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Fisiologia e neurofisiologia, Dispense di Fisiologia

Apparato cardiocircolatorio ed esercizio fisico. Apparato respiratorio ed esercizio fisico Muscolo scheletrico ed esercizio fisico Pianificazione del movimento e controllo dell'esecuzione del movimento. L’integrazione visuo-motoria. La codifica dello spazio nel controllo motorio. Riflessi e controllo della postura. Controllo del movimento da parte dei gangli della base e del cervelletto. Plasticità e apprendimento. Esame obiettivo neurologico del sistema di moto -Sindromi neurologiche caratterizzate da deficit di forza -principi generali della stimolazione magnetica transcranica e sue applicazioni nello studio del sistema di moto -tossina botulinica e sue applicazioni terapeutiche -Test clinici di valutazione del sistema neuro-muscolare e osteo-articolare.

Tipologia: Dispense

2022/2023

In vendita dal 02/06/2024

Andrea_palaz97
Andrea_palaz97 🇮🇹

5 documenti

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Scarica Fisiologia e neurofisiologia e più Dispense in PDF di Fisiologia solo su Docsity! CONTROLLO VOLONTARIO DEL MOVIMENTO Esiste una correlazione diretta tra attività del neurone e ciò che osserviamo. Il SN elabora delle risposte motorie in risposta a delle info sensoriali che ha ricevuto, esse vengono messe in atto attraverso il sistema nervoso somatico, attraverso i muscoli; oppure attraverso il sistema viscerale, come il controllo del battito cardiaco. La corteccia cerebrale, è suddivisa in diverse zone. Le diverse zone della corteccia sono state numerate da Brodmann: l’area visiva primaria è quella 17, quella secondaria è l’area 18. A livello del solco centrale, dietro ci sono le regioni somatosensoriali primarie 1-2-3, poi quelle parietali superiori ed inferiori 7-40 -39; in quest’ultime arriva la via visiva dorsale, cioè elaborano info visive rispetto al movimento e alla localizzazione degli oggetti. In queste regioni le info provengono dal talamo che a sua volta le ha ricevute dalle colonne dorsali e del menisco mediale (afferenze tattili-propriocettive). Le regioni temporali sono importanti per identificare gli oggetti visivi ed elaborare info dettagliate come forma, colore ecc. Davanti al solco centrale abbiamo l’area motoria primaria e poi quella pre-motoria (area 4-6), e poi le regioni pre- frontali. All’inizio del 900’ è stata scoperta da Penfield la mappa motoria dell’uomo: si è accorto che stimolando elettricamente la corteccia davanti al solco centrale, si evocavano movimenti differenti in base al punto che veniva stimolato; ad es. stimolando la corteccia più mediale si evocavano movimenti del braccio, mentre stimolando punti laterali si evocavano movimenti della mano, delle dita e sempre più laterale, della faccia, della bocca e della lingua. Mentre medialmente, cioè tra 2 emisferi si evocavano movimenti del tronco, piedi ecc. Penfield ha dimostrato l’esistenza di una somatotopia nella corteccia motoria primaria: in diversi punti della corteccia, i neuroni controllano diversi movimenti. Le funzioni della corteccia si possono rappresentare con un Homunculus motorio: medialmente, i neuroni controllano i movimenti del piede, mentre man mano che ci si sposta lateralmente, controlla la gamba, il tronco, la spalla e la mano (alla quale è dedicata una grande quantità di corteccia e di neuroni che codificano per i movimenti della mano); più lateralmente ci sono neuroni che codificano per la faccia (molto ampia) e per le dita. Questo perché l’effettore, ad esempio la mano, possiede una grande quantità di funzioni e quindi verrà rappresentata in modo sproporzionato (più grande) rispetto ad altri arti. Il controllo dei movimenti non viene effettuato solo dalla corteccia primaria (che controlla principalmente i movimenti della mano e della bocca), ma anche da altre regioni come il tronco dell’encefalo e il midollo spinale, dove ci sono delle vie mediali che controllano i motoneuroni alpha, i