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epistulae morales ad Lucilium 16, Appunti di Latino

ppt analisi grammaticale e sintattica dell'epistola,con commento

Tipologia: Appunti

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Caricato il 22/04/2021

angela-di-mauro-2
angela-di-mauro-2 🇮🇹

4.4

(14)

20 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica epistulae morales ad Lucilium 16 e più Appunti in PDF di Latino solo su Docsity! E P I S T U L A E M O R A L E S A D L U C I L I U M 1 6 In questa epistola Seneca rivela a Lucilio come raggiungere la felicità: attraverso la pratica quotidiana della filosofia, in continua tensione verso la saggezza. PARAGRAFO 1,2 Senecadopo aver ribadito l’importanza della filosofia per il raggiungimento della felicità, incoraggia l’amico a perseverare nella strada da lui intrapresa verso il raggiungimento della saggezza. Ne ammira i progressi fatti da Lucilio e si dice consapevole dei buoni propositi del discepolo. Lo invita, tuttavia, a dedicarsi costantemente alla meditazione facendo della filosofia una pratica quotidiana di vita. [1] Liquere hoc tibi, Lucili, scio, neminem posse beate vivere, ne tolerabiliter quidem, sine sapientiae studio, et beatam vitam perfecta sapientia effici, ceterum tolerabilem etiam inchoata. Sed hoc quod liquet firmandum et altius cotidiana meditatione figendum est: plus operis est in eo ut proposita custodias quam ut honesta proponas. Perseverandum est et assiduo studio robur addendum, donec bona mens sit quod bona voluntas est. [2]Itaque non opus est tibi apud me plurib us verbis aut affirmatione tam longā: intel lego multum te profecisse. Quae scribis u nde veniant scio; non sunt ficta nec colora ta.Dicam tamen quid sentiam: iam de te spem habeo, nondum fiduciam. Tu quoque idem facias volo: non est quod tibi cito et facile credas. Excute te et varie scrutare et observa; illud ante omnia vide, utrum in philosophia an in ipsa vita profeceris. Addendum= perifrastica passiva con est sottointeso Quod bona voluntas=ciò che è buona volontà,subordinata relativa Quae=prolessi del relativo Utrum… profeceris=interrogati va disgiuntiva indiretta -La ripetizione dell’espressione podest serve a conferire enfasi all’ argomentazione; -La figura retorica dell’ANAFORA è spesso utilizzata da Seneca poiché ha una grande forza retorica -Egli utilizza anche molte DOMANDE, perché così il testo risulti incalzante, ed è una tipica caratteristica della tecnica diatribica di Seneca Seneca si confronta con una grande contrapposizione filosofica tra : 1 concezione deterministica; 2 concezione indeterministica = ^si casus imperat^ cioè un mondo governato dal caso. Seneca allude ad alcune teorie filosofiche formulate da altri filosofi nei secoli precedenti. Gli antichi filosofi greci Democrito, Empedocle ed Eraclito, convinti assertori di teorie deterministiche, avevano escluso dall’universo ogni libertà; ad essi si contrapposero altri, come Socrate e Platone, che rivendicavano al contrario la facoltà del singolo individuo di decidere su di sé e sulla propria vita. Ricordiamo inoltre la posizione di Epicuro che, per sfuggire al rigido determinismo della teoria degli atomi democritea, introdusse il concetto di clinamen, un movimento spontaneo degli atomi che li porta a deviare dalla traiettoria prestabilita e ne permette l’incontro e l’aggregazione. Come illustra Lucrezio nel II libro del suo poema, è proprio l’esistenza di questo movimento degli atomi a garantire il libero arbitrio umano. In ambito stoico, invece, il filosofo Crisippo tenta di risolvere il problema dividendo gli eventi umani in due categorie: quelli che dipendono da cause originarie, che sono assolutamente necessari e sui quali non si può influire, e quelli originati da cause secondarie, che dipendono invece dalla volontà dell’uomo. PARAGRAFO 5 Quidquid est ex his, Lucili, vel si omnia haec sunt, philosophandum est; sive nos inexorabili lege fata constringunt, sive arbiter deus universi cuncta disposuit, sive casus res humanas sine ordine impellit et iactat, philosophia nos tueri debet. Haec adhortabitur ut deo libenter pareamus, ut fortunae contumaciter; haec docebit ut deum sequaris, feras casum. Seneca incita a perseguire la humanitas, ovvero la comunanza, la condivisione, la socievolezza con gli altri uomini. Questo serviva anche per risolvere un nodo specifico dell’interpretazione della filosofia stoica, ovvero la percezione del saggio come insensibile, una specie di odiatore del genere umano. Ma la serenità interiore, raggiunta al termine del percorso di saggezza, non deve portare alla chiusura in se stessi, anzi: un altro termine chiave di questa riflessione è proprio congregatio, traducibile come apertura alla comunità, socialità. Nel pensiero di Seneca, c’è una forte apertura proprio al coinvolgimento delle altre persone, che, sebbene non avviate alla filosofia, in contatto col saggio possono migliorare la loro concezione del mondo. • (12, 10) Quid enim hac voce praeclarius quam illi trado ad te perferendam? «Malum est in necessitate vivere, sed in necessitate vivere necessitas nulla est» («Quale massima è più splendida di questa che ti invio? “È un male vivere in uno stato di necessità, ma non c’è alcuna necessità di vivere in uno stato di necessità”») • (17, 11) Poteram hoc loco epistulam claudere, nisi te male instituissem. Reges Parthos non potest quisquam salutare sine munere; tibi valedicere non licet gratis. Quid istic? Ab Epicuro mutuum sumam: «multis parasse divitias non finis miseriarum fuit sed mutatio» («Avrei potuto a questo punto concludere la lettera, se non ti avessi abituato male. A nessuno è concesso di salutare i re dei Parti senza recare un dono: quanto a te non mi è permesso di dirti addio gratuitamente. Ma con quale moneta? La prenderò a prestito da Epicuro: “Per molti aver acquisito ricchezze non fu la fine, ma il cambiamento di una situazione miserabile”», trad. di F. Solinas) Exiguum natura desiderat, opinio immensum. Congeratur in te quidquid multi locupletes possederant; ultra privatum pecuniae modum fortuna te provehat, auro tegat, purpura vestiat, eo deliciarum opumque perducat ut terram marmoribus abscondas[…] La sentenza presenta una coordinazione per asindeto con valore avversativo PARAGRAFO 8 Naturalia desideria finita sunt: ex falsa opinione nascentia ubi desinant non habent; nullus enim terminus falso est. Via eunti aliquid extremum est: error immensus est. Retrahe ergo te a vanis, et cum voles scire quod petes, utrum naturalem habeat an caecam cupiditatem, considera num possit alicubi consistere: si longe progresso semper aliquid longius restat, scito id naturale non esse. Vale. PARAGRAFO 9 Il sostantivo error deriva dal verbo erro, che indica il «vagare qua e là» , da cui deriva il significato primario di error;per estensione il verbo ha assunto il senso di «uscire di strada», metaforicamente 2deviare dalla retta via», di qui il valore di errare inteso come «essere in errore» ed error inteso come «sbaglio,inganno»ANGELA DI MAURO 5CC