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ESAME COMPLETO TEOLOGIA 3 (non frequentanti), Appunti di Teologia

Riassunto "Il cristiano nel mondo" e "Dibattiti etici, saggezza biblica", completo per sostenere l'esame da non frequentanti di Teologia 3 (UniCatt)

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 13/06/2023

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maria-vittoria-corbari 🇮🇹

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Scarica ESAME COMPLETO TEOLOGIA 3 (non frequentanti) e più Appunti in PDF di Teologia solo su Docsity! IL CRISTIANO NEL MONDO: INTRODUZIONE ALLA TEOLOGIA MORALE “Maestro, che cosa devo fare di buono…?” (Mt 19,16) Il dialogo tra il giovane ricco e Gesù può essere suddiviso in 3 momenti, imperniati attorno a 3 concetti: → è un dialogo, un discorso tra 2 interlocutori: 1) vita eterna: il desiderio dell’uomo: Il dialogo inizia con la domanda di “un tale” che resta anonimo→ universalizza la sua identità: ogni uomo che s’interroga sul bene e sulla felicità: è il desiderio di ogni uomo e ogni scelta è volta alla sua conquista. Differenza nei modi di intendere la felicità: - per la gente comune si tratta di qualcosa di visibile - per i sapienti di qualcosa di più. Alla base→ convinzione universale insita nell’uomo: per conquistare la felicità si deve fare il bene→ legame naturale nell’uomo tra la felicità e fare il bene: legame = coscienza. 2) legge di Dio: Gesù gli risponde interrogandolo sui motivi della domanda: - gli fa notare che solo Uno è il vero Bene - lo invita a rispettare i comandamenti→ 3 della 1a tavola che riguardano Dio e 7 della 2a tavola riguardano il prossimo→ Gesù li ha sintetizzati nei 2 comandamenti dell’amore. Il giovane risponde che già li rispetta e quindi la sua domanda rispecchia il desiderio di andare oltre. 3) sequela di Gesù: Gesù risponde al giovane che può andare oltre vendendo le sue ricchezze a favore dei poveri e non raggiungendo il desiderio di perfezione del giovane, in quanto la perfezione morale non è praticare senza errori dei precetti impersonali, ma è dedicarsi agli altri, preferendo i poveri. Perciò la morale cristiana è l’amore verso il prossimo in funzione del Signore. Epilogo del discorso: il giovane ha difficoltà a cambiare vita, questo riflette la difficoltà dei giovani di oggi nel fare scelte radicali, nel rinunciare ai propri beni (avari)→ Gesù dice ai discepoli che difficilmente un ricco entrerà nel Regno dei Celi: non è impossibile però perché a Dio tutto è possibile, quindi per ottenere la salvezza occorre affidarsi a Dio. In ogni uomo c’è il desiderio di felicità eterna difficile da conquistare rinunciando alla felicità terrena, perché i piaceri terreni possono allontanare dal desiderio di una felicità divina. È necessario tenere presente la nostra guida, Gesù, per incamminarsi verso Dio, in cui trova pace il desiderio dell’uomo. PARTE 1: FEDE CRISTIANA E AGIRE MORALE CAPITOLO 1: I LEGAMI DELLA LIBERTA’ “Io sono la vite, voi i tralci”→ allegoria che esprime la morale cristiana, che consiste nel legame tra Gesù e gli uomini. Morale ed etica Il vocabolo morale, usato in italiano come sostantivo, deriva da un aggettivo latino che significa abitudinario, legato all’usanza (mos, moris). Il sostantivo etica deriva dal greco ed indica sia l’usanza che il carattere→ in ita sinonimi, ma il concetto di etica morale indica ciò che caratterizza l’agire umano. Questa etica morale in passato era concepita come strettamente legata all’essere divino, mentre con l’epoca moderna è avvenuta una svolta sul modo di intenderla: se prima si interrogava il mistero di Dio con lo scopo di dedurre le leggi dell’agire umano, ora si interroga direttamente l’uomo per scoprire le leggi che lo regolano→ sforzo moderno di dare alla morale una fondazione autonoma raggiunge il vertice con Kant: la sua etica si qualifica come “autonoma” e svincolata da ogni forma di “eteronomia”. Diventando autonoma lo morale si è liberata dall’ancora divina che le impediva di navigare da sola, ma sembra aver smarrito la stella polare. Tra i principali maestri che caratterizzano la nascita dell’etica postmoderna spicca Nietzsche→ metafora per indicare l’uomo postmoderno: turista che gira il mondo sapendo che non prenderà dimora da nessuna parte, è extraterritoriale, è ovunque e da nessuna parte: libero di andare dove vuole ma l’unico vincolo è la disponibilità economica→ grado della sua libertà è dato dal potere di acquisto. La metafora del turista che non conosce confini se non quelli dettati dal suo portafoglio si adatta alla condotta morale dell’uomo postmoderno, priva di regole che non siano quelle stabilite da se stesso→ la libertà diventa individualista e la morale relativa. La parola libertà rimanda al non dover far qualcosa, poter fare ciò che si vuole ma non è così facile: non è solo quello che si ha voglia di fare ma anche ciò per cui siamo disposti a impegnarci. La libertà, non potendo evitare di scegliere, cerca di non farlo definitivamente, di evitare una scelta che sia per sempre→ fenomeno diffuso e mascherato dietro scelte che sembrerebbero solo di valore (no matrimonio, solo convivenza)→ scegliere è rischioso, non è solo scegliere qualcosa ma anche privarsi di tutte le altre cose che non si sono scelte. Scegliere lei/lui e sacrificare tutti gli altri. E ciò che non si sceglie resta sempre presente come ciò che manca. Alla libertà manca la cosa più fondamentale, la scelta iniziale di esistere. La libertà non può decidere se fare o non fare. È costretta a giocare la partita della vita. La libertà è ciò che rende un corpo una persona umana e non un animale: nei confronti del corpo non si può fare ciò che si vuole perché compromettere il corpo significa compromettere la propria libertà. Il corpo ci porta a compiere delle azioni: nutrirsi, accoppiarsi, evitare il dolore e cercare il benessere… Il corpo è il modo mediante il quale la libertà si esprime→ legame tra libertà e corpo si esprime nelle emozioni e abitudini, che non le consentono di cambiare le proprie scelte con la fermezza e rapidità con cui vorrebbe. C’è poi un livello biologico del corpo che condiziona la libertà in