e il principio della certezza del diritto principio di attribuzione delle competenze Il trattato di Lisbona chiarisce la ripartizione delle competenze tra l'Unione europea e i suoi paesi. Oltre ai principi di sussidiarietà e di proporzionalità, sussiste anche il principio di attribuzione ex articolo 5 TUE. Secondo tale principio, l’Unione europea agisce esclusivamente nei limiti delle competenze che le sono attribuite nei trattati dell'UE. Queste competenze sono definite negli articoli da 2 a 6 TFUE Sono previste 3 categorie di competenze: - COMPETENZA ESCLUSIVA (articolo 3 del TFUE) -> solo l'UE è autorizzata ad agire in questi settori emanando atti obbligatori, quali ad esempio l'unione doganale e la politica commerciale - COMPETENZA CONCORRENTE (articolo 2 TFUE) -> sia l’UE sua gli stati membri possono adottare atti giuridicamente vincolanti nelle materie come il mercato interno, l’ambiente e la politica sociale - COMPETENZA DI SOSTENGNO COORDINAMENTO O COMPLETAMENTO -> L’UE assiste l’azione degli stati membri , in materie come la tutela della salute umana, la cultura e il turismo annullamento atti il RICORSO PER ANNULLAMENTO ha per oggetto gli atti delle istituzioni comunitarie che presentano delle irregolarità. I soggetti legittimati a presentare ricorso sono suddivisi in ricorrenti privilegiati, i quali possono chiedere l’annullamento di qualsiasi atto, e ricorrenti non privilegiati che godono di un diritto di ricorso limitato. Secondo la disciplina prevista dal trattato CECA sono considerati ricorrenti privilegiati solo gli Stati membri ed il Consiglio; per il trattato CE e CEEA sono gli Stati membri, il Consiglio e la Commissione, i quali possono chiedere l’annullamento di qualsiasi atto che non sia un parere o una raccomandazione. giustizia). I poteri delle istituzioni dell'UE sono stati definiti dai trattati istitutivi negoziati e ratificati dai paesi membri. frontiere Lo spazio Schengen, è uno spazio di libera circolazione che consente il movimento di persone, merci e servizi all’interno di 26 paesi (22 membri Ue più quattro esterni: Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera. L’accordo è stato diluito prima in una convenzione applicativa nel 1990 (entrata in vigore nel 1995), poi in un regolamento nel 2006 (562/2006, il cosiddetto Codice frontiere Schengen, aggiornato e modificato negli anni successivi: la Commissione europea sta discutendo ora, ironia della sorte, un’ulteriore modifica per snellire le pratiche nei controlli alla frontiera dei cittadini extra-Ue). I primi paesi a far cadere i controlli alla frontiera sono stati, nel 1995, Belgio, Germania, Spagna, Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Portogallo. L’Italia si è aggiunta nel 1997. codice frontiere il codice istituito dal regolamento prevede che non si effettuino controlli alle frontiere interne ma solo su quelle esterne: si può circolare liberamente fra i paesi Schengen, a prescindere dalla nazionalità, mentre si viene controllati quando si entra ed esce dalla frontiera condivisa dello spazio. I cittadini Ue che tornano nell’area Schengen sono sottoposti a una verifica, anche se minima. Viceversa, i cittadini di paesi terzi in ingresso devono fornire una documentazione che varia a seconda degli accordi siglati bilateralmente fra Ue e paesi terzi. Per alcuni paesi è richiesto un visto che consente di «soggiornare e viaggiare nei territori degli Stati Schengen per un massimo di 90 giorni nell'arco di un periodo di 180 giorni». Con la scomparsa delle frontiere interne, i paesi si impegnano a uno sforzo condiviso per la gestione dei quelle esterne, ad esempio con attività di cooperazione poliziesca e controlli efficaci. Quando si parla di “sospendere” Schengen si intende, in realtà, il ripristino di controlli alle frontiere interne: si effettuano dei controlli in entrata ed uscita dai confini di un certo paese Ue, come succede abitualmente quando si viaggia fuori dal perimetro del Vecchio Continente. Ai sensi dell’articolo 25 del codice, «in caso di minaccia grave per l'ordine pubblico o la sicurezza interna di uno Stato membro», si può «in via eccezionale ripristinare il controllo di frontiera in tutte le parti o in parti specifiche delle sue frontiere interne per un periodo limitato della durata massima di trenta giorni o per la durata prevedibile della minaccia grave se questa