Come mai Dante, nell'Inferno, ha deciso di inserire gli indovini nella quarta bolgia dell'ottavo cerchio - dove stanno i fraudolenti la cui malizia non recide alcun vincolo di fiducia -, anziché inserirli nel nono cerchio dove stanno invece i veri e propri traditori, cioè coloro che ingannano chi a loro si è affidato? Ve lo chiedo perché, a mio parere, tra colui che si affida all'indovino (il cliente) e l'indovino che "si fa affidare", si instaura un rapporto speciale costituito da un patto di fiducia reciproco (pensiamo alle frodi dei fattucchieri odierni che popolano vari canali televisivi e al caso emblematico di Wanna Marchi); non è dunque vero che attraverso la frode commessa dall'indovino non si recide alcuna fiducia ma solo il vincolo d'affetto naturale: casomai, mi sembra, è vero il contrario.