modo quasi assoluto: eventi come la nascita, crescita, età, declino, morte sono realtà indisponibili all’uomo. scandita dalle 7 beatitudini e culminanti nell’8 che indica il vertice della morale cristiana “vi do un comandamento nuovo: che vi amate gli uni gli altri, come io ho amato voi”. La legge nuova deve essere integrata considerando la legge naturale, quella della natura umana→ entrambe sono leggi infuse ma la legge nuova è infusa nell’uomo non solo come indicazioni di ciò che deve essere fatto, ma anche come aiuto a compierlo. La legge naturale trova espressione scritta nei 10 comandamenti che si riassumono nell’unico comandamento dell’amore al prossimo. Quale analogia tra il comandamento di amare il prossimo (Legge nat) e il comandamento nuovo dell’amore di Gesù (Legge nuova)? L’amore dei nemici eleva l’amore umano sino all’altezza dell’amore divino. Confrontato con questo amore, l’amore del prossimo risulta di grado inferiore. Caratteristiche della legge morale  Interpersonalità: in quanto amore, la legge morale è inter-personale, cioè tra almeno 2 persone. Questa concezione interpersonale supera la concezione legalistica della morale, nella quale il legame in gioco è quello dell’individuo con un precetto impersonale  Obbligatorietà: la forza imperativa dell’amore e l’appello di coloro che chiedono di essere amati. L’amore obbliga facendo appello alla propria responsabilità per l’altro.  Universalità e immutabilità: esprimono in ogni circostanza spaziale e temporale la validità dell’amore  Gradualità: la legge naturale traccia il limite al di sotto del quale l’amore scompare, la legge nuova ne indica il vertice supremo e insuperabile→ estensione tra i 2 livelli: amore a diversi gradi. CAPITOLO 3: I DINAMISMI DELLA LIBERTA’ La legge morale è immessa nell’uomo dallo SS e presuppone la libertà d’agire, altrimenti sarebbe un’imposizione violenta e non è ciò che Dio vuole dagli uomini→ seguire questa legge morale significa comportarsi secondo essa, dimostrare di seguirla con le proprie azioni e la propria vita. L’agire morale richiede continuità e su di essa si pongono domande riferite al passato, al presente e al futuro: che cosa hai fatto, cosa stai facendo, cosa hai intenzione di fare; in caso contrario l’agire sarebbe valutato solo dopo la morte, una volta compiuto, ma in questo caso l’uomo non potrebbe valutare la sua vita e quindi verrebbe meno la sua responsabilità morale. San Tommaso distingue tra gli atti propri del genere umano (naturali) e gli atti desiderati dall’uomo (liberi): distinzione antica. Ma l’uomo è insieme spirito e corpo, pertanto non possiamo incasellare ogni azione in una delle 2 categorie ma ci sono azioni che sono un insieme delle 2 categorie. L’agire morale vede come limite inferiore l’azione sfuggita, istintiva e limite superiore l’azione differita, volontaria, con libertà di scelta e preparata. Ogni azione differita ha dei tempi: il tempo del volere, del progetto, della scelta, dell’efficienza e della gioia/soddisfazione: ogni azione richiede tempi diversi, in ognuno la libertà è sempre presente. All’interno di ciascuna azione vi è: - oggetto non solo fisico, ma collegato al bene o al male, quindi scelto - circostanze= limiti di libertà, non modificano la qualità morale dell’azione, ma concorrono ad aggravarne il concetto positivo o negativo - un fine, a volte diverso dall’oggetto La libertà umana compie una scelta rispetto a Dio (bene fondamentale)→ opzione fondamentale, attraverso cui l’uomo decide radicalmente di se, accogliendo o rifiutando Dio, è più che tutte le azioni morali come tali, è più profonda, le penetra e le supera. L’indissociabile intreccio tra scelte particolari e opzione fondamentale è imprescindibile per interpretare l’agire morale dell’uomo e va posto in relazione con la peculiarità del più grande e primo dei comandamenti “amerai il signore Dio tuo e il prossimo con tutto te stesso”: chi non ama il proprio fratello non può amare Dio. Negli: atti profondi: opzione fondamentale si modifica atti periferici: opzione fondamentale rimane invariata Il passaggio dal “si” al “no” nei confronti di Dio costituisce il peccato, dal “no” al “si” la conversione. Coscienza→ secondo il Vaticano II è il nucleo più segreto dell’uomo, dove si trova da solo con Dio. Nella storia, la si è intesa: - come voce di Dio (Agostino) - come voce dell’uomo (Tommaso)→ concezione più diffusa nella dottrina cattolica. La coscienza morale riguarda i principi della moralità e il giudizio su atti compiuti o non ancora. Essendo intesa come voce dell’uomo, per non rischiare la censura della voce di Dio, il Magistero insiste sulla necessità di concepire la coscienza come testimonianza di Dio stesso. La coscienza non è più una voce solo divina o semplicemente umana, ma è un fenomeno relazionale, derivante dalla relazione che la libertà umana intrattiene con lo spirito divino, è una voce che attesta e giudica le azioni. Quando la scelta è di ordine morale e riguarda il bene da fare→ se l’uomo compie quella scelta entra in possesso del bene e diventa buono, mentre omettendolo se ne priva e diventa cattivo→ se compie il bene assume una virtù, storia buona della libertà, se compie il male un vizio, storia cattiva della libertà. Entrambi appartengono alla libertà: la virtù determina il bene fatto dalla libertà, il vizio il male. Aristotele→ l’uomo acquisisce la virtù mediante l’esercizio ripetuto e costante di un’azione buona ed è quindi il prodotto dell’attività dell’uomo→ in questo senso la virtù ha una genesi antropocentrica (si origina dall’uomo), per questo non compare nella Bibbia. La successiva riflessione teologica ha assunto il concetto di virtù→ Tommaso provvede all’integrazione delle 4 virtù morali di prudenza, giustizia, fortezza e temperanza, introdotte nel cristianesimo come VIRTÙ’ CARDINALI da Ambrogio da Milano, con le 3 VIRTÙ’ TEOLOGALI di fede, carità e speranza. Le virtù teologali non si uniscono alle morali per addizione, ma si infondono in esse. In particolare è Paolo che formula la triade: -carità→ attrazione dell’amore di Dio -speranza→ movimento nell’amore di Dio -fede→ affidamento all’amore di Dio Paolo parla dell’agape come delle più grandi virtù teologali: è l’origine, il senso, il movimento e anche il fine della vita cristiana. CAPITOLO 4: LE SCELTE DELLA LIBERTA’ La libertà si trova impegnata nell’alternativa tra 2 possibili scelte: 1. scelta del male→ peccato: l’azione dello SS obbliga la libertà a reagire senza spazio di astensione “Chi non è con me è contro di me”; l’unico peccato imperdonabile è quello contro lo SS, mortale in quanto indurisce la libertà. Considerando che lo SS instilla nell’uomo l’amore di Cristo, il peccato può essere definito come disamore, come opposizione all’amore, non amare integralmente. Le forme principali di peccato fanno riferimento ai vizi capitali: -peccato mortale: interruzione della relazione tra Dio e il prossimo, non è un atto puntuale ma graduale - peccato veniale: crea le premesse per la rottura della relazione, è precedente al peccato mortale. 