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Esperienze pastorali, L. Milani, Dispense di Sociologia

Per lo studio personale e approfondimento sulla vita di don L. Milani

Tipologia: Dispense

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Scarica Esperienze pastorali, L. Milani e più Dispense in PDF di Sociologia solo su Docsity! Esperienze Pastorali (Marzo del 1958) Esperienze Pastorali venne pubblicato con l’Imprimatur del cardinale Elia Dalla Costa nel mar- zo del 1958 e con una lunga prefazione dell’ Arcivescovo di Camerino Mons. Giuseppe D’Avack che porta la data del 12 settembre 1957. Lo stesso anno il Sant'Uffizio ne ordinò il ritiro dal commercio. Esperienze pastorali 19 1962), torna a farsi rovente, dopo l’assassinio del presiden- te americano e la caduta del premier sovietico Kruscév nell’ottobre del 1964. L’Italia per la sua peculiarità di paese al confine tra i due blocchi ma, anche, per la presenza del più grande partito comunista dell’occidente che fa avanzare ad Alberto Ron- key la famosa teoria del fattore “K?°, vive internamente le congiunture politiche internazionali in modo assai trauma- tico, percorsa da fremiti pacifisti (spesso a senso unico) che reclamavano la fine delle guerre imperialiste (guerra del Vietnam), da richieste di una maggiore cooperazione politica ed economica tra le super potenze, di maggior con- trollo e limitazione della corsa agli armamenti, e, sul piano interno, dalla richiesta di una maggiore democrazia politi- ca e nelle relazioni economico-sindacali. Non si può dire che la Chiesa fosse estranea a quest’ansia di cambiamento. Di fronte alle spinte consumistiche del dopoguerra, all’affermarsi di una mentalità edonistica e materialistica, al diffondersi di comportamenti soprattutto in campo ses- suale ispirati a principi di relativismo etico, all'emergere delle nuove povertà, all’affermarsi, al suo interno, di un'istanza di pace autenticamente ispirata alla testimo- nianza evangelica, grazie al sapiente magistero di Giovan- ni XXIII, risponde con una maggiore apertura e attenzione alle mutate condizioni culturali, sociali ed economiche del paese. Culmine di questo processo innovativo è, indubbiamente, il Concilio Vaticano II, che porta a compimento il lungo lavorio del mondo cattolico italiano. 20 Esperienze pastorali Il travaglio interno al cattolicesimo italiano, soprattutto po- litico, regolato (non senza plausibili ragioni) dalla paura del comunismo, si può schematicamente evidenziare nello “scontro” tra due opposte tendenze: il conservatorismo in- tegristico che mira a conservare una società interamente cristiana, chiusa ed arroccata, tesa alla conquista più che alla evangelizzazione e un’ala “democratica” portatrice di una nuova cristianità centrata su istanze ecumeniche, di dialogo col mondo anche non cristiano, di apertura alla dimensione socio-politica dell’agire cristiano. Esprime molto efficacemente e con molto anticipo questa posizione Giorgio La Pira: “E’ tempo di costruire: tempo eccezionale della sto- ria della Chiesa; finisce un’epoca, e una nuova ne sor- ge; qualcosa di analogo a quello che avveniva all’alba della Chiesa e all’alba del 1000: quale gioia poter col- laborare alla costruzione di una cristianità nuova! Fe- de ci vuole, una fede viva e un amore appassionato; amore per Gesù e per la sua Chiesa; amore per questa umanità disastrata che cerca un punto di riferimento al quale riferirsi per risorgere dalle rovine dalle quali è sepolta!”*. 