Scarica Economia e gestione della banca - appunti lezioni e più Appunti in PDF di Economia e gestione della banca solo su Docsity! ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA Lezione 1, 22/02/2023 ECONOMIA DELLE AZIENDE DI CREDITO IL SISTEMA FINANZIARIO E IL SISTEMA REALE ▪Sistema Economico: Insieme dei soggetti che svolgono attività atte a procurarsi beni e servizi funzionali al soddisfacimento dei propri bisogni all’interno di un framework regolamentativo. ▪ All’interno del sistema economico vengono scambiati beni, servizi e forza lavoro – che danno luogo al sistema reale – e in contropartita viene trasferita moneta, mezzi di pagamento alternativi o strumenti finanziari, la cui complessiva gestione dà luogo al sistema finanziario. Il sistema economico si distingue in: -sistema reale: beni, servizi e forza lavoro vengono scambiati all’interno di un’economia. Questo sistema si occupa dell’ottimizzazione del comportamento degli individui e dell’utilizzo delle risorse. -Per ogni contrattazione sull’economia reale ci si aspetta in contropartita un flusso finanziario; il loro insieme costituisce il sistema finanziario. Questi due sistemi sono correlati, strettamente interdipendenti, e soltanto un loro contemporaneo equilibrio permette quello economico complessivo. La teoria economica suggerisce la necessità di equilibrio tra i due sistemi: 𝑃𝑄 = 𝑀V L’economia reale è rappresentata dal complesso di beni e servizi prodotti (Q) moltiplicato per i relativi prezzi (P) e deve essere in equilibrio con il quantitativo di moneta (M) presente sul mercato e dotata di una sua specifica velocità di circolazione (V= frequenza con cui avviene lo scambio di un’unità di conto in un dato orizzonte temporale). Maggiore è la velocità di circolazione, più c’è compravendita nell’economia reale, maggiore è il livello di consumi e minore è il risparmio e viceversa. È un’equazione banale ma è difficile che ci sia equilibrio tra esse; infatti, la capacità delle variabili di riportare il sistema all’equilibrio non è omogenea. IPOTESI 1: aumento dei prezzi Un aumento dei prezzi richiede una diminuzione di Q (azione sul mercato reale) oppure un movimento sul mercato finanziario. Se agiamo sul mercato reale possiamo diminuire la quantità di beni reali imponendo delle leggi che riducano il livello di produzione a livelli minimi questo, però, genera una riduzione del PIL ed è un intervento che richiede molto tempo e che, dal punto di vista pratico, non può essere considerata l’idea più efficace. Possiamo quindi agire sul lato destro dell’equazione, agendo sul mercato finanziario, cercando di aumentare la propensione alla spesa nel momento in cui i prezzi stanno aumentando; se non riusciamo ad aumentare la velocità circolazione della moneta (V), è necessario aumentare la quantità di moneta in circolazione (M). Affinché la quantità di moneta permetta di restaurare gli equilibri, gli intermediari finanziari devono trasmettere questo impulso di aumento della quantità di moneta al mercato; questo compito è nelle mani della BCE che può emanare questo impulso ma la sua trasmissione al mercato è nelle mani degli intermediari finanziari. IPOTESI 2: aumento della produzione 1 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA Un aumento della quantità di beni prodotti può essere contrastato da una diminuzione dei prezzi oppure da un aumento, dal lato del sistema finanziario, della velocità di circolazione della moneta (intervento difficile), oppure da un aumento della quantità di moneta presente nel sistema finanziario. IPOTESI 3: aumento della quantità di moneta Un aumento della quantità di moneta si può neutralizzare con una riduzione della velocità di circolazione della moneta oppure aumentando la quantità di beni prodotti e aumentando i prezzi. Per aumentare la quantità sono richiesti tempi lunghi ed elevati investimenti. IPOTESI 4: aumento della velocità di circolazione della moneta Un aumento della velocità di circolazione della moneta può essere neutralizzato attraverso una stretta macroeconomica, abbassando la quantità di moneta, oppure aumentando la quantità di beni prodotti e aumentando il livello di prezzi. I due sistemi sono simbiotici, è quindi ovvio che lo shock in un sistema si ripercuota anche sull’altro sistema; vi sono però delle eccezioni. E SE LO SQUILIBRIO PERSISTE? Se lo squilibrio persiste si ha il rischio concreto di una bolla speculativa. Una bolla è una situazione di squilibrio persistente nel lato dei sistemi finanziari, vi deve essere, però, anche una difficoltà dal lato del sistema reale. A causa dei persistenti squilibri, si verifica un aumento della domanda, un aumento dei prezzi, si crea una sorta di scarsità sintetica di un dato bene. Questi aumenti creano un’aspettativa dal lato degli operatori economici di continua crescita di domanda di questi beni; questo fa sorgere una spinta agli investimenti anche da parte di attori economici non esperti. Nel momento in cui un mercato diventa un mercato fuori controllo dovuto ad un eccesso di domanda avviene uno scollamento tra il valore del sottostante (valore del bene determinato dalle sue caratteristiche, dall’incontro tra domanda e offerta) e il prezzo. Il sottostante può avere un valore che cresce ma fino ad un certo punto ma se i prezzi salgono senza che vi sia un collegamento con le caratteristiche del valore sottostante allora lì la bolla sta per scoppiare. L’impennata dei prezzi solitamente è dovuta ad un sovrainvestimento a leva che comporta l’indebitamento degli operatori economici. 2 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA ▪ IL SETTORE PUBBLICO: unità istituzionali che producono ed erogano beni e servizi destinati alla collettività. Il settore pubblico solitamente è in deficit perché eroga beni e servizi destinati alla collettività; ▪ LE IMPRESE NON FINANZIARIE: società e quasi-società private e pubbliche che producono beni e servizi non finanziari destinati alla vendita. Sono tipicamente soggetti in deficit perché sono tenuti ad investire nel loro business; ▪ LE IMPRESE FINANZIARIE: unità economiche che raccolgono, trasformano e impiegano le disponibilità finanziarie degli altri operatori economici (istituzioni finanziarie, imprese di assicurazione e ausiliari finanziari). Questi soggetti possono essere sia in deficit sia in surplus (vedi slide 23); ▪ IL RESTO DEL MONDO: tutti i soggetti non residenti sul territorio nazionale. Non sono necessariamente in surplus o deficit. I SALDI FINANZIARI Per capire se un soggetto è in surplus o deficit bisogna guardare il suo saldo finanziario. La situazione economica dei settori istituzionali può essere rappresentata considerando i rispettivi SALDI FINANZIARI = il tra le risorse finanziarie prodotte (entrate) e utilizzate (uscite). ▪ A livello macroeconomico domanda aggregata = offerta aggregata → Y = PIL essendo: Y = C + S e PIL = C + I (senza scambi con l’estero) ne deriva: C + S = C + I da cui: S = I A livello di singoli settori istituzionali, invece S > I V S < I Saldo finanziario: SF = S – I = ∆ AF - ∆ PF S + ∆ PF = I + ∆ AF SF > 0 soggetti in surplus (saldo finanziario medio positivo) SF < 0 soggetti in deficit (saldo finanziario medio negativo) SF = 0 uguaglianza tra fonti e impieghi di risorse finanziarie *S= savings= risparmi *I= investimenti Affinché il sistema finanziario esista è necessario che vi siano sia soggetti in surplus sia soggetti in deficit. Le istituzioni finanziarie sono chiamate a raccogliere, trasformare e impiegare le disponibilità finanziarie degli operatori in surplus per finanziare quelli in deficit. La composizione di attività e passività finanziarie dei settori istituzionali dipende da: ▪ Scelte di investimento e finanziamento dei diversi settori nel tempo ▪ Trasformazioni strutturali del sistema finanziario (ad es. crescita dei circuiti diretti) ▪ Modelli di sviluppo economico perseguiti (welfare state) 5 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA ▪ Fattori demografici e di educazione finanziaria È importante conoscere i segni e i trends dei saldi finanziari in quanto sono indicatori del fabbisogno di trasferimento di risorse finanziarie fra i diversi settori realizzato attraverso il sistemo finanziario. Il trend negativo di un settore in deficit indica la necessità futura di un trasferimento ulteriore di risorse. Perché, essendo un soggetto in deficit, parte con un gap di potere d’acquisto che ha già bisogno di più risorse finanziarie rispetto a quelle che può produrre; il trend negativo fa poi pensare che ne avrò bisogno ancora di più. Il trend positivo di un settore in surplus (famiglie) indica che probabilmente bisogna trovare dei prodotti finanziari capaci di incentivare le famiglie ad investire perché stanno accumulando troppi risparmi riducendo la loro capacità di consumo. Il fabbisogno di trasferimento dipende da: ▪ Capacità di risparmio delle famiglie ▪ Capacità di auto-finanziamento e di investimento delle imprese ▪ Gestione del deficit delle amministrazioni pubbliche e investimenti pubblici ▪ Interscambio con l’estero All’interno del sistema c’è una dissociazione stabile tra risparmi e investimenti. La dissociazione fra risparmi e investimenti origina dall’esistenza di settori istituzionali e con saldi finanziari e segni tipicamente contrapposti, che fanno insorgere esigenze di trasferimento delle risorse monetarie dalle unità in surplus alle unità in deficit. La dinamica e l’entità dei fenomeni di dissociazione in atto nei sistemi economici traggono origine dai modelli di sviluppo economico seguiti. Dimensione e distribuzione dei saldi finanziari dei settori sono, infatti, riconducibili a scelte di welfare state, di politiche di distribuzione dei redditi, di natura fiscale. Tanto più ampi risultano, in termini relativi, i saldi finanziari dei diversi settori istituzionali, maggiore è il fabbisogno di disporre di dispositivi di trasferimento che sono individuabili nei contratti finanziari. I soggetti in surplus e quelli in deficit devono essere messi in condizione di trasferire risorse all’interno del sistema economico. Affinché ciò sia possibile, è necessario un certo grado di finanziarizzazione dell’economia: I redditi non consumati o la ricchezza accumulata devono poter essere incorporati in contratti finanziari standardizzati che rappresentano: ▪ una forma di INVESTIMENTO per il detentore (soggetti in surplus (es. famiglie)) ▪ una forma di FINANZIAMENTO per l’utilizzatore (soggetti in deficit) Per esempio, i titoli di stato sono contratti standardizzati che rappresentano un investimento per le famiglie e un finanziamento per lo stato che emette il titolo e utilizza le risorse delle famiglie fino a quando il contratto scade. Alla scadenza, lo stato restituisce quanto prestato più il tasso di rendimento. Lo scambio di flussi può avvenire in 3 modi: (importante!) ▪ SCAMBIO DIRETTO AUTONOMO: i datori di fondi e i prenditori di fondi si incontrano senza che alcun intermediario assuma una propria posizione negli scambi, a credito o a debito. È una modalità di scambio che avviene tra un soggetto in surplus e uno in deficit che scambiano l’eccesso di risorse del soggetto in surplus per coprire il gap negativo dei soggetti in deficit. Ad oggi si parla di scambio diretto autonomo quando lo scambio avviene autonomamente sul mercato finanziario. ▪ SCAMBIO DIRETTO ASSISTITO: i soggetti di domanda e di offerta sono controparti dirette dello scambio, ma l’ intermediario svolge una funzione di ricerca e selezione della controparte , al fine di rendere compatibili le differenti esigenze dei soggetti di domanda e di offerta. Lo scambio riguarda un contratto soltanto tra soggetto in surplus e soggetto in deficit e l’intermediario svolge solo una funzione marginale e non entra direttamente nello scambio. In questi primi due casi il soggetto in surplus conosce il soggetto che sta finanziando. 6 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA ▪ SCAMBIO INDIRETTO (intermediato): l’intermediario si interpone tra le due categorie di soggetti assumendo una propria posizione, a credito nei confronti del prenditore di fondi e a debito verso il datore di fondi. Il flusso da surplus a deficit avviene tramite 2 contratti: uno tra soggetto in surplus ed intermediario e l’altro tra soggetto in deficit e intermediario. I mercati finanziari sono pensati come circuiti diretti quindi questo scambio è assimilabile allo scambio diretto e autonomo. Nei circuiti diretti intermediati, gli intermediari agiscono da broker mentre nello scambio indiretto lo scambio richiede lo sviluppo di due contratti finanziari. 7 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA • come asset broker: servizi di negoziazione, custodia, portafoglio (gestioni patrimoniali). Vengono sfruttate economie nei costi di transazione. • come asset transformer: riconciliazione delle preferenze di investimento/indebitamento di soggetti in surplus e deficit. La trasformazione non si limita soltanto alla scadenza, la banca trasforma anche il rischio perché continua a garantire ai datori di fondi che questi depositi sono a vista annullando il rischio di liquidità. Annulla anche il rischio di prezzo ovvero la banca rimborsa il surplus e quindi i propri depositi al nominale. Scambio diretto, che sia autonomo o no, non trasforma le caratteristiche del surplus di denaro dei datori di fondi ed è evidentemente un passaggio in totale autonomia. Scambio diretto assistito implica che gli intermediari finanziari agiscano da asset broker, quindi che facilitino lo scambio tra soggetti in surplus e deficit. Quando l’intermediario si interpone all’interno di questo passaggio si parla di passaggio indiretto e in questo caso la banca agisce da asset trasformer perché, solo in questo caso, trasforma le caratteristiche del surplus finanziario dei datori di fondi in modo che incontrino le necessità dei soggetti in deficit cosicchè un deposito a vista possa essere utilizzato per finanziare un progetto biennale. 2. TRASFORMAZIONE DEL RISCHIO Seconda leva che il sistema finanziario ha per far fluire meglio questo passaggio di risorse da un soggetto all’altro. Esso fa riferimento solamente ai soggetti che sono asset transformer. Esistono due tipologie di rischi: -RISCHI PURI ▪ “non diversificabili” e colpiscono la persona o il suo patrimonio: es. invalidità/furto ▪ non può essere eliminato o neutralizzato con contratti di segno opposto. Può essere solo coperto con delle polizze assicurative ▪ è sempre a sfavore ▪ può però essere trasferito Attività assicurativa: ha per oggetto la negoziazione di rischi puri, i rischi cioè che si manifestano sotto forma di perdite o danni futuri e incerti nella frequenza e nella gravità (e quindi nel costo). L’assicurato trasforma un evento futuro dannoso e incerto in un costo certo (premio della polizza). La compagnia è in grado di far fronte ai suoi impegni di risarcimento attraverso processo di pooling, assumendo cioè un 10 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA numero sufficientemente alto e diversificato di rischi, per il complesso dei quali è possibile prevedere con buona approssimazione il costo complessivo. -RISCHI SPECULATIVI ▪possono essere eliminati o ridotto con operazioni e strumenti di hedging, ▪simmetrico: può essere a favore o a sfavore (rischio di guadagno e rischio di perdita) Rischio= Volatilità ovvero il rischio che il valore finale del mio investimento si discosti dal valore atteso ma tale scarto deve essere minimo. Parte di questo rischio si può abbattere tramite una buona diversificazione. L’avversione al rischio dei datori di fondi potrebbe impedire il finanziamento della parte più rischiosa dei prenditori di fondi (il trasferimento diretto risulta difficoltoso). La trasformazione del rischio permette al datore di fondi di trovare forme di investimento che soddisfino la sua propensione al rischio e al prenditore di fondi di finanziarsi, nonostante presenti un rischio elevato. ATTEGGIAMENTI NEI CONFRONTI DEL RISCHIO È fondamentale che un intermediario si interponga perché sono molto diverse le necessità di chi presta fondi e chi prende fondi; ciò è dovuto dai 3 possibili atteggiamenti che si possono adottare nei confronti del rischio: avversione, neutralità e propensione. • AVVERSIONE quantità certa > quantità aleatoria → evito il rischio • NEUTRALITÀ quantità certa = quantità aleatoria→ indifferenza rispetto al rischio • PROPENSIONE quantità certa < quantità aleatoria → valuto maggiormente un investimento rischioso rispetto ad un investimento certo. Per valutare qual è il proprio atteggiamento nei confronti del rischio, la finanza comportamentale ha ideato questi test molto semplici che si chiamano lotterie. E si è visto che, nella posizione di avversione al rischio, un investitore valuta maggiormente una quantità certa rispetto a una quantità aleatoria. Quasi tutti siamo avversi al rischio però possiamo distinguere diversi gradi di avversione. Due meccanismi principali di trasformazione del rischio: ▪ diversificazione del portafoglio: i datori di fondi possono impiegare il risparmio sotto forma di partecipazione a un portafoglio di strumenti finanziari di diversi emittenti. ▪ un intermediario finanziario si interpone tra datore e prenditore di fondi, assumendo sul proprio bilancio una parte del rischio del prenditore. Egli trasforma in prima persona i rischi; quindi, la sua presenza filtra i rischi e non c’è passaggio di rischio tra soggetti in surplus e soggetti in deficit. 3.INFORMAZIONI Le informazioni sono fondamentali quindi si valuta ex-ante la bontà del progetto da finanziarie e l’affidabilità del prenditore di fondi. 11 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA Altro aspetto importante è l’utilizzo delle informazioni con funzioni di monitoraggio della posizione ovvero, una volta erogato il prestito, la banca deve continuare a monitorare l’andamento del progetto che sta finanziando e quindi il rischio che la banca corre è sia un’rischio ex-ante sia ex-post (durante la durata del contratto). Gli intermediari finanziari e i mercati organizzati hanno la funzione di ridurre il GAP informativo: ▪ misurazione del rischio ex-ante e ex-post; ▪ funzione di “informazione di prezzo” (segnali di “convenienza” espressi attraverso la quotazione degli strumenti finanziari). Un’errata valutazione potrebbe comportare due distorsioni del mercato: ▪ Adverse Selection: informazione nascosta (ex-ante) Se la banca non riesce a valutare bene la qualità del prenditore di fondi ovvero se il prenditore di fondi ha un’informazione nascosta, la banca non ottimizza la sua selezione di progetti da finanziare. ▪ Moral Hazard: azione nascosta Se la banca non continua a monitorare la bontà dell’utilizzo dei fondi, in questo caso il prenditore cambia delle caratteristiche del progetto finanziato rendendolo più rischioso. Un cattivo monitoraggio porta al moral hazard ossia la possibilità che il prenditore di fondi sposti il capitale ottenuto e quindi, in questo caso, aumenterebbe il rischio di perdita perché c’è un cambio di direzione d’uso dei fondi che la banca eroga. Si hanno quindi asimmetrie informative quando un lato del mercato non è perfettamente informato sulla qualità e/o le caratteristiche del bene scambiato. ESEMPI DI ADVERSE SELECTION Una banca sa che tra i suoi prenditori di fondi ci sono buoni prenditori che meritano quel credito e che lo utilizzerebbero per progetti fruttiferi ma anche cattivi prenditori, cioè prenditori di fondi che, una volta erogato il credito, probabilmente lo investiranno in progetti fallimentari o essi stessi non saranno pienamente in grado di far fruttare quei denari. La banca allora identifica un tasso di soglia ovvero il tasso massimo a cui può erogare credito (in questo caso il 20% = la banca sa che appena raggiunge questo tasso è in pieno rischio di selezione avversa perché solo i cattivi prenditori sarebbero disposti a pagare tale tasso). La banca si deve tarare sotto al tasso soglia però è difficile individuarlo perché: -se chiedo poco non riesco a ripianare le perdite che mi causano i cattivi prenditori quando falliscono. -se il tasso si alza la banca farà meno fatica a ripianare le perdite causate dai cattivi prenditori ma ha sempre più il rischio di allontanare i buoni prenditori che avrebbero un proprio rendimento dall’investimento più basso al netto dei costi. La banca non può sapere se il singolo è un buon prenditore o un cattivo prenditore; ciò che può fare, per evitare un adverse selection, è una buona valutazione, ex-ante, delle informazioni. 12 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA -AISP: account information service provider (yolt, utego). Attori che hanno creato le piattaforme su cui i PISP hanno potuto vendere e commercializzare i propri servizi. -CISP: card issuer service provider. Secondo questi, le carte di pagamento possono non essere brandizzate da una banca (es. Postepay, infatti, Poste Italiane produce moneta di conto ma non è una banca; case automobilistiche americane che emettono prepagate). • Il Fintech: FAAMG (Facebook, Amazon, Apple, Microsoft, Google). Hanno creato sistemi di pagamento completamente autonomi rispetto a quelli bancari. In Italia non è possibile pagare tramite questi soggetti mentre negli Usa è ammesso. Amazon, negli USA, attraverso un algoritmo valuta le capacità di acquisto di un suo utente e, sulla base di questo, decide il tasso a cui garantire degli investimenti. PSD: Le interfacce sulle quali si potevano spostare i pagamenti erano solo le banche. PSD2: Liberalizza il mercato dei pagamento e, oltre alle banche, c’è spazio anche per la PISP, AISP,CISP IL FINTECH E LE BANCHE Dal 2018, si sono aperte le porte della funzione monetaria al Fintech. Con il termine "Fintech" viene indicata l'innovazione finanziaria resa possibile dall'innovazione tecnologica, che può tradursi in nuovi modelli di business, processi o prodotti, e ovviamente anche alla nascita di nuovi operatori di mercato. Esso si appoggia alle DLT, tecnologie non accentrate che si appoggiano sul concetto di nodo o network; esso, quindi, permette transazioni sicure ma non accentrate. Fintech e Criptovalute sono diverse tra loro: Ad oggi l’utilizzo delle criptovalute non ha la finalità di pagamento, di solito vengono usate a fini speculativi. La fintech ha cambiato il modo di comprare e vendere titoli sul mercato, modalità di erogazione del credito ed è stato riconosciuto come attore primario del sistema dei pagamenti. Da minaccia al conto economico all’assorbimento di molti servizi e piattaforme: «la fintech si diffonde nell’industria finanziaria italiana: la spesa 2021-2022 in innovazione per i servizi bancari ammonta a 530 milioni di euro, in crescita rispetto al biennio precedente (456 milioni). Alcuni intermediari hanno sviluppato un modello di investimento, che, accanto all’investimento produttivo, prevede la partecipazione diretta in imprese fintech.» La percezione della fintech delle banche è cambiata, è passato dall’essere una minaccia per le banche all’essere un alleato tanto che molte banche hanno assorbito molteplici piattaforme fintech. Ad oggi, ci sono sicuramente attori che sono sicuramente fintech (es. amazonpay) ma in realtà la maggior parte delle piattaforme fanno ormai parte delle banche (es. home-banking). 15 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA Lezione 4, 03/03/2023 ECONOMIA DELLE AZIENDE DI CREDITO Guardiamo come il sistema finanziario e bancario riescano ad essere dei punti focali sulla trasmissione degli impulsi al mercato. III. TRASMISSIONE POLITICA MONETARIA Politica Monetaria: insieme delle azioni intraprese dalla Banca Centrale Europea per influenzare (=creare effetto positivo o negativo) il costo e la disponibilità di denaro nell’economia. La parola più complessa da definire in questa definizione è DENARO; bisogna capire quanto denaro è disponibile nell’economia. La BCE non definisce mai cos’è il denaro; questo termine dal punto di vista tecnico finanziario non vuol dire nulla. Quando la BCE ci dice “le mie politiche influenzano costo e disponibilità di denaro” ha in mente: -Moneta Circolante/legale/contante: insieme di banconote e monete metalliche. -Moneta Offerta/disponibile: circolante + depositi bancari (=giacenze che i correntisti lasciano sui conti delle banche). -Base Monetaria: circolante + riserve bancarie (costituite da riserve libere + riserva obbligatoria (domanda d’esame: conoscere il tasso). Tra queste però vi sono delle variabili che la BCE non può influenzare ovvero il quantitativo di depositi; ci sono tuttavia dei modi per influenzare il quantitativo di depositi. Altra variabile che può influenzare, solo indirettamente, sono le riserve libere. La Banca Centrale quando immette euro o concede credito, incrementa il suo attivo e quindi «crea» base monetaria; quanto drena euro o vengono estinti prestiti, riducendo l’attivo, «distrugge» base monetaria. La base monetaria, dunque è direttamente gestita dalla BCE, ma non rappresenta l’intera quantità di moneta a disposizione del pubblico, perché questa include anche i depositi bancari utilizzabili per effettuare pagamenti (attraverso assegni, carte di debito, giroconti…). La banca centrale può ampliare la quantità di moneta presente nel sistema finanziario oppure può creare delle condizioni affinché la base monetaria diminuisca. MOLTIPLICATORE: Rapporto tra moneta disponibile e base monetaria M = C + D; BM = C + R = C + RL + RO M/D= p +1 rapporto tra moneta legale e moneta bancaria 𝐵𝑀 𝐷 = 𝑝 + b; b riserve detenute dalle banche (propensione e mero adempimento) 𝑝 = 𝐶/𝐷; rapporto tra moneta legale e moneta bancaria, propensione del pubblico a mantenere moneta legale, funzione inversa dei tassi. 𝑏 = 𝑅/𝐷; riserve detenute dalle banche, funzione del loro costo implicito, del vincolo di riserva obbligatoria e dai movimenti di moneta legale. Moltiplicatore della moneta 𝑀 = 𝑝+1 /𝑝+𝑏 × 𝐵𝑀 La quantità di moneta è direttamente proporzionale alla base monetaria, in funzione del rapporto 𝑝+1/𝑝+𝑏 definito moltiplicatore della moneta. →l’offerta di moneta è un multiplo della base monetaria. →minore è il rapporto riserve/depositi, maggiore è il volume di prestiti effettuati dalle banche e la quantità di moneta bancaria. →minore è il rapporto circolante/depositi, minore è la quantità di BM rappresentata dal circolante e maggiore è quella rappresentata dalle riserve bancarie. III. GLI AGGREGATI 16 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA A partire dalla definizione di moneta offerta, si possono identificare differenti aggregati monetari dell’Area Euro. Ordinati, in ordine decrescente, in funzione della loro capacità di trasformarsi in contante o depositi in c/c e della loro capacità di consentire transazioni, nella UEM esistono 3 aggregati: ▪ M1: Ristretto circolante + depositi c/c. Esso è il più liquidabile perché il circolante è l’unico asset finanziario che gode della proprietà della liquidabilità così come i depositi che possono essere trasformati rapidamente in un mezzo di pagamento. ▪ M2: Intermedio M1+ depositi monetari (scadenza < 2a), oppure quelli che hanno una scadenza superiore ma che sono ritirabili con un preavviso massimo di due mesi. ▪ M3: Ampio M2 + titoli obbligazionari (scadenza < 2a), quote di fondi monetari con un periodo consigliato (rolling period) d’investimento sotto i 18 mesi. BCE monitora tutti e tre gli aggregati per l’attuazione della politica monetaria, ma da maggior importanza a M3 perché più stabile, anche se meno controllabile nel breve rispetto a M1. Man mano che i depositi diventano più illiquidi, meno negoziabili, la Bce fa fatica a controllarli e influenzarli. III. POLITICA MONETARIA DOMANDA ESAME: definizione iniziale di politica monetaria (slide 1), proseguo con la definizione più formale di politica monetaria (ossia la seguente). Mi chiederà poi di concentrarmi su un particolare target o obiettivo. La politica monetaria è un processo a più stadi in cui si fa ricorso a … ▪ diversi strumenti (operazioni di rifinanziamento marginale, operazioni di mercato aperto, vincolo di riserva obbligatoria) …perseguendo… ▪ target operativi (riserve bancarie, tassi di mercato) ▪ target intermedi (quantità di moneta, credito, tassi d’interesse) ▪ target finali (prezzi, tasso di cambio, reddito, occupazione) …per ottenere… OBIETTIVO PRIMARIO mantenere la stabilità dei prezzi* OBIETTIVO SECONDARIO sostenere politiche economiche di piena occupazione e alla crescita economica III. GLI STRUMENTI DI POLITICA MONETARIA I tre strumenti che la Banca centrale ha per influenzare costo e disponibilità di denaro sono: ▪ OPERAZIONI DI MERCATO APERTO: -Operazioni di rifinanziamento principale -Operazioni di rifinanziamento a più lungo termine -Operazioni strutturali -Fine Tuning ▪ OPERAZIONI ATTIVABILI SU INIZIATIVA DELLE CONTROPARTI -Operazioni di deposito presso la BC -Operazioni di rifinanziamento marginale ▪ RISERVA OBBLIGATORIA 1] OPERAZIONI DI MERCATO APERTO Acquisti e vendite di titoli presso gli operatori di mercato che determinano rispettivamente l’aumento (creazione) e la diminuzione (distruzione) di base monetaria e quindi di liquidità del sistema bancario. Sono effettuate dalla BCE e operativamente realizzate dalle BCN, nessun investitore entra a far parte di questi scambi. Le banche quindi si interpongono tra le decisioni delle banche centrali e il mercato; la BCE decide, le BCN fanno scambi con le banche commerciali che, a loro volta, trasmettono gli impulsi al mercato. Acquistando titoli dalla banca centrale, le banche danno liquidità all’ente centrale e quindi quando la banca acquista titoli, in realtà rilascia liquidità, quindi la base monetaria aumenta. Al contrario se la banca centrale vende titoli e le banche nazionali le acquistano, quest’ultime le danno liquidità quindi si contrae la base monetaria. 17 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA MISURE NON CONVENZIONALI Vi sono due grandi famiglie di operazioni non convenzionali: ▪ Il quantitativo easing: acquisto in massa di titoli di stato dalle banche commerciali da parte della Banca Centrale. È l’agevolazione massiva delle condizioni finanziare sui mercati; è una misura straordinaria perché avviene quando la crisi sul sistema finanziario è particolarmente severa. Il caso più eclatante di quantitative easing è stato quello effettuato da Mario Draghi in qualità di presidente della Bce. Questa misura aveva previsto un acquisto enorme e massimo di titoli da parte della BCE; in questi casi i tassi erano molto bassi e quindi a prescindere dalla qualità degli asset dati in garanzia quindi, anche se le garanzie non erano buone, le banche potevano comunque chiedere liquidità alla banca centrale. La banca centrale crea base monetaria. Come fa? -acquista titoli dalle banche. -concede questi pronti contro termine, anche a fronte di garanzie basse, di modo che le banche possano prendere a prestito liquidità dalla banca centrale a poco e idealmente darla altrettanto poco ai prenditori di fondi in modo che loro investono, spendono e idealmente l'economia esce dalla crisi. Questo è la ratio delle politiche espansive in generale e in particolare di quantitative easing. Ad oggi siamo a rischio di quantitative tightening. ▪ Il quantitativo tightening Politiche monetarie restrittive con le quali la BCE (o qualsiasi altra banca centrale) riduce le proprie riserve monetarie vendendo titoli di stato o lasciandoli maturare e rimuovendoli dai propri bilanci. Tali operazioni rimuovono liquidità dai mercati finanziari. 3] RISERVA OBBLIGATORIA Deposito liquido che le banche devono versare presso la BCN in proporzione alla consistenza della raccolta diretta (depositi della clientela). Le banche devono detenere liquidità perché è una sorta di garanzia rispetto alla raccolta diretta (depositi); più ci sono depositi, più la banca deve detenere liquidità ferma presso la banca centrale nazionale. La banca centrale remunera la riserva obbligatoria ma al tasso di deposito overnight ossia al tasso più basso del corridoio dei tassi. L'ammontare della riserva obbligatoria è calcolato dunque a partire dalle passività di bilancio a cui vengono applicate delle aliquote. Per soddisfare l'obbligo, le banche devono detenere, sul loro conto presso la banca centrale nazionale, l'ammontare risultante dal calcolo. La remunerazione della riserva obbligatoria, a partire dal 21 dicembre 2022, è legata al tasso di interesse sulle operazioni di deposito overnight presso la banca centrale. RISERVA OBBLIGATORIA: come si calcola Si prende il bilancio della banca e si identificano 3 aggregati soggetti a riserva: A) tutti i depositi di durata inferiore a due anni, titoli di debito con scadenza fino a due anni, titoli del mercato monetario. (più liquido) 20 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA B) depositi di durata superiore a due anni, pronti/termine, titoli di debito superiori a due anni. (scadenza più lunga) C) Sono escluse le passività: verso altra istituzione di credito soggetta al medesimo obbligo; verso la BCE; verso BCN Area€. Voglio quindi tenere soltanto depositi e passività verso la clientela. Reserve Ratio da applicare: 1% dell’ammontare che risulta dall’aggregato A); 0% sul gruppo B) Franchigia 100.000 euro (=se l’1% dell’aggregato A è sotto i 100000 la banca non deve riserve obbligatorie) L’aggregato B è importante perché in momenti particolarmente complessi la BCE potrebbe decidere di chiedere di aumentare la richiesta di riserva obbligatoria, applicando una percentuale anche all’aggregato B. (DOMANDA ESAME: fare il calcolo) OBIETTIVI DELLA RISERVA OBBLIGATORIA Il regime di riserva obbligatoria dell'Eurosistema si applica agli istituti di credito dell'area dell'euro e mira principalmente a: ▪ Stabilizzare i tassi di interesse del mercato monetario ▪ Aumentare/allentare un fabbisogno strutturale di liquidità Stabilizzare i tassi di interesse: La banca può utilizzare parte di quella liquidità a patto che in media, durante il periodo di mantenimento, quel minimo di riserva obbligatoria, 1.000.000 del nostro esempio, venga mantenuto. Quindi io oggi posso anche ritirare tutto il milione di riserva obbligatoria però devo fare sì che quello zero di oggi in media sia sovra pesato nei giorni successivi. Ovvero la banca può smobilizzare in tutto o in parte la riserva a patto che compensi la liquidità che prende dalla riserva obbligatoria nell’arco del periodo di mantenimento. Questa stabilizza i tassi perché non crea picchi di domanda sul mercato interbancario né quei picchi di domanda presso la BCE; la banca può quindi gestire in autonomia la liquidità prendendola dalla propria riserva. Il rispetto dell'obbligo di riserva è determinato in base alla media dei saldi di fine giornata detenuti sui conti di riserva nell'arco di un periodo di 6 o 7 settimane, il cosiddetto periodo di mantenimento. Il calendario dei periodi di mantenimento viene fissato periodicamente. Al fine di favorire la stabilizzazione dei tassi di interesse, il regime di riserva obbligatoria dell'Eurosistema consente alle istituzioni di utilizzare un meccanismo di mobilizzazione della riserva. La parte mobilizzabile è pari al 100% della riserva, salvo l’obbligo di mantenere il valore della riserva media giornaliera pari a quanto dovuto. Le banche possono quindi utilizzare questa riserva di liquidità ed evitare di prenderne a prestito dalla BCE, di qui la funzione di stabilizzazione dei tassi. Fabbisogno strutturale di liquidità Un aumento (diminuzione) del coefficiente di riserva obbligatoria comporta, a parità di altre condizioni, una diminuzione (aumento) dell’offerta di moneta. La riserva obbligatoria viene ridotta quando: 1) Si ritiene necessaria una politica monetaria espansiva; 2) il sistema bancario è in crisi di redditività. Una riduzione della riserva obbligatoria aumenta le possibilità di erogare credito e quindi tende a migliorare i conti economici del sistema bancario. MONITORAGGIO TRASMISSIONE POLITICA MONETARIA • I Target sono le variabili di mercato che reagiscono in maniera prevedibile agli interventi della BCE e che influenzano a loro volta gli obiettivi primario e secondari. • La BCE osserva i target operativi e intermedi per valutare il grado di avanzamento del processo di trasmissione degli impulsi di politica monetaria da parte degli operatori bancari. Target operativi: agiscono subito alle politiche della BCE. Le prime variabili ad attivarsi e a rispondere alle politiche monetarie sono le riserve bancarie e i tassi di mercato; essi rispondono perché una politica espansiva implica un aumento della base monetaria quindi se la BCE ha una politica monetaria espansiva, prima o poi, tutta la liquidità arriva sul mercato. 21 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA Target intermedi: agiscono in seconda battuta. La Bce controlla la base monetaria e quando la quantità di moneta inizia ad aumentare, la Bce sa che la sua politica espansiva sta effettivamente funzionando. Target finali: il legislatore può iniziare a smettere e invertire la sua politica perché l’obiettivo finale è quasi raggiunto. Il target finale è rappresentato dai prezzi, reddito e occupazione. Quando i prezzi iniziano a rispondere alla politica monetaria l’obiettivo finale è raggiunto; quando il reddito inizia ad alzarsi dopo una politica espansiva vuol dire che si è raggiunto l’obiettivo di lungo periodo. Non si può mettere più liquidità del necessario perché altrimenti questi target eccedono i livelli obiettivo. UN ESEMPIO Nell’area dell’euro la decisione di politica monetaria più importante della Banca Centrale Europea è solitamente quella sui tassi di interesse di riferimento. Qualsiasi modifica dei tassi di riferimento incide, a sua volta, sui tassi di interesse che le banche commerciali applicano ai prestiti concessi alla clientela. Perciò, le decisioni di politica monetaria influiscono sulla spesa dei consumatori e sugli investimenti delle imprese, perché vengono trasmesse dagli intermediari bancari. In periodi prolungati di inflazione non-ottimale e tassi di interesse troppo alti o bassi, la Banca Centrale può anche adottare misure non convenzionali di politica monetaria (e.g. Quantitative easing/tightening). OBIETTIVI La Bce ha due obiettivi primari: 1)Mantenimento della stabilità dei prezzi ossia mantenere il tasso d’inflazione attorno al 2% nel medio termine. Solo se questo obiettivo è centrato allora può prodigarsi per ottenere l’obiettivo secondario. 2)Sostenimento di politiche di economia reale, quindi di piena occupazione e di crescita economica. Questa è la differenza principale tra BCE e Fed, quest’ultima ha 3 obiettivi con pari dignità: mantenimento dell'inflazione attorno al due, piena occupazione e crescita economica e contestualmente cerca di raggiungere un buon compromesso di tutti e tre gli obiettivi. (slide 31 – video obbligatorio) CHI PRENDE QUESTE DECISIONI? L’attuazione della politica monetaria unica è affidata al SEBC (Sistema Europeo delle Banche Centrali), che comprende: • La BCE (Banca Centrale Europea) che ha poteri decisionali • Le BCN (Banche Centrali Nazionali) che hanno poteri attuativi • BCN extra UEM che hanno solo ruolo consultivo La distinzione tra Eurosistema e SEBC rimarrà in vigore fino a quando alcuni dei paesi membri dell’Unione Europea manterranno la propria valuta nazionale. L’EUROSISTEMA Il termine Eurosistema identifica l’insieme formato dalla BCE e dalle banche centrali di tutti i paesi dell’Unione Europea che hanno adottato l’euro come propria valuta nazionale. All’interno dell’Eurosistema, gli organi decisionali responsabili della preparazione, condotta e implementazione della politica monetaria sono: 22 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA ▪ La ricchezza reale, sotto forma di strumenti finanziari, ha un grado di «liquidità» e di trasferibilità molto più elevato. Le attività finanziarie possono avere la natura di: ▪ contratti bilaterali (informazioni riservate) ▪ contratti di mercato (informazioni pubbliche) CARATTERISTICHE DELLE ATTIVITÀ FINANZIARIE ▪ Tipo di rapporto contrattuale sottostante (vedi oltre) ▪ Natura dell’emittente: l’emittente è l’attore finanziario che crea lo strumento finanziario e lo mette a disposizione dei finanziatori sui mercati. Sulla base dell’emittente si possono distinguere: -sovereign, emessi da enti governativi (es. BTP Italia) -corporate, emessi da enti privati (es. Stellantis) ▪ Valuta di denominazione. Ha un effetto molto rilevante sul tasso di rendimento. ▪ Durata contrattuale: breve (max 12/18 mesi), media (da 2 a 10 anni), lunga (oltre 10 anni) o perpetua (non hanno scadenza). È importante perché i contratti finanziari hanno una prestazione differita nel tempo; più lunga è la durata contrattuale, maggiore è il rischio che la solidità finanziaria dell’emittente ha di deteriorarsi, maggiore è il tasso di rendimento richiesto. ▪ Negoziabilità (cfr. lezione2): facilità di un investimento di trasformarsi in moneta continua. ▪ Trattamento fiscale (12,5% vs 26%): i titoli governativi italiani sono tassati al 12.5% mentre le altre rendite derivanti da investimenti corporate sono tassati al 26%. ▪ Rischio (vedi oltre) ▪ Rendimento (vedi oltre) Il rendimento delle attività finanziarie è la remunerazione percentuale per chi cede potere di acquisto e richiede un compenso sia per la rinuncia al potere di acquisto, sia per il rischio sopportato. Esso deve essere proporzionale al rischio che dipende dalla durata dell’investimento, dalla natura del contratto e dalla solidità dell’emittente. Il rendimento di un’attività finanziaria è quantificato dal tasso di interesse: nominali, reali, fissi, variabili (indicizzazione monetaria, finanziaria, reale). Quando si calcola il rendimento non bisogna tenere conto solo del rendimento cedolare ossia il surplus di liquidità periodicamente remunerato dall’emittente perché esso è solo una componente del rendimento effettivo. Se un’obbligazione da un’obbligazione del 2% non vuol dire che il tasso cedolare sia del 2% perché bisogna tenere conto anche dell’eventuale cambio di prezzo tra il prezzo di acquisto/vendita e il valore nominale che mi viene consegnato a scadenza. Il tasso di rendimento effettivo è determinato da: • cedola: rappresenta la possibile remunerazione periodica di contratti di indebitamento • dividendo: rappresenta la possibile remunerazione di contratti di partecipazione (ad es. azioni) • variazioni di prezzo delle attività finanziarie (prezzo di acquisto/vendita o di rimborso) • variazioni dei tassi di cambio: ogni volta che acquisto uno strumento finanziario devo valutare le variazioni del cambio perché se la valuta si apprezza il rendimento aumenta e viceversa. • variazioni del tasso di inflazione (silent killer): un tasso d’inflazione superiore al tasso di rendimento, rende il rendimento reale negativo, quindi, diminuisce il valore del rendimento dello strumento finanziario. 