supera i trenta giorni». Sempre in caso di «circostanze eccezionali», si può arrivare a una proroga massima di due anni, anche se la modifica proposta dalla Commissione vorrebbe ampliare questi termini. Secondo dati della Commissione europea, il ripristino dei controlli è avvenuto un totale di 92 volte dal 2006 al 2017: in 56 casi la “stretta” è scattata fra settembre 2015 e novembre 2017 (in 44 occasioni per ragioni connesse ai migranti). accordi internazionali si pongono in una posizione intermedia tra le fonti primarie e le fonti secondarie, sono dunque subordinati ai trattati istitutivi, non possono né modificare né abrogare le disposizioni contenute in essi, mentre decisioni, direttive e regolamenti sono subordinati a tali accordi che devono essere interpretati dalla corte di giustizia in conformità con i trattati. gli accordi internazionali possono produrre effetti in capo ai singoli che possono esercitare in via giudiziaria dinanzi ai giudici degli stati membri , con la prerogativa che il contenuto debba essere obbligatorio, preciso ed incondizionato Sentenza Francovich - Bonifaci (19 novembre 1991) Si tratta di una storica sentenza della Corte di Giustizia comunitaria con la quale veniva stabilito il principio che il mancato recepimento di una direttiva comunitaria entro la data ultima stabilita nel provvedimento poteva determinare, a certe condizioni, una condanna dello Stato e un obbligo di risarcimento del cittadino che fosse risultato leso dall’inadempiente comportamento; la portata innovativa della sentenza risiede proprio nell’affermazione di quest’ultimo principio da parte della Corte. Una delle caratteristiche delle direttive comunitarie è quella di concedere un determinato lasso di tempo agli Stati membri per poter recepire nel proprio ordinamento le nuove disposizioni (in genere due anni). Spesso però gli Stati risultano inadempienti, in quanto non provvedono in tempo a completare tutte le procedure per dare attuazione alle disposizioni comunitarie. Nel caso esaminato nella sentenza Francovich lo Stato inadempiente era l’Italia, che non aveva recepito in tempo una direttiva sulla tutela dei crediti di lavoro in caso di insolvenza del datore di lavoro. Il mancato recepimento di tale direttiva aveva danneggiato tutti quei lavoratori che non potevano godere della speciale tutela loro accordata dalla normativa comunitaria; per questo motivo la Corte, oltre a rilevare l’inadempienza dell’Italia, aveva anche stabilito l’innovativo diritto del soggetto leso al risarcimento del danno ricevuto. Tuttavia nella citata sentenza la Corte aveva precisato che affinché potesse configurarsi un diritto al risarcimento dovevano verificarsi tre condizioni: — il risultato prescritto dalla direttiva doveva implicare l’attribuzione di diritti a favore dei singoli; — il contenuto di tali diritti doveva essere chiaramente individuabile sulla base delle disposizioni della direttiva; — doveva esistere un nesso di causalità tra la violazione dello Stato e il danno subito dal soggetto leso. La Corte non aveva pronunciato nessuna sentenza di condanna per inadempimento a carico dello Stato, cosa che d’altra parte le era preclusa dal momento che si trattava di un rinvio pregiudiziale. Il compito di accertare l’esistenza del danno, di stabilire il nesso con l’inadempienza dello Stato e di quantificare il danno subito spetta, secondo la Corte, al giudice nazionale. La Corte di Giustizia ha sempre affermato che in mancanza di una corretta e tempestiva trasposizione delle direttive, lo Stato non può opporre ai singoli il suo inadempimento agli obblighi espressi dalla direttiva inattuata. Il principio affermato dalla Corte è che, non solo gli Stati membri, ma anche i loro cittadini sono soggetti all’ordinamento giuridico comunitario, ed in base a ciò sono titolari di diritti ed obblighi discendenti da esso: l’obbligo gravante sullo Stato, ex articolo 249 Trattato CE, di dare attuazione alle direttive, corrisponde al diritto vantato dai singoli di vedere applicate le norme comunitarie. Tutto ciò rappresenta un esempio di applicazione rafforzata del principio dell’efficacia diretta e del principio del primato del diritto comunitario , ma uno dei punti sui quali la sentenza Francovich differisce rispetto alla precedente giurisprudenza è che la responsabilità dello Stato è determinata non più in base