8 LORENZO PIVA, Giorgio La Pira L’eterno nel tempo l’utopia del Regno per trasformare la storia, San Paolo, Cinisello Balsamo 1997, p.174 Esperienze pastorali 21 Di quest’ala “democratica” e minoritaria fa parte anche don Lorenzo Milani. E proprio per questa appartenenza, la sua vicenda personale, finisce per essere letta secondo otti- che essenzialmente ed unicamente socio-politiche, aspetto certo importante del suo credo, che assume però significa- to umano e religioso solo all’interno di quell’esperienza di vita unica ed irripetibile che è la testimonianza vivenziale di un grande uomo di fede, che fa dell'impegno educativo, vangelo in atto, attraverso una scelta preferenziale a favore dei poveri e degli emarginati. E’ un caso che, ancor oggi, il grande pubblico misconosce l’opera fondamentale di don Lorenzo Esperienze pastorali, quella stessa opera di cui Lertera alla professoressa è natu- rale compimento e senza la quale la stessa vita del priore di Barbiana sarebbe comprensibilmente la vita di un comune, sconosciuto pastore di anime? Pensiamo proprio di no. Per comprendere, nella sua poliedrica dimensione, il pensiero milaniano, non ci si può fermare ad una lettura unilaterale centrata sulle due opere citate. Bisogna allar- garla alla sua opera prima che è Esperienze pastorali. Esperienze pastorali ci dà la cornice ideale e teorica, entro cui tutto il pensiero milaniano trova una ricomposi- zione unitaria e dal quale bisogna necessariamente partire, perché ha in sé le coordinate umane, religiose e di fede, che orientarono l’opera del priore di Barbiana. Don Lorenzo opera in un clima e in una situazione cul- turale e religiosa per molti versi unica ed irripetibile, agli inizi degli anni ’50, gli anni dell’ondata migratoria del sud. 24 Esperienze pastorali E per far questo dovette mettere da parte sentimenti ed af- fetti. E° la Firenze di don Giulio Facibeni, un prete fiorentino che non è arrivato agli onori della cronaca nazionale, “un santo” lo definì don Lorenzo. Anch’egli è protagonista di un'esperienza unica e probabilmente irripetibile: fondò un orfanotrofio per bambini e ragazzi abbandonati “La Ma- donnina del Grappa”, ma, quel che è più straordinario, fu finanziato dagli operai delle officine Galileo. Altro uomo simbolo della “primavera fiorentina”: Gior- gio La Pira. Siciliano di Pozzallo, diviene sindaco di Fi- renze nel 1951 e vi resta fino alla “normalizzazione” avve- nuta nel ‘65. E’, anche questa, un’esperienza amministrati- va unica e irripetibile in quegli anni. Sa tradurre sul piano politico-amministrativo le istanze che sgorgano dalla sua ima fede, dialogando con tutti, cattolici, laici e sti. La Pira porta entro le fabbriche, agli operai stre- mati da lunghe lotte sindacali, non solo la solidarietà uma- na, ma anche uno spirito di condivisione cristiana, che non di rado sfocia nella celebrazione della Parola e dell’Eucarestia, entro le mura delle stesse fabbriche occu- pate. Certamente l’apporto più consistente La Pira lo dà al problema della Pace. Come sindaco di Firenze promuove i Convegni interna- zionali per la pace e la civiltà cristiana, nel periodo che va dal 1952 al 1956, il Convegno dei sindaci delle grandi cit- tà e i Colloqui del Mediterraneo, gettando un ponte verso il dialogo e la solidarietà non solo all’interno delle grandi Esperienze pastorali 25 religioni monoteiste ma, anche con la cultura laica e socia- lista. Le iniziative a favore della pace e dell’unità del mondo fanno emergere la cultura universalistica di Giorgio La Pi- ra, che divenne in breve tempo “un simbolo, un uomo-ponte di pacificazione univer- . oi , — sll sale, anello di congiunzione tra i popoli della Terra”. E in questa veste di messaggero di pace girò il mondo dal- la Russia di Kruscév agli Stati Uniti di Kennedy, dall’Inghilterra alla Jugoslavia di Tito, fino al Vietnam di Ho Chi Minh, realizzando ovunque gemellaggi di amici- zia, di fratellanza e di collaborazione culturale. Altra figura emblematica di quella che sarà chiamata la primavera fiorentina è padre Ernesto Balducci. Prete dell’ordine degli Scolopi, nel 1958 fonda a Firenze il pe- riodico cattolico “Testimonianze”. Proveniente da una fa- miglia povera (è figlio di minatori), dedicherà tutta la sua vita, fino alla morte traumatica per incidente stradale av- venuta il 25 aprile del 1992, ai poveri e ai giovani del “Ce- nacolo” nella comunità religiosa della Badia Fiesolana. Don Lorenzo veniva, invece, da un’esperienza del tutto diversa. Estraneo a quel clima religioso, a quella cultura della sofferenza, lui, che era cresciuto tra nurse che parla- vano diverse lingue, dimentica in fretta, con