25 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA Maggiore è la rischiosità dell’asset maggiore è il rendimento atteso con uno stacco fisiologico tra azioni e obbligazioni (come dimostrato da questo grafico): Il rischio delle attività finanziarie: esiste sempre una probabilità non nulla che alla scadenza i contratti finanziari non vengano onorati o che, comunque, durante la vita dell’investimento si verifichino fenomeni che non possono essere perfettamente previsti e che modificano la situazione economica del creditore e del debitore. Le tipologie di rischio a cui si espone l’investitore sono di tipo: • finanziario (insolvenza, prezzo, tassi di cambio e interesse, liquidità) • non finanziario (frode, malfunzionamenti tecnologici, catastrofi naturali, ecc.) GLI STRUMENTI FINANZIARI SECONDO LA NATURA DEL DIRITTO OGGETTO DEL CONTRATTO ▪ di indebitamento: a fronte della rinuncia a qualunque forma di ingerenza nella gestione, è sancito il diritto alla remunerazione e, sulla base delle risorse esistenti, alla restituzione del capitale alla scadenza o al momento della liquidazione della società (titoli obbligazionari e strumenti di finanziamento). In caso di fallimento dell’emittente gli obbligazionisti sono i primi ad essere rimborsati perché sono semplicemente dei creditori. ▪ di partecipazione: per effetto dell’elevato grado di coinvolgimento del detentore nella gestione aziendale, comportano la rinuncia a un rendimento certo, in termini sia di remunerazione periodica sia di rimborso del capitale, a fronte del diritto alla distribuzione eventuale dei risultati periodici e alla restituzione del capitale residuale dopo aver soddisfatto tutti gli altri portatori di interesse (residual claimant). L’azionista diventa socio-quota parte dell’emittente che acquista motivo per il quale ci sono azionisti di maggioranza e minoranza. Un’emittente si dice a capitale diffuso quando ha molti azionisti di minoranza. L’azionista ha diritto di ingerenza ma rinuncia a qualsiasi tipo di remunerazione e rimborso del capitale. I dividendi non sono obbligatori per l’emittente, quindi, non è sancito da nessun regolamento che l’azionista possa pretendere una quota di dividendi a fine anno. Nel caso di fallimento dell’emittente, l’azionista sarebbe l’ultimo ad essere rimborsato. ▪ di assicurazione: consentono al contraente, dietro pagamento di un premio, di tutelarsi contro l’eventuale manifestazione di un evento avverso attinente alla vita umana o ad altri danni, al cui verificarsi matura il diritto a incassare un indennizzo. ▪ derivati: contratti il cui valore dipende dall'andamento di un'attività sottostante (underlying asset= il sottostante), che può avere natura finanziaria (es. titoli azionari, i tassi di interesse e di cambio, gli indici) o reale (es. Il caffè, il cacao, l'oro, il petrolio, ecc). ▪ composti: nascono dalla combinazione di strumenti di base per soddisfare le varie e mutevoli esigenze dei datori e dei prenditori di fondi (es. obbligazioni strutturate). GLI STRUMENTI FINANZIARI AI SENSI DEL TUF (ART.1, C. 2): ▪ Azioni e titoli rappresentativi di capitale di rischio ▪ Obbligazioni; 26 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA ▪ Titoli di stato; ▪ Strumenti del mercato dei capitali; ▪ Quote di un organismo di investimento collettivo del risparmio; ▪ Contratti derivati. AZIONI E OBBLIGAZIONI AZIONI: Dal punto di vista giuridico comprando una azione si diventa proprietari, quota parte, di quella società. Dal punto di vista economico, come conseguenza, ci si espone al rischio imprenditoriale. Comprando un’azione, quindi, si compra e si conferisce capitale di rischio e ci si espone ai possibili eventi positivi o negativi che riguardano il ciclo di vita di una azienda. OBBLIGAZIONI: Le obbligazioni sono titoli di debito: l'obbligazionista presta risorse finanziarie all'azienda e quest'ultima dovrà restituire capitale più interessi alle scadenze e nelle modalità previste. Essere obbligazionisti, quindi, implica fornire liquidità ad un emittente sotto forma di prestito. Comprando un'obbligazione si conferisce capitale di debito. AZIONI: Poiché tramite le azioni si diventa soci dell’emittente, le azioni non hanno scadenza. Ciò significa che una volta comprata non è previsto il "rimborso" da parte della società emittente. Per smobilizzare l’investimento bisogna ricorrere al mercato secondario e cercare un terzo compratore, esponendosi al rischio di prezzo/tasso. OBBLIGAZIONI: Le obbligazioni hanno scadenza (eccetto quelle perpetue). Al tempo pattuito, l'azienda dovrà riconoscere gli interessi contrattualmente definiti (fissi o variabili) e il capitale versato, pena l'insolvenza dell'emittente. AZIONI: Le azioni non garantiscono, ex-ante, alcuna remunerazione né in termini di dividendi né in conto capitale. Ciò significa che l’emittente, di anno in anno, si riserva il diritto di decidere se distribuire gli utili sotto forma di dividendi oppure reinvestirli in azienda. Il prezzo delle azioni è potenzialmente molto volatile. OBBLIGAZIONI: Se tenute in portafoglio fino a scadenza: la restituzione del capitale iniziale è garantita; le cedole sono determinate ex-ante (fisse oppure variabili (la cedola segue il valore di un particolare indice es. Euribor)). Vi sono anche obbligazioni che non prevedono lo stacco di cedola il cui guadagno dipende dalla differenza tra il prezzo di acquisto e il prezzo che viene restituito a scadenza (zero coupon bond). →è possibile in alcuni casi stimare in anticipo il guadagno a scadenza (TRES). Se non si tiene in portafoglio l’obbligazione fino a scadenza, il calcolo del rendimento effettivo ha maggiori elementi di incertezza. AZIONI: In caso di fallimento, si procede alla dismissione degli asset in bilancio. Gli ultimi ad essere rimborsati, dopo creditori privilegiati e obbligazionisti, sono gli azionisti. Acquistando azioni si accetta in toto il rischio di controparte e la potenziale perdita del capitale investito. OBBLIGAZIONI: Se l'emittente fallisce, il frutto della liquidazione andrà in primis ai creditori privilegiati, successivamente vengono soddisfatti gli obbligazionisti. All'interno di questa categoria, esistono obbligazioni (come le senior o garantite) che vengono soddisfatte per prime, poi vi sono gli obbligazionisti ordinari, altre ancora (come le subordinate o ibride) che vengono soddisfatte solo in un secondo momento e solo se si trovano le risorse finanziarie. OBBLIGAZIONI: RENDIMENTO 27 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA C e D= dovute ad incertezza contingente che ha riguardato diversi settori. D=curva ingobbita. I titoli a breve e medio periodo pagano di più rispetto ai titoli a lungo periodo. Il mercato pensa che nel breve periodo la situazione finanziaria sarà molto incerta ma, se il mercato sopravvive, nel breve-medio periodo, allora poi potrà riprendersi nel lungo periodo e i suoi tassi potranno tornare ai livelli fisiologici. Questa è la classica curva di un emittente sano che ha avuto dei problemi nel breve periodo. DERIVATI Strumenti finanziari sintetici il cui valore dipende ("deriva") dal valore di un'altra attività finanziaria o reale. Questo asset si chiama attività sottostante la cui natura può essere: -finanziaria: seguono l’andamento di uno strumento finanziario (come ad esempio i titoli azionari, i tassi di interesse e di cambio, gli indici) -reale: seguono l’andamento di una materia prima (come ad esempio il caffè, il cacao, l'oro, il petrolio, ecc) Il derivato non ha delle specificità perché deriva le sue caratteristiche dal sottostante; tuttavia, vi sono diversi tipi di derivati: futures, opzioni, warrants, covered warrants, ETF/ETC, swap e forward. Le principali finalità associate alla negoziazione di strumenti finanziari derivati sono: ▪ copertura di posizioni (hedging): proteggere il valore di una posizione da variazioni indesiderate nei prezzi di mercato. L'utilizzo dello strumento derivato consente di neutralizzare l'andamento avverso del mercato, bilanciando le perdite/guadagni sulla posizione da coprire con i guadagni/perdite sul mercato dei derivati; Dobbiamo immaginarci che l’investitore possiede in portafoglio un asset e poi acquista un derivato costruito su quel medesimo asset; a questo punto, dobbiamo ricordarci che i derivati possono essere lunghi o corti. -andare lungo: ho lo strumento in portafoglio, compro il derivato che aumenta proporzionalmente all’aumentare del valore del sottostante. Vado nella stessa direzione del mio investimento. -andare corto: l’andamento del derivato è inversamente proporzionale all’andamento del sottostante. Più va bene il sottostante, meno performa il derivato e viceversa. La finalità di copertura si ha quando ho in portafoglio il sottostante e acquisto un derivato che ha come sottostante proprio quell’asset. Se il derivato deve avere una funzione di copertura, deve coprire, in tutto o in parte, l’investitore da eventuali andamenti negativi del sottostante, ciò vuol dire che il derivato deve essere acquisito corto (=se il titolo scende, il valore del derivato deve salire). Se faccio una copertura perfetta mi metto al riparo da eventuali rendimenti negativi ma non ci guadagno nulla. La copertura, quindi, ha senso quando è parziale (investo 100000 euro, mi copro con 50000 euro di derivati di copertura short di modo che se gli asset perdono di valore, quindi sono molto volatili, riesco a coprire parzialmente questa perdita). ▪ speculazione: strategie finalizzate a realizzare un profitto basato sull'evoluzione attesa del prezzo dell'attività sottostante. Un derivato ha natura speculativa quando acquisto solo il derivato senza aver nessun asset in portafoglio. Se decido di acquisire un derivato lungo vuol dire che sto scommettendo che determinate azioni andranno bene quindi acquisto un derivato che segua, in modo passivo, l’andamento di tali azioni. Al crescere del valore di tali azioni, crescerà anche il valore del derivato. Se acquisto un derivato short, vuol dire che sto scommettendo che le azioni andranno male; se la predizione è vera, l’investitore guadagnerà perché il derivato short si comporta in modo inversamente proporzionale rispetto all’andamento delle azioni. Spesso i derivati non seguono in modo proporzionale l’andamento del derivato ma spesso sono a leva, ovvero amplificano di un fattore, che coincide con la leva, l’andamento del sottostante. -leva 2 (=amplifica di due volte guadagni o perdite): per ogni punto che guadagna il sottostante, il derivato corto ne perde il doppio. -leva 2: per ogni punto che perde il sottostante, il derivato corto ne acquista il doppio. -leva 2: per ogni punto che guadagna il sottostante, il derivato lungo ne guadagna il doppio. 30 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA -leva 2: per ogni punto che perde il sottostante, il derivato lungo ne perde il doppio. Gli investimenti corti funzionano tramite le vendite allo scoperto (=vendita senza avere il sottostante ovvero l’investitore non ha l’azione in portafoglio. Venderla vuol dire che oggi, pur non avendola, vendo l’azione al cliente che mi da il suo controvalore. Il cliente si aspetta di ricevere quel dato strumento finanziario. Il venditore alla fine del contratto va sul mercato e, con la liquidità ottenuta, acquista lo strumento finanziario oggetto dello scambio. I venditori allo scoperto scommettono al ribasso, se lo strumento perde di valore l’investitore ha un guadagno, viceversa se il titolo è al rialzo, l’investitore perde perché il valore dell’azione sarà superiore alla liquidità ottenuta). Sono vendite dilazionate nel tempo e allo scoperto perché in t0 vendo qualcosa che non ho in portafoglio. Se l’investitore non ha sufficiente liquidità, lui fallisce mentre: -se il cliente ha acquisito un titolo su un mercato regolamentato gode di una cassa di garanzia. -se il cliente ha acquisito il derivato su un mercato privato, si troverà con una grossa perdita. Gli strumenti derivati venduti su mercati regolamentati non aspettano la fine del contratto per fare questo scambio. L’investitore scommette che il sottostante perderà di valore, nei mercati regolamentati c’è il marketing to market (=collegamento al valore di mercato, tutti i giorni le due controparti fingono che la scadenza di quel contratto sia arrivata a termine). Es: scadenza del contratto ad un mese: guardo oggi l’andamento dell’azione, se è più bassa il cliente paga la differenza, se è più alta l’investitore paga la differenza al cliente di modo che il valore sia sempre collegato al mercato. Ciò evita che l’investitore abbia delle grosse perdite alla fine del contratto. TIPOLOGIE DI DERIVATI ▪ OPZIONI Contratti derivati che attribuiscono al compratore il diritto di acquistare o vendere un'attività sottostante a (oppure entro) una certa data a un prezzo prefissato. Le opzioni che conferiscono al possessore la facoltà di acquistare, in data futura, il sottostante vengono denominate opzioni call. Es: Se io compro un’azione a 3 mesi vuol dire che sto bloccando un prezzo di acquisto a 3 mesi da oggi, perciò, mi aspetto che l’azione salirà di valore. Se la predizione è corretta, ho la possibilità di acquistare a meno un’azione che, in quel momento, vale di più. Le opzioni che conferiscono al possessore la facoltà di vendere il sottostante vengono denominate opzioni put. Esse concedono il diritto di vendere ad un determinato prezzo bloccato, in questo caso scommetto che il prezzo del sottostante scenda. Es: compro un’azione che vale 100 con il diritto di venderlo a 150, vendo ad un prezzo superiore qualcosa che in un dato momento vale meno. Se le predizioni sono sbagliate, non si attivano le opzioni call e put e in tal caso l’investitore perderebbe solo il prezzo di acquisto del derivato/dell’opzione. È una scommessa ma non è molto onerosa perché acquisto solamente un diritto ad attivare o esercitare l’opzione. Il mercato dei derivati è sempre un gioco a somma 0, c’è sempre qualcuno che perde. Il soggetto che acquista una opzione assume una posizione lunga (long), mentre la controparte, che vende l'opzione, assume una posizione corta (short). Dato che le opzioni conferiscono al loro possessore una facoltà e non un obbligo, potranno assumere un valore positivo (nel caso in cui risulti conveniente esercitare la facoltà) o, al massimo, nullo (*) ▪ FUTURE Contratto a termine standardizzato con il quale le parti si impegnano a scambiare una certa attività (finanziaria o reale) a un prezzo prefissato e con liquidazione differita a una data futura. È un contratto simmetrico in quanto entrambi i contraenti sono obbligati a effettuare una prestazione a scadenza. L'operatore che acquista il future (che si impegna, cioè, ad «acquistare» a scadenza il sottostante) assume una posizione lunga (long= scommette sull’aumento del valore del sottostante), mentre l'operatore che vende il future assume una posizione corta (short= scommette sulla discesa di valore del sottostante). 31 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA Es: l’investitore e il cliente si accordano di scambiare tra 3 mesi, ad un determinato prezzo, l’azione sottostante. Se il prezzo è 100 e l’investitore vuole comprarlo a 100 significa che pensa che a scadenza il sottostante varrà di più. Il cliente, in modo simmetrico, pensa di star facendo un affare perché pensa che la controparte gli darà 100 per qualcosa che sul mercato varrà meno (=scommette sulla perdita del sottostante). Se il venditore guadagna, il compratore perde e viceversa (=mercato a somma 0) Nella maggior parte dei casi i future non si concludono con la consegna fisica del bene sottostante, semplicemente ci si scambia il controvalore del bene. L’aggiustamento del valore (=settlment) viene fatto tutti i giorni fino alla scadenza del contratto. In Italia i future sono negoziati sul mercato IDEM. Al fine di ridurre i rischi di insolvenza, la Clearing House (che in Italia è la Cassa di Compensazione e Garanzia) obbliga i contraenti a liquidare quotidianamente le posizioni aperte in future attraverso il meccanismo del marking-to-market (=allineo tutti i giorni il valore del sottostante). In questo caso ci si scambia solo puri flussi finanziari tutti i giorni anche perché, nella maggior parte dei casi, sono tutti sintetici quindi alla scadenza non si compra davvero il sottostante, semplicemente si liquida la posizione, c’è quindi uno scambio finanziario. DIFFERENZA TRA FUTURE E FORWARD Future= derivato scambiato su mercati regolamentati, se la controparte fallisce interviene la clearing house. È uno strumento standardizzato. Forward= derivato scambiato su mercati non regolamentati; è più rischioso ma molto più flessibile perché, essendo un contratto privato, si può personalizzare in funzione delle necessità del compratore e del venditore. Non bisogna necessariamente acquisire un contratto standard. I derivati negoziati sui mercati regolamentati sono contratti con caratteristiche standardizzate e definite dall’autorità del mercato su cui vengono negoziati; tali caratteristiche riguardano l’attività sottostante, la durata, il taglio minimo di negoziazione, le modalità di liquidazione, ecc. In Italia il mercato regolamentato degli strumenti derivati è denominato IDEM ed è gestito da Borsa Italiana S.p.A. Sul mercato regolamentato circolano strumenti quali futures, opzioni, warrants, covered warrants e ETF. Derivati over-the-counter (OTC): contratti negoziati bilateralmente (direttamente tra le due parti) fuori dai mercati regolamentati; in questo caso i contraenti possono liberamente stabilire tutte le caratteristiche dello strumento; generalmente questi sono swap e forward. I FONDI COMUNI DI INVESTIMENTO I fondi comuni di investimento possono essere effettivamente visti come strumento finanziario ma, per come sono costruiti, sono anche degli intermediari. I fondi sono dei portafogli che contengono degli strumenti (azioni, obbligazioni, derivati etc..) quindi se un soggetto acquista una parte di fondo comune, il rendimento di quel fondo, seguirà il rendimento di tutti gli strumenti che ne fanno parte. Si investe quindi in un paniere di titoli; comprando una quota del fondo posso avere un rendimento identico a quello che otterrei se acquisissi tutti gli strumenti presenti nel fondo. Questo è un vantaggio enorme perché permette di diversificare anche un portafoglio molto piccolo (=retail). Questo patrimonio è gestito in monte da una società di gestione del risparmio (SGR) che amministra il patrimonio nel fondo comune di investimento senza che coloro che hanno acquisito le quote possano avere un’ingerenza ossia dire la loro riguardo gli investimenti fatti. Il fatto che il patrimonio sia autonomo fa sì che se la SGR dovesse fallire, coloro che hanno acquisito le quote di quel fondo potrebbero comunque rifarsi su di esse perché il fondo è autonomo. Fondo comune di investimento: «Patrimonio autonomo, suddiviso in quote, di pertinenza di una pluralità di partecipanti e gestito in monte.» 32 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA all’emittente, tipicamente una unità in deficit. Esempi di mercati primari: le aste dei titoli di stato, le operazioni di collocamento di strumenti finanziari di emittenti privati. MERCATO SECONDARIO È il mercato in cui vengono scambiati titoli già emessi (=compravendita tra investitore e investitore, ciò vuol dire che nessuna liquidità scambiata sul mercato secondario entra nelle casse dell’emittente. Spesso gli emittenti riacquistano le proprie azioni sul mercato secondario). È fondamentale che un titolo possa essere venduto sui mercati secondari perché questi titoli sono negoziabili. Esso assolve la funzione di esprimere nel continuo il prezzo, dunque la valutazione, dei singoli titoli emessi e nello stesso tempo di consentire all’originale acquirente di liquidare il proprio investimento. Il mercato secondario non fornisce nuove risorse a unità in deficit, ma è fondamentale per: - assicurare la liquidità agli investitori; - consentire la valutazione nel continuo dei titoli emessi (e quindi per rendere possibile l’attività degli investitori istituzionali e privati) ovvero identifica quanto vale una quota del capitale di un dato emittente, quindi, è come se si prezzasse la “salute” dell’emittente. MERCATO MONETARIO I mercati monetari consentono il trasferimento di disponibilità liquide (a breve termine, sotto i 18 mesi) dai fornitori di fondi agli utilizzatori, per brevi periodi di tempo, a costi/rischi contenuti. Le transazioni di mercato monetario possono essere anche di taglio elevato e, data la loro breve scadenza, caratterizzate da rischi contenuti. Esempi: depositi interbancari e pronti contro termine (repurchase agreements – repos), mercati regolamentati dei titoli di stato a breve, cambiali finanziarie e certificati di deposito. MERCATO DEI CAPITALI Nel mercato dei capitali avviene il trasferimento di fondi a medio-lungo termine fra le unità in surplus ed in deficit. Sono transazioni di mercato dei capitali quelle in azioni e in titoli di debito a medio-lungo termine (che possono avvenire su mercati regolamentati o non regolamentati). Il termine mercato dei capitali è a volte utilizzato in un'accezione più ampia come sinonimo di mercato finanziario. MERCATO REGOLAMENTATO Mercato disciplinati da specifiche norme generali e di vigilanza (Consob) contenute nel Testo unico della finanza. Esistono quindi regole d’accesso e di operatività. MERCATO OVER THE COUNTER Letteralmente “sopra il bancone” Mercato mobiliare non soggetto ad alcuna regolamentazione specifica relativa all’organizzazione e al funzionamento del mercato stesso. In Italia, CONSOB gestisce l'elenco dei Sistemi di Scambi Organizzati ovvero l’albo degli acquisti e delle vendite che avvengono over the counter; questa regolamentazione è fondamentale perché le due parti, protagoniste della negoziazione, sono private. Gli scambi avvengono infatti tra due investitori tramite contratti privati. L’intervento della Consob è fondamentale perché in passato gli strumenti derivati a fini speculativi sono stati utilizzati per scommettere contro la sostenibilità del debito pubblico italiano. C’erano due controparti statunitensi che avevano comprato degli strumenti short del debito pubblico italiano, scommettendo che la rischiosità sarebbe aumentata; la scommessa però non si è realizzata e quindi l’emittente ha perso la sua scommessa. Però se si tratta di due controparti enormi, queste possono decidere di concludere un contratto over the counter, scommettendo che il rendimento medio dei titoli sarà di molto superiore rispetto a quello odierno. Le due parti rimangono private ma questo cambia le aspettative del mercato perché molti iniziano a vendere i propri titoli italiani (=aspettative autoavverandosi); questo genera un aumento delle vendite e quindi una crescita delle aspettative. Questo ha fatto sì che le aspettative si autoavverino; ciò è dovuto all’intervento di operatori che riescono a spostare il settlment del mercato. MERCATO ALL’INGROSSO 35 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA → mercato wholesale Mercato sul quale operano investitori professionali e istituzionali (=investitori che fanno del trading la propria professione) che effettuano operazioni di controvalore unitario elevato. In questo mercato solitamente si scambiano titoli più rischiosi. MERCATO AL DETTAGLIO →mercato retail Mercato caratterizzato da un elevato numero di operazioni di importo contenuto, sul quale possono operare sia investitori privati che istituzionali. EFFICIENZA DEI MERCATI Esistono tre tipi di efficienza dei mercati: ▪ Informativa ▪ Allocativa ▪ Tecnico-operativa I mercati possono essere più o meno efficienti, organizzati o liquidi e il grado di efficienza si può misurare attraverso diversi indicatori. EFFICIENZA INFORMATIVA: velocità con cui il prezzo del titolo riflette le informazioni disponibili di un emittente. A seconda del tipo di informazioni si parla di: ▪ Efficienza in forma debole quando nei prezzi è presente l’informazione storica degli emittenti degli strumenti finanziari. ▪ Efficienza in forma semi-forte quando nei prezzi è presente tutta l’informazione pubblica: appena esce una notizia, il mercato reagisce. ▪ Efficienza in forma forte quando nei prezzi è presente tutta l’informazione storica, presente, pubblica e privata (=informazioni che possono avere solo coloro che fanno parte di una data organizzazione e del top management. Questi hanno quindi informazioni che potrebbero influenzare il mercato finanziario). Aggiotaggio= l’insider comunica alla parte terza delle informazioni che, quest’ultima, utilizza per speculare sui mercati finanziari. Insider trading= l’insider fa investimenti in virtù di informazioni prioritarie di cui è in possesso solamente per la carica che ricopre. Generalmente un mercato efficiente ha un’efficienza semi forte. EFFICIENZA ALLOCATIVA: tutti gli operatori agiscono in maniera razionale, scegliendo le opportunità di investimento/ finanziamento che consentono di massimizzare la loro utilità attesa. → i mercati raggiungono un ottimo paretiano. EFFICIENZA TECNICO-OPERATIVA: capacità dei mercati di minimizzare i costi di transazione. CdT: l’insieme degli oneri che il soggetto sostiene per effettuare e gestire un investimento. - costo di ricerca - costo di valutazione - costi di esecuzione dello scambio - costi di gestione dell’investimento (costi delle operazioni intermedie, costi di amministrazione e controllo, eventuali costi di ricontrattazione, di risoluzione del contratto, di azione legale) CONDIZIONI DI EFFICIENZA TECNICO-OPERATIVA DEI MERCATI 1. Ampiezza: ampi volumi degli ordini scambiati. 2. Spessore: le compravendite nell’arco di una giornata differiscono tra loro molto poco in termini di prezzi. Basta una minima variazione di prezzo per poter trovare una controparte. La distribuzione dei prezzi è molto fitta; c’è poca differenza dei prezzi negoziati tra le varie compravendite. 3. Elasticità: reattività degli ordini per limitate variazioni di prezzo. Un mercato è elastico se rimane attivo anche dopo uno shock di prezzo. 36 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA Molto spesso vengono utilizzati come misura dell’efficienza di un mercato. PARTICOLARI FIGURE DI OPERATORI SUL MERCATO Affinché il mercato sia efficiente, è necessario l’intervento di alcune figure, tra cui: ❑ specialist: si occupano di agevolare le transazioni di uno specifico strumento. Operano per un determinato periodo su un determinato titolo formulando sia proposte di acquisto che di vendita compilando una lista di tutti i movimenti effettuati. ❑ brokers: agevolano l’incontro tra compratori e venditori senza entrare direttamente nello scambio. Operano esclusivamente per conto terzi facilitando la ricerca delle controparti degli scambi e rendendo possibile l’incrocio tra domanda ed offerta. Possono offrire servizi informativi. ❑ dealers: agevolano lo scambio tra compratori e venditori intervenendo direttamente con il proprio portafoglio che, generalmente, è molto ampio e diversificato. Operano per conto proprio ed assolvono la funzione di rendere liquido il mercato di particolari attività finanziarie, assicurando la continuità degli scambi. Essi detengono un proprio portafoglio di attività finanziarie che utilizzano per rispondere prontamente alle esigenze di negoziazione manifestate da altri operatori esprimendo prezzi di acquisto (denaro - bid) e prezzi di vendita (lettera - ask) Queste tre figure possono essere o price taker o price maker: -price taker: il price taker non può influire direttamente sui costi e dunque si trova nella medesima condizione di tutti gli altri operatori che devono subire il prezzo creato dal mercato. -price maker: è un operatore capace di modificare il prezzo di un titolo grazie all’estrema quantità di titoli posseduti o alla scarsa liquidità degli stessi sul mercato. ❑ market makers sono operatori che agiscono per conto proprio e che si sono impegnati a rendere pubbliche le condizioni di prezzo a cui sono disposti a negoziare, quotando i prezzi a cui intendono acquistare (prezzi denaro) e vendere (prezzi lettera) i lotti minimi delle attività finanziarie di cui si sono impegnati a “fare mercato” nei mercati regolamentati. I FONDI DI IMPERFEZIONE DEI MERCATI ▪ La divergenza di preferenze degli attori (=soggetti in surplus e soggetti in deficit); chi è in deficit vogliono acquisire un finanziamento nel medio e lungo termine e devono poter finanziarie tutte le categorie di progetti mentre chi è in surplus vuole far fronte ad investimenti poco rischiosi. → Maturity, Size, Liquidity and risk transformation ▪ I costi di transazione: non è semplice per un investitore retail trovare uno strumento che faccia proprio al caso suo perché i mercati sono diventati sempre più complicati. → Economie di scala e di scopo permettono di abbattere i costi di transazioni, consigliano gli investimenti agli investitori retail e alleviano le problematiche legate alla razionalità limitata. ▪ La razionalità limitata degli investitori → Attività di consulenza ▪ L’asimmetria informativa (adverse selection e moral hazard). Colui che acquista non avrà mai tutte le informazioni di colui che emette il titolo per cui c’è bisogno di intermediari finanziari che si interpongano tra gli investitori e il mercato. → Intermediari (banche in particolare) sono in possesso di informazioni più accurate per la valutazione delle imprese e economie di scala su costi di monitoring. FINE ARGOMENTI DEL PARZIALE LA FINANZA SOSTENIBILE In generale il modo più semplice per pensare alla finanza sostenibile è pensarlo come un confine tra la finanza tradizionale (=finanza finalizzata all’estrazione di rendimento finanziario) e la filantropia il cui obiettivo ultimo è avere un rendimento non finanziario; quest’ultima vive di trust e associazioni. I filantropi operano su tematiche che gli stanno a cuore. La finanza sostenibile ha all’interno due componenti: uno finanziario e uno non finanziario. 37 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA 2015 → L’ACCORDO DI PARIGI Attenzione primaria al pilastro ambientale anche dal punto di vista istituzionale. L'accordo di Parigi è il primo accordo universale e giuridicamente vincolante sui cambiamenti climatici, adottato alla conferenza di Parigi sul clima (COP21) nel dicembre 2015, in vigore in UE dal 4 novembre 2016. Il pacchetto di Katowice, adottato in occasione della conferenza delle Nazioni Unite sul clima (COP24) nel dicembre 2018, contiene norme, procedure e orientamenti comuni e dettagliati che rendono operativo l'accordo di Parigi. → Pubblicazione vincolante dei Nationally Determined Contributions (NDC): obiettivi climatici che le Nazioni si danno, e che vengono rivisti/rivalutati ogni 5 anni. Esso cerca di ridurre l’impatto ambientale dei sottoscrittori, infatti, i 190 governi firmatari hanno concordato di: • mantenere l'aumento medio della temperatura mondiale a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali come obiettivo a lungo termine. • fare in modo che le emissioni globali raggiungano il livello massimo al più presto possibile, pur riconoscendo che per i paesi in via di sviluppo occorrerà più tempo. Si cerca di frenare velocemente le emissioni. • conseguire rapide riduzioni successivamente secondo le migliori conoscenze scientifiche disponibili, in modo da raggiungere un equilibrio tra emissioni e assorbimenti nella seconda metà del secolo. SUSTAINABLE DEVELOPMENT GOALS Approvazione da parte di più di 150 leader internazionali nel settembre 2015 dell’Agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile, i cui elementi essenziali sono i 17 macro-obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGS). (DOMANDA D’ESAME= impararne almeno 3) ACTION PLAN Il "Piano d'Azione per la finanza sostenibile" è stato approvato a maggio 2018 e persegue uno sviluppo sostenibile sotto il profilo economico, sociale e ambientale, contribuendo ad attuare l'Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici e l'Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile. I tre macro-obiettivi dell’Action Plan sono: ▪ Canalizzazione degli investimenti finanziari verso un'economia maggiormente sostenibile ossia rendere più sostenibile gli strumenti e i mercati finanziari. ▪ Sostenibilità nella gestione dei rischi. Disclosure Requirements Applicable to Credit Ratings (ESMA), Direttiva 2019/2034, Regolamento 2019/2033 (EBA) ▪ Trasparenza e gli investimenti di lungo periodo. Le banche sono tenute a rendicontare in modo specifico e puntuale qual è la loro strategia per un impatto ambientale e sociale. GREEN DEAL Dicembre 2019: nasce il Green Deal Europeo Il Green Deal europeo è la tabella di marcia per raggiungere la neutralità climatica dell’UE nei tempi previsti. Si sostanzia nei seguenti punti: Obiettivo finale: Agenda 2050 40 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA • nel 2050 non siano più generate emissioni nette di gas a effetto serra. • la crescita economica sia dissociata dall'uso delle risorse. Se un paese cresce non vuol dire necessariamente che debba utilizzare più risorse intatte (=materie prime). • nessuna persona e nessun luogo sia trascurato. Questo progetto ha richiesto un investimento di 1000 miliardi di euro. 2019 → I PRINCIPLES FOR RESPONSIBLE BANKING (PRB) L’ideale sul quale si fondano i principi è che il sistema bancario debba, a livello strategico ed operativo, allinearsi con la visione della società e del pianeta rappresentato nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite e nell’Accordo per il Clima di Parigi e contribuire positivamente alla società. I firmatari italiani sono: Monte dei Paschi di Siena, Intesa Sanpaolo, UniCredit, FinecoBank, BPER Banca, Mediobanca, Banca Mediolanum. GENESI E SVILUPPO I Principles for Responsible Banking (PRB) sono: • ALIGNMENT – Prevede l’allineamento strategico con quanto perseguito dagli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni unite (SDGs) e l’accordo di Parigi. Prevede quindi un allineamento completo all’agenda 2023. • IMPACT – Prevede l’identificazione, valutazione e progressivo miglioramento dell’impatto positivo e la riduzione di quello negativo, attraverso l’emissione attiva di attività, prodotti e servizi ad-hoc. Le banche si impegnano a gestire i rischi e cogliere tutte le opportunità attive di investimento sostenibile. • CLIENTS & CUSTOMERS – Incentiva clienti e utenti a perseguire pratiche e scelte d’investimento sostenibili e agevola attività economiche attivamente impegnate in progetti sostenibili. Spinge gli stakeholders (=clienti, attività economiche con cui la banca si relaziona) ad essere impegnati in ambito sostenibile. • STAKEHOLDERS – Prevede un lavoro di engagement e collaborazione proattiva affinché gli stakeholders implementino attivamente i cambiamenti necessari per soddisfare gli SDGs. • GOVERNANCE & TARGET SETTING – Prevede la creazione di strutture e assetti di governance atte a perseguire gli SDGs e promuovere una cultura bancaria responsabile. Se la governance della banca non cambia si rischia il fenomeno del green-washing. • TRANSPARENCY & ACCOUNTABILITY – Prevede la creazione di un sistema di monitoraggio e rendicontazione dei risultati impatti positivi e negativi conseguiti. Essi sono principi con un enorme impatto sull’attività bancaria che implicano enormi costi d’investimento. GLI STRUMENTI SOSTENIBILI Gli strumenti finanziari sostenibili affinché siano tali devono avere tali caratteristiche: ▪ Orizzonte di lungo periodo: orizzonti sotto i 5 anni fanno dubitare dell’effettiva sostenibilità dello strumento. ▪ Compresenza rendimento finanziario e non finanziario. ▪ Fattori Ambientali, Sociali e di Buon Governo (fattori ESG). Uno strumento sostenibile deve considerare questi tre fattori e non, per forza, perseguirli tutti e tre attivamente. 2019 → REGOLAMENTO UE 2019/2088 Definizione di «investimento sostenibile» secondo il Regolamento: ▪ investimento in un’attività economica che contribuisce a un obiettivo ambientale, misurato, ad esempio, mediante indicatori chiave di efficienza delle risorse concernenti l’impiego di energia, l’impiego di energie rinnovabili, l’utilizzo di materie prime e di risorse idriche e l’uso del suolo, la produzione di rifiuti, le emissioni di gas a effetto serra nonché l’impatto sulla biodiversità e l’economia circolare. → tassonomia 2020/852 ▪ un investimento in un’attività economica che contribuisce a un obiettivo sociale, in particolare un investimento che contribuisce alla lotta contro la disuguaglianza, o che promuove la coesione sociale, l’integrazione sociale e le relazioni industriali. → non vi sono tassonomia sociali e di governance quindi, nell’attesa di averle, sono stati definiti i pilastri fondamentali dall’SGD. 41 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA ▪ un investimento in capitale umano o in comunità economicamente o socialmente svantaggiate a condizione che tali investimenti non arrechino un danno significativo a nessuno di tali obiettivi e che le imprese che beneficiano di tali investimenti rispettino prassi di buona governance, in particolare per quanto riguarda strutture di gestione solide, relazioni con il personale, remunerazione del personale e rispetto degli obblighi fiscali. → Global Compact, definisce le caratteristiche fondamentali affinché nelle imprese vi sia una buona governance. Il legislatore riconosce la presenza di tre pilastri: obiettivo ambientale, sociale e buona governance. Non necessariamente devono essere perseguiti contestualmente tutti e tre. Essi sono considerati come contributo al raggiungimento dell’obiettivo ambientale e sociale ma non devono creare danno a nessuno di tali obiettivi e le imprese che beneficiano di tali investimenti devono rispettare una prassi buona governance (=rating di governance elevato). OBBLIGAZIONI SOSTENIBILI L’azione di per sé è una quota di capitale che ho ed investo in qualità di socio in un’azienda ma il suo emittente può essere sostenibile. Per le obbligazioni è diverso: negli anni sono state create le obbligazioni sostenibili. Le prime che sono nate sono le GSS mentre le GSS+ sono la categoria più ampia e poi vi sono i transition e i sustainability-linker. I GREEN BONDS Green Bond sono qualsiasi tipo di strumento obbligazionario i cui proventi vengono impiegati per finanziare nuovi e/o preesistenti progetti ambientali oppure finanziare attività che generano un impatto ambientale positivo. Ad oggi non esiste ancora una definizione ufficiale e condivisa di green bond, ma linee guida (principles e standards) a adesione volontaria (=posso emanare un green bond senza allinearmi a nessuna delle linee guida quindi vi possono essere green bond, realmente green, accanto a green bond che non si allineano a nessuna linea guida) emanati da: • soggetti pubblici (es. Technical expert group on sustainable finance – TEG) • operatori di mercato (es. International Capital Market Association – ICMA o Bloomberg) • NGOs attive nell’ecosistema “sostenibilità” (es. Climate Bond Initiative). →La facoltatività di adesione ai GBP e agli EU-GBS, in assenza di una norma legislativa precisa, permette lo sviluppo del cosiddetto “green washing”. I Green Bonds Mercato in forte espansione (quintuplicato dal 2015), ma la mancanza di standardizzazione e di definizioni ufficiali condivise, lascia la porta aperta a fenomeni speculativi. «Sotto la categoria di Greenwashing rientrano tutti i tentativi di aziende di mostrarsi pubblicamente più attenti, sensibili, attivamente impegnati in questioni ambientali di quanto lo siano effettivamente. Campagne di comunicazione e di green marketing, pubbliche relazioni o donazioni spesso operano in questo senso.» SOCIAL BONDS Titoli di natura obbligazionaria emessi per finanziare progetti finalizzati a mitigare problematiche sociali. Possono essere emessi per finanziare o rifinanziare, in tutto o in parte progetti sociali nuovi o già esistenti. 42 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA ▪ Servizi e prodotti offerti: in funzione del tipo e del servizio offerto si riesce a discernere la differenza tra i vari intermediari finanziari. TIPOLOGIE DI INTERMEDIARI 1.SPECIFICITÀ ISTITUZIONALE Intermediari bancari e non bancari. Attività bancaria: «l'esercizio congiunto dell'attività di raccolta di risparmio tra il pubblico e dell'attività di concessione del credito» (art. 10 del Testo unico bancario, d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385 e successive modificazioni e integrazioni). La banca, quindi, prende a prestito flussi sotto forma di risparmio e contestualmente concede credito. Trascura i processi di diversificazione degli intermediari ed è strettamente dipendente dalla definizione , in un dato momento storico e/o in un determinato contesto istituzionale, di banca e di attività bancaria. 