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Eneide Virgilio Libro 4, versi 1-136 analisi e traduzione, Appunti di Letteratura latina

Eneide Virgilio Libro 4, versi 1-136 analisi e traduzione

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 26/10/2021

fiorella-virdi-1
fiorella-virdi-1 🇮🇹

4.5

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Scarica Eneide Virgilio Libro 4, versi 1-136 analisi e traduzione e più Appunti in PDF di Letteratura latina solo su Docsity! VIRGILIO, ENEIDE LIBRO IV 1 At regina gravi iamdudum saucia cura 2 vulnus alit venis et caeco carpitur igni. 3 multa viri virtus animo multusque recursat 4 gentis honos; haerent infixi pectore vultus 5 verbaque nec placidam membris dat cura quietem. 6 postera Phoebea lustrabat lampade terras 7 umentemque Aurora polo dimoverat umbram, 8 cum sic unanimam adloquitur male sana sororem: 9 "Anna soror, quae me suspensam insomnia terrent! 10 quis novus hic nostris successit sedibus hospes, 11 quem sese ore ferens, quam forti pectore et armis! 12 credo equidem, nec vana fides, genus esse deorum. 13 degeneres animos timor arguit. heu, quibus ille 14 iactatus fatis! quae bella exhausta canebat! 15 si mihi non animo fixum immotumque sederet 16 ne cui me vinclo vellem sociare iugali, 17 postquam primus amor deceptam morte fefellit; 18 si non pertaesum thalami taedaeque fuisset, 19 huic uni forsan potui succumbere culpae. 1 Ma (at) la regina ferita ormai (iamdudum) da grave affanno 2 alimenta nelle vene la ferita ed è afferrata (carpitur) da cieco fuoco. 3,4,5 Le ritornano in mente (recursat) le molte virtù (multa...virtus) dell’uomo e il grande onore della stirpe (gentis honos); restano incisi (haerent+infixi) nel petto i volti e le parole, né la preoccupazione concede un tranquillo riposo alle membra. 6,7,8 L’aurora del giorno dopo illuminava le terre con la lampada di Febo (cioè il Sole) e aveva spostato dal polo l’ombra uggiosa, quando, fuori di sé (male sana) così si rivolge (adloquitur) alla sorella, che a lei era concorde (unanimam) 9 “Anna, sorella mia, quali incubi (insomnia) spaventano me che sono sospesa (suspensam)! 10,11 Chi è questo nuovo ospite che è venuto nelle nostre sedi? Il quale presentandosi nell’aspetto (o “a parole” > “ore” può essere inteso in entrambi i modi), di quanto forte il petto e le armi (cioè il valore)! 12,13,14 Credo davvero, e non è vano il (mio) credere, che sia di stirpe divina il timore prese (arguit) gli animi ignobili. Ahi! Da quali destini è stato tormentato! (iactatus) Quali guerre combattute (exhausta) cantava! 15,16,17,18,19 Se non mi risiedesse (sederet) nell’animo fisso e irremovibile (il proposito) di non volermi legare in vincolo matrimoniale a nessuno, dopo che (postquam) il primo amore ingannò (amor fefellit) me delusa (deceptam) con la morte, se non avessi in odio (pertaesum-fuisset) il talamo e le fiaccole nuziale (thalami taedaque), forse avrei potuto soccombere (succumbere regge il dativo culpae) a quest’unica colpa. 20 Anna (fatebor enim) miseri post fata Sychaei 21 coniugis et sparsos fraterna caede penatis 22 solus hic inflexit sensus animumque labantem 23 impulit. agnosco veteris vestigia flammae. 24 sed mihi vel tellus optem prius ima dehiscat 25 vel pater omnipotens adigat me fulmine ad umbras, 26 pallentis umbras Erebo noctemque profundam, 27 ante, pudor, quam te violo aut tua iura resolvo. 28 ille meos, primus qui me sibi iunxit, amores 29 abstulit; ille habeat secum servetque sepulcro.' 30 sic effata sinum lacrimis implevit obortis. 31 Anna refert: 'o luce magis dilecta sorori, 32 solane perpetua maerens carpere iuventa 33 nec dulcis natos Veneris nec praemia noris? 34 id cinerem aut manis credis curare sepultos? 35 esto: aegram nulli quondam flexere mariti, 36 non Libyae, non ante Tyro; despectus Iarbas 37 ductoresque alii, quos Africa terra triumphis 38 dives alit: placitone etiam pugnabis amori? 39 nec venit in mentem quorum consederis arvis? 20+22 Anna, te lo confesserò (fatebor enim), dopo i fati del misero coniuge (coniugis, è un enjambement) Sicheo, e (dopo) i dispersi (sparsos) penati a causa della strage fraterna soltanto costui (cioè Enea), mise in movimento (inflex) i (miei) sensi e colpì (impulit) il (mio) animo tentennante (labantem) 23 Riconosco le tracce della vecchia fiamma 2427 Ma prima desidererei che la terra profonda (ima tellus) mi si apra (dehiscat) oppure che il padre onnipotente mi trascini (adigat) con un fulmine verso le ombre, le pallide (pallentis) ombre dell’erebo e verso una notte profonda, prima che, o pudore, io ti violi o sciolga (resolvo) i tuoi giuramenti. 