al diritto interno, ma in base al diritto comunitario, lasciando agli ordinamenti nazionali solo gli aspetti meramente procedurali (punti 41 e 42 della sentenza). La portata innovativa della sentenza sta nel fatto che, nonostante siano numerosi i casi di direttive non attuate dagli Stati membri, viene esercitata una forte pressione affinché ciò avvenga, in quanto lo Stato si espone ad un numero di pretese risarcitorie, pari ad un numero di potenziali beneficiari della norma, indeterminato ed indeterminabile. fenomeno migratorio Migrante irregolare -> Si tratta di una persona che entrata nel paese senza un regolare controllo alla frontiera, oppure che è arrivata regolarmente ma a cui è scaduto il visto o il permesso di soggiorno. Richiedente asilo -> Si definisce così una persona che ha richiesto di essere riconosciuto come rifugiato (o altra forma di protezione) e che è in attesa del responso. I richiedenti asilo solitamente entrano nel territorio in modo irregolare, ma dal momento in cui presentano la richiesta sono regolarmente soggiornanti, e quindi non possono essere definiti clandestini. Profugo -> Un profugo è una persona scappata per ragioni di sopravvivenza, solitamente a causa di guerre o conflitti, ma che non rientra nella categoria di rifugiato. Spesso il profugo è interno, ovvero nel suo stesso paese. Rifugiato (Unhcr) -> In termini generici il rifugiato è una persona che è scappata dal proprio paese per cercare protezione in un altro. L’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni unite (Unhcr) riconosce come rifugiati coloro che rientrano nei criteri stabiliti dal loro statuto. Questi sono dunque titolari della protezione che l’agenzia Onu può offrirgli. Altra cosa è il riconoscimento dello status di rifugiato da parte di un paese membro della convenzione di Ginevra del 1951. Status di rifugiato -> È la prima e più importante forma di protezione internazionale, e può essere riconosciuta a un richiedente asilo da uno stato membro della convenzione di Ginevra del 1951. La convenzione definisce il rifugiato come: Mancato rispetto di una decisione della Corte Se, nonostante la sentenza della Corte di giustizia, il paese continua a non rettificare la situazione, la Commissione può deferirlo dinanzi alla Corte. Sanzioni pecuniarie: Quando un paese viene deferito alla Corte di giustizia per la seconda volta, la Commissione propone che la Corte imponga sanzioni pecuniarie, che possono consistere in una somma forfettaria e/o in pagamenti giornalieri. Le sanzioni sono calcolate tenendo conto di vari elementi: - l’importanza delle norme violate e gli effetti della violazione sugli interessi generali e particolari - il periodo in cui il diritto dell’Unione non è stato applicato - la capacità del paese di pagare, con l'intento di assicurare che le sanzioni abbiano un effetto deterrente. L’importo proposto dalla Commissione può essere modificato dalla Corte nella sentenza. situazioni puramente interne agli stati membri Si tratta di un limite alla competenza dell’unione nei confronti degli stati membri, si configura come un’impossibilità giuridica per l’unione di intervenire in situazioni che siano puramente interne ad un singolo stato membro Ammissione nuovi membri e recessione La procedura di ammissione di nuovi membri è regolata dall’art 49 TUE che prevede 2 fasi: 1 -> si svolge nel quadro delle istituzioni europee 2 -> coinvolge gli stati membri il procedimento si avvia con l’iniziativa dello stato che intende aderire all’unione, il quale deve avere due requisiti fondamentali, uno di carattere geografico (appartenere all’europa), l’altro di natura politica (rispetto e promozione dei valori enunciati dall’art 2 TUE) il consiglio deve deliberare all’unanimità per l’ammissione, seguito dal parere obbligatorio ma non vincolante della commissione e dall’approvazione del parlamento. la conclusione avviene con la stipulazione di un contratto tra lo stato aderente e gli stati membri sulle condizioni di ammissione e gli adattamenti ai trattati RECESSO: l’art 53 TUE esprime la volontà di dare alla costruzione europea una durata permanente , il trattato di lisbona ha attribuito agli stati membri un diritto di recesso volontario ex art 50 TUE: - Ogni stato può recedere conformemente alle proprie norme costituzionali - lo stato deve notificare la propria intenzione al consiglio