2. SVOLGIMENTO DELLA FUNZIONE MONETARIA Intermediari monetari (le banche*) e non monetari (tutti gli altri) Con il passare del tempo chi entra nell’uno o nell’altro insieme può cambiare. Gli intermediari «monetari» sono stati sottoposti ad un controllo più stringente da parte delle autorità, per gli effetti che l’immissione di moneta bancaria può creare nell’economia reale ai fini della stabilità. Il controllo delle autorità è fondamentale perché in Europa gli intermediari che possono svolgere la funzione monetaria, possono svolgere la medesima funzione svolta dalle banche che è soggetta ad un controllo molto stringente. Lo svolgimento della funzione monetaria costituisce un vantaggio competitivo nell’offerta di strumenti di investimento del risparmio, il numero di intermediari che possono svolgere tale attività sta crescendo nel tempo in virtù di cambiamenti normativi. *NB: Con riguardo ai soggetti in grado di emettere moneta elettronica, le nuove disposizioni (Normativa PSD2) riservano tale facoltà ai seguenti soggetti: (i) Banche; (ii) IMEL; (iii) Banca centrale europea; (iv) Poste Italiane S.p.A.; (v) Stato italiano e altri Stati comunitari; (vi) pubbliche amministrazioni statali, regionali e locali. III: IMEL Istituti di moneta elettronica: persone giuridiche, diverse dalle banche, autorizzate in Italia a emettere moneta elettronica, conformemente a quanto previsto dall’art. 114-quinquies del TUB; (es. telepass pay, nexy, enel financial) In tale contesto gli IMEL continuano a mantenere -tra i soggetti non bancari- un ruolo privilegiato nell’emissione di moneta elettronica. Gli istituti di moneta elettronica possono, inoltre, prestare servizi operativi e accessori strettamente connessi all’emissione di moneta elettronica. III: Istituti di Pagamento IP: Persone giuridiche, diverse dalle banche e dagli IMEL, autorizzate a prestare servizi di pagamento, che permettono: ▪ di depositare il contante su un conto di pagamento, ▪ di prelevare il contante da un conto di pagamento, ▪ di eseguire ordini di pagamento, incluso il trasferimento di fondi su un conto presso il prestatore di servizi di pagamento dell’utilizzatore o presso un altro prestatore di servizi di pagamento, ecc. Non sono banche perché non sono autorizzati a concedere credito. Banca d'Italia iscrive in un apposito Albo gli istituti di pagamento autorizzati ad operare in Italia (=american express). 3. SERVIZI E PRODOTTI OFFERTI Uno stesso intermediario può offrire più servizi e più prodotti. a) SERVIZI DI PAGAMENTO: Banche, IMEL, IP b) INTERMEDIAZIONE CREDITIZIA: 45 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA -Credito breve, medio e lungo: Banche -Leasing finanziario: Banche, Società di leasing -Credito al consumo: Banche, società di credito al consumo Le società di credito al consumo sono nate negli ultimi 20 anni, sono società non bancarie che erogano credito; non hanno tutti i prodotti di credito che la banca può offrire e si tratta solo di crediti a breve termine (=che però possono arrivare anche a 5 anni). La liquidità la prendono dai tassi elevati sui crediti che concedono (=il tasso applicato è superiore a quello applicato dalle banche). Sono alti anche perché i soggetti che richiedono credito sono soggetti ai cui il credito non è stato concesso dalle banche; si tratta di soggetti con poche garanzie e che si ritrovano in una condizione di instabilità finanziaria. Le banche negli ultimi anni sono diventate molto selettive quindi se non si hanno asset, propri o di terzi, da dare a garanzie o non si ha un lavoro stabile queste non concedono il credito. Di conseguenza, è aumentato il business nelle società di credito al consumo. c) INTERMEDIAZIONE MOBILIARE: Per intermediazione mobiliare si intende l’operatività dei mercati mobiliari. -Assunzione di partecipazioni: Banche, Società Finanziarie Le società finanziarie così come le banche possono acquistare pacchetti azionari di terze parti (o aziende) quotate. -Gestione collettiva del risparmio: SICAV, SGR La banca non può svolgere gestione collettiva del risparmio ossia non può gestire direttamente dei fondi comuni di investimento. La banca ha dei fondi propri che sono controllati ma non gestiti dalla banca stessa; inoltre, la banca non può esercitare attività di assicurazione. -Servizi di Investimento: • Negoziazione in conto proprio o terzi: Banche, SIM • Sottoscrizione e collocamento + gestione: Banche, SIM, SGR • Ricezione e trasmissione ordini: Banche, SIM • Consulenza in materia di investimenti: Banche, SGR, Società di consulenza finanziaria III. SOCIETÀ FINANZIARIE Categoria di operatori che svolgono la funzione creditizia e/o di assunzione di partecipazioni in imprese, ma che non presentano un’autonoma capacità di provvista presso operatori finali. Sono iscritti negli appositi elenchi previsti dagli artt. 106 e 107 del TUB. Tra le principali società finanziarie: ▪ società di leasing ▪ società di factoring ▪ società di credito al consumo ▪ finanziarie di partecipazione SOCIETÀ FINANZIARIA: Soggetto, diverso dalle banche, che esercita le attività di erogazione del credito o di servicing in operazioni di cartolarizzazione e sono iscritti negli elenchi ex art. 106 o 107 TUB, tenuti dalla Banca d'Italia. SOCIETÀ DI PARTECIPAZIONE: soggetto che esercita in via esclusiva o prevalente l'attività di assunzione di partecipazioni in altre imprese nonché la gestione e la valorizzazione di tali partecipazioni, senza coinvolgimenti diretti o indiretti nella gestione delle imprese partecipate. Società di partecipazione finanziaria (prevalenza partecipazioni in intermediari finanziari); Società di partecipazione non finanziaria (prevalenza partecipazioni in imprese non finanziarie). SOCIETÀ DI LEASING: società (concedente) che mette a disposizione del proprio cliente (utilizzatore) un bene mobile o immobile, strumentale alla propria attività imprenditoriale, dietro il pagamento di un canone periodico. SOCIETÀ DI FACTORING: fornisce a un'impresa servizi che riguardano: 46 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA - La gestione e l'amministrazione dei suoi crediti; - L'incasso dei crediti; - La concessione di anticipazioni su tali crediti prima della scadenza. La società di factoring, dietro pagamento di una commissione, si assume l'onere di riscuotere l'importo dei crediti, e spesso fornisce finanziamenti all'impresa cliente sotto forma di anticipazioni sui crediti non ancora scaduti. Questa società gestisce solo l’attività di credito pura. SOCIETÀ DI CREDITO AL CONSUMO: società che svolgono attività di finanziamento delle persone fisiche e delle famiglie allo scopo di sostenere i consumi, tramite l’utilizzo di: • Carta di credito • Pagamento posticipati o rateizzato • Prestito personale (raramente supera i 20,000 euro) • Cessione del quinto dello stipendio • Consolidamento debiti SIM Società di Intermediazione Mobiliare: impresa, diversa dalle banche, autorizzata a svolgere servizi o attività di investimento, avente sede legale e direzione generale in Italia. Sono disciplinate dal TUF (Artt. 13-15) e registrate in un albo tenuto da Consob. Dopo i cambiamenti legislativi del 1996, molte si sono trasformate in banche. Possono avvalersi, nella commercializzazione dei propri servizi di investimento, di promotori finanziari. TUF art. 1 punto 5: 1) esecuzione di ordini per conto dei clienti. La Sim esegue ciò che l’investitore ha richiesto infatti agisce da broker; non agisce da dealer perché non offre propri prodotti. 2) negoziazione per conto proprio: può acquistare e vendere per conto proprio. 3) gestione di sistemi multilaterali di negoziazione. Si tratta di mercati regolamentati, hanno orari di apertura e chiusura diversi da quelli regolamentati e la loro liquidità (=spessore) è un po’ inferiore rispetto a quello dei mercati regolamentati veri e propri. Il più importante è l’MTS che chiude un quarto d’ora dopo rispetto ai mercato regolamentati, quindi, acquisisce tutte le informazioni che arrivano a chiusura di tutti i mercati ufficiali; quindi, il quarto d’ora può essere molto importante in termini d’investimento. Essi sono riconosciuti e regolamentati. Il Mot, per esempio, è il mercato principale e il sistema speculare è l’Extra-Mot che è gestito da Borsa Italiana proprio come il mercato principale. 4) ricezione e trasmissione di ordini; 5) sottoscrizione e/o collocamento con o senza assunzione a fermo e di garanzia nei confronti dell'emittente; 6) gestione di portafogli; 7) consulenza in materia di investimenti; 8) servizi accessori. Questi sono i servizi che svolgono sia le banche sia le SIM che, quindi, sono competitor diretti. Gestione Collettiva del risparmio La gestione collettiva passa dalla creazione, promozione, la gestione e l’amministrazione dei rapporti tra gli investitori dei fondi. Quando si parla di fondi si fa riferimento agli OICR che includono i fondi comuni di investimento, le Sicav e le Sicaf che gestiscono tutti capitali di terzi in monte senza dover chiedere nulla agli investitori. Questi meccanismi permettono di diversificare gli investitori, sia investitori istituzionali sia di investitori retail; i primi hanno più facilità nel diversificare il proprio portafoglio e il paniere di strumenti sui quali investono i secondi invece hanno un portafoglio meno diversificato oppure acquista una quota di questi panieri già diversificati. Il problema di affidabilità non si pone per i gestori di tali fondi perché queste hanno il loro patrimonio completamente separato rispetto a quello del fondo; nel caso in cui la SGR dovesse fallire, i creditori possono attaccarne il capitale o il patrimonio rimanente ma non possono attaccare quello dell’OICR che la gestisce ossia le risorse presenti all’interno del fondo. 47 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA 1. La raccolta di risparmio tra il pubblico e l'esercizio del credito costituiscono l'attività bancaria. Essa ha carattere d'impresa. 2. L'esercizio dell'attività bancaria è riservato alle banche. L’attività caratteristica delle banche è la contemporanea raccolta del risparmio ed esercizio del credito. La combinazione minima per essere definito banca è la compresenza di queste due attività. L’attività bancaria ha carattere d’impresa ed è riservata esclusivamente alle banche. QUELLO CHE DEVE FARE La combinazione raccolta del risparmio - esercizio del credito costituisce la combinazione minima di attività che definiscono l’attività bancaria. QUELLO CHE PUO’ FARE «Le banche esercitano ogni altra attività finanziaria, secondo la disciplina propria di ciascuna, nonché attività connesse e strumentali.» Le banche devono espletare la loro funzione minima e possono arricchirla con una, o più, attività finanziarie connesse e strumentali. Ciascun intermediario può realizzare la combinazione produttiva desiderata. ATTIVITÀ FINANZIARIE (cfr. approfondimenti obbligatori) 1)esecuzione di ordini per conto dei clienti (broker; best execution). 2)negoziazione per conto proprio (dealer); 3)gestione di sistemi multilaterali di negoziazione (tra mkt regolamentato e otc); L’esecuzione di ordini per conto del cliente prevede che la banca agisca da broker ossia esegua un ordine di acquisto o vendita in nome e per conto del cliente senza interporsi tra le parti. Lo può fare in 3 modi: -sui mercati regolamentati: la banca acquista o vende il prodotto che il cliente desidera. La banca è obbligata ad agire in regime di best execution ossia deve garantire che l’acquisto avvenga alle migliori condizioni possibili ossia al miglior prezzo e al minor costo di transazione. Se colui che chiede alla banca di eseguire un ordine fosse un investitore istituzione la best execution sarebbe diversa. E se ci fossero altri mercati, anche non regolamentati, con condizioni migliori, la banca può decidere di acquistare il medesimo strumento sui sistemi multilaterali di negoziazione oppure di negoziare quello scambio in conto proprio ossia di acquistare o vendere direttamente lo strumento che il cliente vuole qualora lo avesse già in portafoglio. In questo caso, si aprono due fattispecie: nella prima si apre la gestione di un sistema multilaterale di negoziazione, nella seconda si apre l’attività di negoziazione in conto proprio. Il sistema multilaterale di negoziazione è una sorta di mercato privato ma molto più trasparente, regolamentato da Consob ma la società di gestione può essere una società privata (es. banche o sim). Una delle piattaforme più grande ad oggi, gestita da Borsa Italiana, era nata come il mercato privato di Unicredit. Questi sistemi funzionano molto bene e la regolamentazione di queste piattaforme prevede degli orari di apertura delle negoziazioni diverso dai mercati regolamentati e sono meno liquidi (meno spesso). Generalmente non hanno le figure dei market specialist e di intermediari in grado di garantire la negoziabilità di un titolo. Sono una struttura a metà tra il mercato regolamentato ufficiale e il mercato over- the-counter. I mercati regolamentati dovrebbero essere gestiti solo da Banca d’Italia (gestisce anche etf, Mot, mercato delle obbligazioni, Borsa Italiana e il mercato regolamentato dei derivati) ma ad oggi vi è MTS, una società privata che gestisce molte piattaforme multilaterali di negoziazione ma anche il mercato dei titoli di stato all’ingrosso (mercato all sail) in cui gli istituzionali si scambiano enormi lotti di titoli di stato. Le piattaforme multilaterali di negoziazione sono gestita anch’esse, per la maggior parte, da Banca d’Italia. Per ogni mercato regolamentato esiste una piattaforma multilaterale di negoziazione corrispondente; ciò che cambia è la liquidità, il prezzo e gli orari di apertura. Una delle piattaforme più attive, e una delle prime ad essere riconosciuta, era l’euro TLX sempre gestita da Banca d’Italia; a cui si sono aggiunte MTS e Vorvel. 50 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA Se invece la banca vuole comprare o vendere in contropartita diretta ossia direttamente lo strumento di un cliente sta svolgendo negoziazione in conto proprio. L'intermediario è un dealer vero e proprio perché compra o vende direttamente quello strumento al suo cliente quindi si interpone con il bilancio. Non è molto frequente soprattutto con strumenti altamente negoziabili. Avviene più di frequente per strumenti meno liquidi (es. un cliente vuole diventare socio di un’impresa non quotata; desiderio che può sorgere da un’attività di consulenza della banca); in questo caso la negoziazione avviene per conto proprio, la banca ha un pacchetto di strumenti di partecipazione dell’impresa e direttamente lo vende al proprio cliente. Oppure esiste un mercato immobiliare interno ad Unicredit che fa incontrare o direttamente oppure assumendo una posizione da dealer il venditore e il compratore. In queste tre operazioni la banca ha, a vario titolo, una posizione attiva nella compravendita. 4)ricezione e trasmissione di ordini. In questo caso la banca assume una posizione passiva ossia non agisce né da dealer né da broker, semplicemente trasmette ad un altro intermediario l’ordine di acquisto o di vendita di un suo cliente; ciò accade quando l’intermediario non è abilitato alle prime tre attività ossia all’esecuzione di ordini per conto di un cliente. Oppure succede quando una banca molto grande ha una propria società captive ovvero una controllata che esegue soltanto ordini di compravendita e quindi demanda ma non demanda ad una propria controllata. 5)sottoscrizione e/o collocamento di strumenti finanziari (NB consorzio di semplice collocamento vs di garanzia vs di assunzione a fermo). Quando un’impresa si quota in borsa per la prima volta si affaccia sul mercato primario ossia vende per la prima volta i titoli, le azioni di nuova emissione. In contropartita, queste vengono acquistate dagli investitori istituzionali. Generalmente, esistono due tipi di collocamento: -collocamento privato: avviene tramite un’asta imperfetta (book building) nel quale l’emittente raccoglie tutte le offerte, proprio come in un’asta di acquisto, di volontà di acquisto dei propri strumenti in emissione. Ovvero, gli investitori istituzionali interessati all’acquisto di questi strumenti di emissione comunicano la combinazione di prezzo e volume che vogliono acquistare. Cos’è il book building? La costruzione di questo libro è l’ordinamento in termini di rapporto prezzo/volume di tutte le offerte. Vincono coloro che nel ranking hanno il miglior rapporto volume di strumenti che vogliono acquistare dall’emittente con il prezzo più alto. -collocamento pubblico: gli emittenti si interfacciano solo con istituzionali sul mercato privato e questi istituzionali si coalizzano in consorzi di collocamento e l’emittente paga le banche si consorziano perché, con diversi gradi di efficacia, garantiscono il buon fine dell’emissione di nuovi strumenti. Esistono 3 tipi di consorzi con un livello di garanzia del successo del collocamento crescente: -consorzio di semplice collocamento: gli intermediari che ne fanno parte si impegnano ad esortare i propri clienti ad acquistare questi strumenti. Ogni intermediario si fa portatore di una parte di tutti i nuovi strumenti. Se i clienti non dovessero acquistarli, la restante parte ritorna nella casse dell’emittente che dovrà procedere a collocarlo in altro modo, per esempio sul mercato secondario; questo ha quindi una minima garanzia di collocamento. -collocamento di garanzia: la parte residuale di strumenti che la banca non è riuscita a collocare presso i propri clienti viene acquistata dalla banca. L’incentivo della banca a vendere i titoli ai propri clienti è massimo quindi il successo è garantito ma l’emittente dovrà attendere del tempo prima che il consorzio concluda la propria attività. -consorzio con assunzione a fermo: in questo caso la banca acquista in toto, immediatamente, la quota di strumenti di nuova emissione che si è impegnata a collocare. Poi, in un secondo momento, sarà onere della banca collocare quanti più strumenti reputa giusto presso i propri clienti. Questo è un doppio vantaggio per l’emittente: 1.il collocamento avviene con successo 2.l’emittente non deve aspettare la chiusura delle attività del consorzio perché tutti i titoli emessi sono acquistati immediatamente dalle banche e dagli intermediari che fanno parte del consorzio con assunzione a fermo. 51 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA 6)gestione di portafogli. Un cliente può delegare alla banca la gestione del proprio portafoglio titoli; inizialmente il cliente crea una sorta di contratto di mandato nel quale le parti si accordano su quali sono le linee guida e gli obiettivi di investimento del cliente oppure su qual è il rischio massimo che il cliente riesce a tollerare oppure sulla composizione per asset class del portafoglio. La gestione effettiva degli investimenti è effettuata dalla banca. 7)consulenza in materia di investimenti. La banca da dei consigli di investimento al cliente, è un servizio a pagamento attraverso cui il consulente studia la situazione finanziaria del cliente creando un portafoglio ad hoc. L’attività di consulenza, quindi, prevede uno studio della posizione ottimale, degli obiettivi di investimento, della situazione familiare del cliente. Colui che esercita tale attività è il consulente finanziario iscritto all’albo dei consulenti; si differenzia dal private banker poiché quest’ultimo è un consulente molto specializzato che si occupa di gestione di patrimoni molto elevati. La banca per svolgere tutte queste attività, e in particolare la gestione e la consulenza di portafogli, deve conoscere molto bene i propri clienti; per questo motivo la direttiva Mifid (market financial instrument directive) si occupa del fatto che le banche agiscono nel modo più professionale ed etico possibile e si occupa di garantire i diritti di protezione degli investitori retail. 8)servizi accessori. custodia e amministrazione di strumenti finanziari; locazione di cassette di sicurezza; concessione di finanziamenti per effettuare operazioni relative a strumenti finanziari nelle quali interviene il soggetto che concede i finanziamenti; consulenza alle imprese in materia di struttura finanziaria, industriale e in materia di concentrazione e acquisti di imprese; servizi connessi all'emissione o al collocamento di strumenti finanziari; ricerca in materia di investimenti, analisi finanziaria o altre forme di raccomandazione generale riguardanti strumenti finanziari; intermediazione in cambi collegata alla prestazione di servizi di investimento. ADEGUATEZZA E APPROPRIATEZZA I requisiti di adeguatezza e appropriatezza indicati dalla MIFID rappresentano una parte delle regole di condotta relative all’obbligo da parte degli intermediari di agire in modo onesto, equo e professionale per servire al meglio gli interessi del cliente. Ne consegue che quando l’intermediario effettua servizi ad alto valore aggiunto come la consulenza in materia di investimenti o la gestione di portafoglio, il livello di approfondimento di conoscenza del cliente deve essere superiore rispetto agli altri servizi. Infatti, l’intermediario deve disporre e ottenere delle informazioni necessarie in merito alle conoscenze e esperienze del cliente o potenziale cliente in materia di investimenti riguardo al tipo specifico di prodotto o servizio, alla situazione finanziaria e agli obiettivi di investimento, per essere in grado di raccomandare i servizi di investimento e gli strumenti finanziari adatti al cliente o potenziale. Per tali servizi è previsto il massimo di tutela dell’investitore ossia il questionario di adeguatezza attraverso cui la banca impara a conoscere lo stato lavorativo o il livello di conoscenza in ambito finanziario; l’eventuale rifiuto di risposta la banca non può esercitare l’attività di consulenza. In questo caso le regole imposte all’intermediario sono molto rigide e ferree e nel caso in cui l’intermediario non ottiene dal cliente le informazioni richieste, non può effettuare il servizio. Invece l’obbligo per l’intermediario di effettuare la “valutazione di appropriatezza” è relativo ai servizi di negoziazione per conto proprio, di esecuzione di ordini per conto dei clienti, assunzione a fermo di strumenti finanziari. In questo caso si ritiene che il contenuto del servizio sia di carattere “secondario” in quanto non è l’intermediario a proporre uno strumento finanziario ma è lo stesso cliente ad indicare le operazioni da svolgere. Quando la banca riceve e trasmette ordini, non necessita di nessun requisito di adeguatezza o appropriatezza. 52 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA Mancanza di una sede fisica Investimenti tecnologici elevati Elevata capacità informativa e dispositiva (correlata alla gamma di servizi fruibile) Elevata prossimità con il cliente Possibilità di approfondimento della relazione di clientela elevate (clickstreamanalysis) Segmenti di clientela serviti: nicchie di mercato in espansione Problematiche di fidelizzazione Crisi della banca tradizionale: la fine degli sportelli e il popolo dei «debanked» -Innovazione tecnologica -Digital walls -surface technology -customer recognition -Flagship brand stores -Pop-up branches -Sportelli non permanenti CORPORATE BANKING Area d’affari estesa e multiforme, in cui l’offerta dell’intermediario aggrega continuamente prodotti e servizi che vanno a costituire un pacchetto ad-hoc per i clienti (gestione della tesoreria, delle attività finanziarie, della struttura di indebitamento, delle operazioni sul capitale proprio etc…). La clientela tipica delle corporate banks è costituita da imprese di media e grande dimensione e dotate di una forma societaria. il cliente tipico è una società/un’impresa medio-grande e i servizi sono diversi: l’impresa ha bisogno che la banca gestisca un grosso portafoglio di investimenti, le utilità oppure le quotazioni in borsa. Sono attività studiate per la singola società-cliente e con commissioni onerose. INVESTMENT BANKING Sono istituzioni finanziarie che offrono assistenza a emittenti pubblici e privati medio-grandi: ▪ Nella raccolta di capitali (emissione di primary securities) ▪ Come intermediari nelle operazioni di fusione e acquisizione ▪ Nella sottoscrizione e negoziazione di strumenti finanziari sui mercati secondari Possono comprendere anche i servizi di Corporate banking, Consulenza e gestione patrimoniale. NB: Contrariamente a quanto suggerisce il nome, quindi, non sono propriamente «banche», dal momento che non possono accettare depositi e sono sottoposte ad una regolamentazione meno rigida che consente loro di assumere rischi maggiori. GLASS-STEAGALL ACT In America, dopo la crisi bancaria del ’33, anche le banche d’affari dovevano essere separate da quelle commerciali. Dopo la crisi i cambiamenti sono stati i seguenti. Col Glass Steagall Act: - È stato introdotto un fondo massimo (150mila) 55 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA - Sono state separate distintamente le attività di investimento rispetto alla banca commerciale: se si è investimenti banking non si poteva ricevere i depositi. Clinton decise di eliminare questa distinzione e far sì che le banche potessero essere un’unione di queste due. (una banca piccola può essere commerciale e poco regolamentare) Lezione 10, 20/03/2023 ECONOMIA DELLE AZIENDE DI CREDITO L’ATTIVITA’ BANCARIA NEL QUADRO NORMATIVO ITALIANO L’attività bancaria si caratterizza per la congiunzione fra le operazioni: - di raccolta del risparmio fra il pubblico con obbligo di rimborso; - di concessione di credito. Le banche possono svolgere altre attività finanziarie consentite (ad es. servizi di investimento), attività connesse o strumentali, oltreché offrire servizi di pagamento. Rimangono salve alcune riserve di legge. Attività, quali la gestione collettiva del risparmio e l’attività assicurativa non possono essere direttamente esercitate da una banca poiché riservate per legge ad altri intermediari finanziari. Le banche agiscono in competizione con: -società non finanziarie 56 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA -altri intermediari finanziari (ad. Esempio assicurazioni) -stati comunitari e terzi Per la concessione di credito, agiscono in competizione con: -società finanziarie -altri intermediati finanziari (ad. Esempio assicurazioni, fondi di investimento) -peer-to-peer lending Per i servizi di investimento sono in competizione con: -SIM -SGR -assicurazioni Per i servizi di pagamento sono in competizione con: -Istituti di moneta elettronica (Imel) -Istituti di pagamento -Operatori non finanziari (ad es. FAAMG) TASSONOMIA DEI MODELLI BANCARI I modelli di governance: - Società di capitale pure (shareholders oriented): le banche SPA. Orientate al soddisfacimento dei portatori di capitale di rischio. - Società di capitale di natura cooperativa e finalità mutualistica (stakeholders oriented): le banche di credito cooperativo (BCC). Sono orientate a tutti i portatori di interesse, non soltanto agli azionisti poiché in un S.r.l. questa figura non è presente. Sono orientati quindi al soddisfacimento dei propri clienti. I modelli proprietari: - Banche private (il cui capitale è in mano ad azionisti non pubblici ma, talvolta, sono ammessi anche azionisti pubblici soprattutto nei contesti di grandi crisi bancarie) - Banche pubbliche (ad es. le casse di risparmio tedesche, le banche di sviluppo). La maggioranza del capitale di una banca deve essere pubblico; questa era l’idea prevalente fino ai primi degli anni ’90. I modelli di specializzazione del business: - Banche generaliste: servono molteplici pubblici con una gamma diversificata di servizi. Hanno eterogenee linee di business e soddisfano un’ampia fascia di clienti. - Banche specializzate: con focus sull’offerta di servizi specifici, un mercato geografico specifico oppure una tipologia di clientela determinata. MODELLI ISTITUZIONALI E ORGANIZZATIVI La scelta di un modello organizzativo dipende dai seguenti fattori: ▪ Le modalità di divisione del lavoro tra i soggetti operanti in un’organizzazione e i relativi meccanismi di coordinamento (complessità organizzativa) ▪ L’ambiente (deregulation, globalizzazione dei mercati, virtual banking, decentramento organizzativo, specializzazione). ▪ L’età e la dimensione dell’organizzazione (formalizzazione organizzativa vs dinamismo ambientale, reputation). Più la banca è grande e complessa e più tenderà ad un modello generalista. ▪ Vincoli normativi (interesse pubblico, framework nazionale e internazionale → segue caso italiano. In passato ci sono state delle forti spinte regolamentari per decidere quale modello istituzionale adottare. Due di maggiore importanza negli anni ’90 SPINTE NORMATIVE E MODELLI ORGANIZZATIVI 3 leggi cardine: 1. Legge Amato-Carli 1990: Privatizzazione delle banche italiane. Inizialmente la legge Amato-Carli aveva spinto per il modello del gruppo polifunzionale. 2. Legge 287/90 sulla tutela della concorrenza 57 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA ▪ Difficoltà organizzative ed elevati costi di integrazione. Se una banca universale assorbe un’altra banca la deve smembrare interamente affinché possa essere integrata quindi diventa difficile mantenere un’integrità anche dopo l’unione di più banche. ▪ Costi di monitoraggio ▪ Elevati investimenti iniziali LA BANCA SPECIALIZZATA Essa sceglie un profilo tra la tipologia di prodotti e servizi da offrire alla clientela. Può teoricamente essere un polo di offerta completa sulla base delle indicazioni del TUB ma si specializza in prodotti/servizi specifici, canali distributivi, clientela, zona geografica. La specializzazione, quindi, è oggi una pura scelta strategica dei vertici della banca. Implica la scelta di un profilo di elezione tra: • Prodotti e servizi finanziari; • Fasce di clientela; • Canale distributivo; • Aree geografiche. CHI SONO? • Società Finanziarie trasformate in banca (soprattutto nella gestione dei patrimoni mobiliari, credito al consumo, leasing, etc). • Nuove banche: tipica specializzazione geografica. • Piccole banche (es. BCC, banche con una forte vocazione territoriale, non si tratta di una scelta di impiego ma decidono di rimanere piccole banche ma fortemente specializzate) VANTAGGI: ▪ Specificità delle competenze ▪ Economie di apprendimento: riesce a diventare la banca di riferimento per un dato tipo di operazione. ▪ Premium price SVANTAGGI: ▪ Difficoltà di diversificazione ▪ Concentrazione dei rischi (imprenditoriali, «di controparte») ▪ Dimensioni ridotte (non è uno svantaggio tout court, ma tutta la questione di reputation viene meno perché si può essere la banca specializzata per eccellenza a livello nazionale ma non a livello internazionale perché in quest’ultimo caso diventerebbe necessariamente una banca di grandi dimensioni) IL NETWORK Nata come forma difensiva operata da banche con forte vocazione territoriale per contrastare i processi di acquisizione o internalizzazione. Le piccole banche si coalizzano con altre banche con competenze elevati altrettanto specifiche in altri settori così che il network possa avere ampie aree di competenza. → Omogeneità dimensionale & non-sovrapposizione territoriale Accordi e relazioni tra intermediari bancari organizzati attorno a un organismo centrale, che consente di creare sinergie, superando i limiti dimensionali delle singole realtà locali. La holding, tuttavia, non assume partecipazioni di controllo; le banche locali mantengono la loro autonomia e possono valutare in ogni momento la convenienza di politiche make or buy. Il network, quindi, non ha una strategia comune e il fatto che siano rimaste così informali è stato il punto di debolezza di queste banche. Accordi privati tra le banche e la banca capogruppo del network non ha partecipazioni nelle altre banche che rimangono indipendenti e quindi di volta in volta la banca può decidere se acquistare un servizio dalle banche facenti parte del network o da altre banche esterne. 60 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA Gruppo finanziario: insieme organizzato di banche in cui la holding ha delle partecipazioni dirette e anche di controllo nelle banche che fanno parte del gruppo. Infatti, in questo caso viene redatto un solo bilancio consolidato. Questa è l’evoluzione o formalizzazione del network bancario. IL GRUPPO BANCARIO ▪ Sistema di società specializzate in determinati servizi finanziari, governate da una capogruppo, che esercita anche funzioni di pianificazione strategica tra tutte le società del gruppo. → La banca assume partecipazioni in una società di leasing, in una società di factoring, in una SIM, in una società di gestione fondi etc. …in ottica di salvaguardia delle autonomie e delle differenti specializzazioni ▪ Tramite questa rete di partecipazioni in società specializzate, il gruppo polifunzionale riesce a costituire un polo di offerta ampio e diversificato di servizi finanziari. • modello organizzativo che comprende – una capogruppo (holding pura o mista). Il core-business è l’assunzione di partecipazioni nelle controllate. – società che svolgono attività bancaria, finanziaria (e spesso anche assicurativa). La banca svolge attività bancaria e ha anche partecipazioni all’interno degli intermediari del gruppo. • consente di abbinare – un unico disegno strategico e imprenditoriale – economie di specializzazione che scaturiscono dagli elevati livelli di specializzazione che contraddistinguono i processi produttivi delle diverse società • modello adottato in prevalenza dalle banche italiane (a partire dagli anni ‘90) per realizzare la diversificazione produttiva. Quali strutture societarie nel gruppo? • capogruppo: può essere – holding pura quando non svolge attività operativa, ma si occupa della gestione strategica e del coordinamento del gruppo. – holding mista quando non attua una separazione tra la gestione operativa e quella strategica. •subholding: società finanziarie alle quali vengono imputate partecipazioni in società controllate appartenenti a raggruppamenti omogenei (non sempre presenti) •società specializzate: svolgono singole attività finanziarie CONFIGURAZIONI DEL GRUPPO BANCARIO ▪ modello funzionale: ogni controllata svolge una singola funzione ridotta complessità gestionale strategia di integrazione orizzontale (processi di acquisizione) elevata autonomia per controllate contenimento costi di struttura ▪ modello federale: la holding partecipa direttamente negli intermediari. la specializzazione è di tipo geografica. aggregazione “progressiva” di banche a vocazione locale mantenimento relationship a livello “locale” (federalismo) capogruppo: indirizzo strategico, coordinamento e controllo gestione accentrata di talune attività banche “federate”, società prodotto e società strumentali a valle (gestione di diverse “culture” aziendali) ▪ modello divisionale: la holding controlla delle divisioni (aree strategie di affare) in cui ogni controllata si specializza in un segmento di clientela, un prodotto... ridotta complessità gestionale “ideale” per banche grandi e diversificate ASA (business unit) ≅ divisione capogruppo: monitoraggio e valutazione della performance delle singole ASA + indirizzo strategico del gruppo divisioni organizzate per: 61 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA – prodotto – segmento di clientela – area geografica ▪ modello ibrido VANTAGGI: ▪ Economie di specializzazione ▪ Maggiore facilità nell’acquisire risorse finanziarie e nel creare accordi e alleanze (merger vs acquisition). L’acquisita rimane con la configurazione che ha sempre avuto e si inserisce, così com’è, all’interno del gruppo. ▪ Maggiore flessibilità operativa ▪ Isolamento della banca dai rischi delle società che esercitano attività non core (ma…) ▪ Riduzione dei conflitti di interesse SVANTAGGI: ▪ Organizzazione burocratica ▪ Potenziale minore efficienza del modello del gruppo rispetto a quello della banca universale ▪ Problemi di unicità strategica ▪ Costi di trasferimento, di coordinamento e di integrazione DOMANDA D’ESAME: elencare in forma tabellare i punti di forza e di debolezza del gruppo e della banca universale, specializzata, del network e del gruppo. I CONGLOMERATI FINANZIARI Il 31 marzo 2006 la Consob, la Banca d'Italia e l'IVASS hanno congiuntamente sottoscritto l'Accordo di coordinamento in materia di identificazione e di adeguatezza patrimoniale dei conglomerati finanziari. Ad oggi l’unico conglomerato italiano è Generali che opera principalmente nel settore assicurativo ma svolge anche il servizio bancario. Il gestore che coordina l’attività è IVASS. Anche Mediolanum fino all’anno scorso era un conglomerato, quest’anno non lo è più poiché ha esternalizzato i propri prodotti. Le società di partecipazione finanziaria miste sono imprese madri, diverse da un’impresa regolamentata, che insieme con le imprese figlie, di cui almeno una sia un’impresa regolamentata con sede sociale nell’Unione, e con altre imprese costituiscano un conglomerato finanziario. 