28,29 Egli, che per primo mi ha legato (iunxit) a sé, mi ha strappato via i miei amori, egli li abbia con se e li conservi nel sepolcro.” 30 Dopo aver parlato (effatta) così, riempì (implevit) il seno di lacrime sgorgate (obortis) 3133 Anna rispose: “O tu che sei a tua sorella più cara della luce, forse sola (solane) vuoi condurre (carpere) la duratura gioventù (perpetua iuventa) affliggendoti (maerens) e non conoscerai (noris) i dolci figli, né i premi di Venere? 34 Credi che la cenere e i mani sepolti si curino di ciò? 35 38 Sia così (esto): un tempo nessun marito riuscì a flettere (il tuo animo) triste, non dalla Libia, né prima di Tiro; fu disprezzato (despectus) Iarba e tutti gli altri condottieri che la terra africana alimenta ricchi di trionfi. Ti opporrai anche a un amore gradito? 39 Non ti viene in mente nei territori di chi ti sei stabilita? (consederis) 80 post ubi digressi, lumenque obscura vicissim 81 luna premit suadentque cadentia sidera somnos, 82 sola domo maeret vacua stratisque relictis 83 incubat. illum absens absentem auditque videtque, 84 aut gremio Ascanium genitoris imagine capta 85 detinet, infandum si fallere possit amorem. 86 non coeptae adsurgunt turres, non arma iuventus 87 exercet portusve aut propugnacula bello 88 tuta parant: pendent opera interrupta minaeque 89 murorum ingentes aequataque machina caelo. 90 Quam simul ac tali persensit peste teneri 91 cara Iovis coniunx nec famam obstare furori, 92 talibus adgreditur Venerem Saturnia dictis: 93 'egregiam vero laudem et spolia ampla refertis 94 tuque puerque tuus (magnum et memorabile numen), 95 una dolo divum si femina victa duorum est. 96 nec me adeo fallit veritam te moenia nostra 97 suspectas habuisse domos Karthaginis altae. 98 sed quis erit modus, aut quo nunc certamine tanto? 99 quin potius pacem aeternam pactosque hymenaeos 100 exercemus? habes tota quod mente petisti: 80 > 82 Poi, appena sono congedati (digressi), e la luna oscura a sua volta nasconde (premit) la luce, e le stelle calanti conciliano il sonno, si tormenta (maeret) sola nel vuoto palazzo e giace (incubat) sui letti abbandonati. 83 >85 (Pur) lontana (absens) ascolta e vede lui lontano (absentem)cioè anche se lui è lontano continua a vederlo, immaginarlo Tiene (detinet) in grembo Ascanio, presa dall’immagine del padre, se è possibile ingannare un amore indicibile (cioè cerca di immaginare Ascanio e non il padre) 8689 Le torri cominciate non crescono (adsurgunt), la gioventù non si esercita (exercet) nelle armi, e non si allestiscono porti o sicuri bastioni (tuta propugnacula) per la guerra: pendono interrotte le opere e le superbe (ingentes) crescite (minae) delle mura, e le (loro) impalcature che uguagliano il cielo. 90-+92 Non appena l’adorata coniuge di Giove (cioè Giunone) si accorse che ella era posseduta (teneri) da un simile male (tali peste) e che nemmeno la fama bloccava (obstare) la passione, la saturnia si rivolge (adgreditur) a Venere con queste parole: 93> 95 “Tue tuo figlio riportate davvero una gloria insigne e ampie spoglie (=bottini) (e una grande e memorabile potenza), se una sola donna è vinta dall’inganno di due divinità. 96, 97 Né di certo (nec adeo) mi sfugge che tu tenendo (=temute) le nostre mura, hai avuto sospette le dimore dell’alta Cartagine 98100 Ma quale sarà il termine/la modalità o dove (finiremo) ora con una così grande contesa? Perché piuttosto non stringiamo (exercemus) un’eterna pace e patti patrimoniali? Tu hai tutto ciò che hai desiderato (petisti) nella mente: 101 ardet amans Dido traxitque per ossa furorem. 102 communem hunc ergo populum paribusque regamus 103 auspiciis; liceat Phrygio servire marito 104 dotalisque tuae Tyrios permittere dextrae.' 105 Olli (sensit enim simulata mente locutam, 106 quo regnum Italiae Libycas averteret oras) 107 sic contra est ingressa Venus: 'quis talia demens 108 abnuat aut tecum malit contendere bello? 109 si modo quod memoras factum fortuna sequatur. 110 sed fatis incerta feror, si Iuppiter unam 111 esse velit Tyriis urbem Troiaque profectis, 112 miscerive probet populos aut foedera iungi. 