3 elementi: deliberato consenso, piena avvertenza e materia grave→ compresenti peccato morale, se uno è assente peccato veniale. 2. scelta del bene→ conversione: la libertà può arrendersi all’attrazione dello SS e lasciarsi plasmare affinché ami come Cristo: avviene nel corso del tempo. La meta è l’uomo perfetto, che raggiunga la misura della pienezza di Cristo→ conversione non è progresso lineare, ma con arresti, cadute, regressi. La conversione ha il suo momento iniziale nell’atto di fede: momento sacramentale è il battesimo, il quale toglie il peccato ma lascia la concupiscenza (predominio della materia sullo spirito, segno del peccato originale). L’inizio della conversione morale si caratterizza come liberazione dal dominio della concupiscenza in modo tale che la libertà non assecondi la sua inclinazione al peccato→ strumento necessario è il sacramento della riconciliazione. Bisogna riconoscere e combattere il peccato fin dal suo comparire come tentazione. La tradizione cristiana distingue la tentazione tra diavolo, mondo e concupiscenza: - tentazione diabolica agisce sulle altre 2 - tentazione mondana: occasione esteriore di tentazione, secondo la gravità del peccato si distingue in prossima o remota, secondo la possibilità di evitarla in occasione necessaria o volontaria di peccato - concupiscenza è la tentazione interiore e sorge come deformazione della coscienza. Il racconto di Genesi 3 (serpente e mela) mette in evidenza come il peccato sia nato nella tentazione interiore, che mira a falsificare l’immagine del mondo. Bisogna vigilare sulla propria immaginazione. PARTE 2: NATURA E ETICA CAPITOLO 1: BIOETICA: UNA NUOVA SCIENZA? La bioetica è una nuova scienza o un modo diverso di considerare la morale? Quali regole per agire nella bioetica→ risposte difficili: necessario considerare processo culturale che ha portato alla bioetica. La bioetica è nata dal rinnovamento sociale, culturale e scientifico post II guerra mondiale: pensiero comune più consapevole e più attento ai bisogni dell’umanità e ai rapporti interpersonali. Tra il 1946/47 si è celebrato il processo di Norimberga a 27 medici e chirurghi del Reich che avevano condotto esperimenti medici senza il consenso dei pazienti, usando prigionieri militari e civili→ emerge la necessità di codificare i criteri di sperimentazione sulle persone e si redige il Codice di Norimberga. Gli esperimenti sono autorizzati solo se utili all’umanità, ma il codice rimane riservato all’ambito scientifico e non si apre al confronto sociale. La chiesa si è pronunciata sulla necessità di mantenere il codice teologico-morale elaborato nei secoli, soprattutto nella sezione riservata all’ambito sessuale e procreativo. Dal processo di Norimberga emergono concetti come “crimini di guerra” (da combattere e punire) e “diritti dell’uomo” (da conservare e rispettare)→ ci si rende conto che la bioetica non sarà più limitata ad alcuni individui e momenti, ma sta diventando un fenomeno universale. Gli anni ’50 del XX sec sono segnati da una serie di processi medici come scoperta DNA, tecniche di rianimazione, pillola anticoncezionale, fecondazione in vitro… Lo scopritore del DNA parla di una rivoluzione medica, che ha permesso di capire che la vita umana non è altro che una serie di reazioni chimiche→ entusiasmo vs diffidenza: per qualcuno è la possibilità di superare i limiti fisici della vita; per altri è la paura di manipolare qualche cosa di intimo dell’uomo, forse la sua anima. Prevede sperimentazione su individui→ necessità del consenso del paziente, ma la perplessità è su quanto il paziente conosca, sia informato della sperimentazione fatta. Spesso la pratica non soddisfa la teoria, risultati delle terapie applicate in seguito alle sperimentazioni sono molto inferiori alle attese→ l’efficacia delle teorie sperimentali non giustifica sperimentazioni a danno dei pazienti. Il medico è un ricercatore: ogni caso è un esperimento, ma la differenza sta tra tentare di applicare una terapia efficace e tentare una terapia sconosciuta per vedere se sarà efficace. La teologia morale entra nel settore, dicendo che la sperimentazione va fatta a favore dell’uomo e non sull’uomo. L’ingegneria genetica include altre implicazioni: scoprire la situazione genetica di una persona vuol dire scoprire dati sulla sua famiglia e può incidere sulle scelte; ha costi elevati e si rischia di permettere la terapia ad un ambito sociale limitato. Ancora, si ha un’implicazione di carattere sociale quando la terapia ha l’obbiettivo di mantenere in vita una persona: apprezzamento del dono della vita che Dio ci ha fatto. Ma la continuità della vita dev’essere completa, non solo fisica-sperimentale. L’UNESCO ha stabilito che il genoma, l’elemento del patrimonio genetico individuato e usato per la terapia, non può diventare patrimonio privato ma deve essere patrimonio dell’umanità intera. Si fa sempre più ricorso ai test genetici, sia prenatali sia postnatali per scoprire la possibilità di malattie presenti o dell’insorgere di malattie in futuro→ test invasivi con 4% probabilità di rischio di danni. Per quanto riguarda eventuali malattie o malformazioni coperte dai test prenatali, non ci sono terapie possibili e l’unica terapia proposta è quella dell’aborto