62 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA Dal punto di vista storico questa classificazione è sempre stata vera ma, negli ultimi anni, questa classificazione è in evoluzione. -sistemi banco centrici: l’intermediazione bancaria è fondamentale all’interno della funzione creditizia. Storicamente erano basati su funzioni creditizie fortemente influenzate dalle informazioni private o privilegiate che gli intermediari riescono ad avere in virtù della relazione personale e puntuale che hanno con il cliente. -sistemi mercato centrici: la funzione creditizia e le transazioni finanziarie sono svolge in modo autonomo dagli attori e quindi convergono in autonomia sui mercati. Gli intermediari inoltre svolgono il ruolo broker. Tale classificazione non è sempre netta: gli intermediari sono importanti anche nel Regno Unito (assicurazioni e fondi pensione privati) e negli USA (banche di investimento). Un’altra distinzione è fra sistemi basati su relazioni strette con la clientela e su informazioni private (relationship-based: di solito combaciano con i sistemi banco centrici) e sistemi con un grado elevato di anonimità (arm’s lenght) e fondati su informazioni di natura pubblica. Non esiste un modello superiore all’altro né un modello puro. LA BANK-BASED VIEW: PUNTI DI FORZA -Superiore capacità di acquisizione di informazioni (anche riservate) su aziende e management favorisce l’allocazione più efficiente di risorse finanziarie e relazioni di lungo periodo. Riescono ad acquisire informazioni in virtù del rapporto personale che l’intermediario ha con il proprio cliente; il fatto che ci sia una relazione personale orientata al lungo periodo fa sì che le due controparti effettivamente si conoscano. È più semplice ridurre le asimmetrie informative e le distorsioni che si sono create ex-ante ed ex-post. -Le banche - come coalizioni coordinate di investitori (i loro azionisti) - sono migliori rispetto ai mercati (canali non coordinati) a monitorare le imprese e a ridurre il moral hazard post-prestito. -più efficaci nell’esecuzione dei crediti. È vero per clienti retail e corporate ma con l’aumentare della complessità del prenditore di fondi, questa capacità viene meno. -Le banche possono forzare in modo più efficace le imprese a ripagare i debiti rispetto ai mercati, soprattutto nei paesi in cui i sistemi legali sono deboli. -I sistemi finanziari bancocentrici risultano maggiormente idonei a favorire un’industrializzazione diffusa, spesso caratterizzata dalla elevata presenza di micro, piccole e medie imprese (caso Italia). Questo è vero ma non è certo che il fatto che il nostro sistema finanziario sia bancocentrico abbia portato ad un’industrializzazione diffusa; il tessuto industriale infatti è sempre stato frammentato e questa frammentazione probabilmente ha fatto sì che un sistema bancocentrico, con banche di piccole dimensioni con una buona conoscenza del territorio, fosse la combinazione migliore. L’industrializzazione diffusa ha quindi dettato il nostro modello finanziario come modello bancocentrico. PUNTI DI DEBOLEZZA -Elevati costi di intermediazione. Il fatto che il prenditore di fondi debba passare per un intermediario fa sì che debba pagare l’attività d’intermediazione svolta dalle banche. -Rischio di formazione di accordi collusivi. Il nostro è un sistema bancocentrico e fortemente concentrato poiché vi sono poche banche player che possono essere spinte alla conclusione di accordi collusivi. Questo rischio è però contenuto e minimizzato dagli accordi antitrust. -Limitato accesso al capitale di rischio; è uno dei punti di debolezza maggiore perché la banca, per definizione, è prestatrice di capitale di debito. Se le imprese sono portate a chiedere finanziamenti alle banche per far entrare capitale di debito, fa sì che il loro incentivo a quotarsi e chiede capitale di rischio sui mercati sia inferiore. È necessario un giusto equilibrio tra quote di capitale di debito e capitale di rischio perché, da un lato, si cerca di ridurre i costi di intermediazione mentre dall’altro, per avere visibilità, l’impresa si quota ottenendo quindi una valutazione oggettiva dal mercato. L’ingresso di componenti terzi all’interno della governance societaria può portare un punto di vista diverso, innovazione, dialogo, e idee nuove e quindi viene meno. 65 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA -Possibile concentrazione negli assetti proprietari delle imprese partecipate. Rischio che si stava manifestando in modo concreto in Italia: poche banche grandi che erano sostanzialmente il mach quasi forzato tra banche con corporate banking sviluppato e grandi banche. Le banche grandi sono le uniche a diventare controparti perché le banche di piccole dimensioni difficilmente hanno un corporate banking ben sviluppato. Motivo per il quale anche l’attività di acquisizione di partecipazioni da parte delle banche era a rischio di concentrazione; solo poche grandi banche hanno capitale a sufficienza per acquisire partecipazioni rilevanti nel capitale delle imprese. -Possibile creazione di frizioni all'innovazione e alla competizione fra imprese per proteggere le imprese con più stretti legami bancari. LA MARKET-BASED VIEW: Questo sistema utilizza l’incontro autonomo tra domanda e offerta di capitale senza che venga intermediato da intermediari natura finanziaria. I mercati prezzano gli emittenti a cadenza annuale. Il mercato aggrega le informazioni di tanti emittenti e contestualmente le inserisce all’interno del prezzo che sconta informazioni storiche, contemporanee e private. I mercati anche se caratterizzati da efficienza in forma debole sono in grado di tradurre le informazioni nel prezzo. PUNTI DI FORZA -I mercati dei capitali competitivi svolgono un ruolo positivo nell’aggregare (in maniera efficiente) informazione diffuse e trasmettere queste informazioni agli investitori, con conseguenze benefiche per il finanziamento dell’economia e la performance economica. -I sistemi finanziari basati sui mercati rafforzano il governo societario, favorendo le operazioni di acquisizione del controllo societario e rendendo più facile collegare il compenso del management alle performance societarie. L’impresa quotata può parametrare le politiche di remunerazione del top management all’andamento degli azionisti di modo che si crei un incentivo affinché il top management curi gli interessi dell’azienda facendone aumentare il valore in Borsa. -I mercati facilitano la gestione del rischio attraverso la produzione/scambio di strumenti finanziari idonei al suo trasferimento. Il mercato finanziario è un luogo in cui si possono acquistare altri prodotti finanziari, tra cui i derivati che sono molto utili per minimizzare il trasferimento di rischi (=il derivato swap è lo strumento che permette il trasferimento di rischi). Uno swap molto semplice è quello per cui due controparti si scambiano alla fine dell’ultimo periodo della vita del derivato due tassi. Il primo emittente scambia un tasso fisso, quindi paga alla controparte un tasso fisso, la controparte paga la prima ad un tasso variabile; fanno dunque uno scambio. ESEMPIO SWAP: l’investitore 1 ha un debito nei confronti della banca e quindi ogni anno deve pagare il 2%. Se è un contratto a lungo termine, può accorgersi che cambiando la situazione macroeconomica cambia anche la convenienza di questo contratto. Ad esempio, se sui mercati finanziari i tassi stanno scendendo. Potrebbe essere conveniente entrare in un contratto di swap con un secondo investitore e quindi letteralmente scambiare il proprio tasso fisso con un tasso variabile. Come si fa? L’investitore 1 promette all’investitore 2 di pagare il tasso variabile che è ignoto ex-ante; l’investitore 1 però sta scommettendo che sarà inferiore rispetto a quello fisso (=ribasso dei tassi). L’investitore 2 pagherà quindi il tasso variabile in cambio del tasso fisso che l’investitore 2 gli pagherà. L’investitore 1 prende il 2% dall’investitore 2 e lo cede alla banca mentre paga il tasso variabile all’investitore 2. La differenza tra lo spread tra il 2% fisso e il variabile è il guadagno dell’investitore 1. Se le cose vanno come previsto, l’investitore 1, che ha scommesso sulla discesa dei tassi, ha un guadagno. L’investitore 2 continuerà a pagare il 2% ma se questo tasso dovesse salire, continuerà a pagare di più mentre l’investitore 1 gli pagherà un tasso variabile che sta salendo. PUNTI DI DEBOLEZZA 66 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA -Maggiore discrezionalità delle imprese nelle scelte di struttura finanziaria (rischio di eccesso d’indebitamento). -Elevato trasferimento del rischio d’impresa verso le famiglie e gli altri attori del sistema finanziario. Le scelte di investimento sono demandate in capo agli investitori retail che, se diventano prestatori di capitale di rischio, diventano la categoria meno tutelata tra gli investitori. Con un po’ di innovazione finanziaria, esisterebbero dei prodotti che trasferiscono parte dei propri rischi agli investitori senza che se ne rendano conto. Più il sistema non ha banche che trasformano e annullano il rischio del prenditore di fondi, più questi finiscono in capo agli investitori retail che sono i più deboli poiché non hanno le conoscenze sufficienti per operare su questi mercati. MKT VS BANK ORIENTATION Per capire se un mercato è bank o market oriented bisogna tenere conto di alcuni indicatori. Analisi della dimensione e dell’orientamento attraverso i seguenti indicatori: Relative size measures ▪ Total assets of deposit banks/total financial assets: totale dei depositi bancari/totale degli asset comprati e venduti sul mercato finanziario. Da una misura del volume di affari delle banche al numeratore e del volume di affari disintermediato al denominatore; maggiore è il rapporto maggiore è l’importanza relativa delle banche rispetto alle imprese. Se il rapporto è maggiore di 1 è un sistema più orientato alle banche; se minore di 1 è un sistema più orientato al mercato. ▪ Other financial institution assets/total financial assets ▪ Bank assets/stock market capitalization*: attivi bancari diviso capitalizzazione di mercato. Absolute size measures Esse non guardano al peso relativo di banche e mercate ma al peso complessivo di banche o mercato sul totale dell’economia nazionale. ▪ Total assets of deposit banks/GDP: depositi bancari diviso per il PIL. ▪ Other financial institution assets/GDP ▪ Bank assets/GDP ▪ Liquid liabilities (moneta circolante+depositi bancari) /GDP CAPITALIZZAZIONE E FLOTTANTE • FLOTTANTE: Insieme di azioni di un emittente pronte per la negoziazione sul mercato azionario. Borsa Italiana per quotare un emittente richiede almeno il 25% del capitale libero di essere negoziato sui mercati. Quando tale vincolo non viene rispettato, Borsa Italiana può decidere di bloccare la negoziazione del titolo. Gli emittenti che hanno un flottante di poco superiore al 25% si tratta di azioni sottili. Quantità di azioni di una società che non costituiscono le partecipazioni di controllo e che sono quindi disponibili per la negoziazione in borsa. Il flottante rappresenta la parte del capitale sociale effettivamente in circolazione sul mercato azionario. Nel computo di questa quota non si tiene conto delle partecipazioni azionarie di controllo, di quelle vincolate da patti parasociali e di quelle soggette a vincoli alla trasferibilità (come clausole di lockup) di durata superiore ai 6 mesi; al contrario, rientrano nel computo le azioni possedute da organismi di investimento collettivo del risparmio, da fondi pensione e da enti previdenziali. Borsa Italiana S.p.A. richiede alle società specifici requisiti in termini di flottante minimo per l’ammissione a quotazione: si richiede un flottante minimo pari al 25% del capitale per le azioni negoziate nei segmenti di Borsa. Una volta ammessa a quotazione, la società deve mantenere il requisito relativo al flottante; infatti, la carenza di negoziazioni sul proprio titolo può comportare la revoca dell’ammissione a quotazione. Le azioni con un flottante di poco superiore al 25% e caratterizzate da bassi volumi di scambio sono dette titoli sottili. • CAPITALIZZAZIONE: Numero totale di azioni per valore di mercato delle stesse. La capitalizzazione è la valorizzazione di tutte le azioni di un emittente. Per calcolarlo prendo il numero totale di azioni nelle quali il capitale sociale è diviso e lo moltiplico per il valore che quell’azione ha sul mercato. 67 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA I diritti provenienti da uno strumento finanziario vengono iscritti cartolarizzati in un altro. Uno strumento cartolarizzato è uno strumento ibrido che viene collocato sul mercato e quindi acquistato da investitori retail; generalmente ha come sottostante un rapporto di debito. Sono obbligazioni particolati perché si chiamano asset backed; esse sono supportate perché i flussi che queste obbligazioni pagano a coloro che li hanno acquistati provengono da un altro strumento. I flussi di cassa che le ABS promettono sono tanto più sicuri quanto sono più sicuri lo strumento di partenza che produce flussi. Il consumatore compra l’abs pretende un pagamento ma la cedola viene pagata solo quando l’asset che è alla base produce flussi. Il problema è che generalmente questo asset è un pull ossia è un fondo in cui sono contenute attività a strumenti tipicamente illiquidi, con un basso rating creditizio, con poca probabilità di produrre flussi in ultima istanza. Però, coloro che acquistano l’abs spesso non se ne rendono conto perché l’abs è emessa da un emittente che si chiama SPV, nata esclusivamente per la collocazione di questi strumenti. Classico esempio di ABS è la MBS. L’asset che teneva in piedi questo sistema di creazione di flussi erano i mutui che più banche avevano erogato ai propri clienti. I clienti sono i motori dei flussi attraverso il pagamento delle rate; queste a loro volta servono per pagare affinchè questo veicolo paghi la remunerazione a coloro che acquistano le ABS. Gli investitori di abs si aspettano una remunerazione. Ma se i mutuari non pagano il mutuo? L’investitore non riceve nessun compenso, avendo un rapporto di credito con la SPV, la SPV fallisce e la banca ha molti mutui non performanti. Le banche americane hanno preso tutti i mutui non performanti che avevano e li hanno messi in fondi creando veicoli esterni alle proprie banche per pagare le abs. Il problema è che la qualità dei mutui in quei fondi è decresciuta, è peggiorata perché molte banche avevano fatto questa mossa di ingegnerizzazione finanziaria. Il mutuario non riusciva più a pagare il mutuo, la banca riceveva la casa ipotecata e la vendeva sul mercato; il mercato però si è saturato. Le banche, quindi, esternalizzavano il rischio ma senza tenere conto che il mercato si potesse saturare e che le case potessero perdere valore e che quindi non fossero in grado di ricoprire la perdita. La cartolarizzazione è un'operazione finalizzata alla creazione di titoli negoziabili, le Asset Backed Securities (ABS). Tali titoli derivano i flussi di cassa che garantiscono la remunerazione che essi forniscono ai sottoscrittori da un pool di attività tipicamente illiquide (prestiti, crediti commerciali, immobili). A garanzia degli investitori, tale pool di attività assume soggettività autonoma rispetto all'originario proprietario degli asset e a tale scopo le attività sono conferite a un'entità speciale appositamente creata per tale scopo (Special Purpose Vehicle, SPV). Un caso particolare (e famigerato…) di ABS: le MBS LO SHADOW-BANKING 70 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA Shadow banking: “ogni forma di intermediazione creditizia che coinvolge entità o attività in parte o completamente al di fuori del sistema bancario tradizionale” (Financial Stability Board) Lo shadow banking accade ogni volta che un intermediario non bancario svolge la funzione creditizia (es. società di credito al consumo). Tale processo di intermediazione può generare rischi di natura bancaria e possibili arbitraggi regolamentari. A differenza delle banche tradizionali che si finanziano prevalentemente attraverso i depositi e hanno accesso, se necessario, alla liquidità di banca centrale, le «banche» ombra non regolamentate raccolgono attraverso il mercato/investitori, esponendosi a una potenziale carenza di liquidità, con il rischio di dovere vendere forzosamente e a prezzi ridotti le attività in portafoglio o chiedere supporto alle entità “sponsor” (fra cui banche). Il suo sviluppo fu inizialmente accolto con favore dalle autorità di regolamentazione. Si riteneva, infatti, che la presenza di canali di finanziamento alternativi a quelli tradizionali e la canalizzazione di risorse verso investimenti e bisogni specifici avrebbero prodotto effetti positivi sia nel sistema finanziario sia nel settore reale, promuovendo una sana competizione nel mercato bancario, una tendenziale riduzione dei costi, una diversificazione del rischio e una efficiente allocazione delle risorse (Canelli-Realfonzo, 2020). In Italia, il “sistema bancario ombra” è regolamentato, in gran parte seguendo il principio della vigilanza bancaria equivalente: fa si che gli intermediari non bancari che svolgono la funzione creditizia siano più solidi. Coerenza tra regolamentazione sulle banche sia quella sugli intermediari non bancari contribuiscono a ridurre i rischi sistemici e di arbitraggio normativo. La rilevanza del sistema bancario ombra è tanto più importante maggiore è la pressione regolamentare sulle banche. Il mondo dello shadow banking non è omogeneo, ci sono diversi operatori che operano con diversi gradi di opacità. Sono tre gli insiemi che vengono definiti all’interno dello shadow banking. MUNFI monitoring universe of non-bank financial intermediation: società veicolo di cartolarizzazioni, fondi di investimento speculativi e non, società finanziarie attive nella concessione di credito, fondi pensione, assicurazioni, brokers con funzioni di prestito, ecc. Sono tutti soggetti più o meno regolamentati e sottoposti ad attenta supervisione. OFI other financial intermediaries: tutti gli intermediari finanziari compresi fondi pensione e assicurazioni. È un sottoinsieme più selettivo rispetto al munfi; racchiude tutti gli intermediari che operano all’interno dello shadow banking ma che non sono ricompresi nel munfi. Questi sono soggetti meno regolamentati. NARROW SHADOW BANKING: esso è il sistema ombra in senso stretto; rappresenta tutto il sistema bancario che sfugge alla regolamentazione. Gli assets delle entità inglobate dalla misura aggregata MUNFI ammontavano, nel 2019, a $185mila miliardi, di cui $117 mila miliardi riconducibili a OFI, $32 mila miliardi alle imprese assicurative e $33,6 mila miliardi ai fondi pensione. Il sistema bancario ombra in senso stretto (narrow) ammonta a $51,6 mila miliardi e viene individuato rimuovendo dalla macro-mappa MUNFI: 1) fondi pensione, assicurazioni, OFI e ausiliari finanziari non coinvolti nell’attività di intermediazione creditizia; 71 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA 2) entità consolidate in gruppi bancari, sottoposti alla regolamentazione prudenziale e supervisione; 3) residuo statistico (derivante da differenze metodologiche nella raccolta e classificazione dei dati dei conti finanziari nazionali di alcune giurisdizioni). Se non sappiamo quali sono gli strumenti del narrow, da dove derivano i 51,6 miliardi? Gli analisti ci sono arrivati per esclusione attraverso la stima dei flussi finanziari complessivi a cui hanno sottratto i munfi e gli ofi. Gli asset del narrow sono pochi poiché in essi si possono nascondere flussi illegali; finché la parte preponderante è costituita da ofi o munfi si può ritenere che il sistema bancario sia solo parzialmente deregolamentato. LE MISURE CONTRO LO SHADOW BANKING Lo shadow banking non è una grande minaccia purché il rapporto tra shadow banking non regolamentato e regolamentato rimanga con una netta minoranza della parte non regolamentata. È necessario quindi adottare delle misure contro lo shadow banking: ▪ Monitoraggio della sua evoluzione ▪ Limitazioni all’attività creditizia dello shadow banking ▪ Regolamentazione delle esposizioni bancarie verso lo shadow banking Spesso sono le banche stesse che operano all’interno sistema bancario ombra per sfuggire alle stringenti regolamentazioni. Lezione 12, 31/03/2023 ECONOMIA DELLE AZIENDE DI CREDITO CONCENTRAZIONE BANCARIA A partire dall’inizio degli anni Novanta, l’industria bancaria europea ha conosciuto un sensibile processo di concentrazione. Per concentrazione in un mercato si intende che si ha una riduzione del numero di player la cui quota aumenta nel mercato. Questa forte spinta alla concentrazione è dovuta a 3 principali determinanti dell’aggregazione tra banche che sono: ▪ Deregolamentazione finanziaria; ▪ Crescente integrazione tra i mercati; ▪ Progresso tecnologico. 72 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA Già verso la fine degli anni Novanta le operazioni di M&A sono diventate più importanti in termini di dimensione, motivate anche dall’obiettivo di migliorare la posizione competitiva sul mercato internazionale. INDICI DI CONCENTRAZIONE Vi sono due indici che permettono di calcolare la concentrazione bancaria di un sistema finanziario: CR3/5: total-asset dei primi 3/5 player bancari sul totale dell’industria bancaria. Permette di ordinare le banche per quota di mercato, si prendono le prime 3, per esempio, e valuto la rispettiva quota di mercato. HHI: Herfindahl-Hirschman, è la somma dei quadrati delle quote percentuali di mercato di ciascuna banca HHI=ΣN i=1Qi^2, dove Qi è la quota di mercato dell’i-esima banca. L’HHI varia tra 0 e 1; il valore massimo per singola banca corrisponde a una situazione di completo monopolio, mentre valori molto bassi dell’indice si ottengono in mercati nei quali c’è un numero elevato di agenti, ciascuno dei quali detiene una piccola quota di mercato. L’INTERCONNESSIONE FINANZIARIA Si riferisce alle relazioni tra gli agenti economici dovute alle transazioni finanziarie realizzate. Il grado di interconnessione aumenta con: -le dimensioni degli intermediari bancari e finanziari -il livello di concentrazione dei sistemi finanziari -l’ampiezza dell’operatività internazionale degli operatori finanziari (si rifà al concetto di disintermediazione bancaria). In un sistema finanziario altamente interconnesso, l’insolvenza di un intermediario può essere velocemente trasmessa ad altre entità e all’economia reale. L'interconnessione è uno dei fattori chiave nei framework analitici per la valutazione del rischio sistemico (=rischio che il fallimento del sistema finanziario si possa trasmettere a quello reale) nel settore bancario sviluppati dal Fondo Monetario Internazionale (FMI), dalla Banca per i regolamenti internazionali (BRI) e dal Financial Stability Board (FSB). UN CASO CONCRETO DI CONCENTRAZIONE FINANZIARIA: IL GRUPPO INTESA SANPAOLO LA STORIA 2/2 Si tratta di due realtà fortemente complementari: l'Istituto Bancario San Paolo di Torino, è specializzato nell'attività creditizia retail, l'IMI, ente di diritto pubblico fondato nel 1931 per sostenere la ricostruzione del sistema industriale nazionale, è una primaria banca d'affari e di investimento. Intesa Sanpaolo nasce il 1° gennaio 2007 dalla fusione delle due grandi realtà bancarie italiane Banca Intesa e Sanpaolo IMI. Il 12 aprile 2021 Intesa Sanpaolo incorpora UBI Banca. Lezione 14, 17/04/2023 ECONOMIA DELLE AZIENDE DI CREDITO RISCHIO SISTEMICO Il rischio relativo a un'unica banca (totale di una banca) può essere suddiviso in due componenti: -rischio idiosincratico: può essere diversificato. All’interno di un portafoglio diversificato l’investitore può ridurre il rischio dell’investimento. -rischio sistemico: non può diminuire nemmeno grazie ad una buona attività di diversificazione. 75 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA Quando inseriamo gli strumenti emessi dall’emittente all’interno di un portafoglio sappiamo che possiamo abbattere la componente specifica ma non si può far nulla sulla componente sistematica. Il rischio sistemico e idiosincratico insieme determinano il rischio complessivo di un emittente. Ciò su cui ci andremo a focalizzare è il rischio sistemico quindi guardiamo al rapporto che c’è tra la rischiosità di una banca rispetto ad un’altra banca. Le banche che hanno un rischio sistemico la cui rischiosità può essere trasmessa anche alle altre banche si chiamano global systematically important institutions. G-SIIS: GLOBAL SYSTEMICALLY IMPORTANT INSTITUTIONS G-SIFI: Global Systemically Important Financial Institutions G-SIBs: Global Systemically Important Banks Non tutte le banche hanno un effetto spill-over rispetto al proprio rischio (il rischio di una banca inonda anche quello delle altre banche quindi si propaga all’interno del sistema bancario). Banche “too big to fail» troppo grandi per - essere lasciate – fallire. Questa espressione dà la sensazione che le banche siano tanto grandi da non poter fallire in realtà sono troppo grandi per essere lasciate fallire; nel primo caso andremmo a pensare che la dimensione delle banche impedisca o renda complicato il loro fallimento; in realtà queste sono troppo grandi affinchè il legislatore possa lasciarle fallire perché il loro fallimento comporterebbe un rischio domino sulle restanti banche. Discrimine: LGD (lost given default = perdita dato il default: una volta che la banca è fallita qual è la perdita che il sistema registra), non PD (=probability of default)!!! Le g-sibs non sono così stabili da non poter fallire ma anzi sono troppo grandi per essere lasciate fallire perché la perdita che causerebbero al sistema, a causa del loro fallimento, sarebbe troppo grande. Il termine too big to fail quindi minimizza la questione perché il criterio dimensionale non è rilevante nel poter definire il rischio sistemico. Il fallimento della banca provocherebbe esternalità negative a catena sull’intero sistema economico e finanziario. Il criterio dimensionale è rilevante, ma non dirimente. G-SIBS COME VEGONO IDENTIFICATE? Financial Stability Board (FSB) e Basel Committee on Banking Supervision (BCBS) prendono in considerazione i seguenti indicatori multidimensionali, quali- e quantitativi, per definire una banca G-sibs: ▪ operatività internazionale ▪ dimensione: è una delle tante voci che rende una banca troppo grande per fallire. ▪ interconnessione ▪ sostituibilità: il sistema bancario si sta disintermediando infatti le banche sono prestatrici di un ampio ventaglio di servizi anche se questi non fanno parte dell’attività core di una banca. Se la banca eroga servizi, che altre istituzioni non necessariamente erogano, è altamente sistematica e quindi rientra nella categoria delle banche g-sibs. Maggiori sono i player che dipendono da una stabilità della banca, maggiore è il rischio sistemico di quella banca perché il suo rischio sistemico indebolirebbe le sue partnership con altri intermediari. ▪ fornitore di servizi complessi: i servizi complessi sono off balance ovvero non sono iscritti nel bilancio delle banche; si tratta di prodotti derivati che sono iscritti fuori bilancio. Se sono fuori bilancio come possono influenzare la solidità di una banca? Le attività fuori bilancio sono attività in cui la banca ha investito ma il fatto che non siano computate a bilancio è un trucco utilizzato per non far pesare troppo le attività rischiose e le passività già presenti in bilancio. Sulla carta non intaccano il bilancio ma se venissero persi i relativi valori non iscritti a bilancio la perdita ci sarebbe comunque. Più si è fornitore di questi servizi complessi, più c’è il rischio che la banca stia eccedendo enormemente con il rischio. 76 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA Ogni voce ha la stessa importanza sullo score totale, il calcolo è molto semplice e la procedura è la seguente: DOMANDA D’ESAME: non chiede la percentuale di ponderazione di ogni singola categoria però può chiedere da cosa sono costituiti i singoli indicatori. Può anche chiedere una delle 5 dimensioni e di specificarne la composizione di alcune componenti. La metodologia attribuisce la stessa ponderazione del 20% a ciascuna delle cinque categorie della rilevanza sistemica. Ogni categoria è un indice complesso costituito da altre variabili, ad eccezione di quella dimensionale. Operatività internazionale: si guarda alle controparti al livello internazionale. Dimensione: è data dal totale delle esposizioni di una banca calcolato sulla base di quanto stabilito dagli accordi di Basilea 3 (è un’approssimazione del totale dell’attivo). Interconnessione: negoziazione verso altre società finanziarie quindi interconnessione sia all’interno dei circuiti bancari sia con altre società finanziarie. Sostituibilità come operatore di mercato e fornitore di servizi: più l’offerta è complessa e più una banca è rischiosa dal punto di vista sistemico. Essa è misurata attraverso: -attività in custodia -operazioni di pagamento -sottoscrizioni sui mercati obbligazionari e azionari e volumi di attività detenute per la negoziazione. Si intende con esse le sottoscrizioni che fanno parte del portafoglio bancario che la stessa banca acquista come dealer. -Complessità: -importo dei derivati over-the-counter: il prezzo dello strumento non è un prezzo di mercato. Più la banca ha nozionali di attività over the counter, più l’attività è complessa, più le banche sono definire too big to fail. -attività di terzo livello: per esse è difficile definire un prezzo di mercato. -primo livello: esiste un prezzo di mercato trasparente e oggettivo. -secondo livello: non esiste un mercato di riferimento ma esistono strumenti simili che sono quotati e hanno un prezzo quindi per analogia si attribuisce un prezzo di mercato. -terzo livello: non hanno un prezzo di mercato e non hanno strumenti simili negoziati. -attività detenute per la negoziazione e disponibili per la vendita: sono le attività che vengono acquistate per puro fine di trading ossia per fini speculativi. Queste attività che dichiaratamente sono acquistate solo per essere oggetto di trading sono fenomeno di rischiosità e di complessità. 77 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA all’impresa. Qualora abbia un patrimonio al di sotto dei 250000 si parla di cross selling sotto la divisione retail; invece, nel caso di patrimonio tra i 250000 e il milione di euro si parla di divisione executive. Le istituzioni finanziarie, ovviamente, tengono anche i rapporti con la pubblica amministrazione tanto che ci sono due sottodivisioni, quella commerciale e transaction banking, cioè quella corporate che ha i servizi corporate come il leasing e il factoring, la gestione della liquidità e così via. E poi c'è la divisione più spinta speculativa che è corporate investment bank; in essa rientrano la divisione cartolarizzazione, la divisione soluzioni di copertura e la gestione dei derivati risk transfer financing. -divisione asset management: Eurizon asset management è la sgr del gruppo Intesa Sanpaolo che poi vengono collocati tramite la banca dei territori e la divisione privata. È una sgr cresciuta moltissimo nel corso degli anni. -divisione insurance: Fideuram vita e intesa Sanpaolo vita. E poi ci sono le società prodotto, ovvero quelle società satellite che non rientrano in una divisione o in una funzione ma che sono controllate dal gruppo e quindi a tutti gli effetti sono società captive del gruppo. Sicuramente la prima è Eurizon Capital poi ci sono tutte le società prodotto che si occupano di creare e collocare prodotti assicurativi, ma addirittura si è creata la propria fiduciaria. Intesa San Paolo ha un enorme potere di mercato, quindi nell'est europeo ha aperto le società, appunto captive, le società prodotto ossia società che erogano sistemi di pagamento, società di leasing e società di wealth management non solo in Italia ma anche all'estero nei Paesi in cui la presenza di Intesa Sanpaolo è più forte. Lezione 14, 19/04/2023 ECONOMIA DELLE AZIENDE DI CREDITO 80 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA IL BILANCIO BANCARIO CHE COS’È E A CHI È RIVOLTO Il bilancio è un documento che fornisce a terzi (azionisti, creditori, mercato, etc.) una rappresentazione chiara, veritiera e corretta della situazione patrimoniale, economica e finanziaria aziendale. Tale documento deve consentire la formulazione valutazioni corrette sullo stato di salute dell’impresa bancaria e di prendere coerenti decisioni economiche e di investimento. Equilibrio patrimoniale = dotazione di patrimonio Equilibrio economico = equilibrio di flussi finanziari in entrata e in uscita Equilibrio finanziario = liquidità della banca strumento di informazione e reporting rivolto… -agli azionisti -al mercato = gli indici di bilancio e, in particolare alcuni di questi, sono utilizzati dagli investitori che vogliono prestare capitale o acquistare azioni di una determinata banca. -altri stakeholders (Autorità di Vigilanza, risparmiatori, dipendenti, fornitori, comunità sociale, ecc.) deve essere predisposto in modo da essere di concreta utilità per il maggior numero possibile di destinatari …sottoposto alla valutazione di -collegio sindacale (modello tradizionale) -consiglio di sorveglianza (sistema dualistico) -CdA (sistema monistico) -società di revisione Deve quindi passare una serie di vagli interni ed esterni. I PRINCIPI Il bilancio deve essere redatto in base a postulati, criteri, procedure di contabilizzazione, valutazione e classificazione che permettano allo stesso di dare una periodica e attendibile conoscenza del risultato economico e della situazione patrimoniale dell’impresa. →schema unico -direttiva 86/635/CEE -circ. 262/2005 Bankitalia Rispetto delle norme • normativa Consob e Ivass • principi contabili internazionali IAS/IFRS Allineamento ai requisiti di • significatività • comprensibilità • attendibilità • comparabilità: no variazione dei criteri (in caso: spiegazione degli effetti) -comprensibile per gli utilizzatori, attendibile e capace di influenzare le decisioni degli utilizzatori -privilegiare la sostanza sulla forma -no, presentazione in modo da influenzare la valutazione dell’investitore -NO, sopravalutazione ricavi, sottovalutazione costi CRITERI DI REDAZIONE Veridicità: delle quantità oggettive e attendibilità/credibilità delle stime; Correttezza: Applicazione di criteri di valutazione tecnicamente corretti (principi contabili) per rappresentare o valutare una determinata operazione; Chiarezza: Il bilancio deve essere redatto in modo da consentire il massimo grado di intelligibilità sia negli aspetti quantitativi, sia in quelli descrittivo - esplicativi della situazione aziendale e delle scelte valutative effettuate. Tale principio riguarda struttura e contenuto. 81 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA Lezione 1, 22/02/2023 ECONOMIA DELLE AZIENDE DI CREDITO IL SISTEMA FINANZIARIO E IL SISTEMA REALE ▪Sistema Economico: Insieme dei soggetti che svolgono attività atte a procurarsi beni e servizi funzionali al soddisfacimento dei propri bisogni all’interno di un framework regolamentativo. ▪ All’interno del sistema economico vengono scambiati beni, servizi e forza lavoro – che danno luogo al sistema reale – e in contropartita viene trasferita moneta, mezzi di pagamento alternativi o strumenti finanziari, la cui complessiva gestione dà luogo al sistema finanziario. Il sistema economico si distingue in: -sistema reale: beni, servizi e forza lavoro vengono scambiati all’interno di un’economia. Questo sistema si occupa dell’ottimizzazione del comportamento degli individui e dell’utilizzo delle risorse. -Per ogni contrattazione sull’economia reale ci si aspetta in contropartita un flusso finanziario; il loro insieme costituisce il sistema finanziario. Questi due sistemi sono correlati, strettamente interdipendenti, e soltanto un loro contemporaneo equilibrio permette quello economico complessivo. La teoria economica suggerisce la necessità di equilibrio tra i due sistemi: 𝑃𝑄 = 𝑀V L’economia reale è rappresentata dal complesso di beni e servizi prodotti (Q) moltiplicato per i relativi prezzi (P) e deve essere in equilibrio con il quantitativo di moneta (M) presente sul mercato e dotata di una sua specifica velocità di circolazione (V= frequenza con cui avviene lo scambio di un’unità di conto in un dato orizzonte temporale). Maggiore è la velocità di circolazione, più c’è compravendita nell’economia reale, maggiore è il livello di consumi e minore è il risparmio e viceversa. È un’equazione banale ma è difficile che ci sia equilibrio tra esse; infatti, la capacità delle variabili di riportare il sistema all’equilibrio non è omogenea. IPOTESI 1: aumento dei prezzi Un aumento dei prezzi richiede una diminuzione di Q (azione sul mercato reale) oppure un movimento sul mercato finanziario. Se agiamo sul mercato reale possiamo diminuire la quantità di beni reali imponendo delle leggi che riducano il livello di produzione a livelli minimi questo, però, genera una riduzione del PIL ed è un intervento che richiede molto tempo e che, dal punto di vista pratico, non può essere considerata l’idea più efficace. Possiamo quindi agire sul lato destro dell’equazione, agendo sul mercato finanziario, cercando di aumentare la propensione alla spesa nel momento in cui i prezzi stanno aumentando; se non riusciamo ad aumentare la velocità circolazione della moneta (V), è necessario aumentare la quantità di moneta in circolazione (M). Affinché la quantità di moneta permetta di restaurare gli equilibri, gli intermediari finanziari devono trasmettere questo impulso di aumento della quantità di moneta al mercato; questo compito è nelle mani della BCE che può emanare questo impulso ma la sua trasmissione al mercato è nelle mani degli intermediari finanziari. IPOTESI 2: aumento della produzione 1 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA Un aumento della quantità di beni prodotti può essere contrastato da una diminuzione dei prezzi oppure da un aumento, dal lato del sistema finanziario, della velocità di circolazione della moneta (intervento difficile), oppure da un aumento della quantità di moneta presente nel sistema finanziario. IPOTESI 3: aumento della quantità di moneta Un aumento della quantità di moneta si può neutralizzare con una riduzione della velocità di circolazione della moneta oppure aumentando la quantità di beni prodotti e aumentando i prezzi. Per aumentare la quantità sono richiesti tempi lunghi ed elevati investimenti. IPOTESI 4: aumento della velocità di circolazione della moneta Un aumento della velocità di circolazione della moneta può essere neutralizzato attraverso una stretta macroeconomica, abbassando la quantità di moneta, oppure aumentando la quantità di beni prodotti e aumentando il livello di prezzi. I due sistemi sono simbiotici, è quindi ovvio che lo shock in un sistema si ripercuota anche sull’altro sistema; vi sono però delle eccezioni. E SE LO SQUILIBRIO PERSISTE? Se lo squilibrio persiste si ha il rischio concreto di una bolla speculativa. Una bolla è una situazione di squilibrio persistente nel lato dei sistemi finanziari, vi deve essere, però, anche una difficoltà dal lato del sistema reale. A causa dei persistenti squilibri, si verifica un aumento della domanda, un aumento dei prezzi, si crea una sorta di scarsità sintetica di un dato bene. Questi aumenti creano un’aspettativa dal lato degli operatori economici di continua crescita di domanda di questi beni; questo fa sorgere una spinta agli investimenti anche da parte di attori economici non esperti. Nel momento in cui un mercato diventa un mercato fuori controllo dovuto ad un eccesso di domanda avviene uno scollamento tra il valore del sottostante (valore del bene determinato dalle sue caratteristiche, dall’incontro tra domanda e offerta) e il prezzo. Il sottostante può avere un valore che cresce ma fino ad un certo punto ma se i prezzi salgono senza che vi sia un collegamento con le caratteristiche del valore sottostante allora lì la bolla sta per scoppiare. L’impennata dei prezzi solitamente è dovuta ad un sovrainvestimento a leva che comporta l’indebitamento degli operatori economici. 2 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA ▪ IL SETTORE PUBBLICO: unità istituzionali che producono ed erogano beni e servizi destinati alla collettività. Il settore pubblico solitamente è in deficit perché eroga beni e servizi destinati alla collettività; ▪ LE IMPRESE NON FINANZIARIE: società e quasi-società private e pubbliche che producono beni e servizi non finanziari destinati alla vendita. Sono tipicamente soggetti in deficit perché sono tenuti ad investire nel loro business; ▪ LE IMPRESE FINANZIARIE: unità economiche che raccolgono, trasformano e impiegano le disponibilità finanziarie degli altri operatori economici (istituzioni finanziarie, imprese di assicurazione e ausiliari finanziari). Questi soggetti possono essere sia in deficit sia in surplus (vedi slide 23); ▪ IL RESTO DEL MONDO: tutti i soggetti non residenti sul territorio nazionale. Non sono necessariamente in surplus o deficit. I SALDI FINANZIARI Per capire se un soggetto è in surplus o deficit bisogna guardare il suo saldo finanziario. La situazione economica dei settori istituzionali può essere rappresentata considerando i rispettivi SALDI FINANZIARI = il tra le risorse finanziarie prodotte (entrate) e utilizzate (uscite). ▪ A livello macroeconomico domanda aggregata = offerta aggregata → Y = PIL essendo: Y = C + S e PIL = C + I (senza scambi con l’estero) ne deriva: C + S = C + I da cui: S = I A livello di singoli settori istituzionali, invece S > I V S < I Saldo finanziario: SF = S – I = ∆ AF - ∆ PF S + ∆ PF = I + ∆ AF SF > 0 soggetti in surplus (saldo finanziario medio positivo) SF < 0 soggetti in deficit (saldo finanziario medio negativo) SF = 0 uguaglianza tra fonti e impieghi di risorse finanziarie *S= savings= risparmi *I= investimenti Affinché il sistema finanziario esista è necessario che vi siano sia soggetti in surplus sia soggetti in deficit. Le istituzioni finanziarie sono chiamate a raccogliere, trasformare e impiegare le disponibilità finanziarie degli operatori in surplus per finanziare quelli in deficit. La composizione di attività e passività finanziarie dei settori istituzionali dipende da: ▪ Scelte di investimento e finanziamento dei diversi settori nel tempo ▪ Trasformazioni strutturali del sistema finanziario (ad es. crescita dei circuiti diretti) ▪ Modelli di sviluppo economico perseguiti (welfare state) 5 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA ▪ Fattori demografici e di educazione finanziaria È importante conoscere i segni e i trends dei saldi finanziari in quanto sono indicatori del fabbisogno di trasferimento di risorse finanziarie fra i diversi settori realizzato attraverso il sistemo finanziario. Il trend negativo di un settore in deficit indica la necessità futura di un trasferimento ulteriore di risorse. Perché, essendo un soggetto in deficit, parte con un gap di potere d’acquisto che ha già bisogno di più risorse finanziarie rispetto a quelle che può produrre; il trend negativo fa poi pensare che ne avrò bisogno ancora di più. Il trend positivo di un settore in surplus (famiglie) indica che probabilmente bisogna trovare dei prodotti finanziari capaci di incentivare le famiglie ad investire perché stanno accumulando troppi risparmi riducendo la loro capacità di consumo. Il fabbisogno di trasferimento dipende da: ▪ Capacità di risparmio delle famiglie ▪ Capacità di auto-finanziamento e di investimento delle imprese ▪ Gestione del deficit delle amministrazioni pubbliche e investimenti pubblici ▪ Interscambio con l’estero All’interno del sistema c’è una dissociazione stabile tra risparmi e investimenti. La dissociazione fra risparmi e investimenti origina dall’esistenza di settori istituzionali e con saldi finanziari e segni tipicamente contrapposti, che fanno insorgere esigenze di trasferimento delle risorse monetarie dalle unità in surplus alle unità in deficit. La dinamica e l’entità dei fenomeni di dissociazione in atto nei sistemi economici traggono origine dai modelli di sviluppo economico seguiti. Dimensione e distribuzione dei saldi finanziari dei settori sono, infatti, riconducibili a scelte di welfare state, di politiche di distribuzione dei redditi, di natura fiscale. Tanto più ampi risultano, in termini relativi, i saldi finanziari dei diversi settori istituzionali, maggiore è il fabbisogno di disporre di dispositivi di trasferimento che sono individuabili nei contratti finanziari. I soggetti in surplus e quelli in deficit devono essere messi in condizione di trasferire risorse all’interno del sistema economico. Affinché ciò sia possibile, è necessario un certo grado di finanziarizzazione dell’economia: I redditi non consumati o la ricchezza accumulata devono poter essere incorporati in contratti finanziari standardizzati che rappresentano: ▪ una forma di INVESTIMENTO per il detentore (soggetti in surplus (es. famiglie)) ▪ una forma di FINANZIAMENTO per l’utilizzatore (soggetti in deficit) Per esempio, i titoli di stato sono contratti standardizzati che rappresentano un investimento per le famiglie e un finanziamento per lo stato che emette il titolo e utilizza le risorse delle famiglie fino a quando il contratto scade. Alla scadenza, lo stato restituisce quanto prestato più il tasso di rendimento. Lo scambio di flussi può avvenire in 3 modi: (importante!) ▪ SCAMBIO DIRETTO AUTONOMO: i datori di fondi e i prenditori di fondi si incontrano senza che alcun intermediario assuma una propria posizione negli scambi, a credito o a debito. È una modalità di scambio che avviene tra un soggetto in surplus e uno in deficit che scambiano l’eccesso di risorse del soggetto in surplus per coprire il gap negativo dei soggetti in deficit. Ad oggi si parla di scambio diretto autonomo quando lo scambio avviene autonomamente sul mercato finanziario. ▪ SCAMBIO DIRETTO ASSISTITO: i soggetti di domanda e di offerta sono controparti dirette dello scambio, ma l’ intermediario svolge una funzione di ricerca e selezione della controparte , al fine di rendere compatibili le differenti esigenze dei soggetti di domanda e di offerta. Lo scambio riguarda un contratto soltanto tra soggetto in surplus e soggetto in deficit e l’intermediario svolge solo una funzione marginale e non entra direttamente nello scambio. In questi primi due casi il soggetto in surplus conosce il soggetto che sta finanziando. 6 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA ▪ SCAMBIO INDIRETTO (intermediato): l’intermediario si interpone tra le due categorie di soggetti assumendo una propria posizione, a credito nei confronti del prenditore di fondi e a debito verso il datore di fondi. Il flusso da surplus a deficit avviene tramite 2 contratti: uno tra soggetto in surplus ed intermediario e l’altro tra soggetto in deficit e intermediario. I mercati finanziari sono pensati come circuiti diretti quindi questo scambio è assimilabile allo scambio diretto e autonomo. Nei circuiti diretti intermediati, gli intermediari agiscono da broker mentre nello scambio indiretto lo scambio richiede lo sviluppo di due contratti finanziari. 