quali attivano i muscoli del tronco e degli arti inferiori. L’attività dei neuroni della corteccia motoria primaria, si attivano un po’ prima dell’attivazione del muscolo (ad es. se un soggetto deve prendere una pallina piccola, si attivano prima i neuroni e poi i muscoli). Quindi si attiva per primo il neurone corticale, il quale assone, manderà, attraverso la via cortico- spinale, un segnale sottoforma di PA, ai motoneuroni alpha, ad esempio della mano, provocandone il movimento. L’omuncolo motorio è però meno preciso di quello sensoriale. La corteccia motoria primaria è una corteccia AGRANULARE: divisa in diversi strati, da 1 a 6, fino alla sostanza bianca. Però manca il quarto strato, cioè lo strato di ingresso delle info dal talamo. Questo strato nella corteccia primaria sensoriale è invece molto sviluppato. Nella corteccia motoria primaria, il quinto strato è invece molto sviluppato; esso contiene dei grossi neuroni che prendono il nome di cellule di Betz, dai quali origina la via cortico- spinale. Presentano lunghi assoni che arrivano fino al midollo sacrale per controllare i movimenti del piede. Il quinto strato viene definito di output della corteccia, nel quale le cellule inviano le info in uscita dalla corteccia, sottoforma di comando motorio che viene inviato ai motoneuroni spinali. Ad es. un soggetto che ha subito una lesione e quindi la corteccia primaria non funziona bene, si ha una disfunzione della motricità fine (prensione, opposizione terminale pulpare ecc) soprattutto della mano. Stimolando la corteccia motoria primaria si attivano i suoi neuroni che provocano l’esecuzione di movimenti da parte della muscolatura scheletrica. CORTECCIA E PARAMETRI DEL MOVIMENTO La corteccia motoria primaria, oltre a controllare il movimento, codifica (segnala) la forza di contrazione: Nel caso di un carico flessorio il neurone corticospinale si attiva poco prima dell’inizio del movimento e durante l’esecuzione del movimento e la sua frequenza di scarica è proporzionata all’intensità dello stimolo (es. peso di un carico), quindi la sua attività aumenta all’aumentare del carico, indicando al midollo spinale la quantità di forza contrattile necessaria. Invece, nel caso di un carico estensorio (carico che aiuta il movimento) si verifica un’assenza di attività del neurone corticospinale in quanto il movimento è provocato dal rilasciamento degli antagonisti. In assenza di carico il neurone corticospinale si attiverà sia prima che durante l’esecuzione del movimento ma ad una frequenza di scarica molto bassa. Un altro parametro controllabile dalla corteccia motoria primaria (oltre a movimento e forza) è la direzione del movimento, un neurone corticospinale si attiva con scariche differenti in base alla direzione che deve codificare, infatti, esistono delle direzioni preferenziali dove la scarica sarà maggiore, sia prima che durante l’esecuzione del movimento, rispetto alle altre direzione. Questo varia da neurone a neurone, in quanto, durante il movimento ci sarà un neurone che codifica (quindi sarà più attivo) più per una determinata direzione del movimento e un altro che codifica per un'altra direzione. Quindi la corteccia motoria si attiva diversamente a seconda della direzione del movimento che deve codificare. Dunque, la corteccia motoria primaria codifica il movimento, la forza del movimento e la direzione del movimento, con gruppi di neuroni che si attivano diversamente in base ai parametri che deve avere il movimento. ORGANIZZAZIONE DELLA CORTECCIA MOTORIA Area 4 di Brodmann: corteccia motoria primaria organizzata in homunculus motorio ed esegue e codifica i parametri del movimento. Area 6 di Brodmann: corteccia premotoria (localizzata anteriormente alla corteccia motoria primaria) è distinta dall’area 4 in quanto si occupa della programmazione del movimento. La programmazione del movimento si basa sulla disponibilità ed integrazione di informazioni esterne o sensoriali (visive, somatosensoriali…), interne (volontà