procurato, viene meno il discorso dell’amore e rispetto per l’altro, considerato che la creatura già in embrione è un essere vivente. Perciò la coppia è posta davanti ad un dilemma psicologico, senza aiuto. Per quanto riguarda le terapie possibili sugli adulti, scoperte dai test postnatali, le terapie geniche consistono in una manipolazione del nastro del DNA, inserendo geni “sani” o modificando quelli malati, in modo che l’adulto quando vorrà procreare trasmetterà altri geni sani. Le cellule staminali vengono usate come terapia: cellule non ancora impiegate in una funzione precisa, che sono di scorta e possono essere indirizzate verso la formazione del tessuto compromesso. Sono di solito sottratte ad un embrione e questo significa la sua distruzione→ embrione usato come strumento. Alla ricerca sulle cellule staminali, si collega la clonazione: da un embrione far nascere 2 individui perfettamente identici: non si accetta la clonazione a scopo riproduttivo, ma si accetta quella terapeutica, bloccando lo sviluppo di uno degli embrioni a uno stadio iniziale, in modo da creare cellule staminali da usare per l’altro individuo. La valutazione teologico-morale si basa sul fatto che viene meno il rispetto dell’individuo, usato solo come strumento→ non avrà mai la libertà di scegliere d’essere trattato in questo modo. CAPITOLO 4: UN NUOVO MODO DI MORIRE? Anche il modo di morire è cambiato nel tempo: da un momento solenne e sereno col prete e coi parenti, è diventato un lungo processo con rianimazioni, terapie, intubazioni e altro→ si vuole provare tutto per protrarre la vita anche di mezza giornata, torturando il malato. È difficile e faticoso curare un malato, ma si preferisce sottoporsi a tale sacrificio per averlo in vita, in qualunque condizione→ non si accetta più la morte come condizione dell’essere umano. Le sperimentazioni sono volte a prolungare la vita, come se si potesse diventare eterni. La morte ha un coinvolgimento psichico: rifiuto e rabbia, compromessi, depressione, rassegnazione...non tutte queste fasi riguardano tutti e non nello stesso ordine, ma tutti sono accomunati dalla speranza che sia un incubo non vero e ci sarà un risveglio. È necessario avere col malato una comunicazione sincera, rispondendo alle domande più difficili: morte è diventata un tabù, quello che un tempo era il sesso: bambini pensavano di essere nati sotto i cavoli, ma assistevano alla morte del nonno nella sua camera, oggi sanno da subito come nascono, ma si nasconde loro il significato della morte (è volato via, è andato lontano…). Il paziente spesso accetta terapie invasive, perché vede nel medico poteri enormi: medico è sempre apparso una figura di grande potenza, ma il suo ruolo vero è di alleviare il dolore, non di prolungare la vita dove non si può o dove non ha significato. La morte implica la domanda “perché si muore?”. Sappiamo che la morte è il completamento del percorso dell’uomo→ nel momento della morte si è consapevoli di essere vicino a Dio: ci si distacca da tutto ciò che è umano per rinascere e riavvicinarsi a Dio. L’uomo ha vissuto in base al disegno divino in tutta libertà: nessuno ha diritto di espropriare l’uomo dalla sua morte, neanche Dio, la morte appartiene all’uomo e deve viverla nel momento previsto. La morte deve essere intesa come un momento del vivere, come parte integrante della natura umana. Su questa base, la libertà dell’uomo non deve spingersi a scegliere la morte, il momento, il modo. L’intervento dell’uomo deve essere rivolto a limitare la sofferenza e accompagnare, senza accanimento e senza nulla da nascondere alla persona. Eutanasia→ “morte bella”, pratica intesa a rendere piacevole anche la morte. Attualmente indica il processo di accelerazione della morte, per compassione verso il malato che soffre. È attiva, quando si fa qualcosa per procurare la morte (iniezione); è passiva, quando si interrompono le terapie che mantengono in vita (ossigeno, flebo)→ in entrambi i casi si trascura il valore etico. Non è intesa come eutanasia la prescrizione di analgesici nella terapia del dolore anche se si sa che possono abbreviare la vita, ma sono fatti per diminuire il dolore. Esiste anche il suicidio assistito, in cui il medico non agisce, ma dà al malato le conoscenze e gli strumenti per agire da solo. Il contrario dell’eutanasia è la distanasia o l’esubero terapeutico, in cui si forniscono al malato supporti terapeutici superiori al moralmente lecito, per tenerlo in vita ad ogni costo, anche in condizioni gravemente compromesse→ sia nell’eutanasia che nella distanasia, riconosciamo la fuga dalla morte. Entrambe le procedure sono contro la morale teologica, non tengono conto della dignità della persona che muore. Quasi una conclusione: vivere la propria morte Apparente contraddizione→ necessità di essere educati alla consapevolezza che avremo una fine che non dipende da noi e non deve dipendere da altri esseri umani. PARTE 3: SESSUALITÀ’ E MATRIMONIO CAPITOLO 1: GLI ENIGMI DELL’AMORE Enigmi perché l’amore sfugge a ogni definizione precisa. Tra teologia morale, diritto e teologia sistematica Concilio Vaticano II e l’enciclica Gaudium et Spes modificano i contenuti della dottrina morale circa il matrimonio: Prima: riferimento ad un documento del 1930 in cui il matrimonio era l’atto religioso e riconosciuto in termini di legge, non teneva conto della sessualità, dell’innamoramento e dell’affetto necessario tra uomo e donna per arrivare alla decisione del matrimonio. La purezza dell’atto coniugale e la fedeltà dei coniugi erano prescritte dai comandamenti “non commettere atti impuri” e “non desiderare la donna d’altri” (ora modificato in “non commettere adulterio” per evitare l’aspetto maschilista, come se la donna fosse una proprietà e non potesse avere lei il desiderio di avere un altro uomo). Il matrimonio in generale era considerato un sacramento→ funzione di fondamento della famiglia, per la procreazione e l’educazione dei figli. Il peccato derivava dal non rispetto per queste regole e si considerava il caso singolo, esaminato durante la confessione. Non si faceva un discorso generale sulla sessualità e sul matrimonio, introdotta solo