7 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA • come asset broker: servizi di negoziazione, custodia, portafoglio (gestioni patrimoniali). Vengono sfruttate economie nei costi di transazione. • come asset transformer: riconciliazione delle preferenze di investimento/indebitamento di soggetti in surplus e deficit. La trasformazione non si limita soltanto alla scadenza, la banca trasforma anche il rischio perché continua a garantire ai datori di fondi che questi depositi sono a vista annullando il rischio di liquidità. Annulla anche il rischio di prezzo ovvero la banca rimborsa il surplus e quindi i propri depositi al nominale. Scambio diretto, che sia autonomo o no, non trasforma le caratteristiche del surplus di denaro dei datori di fondi ed è evidentemente un passaggio in totale autonomia. Scambio diretto assistito implica che gli intermediari finanziari agiscano da asset broker, quindi che facilitino lo scambio tra soggetti in surplus e deficit. Quando l’intermediario si interpone all’interno di questo passaggio si parla di passaggio indiretto e in questo caso la banca agisce da asset trasformer perché, solo in questo caso, trasforma le caratteristiche del surplus finanziario dei datori di fondi in modo che incontrino le necessità dei soggetti in deficit cosicchè un deposito a vista possa essere utilizzato per finanziare un progetto biennale. 2. TRASFORMAZIONE DEL RISCHIO Seconda leva che il sistema finanziario ha per far fluire meglio questo passaggio di risorse da un soggetto all’altro. Esso fa riferimento solamente ai soggetti che sono asset transformer. Esistono due tipologie di rischi: -RISCHI PURI ▪ “non diversificabili” e colpiscono la persona o il suo patrimonio: es. invalidità/furto ▪ non può essere eliminato o neutralizzato con contratti di segno opposto. Può essere solo coperto con delle polizze assicurative ▪ è sempre a sfavore ▪ può però essere trasferito Attività assicurativa: ha per oggetto la negoziazione di rischi puri, i rischi cioè che si manifestano sotto forma di perdite o danni futuri e incerti nella frequenza e nella gravità (e quindi nel costo). L’assicurato trasforma un evento futuro dannoso e incerto in un costo certo (premio della polizza). La compagnia è in grado di far fronte ai suoi impegni di risarcimento attraverso processo di pooling, assumendo cioè un 10 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA numero sufficientemente alto e diversificato di rischi, per il complesso dei quali è possibile prevedere con buona approssimazione il costo complessivo. -RISCHI SPECULATIVI ▪possono essere eliminati o ridotto con operazioni e strumenti di hedging, ▪simmetrico: può essere a favore o a sfavore (rischio di guadagno e rischio di perdita) Rischio= Volatilità ovvero il rischio che il valore finale del mio investimento si discosti dal valore atteso ma tale scarto deve essere minimo. Parte di questo rischio si può abbattere tramite una buona diversificazione. L’avversione al rischio dei datori di fondi potrebbe impedire il finanziamento della parte più rischiosa dei prenditori di fondi (il trasferimento diretto risulta difficoltoso). La trasformazione del rischio permette al datore di fondi di trovare forme di investimento che soddisfino la sua propensione al rischio e al prenditore di fondi di finanziarsi, nonostante presenti un rischio elevato. ATTEGGIAMENTI NEI CONFRONTI DEL RISCHIO È fondamentale che un intermediario si interponga perché sono molto diverse le necessità di chi presta fondi e chi prende fondi; ciò è dovuto dai 3 possibili atteggiamenti che si possono adottare nei confronti del rischio: avversione, neutralità e propensione. • AVVERSIONE quantità certa > quantità aleatoria → evito il rischio • NEUTRALITÀ quantità certa = quantità aleatoria→ indifferenza rispetto al rischio • PROPENSIONE quantità certa < quantità aleatoria → valuto maggiormente un investimento rischioso rispetto ad un investimento certo. Per valutare qual è il proprio atteggiamento nei confronti del rischio, la finanza comportamentale ha ideato questi test molto semplici che si chiamano lotterie. E si è visto che, nella posizione di avversione al rischio, un investitore valuta maggiormente una quantità certa rispetto a una quantità aleatoria. Quasi tutti siamo avversi al rischio però possiamo distinguere diversi gradi di avversione. Due meccanismi principali di trasformazione del rischio: ▪ diversificazione del portafoglio: i datori di fondi possono impiegare il risparmio sotto forma di partecipazione a un portafoglio di strumenti finanziari di diversi emittenti. ▪ un intermediario finanziario si interpone tra datore e prenditore di fondi, assumendo sul proprio bilancio una parte del rischio del prenditore. Egli trasforma in prima persona i rischi; quindi, la sua presenza filtra i rischi e non c’è passaggio di rischio tra soggetti in surplus e soggetti in deficit. 3.INFORMAZIONI Le informazioni sono fondamentali quindi si valuta ex-ante la bontà del progetto da finanziarie e l’affidabilità del prenditore di fondi. 11 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA Altro aspetto importante è l’utilizzo delle informazioni con funzioni di monitoraggio della posizione ovvero, una volta erogato il prestito, la banca deve continuare a monitorare l’andamento del progetto che sta finanziando e quindi il rischio che la banca corre è sia un’rischio ex-ante sia ex-post (durante la durata del contratto). Gli intermediari finanziari e i mercati organizzati hanno la funzione di ridurre il GAP informativo: ▪ misurazione del rischio ex-ante e ex-post; ▪ funzione di “informazione di prezzo” (segnali di “convenienza” espressi attraverso la quotazione degli strumenti finanziari). Un’errata valutazione potrebbe comportare due distorsioni del mercato: ▪ Adverse Selection: informazione nascosta (ex-ante) Se la banca non riesce a valutare bene la qualità del prenditore di fondi ovvero se il prenditore di fondi ha un’informazione nascosta, la banca non ottimizza la sua selezione di progetti da finanziare. ▪ Moral Hazard: azione nascosta Se la banca non continua a monitorare la bontà dell’utilizzo dei fondi, in questo caso il prenditore cambia delle caratteristiche del progetto finanziato rendendolo più rischioso. Un cattivo monitoraggio porta al moral hazard ossia la possibilità che il prenditore di fondi sposti il capitale ottenuto e quindi, in questo caso, aumenterebbe il rischio di perdita perché c’è un cambio di direzione d’uso dei fondi che la banca eroga. Si hanno quindi asimmetrie informative quando un lato del mercato non è perfettamente informato sulla qualità e/o le caratteristiche del bene scambiato. ESEMPI DI ADVERSE SELECTION Una banca sa che tra i suoi prenditori di fondi ci sono buoni prenditori che meritano quel credito e che lo utilizzerebbero per progetti fruttiferi ma anche cattivi prenditori, cioè prenditori di fondi che, una volta erogato il credito, probabilmente lo investiranno in progetti fallimentari o essi stessi non saranno pienamente in grado di far fruttare quei denari. La banca allora identifica un tasso di soglia ovvero il tasso massimo a cui può erogare credito (in questo caso il 20% = la banca sa che appena raggiunge questo tasso è in pieno rischio di selezione avversa perché solo i cattivi prenditori sarebbero disposti a pagare tale tasso). La banca si deve tarare sotto al tasso soglia però è difficile individuarlo perché: -se chiedo poco non riesco a ripianare le perdite che mi causano i cattivi prenditori quando falliscono. -se il tasso si alza la banca farà meno fatica a ripianare le perdite causate dai cattivi prenditori ma ha sempre più il rischio di allontanare i buoni prenditori che avrebbero un proprio rendimento dall’investimento più basso al netto dei costi. La banca non può sapere se il singolo è un buon prenditore o un cattivo prenditore; ciò che può fare, per evitare un adverse selection, è una buona valutazione, ex-ante, delle informazioni. 12 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA -AISP: account information service provider (yolt, utego). Attori che hanno creato le piattaforme su cui i PISP hanno potuto vendere e commercializzare i propri servizi. -CISP: card issuer service provider. Secondo questi, le carte di pagamento possono non essere brandizzate da una banca (es. Postepay, infatti, Poste Italiane produce moneta di conto ma non è una banca; case automobilistiche americane che emettono prepagate). • Il Fintech: FAAMG (Facebook, Amazon, Apple, Microsoft, Google). Hanno creato sistemi di pagamento completamente autonomi rispetto a quelli bancari. In Italia non è possibile pagare tramite questi soggetti mentre negli Usa è ammesso. Amazon, negli USA, attraverso un algoritmo valuta le capacità di acquisto di un suo utente e, sulla base di questo, decide il tasso a cui garantire degli investimenti. PSD: Le interfacce sulle quali si potevano spostare i pagamenti erano solo le banche. PSD2: Liberalizza il mercato dei pagamento e, oltre alle banche, c’è spazio anche per la PISP, AISP,CISP IL FINTECH E LE BANCHE Dal 2018, si sono aperte le porte della funzione monetaria al Fintech. Con il termine "Fintech" viene indicata l'innovazione finanziaria resa possibile dall'innovazione tecnologica, che può tradursi in nuovi modelli di business, processi o prodotti, e ovviamente anche alla nascita di nuovi operatori di mercato. Esso si appoggia alle DLT, tecnologie non accentrate che si appoggiano sul concetto di nodo o network; esso, quindi, permette transazioni sicure ma non accentrate. Fintech e Criptovalute sono diverse tra loro: Ad oggi l’utilizzo delle criptovalute non ha la finalità di pagamento, di solito vengono usate a fini speculativi. La fintech ha cambiato il modo di comprare e vendere titoli sul mercato, modalità di erogazione del credito ed è stato riconosciuto come attore primario del sistema dei pagamenti. Da minaccia al conto economico all’assorbimento di molti servizi e piattaforme: «la fintech si diffonde nell’industria finanziaria italiana: la spesa 2021-2022 in innovazione per i servizi bancari ammonta a 530 milioni di euro, in crescita rispetto al biennio precedente (456 milioni). Alcuni intermediari hanno sviluppato un modello di investimento, che, accanto all’investimento produttivo, prevede la partecipazione diretta in imprese fintech.» La percezione della fintech delle banche è cambiata, è passato dall’essere una minaccia per le banche all’essere un alleato tanto che molte banche hanno assorbito molteplici piattaforme fintech. Ad oggi, ci sono sicuramente attori che sono sicuramente fintech (es. amazonpay) ma in realtà la maggior parte delle piattaforme fanno ormai parte delle banche (es. home-banking). 15 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA Lezione 4, 03/03/2023 ECONOMIA DELLE AZIENDE DI CREDITO Guardiamo come il sistema finanziario e bancario riescano ad essere dei punti focali sulla trasmissione degli impulsi al mercato. III. TRASMISSIONE POLITICA MONETARIA Politica Monetaria: insieme delle azioni intraprese dalla Banca Centrale Europea per influenzare (=creare effetto positivo o negativo) il costo e la disponibilità di denaro nell’economia. La parola più complessa da definire in questa definizione è DENARO; bisogna capire quanto denaro è disponibile nell’economia. La BCE non definisce mai cos’è il denaro; questo termine dal punto di vista tecnico finanziario non vuol dire nulla. Quando la BCE ci dice “le mie politiche influenzano costo e disponibilità di denaro” ha in mente: -Moneta Circolante/legale/contante: insieme di banconote e monete metalliche. -Moneta Offerta/disponibile: circolante + depositi bancari (=giacenze che i correntisti lasciano sui conti delle banche). -Base Monetaria: circolante + riserve bancarie (costituite da riserve libere + riserva obbligatoria (domanda d’esame: conoscere il tasso). Tra queste però vi sono delle variabili che la BCE non può influenzare ovvero il quantitativo di depositi; ci sono tuttavia dei modi per influenzare il quantitativo di depositi. Altra variabile che può influenzare, solo indirettamente, sono le riserve libere. La Banca Centrale quando immette euro o concede credito, incrementa il suo attivo e quindi «crea» base monetaria; quanto drena euro o vengono estinti prestiti, riducendo l’attivo, «distrugge» base monetaria. La base monetaria, dunque è direttamente gestita dalla BCE, ma non rappresenta l’intera quantità di moneta a disposizione del pubblico, perché questa include anche i depositi bancari utilizzabili per effettuare pagamenti (attraverso assegni, carte di debito, giroconti…). La banca centrale può ampliare la quantità di moneta presente nel sistema finanziario oppure può creare delle condizioni affinché la base monetaria diminuisca. MOLTIPLICATORE: Rapporto tra moneta disponibile e base monetaria M = C + D; BM = C + R = C + RL + RO M/D= p +1 rapporto tra moneta legale e moneta bancaria 𝐵𝑀 𝐷 = 𝑝 + b; b riserve detenute dalle banche (propensione e mero adempimento) 𝑝 = 𝐶/𝐷; rapporto tra moneta legale e moneta bancaria, propensione del pubblico a mantenere moneta legale, funzione inversa dei tassi. 𝑏 = 𝑅/𝐷; riserve detenute dalle banche, funzione del loro costo implicito, del vincolo di riserva obbligatoria e dai movimenti di moneta legale. Moltiplicatore della moneta 𝑀 = 𝑝+1 /𝑝+𝑏 × 𝐵𝑀 La quantità di moneta è direttamente proporzionale alla base monetaria, in funzione del rapporto 𝑝+1/𝑝+𝑏 definito moltiplicatore della moneta. →l’offerta di moneta è un multiplo della base monetaria. →minore è il rapporto riserve/depositi, maggiore è il volume di prestiti effettuati dalle banche e la quantità di moneta bancaria. →minore è il rapporto circolante/depositi, minore è la quantità di BM rappresentata dal circolante e maggiore è quella rappresentata dalle riserve bancarie. III. GLI AGGREGATI 16 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA A partire dalla definizione di moneta offerta, si possono identificare differenti aggregati monetari dell’Area Euro. Ordinati, in ordine decrescente, in funzione della loro capacità di trasformarsi in contante o depositi in c/c e della loro capacità di consentire transazioni, nella UEM esistono 3 aggregati: ▪ M1: Ristretto circolante + depositi c/c. Esso è il più liquidabile perché il circolante è l’unico asset finanziario che gode della proprietà della liquidabilità così come i depositi che possono essere trasformati rapidamente in un mezzo di pagamento. ▪ M2: Intermedio M1+ depositi monetari (scadenza < 2a), oppure quelli che hanno una scadenza superiore ma che sono ritirabili con un preavviso massimo di due mesi. ▪ M3: Ampio M2 + titoli obbligazionari (scadenza < 2a), quote di fondi monetari con un periodo consigliato (rolling period) d’investimento sotto i 18 mesi. BCE monitora tutti e tre gli aggregati per l’attuazione della politica monetaria, ma da maggior importanza a M3 perché più stabile, anche se meno controllabile nel breve rispetto a M1. Man mano che i depositi diventano più illiquidi, meno negoziabili, la Bce fa fatica a controllarli e influenzarli. III. POLITICA MONETARIA DOMANDA ESAME: definizione iniziale di politica monetaria (slide 1), proseguo con la definizione più formale di politica monetaria (ossia la seguente). Mi chiederà poi di concentrarmi su un particolare target o obiettivo. La politica monetaria è un processo a più stadi in cui si fa ricorso a … ▪ diversi strumenti (operazioni di rifinanziamento marginale, operazioni di mercato aperto, vincolo di riserva obbligatoria) …perseguendo… ▪ target operativi (riserve bancarie, tassi di mercato) ▪ target intermedi (quantità di moneta, credito, tassi d’interesse) ▪ target finali (prezzi, tasso di cambio, reddito, occupazione) …per ottenere… OBIETTIVO PRIMARIO mantenere la stabilità dei prezzi* OBIETTIVO SECONDARIO sostenere politiche economiche di piena occupazione e alla crescita economica III. GLI STRUMENTI DI POLITICA MONETARIA I tre strumenti che la Banca centrale ha per influenzare costo e disponibilità di denaro sono: ▪ OPERAZIONI DI MERCATO APERTO: -Operazioni di rifinanziamento principale -Operazioni di rifinanziamento a più lungo termine -Operazioni strutturali -Fine Tuning ▪ OPERAZIONI ATTIVABILI SU INIZIATIVA DELLE CONTROPARTI -Operazioni di deposito presso la BC -Operazioni di rifinanziamento marginale ▪ RISERVA OBBLIGATORIA 1] OPERAZIONI DI MERCATO APERTO Acquisti e vendite di titoli presso gli operatori di mercato che determinano rispettivamente l’aumento (creazione) e la diminuzione (distruzione) di base monetaria e quindi di liquidità del sistema bancario. Sono effettuate dalla BCE e operativamente realizzate dalle BCN, nessun investitore entra a far parte di questi scambi. Le banche quindi si interpongono tra le decisioni delle banche centrali e il mercato; la BCE decide, le BCN fanno scambi con le banche commerciali che, a loro volta, trasmettono gli impulsi al mercato. Acquistando titoli dalla banca centrale, le banche danno liquidità all’ente centrale e quindi quando la banca acquista titoli, in realtà rilascia liquidità, quindi la base monetaria aumenta. Al contrario se la banca centrale vende titoli e le banche nazionali le acquistano, quest’ultime le danno liquidità quindi si contrae la base monetaria. 17 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA MISURE NON CONVENZIONALI Vi sono due grandi famiglie di operazioni non convenzionali: ▪ Il quantitativo easing: acquisto in massa di titoli di stato dalle banche commerciali da parte della Banca Centrale. È l’agevolazione massiva delle condizioni finanziare sui mercati; è una misura straordinaria perché avviene quando la crisi sul sistema finanziario è particolarmente severa. Il caso più eclatante di quantitative easing è stato quello effettuato da Mario Draghi in qualità di presidente della Bce. Questa misura aveva previsto un acquisto enorme e massimo di titoli da parte della BCE; in questi casi i tassi erano molto bassi e quindi a prescindere dalla qualità degli asset dati in garanzia quindi, anche se le garanzie non erano buone, le banche potevano comunque chiedere liquidità alla banca centrale. La banca centrale crea base monetaria. Come fa? -acquista titoli dalle banche. -concede questi pronti contro termine, anche a fronte di garanzie basse, di modo che le banche possano prendere a prestito liquidità dalla banca centrale a poco e idealmente darla altrettanto poco ai prenditori di fondi in modo che loro investono, spendono e idealmente l'economia esce dalla crisi. Questo è la ratio delle politiche espansive in generale e in particolare di quantitative easing. Ad oggi siamo a rischio di quantitative tightening. ▪ Il quantitativo tightening Politiche monetarie restrittive con le quali la BCE (o qualsiasi altra banca centrale) riduce le proprie riserve monetarie vendendo titoli di stato o lasciandoli maturare e rimuovendoli dai propri bilanci. Tali operazioni rimuovono liquidità dai mercati finanziari. 3] RISERVA OBBLIGATORIA Deposito liquido che le banche devono versare presso la BCN in proporzione alla consistenza della raccolta diretta (depositi della clientela). Le banche devono detenere liquidità perché è una sorta di garanzia rispetto alla raccolta diretta (depositi); più ci sono depositi, più la banca deve detenere liquidità ferma presso la banca centrale nazionale. La banca centrale remunera la riserva obbligatoria ma al tasso di deposito overnight ossia al tasso più basso del corridoio dei tassi. L'ammontare della riserva obbligatoria è calcolato dunque a partire dalle passività di bilancio a cui vengono applicate delle aliquote. Per soddisfare l'obbligo, le banche devono detenere, sul loro conto presso la banca centrale nazionale, l'ammontare risultante dal calcolo. La remunerazione della riserva obbligatoria, a partire dal 21 dicembre 2022, è legata al tasso di interesse sulle operazioni di deposito overnight presso la banca centrale. RISERVA OBBLIGATORIA: come si calcola Si prende il bilancio della banca e si identificano 3 aggregati soggetti a riserva: A) tutti i depositi di durata inferiore a due anni, titoli di debito con scadenza fino a due anni, titoli del mercato monetario. (più liquido) 20 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA B) depositi di durata superiore a due anni, pronti/termine, titoli di debito superiori a due anni. (scadenza più lunga) C) Sono escluse le passività: verso altra istituzione di credito soggetta al medesimo obbligo; verso la BCE; verso BCN Area€. Voglio quindi tenere soltanto depositi e passività verso la clientela. Reserve Ratio da applicare: 1% dell’ammontare che risulta dall’aggregato A); 0% sul gruppo B) Franchigia 100.000 euro (=se l’1% dell’aggregato A è sotto i 100000 la banca non deve riserve obbligatorie) L’aggregato B è importante perché in momenti particolarmente complessi la BCE potrebbe decidere di chiedere di aumentare la richiesta di riserva obbligatoria, applicando una percentuale anche all’aggregato B. (DOMANDA ESAME: fare il calcolo) OBIETTIVI DELLA RISERVA OBBLIGATORIA Il regime di riserva obbligatoria dell'Eurosistema si applica agli istituti di credito dell'area dell'euro e mira principalmente a: ▪ Stabilizzare i tassi di interesse del mercato monetario ▪ Aumentare/allentare un fabbisogno strutturale di liquidità Stabilizzare i tassi di interesse: La banca può utilizzare parte di quella liquidità a patto che in media, durante il periodo di mantenimento, quel minimo di riserva obbligatoria, 1.000.000 del nostro esempio, venga mantenuto. Quindi io oggi posso anche ritirare tutto il milione di riserva obbligatoria però devo fare sì che quello zero di oggi in media sia sovra pesato nei giorni successivi. Ovvero la banca può smobilizzare in tutto o in parte la riserva a patto che compensi la liquidità che prende dalla riserva obbligatoria nell’arco del periodo di mantenimento. Questa stabilizza i tassi perché non crea picchi di domanda sul mercato interbancario né quei picchi di domanda presso la BCE; la banca può quindi gestire in autonomia la liquidità prendendola dalla propria riserva. Il rispetto dell'obbligo di riserva è determinato in base alla media dei saldi di fine giornata detenuti sui conti di riserva nell'arco di un periodo di 6 o 7 settimane, il cosiddetto periodo di mantenimento. Il calendario dei periodi di mantenimento viene fissato periodicamente. Al fine di favorire la stabilizzazione dei tassi di interesse, il regime di riserva obbligatoria dell'Eurosistema consente alle istituzioni di utilizzare un meccanismo di mobilizzazione della riserva. La parte mobilizzabile è pari al 100% della riserva, salvo l’obbligo di mantenere il valore della riserva media giornaliera pari a quanto dovuto. Le banche possono quindi utilizzare questa riserva di liquidità ed evitare di prenderne a prestito dalla BCE, di qui la funzione di stabilizzazione dei tassi. Fabbisogno strutturale di liquidità Un aumento (diminuzione) del coefficiente di riserva obbligatoria comporta, a parità di altre condizioni, una diminuzione (aumento) dell’offerta di moneta. La riserva obbligatoria viene ridotta quando: 1) Si ritiene necessaria una politica monetaria espansiva; 2) il sistema bancario è in crisi di redditività. Una riduzione della riserva obbligatoria aumenta le possibilità di erogare credito e quindi tende a migliorare i conti economici del sistema bancario. MONITORAGGIO TRASMISSIONE POLITICA MONETARIA • I Target sono le variabili di mercato che reagiscono in maniera prevedibile agli interventi della BCE e che influenzano a loro volta gli obiettivi primario e secondari. • La BCE osserva i target operativi e intermedi per valutare il grado di avanzamento del processo di trasmissione degli impulsi di politica monetaria da parte degli operatori bancari. Target operativi: agiscono subito alle politiche della BCE. Le prime variabili ad attivarsi e a rispondere alle politiche monetarie sono le riserve bancarie e i tassi di mercato; essi rispondono perché una politica espansiva implica un aumento della base monetaria quindi se la BCE ha una politica monetaria espansiva, prima o poi, tutta la liquidità arriva sul mercato. 21 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA Target intermedi: agiscono in seconda battuta. La Bce controlla la base monetaria e quando la quantità di moneta inizia ad aumentare, la Bce sa che la sua politica espansiva sta effettivamente funzionando. Target finali: il legislatore può iniziare a smettere e invertire la sua politica perché l’obiettivo finale è quasi raggiunto. Il target finale è rappresentato dai prezzi, reddito e occupazione. Quando i prezzi iniziano a rispondere alla politica monetaria l’obiettivo finale è raggiunto; quando il reddito inizia ad alzarsi dopo una politica espansiva vuol dire che si è raggiunto l’obiettivo di lungo periodo. Non si può mettere più liquidità del necessario perché altrimenti questi target eccedono i livelli obiettivo. UN ESEMPIO Nell’area dell’euro la decisione di politica monetaria più importante della Banca Centrale Europea è solitamente quella sui tassi di interesse di riferimento. Qualsiasi modifica dei tassi di riferimento incide, a sua volta, sui tassi di interesse che le banche commerciali applicano ai prestiti concessi alla clientela. Perciò, le decisioni di politica monetaria influiscono sulla spesa dei consumatori e sugli investimenti delle imprese, perché vengono trasmesse dagli intermediari bancari. In periodi prolungati di inflazione non-ottimale e tassi di interesse troppo alti o bassi, la Banca Centrale può anche adottare misure non convenzionali di politica monetaria (e.g. Quantitative easing/tightening). OBIETTIVI La Bce ha due obiettivi primari: 1)Mantenimento della stabilità dei prezzi ossia mantenere il tasso d’inflazione attorno al 2% nel medio termine. Solo se questo obiettivo è centrato allora può prodigarsi per ottenere l’obiettivo secondario. 2)Sostenimento di politiche di economia reale, quindi di piena occupazione e di crescita economica. Questa è la differenza principale tra BCE e Fed, quest’ultima ha 3 obiettivi con pari dignità: mantenimento dell'inflazione attorno al due, piena occupazione e crescita economica e contestualmente cerca di raggiungere un buon compromesso di tutti e tre gli obiettivi. (slide 31 – video obbligatorio) CHI PRENDE QUESTE DECISIONI? L’attuazione della politica monetaria unica è affidata al SEBC (Sistema Europeo delle Banche Centrali), che comprende: • La BCE (Banca Centrale Europea) che ha poteri decisionali • Le BCN (Banche Centrali Nazionali) che hanno poteri attuativi • BCN extra UEM che hanno solo ruolo consultivo La distinzione tra Eurosistema e SEBC rimarrà in vigore fino a quando alcuni dei paesi membri dell’Unione Europea manterranno la propria valuta nazionale. L’EUROSISTEMA Il termine Eurosistema identifica l’insieme formato dalla BCE e dalle banche centrali di tutti i paesi dell’Unione Europea che hanno adottato l’euro come propria valuta nazionale. All’interno dell’Eurosistema, gli organi decisionali responsabili della preparazione, condotta e implementazione della politica monetaria sono: 22 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA ▪ La ricchezza reale, sotto forma di strumenti finanziari, ha un grado di «liquidità» e di trasferibilità molto più elevato. Le attività finanziarie possono avere la natura di: ▪ contratti bilaterali (informazioni riservate) ▪ contratti di mercato (informazioni pubbliche) CARATTERISTICHE DELLE ATTIVITÀ FINANZIARIE ▪ Tipo di rapporto contrattuale sottostante (vedi oltre) ▪ Natura dell’emittente: l’emittente è l’attore finanziario che crea lo strumento finanziario e lo mette a disposizione dei finanziatori sui mercati. Sulla base dell’emittente si possono distinguere: -sovereign, emessi da enti governativi (es. BTP Italia) -corporate, emessi da enti privati (es. Stellantis) ▪ Valuta di denominazione. Ha un effetto molto rilevante sul tasso di rendimento. ▪ Durata contrattuale: breve (max 12/18 mesi), media (da 2 a 10 anni), lunga (oltre 10 anni) o perpetua (non hanno scadenza). È importante perché i contratti finanziari hanno una prestazione differita nel tempo; più lunga è la durata contrattuale, maggiore è il rischio che la solidità finanziaria dell’emittente ha di deteriorarsi, maggiore è il tasso di rendimento richiesto. ▪ Negoziabilità (cfr. lezione2): facilità di un investimento di trasformarsi in moneta continua. ▪ Trattamento fiscale (12,5% vs 26%): i titoli governativi italiani sono tassati al 12.5% mentre le altre rendite derivanti da investimenti corporate sono tassati al 26%. ▪ Rischio (vedi oltre) ▪ Rendimento (vedi oltre) Il rendimento delle attività finanziarie è la remunerazione percentuale per chi cede potere di acquisto e richiede un compenso sia per la rinuncia al potere di acquisto, sia per il rischio sopportato. Esso deve essere proporzionale al rischio che dipende dalla durata dell’investimento, dalla natura del contratto e dalla solidità dell’emittente. Il rendimento di un’attività finanziaria è quantificato dal tasso di interesse: nominali, reali, fissi, variabili (indicizzazione monetaria, finanziaria, reale). Quando si calcola il rendimento non bisogna tenere conto solo del rendimento cedolare ossia il surplus di liquidità periodicamente remunerato dall’emittente perché esso è solo una componente del rendimento effettivo. Se un’obbligazione da un’obbligazione del 2% non vuol dire che il tasso cedolare sia del 2% perché bisogna tenere conto anche dell’eventuale cambio di prezzo tra il prezzo di acquisto/vendita e il valore nominale che mi viene consegnato a scadenza. Il tasso di rendimento effettivo è determinato da: • cedola: rappresenta la possibile remunerazione periodica di contratti di indebitamento • dividendo: rappresenta la possibile remunerazione di contratti di partecipazione (ad es. azioni) • variazioni di prezzo delle attività finanziarie (prezzo di acquisto/vendita o di rimborso) • variazioni dei tassi di cambio: ogni volta che acquisto uno strumento finanziario devo valutare le variazioni del cambio perché se la valuta si apprezza il rendimento aumenta e viceversa. • variazioni del tasso di inflazione (silent killer): un tasso d’inflazione superiore al tasso di rendimento, rende il rendimento reale negativo, quindi, diminuisce il valore del rendimento dello strumento finanziario. 25 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA Maggiore è la rischiosità dell’asset maggiore è il rendimento atteso con uno stacco fisiologico tra azioni e obbligazioni (come dimostrato da questo grafico): Il rischio delle attività finanziarie: esiste sempre una probabilità non nulla che alla scadenza i contratti finanziari non vengano onorati o che, comunque, durante la vita dell’investimento si verifichino fenomeni che non possono essere perfettamente previsti e che modificano la situazione economica del creditore e del debitore. Le tipologie di rischio a cui si espone l’investitore sono di tipo: • finanziario (insolvenza, prezzo, tassi di cambio e interesse, liquidità) • non finanziario (frode, malfunzionamenti tecnologici, catastrofi naturali, ecc.) GLI STRUMENTI FINANZIARI SECONDO LA NATURA DEL DIRITTO OGGETTO DEL CONTRATTO ▪ di indebitamento: a fronte della rinuncia a qualunque forma di ingerenza nella gestione, è sancito il diritto alla remunerazione e, sulla base delle risorse esistenti, alla restituzione del capitale alla scadenza o al momento della liquidazione della società (titoli obbligazionari e strumenti di finanziamento). In caso di fallimento dell’emittente gli obbligazionisti sono i primi ad essere rimborsati perché sono semplicemente dei creditori. ▪ di partecipazione: per effetto dell’elevato grado di coinvolgimento del detentore nella gestione aziendale, comportano la rinuncia a un rendimento certo, in termini sia di remunerazione periodica sia di rimborso del capitale, a fronte del diritto alla distribuzione eventuale dei risultati periodici e alla restituzione del capitale residuale dopo aver soddisfatto tutti gli altri portatori di interesse (residual claimant). L’azionista diventa socio-quota parte dell’emittente che acquista motivo per il quale ci sono azionisti di maggioranza e minoranza. Un’emittente si dice a capitale diffuso quando ha molti azionisti di minoranza. L’azionista ha diritto di ingerenza ma rinuncia a qualsiasi tipo di remunerazione e rimborso del capitale. I dividendi non sono obbligatori per l’emittente, quindi, non è sancito da nessun regolamento che l’azionista possa pretendere una quota di dividendi a fine anno. Nel caso di fallimento dell’emittente, l’azionista sarebbe l’ultimo ad essere rimborsato. ▪ di assicurazione: consentono al contraente, dietro pagamento di un premio, di tutelarsi contro l’eventuale manifestazione di un evento avverso attinente alla vita umana o ad altri danni, al cui verificarsi matura il diritto a incassare un indennizzo. ▪ derivati: contratti il cui valore dipende dall'andamento di un'attività sottostante (underlying asset= il sottostante), che può avere natura finanziaria (es. titoli azionari, i tassi di interesse e di cambio, gli indici) o reale (es. Il caffè, il cacao, l'oro, il petrolio, ecc). ▪ composti: nascono dalla combinazione di strumenti di base per soddisfare le varie e mutevoli esigenze dei datori e dei prenditori di fondi (es. obbligazioni strutturate). GLI STRUMENTI FINANZIARI AI SENSI DEL TUF (ART.1, C. 2): ▪ Azioni e titoli rappresentativi di capitale di rischio ▪ Obbligazioni; 26 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA ▪ Titoli di stato; ▪ Strumenti del mercato dei capitali; ▪ Quote di un organismo di investimento collettivo del risparmio; ▪ Contratti derivati. AZIONI E OBBLIGAZIONI AZIONI: Dal punto di vista giuridico comprando una azione si diventa proprietari, quota parte, di quella società. Dal punto di vista economico, come conseguenza, ci si espone al rischio imprenditoriale. Comprando un’azione, quindi, si compra e si conferisce capitale di rischio e ci si espone ai possibili eventi positivi o negativi che riguardano il ciclo di vita di una azienda. OBBLIGAZIONI: Le obbligazioni sono titoli di debito: l'obbligazionista presta risorse finanziarie all'azienda e quest'ultima dovrà restituire capitale più interessi alle scadenze e nelle modalità previste. Essere obbligazionisti, quindi, implica fornire liquidità ad un emittente sotto forma di prestito. Comprando un'obbligazione si conferisce capitale di debito. AZIONI: Poiché tramite le azioni si diventa soci dell’emittente, le azioni non hanno scadenza. Ciò significa che una volta comprata non è previsto il "rimborso" da parte della società emittente. Per smobilizzare l’investimento bisogna ricorrere al mercato secondario e cercare un terzo compratore, esponendosi al rischio di prezzo/tasso. OBBLIGAZIONI: Le obbligazioni hanno scadenza (eccetto quelle perpetue). Al tempo pattuito, l'azienda dovrà riconoscere gli interessi contrattualmente definiti (fissi o variabili) e il capitale versato, pena l'insolvenza dell'emittente. AZIONI: Le azioni non garantiscono, ex-ante, alcuna remunerazione né in termini di dividendi né in conto capitale. Ciò significa che l’emittente, di anno in anno, si riserva il diritto di decidere se distribuire gli utili sotto forma di dividendi oppure reinvestirli in azienda. Il prezzo delle azioni è potenzialmente molto volatile. OBBLIGAZIONI: Se tenute in portafoglio fino a scadenza: la restituzione del capitale iniziale è garantita; le cedole sono determinate ex-ante (fisse oppure variabili (la cedola segue il valore di un particolare indice es. Euribor)). Vi sono anche obbligazioni che non prevedono lo stacco di cedola il cui guadagno dipende dalla differenza tra il prezzo di acquisto e il prezzo che viene restituito a scadenza (zero coupon bond). →è possibile in alcuni casi stimare in anticipo il guadagno a scadenza (TRES). Se non si tiene in portafoglio l’obbligazione fino a scadenza, il calcolo del rendimento effettivo ha maggiori elementi di incertezza. AZIONI: In caso di fallimento, si procede alla dismissione degli asset in bilancio. Gli ultimi ad essere rimborsati, dopo creditori privilegiati e obbligazionisti, sono gli azionisti. Acquistando azioni si accetta in toto il rischio di controparte e la potenziale perdita del capitale investito. OBBLIGAZIONI: Se l'emittente fallisce, il frutto della liquidazione andrà in primis ai creditori privilegiati, successivamente vengono soddisfatti gli obbligazionisti. All'interno di questa categoria, esistono obbligazioni (come le senior o garantite) che vengono soddisfatte per prime, poi vi sono gli obbligazionisti ordinari, altre ancora (come le subordinate o ibride) che vengono soddisfatte solo in un secondo momento e solo se si trovano le risorse finanziarie. OBBLIGAZIONI: RENDIMENTO 27 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA C e D= dovute ad incertezza contingente che ha riguardato diversi settori. D=curva ingobbita. I titoli a breve e medio periodo pagano di più rispetto ai titoli a lungo periodo. Il mercato pensa che nel breve periodo la situazione finanziaria sarà molto incerta ma, se il mercato sopravvive, nel breve-medio periodo, allora poi potrà riprendersi nel lungo periodo e i suoi tassi potranno tornare ai livelli fisiologici. Questa è la classica curva di un emittente sano che ha avuto dei problemi nel breve periodo. DERIVATI Strumenti finanziari sintetici il cui valore dipende ("deriva") dal valore di un'altra attività finanziaria o reale. Questo asset si chiama attività sottostante la cui natura può essere: -finanziaria: seguono l’andamento di uno strumento finanziario (come ad esempio i titoli azionari, i tassi di interesse e di cambio, gli indici) -reale: seguono l’andamento di una materia prima (come ad esempio il caffè, il cacao, l'oro, il petrolio, ecc) Il derivato non ha delle specificità perché deriva le sue caratteristiche dal sottostante; tuttavia, vi sono diversi tipi di derivati: futures, opzioni, warrants, covered warrants, ETF/ETC, swap e forward. Le principali finalità associate alla negoziazione di strumenti finanziari derivati sono: ▪ copertura di posizioni (hedging): proteggere il valore di una posizione da variazioni indesiderate nei prezzi di mercato. L'utilizzo dello strumento derivato consente di neutralizzare l'andamento avverso del mercato, bilanciando le perdite/guadagni sulla posizione da coprire con i guadagni/perdite sul mercato dei derivati; Dobbiamo immaginarci che l’investitore possiede in portafoglio un asset e poi acquista un derivato costruito su quel medesimo asset; a questo punto, dobbiamo ricordarci che i derivati possono essere lunghi o corti. -andare lungo: ho lo strumento in portafoglio, compro il derivato che aumenta proporzionalmente all’aumentare del valore del sottostante. Vado nella stessa direzione del mio investimento. -andare corto: l’andamento del derivato è inversamente proporzionale all’andamento del sottostante. Più va bene il sottostante, meno performa il derivato e viceversa. La finalità di copertura si ha quando ho in portafoglio il sottostante e acquisto un derivato che ha come sottostante proprio quell’asset. Se il derivato deve avere una funzione di copertura, deve coprire, in tutto o in parte, l’investitore da eventuali andamenti negativi del sottostante, ciò vuol dire che il derivato deve essere acquisito corto (=se il titolo scende, il valore del derivato deve salire). Se faccio una copertura perfetta mi metto al riparo da eventuali rendimenti negativi ma non ci guadagno nulla. La copertura, quindi, ha senso quando è parziale (investo 100000 euro, mi copro con 50000 euro di derivati di copertura short di modo che se gli asset perdono di valore, quindi sono molto volatili, riesco a coprire parzialmente questa perdita). ▪ speculazione: strategie finalizzate a realizzare un profitto basato sull'evoluzione attesa del prezzo dell'attività sottostante. Un derivato ha natura speculativa quando acquisto solo il derivato senza aver nessun asset in portafoglio. Se decido di acquisire un derivato lungo vuol dire che sto scommettendo che determinate azioni andranno bene quindi acquisto un derivato che segua, in modo passivo, l’andamento di tali azioni. Al crescere del valore di tali azioni, crescerà anche il valore del derivato. Se acquisto un derivato short, vuol dire che sto scommettendo che le azioni andranno male; se la predizione è vera, l’investitore guadagnerà perché il derivato short si comporta in modo inversamente proporzionale rispetto all’andamento delle azioni. Spesso i derivati non seguono in modo proporzionale l’andamento del derivato ma spesso sono a leva, ovvero amplificano di un fattore, che coincide con la leva, l’andamento del sottostante. -leva 2 (=amplifica di due volte guadagni o perdite): per ogni punto che guadagna il sottostante, il derivato corto ne perde il doppio. -leva 2: per ogni punto che perde il sottostante, il derivato corto ne acquista il doppio. -leva 2: per ogni punto che guadagna il sottostante, il derivato lungo ne guadagna il doppio. 