un passaggio repentino e radicale, i privilegi della sua condizione alto- borghese e abbraccia senza tentennamenti la causa dei po- veri, degli emarginati, dei senza parola, con una sete di po- !! LORENZO PIVA, Op. cit. p. 63 26 Esperienze pastorali vertà che, sostiene lo stesso Balducci, si può spiegare solo psicanaliticamente con “la sua voglia di autopunirsi, di dimenticare perfino nelle fibre della sua carne l’agiatezza della sua infan- vl zia. 2. Scuola popolare ed educazione religiosa Il 18 aprile del 1948 la D.C. ottiene il 48,5% dei voti al- le elezioni e la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera dei deputati. La vittoria del partito di ispirazione cattolica, guidato da Alcide De Gasperi, è il frutto, anche, della ca- pacità di mobilitazione e di organizzazione del mondo cat- tolico attorno alle parrocchie e ai comitati civici. E’ un anno fondamentale, anche per don Lorenzo, che, cer- tamente vive senza tanto entusiasmo, il far parte, più per obbedienza che per convinzione, della schiera dei vincitori. Ma è, probabilmente, da lì, da quel 18 aprile che inizia la sua riflessione e la ricerca di una nuova pastorale parroc- chiale, di un più moderno ruolo della parrocchia, di una cultura religiosa degli adulti che sa essere “praticamente nulla” e che vuole affrancare dal mito, dalla superstizione e dall’abitudine. ! ERNESTO BALDUCCI, L'insegnamento di don Lorenzo Milani, Editori Laterza, Roma-Bari 1995, p. 80 Esperienze pastorali 29 Tuttavia comincia già ad emergere il nesso, che sarà il filo conduttore di tutta l’opera, tra istruzione religiosa e istru- zione civile. Chiamato a rispondere sulle cause di questo insuccesso educativo, don Lorenzo non attraversa ancora il guado, non dà una spiegazione universale, si “rifugia” nel partico- lare, in un “esempiuccio laterale” la Benedictio mulieris post partum. Qual è la causa di questa convinzione radica- ta che vuole la sposa, che ha partorito, impura fino a quan- do non si è purificata (rientrare in santo)? Don Lorenzo addita come cause le idee poco chiare che gli adulti hanno sul matrimonio, sul peccato. Certamente idee poco appro- priate su cristianesimo ma soprattutto: “un substrato di tale incapacità a parlare e a intendere che i continui insistenti chiarimenti del prete non scalfi- »+16 scono nulla.” °. Siamo appena all’abbozzo di Esperienze pastorali e il priore annuncia già quello che sarà il filo conduttore di tut- ta la sua vita terrena, la scuola popolare come strumento di mediazione rispetto alla sfera dell’educazione religiosa, l’educazione civile propedeutica alla formazione religiosa: “Resterebbe poi da affrontare il problema della i- struzione religiosa degli adulti come problema a sé, di sana pianta diverso. E’ nostra opinione che la sua soluzione dipenda oggi strettamente dalla soluzione di quello dell’istruzione ci- !° ibidem, p. 50 30 Esperienze pastorali vile. Ed il motivo è che, dopo tutto, l’istruzione religio- sa che occorre per vivere da buon cristiano è in fondo poca cosa. Se la sua diffusione nel nostro popolo è par- sa finora una chimera non è per sua intrinseca difficol- tà, ma solo per mancanza del mezzo indispensabile cioè un minimo di preparazione linguistica e logica. L'esperienza fatta nella Scuola Popolare ci dice che quando un giovane operaio o contadino ha raggiunto un sufficiente livello di istruzione civile, non occorre fargli lezione di religione per assicurargli l’istruzione religiosa. Il problema si riduce a turbargli l’anima ver- so i problemi religiosi. E questo, col lungo contatto as- sicuratoci dalla scuola, ci è risultato estremamente fa- cile.” ‘*. 