col Concilio Vaticano II. L’enciclica Gaudium et Spes invita a considerare il tempo in cui si vive→ necessario studiare in quali contesti essi si muovono, per tenere conto della loro vita complessiva e esercitare l’opera di evangelizzazione in modo adeguato→ evangelizzazione si serve di altre discipline, come pedagogia e sociologia. Si muove tenendo presenti tematiche attualmente centrali, come felicità, piacer la comunicazione. Dal punto di vista teologico, si tratta di accostarsi alla sessualità nella coppia con lo stesso amore di Dio che l’ha voluta. Occorre accostarsi con l’amore divino all’amore dell’uomo. Tra le domande emerge la dimensione sessuale: fino agli anni 70 tutto ciò che riguardava il sesso era taciuto e relegato all’istituto matrimoniale; in quegli anni è avvenuta una rivoluzione che ha portato l’argomento ad essere espresso e vissuto senza regole, sfuggendo ad ogni contenimento. La nostra cultura sembra allergica alle relazioni, viste come vincoli→ prima vincolo sottolineava il rispetto e fedeltà; adesso senso negativo, di costrizione. Ecco alcuni trend nella cultura occidentale attuale:  Creatura umana è maschio o femmina→ ogni contatto tra le persone ha una forte carica sessuale, di dimensione fisica.  Attualmente l’istituzione matrimoniale e la pratica sessuale seguono vie differenti; negli ultimi anni si è abbassata l’età del primo rapporto sessuale, senza bisogno di istituzione.  Ogni rapporto maschio-femmina nasce da una decisione libera molto più che in altre epoche e culture, anche quando non è finalizzato al matrimonio. La convinzione che ognuno ha doveri verso se stesso porta a credere che si debba amare qualcun altro a proprio vantaggio e non per quello che è lui, non con dei doveri nei suoi confronti.  Da questo deriva che la continuità di una relazione affettiva dipende da quello che i 2 sentono, senza tener conto dell’impegno preso, senza tener conto del sentire dell’altro.  Se la decisione di amare una persona è libera e immediata, invece arrivare al matrimonio richiede un tempo di decisione molto lungo: fidanzamento, poi eventuale convivenza. Con il matrimonio ciascuno sa di essere significativo per l’altro e si aspetta molto dall’altro→ queste aspettative devono continuamente trovare una conferma: nel momento in cui la conferma viene meno, ecco che il rapporto viene meno. AMORE TOTALE: dal punto di vista fisico si può esprimere con l’amore sessuale: unione dei corpi che si mescolano in una nuova forma; unione degli animi, nella componente emotiva e psicologica; unione delle persone nella propria originalità, nel desiderio di raggiungere l’unità. AMORE FEDELE: l’unione di coppia presuppone l’esclusività che i coniugi si promettono oggi e nel futuro, riflesso dell’amore esclusivo che Cristo ha per la Chiesa, sua sposa. Per promettere fedeltà occorre che conosca l’altro in tutte le sue dimensioni, fisiche e spirituali. Questa fedeltà va oltre il non avere un altro, significa la riscoperta quotidiana dell’altro come fonte inesauribile di vita e felicità. AMORE INDISSOLUBILE: i 2 non diventano 1 solo istantaneamente, ma nel tempo. Se vogliono unirsi totalmente, devono mettere in gioco la loro storia sotto più punti di vista. Raggiunto questo, l’unione non si scioglierà più. Il Diritto Canonico prevede l’indissolubilità del matrimonio: la volontà di accettare questi principi è espressa nelle promesse sacramentali. AMORE FECONDO: donare la vita a una creatura è un gesto di partecipazione a perdere la vita; il rischio è per entrambi e mai come in questo momento la vita del bambino è fragile. Anche il figlio ha diritto di essere voluto e accettato nella sua identità, perciò da quel momento il matrimonio che diventa famiglia non si limiterà a 2. La grazia che lo SS diffonde e immette nei 2 coniugi non è un dono dato in quel momento, ma è un dono che si sviluppa da quel momento in poi, base per una vita futura. CAPITOLO 4: I SENTIERI DELL’AMORE Parlare di morale può far pensare a regole rigide alle quali conformare il proprio comportamento ma la morale cristiana non va confusa con l’osservanza di una legge→ è impegno della propria libertà e coscienza a cercare il bene e seguirlo: le norme sono un dono di Dio, per aiutarci a conoscere meglio noi stessi e agire di conseguenza, in piena libertà. La via dell’amore comincia dal grembo materno e procede fino a farci riconoscere e accettare la persona con cui intraprendere un legame coniugale. Per arrivare a questo, occorre un coinvolgimento completo della personalità: prima di tutto la costruzione di una solida identità personale e quindi la conoscenza della diversità dell’altro. Inoltre occorre sviluppare il desiderio di fare una scelta di fede. Il primo compito dei fidanzati è di prendersi cura l’uno dell’altro: passo fondamentale per considerarsi soggetti attivi del proprio matrimonio. Hanno una loro storia distinta, un cammino dopo il battesimo. L’impegno della conoscenza reciproca deve partire da loro, ma è importante che abbiano una guida spirituale a cui affidarsi→ comunità cristiana ha compito morale di formare i credenti e le coppie. Durante il fidanzamento sviluppa e cresce il rapporto affettivo, c’è una maturazione spirituale che porta a decidere se sposare o no quella persona. I fidanzati devono essere preparati alla vita di coppia, ma anche alla famiglia: preparare il matrimonio significa dare le basi perché sia saldo e indissolubile. Dopo la celebrazione delle nozze, si da avvio alla vita coniugale. Col sacramento del matrimonio si riceve il dono di amare il proprio coniuge e i figli come Gesu ha amato noi e la Chiesa. Per riuscire in questo, è necessario che gli sposi conducano una vita cristiana, sulla quale fondare la loro quotidianità. Su queste basi si garantiscono le 4 caratteristiche dell’amore coniugale, basato su quello di Cristo. Spiritualità coniugale→ significa presenza dello SS, trasmesso attraverso il sacramento. La vita cristiana non deve basarsi sulla semplice obbedienza alle leggi, ma dobbiamo agire autonomamente seguendo lo SS, attraverso il quale l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori. Il SS conduce verso una sempre più