113 tu coniunx, tibi fas animum temptare precando. 114 perge, sequar.' tum sic excepit regia Iuno: 115 'mecum erit iste labor. nunc qua ratione quod instat 116 confieri possit, paucis (adverte) docebo. 117 venatum Aeneas unaque miserrima Dido 118 in nemus ire parant, ubi primos crastinus ortus 119 extulerit Titan radiisque retexerit orbem. 101 Brucia (ardet) Didone amante e ha assorbito (traxit) nelle ossa la passione. 102 + 104 Dunque governiamo (regamus) questo comune (communem) popolo con pari autorità (auspiciis); le sia concesso di sottostare a un marito frigio (Phrygio) e di affidare alla tua destra i tirii come dote” 105 > 106 A lei (Olli) (si accorse infatti che aveva parlato con mente ingannevole per deviare il regno d’Italia sulle coste libiche 107-108 Così di rimando rispose Venere: “Chi, pazzo, ti negherebbe (abnuat) queste cose o preferirebbe (malit) mettersi in lotta (contendere bello) contro di te? 109 Purché (si modo) la sorte assecondi (sequatur) l'evento (factum) che tu ricordi (quod tu memoras) 110 > 112 Ma io sono tenuta incerta dai fati, se Giove voglia che ci sia una sola città per i Tirii e per i profughi di Troia, e approvi (probet) che i popoli siano mescolati (misceri) o che vengano stretti (iungi) patti. 113 > 116 Tu da coniuge, a te è concesso (fas) sedurne l’animo con le preghiere (= pregando) Avanza, ti seguirò.” Allora così riprese la regina Giunone: “Questo compito sarà con me. Ora in quale modo ciò che preme (instat) possa essere fatto (confieri) te lo spiegherò — sta attenta — in poche parole 117 > 119 Enea e la disperata Didone si apprestano ad andare insieme nel bosco a cacciare (venatum), quando (ubi) il sole (Titan) di domani (crastinus) avrà emesso i primi albori (primos ortus) e avrà ricoperto la terra coni suoi raggi. 120 his ego nigrantem commixta grandine nimbum, 121 dum trepidant alae saltusque indagine cingunt, 122 desuper infundam et tonitru caelum omne ciebo. 123 diffugient comites et nocte tegentur opaca: 124 speluncam Dido dux et Troianus eandem 125 devenient. adero et, tua si mihi certa voluntas, 126 conubio iungam stabili propriamque dicabo. 127 hic hymenaeus erit.' non adversata petenti 128 adnuit atque dolis risit Cytherea repertis. 129 Oceanum interea surgens Aurora reliquit. 130 it portis iubare exorto delecta iuventus, 131 retia rara, plagae, lato venabula ferro, 132 Massylique ruunt equites et odora canum vis. 133 reginam thalamo cunctantem ad limina primi 134 Poenorum exspectant, ostroque insignis et auro 135 stat sonipes ac frena ferox spumantia mandit. 136 tandem progreditur magna stipante caterva 137 Sidoniam picto chlamydem circumdata limbo; 138 cui pharetra ex auro, crines nodantur in aurum, 139 aurea purpuream subnectit fibula vestem. 120 + 122 Io, mentre le schiere/ali (alae) si affannano (trepidant) e cingono i boschi (saltus) con la rete, dall’alto (desuper) rovescerò (infundam) su di essi (his) un’oscurante nube (nigrantem numbum) con mista grandine (commixta grandine) e muoveràò tutto il cielo col tuono. 123-124 I compagni si disperderanno e saranno avvolti da una notte scura; Didone e il capo troiano giungeranno nella stessa spelorca. 125-126 Io ci sarò (adero) e, se la tua volontà sarà a me sicura, li congiungerò in una stabile unione e la dichiarerò sua. 127-128 Qui ci sarà l’imeneo”. Non opponendosi (non adversata) acconsentì (adnuit) a lei che chiedeva (petenti) e la Citerea e sorrise degli inganni escogitati (repertis) 129 + 132 Intanto Aurora alzandosi lasciò Oceano. La gioventù scelta, sorto il sole (exorto) esce (it) dalle porte; (ci sono) reti rade, lacci, spiedi da caccia di ferro largo, accorrono i cavalieri massili e la forza odorosa dei cani (=i cavalli dal fine olfatto) 133> 135 I capi (primi) dei Cartaginesi (poenorum) attendono la regina che indugia (cunctatem) sulla soglia del talamo, insigne di porpora e d’oro un (cavallo) scalpitante (sonipes) attende (stat) e morde (mandit) feroce i freni spumeggianti. 136 > 137 Infine (tandem) avanza (progreditur) circondata (stipante) da una grande folla, avvolta da un mantello (chlamydem > particolare tipo di mantello; accusativo di relazione) di Sidone con l’orlo ricamato; (continuo la frase ma non è in programma) Ella ha la faretra d’oro, i capelli sono acconciati nell’oro, una fibbia d’oro allaccia la veste purpurea.