3. La Fede tra mito, indifferenza e abitudinarietà Il tradizionalismo cattolico definì “tragica e cupa e ne- ra e disfattista” l’analisi lucida e finemente articolata che il priore fece della religiosità del suo popolo, una religiosi- tà che la ragione reale dimostrò essere indifferente, abitu- dinaria e mitica, senza compromissioni esistenziali. E ciò, nonostante avesse ottenuto l’imprimatur del cardina- le di Firenze Elia Dalla Costa e la lunga e positiva prefa- zione dell’arcivescovo di Camerino monsignor Giuseppe D’Avack. ! ibidem, p. 51 Esperienze pastorali 31 Perché tanta ostilità verso quell’opera che lo stesso D’Avack definì “in realtà sommamente positiva, e costruttiva e di im- portanza vitale, fondamentale ed urgentissima oggi. 7189 Certamente per la sua carica profetica, che disturbava e non poco, l’ordine esistente. A quarant’anni di distanza appare in tutta la sua radicalità il decisivo ruolo che il priore svolse all’interno di quel processo di modernizzazione della Chiesa italiana, che con immagine suggestiva, ma piena di significato, Lorenzo Pi- va ha definito come “una linea di demarcazione, pur senza rotture, tra il prima e il poi, tra l’antico e il nuovo, tra due modalità di approccio al mondo: di conquista prima, di lievita- zione-fermento poi, »19, lo spartiacque nella complessa storia delle relazioni della Chiesa con il mondo e soprattutto con la modernità che fu il Concilio Vaticano II°. E’ accertato che don Lorenzo seguì con distacco, forse an- che con indifferenza, i suoi lavori, forse perché erronea- mente scettico, (a conti fatti), sulle possibilità di un cam- biamento dell’indirizzo pastorale nel breve periodo. E, tuttavia, di quel cambiamento il priore fu anticipatore e profeta, non il solo certamente, ma uno fra i tanti che com- !# DON LORENZO MILANI, Op. cit., p.9 ! LORENZO PIVA, Op. cit., p. 170 34 Esperienze pastorali “ La religione è roba da ragazzi. La religione è roba da donne. Il peccato originale sull’anima fa meno male d’una in- freddatura. La Confessione serve per fare la Comunione. Lo stare in grazia di Dio non è dunque un problema quotidiano. O meglio: non è il problema quotidiano fondamentale del cristiano. La Comunione non è un Dono ma un obbligo. La Comunione serve per celebrare le feste. La Presenza del Salvatore nell’Eucarestia non è dunque reale, se no nessuno aspetterebbe le feste. per assicurarsi coll’Eucarestia la salvezza. La religione è solo adempimento di rito e non importa con sé impieghi di vita 0 di ideologia. La religione è nel suo complesso fatto di insignificante è portata: Non vale la piega dei calzoni. Non vale quanto una buona dormita. Non vale quanto l’opinione degli altri su di noi (tutti i fenomeni di rispetto umano, dalle genuflessioni manca- te o storpiate, al modo di stare in chiesa, all’atteggiamento di fronte alla processione (pag. 89) ecc.. Non vale quanto il denaro (lavoro domenicale pag. 57) o il divertimento (caccia, ecc.). L’Olio Santo è un Sacramento spaventoso, il buon fi- gliolo cura che i genitori non s’accorgano di riceverlo (pag. 106). La morte stessa è un salto nel buio e il pie- Esperienze pastorali 35 toso boia copre gli occhi del condannato con un cap- puccio. Se ha un cancro gli dice che è infiammazione, se è tisico gli dice che è bronchite, se ha i minuti contati gli dice che vivrà altri 100 anni. In conclusione i grandi non credono nell’Al di Là per- ché curano che i loro cari vi si incamminino nell’incoscienza e impreparati a quell’unico irrimedia- bile esame. va, che trova piena conferma nell’altro quadro, il secondo, l’intervista col giovane maomettano che vuol conoscere le percentuali dei credenti dalla parrocchia del priore, e al quale don Lorenzo risponde con linguaggio provocatorio, scarno, ma efficace e chiaro: “Maschi adulti Battesimo 100 % Mezz’ora di Culto Esterno la settimana 16,1 % (la Messa di precetto) Istruzione religiosa cattolica 100 % Scelta dell’ideologia cristiana nell’atto 20,9 % di Sovranità Popolare (1946) Preferenza del prete quale Ufficiale di Stato 99,7 % Civile nel Matrimonio Preferenza del prete quale accompagnatore 100 % del sepolcro Ricerca quotidiana o almeno settimanale di 0% un Pane di cui Gesù ha detto che chi non lo % DON LORENZO MILANI, Op. cit., pp. 120-121 36 Esperienze pastorali mangerà non avrà la Vita Eterna Ricerca di quel Pane una volta l’anno perché 41% invitati da un preciso precetto della Chiesa”, Il quadro che il priore presenta ai suoi confratelli e su- periori