europeo - l’unione negozia le condizioni di recesso - con il recesso cessa l’applicazione dei trattati nello stato in questione - in caso di mancato accordo, l’applicazione cessa comunque dopo 2 anni dalla notifica della decisione di recedere - lo stato potrà in futuro rientrare nell’unione riapplicando il procedimento di ammissione ex art 49 TUE rapporto tra corte di giustizia e corte costituzionale Dalla corte di giustizia è stato affermato il primato di essa nei riguardi di norme interne di rango costituzionale, vige l’obbligo di assicurare il primato del diritto dell’unione che fa capo non solo ai giudici ma anche a tutta la PA sentenza Lucchini -> tale primato comporta la disapplicazione del principio dell’autorità di cosa giudicata ex art 2909 c.c. sentenza Granital -> prevalenza dei regolamenti direttamente applicabili sul diritto interno incompatibile (in seguito estesa anche alle direttive purché provviste di effetti diretti , disposizioni chiare,precise ed incondizionate) le norme europee non hanno il potere di annullare o abrogare una norma interna ma soltanto di disapplicarla , solo quando il contrasto risulta insanabile bisogna disapplicare il diritto interno garantendo la diretta applicazione delle norme europee controlimiti La corte costituzionale ha elaborato una TEORIA DEI CONTROLIMITI -> quei principi nazionali che vanno necessariamente salvaguardati e che limitano la prevalenza del diritto dell’unione - principi fondamentali - diritti inalienabili della persona qualora un atto o una disposizione dell’unione violassero un principio fondamentale o un diritto umano, il giudice comune dovrebbe sottoporre alla corte costituzionale la questione di legittimità della legge italiana di esecuzione dei trattati europei in contrasto. caratteristiche atti Gli atti di cui le istituzioni dell’UE si possono avvalere nell’esercizio delle loro competenze sono enumerati nell’art. 288 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE): regolamenti, direttive, decisioni, raccomandazioni e pareri. Si tratta dei cd. atti tipici in quanto essi sono definiti secondo modelli predeterminati nel Trattato. L’art. 288 TFUE distingue gli atti vincolanti, e quindi suscettibili di costituire fonti formali di norme giuridiche, i regolamenti, le direttive e le decisioni, da quelli che tali non sono, le raccomandazioni e i pareri. Il complesso degli atti vincolanti dà luogo al cd. diritto derivato, formalmente subordinato alle norme primarie contenute nei Trattati istitutivi. regime comune degli atti: l’obbligo di motivazione, i requisiti di forma e di pubblicità, l’entrata in vigore controlimiti CEDU Primo controlimite: gerarchia delle fonti Se la CEDU si colloca in posizione sub-costituzionale, è tenuta al rispetto di ogni norma costituzionale, cioè ogni norma della Costituzione costituisce un controlimite; se la CEDU è subordinata alla Costituzione, allora ne deriva il rispetto di ogni norma avente rango costituzionale (se la norma contrasta con la CEDU e la stessa contrasta inevitabilmente con la Costituzione, la norma ordinaria è conforme alla Costituzione.) Se la CEDU, nonostante la contrarietà con la Costituzione, potesse fungere da parametro interposto di validità, si arriverebbe al paradosso di affermare l’incostituzionalità della legge per contrasto con la CEDU, pur essendo la norma ordinaria conforme alla Costituzione. Intanto la CEDU prevale e funge da parametro interposto, in quanto conforme alla Costituzione. Nel momento in cui dovesse la prima essere in contrasto con la Carta Costituzionale, allora interverrà il primo controlimite. Secondo controlimite: art. 53 CEDU La CEDU tutela i diritti fondamentali della persona, ma anche le norme interne tutelano i medesimi diritti, per cui lo stesso diritto fondamentale può venir regolamentato e tutelato dalla norma interna e dalla CEDU con livello di garanzia differente. Se la CEDU tutela un diritto fondamentale della persona, ma la norma interna tutela quello stesso diritto, in misura maggiore, è più garantista, la prima non può prevalere, perché se così fosse, si arriverebbe al paradosso di tutelare in misura minore il diritto invocato, verrebbe sconfessata la stessa funzione che la CEDU avrebbe. Questo controlimite è disciplinato nell’art. 53 CEDU, informato al principio integrato, al principio dell’integrazione delle tutele dei