Scarica La filologia dantesca e l'importanza di Andrea Lancia per la lingua italiana - Prof. Genti e più Appunti in PDF di Filologia dantesca solo su Docsity! FILOLOGIA DANTESCA Le opere di Dante hanno avuto una fortuna diversa l’una dall’altra. La più famosa è la COMMEDIA con 800 testimoni, quasi tutti risalenti già al 1400. Abbiamo, inoltre, anche tanti ms delle Rime (poiché conta anche una singola poesia) che sono 400 ca. Della VITA NOVA e del CONVIVIO ne contiamo 42/44. Delle Egloghe e delle Epistole ne abbiamo rispettivamente 8 e 9. Infine, della Quaestio de aqua et terra abbiamo zero ms e solo una copia filosofico- scientifica perché la paternità venne attribuita molto tardi. Quello che ci impressiona è il successo della Commedia e la sua circolazione in appena un secolo e mezzo. Franco Sacchetti, novelliere di inizio ‘400, in 2 novelle curiose, ci parla di Dante che si imbatte per caso in un fabbro e un asinaio che vengono rimproverati perché recitavano la Commedia a modo loro. Questo ci fa capire che l’opera era conosciuta anche da ceti culturalmente poco elevati. Bisogna anche considerare che i contemporanei intendevano l’opera più facilmente rispetto a noi. Naturalmente, un’opera che circola così tanto, anche oralmente, può incorrere in molti più errori e per la COMMEDIA parliamo anche di contaminazione mnemonica aldilà di quella tradizionale. Firenze, già nel 15esimo sec., volle recuperare il suo poeta senza mai riuscirci perché, come sappiamo, Dante è seppellito a Ravenna. Dante, seguace di Tommaso d’Aquino, nel Rinascimento diventa FILOSOFO PLATONICO per la questione della purificazione dell’anima. Marsilio Ficino affermò che Dante aveva bevuto dalle fonti del platonismo grazie a Virgilio. Nel 1481 viene presentata l’ed. critica di Cristoforo Landino che condensò tutti i commenti usciti fino ad allora, aggiungendo anche un’apologia del poeta e della sua città contro i suoi detrattori. Qui Landino dà uno sguardo a tutto quello che Firenze ha fatto nel campo della cultura, ordinando il suo elenco secondo le categorie degli uomini illustri che l’avevano fatta grande, tra le quali non mancava naturalmente la categoria riservata all’arte figurativa. Sono commenti brevi e recisi, notevoli come indizi dell’opinione contemporanea; riguardano, inoltre, solo personalità defunte. Venne organizzata una festa per questa occasione e Botticelli preparò dei disegni appositi che sono conservati sia al Vaticano che a Berlino. Sono disegni sia a colori che in bianco e nero, delle vere e proprie vignette in movimento. Rappresentano l’imbuto dell’Inferno, il leone, la lonza, la lupa. La copia che venne consegnata alla Signoria, però, non conteneva disegni. Non ci fu solo il successo del testo, ma anche della figura di Dante (come testimoniano i numerosi ritratti etc.). Boccaccio diede un grande contributo alla filologia dantesca. Boccaccio è stato anche il primo biografo dell’Alighieri. Ha scritto Il Trattatello in laude di Dante. Questa biografia apriva una collezione di opere dantesche allestite di suo pugno (Questi per tre volte copiò i 14.233 versi del poema nei codici Toledano, RiccardianoChigiano). Solo un accenno rapido al modo in cui Boccaccio impaginò le cantiche dantesche: egli si staccò dalla tradizione manoscritta toscana e optò per una impaginazione monocolonnare (e non più bicolonnare). Questa mise en page era fino a quel momento riservata ai soli classici latini (I grandi autori come Virgilio e Orazio). Egli in questo modo dignificò Dante e la traditio letteraria volgare La Vita Dantis – alla maniera di un vero e proprio accessus ad Dantem – introduceva il lettore all’interno dell’opera dantesca. Noi a torto lo consideriamo un’opera minore (minore forse rispetto al Decameron, ma è un paragone ingeneroso); pensate che Ugo Foscolo – letterato autorevolissimo – lo reputava il suo capolavoro, « l’opera boccacciana più luminosa di stili e pensieri». Boccaccio non ha mai conosciuto l’Alighieri. Per scrivere questa biografia ha raccolto le testimonianze di chi lo aveva frequentato. È stato nei luoghi del poema e nelle città che avevano ospitato l’exul immeritus. In questo modo, l’ingente materiale accumulato gli permette di disegnare un ritratto del poeta, sia fisico sia morale, comportamentale. Boccaccio ci riporta anche la VITA NOVA, 15 canzoni dantesche, oltre alla commedia, al trattatello e al commento pubblico del poema. Grazie a lui abbiamo, quindi, questi tre ms.: TOLEDANO 104.6; RICCARDIANO 1035 che contiene anche disegni di Boccaccio; Ms. CHIGIANO. La Commedia ebbe tanta fortuna anche perché fu la prima opera di Dante stampata a Foligno nel 1472. Nel 1455 compare per la prima volta l’aggettivo ‘Divina’ con l’ed. veneziana di Ludovico Dolce. Boccaccio, inoltre, ritiene che la COMMEDIA venne composta prima dell’esilio del 1301. Pare che un tale a Firenze avesse trovato in un cassetto un ms di Dante che gli venne fatto recapitare quando egli già si trovava in Lunigiana. Per Petrocchi invece la Commedia venne composta più tardi. Sono stati trovati dei frammenti anche in alcuni registri notarili come accadde nei MEMORIALI BOLOGNESI. Nel 1319 un altro notaio appuntò l’inizio del Purgatorio. Francesco di ser Nardo da Barberino nel 1313 (data precoce, circolava solo l’Inferno) ci informa che quest’opera trattava del ‘De infernalibus et cetera multa’’. Francesco di ser Nardo viene considerato il precursore e il più importante scrittore di manoscritti del cosiddetto gruppo di “Danti del Cento”. Cioè di quei codici manoscritti eseguiti in un’officina scrittoria di Firenze nella prima metà del XIV secolo con tema la Divina Commedia di Dante Alighieri. Tali manoscritti sono chiamati dei “Danti del Cento” perché si racconta che uno di questi amanuensi scrisse “cento Danti” e con i guadagni che gli fruttarono si formò la dote per maritare numerose figlie: “e si conta d’uno che con cento Danti ch’egli scrisse, maritò non so quante sue figliuole; e di questo se ne trova ancora qualcuno, che si chiamano ‛ di quei del cento ‘, e sono ragionevoli, ma non però ottimi ” come dice Borghini nella “Lettera intorno a’ manoscritti antichi”. Le opere giunte fino a noi prodotte da questo amanuense si trovano conservate in diverse biblioteche italiane. A Milano presso la Biblioteca Trivulziana c’è il Codice Trivulziano 1080, che viene datato al 1337. Mentre tre opere si trovano a Firenze: Nella Biblioteca Medicea Laurenziana si trova il Codice Laurenziano Pluteo 90 sup. 125 (detto anche Gaddiano) che risale al 1348. Nella Biblioteca Nazionale Centrale si trova il Codice Palatino 449 (datato alla metà del Sec. XIV). Infine presso la Biblioteca Riccardiana di Firenze è custodito il Codice Riccardiano 1523, risalente,