è, certamente, impietoso, ma non per questo pessi- mista e disfattista. La sintesi che abbiamo riportato è la naturale conclusione di un'analisi lunga ed articolata, con la quale passa ai raggi X le attività pastorali, le intenzioni ed i modi con cui i suoi parrocchiani si avvicinano ai Sacramenti. Innanzi tutto l’Eucarestia, il centro ed il motore di tutto il Mistero della Redenzione, è praticata più dalle donne che dagli uomini, e don Lorenzo non può che limitarsi a lanciare alcune ipotesi di ricerca: “Potrebbero essere motivi legati alla particolare co- stituzione della forma mentale femminile. Il lettore po- trà in tal caso consultare utilmente gli studi degli psico- - 3,26 logi”. Il priore non può tacere della questione più generale della * ibidem, p. 119 % ibidem, p. 56 Esperienze pastorali 39 Poche. Almeno avranno sotto gli occhi una comu- nità cristiana più religiosa.” % Né disfattismo né tragicità, ma realismo e speranza! Don Lorenzo guarda in modo nuovo alla Chiesa e ai suoi nuovi compiti. Coglie, con anticipo sui tempi, la necessità della radicale trasformazione cui la modernità La chiama: non più conquista del mondo e portatrice di una fede ideo- logizzata, ma Chiesa evangelizzatrice, cioè annunciatrice del messaggio di salvezza secondo uno stile propriamente kerigmatico. Ed è questo stile kerigmatico, unitamente agli strumenti culturali che la Chiesa deve impegnarsi a far crescere e sviluppare, il nucleo della sua proposta pastorale. Don Lorenzo percepisce che l’annuncio della salvezza non può essere disgiunto da una significativa proposta di rico- struzione culturale delle condizioni antropologiche che rendono l’uomo persona, e persona in grado di accettare la Verità, non in base al principio dell’obbedienza, bensì con consenso interiore, quel consenso interiore che può nascere solo e solamente quando si è realizzato il passaggio dalla coscienza inerte all’autonomia di giudizio. Così poco attento al dibattito culturale accademico, re- frattario alla speculazione filosofica, uomo portato all’azione diretta ed immediata, per l’attenzione che mo- stra alla persona, Don Lorenzo va annoverato, in quanto a concezione filosofica dell’educazione, tra gli esponenti di spicco del personalismo cattolico italiano. ® ibidem, pag. 79 40 Esperienze pastorali 4. L’istruzione civile Il capitolo terzo della prima parte di Esperienze pasto- rali è dedicato alla problematica della istruzione civile. Non va sottaciuto che l’ambiente in cui opera il priore, San Donato di Calenzano e più ancora Sant’ Andrea di Barbia- na, è un ambiente tipicamente contadino ed operaio, “un mondo fatto di miseria e di arretratezza”, che condiziona fortemente il suo pensiero e ne orienta la prassi educativa e pastorale. Le due grandi categorie sociali attenzionate e al centro dell’azione formativa di Lorenzo Milani sono i contadini e gli operai. Ci si fermasse a leggere i nudi dati statistici elaborati dallo stesso Milani, si dovrebbe concludere che a distanza di cento anni (1841-1951) l’analfabetismo relativo alle giovani generazioni è praticamente scomparso. Pressoché tutti i giovani tra i 13 e i 21 sanno leggere e scrivere: “Questo secolo passerà dunque alla storia per quel- lo in cui il nostro popolo ha rotto la sua millenaria stat 99332 schiavitù intellettuale?”. 3! L. FIORANI, Don Milani tra storia e attualità, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1997, p.7 ® DON LORENZO MILANI, Op.cit, p. 169 Esperienze pastorali 41 Dentro l'apparente inoppugnabilità del dato statistico: “Nelle nuove generazioni infatti l’analfabetismo (in senso legale) si può considerare sparito. Non vi è cioè oggi a San Donato nessun giovane che non abbia fatto almeno tre classi elementari e che non sappia almeno faticosamente leggere e serivere”®, don Lorenzo coglie una realtà diametralmente opposta che gli fa categoricamente affermare che il bracciante e l’operaio di oggi versano in condizioni di più evidente mi- norità rispetto a quelli del 1841. E ciò in virtù di un’accresciuta richiesta di “prestazioni intellettuali”, e- spressione