Scarica figure di Riccardo Falcinelli e più Appunti in PDF di Arte solo su Docsity! CAPITOLO 4: MECCANISMI STRADE, STRACCI, COLTELLI E PISTOLE Quando guardiamo un’immagine in qualche modo ci entriamo dentro. C’è qualcosa che suscita il nostro interesse e ci trascina nella rappresentazione. Nel gergo dei pittori, si dice che una composizione possiede un “PUNTO DI INGRESSO”, ovvero qualcosa da cui partiamo e che accompagna lo sguardo dentro l’immagine. Prendiamo questa foto di Dorothea Lange: È impossibile vedere come prima cosa il cielo o l’angolo in alto a sinistra: tutto è costruito per convogliare lo sguardo secondo un percorso prestabilita. Specie nella pittura di paesaggio si impegnano strade e sentieri per indirizzare l’osservatore. A partire dal Seicento, per potenziarne l’effetto si inseriscono anche alcune figurette con cui lo spettatore possa identificarsi. Anche se quel sentiero è fermo ci intravediamo un movimento, quella che i pittori chiamano TENSIONE. Il nostro occhio non può fare a meno di legare quei tre nodi con un filo invisibile. In psicologia questo fenomeno si chiama INDUZIONE. La Gestalt sosteneva che nei processi visivi il risultato non è mai la somma dei singoli pezzi, c’è sempre un di più dato dal rapporto fra pezzo e pezzo. Ecco, questo di più è la sensazione di vedere un triangolo e non semplici punti isolati. Strade e viottoli sono un espediente diretto, tracce riconoscibili con facilità, la pittura ha però impiegato anche altri effetti meno immediati. Uno di questi è l’uso del drappeggio. Nelle tavole imbandite è stato spesso il chiarore di un tessuto a fare da via d’ingresso. Il meccanismo che la fa funzionare gioca sulla relazione che si crea tra i margini e il centro dell’immagine: Mettiamo un pallino nello spazio. Attira la nostra attenzione. Quello che vediamo è, appunto, un pallino. Nel momento in cui aggiungiamo altri due pallini non vediamo soltanto tre pallini ma anche un triangolo Ovvero se qualcosa tocca i bordi di viene spinto in profondità, verso il mezzo del quadro Se invece rimane dentro, risulta fluttuante Dodici anni dopo, Cassat dipinge questo: In Manet la VELA è un REPOUSSOIR In Cassat la VELA è una QUINTA SPINGERE e INDIRIZZARE sono di fatto azioni diverse: - Manet è interessato alla profondità e la vela, che sta davanti, gli serve per ribadirla - Cassat vuole focalizzare un momento e un luogo precisi: il bambino in braccio LA SCOPERTA DEL FULCRO Gustave Dorè nasce a Strasburgo nel 1832. Poco più che adolescente assapora la fama, in un’epoca industriale e mondana, assetata di figure e inizia una scalata senza sosta: illustra le tavole per L’INFERNO di Dante. La maggior parte delle raffigurazioni dell’inferno, fino a quel momento, aveva messo in scena qualche sparuto gruppo di dannati che emergeva dalle fiamme. Dorè invece fa questo: Se proviamo a togliere quel pezzo di stoffa, il quadro si spegne. L’uomo non ha più un posto sicuro nell’imbarcazione e tutto comincia a fluttuare. Ciononostante, non è una mera copia. Anche qui c’è un lembo di vela vicino allo spigolo, ma il suo compito è diverso La società industrializzata è un modello che impone agli esseri umani di vivere in tanti in spazi ridotti. Ci permette di stare compressi, magari con un filo d’aria. Questo nuovo modo di STARE comporta un nuovo modo di GUARDARE: in mezzo al caos non possiamo essere attenti a tutto, il più delle volte, magari con la musica nelle orecchie, ci spostiamo per la città senza osservare davvero ciò che abbiamo intorno. Lo sguardo moderno è costantemente distratto da troppo rumore, sonoro e visivo. Per un uomo medievale, l’unico rapporto con le figure era la domenica in chiesa: la maggior parte degli artefatti visivi del passato mette al centro la cosa più importante. Se però la scena si affolla, ecco che pure una cosa al centro diventa poco visibile. Così Dorè si inventa questo: Decine di corpi nudi si dimenano straziati e scomposti, straripando come fiumi di carne. L’inferno di Dorè non è quello dell’immaginario medievale, ma sembra una delle prime rappresentazioni della società di massa, e quelli che compaiono nelle tavole non sono più semplici dannati, ma una cosa Queste tavole hanno successo e funzionano anche perché, oltre ad essere costruite in una certa maniera, propongono al pubblico una via inedita per essere guardate. Di fronte a un’immagine centrata ci si accorge se non ci sto perfettamente davanti, perché la vedo deformata. Le immagini basate sul fulcro, invece, anche viste di sghembo, risultano abbastanza plausibili. Non importa che il soggetto sia grande o sia al centro, l’importante è che spicchi. E per farlo Dorè sguinzaglia ogni espediente possibile: illumina un solo punto della scena, usa le masse come puntatori, oppure traccia diagonali con alberi e spade. Propone un dispositivo costruito apposta per l’occhio moderno, dove le immagini non hanno più un centro ma un FULCRO: un perno intorno a cui