30 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA -leva 2: per ogni punto che perde il sottostante, il derivato lungo ne perde il doppio. Gli investimenti corti funzionano tramite le vendite allo scoperto (=vendita senza avere il sottostante ovvero l’investitore non ha l’azione in portafoglio. Venderla vuol dire che oggi, pur non avendola, vendo l’azione al cliente che mi da il suo controvalore. Il cliente si aspetta di ricevere quel dato strumento finanziario. Il venditore alla fine del contratto va sul mercato e, con la liquidità ottenuta, acquista lo strumento finanziario oggetto dello scambio. I venditori allo scoperto scommettono al ribasso, se lo strumento perde di valore l’investitore ha un guadagno, viceversa se il titolo è al rialzo, l’investitore perde perché il valore dell’azione sarà superiore alla liquidità ottenuta). Sono vendite dilazionate nel tempo e allo scoperto perché in t0 vendo qualcosa che non ho in portafoglio. Se l’investitore non ha sufficiente liquidità, lui fallisce mentre: -se il cliente ha acquisito un titolo su un mercato regolamentato gode di una cassa di garanzia. -se il cliente ha acquisito il derivato su un mercato privato, si troverà con una grossa perdita. Gli strumenti derivati venduti su mercati regolamentati non aspettano la fine del contratto per fare questo scambio. L’investitore scommette che il sottostante perderà di valore, nei mercati regolamentati c’è il marketing to market (=collegamento al valore di mercato, tutti i giorni le due controparti fingono che la scadenza di quel contratto sia arrivata a termine). Es: scadenza del contratto ad un mese: guardo oggi l’andamento dell’azione, se è più bassa il cliente paga la differenza, se è più alta l’investitore paga la differenza al cliente di modo che il valore sia sempre collegato al mercato. Ciò evita che l’investitore abbia delle grosse perdite alla fine del contratto. TIPOLOGIE DI DERIVATI ▪ OPZIONI Contratti derivati che attribuiscono al compratore il diritto di acquistare o vendere un'attività sottostante a (oppure entro) una certa data a un prezzo prefissato. Le opzioni che conferiscono al possessore la facoltà di acquistare, in data futura, il sottostante vengono denominate opzioni call. Es: Se io compro un’azione a 3 mesi vuol dire che sto bloccando un prezzo di acquisto a 3 mesi da oggi, perciò, mi aspetto che l’azione salirà di valore. Se la predizione è corretta, ho la possibilità di acquistare a meno un’azione che, in quel momento, vale di più. Le opzioni che conferiscono al possessore la facoltà di vendere il sottostante vengono denominate opzioni put. Esse concedono il diritto di vendere ad un determinato prezzo bloccato, in questo caso scommetto che il prezzo del sottostante scenda. Es: compro un’azione che vale 100 con il diritto di venderlo a 150, vendo ad un prezzo superiore qualcosa che in un dato momento vale meno. Se le predizioni sono sbagliate, non si attivano le opzioni call e put e in tal caso l’investitore perderebbe solo il prezzo di acquisto del derivato/dell’opzione. È una scommessa ma non è molto onerosa perché acquisto solamente un diritto ad attivare o esercitare l’opzione. Il mercato dei derivati è sempre un gioco a somma 0, c’è sempre qualcuno che perde. Il soggetto che acquista una opzione assume una posizione lunga (long), mentre la controparte, che vende l'opzione, assume una posizione corta (short). Dato che le opzioni conferiscono al loro possessore una facoltà e non un obbligo, potranno assumere un valore positivo (nel caso in cui risulti conveniente esercitare la facoltà) o, al massimo, nullo (*) ▪ FUTURE Contratto a termine standardizzato con il quale le parti si impegnano a scambiare una certa attività (finanziaria o reale) a un prezzo prefissato e con liquidazione differita a una data futura. È un contratto simmetrico in quanto entrambi i contraenti sono obbligati a effettuare una prestazione a scadenza. L'operatore che acquista il future (che si impegna, cioè, ad «acquistare» a scadenza il sottostante) assume una posizione lunga (long= scommette sull’aumento del valore del sottostante), mentre l'operatore che vende il future assume una posizione corta (short= scommette sulla discesa di valore del sottostante). 31 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA Es: l’investitore e il cliente si accordano di scambiare tra 3 mesi, ad un determinato prezzo, l’azione sottostante. Se il prezzo è 100 e l’investitore vuole comprarlo a 100 significa che pensa che a scadenza il sottostante varrà di più. Il cliente, in modo simmetrico, pensa di star facendo un affare perché pensa che la controparte gli darà 100 per qualcosa che sul mercato varrà meno (=scommette sulla perdita del sottostante). Se il venditore guadagna, il compratore perde e viceversa (=mercato a somma 0) Nella maggior parte dei casi i future non si concludono con la consegna fisica del bene sottostante, semplicemente ci si scambia il controvalore del bene. L’aggiustamento del valore (=settlment) viene fatto tutti i giorni fino alla scadenza del contratto. In Italia i future sono negoziati sul mercato IDEM. Al fine di ridurre i rischi di insolvenza, la Clearing House (che in Italia è la Cassa di Compensazione e Garanzia) obbliga i contraenti a liquidare quotidianamente le posizioni aperte in future attraverso il meccanismo del marking-to-market (=allineo tutti i giorni il valore del sottostante). In questo caso ci si scambia solo puri flussi finanziari tutti i giorni anche perché, nella maggior parte dei casi, sono tutti sintetici quindi alla scadenza non si compra davvero il sottostante, semplicemente si liquida la posizione, c’è quindi uno scambio finanziario. DIFFERENZA TRA FUTURE E FORWARD Future= derivato scambiato su mercati regolamentati, se la controparte fallisce interviene la clearing house. È uno strumento standardizzato. Forward= derivato scambiato su mercati non regolamentati; è più rischioso ma molto più flessibile perché, essendo un contratto privato, si può personalizzare in funzione delle necessità del compratore e del venditore. Non bisogna necessariamente acquisire un contratto standard. I derivati negoziati sui mercati regolamentati sono contratti con caratteristiche standardizzate e definite dall’autorità del mercato su cui vengono negoziati; tali caratteristiche riguardano l’attività sottostante, la durata, il taglio minimo di negoziazione, le modalità di liquidazione, ecc. In Italia il mercato regolamentato degli strumenti derivati è denominato IDEM ed è gestito da Borsa Italiana S.p.A. Sul mercato regolamentato circolano strumenti quali futures, opzioni, warrants, covered warrants e ETF. Derivati over-the-counter (OTC): contratti negoziati bilateralmente (direttamente tra le due parti) fuori dai mercati regolamentati; in questo caso i contraenti possono liberamente stabilire tutte le caratteristiche dello strumento; generalmente questi sono swap e forward. I FONDI COMUNI DI INVESTIMENTO I fondi comuni di investimento possono essere effettivamente visti come strumento finanziario ma, per come sono costruiti, sono anche degli intermediari. I fondi sono dei portafogli che contengono degli strumenti (azioni, obbligazioni, derivati etc..) quindi se un soggetto acquista una parte di fondo comune, il rendimento di quel fondo, seguirà il rendimento di tutti gli strumenti che ne fanno parte. Si investe quindi in un paniere di titoli; comprando una quota del fondo posso avere un rendimento identico a quello che otterrei se acquisissi tutti gli strumenti presenti nel fondo. Questo è un vantaggio enorme perché permette di diversificare anche un portafoglio molto piccolo (=retail). Questo patrimonio è gestito in monte da una società di gestione del risparmio (SGR) che amministra il patrimonio nel fondo comune di investimento senza che coloro che hanno acquisito le quote possano avere un’ingerenza ossia dire la loro riguardo gli investimenti fatti. Il fatto che il patrimonio sia autonomo fa sì che se la SGR dovesse fallire, coloro che hanno acquisito le quote di quel fondo potrebbero comunque rifarsi su di esse perché il fondo è autonomo. Fondo comune di investimento: «Patrimonio autonomo, suddiviso in quote, di pertinenza di una pluralità di partecipanti e gestito in monte.» 32 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA all’emittente, tipicamente una unità in deficit. Esempi di mercati primari: le aste dei titoli di stato, le operazioni di collocamento di strumenti finanziari di emittenti privati. MERCATO SECONDARIO È il mercato in cui vengono scambiati titoli già emessi (=compravendita tra investitore e investitore, ciò vuol dire che nessuna liquidità scambiata sul mercato secondario entra nelle casse dell’emittente. Spesso gli emittenti riacquistano le proprie azioni sul mercato secondario). È fondamentale che un titolo possa essere venduto sui mercati secondari perché questi titoli sono negoziabili. Esso assolve la funzione di esprimere nel continuo il prezzo, dunque la valutazione, dei singoli titoli emessi e nello stesso tempo di consentire all’originale acquirente di liquidare il proprio investimento. Il mercato secondario non fornisce nuove risorse a unità in deficit, ma è fondamentale per: - assicurare la liquidità agli investitori; - consentire la valutazione nel continuo dei titoli emessi (e quindi per rendere possibile l’attività degli investitori istituzionali e privati) ovvero identifica quanto vale una quota del capitale di un dato emittente, quindi, è come se si prezzasse la “salute” dell’emittente. MERCATO MONETARIO I mercati monetari consentono il trasferimento di disponibilità liquide (a breve termine, sotto i 18 mesi) dai fornitori di fondi agli utilizzatori, per brevi periodi di tempo, a costi/rischi contenuti. Le transazioni di mercato monetario possono essere anche di taglio elevato e, data la loro breve scadenza, caratterizzate da rischi contenuti. Esempi: depositi interbancari e pronti contro termine (repurchase agreements – repos), mercati regolamentati dei titoli di stato a breve, cambiali finanziarie e certificati di deposito. MERCATO DEI CAPITALI Nel mercato dei capitali avviene il trasferimento di fondi a medio-lungo termine fra le unità in surplus ed in deficit. Sono transazioni di mercato dei capitali quelle in azioni e in titoli di debito a medio-lungo termine (che possono avvenire su mercati regolamentati o non regolamentati). Il termine mercato dei capitali è a volte utilizzato in un'accezione più ampia come sinonimo di mercato finanziario. MERCATO REGOLAMENTATO Mercato disciplinati da specifiche norme generali e di vigilanza (Consob) contenute nel Testo unico della finanza. Esistono quindi regole d’accesso e di operatività. MERCATO OVER THE COUNTER Letteralmente “sopra il bancone” Mercato mobiliare non soggetto ad alcuna regolamentazione specifica relativa all’organizzazione e al funzionamento del mercato stesso. In Italia, CONSOB gestisce l'elenco dei Sistemi di Scambi Organizzati ovvero l’albo degli acquisti e delle vendite che avvengono over the counter; questa regolamentazione è fondamentale perché le due parti, protagoniste della negoziazione, sono private. Gli scambi avvengono infatti tra due investitori tramite contratti privati. L’intervento della Consob è fondamentale perché in passato gli strumenti derivati a fini speculativi sono stati utilizzati per scommettere contro la sostenibilità del debito pubblico italiano. C’erano due controparti statunitensi che avevano comprato degli strumenti short del debito pubblico italiano, scommettendo che la rischiosità sarebbe aumentata; la scommessa però non si è realizzata e quindi l’emittente ha perso la sua scommessa. Però se si tratta di due controparti enormi, queste possono decidere di concludere un contratto over the counter, scommettendo che il rendimento medio dei titoli sarà di molto superiore rispetto a quello odierno. Le due parti rimangono private ma questo cambia le aspettative del mercato perché molti iniziano a vendere i propri titoli italiani (=aspettative autoavverandosi); questo genera un aumento delle vendite e quindi una crescita delle aspettative. Questo ha fatto sì che le aspettative si autoavverino; ciò è dovuto all’intervento di operatori che riescono a spostare il settlment del mercato. MERCATO ALL’INGROSSO 35 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA → mercato wholesale Mercato sul quale operano investitori professionali e istituzionali (=investitori che fanno del trading la propria professione) che effettuano operazioni di controvalore unitario elevato. In questo mercato solitamente si scambiano titoli più rischiosi. MERCATO AL DETTAGLIO →mercato retail Mercato caratterizzato da un elevato numero di operazioni di importo contenuto, sul quale possono operare sia investitori privati che istituzionali. EFFICIENZA DEI MERCATI Esistono tre tipi di efficienza dei mercati: ▪ Informativa ▪ Allocativa ▪ Tecnico-operativa I mercati possono essere più o meno efficienti, organizzati o liquidi e il grado di efficienza si può misurare attraverso diversi indicatori. EFFICIENZA INFORMATIVA: velocità con cui il prezzo del titolo riflette le informazioni disponibili di un emittente. A seconda del tipo di informazioni si parla di: ▪ Efficienza in forma debole quando nei prezzi è presente l’informazione storica degli emittenti degli strumenti finanziari. ▪ Efficienza in forma semi-forte quando nei prezzi è presente tutta l’informazione pubblica: appena esce una notizia, il mercato reagisce. ▪ Efficienza in forma forte quando nei prezzi è presente tutta l’informazione storica, presente, pubblica e privata (=informazioni che possono avere solo coloro che fanno parte di una data organizzazione e del top management. Questi hanno quindi informazioni che potrebbero influenzare il mercato finanziario). Aggiotaggio= l’insider comunica alla parte terza delle informazioni che, quest’ultima, utilizza per speculare sui mercati finanziari. Insider trading= l’insider fa investimenti in virtù di informazioni prioritarie di cui è in possesso solamente per la carica che ricopre. Generalmente un mercato efficiente ha un’efficienza semi forte. EFFICIENZA ALLOCATIVA: tutti gli operatori agiscono in maniera razionale, scegliendo le opportunità di investimento/ finanziamento che consentono di massimizzare la loro utilità attesa. → i mercati raggiungono un ottimo paretiano. EFFICIENZA TECNICO-OPERATIVA: capacità dei mercati di minimizzare i costi di transazione. CdT: l’insieme degli oneri che il soggetto sostiene per effettuare e gestire un investimento. - costo di ricerca - costo di valutazione - costi di esecuzione dello scambio - costi di gestione dell’investimento (costi delle operazioni intermedie, costi di amministrazione e controllo, eventuali costi di ricontrattazione, di risoluzione del contratto, di azione legale) CONDIZIONI DI EFFICIENZA TECNICO-OPERATIVA DEI MERCATI 1. Ampiezza: ampi volumi degli ordini scambiati. 2. Spessore: le compravendite nell’arco di una giornata differiscono tra loro molto poco in termini di prezzi. Basta una minima variazione di prezzo per poter trovare una controparte. La distribuzione dei prezzi è molto fitta; c’è poca differenza dei prezzi negoziati tra le varie compravendite. 3. Elasticità: reattività degli ordini per limitate variazioni di prezzo. Un mercato è elastico se rimane attivo anche dopo uno shock di prezzo. 36 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA Molto spesso vengono utilizzati come misura dell’efficienza di un mercato. PARTICOLARI FIGURE DI OPERATORI SUL MERCATO Affinché il mercato sia efficiente, è necessario l’intervento di alcune figure, tra cui: ❑ specialist: si occupano di agevolare le transazioni di uno specifico strumento. Operano per un determinato periodo su un determinato titolo formulando sia proposte di acquisto che di vendita compilando una lista di tutti i movimenti effettuati. ❑ brokers: agevolano l’incontro tra compratori e venditori senza entrare direttamente nello scambio. Operano esclusivamente per conto terzi facilitando la ricerca delle controparti degli scambi e rendendo possibile l’incrocio tra domanda ed offerta. Possono offrire servizi informativi. ❑ dealers: agevolano lo scambio tra compratori e venditori intervenendo direttamente con il proprio portafoglio che, generalmente, è molto ampio e diversificato. Operano per conto proprio ed assolvono la funzione di rendere liquido il mercato di particolari attività finanziarie, assicurando la continuità degli scambi. Essi detengono un proprio portafoglio di attività finanziarie che utilizzano per rispondere prontamente alle esigenze di negoziazione manifestate da altri operatori esprimendo prezzi di acquisto (denaro - bid) e prezzi di vendita (lettera - ask) Queste tre figure possono essere o price taker o price maker: -price taker: il price taker non può influire direttamente sui costi e dunque si trova nella medesima condizione di tutti gli altri operatori che devono subire il prezzo creato dal mercato. -price maker: è un operatore capace di modificare il prezzo di un titolo grazie all’estrema quantità di titoli posseduti o alla scarsa liquidità degli stessi sul mercato. ❑ market makers sono operatori che agiscono per conto proprio e che si sono impegnati a rendere pubbliche le condizioni di prezzo a cui sono disposti a negoziare, quotando i prezzi a cui intendono acquistare (prezzi denaro) e vendere (prezzi lettera) i lotti minimi delle attività finanziarie di cui si sono impegnati a “fare mercato” nei mercati regolamentati. I FONDI DI IMPERFEZIONE DEI MERCATI ▪ La divergenza di preferenze degli attori (=soggetti in surplus e soggetti in deficit); chi è in deficit vogliono acquisire un finanziamento nel medio e lungo termine e devono poter finanziarie tutte le categorie di progetti mentre chi è in surplus vuole far fronte ad investimenti poco rischiosi. → Maturity, Size, Liquidity and risk transformation ▪ I costi di transazione: non è semplice per un investitore retail trovare uno strumento che faccia proprio al caso suo perché i mercati sono diventati sempre più complicati. → Economie di scala e di scopo permettono di abbattere i costi di transazioni, consigliano gli investimenti agli investitori retail e alleviano le problematiche legate alla razionalità limitata. ▪ La razionalità limitata degli investitori → Attività di consulenza ▪ L’asimmetria informativa (adverse selection e moral hazard). Colui che acquista non avrà mai tutte le informazioni di colui che emette il titolo per cui c’è bisogno di intermediari finanziari che si interpongano tra gli investitori e il mercato. → Intermediari (banche in particolare) sono in possesso di informazioni più accurate per la valutazione delle imprese e economie di scala su costi di monitoring. FINE ARGOMENTI DEL PARZIALE LA FINANZA SOSTENIBILE In generale il modo più semplice per pensare alla finanza sostenibile è pensarlo come un confine tra la finanza tradizionale (=finanza finalizzata all’estrazione di rendimento finanziario) e la filantropia il cui obiettivo ultimo è avere un rendimento non finanziario; quest’ultima vive di trust e associazioni. I filantropi operano su tematiche che gli stanno a cuore. La finanza sostenibile ha all’interno due componenti: uno finanziario e uno non finanziario. 37 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA 2015 → L’ACCORDO DI PARIGI Attenzione primaria al pilastro ambientale anche dal punto di vista istituzionale. L'accordo di Parigi è il primo accordo universale e giuridicamente vincolante sui cambiamenti climatici, adottato alla conferenza di Parigi sul clima (COP21) nel dicembre 2015, in vigore in UE dal 4 novembre 2016. Il pacchetto di Katowice, adottato in occasione della conferenza delle Nazioni Unite sul clima (COP24) nel dicembre 2018, contiene norme, procedure e orientamenti comuni e dettagliati che rendono operativo l'accordo di Parigi. → Pubblicazione vincolante dei Nationally Determined Contributions (NDC): obiettivi climatici che le Nazioni si danno, e che vengono rivisti/rivalutati ogni 5 anni. Esso cerca di ridurre l’impatto ambientale dei sottoscrittori, infatti, i 190 governi firmatari hanno concordato di: • mantenere l'aumento medio della temperatura mondiale a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali come obiettivo a lungo termine. • fare in modo che le emissioni globali raggiungano il livello massimo al più presto possibile, pur riconoscendo che per i paesi in via di sviluppo occorrerà più tempo. Si cerca di frenare velocemente le emissioni. • conseguire rapide riduzioni successivamente secondo le migliori conoscenze scientifiche disponibili, in modo da raggiungere un equilibrio tra emissioni e assorbimenti nella seconda metà del secolo. SUSTAINABLE DEVELOPMENT GOALS Approvazione da parte di più di 150 leader internazionali nel settembre 2015 dell’Agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile, i cui elementi essenziali sono i 17 macro-obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGS). (DOMANDA D’ESAME= impararne almeno 3) ACTION PLAN Il "Piano d'Azione per la finanza sostenibile" è stato approvato a maggio 2018 e persegue uno sviluppo sostenibile sotto il profilo economico, sociale e ambientale, contribuendo ad attuare l'Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici e l'Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile. I tre macro-obiettivi dell’Action Plan sono: ▪ Canalizzazione degli investimenti finanziari verso un'economia maggiormente sostenibile ossia rendere più sostenibile gli strumenti e i mercati finanziari. ▪ Sostenibilità nella gestione dei rischi. Disclosure Requirements Applicable to Credit Ratings (ESMA), Direttiva 2019/2034, Regolamento 2019/2033 (EBA) ▪ Trasparenza e gli investimenti di lungo periodo. Le banche sono tenute a rendicontare in modo specifico e puntuale qual è la loro strategia per un impatto ambientale e sociale. GREEN DEAL Dicembre 2019: nasce il Green Deal Europeo Il Green Deal europeo è la tabella di marcia per raggiungere la neutralità climatica dell’UE nei tempi previsti. Si sostanzia nei seguenti punti: Obiettivo finale: Agenda 2050 40 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA • nel 2050 non siano più generate emissioni nette di gas a effetto serra. • la crescita economica sia dissociata dall'uso delle risorse. Se un paese cresce non vuol dire necessariamente che debba utilizzare più risorse intatte (=materie prime). • nessuna persona e nessun luogo sia trascurato. Questo progetto ha richiesto un investimento di 1000 miliardi di euro. 2019 → I PRINCIPLES FOR RESPONSIBLE BANKING (PRB) L’ideale sul quale si fondano i principi è che il sistema bancario debba, a livello strategico ed operativo, allinearsi con la visione della società e del pianeta rappresentato nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite e nell’Accordo per il Clima di Parigi e contribuire positivamente alla società. I firmatari italiani sono: Monte dei Paschi di Siena, Intesa Sanpaolo, UniCredit, FinecoBank, BPER Banca, Mediobanca, Banca Mediolanum. GENESI E SVILUPPO I Principles for Responsible Banking (PRB) sono: • ALIGNMENT – Prevede l’allineamento strategico con quanto perseguito dagli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni unite (SDGs) e l’accordo di Parigi. Prevede quindi un allineamento completo all’agenda 2023. • IMPACT – Prevede l’identificazione, valutazione e progressivo miglioramento dell’impatto positivo e la riduzione di quello negativo, attraverso l’emissione attiva di attività, prodotti e servizi ad-hoc. Le banche si impegnano a gestire i rischi e cogliere tutte le opportunità attive di investimento sostenibile. • CLIENTS & CUSTOMERS – Incentiva clienti e utenti a perseguire pratiche e scelte d’investimento sostenibili e agevola attività economiche attivamente impegnate in progetti sostenibili. Spinge gli stakeholders (=clienti, attività economiche con cui la banca si relaziona) ad essere impegnati in ambito sostenibile. • STAKEHOLDERS – Prevede un lavoro di engagement e collaborazione proattiva affinché gli stakeholders implementino attivamente i cambiamenti necessari per soddisfare gli SDGs. • GOVERNANCE & TARGET SETTING – Prevede la creazione di strutture e assetti di governance atte a perseguire gli SDGs e promuovere una cultura bancaria responsabile. Se la governance della banca non cambia si rischia il fenomeno del green-washing. • TRANSPARENCY & ACCOUNTABILITY – Prevede la creazione di un sistema di monitoraggio e rendicontazione dei risultati impatti positivi e negativi conseguiti. Essi sono principi con un enorme impatto sull’attività bancaria che implicano enormi costi d’investimento. GLI STRUMENTI SOSTENIBILI Gli strumenti finanziari sostenibili affinché siano tali devono avere tali caratteristiche: ▪ Orizzonte di lungo periodo: orizzonti sotto i 5 anni fanno dubitare dell’effettiva sostenibilità dello strumento. ▪ Compresenza rendimento finanziario e non finanziario. ▪ Fattori Ambientali, Sociali e di Buon Governo (fattori ESG). Uno strumento sostenibile deve considerare questi tre fattori e non, per forza, perseguirli tutti e tre attivamente. 2019 → REGOLAMENTO UE 2019/2088 Definizione di «investimento sostenibile» secondo il Regolamento: ▪ investimento in un’attività economica che contribuisce a un obiettivo ambientale, misurato, ad esempio, mediante indicatori chiave di efficienza delle risorse concernenti l’impiego di energia, l’impiego di energie rinnovabili, l’utilizzo di materie prime e di risorse idriche e l’uso del suolo, la produzione di rifiuti, le emissioni di gas a effetto serra nonché l’impatto sulla biodiversità e l’economia circolare. → tassonomia 2020/852 ▪ un investimento in un’attività economica che contribuisce a un obiettivo sociale, in particolare un investimento che contribuisce alla lotta contro la disuguaglianza, o che promuove la coesione sociale, l’integrazione sociale e le relazioni industriali. → non vi sono tassonomia sociali e di governance quindi, nell’attesa di averle, sono stati definiti i pilastri fondamentali dall’SGD. 41 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA ▪ un investimento in capitale umano o in comunità economicamente o socialmente svantaggiate a condizione che tali investimenti non arrechino un danno significativo a nessuno di tali obiettivi e che le imprese che beneficiano di tali investimenti rispettino prassi di buona governance, in particolare per quanto riguarda strutture di gestione solide, relazioni con il personale, remunerazione del personale e rispetto degli obblighi fiscali. → Global Compact, definisce le caratteristiche fondamentali affinché nelle imprese vi sia una buona governance. Il legislatore riconosce la presenza di tre pilastri: obiettivo ambientale, sociale e buona governance. Non necessariamente devono essere perseguiti contestualmente tutti e tre. Essi sono considerati come contributo al raggiungimento dell’obiettivo ambientale e sociale ma non devono creare danno a nessuno di tali obiettivi e le imprese che beneficiano di tali investimenti devono rispettare una prassi buona governance (=rating di governance elevato). OBBLIGAZIONI SOSTENIBILI L’azione di per sé è una quota di capitale che ho ed investo in qualità di socio in un’azienda ma il suo emittente può essere sostenibile. Per le obbligazioni è diverso: negli anni sono state create le obbligazioni sostenibili. Le prime che sono nate sono le GSS mentre le GSS+ sono la categoria più ampia e poi vi sono i transition e i sustainability-linker. I GREEN BONDS Green Bond sono qualsiasi tipo di strumento obbligazionario i cui proventi vengono impiegati per finanziare nuovi e/o preesistenti progetti ambientali oppure finanziare attività che generano un impatto ambientale positivo. Ad oggi non esiste ancora una definizione ufficiale e condivisa di green bond, ma linee guida (principles e standards) a adesione volontaria (=posso emanare un green bond senza allinearmi a nessuna delle linee guida quindi vi possono essere green bond, realmente green, accanto a green bond che non si allineano a nessuna linea guida) emanati da: • soggetti pubblici (es. Technical expert group on sustainable finance – TEG) • operatori di mercato (es. International Capital Market Association – ICMA o Bloomberg) • NGOs attive nell’ecosistema “sostenibilità” (es. Climate Bond Initiative). →La facoltatività di adesione ai GBP e agli EU-GBS, in assenza di una norma legislativa precisa, permette lo sviluppo del cosiddetto “green washing”. I Green Bonds Mercato in forte espansione (quintuplicato dal 2015), ma la mancanza di standardizzazione e di definizioni ufficiali condivise, lascia la porta aperta a fenomeni speculativi. «Sotto la categoria di Greenwashing rientrano tutti i tentativi di aziende di mostrarsi pubblicamente più attenti, sensibili, attivamente impegnati in questioni ambientali di quanto lo siano effettivamente. Campagne di comunicazione e di green marketing, pubbliche relazioni o donazioni spesso operano in questo senso.» SOCIAL BONDS Titoli di natura obbligazionaria emessi per finanziare progetti finalizzati a mitigare problematiche sociali. Possono essere emessi per finanziare o rifinanziare, in tutto o in parte progetti sociali nuovi o già esistenti. 42 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA ▪ Servizi e prodotti offerti: in funzione del tipo e del servizio offerto si riesce a discernere la differenza tra i vari intermediari finanziari. TIPOLOGIE DI INTERMEDIARI 1.SPECIFICITÀ ISTITUZIONALE Intermediari bancari e non bancari. Attività bancaria: «l'esercizio congiunto dell'attività di raccolta di risparmio tra il pubblico e dell'attività di concessione del credito» (art. 10 del Testo unico bancario, d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385 e successive modificazioni e integrazioni). La banca, quindi, prende a prestito flussi sotto forma di risparmio e contestualmente concede credito. Trascura i processi di diversificazione degli intermediari ed è strettamente dipendente dalla definizione , in un dato momento storico e/o in un determinato contesto istituzionale, di banca e di attività bancaria. 2. SVOLGIMENTO DELLA FUNZIONE MONETARIA Intermediari monetari (le banche*) e non monetari (tutti gli altri) Con il passare del tempo chi entra nell’uno o nell’altro insieme può cambiare. Gli intermediari «monetari» sono stati sottoposti ad un controllo più stringente da parte delle autorità, per gli effetti che l’immissione di moneta bancaria può creare nell’economia reale ai fini della stabilità. Il controllo delle autorità è fondamentale perché in Europa gli intermediari che possono svolgere la funzione monetaria, possono svolgere la medesima funzione svolta dalle banche che è soggetta ad un controllo molto stringente. Lo svolgimento della funzione monetaria costituisce un vantaggio competitivo nell’offerta di strumenti di investimento del risparmio, il numero di intermediari che possono svolgere tale attività sta crescendo nel tempo in virtù di cambiamenti normativi. *NB: Con riguardo ai soggetti in grado di emettere moneta elettronica, le nuove disposizioni (Normativa PSD2) riservano tale facoltà ai seguenti soggetti: (i) Banche; (ii) IMEL; (iii) Banca centrale europea; (iv) Poste Italiane S.p.A.; (v) Stato italiano e altri Stati comunitari; (vi) pubbliche amministrazioni statali, regionali e locali. III: IMEL Istituti di moneta elettronica: persone giuridiche, diverse dalle banche, autorizzate in Italia a emettere moneta elettronica, conformemente a quanto previsto dall’art. 114-quinquies del TUB; (es. telepass pay, nexy, enel financial) In tale contesto gli IMEL continuano a mantenere -tra i soggetti non bancari- un ruolo privilegiato nell’emissione di moneta elettronica. Gli istituti di moneta elettronica possono, inoltre, prestare servizi operativi e accessori strettamente connessi all’emissione di moneta elettronica. III: Istituti di Pagamento IP: Persone giuridiche, diverse dalle banche e dagli IMEL, autorizzate a prestare servizi di pagamento, che permettono: ▪ di depositare il contante su un conto di pagamento, ▪ di prelevare il contante da un conto di pagamento, ▪ di eseguire ordini di pagamento, incluso il trasferimento di fondi su un conto presso il prestatore di servizi di pagamento dell’utilizzatore o presso un altro prestatore di servizi di pagamento, ecc. Non sono banche perché non sono autorizzati a concedere credito. Banca d'Italia iscrive in un apposito Albo gli istituti di pagamento autorizzati ad operare in Italia (=american express). 3. SERVIZI E PRODOTTI OFFERTI Uno stesso intermediario può offrire più servizi e più prodotti. a) SERVIZI DI PAGAMENTO: Banche, IMEL, IP b) INTERMEDIAZIONE CREDITIZIA: 45 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA -Credito breve, medio e lungo: Banche -Leasing finanziario: Banche, Società di leasing -Credito al consumo: Banche, società di credito al consumo Le società di credito al consumo sono nate negli ultimi 20 anni, sono società non bancarie che erogano credito; non hanno tutti i prodotti di credito che la banca può offrire e si tratta solo di crediti a breve termine (=che però possono arrivare anche a 5 anni). La liquidità la prendono dai tassi elevati sui crediti che concedono (=il tasso applicato è superiore a quello applicato dalle banche). Sono alti anche perché i soggetti che richiedono credito sono soggetti ai cui il credito non è stato concesso dalle banche; si tratta di soggetti con poche garanzie e che si ritrovano in una condizione di instabilità finanziaria. Le banche negli ultimi anni sono diventate molto selettive quindi se non si hanno asset, propri o di terzi, da dare a garanzie o non si ha un lavoro stabile queste non concedono il credito. Di conseguenza, è aumentato il business nelle società di credito al consumo. c) INTERMEDIAZIONE MOBILIARE: Per intermediazione mobiliare si intende l’operatività dei mercati mobiliari. -Assunzione di partecipazioni: Banche, Società Finanziarie Le società finanziarie così come le banche possono acquistare pacchetti azionari di terze parti (o aziende) quotate. -Gestione collettiva del risparmio: SICAV, SGR La banca non può svolgere gestione collettiva del risparmio ossia non può gestire direttamente dei fondi comuni di investimento. La banca ha dei fondi propri che sono controllati ma non gestiti dalla banca stessa; inoltre, la banca non può esercitare attività di assicurazione. -Servizi di Investimento: • Negoziazione in conto proprio o terzi: Banche, SIM • Sottoscrizione e collocamento + gestione: Banche, SIM, SGR • Ricezione e trasmissione ordini: Banche, SIM • Consulenza in materia di investimenti: Banche, SGR, Società di consulenza finanziaria III. SOCIETÀ FINANZIARIE Categoria di operatori che svolgono la funzione creditizia e/o di assunzione di partecipazioni in imprese, ma che non presentano un’autonoma capacità di provvista presso operatori finali. Sono iscritti negli appositi elenchi previsti dagli artt. 106 e 107 del TUB. Tra le principali società finanziarie: ▪ società di leasing ▪ società di factoring ▪ società di credito al consumo ▪ finanziarie di partecipazione SOCIETÀ FINANZIARIA: Soggetto, diverso dalle banche, che esercita le attività di erogazione del credito o di servicing in operazioni di cartolarizzazione e sono iscritti negli elenchi ex art. 106 o 107 TUB, tenuti dalla Banca d'Italia. SOCIETÀ DI PARTECIPAZIONE: soggetto che esercita in via esclusiva o prevalente l'attività di assunzione di partecipazioni in altre imprese nonché la gestione e la valorizzazione di tali partecipazioni, senza coinvolgimenti diretti o indiretti nella gestione delle imprese partecipate. Società di partecipazione finanziaria (prevalenza partecipazioni in intermediari finanziari); Società di partecipazione non finanziaria (prevalenza partecipazioni in imprese non finanziarie). SOCIETÀ DI LEASING: società (concedente) che mette a disposizione del proprio cliente (utilizzatore) un bene mobile o immobile, strumentale alla propria attività imprenditoriale, dietro il pagamento di un canone periodico. SOCIETÀ DI FACTORING: fornisce a un'impresa servizi che riguardano: 46 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA - La gestione e l'amministrazione dei suoi crediti; - L'incasso dei crediti; - La concessione di anticipazioni su tali crediti prima della scadenza. La società di factoring, dietro pagamento di una commissione, si assume l'onere di riscuotere l'importo dei crediti, e spesso fornisce finanziamenti all'impresa cliente sotto forma di anticipazioni sui crediti non ancora scaduti. Questa società gestisce solo l’attività di credito pura. SOCIETÀ DI CREDITO AL CONSUMO: società che svolgono attività di finanziamento delle persone fisiche e delle famiglie allo scopo di sostenere i consumi, tramite l’utilizzo di: • Carta di credito • Pagamento posticipati o rateizzato • Prestito personale (raramente supera i 20,000 euro) • Cessione del quinto dello stipendio • Consolidamento debiti SIM Società di Intermediazione Mobiliare: impresa, diversa dalle banche, autorizzata a svolgere servizi o attività di investimento, avente sede legale e direzione generale in Italia. Sono disciplinate dal TUF (Artt. 13-15) e registrate in un albo tenuto da Consob. Dopo i cambiamenti legislativi del 1996, molte si sono trasformate in banche. Possono avvalersi, nella commercializzazione dei propri servizi di investimento, di promotori finanziari. TUF art. 1 punto 5: 1) esecuzione di ordini per conto dei clienti. La Sim esegue ciò che l’investitore ha richiesto infatti agisce da broker; non agisce da dealer perché non offre propri prodotti. 2) negoziazione per conto proprio: può acquistare e vendere per conto proprio. 3) gestione di sistemi multilaterali di negoziazione. Si tratta di mercati regolamentati, hanno orari di apertura e chiusura diversi da quelli regolamentati e la loro liquidità (=spessore) è un po’ inferiore rispetto a quello dei mercati regolamentati veri e propri. Il più importante è l’MTS che chiude un quarto d’ora dopo rispetto ai mercato regolamentati, quindi, acquisisce tutte le informazioni che arrivano a chiusura di tutti i mercati ufficiali; quindi, il quarto d’ora può essere molto importante in termini d’investimento. Essi sono riconosciuti e regolamentati. Il Mot, per esempio, è il mercato principale e il sistema speculare è l’Extra-Mot che è gestito da Borsa Italiana proprio come il mercato principale. 4) ricezione e trasmissione di ordini; 5) sottoscrizione e/o collocamento con o senza assunzione a fermo e di garanzia nei confronti dell'emittente; 6) gestione di portafogli; 7) consulenza in materia di investimenti; 8) servizi accessori. Questi sono i servizi che svolgono sia le banche sia le SIM che, quindi, sono competitor diretti. Gestione Collettiva del risparmio La gestione collettiva passa dalla creazione, promozione, la gestione e l’amministrazione dei rapporti tra gli investitori dei fondi. Quando si parla di fondi si fa riferimento agli OICR che includono i fondi comuni di investimento, le Sicav e le Sicaf che gestiscono tutti capitali di terzi in monte senza dover chiedere nulla agli investitori. Questi meccanismi permettono di diversificare gli investitori, sia investitori istituzionali sia di investitori retail; i primi hanno più facilità nel diversificare il proprio portafoglio e il paniere di strumenti sui quali investono i secondi invece hanno un portafoglio meno diversificato oppure acquista una quota di questi panieri già diversificati. Il problema di affidabilità non si pone per i gestori di tali fondi perché queste hanno il loro patrimonio completamente separato rispetto a quello del fondo; nel caso in cui la SGR dovesse fallire, i creditori possono attaccarne il capitale o il patrimonio rimanente ma non possono attaccare quello dell’OICR che la gestisce ossia le risorse presenti all’interno del fondo. 47 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA 1. La raccolta di risparmio tra il pubblico e l'esercizio del credito costituiscono l'attività bancaria. Essa ha carattere d'impresa. 2. L'esercizio dell'attività bancaria è riservato alle banche. L’attività caratteristica delle banche è la contemporanea raccolta del risparmio ed esercizio del credito. La combinazione minima per essere definito banca è la compresenza di queste due attività. L’attività bancaria ha carattere d’impresa ed è riservata esclusivamente alle banche. QUELLO CHE DEVE FARE La combinazione raccolta del risparmio - esercizio del credito costituisce la combinazione minima di attività che definiscono l’attività bancaria. QUELLO CHE PUO’ FARE «Le banche esercitano ogni altra attività finanziaria, secondo la disciplina propria di ciascuna, nonché attività connesse e strumentali.» Le banche devono espletare la loro funzione minima e possono arricchirla con una, o più, attività finanziarie connesse e strumentali. Ciascun intermediario può realizzare la combinazione produttiva desiderata. ATTIVITÀ FINANZIARIE (cfr. approfondimenti obbligatori) 1)esecuzione di ordini per conto dei clienti (broker; best execution). 2)negoziazione per conto proprio (dealer); 3)gestione di sistemi multilaterali di negoziazione (tra mkt regolamentato e otc); L’esecuzione di ordini per conto del cliente prevede che la banca agisca da broker ossia esegua un ordine di acquisto o vendita in nome e per conto del cliente senza interporsi tra le parti. Lo può fare in 3 modi: -sui mercati regolamentati: la banca acquista o vende il prodotto che il cliente desidera. La banca è obbligata ad agire in regime di best execution ossia deve garantire che l’acquisto avvenga alle migliori condizioni possibili ossia al miglior prezzo e al minor costo di transazione. Se colui che chiede alla banca di eseguire un ordine fosse un investitore istituzione la best execution sarebbe diversa. E se ci fossero altri mercati, anche non regolamentati, con condizioni migliori, la banca può decidere di acquistare il medesimo strumento sui sistemi multilaterali di negoziazione oppure di negoziare quello scambio in conto proprio ossia di acquistare o vendere direttamente lo strumento che il cliente vuole qualora lo avesse già in portafoglio. In questo caso, si aprono due fattispecie: nella prima si apre la gestione di un sistema multilaterale di negoziazione, nella seconda si apre l’attività di negoziazione in conto proprio. Il sistema multilaterale di negoziazione è una sorta di mercato privato ma molto più trasparente, regolamentato da Consob ma la società di gestione può essere una società privata (es. banche o sim). Una delle piattaforme più grande ad oggi, gestita da Borsa Italiana, era nata come il mercato privato di Unicredit. Questi sistemi funzionano molto bene e la regolamentazione di queste piattaforme prevede degli orari di apertura delle negoziazioni diverso dai mercati regolamentati e sono meno liquidi (meno spesso). Generalmente non hanno le figure dei market specialist e di intermediari in grado di garantire la negoziabilità di un titolo. Sono una struttura a metà tra il mercato regolamentato ufficiale e il mercato over- the-counter. I mercati regolamentati dovrebbero essere gestiti solo da Banca d’Italia (gestisce anche etf, Mot, mercato delle obbligazioni, Borsa Italiana e il mercato regolamentato dei derivati) ma ad oggi vi è MTS, una società privata che gestisce molte piattaforme multilaterali di negoziazione ma anche il mercato dei titoli di stato all’ingrosso (mercato all sail) in cui gli istituzionali si scambiano enormi lotti di titoli di stato. Le piattaforme multilaterali di negoziazione sono gestita anch’esse, per la maggior parte, da Banca d’Italia. Per ogni mercato regolamentato esiste una piattaforma multilaterale di negoziazione corrispondente; ciò che cambia è la liquidità, il prezzo e gli orari di apertura. Una delle piattaforme più attive, e una delle prime ad essere riconosciuta, era l’euro TLX sempre gestita da Banca d’Italia; a cui si sono aggiunte MTS e Vorvel. 