di una complessa ed articolata vita lavorativa, civile e sociale, che l’operaio, per così dire moderno, non riesce a soddisfare: “Non è dunque esagerazione sostenere che l’operaio d’oggi col suo diploma di quinta elementare è in stato di maggior minorazione sociale che non il bracciante analfabeta del 1841”*. In buona sostanza don Lorenzo rileva, già in Esperienze pastorali prima ancora che in Lettera ad una professores- sa, la relazione fortemente in disequilibrio tra lo sviluppo tecnico-produttivo e sociale da una parte e la formazione assistita dall’altra. Due locomotive che scorrono su binari paralleli, destinate a non incontrarsi. L’uno, lo sviluppo * ibidem, p. 166 * ibidem, p. 169 Esperienze pastorali Spiega quel che c’è da studiare a casa e controlla quel che s’è studiato a casa. Questa impostazione della scuola secondaria, nuo- va per i nostri ragazzi, provoca nel giro di poche setti- mane la loro disfatta. Il babbo operaio che ha fatto solo le elementari e ignora tutto su altri tipi di scuola è incapace di dare al figliuolo una disciplina, un metodo, e un orario propor- zionati alla nuova situazione. La pagella del primo trimestre lo colpisce, ma è portato a credere a ingiustizie, incomprensioni e anche a corruzione dei professori da parte dei più ricchi. Quando verso la fine dell’anno scolastico comincia a ambientarsi è ormai troppo tardi. Una serie di umilia- zioni quotidiane, coronate dalla bocciatura, sono basta- te a rendere lo studio odioso al ragazzo per tutta la vi- ta. Sono caratteristiche di questi nostri ragazzi le pa- gelle che peggiorano da un trimestre all’altro (1). E° un accumularsi di ritardo, di scoraggiamento e infine di odio per la scuola. Il povero babbo non si arrende ancora. Se appena può dissangua per mandare il ragazzo a ripetizione. La spesa è enorme, il frutto nullo. Il ripetitore si trova dinanzi a un deserto. A un ra- gazzo che non ha mai letto un libro non si può neanche spiegare perché il suo tema non va. Non c’è nulla da Esperienze pastorali 45 fare se non consigliarli la lettura. Ore di lettura per - 38 anni.” °°, Pagine intense e intensamente sofferte, che mettono in lu- ce, in don Lorenzo, la profonda capacità di analisi dei fe- nomeni socio-culturali. Pagine che fanno emergere i nuclei tematici fondamentali della sua riflessione pedagogica: la finalizzazione selezionatrice della scuola pubblica italiana, il ruolo del linguaggio, dei saperi e dell’ambiente culturale di provenienza sul successo/insuccesso scolastico, l’incapacità della scuola a parlare un linguaggio pedagogi- co rispettoso della cultura di tutti (quello che in termini moderni viene chiamato individualizzazione dell’insegnamento), gli obiettivi e i valori di una nuova scuola finalizzata a promuovere e non a bocciare. Pagine che aiutano a chiarire e comprendere i complessi meccani- smi del disagio, della dispersione e dell’abbandono, la proposta del tempo pieno inteso come risorsa. Ma più ancora delle questioni pedagogiche affiorano la grande umanità di don Lorenzo, il clima di empatia e con- divisione che riesce a creare prima a San Donato e poi a Barbiana, la sua vocazione alla carità cristiana, la scelta degli ultimi e degli emarginati, il suo impegno a riscattarli dalle “nuove forme di schiavitù sociale e psichica” » * DON LORENZO MILANI, Op. ciî., pp. 183-184 * P. REGINALDO IANARONE OPP. Op. cit., p. 587 46 Esperienze pastorali cui vanno soggetti per le moderne forme di produzione e- conomica e culturale, la profonda fede nel messaggio sal- vifico della Parola Incarnata, entro cui si svolge la sua prassi pastorale ed educativa, che non lascia spazio ad al- cun tipo di speculazione. L'orizzonte, il traguardo finale alto della sua vita e del suo impegno terreno: la salvezza delle anime a lui affidate. Scrive infatti al direttore del giornale “Adess “A me invece non importa nulla che i poveri ci gua- dagnino (questo fatto non ha infatti nessun peso per la venuta del Regno), mi importa solo che gli uomini smet- tano di peccare . E l’ingiustizia sociale non è cattiva (per me