del soggetto, stato emozionale…) e astratte (ad es. regole di uno sport) che permettono un controllo del movimento a feedback e/o a feedforward. Una volta che la corteccia premotoria ha integrato le informazioni e programmato il movimento ottimale, questo viene eseguito dalla corteccia motoria primaria. Area premotoria Area motoria primaria (Area 4): si trova in corrispondenza ed anteriormente al solco centrale. Area premotoria (Area 6): si trova anteriormente all’area motoria primaria ed è divisa in diverse zone, ognuna di esse si occupa della programmazione dei movimenti di determinate parti del corpo. Queste zone sono collegate direttamente con la corteccia motoria primaria, più precisamente con la zona di corteccia motoria primaria che si occupa di quella determinata parte del corpo. Nonostante questo collegamento, ci sono anche alcune vie dirette che collegano la corteccia premotoria con gli interneuroni spinali del midollo (ma non con i motoneuroni a, come accade per la c. motoria primaria). Ciascuna area della corteccia premotoria ha una specificità funzionale dovuta alle connessioni anatomiche corticali e sottocorticali (ad es. il talamo). Queste diverse aree sono coinvolte nella elaborazione in parallelo di differenti aspetti di programmazione - Nella pianificazione temporale del comportamento motorio (pre-SMA) - Nella codifica delle azioni altrui. Tale aspetto è rappresentato dalle funzioni “mirror” (corteccia premotoria ventrale). I neuroni mirror sono collegati alla capacità di imitare gli altri, in particolare si tratta di neuroni visuo- motori che si attivano quando vediamo un’azione eseguita da un’altra persona creando una rappresentazione interna dell’azione appena osservata, ciò ne facilita la comprensione e quindi la possibile imitazione (I neuroni si attivano in modo simile a come se fosse il soggetto stesso a compiere l’azione che sta osservando). Dopo l’osservazione di un’azione la corteccia si presenta leggermente attivata e anche qualche impulso arriva al midollo, ma il tutto al di sotto di una soglia (in modo che non venga eseguito il movimento spontaneamente), rendendo l’azione più semplice da svolgere nel caso la si voglia imitare. Inoltre, i neuroni specchio sono coinvolti nel “contagio” emotivo ed imitazione spontanea facciale (empatia). Anche l’attività dei neuroni della corteccia motoria primaria non è necessariamente legata alla esecuzione motoria. Infatti, anche in corteccia motoria primaria viene codificato lo scopo delle azioni; in quanto, i neuroni si attivano diversamente, su uno stesso movimento, in base al raggiungimento o meno dell’obiettivo, attivandosi maggiormente nel momento in cui si è raggiunto l’obiettivo. GANGLI DELLA BASE Anatomia e accenno sulle funzioni Sono una struttura sotto-corticale che collabora con la corteccia per quasi tutte le funzioni corticali. Essa è una struttura che durante lo sviluppo cerebrale origina insieme alla corteccia e per questo sono in stretto rapporto. Vengono chiamati gangli della base o nuclei della base e sono formate da diverse strutture. Lo striato (a forma di conchiglia) è il nucleo di origine dei gangli della base. Esso è il nucleo che comunica con la corteccia, la parte superiore si chiama Caudato e la parte posizionata più inferiormente e lateralmente e chiamata Putamen, queste due parti sono divise dal passaggio della capsula interna, ovvero gli assoni che dalla corteccia raggiungono (attraverso le vie piramidali) il midollo spinale. Caudato e Putamen sono molto simili, infatti in alcuni animali (come i roditori), dove le vie piramidali non sono così sviluppate, sono uniti in un unico nucleo. Appena medialmente al Putamen troviamo il Globo pallido diviso in segmento esterno e segmento interno. L di sotto del talamo, invece, troviamo il nucleo subtalamico, ed appena al di sotto di quest’ultimo troviamo la Substantia nigra, divisa in parte compatta e parte reticolare La corteccia motoria e premotoria pianificano, avviano ed eseguono