diritti fondamentali. Quando l’ordinamento interno tutela in misura più garantista lo stesso diritto, la CEDU non può prevalere per cui continua a trovare applicazione la norma interna. Terzo controlimite: il controbilanciamento Anche se dovesse venir tutelato il precedente controlimite, con la conseguenza che la CEDU tuteli in misura maggiore il diritto medesimo, non è comunque detto che prevalga la norma pattizia, perché potrebbe subentrare il c.d. controbilanciamento. I principi fondamentali della persona sono tra loro confliggenti, sono principi dialettici al punto di divenire tra loro stessi contrastanti. Ad esempio, il principio della libertà di espressione (diritto di cronaca, diritto di critica e diritto di satira) entra in contrasto con un altro principio fondamentale, quello della riservatezza, della sfera intima della persona; più aumento la tutela di un diritto, più comprimo il diritto antitetico, proprio perchè i diritti sono inversamente proporzionali. La tecnica del bilanciamento si fonda su questo: la CEDU potrebbe anche essere più garantista, però se quella maggior tutela comporta la compressione di un altro diritto fondamentale antitetico, bisogna a questo punto operare un bilanciamento. Bisogna stabilire cosa è preferibile, cosa è prevalente, bisogna valutare se è ottimale legislativi, della giurisprudenza e delle proposte legislative possono essere consultati su EUR-Lex, la banca dati del diritto dell'Unione europea. Ordinati cronologicamente dal più recente, i principali trattati sono: • Trattato di Lisbona • Trattato di Nizza • Trattato di Amsterdam • Trattato sull'Unione europea - trattato di Maastricht • Atto unico europeo • Trattato di fusione - trattato di Bruxelles • Trattati di Roma: trattati CEE e EURATOM • Trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio CEDU Firmata nel 1950 dal Consiglio d'Europa, la convenzione è un trattato internazionale volto a tutelare i diritti umani e le libertà fondamentali in Europa. Tutti i 47 paesi che formano il Consiglio d'Europa, sono parte della convenzione, 28 dei quali sono membri dell'Unione europea (UE). La convenzione ha istituito la Corte europea dei diritti dell'uomo, volta a tutelare le persone dalle violazioni dei diritti umani. Ogni persona i cui diritti sono stati violati nel quadro della convenzione da uno Stato parte può adire alla Corte. Si tratta di una novità, in quanto ha conferito diritti alle persone in un contesto internazionale. Le sentenze che hanno riscontrato violazioni sono vincolanti per i paesi interessati. Il comitato dei ministri del Consiglio d'Europa vigila sull'esecuzione delle sentenze. La convenzione ha diversi protocolli, che modificano il suo quadro. Il trattato di Lisbona, in vigore dal 1° dicembre 2009, consente all'UE di accedere alla CEDU e un progetto di accordo di adesione è stato predisposto nel 2013. Parlamento europeo organo legislativo dell’UE eletto a suffragio universale con competenze di vigilanza e di bilancio Membri: 751 deputati Anno di istituzione: 1952 quale Assemblea comune della Comunità europea del carbone e dell’acciaio; 1962 quale Parlamento europeo, con le prime elezioni dirette nel 1979 Sede: Strasburgo (Francia), Bruxelles (Belgio), Lussemburgo Il Parlamento europeo è l'organo legislativo dell'UE che è eletto direttamente dai cittadini dell'Unione ogni cinque anni. Il Parlamento europeo ha tre funzioni principali: • Legislazione adotta la legislazione dell'UE, insieme al Consiglio dell'UE, sulla base delle proposte della Commissione europea decide sugli accordi internazionali decide in merito agli allargamenti rivede il programma di lavoro della Commissione e le chiede di presentare proposte legislative • Supervisione svolge un controllo democratico su tutte le istituzioni dell’UE elegge il presidente della Commissione e approva la Commissione in quanto organo. Può votare una mozione di censura, obbligando la Commissione a dimettersi concede il discarico, vale a dire approva il modo in cui sono stati spesi i bilanci dell’Unione europea esamina le petizioni dei cittadini e avvia indagini discute la politica monetaria con la Banca centrale europea rivolge interrogazioni alla Commissione e al Consiglio effettua monitoraggio elettorale • Bilancio elabora il bilancio dell’Unione europea, insieme al Consiglio approva il bilancio di lungo periodo dell’UE, il "quadro finanziario pluriennale". Composizione Il numero di eurodeputati per ogni paese è approssimativamente proporzionale alla popolazione di ciascuno di essi, secondo i criteri della proporzionalità degressiva: un paese non può avere meno di 6 o più di 96 eurodeputati e il numero totale non può superare i 751 (750 più il presidente). I gruppi parlamentari sono organizzati in base allo schieramento politico, non in base alla nazionalità. Il presidente rappresenta il Parlamento europeo nei confronti delle altre istituzioni dell'UE e del mondo esterno e dà l'approvazione finale al bilancio dell’UE. Il lavoro del Parlamento europeo si articola in due fasi principali: • commissioni - preparano la legislazione. Il Parlamento europeo conta 20 commissioni e due sottocommissioni, ognuna delle quali si occupa di un determinato settore. Le commissioni esaminano le proposte legislative. Gli eurodeputati e i gruppi politici possono presentare emendamenti o respingerle. Le proposte sono anche discusse all'interno dei gruppi politici. • sessioni plenarie – adottano la legislazione. In questa fase gli eurodeputati si riuniscono nell’emiciclo per esprimere un voto finale sulla proposta legislativa e gli emendamenti proposti. Di solito si svolgono a Strasburgo per quattro giorni al mese, ma talvolta vengono organizzate sessioni supplementari a Bruxelles. Per chiedere al Parlamento europeo di agire su una determinata questione, si può presentare una petizione (per posta oppure online). Le petizioni possono riguardare qualsiasi tema rientri fra le competenze dell'UE. Per presentare una petizione, occorre essere cittadini di uno Stato membro dell'UE o risiedervi. Le società o altre organizzazioni devono avere sede nell'UE. È anche possibile contattare il Parlamento europeo mediante l'eurodeputato della propria circoscrizione o l'Ufficio informazioni del Parlamento europeo del proprio paese. FRONTEX L'Agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea, meglio conosciuta con il nome di Frontex, è un'istituzione dell'Unione europea che ha tra i suoi obiettivi di coordinare le missioni di pattugliamento delle frontiere esterne aeree, marittime e terrestri degli Stati della UE e appoggiare gli stati membri in operazioni comuni di rimpatrio dei migranti irregolari. Il suo compito è anche quello di aiutare gli stati membri che si trovino in situazioni che necessitano un'assistenza, operativa o tecnica, di rinforzo nel controllo delle frontiere esterne. Istituita nel 2004 con il decreto del Consiglio Europeo n. 2007 per rafforzare e ottimizzare la cooperazione tra le autorità nazionali di frontiera, Frontex dispone di diverse aree operative che sono definite dal regolamento istitutivo. • coordinare la cooperazione operativa tra gli Stati membri nella gestione delle frontiere esterne; • assistere gli Stati membri in materia di formazione del corpo nazionale delle guardie di confine, anche per quanto riguarda la definizione di standard comuni di formazione; • effettuare analisi dei rischi; • seguire gli sviluppi della ricerca pertinenti al controllo e alla sorveglianza delle frontiere esterne; • offrire agli Stati membri il supporto necessario per l'organizzazione di operazioni di rimpatrio congiunte. L'Agenzia si occupa inoltre della formazione per gli agenti dei servizi nazionali degli Stati membri, sui temi riguardanti il controllo e la sorveglianza delle frontiere esterne e il rimpatrio dei cittadini di paesi terzi. Può organizzare attività di formazione in cooperazione con gli Stati membri nel loro territorio. Frontex opera in stretto collegamento con altri organismi comunitari e dell’UE responsabili in materia di sicurezza alle frontiere esterne, come EUROPOL, CEPOL, OLAF, e di cooperazione nel settore delle dogane e dei controlli fitosanitari e veterinari, al fine di garantire la coerenza complessiva del sistema. Legge annuale dell'ordinamento italiano per attuare il diritto europeo La legge La Pergola (Legge 9 marzo 1989, n. 86) è un importante atto normativo nell'ambito dell'ordinamento giuridico italiano; è stata abrogata e sostituita dalla legge Buttiglione (legge 4 febbraio 2005 n. 11), che ha riprodotto numerose norme della legge del 1989, ed ha adeguato la legislazione in materia comunitaria alla legge Cost. n. 3/2001, ed ha infine istituito il CIACE (Comitato interministeriale per