50 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA Se invece la banca vuole comprare o vendere in contropartita diretta ossia direttamente lo strumento di un cliente sta svolgendo negoziazione in conto proprio. L'intermediario è un dealer vero e proprio perché compra o vende direttamente quello strumento al suo cliente quindi si interpone con il bilancio. Non è molto frequente soprattutto con strumenti altamente negoziabili. Avviene più di frequente per strumenti meno liquidi (es. un cliente vuole diventare socio di un’impresa non quotata; desiderio che può sorgere da un’attività di consulenza della banca); in questo caso la negoziazione avviene per conto proprio, la banca ha un pacchetto di strumenti di partecipazione dell’impresa e direttamente lo vende al proprio cliente. Oppure esiste un mercato immobiliare interno ad Unicredit che fa incontrare o direttamente oppure assumendo una posizione da dealer il venditore e il compratore. In queste tre operazioni la banca ha, a vario titolo, una posizione attiva nella compravendita. 4)ricezione e trasmissione di ordini. In questo caso la banca assume una posizione passiva ossia non agisce né da dealer né da broker, semplicemente trasmette ad un altro intermediario l’ordine di acquisto o di vendita di un suo cliente; ciò accade quando l’intermediario non è abilitato alle prime tre attività ossia all’esecuzione di ordini per conto di un cliente. Oppure succede quando una banca molto grande ha una propria società captive ovvero una controllata che esegue soltanto ordini di compravendita e quindi demanda ma non demanda ad una propria controllata. 5)sottoscrizione e/o collocamento di strumenti finanziari (NB consorzio di semplice collocamento vs di garanzia vs di assunzione a fermo). Quando un’impresa si quota in borsa per la prima volta si affaccia sul mercato primario ossia vende per la prima volta i titoli, le azioni di nuova emissione. In contropartita, queste vengono acquistate dagli investitori istituzionali. Generalmente, esistono due tipi di collocamento: -collocamento privato: avviene tramite un’asta imperfetta (book building) nel quale l’emittente raccoglie tutte le offerte, proprio come in un’asta di acquisto, di volontà di acquisto dei propri strumenti in emissione. Ovvero, gli investitori istituzionali interessati all’acquisto di questi strumenti di emissione comunicano la combinazione di prezzo e volume che vogliono acquistare. Cos’è il book building? La costruzione di questo libro è l’ordinamento in termini di rapporto prezzo/volume di tutte le offerte. Vincono coloro che nel ranking hanno il miglior rapporto volume di strumenti che vogliono acquistare dall’emittente con il prezzo più alto. -collocamento pubblico: gli emittenti si interfacciano solo con istituzionali sul mercato privato e questi istituzionali si coalizzano in consorzi di collocamento e l’emittente paga le banche si consorziano perché, con diversi gradi di efficacia, garantiscono il buon fine dell’emissione di nuovi strumenti. Esistono 3 tipi di consorzi con un livello di garanzia del successo del collocamento crescente: -consorzio di semplice collocamento: gli intermediari che ne fanno parte si impegnano ad esortare i propri clienti ad acquistare questi strumenti. Ogni intermediario si fa portatore di una parte di tutti i nuovi strumenti. Se i clienti non dovessero acquistarli, la restante parte ritorna nella casse dell’emittente che dovrà procedere a collocarlo in altro modo, per esempio sul mercato secondario; questo ha quindi una minima garanzia di collocamento. -collocamento di garanzia: la parte residuale di strumenti che la banca non è riuscita a collocare presso i propri clienti viene acquistata dalla banca. L’incentivo della banca a vendere i titoli ai propri clienti è massimo quindi il successo è garantito ma l’emittente dovrà attendere del tempo prima che il consorzio concluda la propria attività. -consorzio con assunzione a fermo: in questo caso la banca acquista in toto, immediatamente, la quota di strumenti di nuova emissione che si è impegnata a collocare. Poi, in un secondo momento, sarà onere della banca collocare quanti più strumenti reputa giusto presso i propri clienti. Questo è un doppio vantaggio per l’emittente: 1.il collocamento avviene con successo 2.l’emittente non deve aspettare la chiusura delle attività del consorzio perché tutti i titoli emessi sono acquistati immediatamente dalle banche e dagli intermediari che fanno parte del consorzio con assunzione a fermo. 51 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA 6)gestione di portafogli. Un cliente può delegare alla banca la gestione del proprio portafoglio titoli; inizialmente il cliente crea una sorta di contratto di mandato nel quale le parti si accordano su quali sono le linee guida e gli obiettivi di investimento del cliente oppure su qual è il rischio massimo che il cliente riesce a tollerare oppure sulla composizione per asset class del portafoglio. La gestione effettiva degli investimenti è effettuata dalla banca. 7)consulenza in materia di investimenti. La banca da dei consigli di investimento al cliente, è un servizio a pagamento attraverso cui il consulente studia la situazione finanziaria del cliente creando un portafoglio ad hoc. L’attività di consulenza, quindi, prevede uno studio della posizione ottimale, degli obiettivi di investimento, della situazione familiare del cliente. Colui che esercita tale attività è il consulente finanziario iscritto all’albo dei consulenti; si differenzia dal private banker poiché quest’ultimo è un consulente molto specializzato che si occupa di gestione di patrimoni molto elevati. La banca per svolgere tutte queste attività, e in particolare la gestione e la consulenza di portafogli, deve conoscere molto bene i propri clienti; per questo motivo la direttiva Mifid (market financial instrument directive) si occupa del fatto che le banche agiscono nel modo più professionale ed etico possibile e si occupa di garantire i diritti di protezione degli investitori retail. 8)servizi accessori. custodia e amministrazione di strumenti finanziari; locazione di cassette di sicurezza; concessione di finanziamenti per effettuare operazioni relative a strumenti finanziari nelle quali interviene il soggetto che concede i finanziamenti; consulenza alle imprese in materia di struttura finanziaria, industriale e in materia di concentrazione e acquisti di imprese; servizi connessi all'emissione o al collocamento di strumenti finanziari; ricerca in materia di investimenti, analisi finanziaria o altre forme di raccomandazione generale riguardanti strumenti finanziari; intermediazione in cambi collegata alla prestazione di servizi di investimento. ADEGUATEZZA E APPROPRIATEZZA I requisiti di adeguatezza e appropriatezza indicati dalla MIFID rappresentano una parte delle regole di condotta relative all’obbligo da parte degli intermediari di agire in modo onesto, equo e professionale per servire al meglio gli interessi del cliente. Ne consegue che quando l’intermediario effettua servizi ad alto valore aggiunto come la consulenza in materia di investimenti o la gestione di portafoglio, il livello di approfondimento di conoscenza del cliente deve essere superiore rispetto agli altri servizi. Infatti, l’intermediario deve disporre e ottenere delle informazioni necessarie in merito alle conoscenze e esperienze del cliente o potenziale cliente in materia di investimenti riguardo al tipo specifico di prodotto o servizio, alla situazione finanziaria e agli obiettivi di investimento, per essere in grado di raccomandare i servizi di investimento e gli strumenti finanziari adatti al cliente o potenziale. Per tali servizi è previsto il massimo di tutela dell’investitore ossia il questionario di adeguatezza attraverso cui la banca impara a conoscere lo stato lavorativo o il livello di conoscenza in ambito finanziario; l’eventuale rifiuto di risposta la banca non può esercitare l’attività di consulenza. In questo caso le regole imposte all’intermediario sono molto rigide e ferree e nel caso in cui l’intermediario non ottiene dal cliente le informazioni richieste, non può effettuare il servizio. Invece l’obbligo per l’intermediario di effettuare la “valutazione di appropriatezza” è relativo ai servizi di negoziazione per conto proprio, di esecuzione di ordini per conto dei clienti, assunzione a fermo di strumenti finanziari. In questo caso si ritiene che il contenuto del servizio sia di carattere “secondario” in quanto non è l’intermediario a proporre uno strumento finanziario ma è lo stesso cliente ad indicare le operazioni da svolgere. Quando la banca riceve e trasmette ordini, non necessita di nessun requisito di adeguatezza o appropriatezza. 52 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA Mancanza di una sede fisica Investimenti tecnologici elevati Elevata capacità informativa e dispositiva (correlata alla gamma di servizi fruibile) Elevata prossimità con il cliente Possibilità di approfondimento della relazione di clientela elevate (clickstreamanalysis) Segmenti di clientela serviti: nicchie di mercato in espansione Problematiche di fidelizzazione Crisi della banca tradizionale: la fine degli sportelli e il popolo dei «debanked» -Innovazione tecnologica -Digital walls -surface technology -customer recognition -Flagship brand stores -Pop-up branches -Sportelli non permanenti CORPORATE BANKING Area d’affari estesa e multiforme, in cui l’offerta dell’intermediario aggrega continuamente prodotti e servizi che vanno a costituire un pacchetto ad-hoc per i clienti (gestione della tesoreria, delle attività finanziarie, della struttura di indebitamento, delle operazioni sul capitale proprio etc…). La clientela tipica delle corporate banks è costituita da imprese di media e grande dimensione e dotate di una forma societaria. il cliente tipico è una società/un’impresa medio-grande e i servizi sono diversi: l’impresa ha bisogno che la banca gestisca un grosso portafoglio di investimenti, le utilità oppure le quotazioni in borsa. Sono attività studiate per la singola società-cliente e con commissioni onerose. INVESTMENT BANKING Sono istituzioni finanziarie che offrono assistenza a emittenti pubblici e privati medio-grandi: ▪ Nella raccolta di capitali (emissione di primary securities) ▪ Come intermediari nelle operazioni di fusione e acquisizione ▪ Nella sottoscrizione e negoziazione di strumenti finanziari sui mercati secondari Possono comprendere anche i servizi di Corporate banking, Consulenza e gestione patrimoniale. NB: Contrariamente a quanto suggerisce il nome, quindi, non sono propriamente «banche», dal momento che non possono accettare depositi e sono sottoposte ad una regolamentazione meno rigida che consente loro di assumere rischi maggiori. GLASS-STEAGALL ACT In America, dopo la crisi bancaria del ’33, anche le banche d’affari dovevano essere separate da quelle commerciali. Dopo la crisi i cambiamenti sono stati i seguenti. Col Glass Steagall Act: - È stato introdotto un fondo massimo (150mila) 55 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA - Sono state separate distintamente le attività di investimento rispetto alla banca commerciale: se si è investimenti banking non si poteva ricevere i depositi. Clinton decise di eliminare questa distinzione e far sì che le banche potessero essere un’unione di queste due. (una banca piccola può essere commerciale e poco regolamentare) Lezione 10, 20/03/2023 ECONOMIA DELLE AZIENDE DI CREDITO L’ATTIVITA’ BANCARIA NEL QUADRO NORMATIVO ITALIANO L’attività bancaria si caratterizza per la congiunzione fra le operazioni: - di raccolta del risparmio fra il pubblico con obbligo di rimborso; - di concessione di credito. Le banche possono svolgere altre attività finanziarie consentite (ad es. servizi di investimento), attività connesse o strumentali, oltreché offrire servizi di pagamento. Rimangono salve alcune riserve di legge. Attività, quali la gestione collettiva del risparmio e l’attività assicurativa non possono essere direttamente esercitate da una banca poiché riservate per legge ad altri intermediari finanziari. Le banche agiscono in competizione con: -società non finanziarie 56 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA -altri intermediari finanziari (ad. Esempio assicurazioni) -stati comunitari e terzi Per la concessione di credito, agiscono in competizione con: -società finanziarie -altri intermediati finanziari (ad. Esempio assicurazioni, fondi di investimento) -peer-to-peer lending Per i servizi di investimento sono in competizione con: -SIM -SGR -assicurazioni Per i servizi di pagamento sono in competizione con: -Istituti di moneta elettronica (Imel) -Istituti di pagamento -Operatori non finanziari (ad es. FAAMG) TASSONOMIA DEI MODELLI BANCARI I modelli di governance: - Società di capitale pure (shareholders oriented): le banche SPA. Orientate al soddisfacimento dei portatori di capitale di rischio. - Società di capitale di natura cooperativa e finalità mutualistica (stakeholders oriented): le banche di credito cooperativo (BCC). Sono orientate a tutti i portatori di interesse, non soltanto agli azionisti poiché in un S.r.l. questa figura non è presente. Sono orientati quindi al soddisfacimento dei propri clienti. I modelli proprietari: - Banche private (il cui capitale è in mano ad azionisti non pubblici ma, talvolta, sono ammessi anche azionisti pubblici soprattutto nei contesti di grandi crisi bancarie) - Banche pubbliche (ad es. le casse di risparmio tedesche, le banche di sviluppo). La maggioranza del capitale di una banca deve essere pubblico; questa era l’idea prevalente fino ai primi degli anni ’90. I modelli di specializzazione del business: - Banche generaliste: servono molteplici pubblici con una gamma diversificata di servizi. Hanno eterogenee linee di business e soddisfano un’ampia fascia di clienti. - Banche specializzate: con focus sull’offerta di servizi specifici, un mercato geografico specifico oppure una tipologia di clientela determinata. MODELLI ISTITUZIONALI E ORGANIZZATIVI La scelta di un modello organizzativo dipende dai seguenti fattori: ▪ Le modalità di divisione del lavoro tra i soggetti operanti in un’organizzazione e i relativi meccanismi di coordinamento (complessità organizzativa) ▪ L’ambiente (deregulation, globalizzazione dei mercati, virtual banking, decentramento organizzativo, specializzazione). ▪ L’età e la dimensione dell’organizzazione (formalizzazione organizzativa vs dinamismo ambientale, reputation). Più la banca è grande e complessa e più tenderà ad un modello generalista. ▪ Vincoli normativi (interesse pubblico, framework nazionale e internazionale → segue caso italiano. In passato ci sono state delle forti spinte regolamentari per decidere quale modello istituzionale adottare. Due di maggiore importanza negli anni ’90 SPINTE NORMATIVE E MODELLI ORGANIZZATIVI 3 leggi cardine: 1. Legge Amato-Carli 1990: Privatizzazione delle banche italiane. Inizialmente la legge Amato-Carli aveva spinto per il modello del gruppo polifunzionale. 2. Legge 287/90 sulla tutela della concorrenza 57 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA ▪ Difficoltà organizzative ed elevati costi di integrazione. Se una banca universale assorbe un’altra banca la deve smembrare interamente affinché possa essere integrata quindi diventa difficile mantenere un’integrità anche dopo l’unione di più banche. ▪ Costi di monitoraggio ▪ Elevati investimenti iniziali LA BANCA SPECIALIZZATA Essa sceglie un profilo tra la tipologia di prodotti e servizi da offrire alla clientela. Può teoricamente essere un polo di offerta completa sulla base delle indicazioni del TUB ma si specializza in prodotti/servizi specifici, canali distributivi, clientela, zona geografica. La specializzazione, quindi, è oggi una pura scelta strategica dei vertici della banca. Implica la scelta di un profilo di elezione tra: • Prodotti e servizi finanziari; • Fasce di clientela; • Canale distributivo; • Aree geografiche. CHI SONO? • Società Finanziarie trasformate in banca (soprattutto nella gestione dei patrimoni mobiliari, credito al consumo, leasing, etc). • Nuove banche: tipica specializzazione geografica. • Piccole banche (es. BCC, banche con una forte vocazione territoriale, non si tratta di una scelta di impiego ma decidono di rimanere piccole banche ma fortemente specializzate) VANTAGGI: ▪ Specificità delle competenze ▪ Economie di apprendimento: riesce a diventare la banca di riferimento per un dato tipo di operazione. ▪ Premium price SVANTAGGI: ▪ Difficoltà di diversificazione ▪ Concentrazione dei rischi (imprenditoriali, «di controparte») ▪ Dimensioni ridotte (non è uno svantaggio tout court, ma tutta la questione di reputation viene meno perché si può essere la banca specializzata per eccellenza a livello nazionale ma non a livello internazionale perché in quest’ultimo caso diventerebbe necessariamente una banca di grandi dimensioni) IL NETWORK Nata come forma difensiva operata da banche con forte vocazione territoriale per contrastare i processi di acquisizione o internalizzazione. Le piccole banche si coalizzano con altre banche con competenze elevati altrettanto specifiche in altri settori così che il network possa avere ampie aree di competenza. → Omogeneità dimensionale & non-sovrapposizione territoriale Accordi e relazioni tra intermediari bancari organizzati attorno a un organismo centrale, che consente di creare sinergie, superando i limiti dimensionali delle singole realtà locali. La holding, tuttavia, non assume partecipazioni di controllo; le banche locali mantengono la loro autonomia e possono valutare in ogni momento la convenienza di politiche make or buy. Il network, quindi, non ha una strategia comune e il fatto che siano rimaste così informali è stato il punto di debolezza di queste banche. Accordi privati tra le banche e la banca capogruppo del network non ha partecipazioni nelle altre banche che rimangono indipendenti e quindi di volta in volta la banca può decidere se acquistare un servizio dalle banche facenti parte del network o da altre banche esterne. 60 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA Gruppo finanziario: insieme organizzato di banche in cui la holding ha delle partecipazioni dirette e anche di controllo nelle banche che fanno parte del gruppo. Infatti, in questo caso viene redatto un solo bilancio consolidato. Questa è l’evoluzione o formalizzazione del network bancario. IL GRUPPO BANCARIO ▪ Sistema di società specializzate in determinati servizi finanziari, governate da una capogruppo, che esercita anche funzioni di pianificazione strategica tra tutte le società del gruppo. → La banca assume partecipazioni in una società di leasing, in una società di factoring, in una SIM, in una società di gestione fondi etc. …in ottica di salvaguardia delle autonomie e delle differenti specializzazioni ▪ Tramite questa rete di partecipazioni in società specializzate, il gruppo polifunzionale riesce a costituire un polo di offerta ampio e diversificato di servizi finanziari. • modello organizzativo che comprende – una capogruppo (holding pura o mista). Il core-business è l’assunzione di partecipazioni nelle controllate. – società che svolgono attività bancaria, finanziaria (e spesso anche assicurativa). La banca svolge attività bancaria e ha anche partecipazioni all’interno degli intermediari del gruppo. • consente di abbinare – un unico disegno strategico e imprenditoriale – economie di specializzazione che scaturiscono dagli elevati livelli di specializzazione che contraddistinguono i processi produttivi delle diverse società • modello adottato in prevalenza dalle banche italiane (a partire dagli anni ‘90) per realizzare la diversificazione produttiva. Quali strutture societarie nel gruppo? • capogruppo: può essere – holding pura quando non svolge attività operativa, ma si occupa della gestione strategica e del coordinamento del gruppo. – holding mista quando non attua una separazione tra la gestione operativa e quella strategica. •subholding: società finanziarie alle quali vengono imputate partecipazioni in società controllate appartenenti a raggruppamenti omogenei (non sempre presenti) •società specializzate: svolgono singole attività finanziarie CONFIGURAZIONI DEL GRUPPO BANCARIO ▪ modello funzionale: ogni controllata svolge una singola funzione ridotta complessità gestionale strategia di integrazione orizzontale (processi di acquisizione) elevata autonomia per controllate contenimento costi di struttura ▪ modello federale: la holding partecipa direttamente negli intermediari. la specializzazione è di tipo geografica. aggregazione “progressiva” di banche a vocazione locale mantenimento relationship a livello “locale” (federalismo) capogruppo: indirizzo strategico, coordinamento e controllo gestione accentrata di talune attività banche “federate”, società prodotto e società strumentali a valle (gestione di diverse “culture” aziendali) ▪ modello divisionale: la holding controlla delle divisioni (aree strategie di affare) in cui ogni controllata si specializza in un segmento di clientela, un prodotto... ridotta complessità gestionale “ideale” per banche grandi e diversificate ASA (business unit) ≅ divisione capogruppo: monitoraggio e valutazione della performance delle singole ASA + indirizzo strategico del gruppo divisioni organizzate per: 61 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA – prodotto – segmento di clientela – area geografica ▪ modello ibrido VANTAGGI: ▪ Economie di specializzazione ▪ Maggiore facilità nell’acquisire risorse finanziarie e nel creare accordi e alleanze (merger vs acquisition). L’acquisita rimane con la configurazione che ha sempre avuto e si inserisce, così com’è, all’interno del gruppo. ▪ Maggiore flessibilità operativa ▪ Isolamento della banca dai rischi delle società che esercitano attività non core (ma…) ▪ Riduzione dei conflitti di interesse SVANTAGGI: ▪ Organizzazione burocratica ▪ Potenziale minore efficienza del modello del gruppo rispetto a quello della banca universale ▪ Problemi di unicità strategica ▪ Costi di trasferimento, di coordinamento e di integrazione DOMANDA D’ESAME: elencare in forma tabellare i punti di forza e di debolezza del gruppo e della banca universale, specializzata, del network e del gruppo. I CONGLOMERATI FINANZIARI Il 31 marzo 2006 la Consob, la Banca d'Italia e l'IVASS hanno congiuntamente sottoscritto l'Accordo di coordinamento in materia di identificazione e di adeguatezza patrimoniale dei conglomerati finanziari. Ad oggi l’unico conglomerato italiano è Generali che opera principalmente nel settore assicurativo ma svolge anche il servizio bancario. Il gestore che coordina l’attività è IVASS. Anche Mediolanum fino all’anno scorso era un conglomerato, quest’anno non lo è più poiché ha esternalizzato i propri prodotti. Le società di partecipazione finanziaria miste sono imprese madri, diverse da un’impresa regolamentata, che insieme con le imprese figlie, di cui almeno una sia un’impresa regolamentata con sede sociale nell’Unione, e con altre imprese costituiscano un conglomerato finanziario. 62 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA Dal punto di vista storico questa classificazione è sempre stata vera ma, negli ultimi anni, questa classificazione è in evoluzione. -sistemi banco centrici: l’intermediazione bancaria è fondamentale all’interno della funzione creditizia. Storicamente erano basati su funzioni creditizie fortemente influenzate dalle informazioni private o privilegiate che gli intermediari riescono ad avere in virtù della relazione personale e puntuale che hanno con il cliente. -sistemi mercato centrici: la funzione creditizia e le transazioni finanziarie sono svolge in modo autonomo dagli attori e quindi convergono in autonomia sui mercati. Gli intermediari inoltre svolgono il ruolo broker. Tale classificazione non è sempre netta: gli intermediari sono importanti anche nel Regno Unito (assicurazioni e fondi pensione privati) e negli USA (banche di investimento). Un’altra distinzione è fra sistemi basati su relazioni strette con la clientela e su informazioni private (relationship-based: di solito combaciano con i sistemi banco centrici) e sistemi con un grado elevato di anonimità (arm’s lenght) e fondati su informazioni di natura pubblica. Non esiste un modello superiore all’altro né un modello puro. LA BANK-BASED VIEW: PUNTI DI FORZA -Superiore capacità di acquisizione di informazioni (anche riservate) su aziende e management favorisce l’allocazione più efficiente di risorse finanziarie e relazioni di lungo periodo. Riescono ad acquisire informazioni in virtù del rapporto personale che l’intermediario ha con il proprio cliente; il fatto che ci sia una relazione personale orientata al lungo periodo fa sì che le due controparti effettivamente si conoscano. È più semplice ridurre le asimmetrie informative e le distorsioni che si sono create ex-ante ed ex-post. -Le banche - come coalizioni coordinate di investitori (i loro azionisti) - sono migliori rispetto ai mercati (canali non coordinati) a monitorare le imprese e a ridurre il moral hazard post-prestito. -più efficaci nell’esecuzione dei crediti. È vero per clienti retail e corporate ma con l’aumentare della complessità del prenditore di fondi, questa capacità viene meno. -Le banche possono forzare in modo più efficace le imprese a ripagare i debiti rispetto ai mercati, soprattutto nei paesi in cui i sistemi legali sono deboli. -I sistemi finanziari bancocentrici risultano maggiormente idonei a favorire un’industrializzazione diffusa, spesso caratterizzata dalla elevata presenza di micro, piccole e medie imprese (caso Italia). Questo è vero ma non è certo che il fatto che il nostro sistema finanziario sia bancocentrico abbia portato ad un’industrializzazione diffusa; il tessuto industriale infatti è sempre stato frammentato e questa frammentazione probabilmente ha fatto sì che un sistema bancocentrico, con banche di piccole dimensioni con una buona conoscenza del territorio, fosse la combinazione migliore. L’industrializzazione diffusa ha quindi dettato il nostro modello finanziario come modello bancocentrico. PUNTI DI DEBOLEZZA -Elevati costi di intermediazione. Il fatto che il prenditore di fondi debba passare per un intermediario fa sì che debba pagare l’attività d’intermediazione svolta dalle banche. -Rischio di formazione di accordi collusivi. Il nostro è un sistema bancocentrico e fortemente concentrato poiché vi sono poche banche player che possono essere spinte alla conclusione di accordi collusivi. Questo rischio è però contenuto e minimizzato dagli accordi antitrust. -Limitato accesso al capitale di rischio; è uno dei punti di debolezza maggiore perché la banca, per definizione, è prestatrice di capitale di debito. Se le imprese sono portate a chiedere finanziamenti alle banche per far entrare capitale di debito, fa sì che il loro incentivo a quotarsi e chiede capitale di rischio sui mercati sia inferiore. È necessario un giusto equilibrio tra quote di capitale di debito e capitale di rischio perché, da un lato, si cerca di ridurre i costi di intermediazione mentre dall’altro, per avere visibilità, l’impresa si quota ottenendo quindi una valutazione oggettiva dal mercato. L’ingresso di componenti terzi all’interno della governance societaria può portare un punto di vista diverso, innovazione, dialogo, e idee nuove e quindi viene meno. 65 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA -Possibile concentrazione negli assetti proprietari delle imprese partecipate. Rischio che si stava manifestando in modo concreto in Italia: poche banche grandi che erano sostanzialmente il mach quasi forzato tra banche con corporate banking sviluppato e grandi banche. Le banche grandi sono le uniche a diventare controparti perché le banche di piccole dimensioni difficilmente hanno un corporate banking ben sviluppato. Motivo per il quale anche l’attività di acquisizione di partecipazioni da parte delle banche era a rischio di concentrazione; solo poche grandi banche hanno capitale a sufficienza per acquisire partecipazioni rilevanti nel capitale delle imprese. -Possibile creazione di frizioni all'innovazione e alla competizione fra imprese per proteggere le imprese con più stretti legami bancari. LA MARKET-BASED VIEW: Questo sistema utilizza l’incontro autonomo tra domanda e offerta di capitale senza che venga intermediato da intermediari natura finanziaria. I mercati prezzano gli emittenti a cadenza annuale. Il mercato aggrega le informazioni di tanti emittenti e contestualmente le inserisce all’interno del prezzo che sconta informazioni storiche, contemporanee e private. I mercati anche se caratterizzati da efficienza in forma debole sono in grado di tradurre le informazioni nel prezzo. PUNTI DI FORZA -I mercati dei capitali competitivi svolgono un ruolo positivo nell’aggregare (in maniera efficiente) informazione diffuse e trasmettere queste informazioni agli investitori, con conseguenze benefiche per il finanziamento dell’economia e la performance economica. -I sistemi finanziari basati sui mercati rafforzano il governo societario, favorendo le operazioni di acquisizione del controllo societario e rendendo più facile collegare il compenso del management alle performance societarie. L’impresa quotata può parametrare le politiche di remunerazione del top management all’andamento degli azionisti di modo che si crei un incentivo affinché il top management curi gli interessi dell’azienda facendone aumentare il valore in Borsa. -I mercati facilitano la gestione del rischio attraverso la produzione/scambio di strumenti finanziari idonei al suo trasferimento. Il mercato finanziario è un luogo in cui si possono acquistare altri prodotti finanziari, tra cui i derivati che sono molto utili per minimizzare il trasferimento di rischi (=il derivato swap è lo strumento che permette il trasferimento di rischi). Uno swap molto semplice è quello per cui due controparti si scambiano alla fine dell’ultimo periodo della vita del derivato due tassi. Il primo emittente scambia un tasso fisso, quindi paga alla controparte un tasso fisso, la controparte paga la prima ad un tasso variabile; fanno dunque uno scambio. ESEMPIO SWAP: l’investitore 1 ha un debito nei confronti della banca e quindi ogni anno deve pagare il 2%. Se è un contratto a lungo termine, può accorgersi che cambiando la situazione macroeconomica cambia anche la convenienza di questo contratto. Ad esempio, se sui mercati finanziari i tassi stanno scendendo. Potrebbe essere conveniente entrare in un contratto di swap con un secondo investitore e quindi letteralmente scambiare il proprio tasso fisso con un tasso variabile. Come si fa? L’investitore 1 promette all’investitore 2 di pagare il tasso variabile che è ignoto ex-ante; l’investitore 1 però sta scommettendo che sarà inferiore rispetto a quello fisso (=ribasso dei tassi). L’investitore 2 pagherà quindi il tasso variabile in cambio del tasso fisso che l’investitore 2 gli pagherà. L’investitore 1 prende il 2% dall’investitore 2 e lo cede alla banca mentre paga il tasso variabile all’investitore 2. La differenza tra lo spread tra il 2% fisso e il variabile è il guadagno dell’investitore 1. Se le cose vanno come previsto, l’investitore 1, che ha scommesso sulla discesa dei tassi, ha un guadagno. L’investitore 2 continuerà a pagare il 2% ma se questo tasso dovesse salire, continuerà a pagare di più mentre l’investitore 1 gli pagherà un tasso variabile che sta salendo. PUNTI DI DEBOLEZZA 66 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA -Maggiore discrezionalità delle imprese nelle scelte di struttura finanziaria (rischio di eccesso d’indebitamento). -Elevato trasferimento del rischio d’impresa verso le famiglie e gli altri attori del sistema finanziario. Le scelte di investimento sono demandate in capo agli investitori retail che, se diventano prestatori di capitale di rischio, diventano la categoria meno tutelata tra gli investitori. Con un po’ di innovazione finanziaria, esisterebbero dei prodotti che trasferiscono parte dei propri rischi agli investitori senza che se ne rendano conto. Più il sistema non ha banche che trasformano e annullano il rischio del prenditore di fondi, più questi finiscono in capo agli investitori retail che sono i più deboli poiché non hanno le conoscenze sufficienti per operare su questi mercati. MKT VS BANK ORIENTATION Per capire se un mercato è bank o market oriented bisogna tenere conto di alcuni indicatori. Analisi della dimensione e dell’orientamento attraverso i seguenti indicatori: Relative size measures ▪ Total assets of deposit banks/total financial assets: totale dei depositi bancari/totale degli asset comprati e venduti sul mercato finanziario. Da una misura del volume di affari delle banche al numeratore e del volume di affari disintermediato al denominatore; maggiore è il rapporto maggiore è l’importanza relativa delle banche rispetto alle imprese. Se il rapporto è maggiore di 1 è un sistema più orientato alle banche; se minore di 1 è un sistema più orientato al mercato. ▪ Other financial institution assets/total financial assets ▪ Bank assets/stock market capitalization*: attivi bancari diviso capitalizzazione di mercato. Absolute size measures Esse non guardano al peso relativo di banche e mercate ma al peso complessivo di banche o mercato sul totale dell’economia nazionale. ▪ Total assets of deposit banks/GDP: depositi bancari diviso per il PIL. ▪ Other financial institution assets/GDP ▪ Bank assets/GDP ▪ Liquid liabilities (moneta circolante+depositi bancari) /GDP CAPITALIZZAZIONE E FLOTTANTE • FLOTTANTE: Insieme di azioni di un emittente pronte per la negoziazione sul mercato azionario. Borsa Italiana per quotare un emittente richiede almeno il 25% del capitale libero di essere negoziato sui mercati. Quando tale vincolo non viene rispettato, Borsa Italiana può decidere di bloccare la negoziazione del titolo. Gli emittenti che hanno un flottante di poco superiore al 25% si tratta di azioni sottili. Quantità di azioni di una società che non costituiscono le partecipazioni di controllo e che sono quindi disponibili per la negoziazione in borsa. Il flottante rappresenta la parte del capitale sociale effettivamente in circolazione sul mercato azionario. Nel computo di questa quota non si tiene conto delle partecipazioni azionarie di controllo, di quelle vincolate da patti parasociali e di quelle soggette a vincoli alla trasferibilità (come clausole di lockup) di durata superiore ai 6 mesi; al contrario, rientrano nel computo le azioni possedute da organismi di investimento collettivo del risparmio, da fondi pensione e da enti previdenziali. Borsa Italiana S.p.A. richiede alle società specifici requisiti in termini di flottante minimo per l’ammissione a quotazione: si richiede un flottante minimo pari al 25% del capitale per le azioni negoziate nei segmenti di Borsa. Una volta ammessa a quotazione, la società deve mantenere il requisito relativo al flottante; infatti, la carenza di negoziazioni sul proprio titolo può comportare la revoca dell’ammissione a quotazione. Le azioni con un flottante di poco superiore al 25% e caratterizzate da bassi volumi di scambio sono dette titoli sottili. • CAPITALIZZAZIONE: Numero totale di azioni per valore di mercato delle stesse. La capitalizzazione è la valorizzazione di tutte le azioni di un emittente. Per calcolarlo prendo il numero totale di azioni nelle quali il capitale sociale è diviso e lo moltiplico per il valore che quell’azione ha sul mercato. 67 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA I diritti provenienti da uno strumento finanziario vengono iscritti cartolarizzati in un altro. Uno strumento cartolarizzato è uno strumento ibrido che viene collocato sul mercato e quindi acquistato da investitori retail; generalmente ha come sottostante un rapporto di debito. Sono obbligazioni particolati perché si chiamano asset backed; esse sono supportate perché i flussi che queste obbligazioni pagano a coloro che li hanno acquistati provengono da un altro strumento. I flussi di cassa che le ABS promettono sono tanto più sicuri quanto sono più sicuri lo strumento di partenza che produce flussi. Il consumatore compra l’abs pretende un pagamento ma la cedola viene pagata solo quando l’asset che è alla base produce flussi. Il problema è che generalmente questo asset è un pull ossia è un fondo in cui sono contenute attività a strumenti tipicamente illiquidi, con un basso rating creditizio, con poca probabilità di produrre flussi in ultima istanza. Però, coloro che acquistano l’abs spesso non se ne rendono conto perché l’abs è emessa da un emittente che si chiama SPV, nata esclusivamente per la collocazione di questi strumenti. Classico esempio di ABS è la MBS. L’asset che teneva in piedi questo sistema di creazione di flussi erano i mutui che più banche avevano erogato ai propri clienti. I clienti sono i motori dei flussi attraverso il pagamento delle rate; queste a loro volta servono per pagare affinchè questo veicolo paghi la remunerazione a coloro che acquistano le ABS. Gli investitori di abs si aspettano una remunerazione. Ma se i mutuari non pagano il mutuo? L’investitore non riceve nessun compenso, avendo un rapporto di credito con la SPV, la SPV fallisce e la banca ha molti mutui non performanti. Le banche americane hanno preso tutti i mutui non performanti che avevano e li hanno messi in fondi creando veicoli esterni alle proprie banche per pagare le abs. Il problema è che la qualità dei mutui in quei fondi è decresciuta, è peggiorata perché molte banche avevano fatto questa mossa di ingegnerizzazione finanziaria. Il mutuario non riusciva più a pagare il mutuo, la banca riceveva la casa ipotecata e la vendeva sul mercato; il mercato però si è saturato. Le banche, quindi, esternalizzavano il rischio ma senza tenere conto che il mercato si potesse saturare e che le case potessero perdere valore e che quindi non fossero in grado di ricoprire la perdita. La cartolarizzazione è un'operazione finalizzata alla creazione di titoli negoziabili, le Asset Backed Securities (ABS). Tali titoli derivano i flussi di cassa che garantiscono la remunerazione che essi forniscono ai sottoscrittori da un pool di attività tipicamente illiquide (prestiti, crediti commerciali, immobili). A garanzia degli investitori, tale pool di attività assume soggettività autonoma rispetto all'originario proprietario degli asset e a tale scopo le attività sono conferite a un'entità speciale appositamente creata per tale scopo (Special Purpose Vehicle, SPV). Un caso particolare (e famigerato…) di ABS: le MBS LO SHADOW-BANKING 70 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA Shadow banking: “ogni forma di intermediazione creditizia che coinvolge entità o attività in parte o completamente al di fuori del sistema bancario tradizionale” (Financial Stability Board) Lo shadow banking accade ogni volta che un intermediario non bancario svolge la funzione creditizia (es. società di credito al consumo). Tale processo di intermediazione può generare rischi di natura bancaria e possibili arbitraggi regolamentari. A differenza delle banche tradizionali che si finanziano prevalentemente attraverso i depositi e hanno accesso, se necessario, alla liquidità di banca centrale, le «banche» ombra non regolamentate raccolgono attraverso il mercato/investitori, esponendosi a una potenziale carenza di liquidità, con il rischio di dovere vendere forzosamente e a prezzi ridotti le attività in portafoglio o chiedere supporto alle entità “sponsor” (fra cui banche). Il suo sviluppo fu inizialmente accolto con favore dalle autorità di regolamentazione. Si riteneva, infatti, che la presenza di canali di finanziamento alternativi a quelli tradizionali e la canalizzazione di risorse verso investimenti e bisogni specifici avrebbero prodotto effetti positivi sia nel sistema finanziario sia nel settore reale, promuovendo una sana competizione nel mercato bancario, una tendenziale riduzione dei costi, una diversificazione del rischio e una efficiente allocazione delle risorse (Canelli-Realfonzo, 2020). In Italia, il “sistema bancario ombra” è regolamentato, in gran parte seguendo il principio della vigilanza bancaria equivalente: fa si che gli intermediari non bancari che svolgono la funzione creditizia siano più solidi. Coerenza tra regolamentazione sulle banche sia quella sugli intermediari non bancari contribuiscono a ridurre i rischi sistemici e di arbitraggio normativo. La rilevanza del sistema bancario ombra è tanto più importante maggiore è la pressione regolamentare sulle banche. Il mondo dello shadow banking non è omogeneo, ci sono diversi operatori che operano con diversi gradi di opacità. Sono tre gli insiemi che vengono definiti all’interno dello shadow banking. MUNFI monitoring universe of non-bank financial intermediation: società veicolo di cartolarizzazioni, fondi di investimento speculativi e non, società finanziarie attive nella concessione di credito, fondi pensione, assicurazioni, brokers con funzioni di prestito, ecc. Sono tutti soggetti più o meno regolamentati e sottoposti ad attenta supervisione. OFI other financial intermediaries: tutti gli intermediari finanziari compresi fondi pensione e assicurazioni. È un sottoinsieme più selettivo rispetto al munfi; racchiude tutti gli intermediari che operano all’interno dello shadow banking ma che non sono ricompresi nel munfi. Questi sono soggetti meno regolamentati. NARROW SHADOW BANKING: esso è il sistema ombra in senso stretto; rappresenta tutto il sistema bancario che sfugge alla regolamentazione. Gli assets delle entità inglobate dalla misura aggregata MUNFI ammontavano, nel 2019, a $185mila miliardi, di cui $117 mila miliardi riconducibili a OFI, $32 mila miliardi alle imprese assicurative e $33,6 mila miliardi ai fondi pensione. Il sistema bancario ombra in senso stretto (narrow) ammonta a $51,6 mila miliardi e viene individuato rimuovendo dalla macro-mappa MUNFI: 1) fondi pensione, assicurazioni, OFI e ausiliari finanziari non coinvolti nell’attività di intermediazione creditizia; 71 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA 2) entità consolidate in gruppi bancari, sottoposti alla regolamentazione prudenziale e supervisione; 3) residuo statistico (derivante da differenze metodologiche nella raccolta e classificazione dei dati dei conti finanziari nazionali di alcune giurisdizioni). Se non sappiamo quali sono gli strumenti del narrow, da dove derivano i 51,6 miliardi? Gli analisti ci sono arrivati per esclusione attraverso la stima dei flussi finanziari complessivi a cui hanno sottratto i munfi e gli ofi. Gli asset del narrow sono pochi poiché in essi si possono nascondere flussi illegali; finché la parte preponderante è costituita da ofi o munfi si può ritenere che il sistema bancario sia solo parzialmente deregolamentato. LE MISURE CONTRO LO SHADOW BANKING Lo shadow banking non è una grande minaccia purché il rapporto tra shadow banking non regolamentato e regolamentato rimanga con una netta minoranza della parte non regolamentata. È necessario quindi adottare delle misure contro lo shadow banking: ▪ Monitoraggio della sua evoluzione ▪ Limitazioni all’attività creditizia dello shadow banking ▪ Regolamentazione delle esposizioni bancarie verso lo shadow banking Spesso sono le banche stesse che operano all’interno sistema bancario ombra per sfuggire alle stringenti regolamentazioni. Lezione 12, 31/03/2023 ECONOMIA DELLE AZIENDE DI CREDITO CONCENTRAZIONE BANCARIA A partire dall’inizio degli anni Novanta, l’industria bancaria europea ha conosciuto un sensibile processo di concentrazione. Per concentrazione in un mercato si intende che si ha una riduzione del numero di player la cui quota aumenta nel mercato. Questa forte spinta alla concentrazione è dovuta a 3 principali determinanti dell’aggregazione tra banche che sono: ▪ Deregolamentazione finanziaria; ▪ Crescente integrazione tra i mercati; ▪ Progresso tecnologico. 