profonda unione tra loro. Dal Concilio Vaticano II è emersa la convinzione che il matrimonio può essere considerato alla stregua di una vocazione sacerdotale: amandosi l’un l’altro gli sposi amano Dio. Le regole dell’etica matrimoniale non sono vincoli, ma percorsi per salvaguardare i comportamenti della coppia, perché rispondano al desiderio di divenire una cosa sola; riguardano l’intimità sessuale, in quanto distintiva dell’unione matrimoniale. Ciascuno dei 2 deve donarsi all’altro nella propria totalità e nel contempo deve accettare l’altro. La regola della castità matrimoniale esprime la necessità che si accolga l’altro in tutte le sue dimensioni, senza che l’imposizione maschile o la seduzione femminile abbiano la prevalenza. L’atto non deve ridursi a solo rapporto fisico o alla sola ricerca del piacere erotico o alla procreazione→ poligamia o adulterio impediscono la fedeltà, impediscono ai coniugi di appartenersi l’un l’altro in modo totale ed esclusivo. L’atto coniugale porta alla procreazione→ per una procreazione responsabile, i metodi naturali che rispettano la fecondità della donna sono accettati, in quanto mantengono l’integrità corporale dei 2. I metodi contraccettivi sono la negazione dell’atto che permette la completa comunione interpersonale. Ci sono possibili deviazioni che oscurano la relazione d’amore con Cristo→ via del matrimonio è difficile da percorrere, perché sono 2 che devono portarla insieme→ criterio fondamentale per riuscire è quello di rimanere fedeli a Cristo. La testimonianza di questa fedeltà si ha dal comportamento→ ne sono una trasgressione non solo il divorzio ma anche un dono non completo dei coniugi. Unione irregolare è quella di persone battezzate che vivono insieme senza aver contratto matrimonio: conviventi, sposati solo civilmente, divorziati risposati. Le persone in questa condizione non possono accostarsi ai sacramenti, ne accompagnare chi li riceve, ne far parte di istituzioni laiche della chiesa. Guidata dal profondo amore materno, la chiesa ha il ruolo di richiamare ad una situazione regolare quelli che si sono allontanati, stare vicina a questi figli in un momento di sofferenza e difficoltà. Le situazioni sono valutate in modo diverso: c’è chi ha cercato di salare il primo matrimonio, o e stato abbandonato ingiustamente; c’è chi volutamente ha distrutto un matrimonio canonicamente valido. La chiesa non esprime un giudizio morale sulle persone, ma analizza il fatto che queste non possono vivere nella fedeltà, perché hanno un precedente che è venuto meno. L’obbiettivo è che le unioni siano più possibili uniche e stabili, per essere emblema dell’amore tra Cristo e la Chiesa. PARTE 4: PERSONA E SOCIETÀ’ La tensione fondamentale oggi sembra essere quella tra individuo e società→ scarto sempre più marcato tra cittadino e società, vista come lontana dal vissuto personale ma la persona è sempre un essere in relazione. Viviamo in una società individualista, ma sono apprezzate sono le relazioni comunitarie in cui prevalgono i tratti del riconoscimento dell’altro e dell’attivo coinvolgimento. La libertà dell’uomo si gioca in 3 dimensioni: PERSONALE, COMUNITARIA, SITUAZIONALE. L’odierna globalizzazione è intesa nella sua ambivalenza: dà nuove possibilità ma altrettante incertezze; è occasione di incontro e crescita per l’umanità, ma anche realtà che ci mette alla prova. Il progetto etico-politico derivante dalla Dottrina Sociale della chiesa non prospetta un ideale, ma un orientamento per la libertà inclusa in ogni azione politica. I 3 cardini della prospettiva etica sono principi, valori, virtù. 6 principi tutelano le grandi dimensioni del rapporto sociale→ apprezzati nella loro unitarietà, connessione e articolazione.  Principio personalista: la persona è soggetto, fondamento e fine della vita sociale. Tutela, oltre che la dignità dell’uomo e i diritti umani, la partecipazione del cittadino alla vita sociale.  sussidiarietà: tutela alla promozione di una società articolata e differenziata in una pluralità di soggetti, al rispetto e alla promozione delle autonomie locali, al decentramento amministrativo;  solidarietà: la politica deve tendere alla condivisione e redistribuzione corretta di beni e oneri, al riconoscimento pratico della pari dignità e dell’uguaglianza di tutti di fronte alla legge e alle istituzioni. La politica si configura come corresponsabilità di tutti nei riguardi di tutti gli altri. La solidarietà è la virtù sociale per eccellenza.  bene comune: è il fine al quale deve mirare l’intera azione politica. È il bene più elevato di ogni altro, superiore e più arduo del bene del singolo. Si concretizza nell’insieme di quelle condizioni sociali che favoriscono negli esseri umani lo sviluppo integrale della persona ed esprime la ricerca incondizionata del bene di tutti.  partecipazione: la politica va ispirata a tale principio affinché la cittadinanza risulti matura e attrice della vita del proprio paese.  Destinazione universale dei beni Un progetto come quello abbozzato potrebbe trovare attuazione in una corretta realizzazione dello stato sociale, che ne porti a pienezza le valenze positive attenuando il più possibile i limiti imputabili alla sua realizzazione storica. Nell’insegnamento sociale della chiesa l’opzione preferenziale è per la democrazia in quanto assicura la partecipazione dei cittadini. Teologia - Dibattiti etici e saggezza biblica Introduzione I tempi corrono→ oggi si parla di procreazione, clonazione umana, robotica, maternità surrogata, intelligenza artificiale...in questi temi, i cristiani e altri religiosi portano una responsabilità particolare di vigilanza e discernimento etico; cristiani portano Parola di Dio→ capitale di lungimiranza antropologica. Il 1o contributo di questa sapienza biblica è un invito alla fiducia (libro di Isaia): fiducia nell’identificare il giusto atteggiamento sia prima che ora nel periodo attuale di incertezza→ dovrebbe essere un preambolo per l’opera di intelligenza e discernimento che una congiuntura destabilizzante come quella attuale richiede. Il termine Sapienza è centrale nel testo biblico→ è di più del buon senso, è realtà divina presente