prete) per- ché danneggia i poveri, ma perché è peccato cioè of- fende Dio e ritarda il suo Regno. (E la ricchezza e non la povertà che è un’offesa a Dio). vio, E più ancor chiaramente e con profondissima tenerezza al giovane comunista Pipetta, che lo considera l’unico prete degno di considerazione : “Caro Pipetta, ogni volta che ci incontriamo tu mi dici che se tutti i preti fossero come me, allora...... Lo dici perché tra noi due ci siamo sempre intesi anche se te della scomunica te ne freghi e se dei miei fratelli ‘4 AL DIRETTORE DI ADESSO, Op. cit., p. 29 Esperienze pastorali 49 grido di vittoria degna d’un sacerdote di Cristo: “Beati i ...fame e sete. »Al Con largo anticipo sui tempi don Lorenzo ci dà un chia- ro esempio del condizionamento culturale, gravido di non poche conseguenze sociali e politiche, ma più ancora reli- giose, cui è soggetta la grande maggioranza del popolo ita- liano, tenuta volutamente nell’inferiorità culturale: “Conseguenza di tutto questo è che la quasi totalità degli anziani e l’88,6% dei giovani del nostro popolo è intellettualmente alla mercé di chi abbia fatto anche una sola classe oltre le elementari.” *°. S'è già detto che Esperienze pastorali è un saggio sulla Chiesa e sull’azione pastorale a cavallo degli anni ’50. E don Lorenzo non lo dimentica. Ammonisce la classe diri- gente (partiti politici, padronato, fattori, enti, informazio- ne) a ripensare il proprio ruolo e la propria funzione orien- tativa nei confronti del paese e della sua parte più debole ed emarginata, ma rivolge la sua attenzione privilegiata ai suoi confratelli sacerdoti, che invita ad un esercizio di u- miltà e a un lungo, scrupoloso esame di coscienza che li prepari a quello stato d’animo necessario a parlare a quell’uditorio inerme che è la classe operaia e contadina. E sono pagine belle e toccanti, pagine in cui, alla straordi- naria acutezza dell’analisi storico-sociale sintetizzata nei 4 LETTERA A UN GIOVANE COMUNISTA DI SAN DONATO, Op. cit., pp. 19-21 ‘ DON LORENZO MILANI, Op. cit., p. 183 50 Esperienze pastorali già noti fenomeni di incoerenza, reticenza, formalismo re- ligioso, mito, fede vissuta abitudinariamente e passivamen- te imposta dall’ambiente e dalle circostanze, senza adden- tellati in nessun comandamento di vita ma solo in coman- damenti rituali, fa seguire la proposta pedagogica della scuola popolare, strumento di promozione e di evangeliz- zazione della persona. Don Lorenzo non nutre dubbi: un uomo privo di parola, cioè di quello speciale e al tempo stesso generale mezzo che gli permette di relazionarsi con i suoi simili non può ricevere “l’apporto di Un suo simile che è Parola e che s’è fatto Carne cioè Parola Incarnata per essere Parola più convincente. E che poi ha posto un Libro come fonda- mento della nostra elevazione e un Magistero per l’interpretazione di quel Libro e poi dei sacramenti che sono in sé stessi più che quel Libro e più che quel Ma- gistero, ma che pure non si possono affrontare neanche loro senza l’anticamera della Parola (il catechismo).” Per questo il priore dichiara che non si sente pienamente parroco, che non può svolgere compiutamente l’attività sa- cerdotale del fare Dottrina e del dispensare i Sacramenti a causa del dislivello umano dei suoi parrocchiani, che, * ibidem, p. 197 Esperienze pastorali SI quindi, la sua realizzazione di pastore avviene nella scuola e con la scuola popolare: “Per ora questa attività direttamente sacerdotale mi è preclusa dall’abisso di dislivello umano e perciò non mi sento parroco che nel fare scuola. ”*. Affermazione che servì ai “nemici” di don Lorenzo, per denunciare il suo orientamento illuminista e provare, con ciò, la sua estraneità alla Chiesa, accusa che ci riserviamo di discutere nell’apposito capitolo. Tuttavia in questa sede non possiamo esimerci dal rilevare la straordinaria consonanza teoretica con il Santo Padre. Così scrive infatti Giovanni Paolo II° a proposito della comunicazione della verità oggettiva: “La fede, infatti, presuppone con chiarezza che il linguaggio umano sia capace di esprimere in modo uni- versale — anche se in termini analogici, ma non per questo meno significativi — la realtà divina e trascen- dente. Se non fosse così, la parola di Dio, che è sempre parola divina in linguaggio umano, non sarebbe capace di esprimere nulla su Dio.”