72 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA Già verso la fine degli anni Novanta le operazioni di M&A sono diventate più importanti in termini di dimensione, motivate anche dall’obiettivo di migliorare la posizione competitiva sul mercato internazionale. INDICI DI CONCENTRAZIONE Vi sono due indici che permettono di calcolare la concentrazione bancaria di un sistema finanziario: CR3/5: total-asset dei primi 3/5 player bancari sul totale dell’industria bancaria. Permette di ordinare le banche per quota di mercato, si prendono le prime 3, per esempio, e valuto la rispettiva quota di mercato. HHI: Herfindahl-Hirschman, è la somma dei quadrati delle quote percentuali di mercato di ciascuna banca HHI=ΣN i=1Qi^2, dove Qi è la quota di mercato dell’i-esima banca. L’HHI varia tra 0 e 1; il valore massimo per singola banca corrisponde a una situazione di completo monopolio, mentre valori molto bassi dell’indice si ottengono in mercati nei quali c’è un numero elevato di agenti, ciascuno dei quali detiene una piccola quota di mercato. L’INTERCONNESSIONE FINANZIARIA Si riferisce alle relazioni tra gli agenti economici dovute alle transazioni finanziarie realizzate. Il grado di interconnessione aumenta con: -le dimensioni degli intermediari bancari e finanziari -il livello di concentrazione dei sistemi finanziari -l’ampiezza dell’operatività internazionale degli operatori finanziari (si rifà al concetto di disintermediazione bancaria). In un sistema finanziario altamente interconnesso, l’insolvenza di un intermediario può essere velocemente trasmessa ad altre entità e all’economia reale. L'interconnessione è uno dei fattori chiave nei framework analitici per la valutazione del rischio sistemico (=rischio che il fallimento del sistema finanziario si possa trasmettere a quello reale) nel settore bancario sviluppati dal Fondo Monetario Internazionale (FMI), dalla Banca per i regolamenti internazionali (BRI) e dal Financial Stability Board (FSB). UN CASO CONCRETO DI CONCENTRAZIONE FINANZIARIA: IL GRUPPO INTESA SANPAOLO LA STORIA 2/2 Si tratta di due realtà fortemente complementari: l'Istituto Bancario San Paolo di Torino, è specializzato nell'attività creditizia retail, l'IMI, ente di diritto pubblico fondato nel 1931 per sostenere la ricostruzione del sistema industriale nazionale, è una primaria banca d'affari e di investimento. Intesa Sanpaolo nasce il 1° gennaio 2007 dalla fusione delle due grandi realtà bancarie italiane Banca Intesa e Sanpaolo IMI. Il 12 aprile 2021 Intesa Sanpaolo incorpora UBI Banca. Lezione 14, 17/04/2023 ECONOMIA DELLE AZIENDE DI CREDITO RISCHIO SISTEMICO Il rischio relativo a un'unica banca (totale di una banca) può essere suddiviso in due componenti: -rischio idiosincratico: può essere diversificato. All’interno di un portafoglio diversificato l’investitore può ridurre il rischio dell’investimento. -rischio sistemico: non può diminuire nemmeno grazie ad una buona attività di diversificazione. 75 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA Quando inseriamo gli strumenti emessi dall’emittente all’interno di un portafoglio sappiamo che possiamo abbattere la componente specifica ma non si può far nulla sulla componente sistematica. Il rischio sistemico e idiosincratico insieme determinano il rischio complessivo di un emittente. Ciò su cui ci andremo a focalizzare è il rischio sistemico quindi guardiamo al rapporto che c’è tra la rischiosità di una banca rispetto ad un’altra banca. Le banche che hanno un rischio sistemico la cui rischiosità può essere trasmessa anche alle altre banche si chiamano global systematically important institutions. G-SIIS: GLOBAL SYSTEMICALLY IMPORTANT INSTITUTIONS G-SIFI: Global Systemically Important Financial Institutions G-SIBs: Global Systemically Important Banks Non tutte le banche hanno un effetto spill-over rispetto al proprio rischio (il rischio di una banca inonda anche quello delle altre banche quindi si propaga all’interno del sistema bancario). Banche “too big to fail» troppo grandi per - essere lasciate – fallire. Questa espressione dà la sensazione che le banche siano tanto grandi da non poter fallire in realtà sono troppo grandi per essere lasciate fallire; nel primo caso andremmo a pensare che la dimensione delle banche impedisca o renda complicato il loro fallimento; in realtà queste sono troppo grandi affinchè il legislatore possa lasciarle fallire perché il loro fallimento comporterebbe un rischio domino sulle restanti banche. Discrimine: LGD (lost given default = perdita dato il default: una volta che la banca è fallita qual è la perdita che il sistema registra), non PD (=probability of default)!!! Le g-sibs non sono così stabili da non poter fallire ma anzi sono troppo grandi per essere lasciate fallire perché la perdita che causerebbero al sistema, a causa del loro fallimento, sarebbe troppo grande. Il termine too big to fail quindi minimizza la questione perché il criterio dimensionale non è rilevante nel poter definire il rischio sistemico. Il fallimento della banca provocherebbe esternalità negative a catena sull’intero sistema economico e finanziario. Il criterio dimensionale è rilevante, ma non dirimente. G-SIBS COME VEGONO IDENTIFICATE? Financial Stability Board (FSB) e Basel Committee on Banking Supervision (BCBS) prendono in considerazione i seguenti indicatori multidimensionali, quali- e quantitativi, per definire una banca G-sibs: ▪ operatività internazionale ▪ dimensione: è una delle tante voci che rende una banca troppo grande per fallire. ▪ interconnessione ▪ sostituibilità: il sistema bancario si sta disintermediando infatti le banche sono prestatrici di un ampio ventaglio di servizi anche se questi non fanno parte dell’attività core di una banca. Se la banca eroga servizi, che altre istituzioni non necessariamente erogano, è altamente sistematica e quindi rientra nella categoria delle banche g-sibs. Maggiori sono i player che dipendono da una stabilità della banca, maggiore è il rischio sistemico di quella banca perché il suo rischio sistemico indebolirebbe le sue partnership con altri intermediari. ▪ fornitore di servizi complessi: i servizi complessi sono off balance ovvero non sono iscritti nel bilancio delle banche; si tratta di prodotti derivati che sono iscritti fuori bilancio. Se sono fuori bilancio come possono influenzare la solidità di una banca? Le attività fuori bilancio sono attività in cui la banca ha investito ma il fatto che non siano computate a bilancio è un trucco utilizzato per non far pesare troppo le attività rischiose e le passività già presenti in bilancio. Sulla carta non intaccano il bilancio ma se venissero persi i relativi valori non iscritti a bilancio la perdita ci sarebbe comunque. Più si è fornitore di questi servizi complessi, più c’è il rischio che la banca stia eccedendo enormemente con il rischio. 76 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA Ogni voce ha la stessa importanza sullo score totale, il calcolo è molto semplice e la procedura è la seguente: DOMANDA D’ESAME: non chiede la percentuale di ponderazione di ogni singola categoria però può chiedere da cosa sono costituiti i singoli indicatori. Può anche chiedere una delle 5 dimensioni e di specificarne la composizione di alcune componenti. La metodologia attribuisce la stessa ponderazione del 20% a ciascuna delle cinque categorie della rilevanza sistemica. Ogni categoria è un indice complesso costituito da altre variabili, ad eccezione di quella dimensionale. Operatività internazionale: si guarda alle controparti al livello internazionale. Dimensione: è data dal totale delle esposizioni di una banca calcolato sulla base di quanto stabilito dagli accordi di Basilea 3 (è un’approssimazione del totale dell’attivo). Interconnessione: negoziazione verso altre società finanziarie quindi interconnessione sia all’interno dei circuiti bancari sia con altre società finanziarie. Sostituibilità come operatore di mercato e fornitore di servizi: più l’offerta è complessa e più una banca è rischiosa dal punto di vista sistemico. Essa è misurata attraverso: -attività in custodia -operazioni di pagamento -sottoscrizioni sui mercati obbligazionari e azionari e volumi di attività detenute per la negoziazione. Si intende con esse le sottoscrizioni che fanno parte del portafoglio bancario che la stessa banca acquista come dealer. -Complessità: -importo dei derivati over-the-counter: il prezzo dello strumento non è un prezzo di mercato. Più la banca ha nozionali di attività over the counter, più l’attività è complessa, più le banche sono definire too big to fail. -attività di terzo livello: per esse è difficile definire un prezzo di mercato. -primo livello: esiste un prezzo di mercato trasparente e oggettivo. -secondo livello: non esiste un mercato di riferimento ma esistono strumenti simili che sono quotati e hanno un prezzo quindi per analogia si attribuisce un prezzo di mercato. -terzo livello: non hanno un prezzo di mercato e non hanno strumenti simili negoziati. -attività detenute per la negoziazione e disponibili per la vendita: sono le attività che vengono acquistate per puro fine di trading ossia per fini speculativi. Queste attività che dichiaratamente sono acquistate solo per essere oggetto di trading sono fenomeno di rischiosità e di complessità. 77 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA all’impresa. Qualora abbia un patrimonio al di sotto dei 250000 si parla di cross selling sotto la divisione retail; invece, nel caso di patrimonio tra i 250000 e il milione di euro si parla di divisione executive. Le istituzioni finanziarie, ovviamente, tengono anche i rapporti con la pubblica amministrazione tanto che ci sono due sottodivisioni, quella commerciale e transaction banking, cioè quella corporate che ha i servizi corporate come il leasing e il factoring, la gestione della liquidità e così via. E poi c'è la divisione più spinta speculativa che è corporate investment bank; in essa rientrano la divisione cartolarizzazione, la divisione soluzioni di copertura e la gestione dei derivati risk transfer financing. -divisione asset management: Eurizon asset management è la sgr del gruppo Intesa Sanpaolo che poi vengono collocati tramite la banca dei territori e la divisione privata. È una sgr cresciuta moltissimo nel corso degli anni. -divisione insurance: Fideuram vita e intesa Sanpaolo vita. E poi ci sono le società prodotto, ovvero quelle società satellite che non rientrano in una divisione o in una funzione ma che sono controllate dal gruppo e quindi a tutti gli effetti sono società captive del gruppo. Sicuramente la prima è Eurizon Capital poi ci sono tutte le società prodotto che si occupano di creare e collocare prodotti assicurativi, ma addirittura si è creata la propria fiduciaria. Intesa San Paolo ha un enorme potere di mercato, quindi nell'est europeo ha aperto le società, appunto captive, le società prodotto ossia società che erogano sistemi di pagamento, società di leasing e società di wealth management non solo in Italia ma anche all'estero nei Paesi in cui la presenza di Intesa Sanpaolo è più forte. Lezione 14, 19/04/2023 ECONOMIA DELLE AZIENDE DI CREDITO 80 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA IL BILANCIO BANCARIO CHE COS’È E A CHI È RIVOLTO Il bilancio è un documento che fornisce a terzi (azionisti, creditori, mercato, etc.) una rappresentazione chiara, veritiera e corretta della situazione patrimoniale, economica e finanziaria aziendale. Tale documento deve consentire la formulazione valutazioni corrette sullo stato di salute dell’impresa bancaria e di prendere coerenti decisioni economiche e di investimento. Equilibrio patrimoniale = dotazione di patrimonio Equilibrio economico = equilibrio di flussi finanziari in entrata e in uscita Equilibrio finanziario = liquidità della banca strumento di informazione e reporting rivolto… -agli azionisti -al mercato = gli indici di bilancio e, in particolare alcuni di questi, sono utilizzati dagli investitori che vogliono prestare capitale o acquistare azioni di una determinata banca. -altri stakeholders (Autorità di Vigilanza, risparmiatori, dipendenti, fornitori, comunità sociale, ecc.) deve essere predisposto in modo da essere di concreta utilità per il maggior numero possibile di destinatari …sottoposto alla valutazione di -collegio sindacale (modello tradizionale) -consiglio di sorveglianza (sistema dualistico) -CdA (sistema monistico) -società di revisione Deve quindi passare una serie di vagli interni ed esterni. I PRINCIPI Il bilancio deve essere redatto in base a postulati, criteri, procedure di contabilizzazione, valutazione e classificazione che permettano allo stesso di dare una periodica e attendibile conoscenza del risultato economico e della situazione patrimoniale dell’impresa. →schema unico -direttiva 86/635/CEE -circ. 262/2005 Bankitalia Rispetto delle norme • normativa Consob e Ivass • principi contabili internazionali IAS/IFRS Allineamento ai requisiti di • significatività • comprensibilità • attendibilità • comparabilità: no variazione dei criteri (in caso: spiegazione degli effetti) -comprensibile per gli utilizzatori, attendibile e capace di influenzare le decisioni degli utilizzatori -privilegiare la sostanza sulla forma -no, presentazione in modo da influenzare la valutazione dell’investitore -NO, sopravalutazione ricavi, sottovalutazione costi CRITERI DI REDAZIONE Veridicità: delle quantità oggettive e attendibilità/credibilità delle stime; Correttezza: Applicazione di criteri di valutazione tecnicamente corretti (principi contabili) per rappresentare o valutare una determinata operazione; Chiarezza: Il bilancio deve essere redatto in modo da consentire il massimo grado di intelligibilità sia negli aspetti quantitativi, sia in quelli descrittivo - esplicativi della situazione aziendale e delle scelte valutative effettuate. Tale principio riguarda struttura e contenuto. 81 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA STRUTTURA del BILANCIO Il Bilancio dell’impresa bancaria è costituito: -stato patrimoniale -conto economico -prospetto della redditività complessiva -prospetto delle variazioni del patrimonio netto -rendiconto finanziario -nota integrativa -relazione sulla gestione -dichiarazione non finanziaria = documento obbligatorio -relazione del collegio sindacale -relazione della società di revisione -revisione legale dei conti PROSPETTO DELLA REDDITIVITÀ COMPLESSIVA Evidenzia le diverse aree/voci che hanno contribuito a generare reddito nel corso dell’esercizio. Evidenzia come è stata generata la redditività della banca durante un determinato anno ed evidenzia quali sono le aree gestionali che hanno contribuito a creare reddito. (es. area di gestione dei rischi e della tesoreria) PROSPETTO DELLE VARIAZIONI DI PN Fornisce informazioni su come, da un esercizio all’altro, si sono modificate alcune voci del PN, quali ad esempio, il capitale sociale e le riserve. In esso vengono indicate le cause che hanno fatto variare la consistenza patrimoniale della banca. RENDICONTO FINANZIARIO Evidenzia la liquidità generata o assorbita dalla banca per effetto dell’attività operativa, di investimento e di provvista condotta nel corso dell’esercizio. Si focalizza alla rendicontazione dell’equilibrio finanziario della banca ed evidenzia quali delle aree gestionale abbiano assorbito o generato liquidità (generare liquidità ≠ generare reddito; la generazione del reddito è contabilizzato all’interno del prospetto della redditività complessiva e quindi costituisce il documento rilevante per capire com’è l’equilibrio economico di una banca mentre la generazione della liquidità è oggetto del rendiconto finanziario). RELAZIONE DEL COLLEGIO SINDACALE Attività di controllo & relazione all’assemblea e osservazioni e proposte su bilancio e approvazione. Relazione circa la correttezza delle azioni che hanno generato reddito d’esercizio. 82 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA Livello 1: l’esistenza di un mercato attivo, su cui sono rilevabili dei prezzi, rappresenta la via più diretta di determinazione del fair value di una attività finanziaria. Il prezzo è determinato dalle dinamiche di domanda ed offerta (mercato) e quindi, per definizione, è un valore imparziale; la banca recepisce il valore dello strumento e quello sarà il prezzo a cui sarà iscritta la posta. Quando non c’è un mercato attivo e l’attività non è quotata o è quotata in un mercato poco ampio si può trattare di: Livello 2: se il fair value è misurato sulla base di tecniche valutative diverse dalle quotazioni con parametri osservabili sul mercato. La tecnica di valutazione ha l’obiettivo di stabilire quale sarebbe stato il prezzo dell’operazione alla data di valutazione in una libera transazione a normali condizioni commerciali; Se vi sono strumenti con caratteristiche simili (es. scadenza, valuta, emittente) all’interno del mercato attivo; una volta individuati si fa una media dei prezzi di mercato dell’attività e quello diventa il fair value della posta. Livello 3: se il fair value è misurato sulla base di tecniche valutative diverse dalle quotazioni con parametri non osservabili sul mercato. Se vi è uno strumento unico nel suo genere che non è quotato e non ha diretti pari sul mercato attivo, l’attività è una valorizzazione al fair value di livello 3 e quindi bisognerà trovare un valore adottando parametri più qualitativi o parametri non osservabili sul mercato. È molto complicato difendere la valutazione di livello 3 che è fatta su basi poco oggettive e trasparenti, attraverso la nota integrativa bisogna dare le motivazioni che hanno portato a determinare il fair value di livello 3. IL COSTO AMMORTIZZATO Si prende il costo storico e poi si adegua il valore in funzione dell’ammortamento, si attualizzano i flussi attesi di capitale che ci si aspetta arrivare da una determinata posta. Il costo ammortizzato adegua, di anno in anno, l’originario valore di iscrizione dell’attività o della passività sulla base del valore attuale dei flussi futuri prodotti dalla stessa. Il costo ammortizzato deve essere calcolato utilizzando il metodo dell’interesse effettivo, che prevede la ripartizione degli interessi attivi e passivi e dei costi e ricavi di transazione lungo il periodo di durata dello strumento finanziario («ammortamento»). Quando iscriviamo le attività finanziarie in bilancio dobbiamo identificare ogni volta che redigiamo il bilancio se queste siano allo stage 1, 2 o 3. Quando lo valorizzo devo vedere se il tasso di sconto è ancora coerente ossia se il merito creditizio dell’emittente per quello strumento è peggiorato ossia se quell’asset è diventata più rischiosa. Per valutare se l’attività è diventata più rischiosa metto in atto la tecnica dell’ impairment quindi valuto che le condizioni del titolo siano stabili rispetto all’anno precedente: -Stage 1: rientrano in tale stato le attività che non hanno manifestato un aumento significativo del rischio di credito dal momento della loro rilevazione iniziale o che presentano un basso rischio di credito alla data di riferimento; -Stage 2: si classificano in questo stato gli strumenti che hanno manifestato un incremento significativo del rischio di credito dal momento della loro rilevazione iniziale, ma che non presentano evidenze oggettive di perdita di valore alla data di riferimento. In questo caso c’è stato un incremento del rischio ma non tanto grande da fare pensare che si possa tramutare a breve in una perdita; il merito creditizio dell’emittente è peggiorato ma non al punto di far pensare che l’emittente vada in default quindi non ci si aspetta una perdita immediata; -Stage 3: in tale stato sono ricomprese le attività che presentano un’oggettiva evidenza di perdita di valore alla data di riferimento. In questo caso rientrano le attività il cui rischio è peggiorato e in cui bisogna tenere conto di una perdita imminente. Se l’attività è di stage 2 o 3 le perdite attese devono essere contabilizzate su tutta la vita residua dell’attività finanziaria e non solo facendo riferimento all’anno successivo. 85 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA L’IFRS 9 richiede alle imprese di contabilizzare le perdite attese nei 12 mesi successivi (stage 1) sin dall’iscrizione iniziale dello strumento finanziario. L’orizzonte temporale di calcolo della perdita attesa diventa, invece, l’intera vita residua dell’asset oggetto di valutazione, ove la qualità creditizia dello strumento finanziario abbia subito un deterioramento “significativo” rispetto alla misurazione iniziale (stage 2) o nel caso risulti “impaired” (stage 3) GLI IMPAIRMENTS Meccanismo di verifica annuale della rischiosità delle attività finanziarie. Il fatto che vengano contabilizzate le perdite fa sì che il credito si svaluti e perda valore. Su tutte le attività vengono contabilizzare le perdite attese (expected loss: include quella la perdita expected che è meccanica e un’altra meno oggettiva che fa sempre parte della perdita attesa. La perdita attesa deriva da probabilità di default della controparte e long default che è la perdita che otterrei se si verificasse la probabilità di fallimento e si tratta di attività che possono essere messe in atto per ridurre la perdita ed una terza parte che fa sì che vengano incorporate delle valutazioni e considerazioni che l’investitore può fare. Queste azioni non possono essere adottate se la contropartita dello strumento è di patrimonio netto), in realtà se la contropartita di quello strumento è il patrimonio netto non bisogna tenere conto di tutte le variabili che fanno parte dell’expected loss. Con riferimento ai crediti, gli IAS/IFRS prevedono l’attivazione di una procedura di impairment, ossia un meccanismo che verifica, in sede di valutazione di fine esercizio, le eventuali svalutazioni dei crediti. Le rettifiche di valore per deterioramento di crediti vanno alla voce 130 del C.E. (Rettifiche di valore nette su crediti) Per gli strumenti valutati al costo ammortizzato e al fair value con contropartita il patrimonio netto (diversi dagli strumenti di capitale) viene introdotto un modello basato sul concetto di “expected loss” (perdita attesa), in luogo dell’“incurred loss” prevista dallo IAS 39, in modo da riconoscere con maggiore tempestività le perdite. LO STATO PATRIMONIALE RICLASSIFICATO Punto di partenza: individuazione delle aree fondamentali di attività della banca e coerente aggregazioni delle poste di bilancio. ATTIVO: La distinzione fondamentale è tra attività fruttifere (che generano interessi o dividendi) e non fruttifere, la cui somma costituisce il totale delle attività. PASSIVO: diviso in debiti la cui assunzione comporta un costo per la banca (passività onerose) e altre passività, che insieme costituiscono le passività totali. Le altre voci sono rappresentate dal pn. La disciplina IAS impone l’utilizzo della nota integrativa, per descrivere le modalità di valutazione. 86 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA ATTIVO DELLO STATO PATRIMONIALE PER ESAME: sapere solo questo schema (guardare sopra, parte destra della tabella) CASSA E DISPONIBILITA’ LIQUIDE Racchiude le attività più liquide in assoluto e le disponibilità liquidabili. All’interno di queste vengono iscritti i depositi verso la banca centrale (le riserve possono essere libere o obbligatorie, in questa voce vengono iscritte SOLO le riserve libere che la banca decide di depositare presso la BCE) →Voce 10 dell’attivo di SP Rientrano in tale voce le valute aventi corso legale, comprese le banconote e le monete divisionali estere, nonché i depositi liberi verso la Banca Centrale, questi ultimi non comprensivi della riserva obbligatoria (da ricondurre nella voce “crediti verso banche”). CREDITI Si tratta di impieghi (attività finanziarie non quotate) verso banche (60) e clienti (70) originati direttamente o acquistati da terzi, che prevedono pagamenti fissi o determinabili e che non sono quotati in un mercato attivo. La valutazione avviene al costo storico ammortizzato ed eventualmente rettificato a seguito di impairment test. Il metodo del costo ammortizzato non viene utilizzato per i crediti la cui breve durata fa ritenere trascurabile l’effetto dell’applicazione della logica di attualizzazione. Detti crediti vengono valorizzati al costo storico. Analogo criterio di valorizzazione viene adottato per i crediti senza una scadenza definita o a revoca. L’Autorità bancaria europea ha elaborato degli Implementing Technical Standard (ITS) relativi ai crediti deteriorati (NPL), successivamente adottati dalla Commissione europea con il regolamento UE n. 227/2015. In applicazione di tale regolamento, ma mantenendo un maggior grado di dettaglio, Banca d’Italia ha previsto la seguente classificazione: dopo la procedura di impairment, in funzione dello stato di salute del credito si possono individuare 3 categorie poiché la fase di stage (1, 2 o 3) non dice nulla sulla rischiosità dell’asset: deteriorati o in bonis. In funzione di quanto grave sia il deterioramento del credito questa può essere: sofferenze; inadempienze probabili; esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate. 87 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA PASSIVO E PATRIMONIO NETTO In estrema sintesi, dal lato del passivo si hanno tre categorie di voci: Passività finanziarie: comprende i debiti di natura finanziaria della banca e quelli rappresentati da titoli (certificati di deposito ed obbligazioni) Altre passività: debiti di natura non finanziaria, che non prevedono sostenimento di costi di carattere finanziario. Patrimonio: essendo un dato puramente contabile differisce dal patrimonio di vigilanza richiesto dalle Autorità. FONDI RISCHI E ONERI Nella voce 120 figurano i fondi costituiti al fine di coprire perdite, oneri o debiti di natura determinata, di esistenza probabile o certa, ma indeterminati per quanto riguarda l’ammontare o la data di sopravvenienza. Non hanno funzione rettificativa dei valori dell’attivo e il loro importo non può essere superiore a quello delle perdite, degli oneri e dei debiti a fronte dei quali sono costituiti. CAPITALE Quanto una banca è capitalizzata è definito alla voce 180 in cui figura il valore delle azioni (o delle quote) emesse dalla banca, al netto dell’importo del capitale sottoscritto ma non ancora versato alla data di redazione del bilancio. Bisogna tenere conto del valore nominale e non del valore di mercato perché alla banca interessa il valore di emissione perché sul mercato secondario la banca non è coinvolta nelle transazioni che invece coinvolgono due investitori privati; il prezzo di mercato, quindi, non determina aumenti o diminuzione dei flussi di capitale della banca. 90 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA Capitale Sociale= Valore Nominale * N. di Azioni Il Prezzo di Emissione è invece l’importo che l’azionista paga per ciascun titolo al momento della sottoscrizione di un aumento di capitale. Può essere maggiore o uguale al valore nominale • Se PE = VN le azioni sono emesse alla PARI • Se PE > VN le azioni sono emesse SOPRA la PARI e vi sono state più emissioni. NB: Non è ammessa emissione SOTTO la pari per quanto riguarda il capitale sociale di rischio bancario (es. obbligazioni zero coupon e con cedola) Se il nuovo prezzo di emissione è identico al nuovo valore nominale allora l’emissione è alla pari; nella maggior parte dei casi il prezzo di emissione è superiore al valore nominale e, in questo caso, si parla di emissione sopra la pari. RISERVA SOVRAPPREZZO AZIONI Nella voce 170 figurano i SOVRAPPREZZI DI EMISSIONE. Il sovrapprezzo di un’azione è dato dalla differenza tra il suo valore di emissione e il valore nominale. Il sovrapprezzo ha come finalità quella di evitare ai soci, precedenti all’aumento del capitale sociale, una riduzione del valore della propria partecipazione. La riserva da sovrapprezzo azioni o quote non può essere distribuita ai soci fino a che la riserva legale non abbia raggiunto il quinto del capitale sociale (articolo 2431 codice civile); può essere utilizzata per la copertura di perdite, per l'aumento gratuito del capitale sociale, nonché per l'aumento della riserva legale. CE RICLASSIFICATO 91 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA LE VOCI DI CE INTERESSI ATTIVI E PROVENTI ASSIMILATI (10). Vi sono iscritti gli interessi attivi ed i proventi generati dalle disponibilità liquide, attività finanziarie detenute per la negoziazione, attività finanziarie detenute sino alla scadenza, attività finanziarie disponibili per la vendita, crediti, attività finanziarie valutate al FV e eventuali interessi maturati nell’esercizio. DIVIDENDI E PROVENTI SIMILI (70 +). Figurano i dividendi relativi ad azioni o quote detenute in portafoglio diverse da quelle valutate in base al metodo del patrimonio netto. Sono compresi in questa voce i dividendi e gli altri proventi di quote di O.I.C.R. INTERESSI PASSIVI E ONERI ASSIMILATI (20 -). Vi sono iscritti gli interessi passivi e gli oneri assimilati generati da debiti, titoli in circolazione, passività finanziarie di negoziazione, passività finanziarie valutate al FV e eventuali altri interessi maturati nell’esercizio. COMMISSIONI NETTE: ATTIVE (40 +) E PASSIVE (50 -). Comprende la somma algebrica di proventi e oneri relativi ai servizi prestati/ricevuti dalla banca; RISULTATO NETTO DELL’ATTIVITÀ DI NEGOZIAZIONE (80). Saldo tra profitti e perdite delle operazioni classificate nelle Attività finanziarie detenute per la negoziazione e nelle Passività finanziarie di negoziazione, inclusi i risultati delle valutazioni di tali operazioni; e il saldo tra profitti e perdite delle operazioni finanziarie, diverse da quelle designate al fair value e da quelle di copertura. RISULTATO NETTO DELL’ATTIVITÀ DI COPERTURA (90). Riguarda il saldo delle valutazioni inerenti le attività di copertura. I risultati delle valutazioni delle operazioni di copertura del FV e dei flussi finanziari; I risultati delle valutazioni delle attività e passività finanziarie oggetto di copertura del FV; i differenziali e i margini relativi a contratti derivati di copertura; I risultati della valutazione di attività e passività per cassa collegate da una relazione di copertura del rischio di cambio; UTILI/PERDITE DA CESSIONE O RIACQUISTO (100). Il valore che figura in questa voce è la somma algebrica dei componenti positivi e negativi di reddito derivanti dalla cessione o riacquisto di crediti/ attività finanziarie/passività finanziarie. RISULTATO NETTO DELLE ATTIVITÀ/PASSIVITÀ FINANZIARIE VALUTATE AL FAIR VALUE (110). Il valore che figura in questa voce è il saldo tra gli utili e le perdite delle «attività/passività finanziarie valutate al fair value», inclusi i risultati delle valutazioni al fair value di attività e passività. MARGINI DI CE Il CE riclassificato permette di mettere in evidenza il contributo delle diverse aree di gestione. Una prima divisione viene operata tra la gestione caratteristica e non ordinaria. 92 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA Molteplici e diversi in relazione alle esigenze conoscitive: • immediata percezione del fenomeno indagato (non è possibile attraverso dati bilancio in valore) • confronto nel tempo e nello spazio (concorrenti) Suddivisibili per “aree tematiche”: • qualità del credito • redditività • struttura • efficienza • indici di mercato • coefficienti di vigilanza: rischiosità, liquidità, patrimonializzazione * *gli indici di bilancio fanno riferimento al capitale sociale (riferimento alle quantità iscritte a bilancio) ≠ i coefficienti relativi alla vigilanza ossia alla capitalizzazione regolamentare, attraverso i quali si fa riferimento all’attività che le singole BCN fanno per capire se il capitale di vigilanza di una banca è sufficiente per coprire i rischi. Questi fanno riferimento al capitale regolamentare. GLI INDICATORI DI BILANCIO – INDICI DI QUALITA’ DOMANDA D’ESAME: chiede gli indicatori della tabella. -Qualità del credito: descrivono la qualità del credito di una banca. -Texas ratio: indicatore interessante perché misura se con le proprie risorse (patrimonio netto) una banca sarebbe in grado di coprire le perdite derivanti dalle sofferenze. -% copertura delle sofferenze: accantonamenti fatti ad hoc per le sofferenze registrate in stato patrimoniale su il totale delle sofferenze. Mi dice, tramite i fondi acquisiti per coprire le eventuali perdite, se l’impresa è in grado di coprire il totale delle sofferenze. Solitamente è una percentuale molto alta ma è difficile che sia pari al 100%. Ogni riserva tenuta liquida costa il potenziale mancato guadagno della banca. E’ importante comparare tale indice con il texas ratio perchè sono necessarie risorse ulteriori che siano in grado di sopperire le perdite senza intaccare l’equilibrio economico. -% copertura crediti in bonis: significato pari al precedenti indice ma con percentuale più bassa. -costo del rischio: il costo del rischio identifica la somma degli accantomaneti fatti ad hoc e approssima il costo sistemato del rischio perché se ci si aspetta una perdita sulle sofferenze, si tiene da parte una riserva che permetta di coprire la perdita che è la manifestazione del rischio del credito. Maggiore è il rischio del credito maggiori saranno gli accantomenti necessari per comprire le perdite presunte. GLI INDICATORI DI BILANCIO DI REDDITIVITA’ ROE=RN PN 95 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA Il ROE è formato dal contributo di diverse gestioni alla formazione del reddito d’impresa (la loro combinazione non è indifferente). Il ROE misura la redditività di una banca ossia il rendimento sul capitale proprio; esso si misura con il reddito netto sul patrimonio netto ovvero quanto la banca ha fatto rendere il suo capitale proprio (=patrimonio netto). Per ogni euro posseduto dalla banca, il roe identifica il ritorno in termini di patrimonio netto che ha avuto. Questo può essere a sua volta scomposto; ricordandosi che la combinazione dei 4 indici che lo compongono non è indifferente quindi a parità di ROE, come questo viene ottenuto è estremamente importante: a] ROA = Return on asset: rendimento della gestione ordinaria → risultato di gestione/totale attivo b] Leva finanziaria: indica quanto l’attivo è finanziato dal PN → totale attivo/patrimonio netto. Per ogni euro di capitale posseduto dalla banca, mi dice quanti ne vengono investiti perché il totale dell’attivo indica proprio le attività finanziarie nelle quali la banca ha investito. Esso quindi indica quanto speculativa è una banca. Come si fa ad investire a leva, di più di quanto si ha a disposizione? Andando a short perché si vende qualcosa che non si ha in portafoglio infatti si investe più di quanto si ha in portafoglio (=patrimonio netto). Maggiore è la leva finanziaria maggiore è la speculazione della banca. c] Evidenzia il contributo della gestione straordinaria → reddito ante-imposte/reddito di gestione La variable che c’è tra uno e l’altro margine sono le rettifiche relative alla gestione straordinaria. d] Mette in rilievo il carico fiscale → reddito netto/ reddito ante-imposte DOMANDA D’ESAME: Cos’è il roe? Come lo misuro? Come lo scompongo? Poi ci mostra il valore di un indice e richiede un commento. Il commento deve essere fatto guardando e confrontando a e c ma anche analizzando la b che identifica quanto speculativa è l’attività della banca. La loro combinazione non è indifferente: è importante che il roa sia maggiore di altri indici perché mi da indicazione di quanto sia solida la gestione operativa dell’impresa; un buon return on asset, generalmente, è più predittivo. Una banca con una gestione core solida riesce a essere redditizia negli anni. Le variabili che fanno parte del ROE non sono molto volatili nel tempo (per es.: il totale dell’attivo è l’approssimazione della misura che si ha della banca e negli anni cambia in modo marginale) quindi si tratta di variabili che hanno tassi di cambiamento molto lenti; motivo per il quale sono molto predittivi nel corso degli anni. E’ importante che il ROE sia trascinato da un indice che la banca riesce a controllare nel tempo; motivo per il quale è meglio che il roa prevalga sul contributo della gestione straordinaria. Se anche la componente di gestione straordinaria fosse positiva, a parità di tutto il resto, è meglio una banca che sia trascinata dalle componenti più stabili come il roa. Per capire quando un’attività è rischiosa bisogna inanzittuto guardare alla condizione delle altre banche e può anche dipendere dalla condizione in cui si viene a trovare una banca (la leva è fisiologica di uno stato di sviluppo di una banca; questo ragionamento però ha più senso guardando alle imprese non finanziarie perché, per quanto riguarda le banche, tale leva cambia molto a seconda del modello di business adottato e dal core business). GLI IdB – RENDIMENTO GEST. ORDINARIA ROA= RG TA Il Roa è la misura della redditività della gestione ordinaria. Esprime il rendimento della gestione ordinaria motivo per il quale si ottiene dividendo il risultato di gestione sul totale dell’attivo. Questo indice può essere negativo. Si può scomporre ulteriormente in: 96 ECONOMIA E GESTIONE DELLA BANCA PER ESAME: quando vengono scomposti gli indici è necessario fare le semplificazioni così che vengano i relativi risultati. a] Rendimento della gestione operativa → risultato lordo di gestione (differenza int. Attivi e passivi – margine intermediazione, capacità di produrre reddito al netto dei costi operativi e commissioni)/ totale attivo Risultato lordo della gestione pesato per la componente di rettifiche; si tratta di un risultato dinamico. Identifica il cambiamento di valore che gli asset che l’impresa ha in portagolio hanno avuto di anno in anno; questi si possono essere apprezzati o deprezzati. b] Incidenza delle rettifiche → apprezzamento o deprezzamento dei titoli in portafoglio; anno dopo anno si vede in registro il mutamento dei titoli tenuti in portafoglio. E’ una gestione che deriva dalla bontà della strategia che ha come obiettivo di vedere alimentare il portafoglio tenendo gli asset all’interno del portafoglio. Con una buona attività di selezione di asset (cherry picking) la strategia di buy and hold produrrà incidenze positive. La gestione ordinaria ha quindi una gestione più attiva (rendimento della gestione operativa) e una passiva. GLI IdB – RENDIMENTO GEST. OPERATIVA Rendimento della gestione operativa a] Rendimento dell’attività bancaria → margine di intermediazione/totale attivo Percentuale di rendimento che è riuscita ad estrarre dato il totale dell’attivo con l’attività più caratteristica della banca. Il MINTM copre attività definitoria, servizi e compravendita sui mercati e attività finanziarie. b] Incidenza dei costi di gestione → identifica l’incidenza dei costi operativi. GLI INDICATORI DI BILANCIO – REDDITIVITÀ Componenti del rendimento dell’attività bancaria a] Rendimento dell’intermediazione finanziaria b] Incidenza dei proventi da servizi → ossia le commissioni pagate o ottenute c] Risultato netto delle operazioni finanziarie → identifica quanto la banca con la sua negoziazione attiva sui mercati finanziari ha estratto in termini di redditività. 1] Rendimento dell’intermediazione finanziaria Pone a confronto il margine di interesse con le attività fruttifere ponderato per il peso delle attività sul totale dell’attivo. MINT/AF = Margine d’interesse (int attivi – passivi) / attivo fruttifero Per capire quant’è l’incidenza di questa attività devo capire qual è la parte che permette di produrre interessi. AF/TA = rendimento dell’intermedizione finanziaria / totale attivo Due banche hanno lo stesso rendimento qual’è la più redditizia? Non sono redditizie in modo indentico perché bisogna guardare la composizione del totale dell’attivo. La più fruttifera è quella che con meno componente fruttifera è riuscita ad ottenere lo stesso rendimento. A parità di rendimento ci possono essere capacità di produrre in modo diverso. 97