nell’umanità fin dalla creazione e che la accompagna come guida fedele e attenta verso la vita e la felicità, è un bene infinitamente prezioso→ “chi trova me (Sapienza) trova la vita”. Nel contesto attuale di difficoltà, ai cristiani viene chiesto di riconoscere le vie della Sapienza, prenderla come guida e consigliera, per non cadere al servizio della Donna Follia, che ad oggi non manca di numerosi discepoli (sia scienziati che si spingono oltre i limiti etici, sia persone comuni). L’ambizione di questo testo è stimolare, mediante le Sacre Scritture, la nostra stima verso la Sapienza, così come conosciuta nella Bibbia, una sapienza incommensurabile per gli individui di oggi manipolati dai GAFA (Google, Apple, Facebook, Amazon). È aprendosi alla conoscenza di ciò che minaccia e perverte la vita che ci si prende cura dell’umanità. Struttura del testo: - cap 1: rimando di alcuni principi sull’uso delle Scritture - cap 2: concetti di relazione e limite, insito in essa potente contenuta nel libro della Genesi→ Dio fa crescere ogni sorta di alberi, tra cui quello della vita e quello della conoscenza del bene e del male: egli li dona generosamente ma con una restrizione, ovvero non mangiare i frutti dell’albero della conoscenza: designa un “tutto, salvo tutto”→ quanto proibito diventa il maggior desiderio. Limite spiegato anche da Bonhoffer pastore protestante assassinato dai nazisti: albero della vita è piantato al centro del giardino, Adamo riceve la vita da un Altro da sé, una sorgente divina che gli dona la vita precedendolo e prevenendolo→ quindi deve accettare anche questo limite, non solo di essere un mortale. Limite però accompagnato dalla grazia della creazione→ viene creata la donna, perché Dio vuole che Adamo possa amare il suo limite→ né l’uomo né la donna soli possono equivalere all’umanità, necessitano della presenza reciproca. Il limite suscita ribellione (contro il creatore e contro l’altro sesso)→ rinuncia di essere tutto, che porta nella Genesi al peccato originale, testimone di una umanità che ha la volontà di occupare da sola lo spazio della decisione e dell’agire, cancellando in toto la preoccupazione della parola e giudizio di Dio. Il tema della ribellione emergerà varie volte (cammino dell’esodo, profeti che parlano di infedeltà...)→ descritta nel libro di Isaia: “ho allevato dei figli ma si sono ribellati contro di me”. Capitolo 3→ un Dio in affinità con i “mezzi deboli” Altra singolarità delle Scritture, molto attuale→ modo in cui le Scritture immaginano e approfondiscono le nostre rappresentazioni della potenza, sia nell’esperienza pratica sia nel modo di dirigere la storia. In questo la tradizione biblica si distanza da evidenze diffuse, alimentate dal mondo moderno in cui i potenti appaiono come gli attori dominanti→ per questo è necessario fare riferimento alle sacre Scritture per verificare come trattano la potenza e la debolezza nella tradizione biblica, oltre i cliché conosciuti→ contrariamente a essi, il Dio potente che agisce “con mano potente e braccio teso”, mobilita dei mezzi deboli → riferimenti in tutta la storia biblica: - libro Genesi, racconto del Diluvio: come punizione per la violenza umana, Dio la sommerge con il diluvio ma senza annientarla (nella Bibbia, il giudizio è sempre accompagnato dall’orizzonte di una salvezza); ma il mezzo del salvataggio è modesto→ un uomo, Noè, che “camminava con Dio” e che consentirà all’umanità di perdurare - chiamata di Abramo, fondatore di una comunità di fratelli, costruita quali dal niente, fino a creare il popolo di Israele→ modesta comunità - privilegi dei primogeniti, sconvolti a vantaggio dei figli minori→ re Davide, ultimogenito dei figli di Iesse - in momenti di pericolo estremo emergono personaggi femminili (Debora, Giuditta, Ester)→ donne sempre lasciate in secondo piano, umiliate da un mondo patriarcale, eppure sono loro a essere state scelte da Dio per essere il suo braccio nella salvezza del popolo → in questo modo il testo biblico rivede le figure maschili come detentrici di successo e potenza; ne è un esempio il Re Davide, illustre re d’Israele, la cui grandezza non risiede nella sua potenza, ma viene biasimato da Dio perché considera il suo popolo, perché celebra Dio danzando con vesti umili dopo essersi spogliato dei suoi averi, perché risparmia Saul nonostante sappia che è il responsabile della sua rovina...la grandezza di Davide non si separa mai dalla sua umiltà, con la quale Dio è molto affine e che riconosce come vera potenza. Tutta la storia biblica conferma il gusto di Dio verso mezzi modesti, squalificati dai potenti e inattesi dal suo popolo stesso. La sapienza dell’uomo ha l’handicap di “non saper vedere nella propria debolezza il presupposto della sua forza”, è una sapienza che non deriva da una consolazione cristiana per il fallimento e nemmeno un’avversione per la potenza → ma è formulata come denuncia all’idolatria che porta l’uomo verso rappresentazioni false della potenza→ quindi l’umanità non esiste solo nell’esercizio del suo dominio, ma si compie nelle sue miserie, povertà, nella “défaillance della mitezza” (filosofo Levinas)→ è una concezione spesso disprezzata dai forti che abitano un mondo attuale di sovrabbondanza materiale e superpotenza. La logica dei mezzi deboli riguarda la nostra attuale umanità→ basta poco per custodirla, quando minaccia di lacerasi a causa dei totalitarismi, spesso causati da ricerche scientifiche sorprendenti e, se mal utilizzate, minacciose. La questione assai dibattuta oggi dell’”eccezione umana”→ richiama il discorso complesso della fine dell’uomo→ varie prospettive: - singolarità dell’uomo dissolta del regno indistinto del vivente - invenzione di avatar e molte altre. Tornando indietro nella storia→ Rinascimento: viene riorganizzata la percezione che l’uomo aveva di se stesso e del suo rapporto con cosmo e natura, dando sempre più rilievo all’uomo come padrone, sovrano e conquistatore della natura; questo uomo gonfio di poteri, nel 1800 subirà 2 grandi ferite narcisistiche: psicologica con la psicanalisi e cosmologica con l’evoluzionismo; nel 1900 i confini tra vivente e materia, uomo e animale, corpo