* La scuola popolare di San Donato, afferma don Loren- zo, non è più solo progetto o speranza, ha dato già i suoi primi frutti: il substrato nuovo su cui va fondata una fede * ibidem, p. 201 4 GIOVANNI PAOLO II, Enciclica Fides et Ratio 84, Libreria Edi- trice Vaticana, Roma 1999, p. 115 S4 Esperienze pastorali priore, la scuola popolare è prima ancora una scuola di senso, capace cioè di risvegliare nei giovani contadini ed operai “dal fondo dell’anima quella sete naturale di sapere che è spesso seppellita negli infelici” 0, una scuola ove l’apprendere ha un senso concreto e preci- so, e le cose apprese hanno un ben definito aspetto valoria- le, direttamente rapportabile all’esperienza di vita. Una scuola ove l'insegnamento non è genericamente neutro ma si ispira a un ben preciso e definito quadro di valori umani e religiosi, correlati alla struttura onto-metafisica-religiosa del soggetto con l’intento di farlo crescere in quanto per- sona dotata delle armi della libertà e delle facoltà critiche. Una concezione della scuola, per dirla in termini deweyani intesa come vita, ma che va oltre la concezione del Dewey, per cui l’insegnamento non si riduce a “centri attivi di ap- profondimento della conoscenza scientifica di materiali e processi naturali” ma è al tempo stesso educazione alla li- bertà. La libertà è il fine ultimo dell’opera educativa di don Lo- renzo Milani, è nella libertà che l’uomo realizza sé stesso come persona umana, è nella “libertas maior” agostiniana che l’uomo, divenuto persona, adempie il libero arbitrio, una libertas maior che è, dunque, il risultato di tre fattori: ‘ ibidem, p. 237 Esperienze pastorali 55 la Grazia gratuita di Dio Padre, l’azione educatrice della società, l’azione riflessiva interiore. E° questo l’orizzonte valoriale della pedagogia milaniana: “Quando con la scuola avremo risvegliato nei nostri giovani operai e contadini quella sete sopra ogni altra sete 0 passione umana, portarli a porsi il problema re- ligioso sarà un giochetto. Saranno simili a noi, potranno vibrare di tutto ciò che noi fa vibrare.” so, Arriviamo all’epilogo di Esperienze pastorali: il problema della didattica nella scuola popolare di San Donato di Ca- lenzano e il rapporto maestro-scolaro. Rispondendo a degli amici che gli chiedono come faceva a far scuola e ad averla sistematicamente piena, Lorenzo ri- sponde: “non dovrebbero preoccuparsi di come bisogna fare per fare scuola, ma solo di come bisogna essere per po- » SI ter far scuola.” °. Una rilettura per così dire moderna della didattica mila- niana ci porterebbe ad affermare che egli era fautore di una didattica che possiamo chiamare, con G. Dominici, dell’oscuro. Accanto, infatti, alle didattiche cosiddette del chiaro, esplicite, dirette, evidenti, esiste una didattica im- plicita fatta di convinzioni, preferenze, comportamenti del ® ibidem, p. 237 5! ibidem, p. 239 56 Esperienze pastorali maestro, che finisce per educare ed influenzare le modalità di essere e di comportarsi dell’educando. E° questa didattica che don Lorenzo dimostra di preferire e a cui dà la massima rilevanza. Afferma infatti: “ecco toccato il tasto più dolente: vibrare noi per cose alte. Tutto il problema si riduce qui, perché non si può dare pa» 52 che quel che si ha.” °”. Il priore conosce bene il segreto della sua scuola: l’insegnante come presenza personale, e non esita un solo istante a riaffermarlo: “Il prete che fa scuola popolare sa tutto quel che ha in cuore il suo popolo e il popolo cui il prete fa scuola popolare sa tutto quel che ha in cuore il suo prete. Nudi e veri, l’uno dinanzi agli occhi dell’altro.” 53, Ma anticipa che l’insegnamento, ed il suo in particolare, non può prescindere dal mostrare una perfetta congiunzio- ne di parola e prassi: ® ibidem, p. 237 5 ibidem, p. 237