e spirito si sono assottigliate, mettendo in crisi l’eccezione umana: si tratta oggi di reimparare la singolarità della condizione umana, plasmata dalla caratteristica del linguaggio e dell’intersoggettività → magnifica stranezza. L’eccezione umana deve essere riconosciuta nel fatto che l’uomo deve inventare continuamente dei mezzi per sopravvivere, differenziarsi dalla natura tramite la cultura, il distacco dalle pulsioni e l’appropriazione di un ordine simbolico→ la vulnerabilità è la vera cifra della dignità umana. Capitolo 4→ Diagnosi alla luce della Bibbia Non dobbiamo sbagliarci→ il termine diagnosi non intende decidere del bene o male attuale, sarebbe una pretesa ridicola alla luce della complessità della realtà umana, l’intento non è formulare un verdetto, in nome delle Scritture bibliche, sul mondo in cui viviamo e di cui siamo responsabili. Intendiamo il termine diagnosi in senso medico: esporre il presente alla luce critica della rivelazione biblica, perché proprio delle Scritture è decifrare sia l’osservatore che l’osservato. Si sostiene l’idea secondo cui le evoluzioni della società occidentale spingono verso una stessa forte tendenza, ovvero schivare l’alterità e proteggersi da un’eccessiva esposizione all’altro→ ne derivano tutti i problemi connessi con la relazione con l’altro, ma se è vero come dicono le Scritture, che la relazione è alla base della condizione umana, quanto caratterizza le relazioni con l’altro descrive un momento preciso della cultura→ il modo con cui gestiamo l’incontro con l’altro, l’accoglienza o esclusione della differenza...tutti questi giochi relazionali valutano la nostra situazione: gli esseri umani che noi siamo devono accettare le innumerevoli modalità della presenza dell’altro nel quotidiano. 2 versioni di alterità: 1) relazione di ognuno con il prossimo 2) contingenza della vita, l’imprevisto Entrambe sono delle sfide per l’uomo attuale, più di quanto non lo erano per l’uomo del passato→ sperimenta uno shock in quanto queste mettono in pericolo il suo desiderio di indipendenza e la sua volontà di dominio. Un’evidenza della condizione umana è che gli uomini non sanno vivere gli uni con gli altri, vige violenza, guerra, dominio...un principio originario che accompagna da sempre l’umanità. Ciò che bisogna riconoscere del nostro tempo è che ha il coraggio di denunciare pubblicamente alcune violenze prima negate, come l’esclusione sia simbolica che fisica delle persone omosessuali, la violenza contro le donne, le violenze culturali...sono cupe illustrazioni del rifiuto dell’altro, una negazione dell’esistenza opposta a ciò che esprimendo alterità deve essere ridotto, cancellato→ tutte queste situazioni e altre dimostrano quanto alcuni poteri diventino predatori dell’altro, ma oggi molte di queste smettono di essere silenziosamente accolte e vengono invece pubblicamente denunciate; nonostante questo, molte società non si preoccupano di cercare soluzioni e quindi proseguono inalterati quei comportamenti che tengono l’altro a distanza, nel tentativo di rimuoverne la presenza. L’esclusione dell’altro trova giustificazioni infondate nell’estraneità dell’altro, nella sua pericolosità, rendendo impossibile l’incontro→ la logica di un numero sempre crescente di stati è costruire muri, fossati, fili spinati per mantenere a distanza uno straniero che minaccia gli autoctoni. Al tempo stesso, un’altra posizione per scongiurare i pericoli dell’alterità molto moderna è la negazione della differenza→ riducendo/eliminando lo scarto fra uno e l’altro, si tenta di alleggerire la violenza di cui è carica→ è il proposito delle teorie gender, fluidificano identità cristallizzate in modo da annientare il dominio di alcuni su altri, in modo da instaurare un’equivalenza, tra uomo e donna, tra omo e etero… - vantaggio: si conferisce riconoscimento a realtà ignorate - svantaggio: schiacciamento delle singolarità, negazione del reale. La violenza resta, alimenta l’ossessione di coloro che vivono temendo di essere minacciati→ sospettando, continuano ad evitare la relazione e si avvicinano ad uno stile di vita individualista, dilagante nell’occidente attuale, che rivendica un modo di vivere insulare, ma esige che la società garantisca mezzi e diritti per essere sempre più autonomi dall’altro. Oltre alla relazione con l’altro, ci sono altre modalità dell’alterità→ sopraggiungere dell’imprevisto che sconvolge i progetti e scuote le nostre pretese di dominio→ comporta la possibilità di insuccesso, di delusione…, le recenti scoperte scientifiche ci rendono insopportabili le difficoltà, ossessione della salute perfetta, eliminazione immediata della sofferenza, moltiplicano gli approcci per prevedere il domani e anticiparlo, ma nonostante questo l’inatteso è sempre in agguato e ci trova vulnerabili e impotenti. Il nostro tempo sperimenta il progresso ma non deve ignorare il rischio di generare un mondo di individui freddolosi, fragili → Card Newman “Vivere tranquillo significa vivere in pericolo”. Simbolo della nostra fragilità→ carne umana; lo dimostra la tradizione biblica, dalla Genesi all’annuncio giovanneo “Il verbo si fece carne”→ la carne rende l’uomo concreto e vulnerabile: la carne è il segno della finitudine umana, è il corpo che registra gli effetti della malattia, ma diviene il luogo stesso della salvezza cristiana. La carne tende ad essere disinvestita da ciò che le conferisce il suo peso di umanità, è il tatto reciproco→ sin dall’inizio del suo pontificato, Papa Francesco celebra il “pelle a pelle” della carità, il tatto reciproco, che addirittura precede il linguaggio. Un’esperienza connessa a questo è l’essere madre, che concerne la “sorpresa dell’impossibile, di una nuova vita, l’inaudita novità di qualcuno che arriva in noi”→ questo significa che NON disponiamo della nostra carne come un bene personale, ma è un dono. Argomento difficile→ madri surrogate: un gesto inumano nel suo principio viene reso altruistico, gesto inumano perché il corpo di una donna è impegnato nella gravidanza in un’avventura incacellabile, della crescita nella sua carne di una vita chiamata a vivere a partire da questa relazione originaria.