i movimenti volontari che vengono in parte controllati dai centri del tronco encefalico i quali tramite vie discendenti si occupano dei movimenti elementari e del controllo della postura. Le vie discendenti che provengono da questi motoneuroni superiori raggiungono sia gli interneuroni (che a loro volta influenzano i motoneuroni) che i motoneurnoni, i quali permettono il movimento da parte dei muscoli scheletrici. Afferenze sensoriali stimolano gli interneuroni influenzando così il movimento. Le vie discendenti vengono influenzate da altre due strutture: - I gangli della base: che è in collegamento con la corteccia motoria e si occupa dell’avvio dei movimenti volontari. - Il cervelletto: che è in collegamento con i centri del tronco dell’encefalo e controlla la coordinazione motosensoriale dei movimenti in corso. I gangli della base, quindi, non hanno vie discendenti motorie, ma influenzano la corteccia motoria per determinarne il corretto funzionamento. Infatti, lesioni ai gangli della base compromettono il movimento, il quale verrà eseguito in un modo non fisiologico. Circuito Corteccia – Gangli della base - Talamo Corteccia cerebrale, gangli della base e talamo fanno parte di un circuito, infatti le informazioni che originano in corteccia vengono proiettate allo striato (caudato e putamen) che a sua volta proietta al globo pallido e alla parte reticolata della substantia nigra che a loro volta proiettano al talamo (complesso ventrale-anteriore e ventrale-laterale), quest’ultimo riproietterà l’informazione nuovamente in corteccia. Questo circuito funge da freno, infatti il globo pallido e la parte reticolata della sostanza nera contengono nuclei inibitori che mantengono inibito il talamo. L’attivazione di questa via diretta inibisce il globo pallido e sostanza nera, disinibendo il talamo che sarà libero di proiettare l’informazione in corteccia. Lo striato riceve informazioni praticamente da tutta la corteccia, escluse aree sensoriali primarie (visiva e uditiva). Parte della corteccia proietta al caudato e parte al putamen. Inoltre, allo striato arrivano fibre provenienti dalla parte compatta della sostanza nera. Le informazioni provenienti dalla corteccia arrivano allo striato in modo ordinato (organizzazione somatotopica), informazioni che saranno proiettate in specifiche zone del globo pallido (in base al tipo e alla zona di origine dell’informazione) e poi in zone specifiche del talamo, per poi essere successivamente riproiettate nelle stesse zone di corteccia dalla quale provenivano. Questi loop di informazioni influenzano l’attività corticale e allo stesso tempo dipendono dall’attività corticale. I vari loop seriali decorrono in parallelo per i vari stimoli (un loop per i movimenti del piede/mano/braccio/ecc..). I neuroni dello striato si chiamano neuroni spinosi di taglia media e ricevono tanti segnali dalla corteccia e proiettano a specifiche zone del globo pallido. Prima dell’esecuzione di un movimento si attivano i neuroni spinosi di taglia media del putamen, a seconda del gruppo muscolare interessato. I nuclei del globo pallido normalmente sono tonicamente attivi e hanno un’attività inibitoria sul talamo. Quindi, quando lo striato non riceve informazioni dalla corteccia allora il globo pallido si presenta attivo, mantenendo il complesso VA/VL del talamo inibito ed il neurone in corteccia che riceve informazioni dal talamo non viene eccitato. Quando, però, arriva un segnale dalla corteccia allo striato di un imminente azione motoria, il neurone dello striato si attiva, che, essendo anch’esso un neurone inibitorio, inibisce l’attività dei neuroni del globo pallido. Ciò “toglie il freno” al talamo disinibendolo, il quale, ricevendo tanti segnali eccitatori da varie strutture comprese la corteccia, è libero mandare impulsi in corteccia attivando i neuroni corticali. Questo loop aumenta quindi l’eccitabilità corticale favorendo l’attivazione dei motoneuroni inferiori e quindi l’esecuzione del movimento. In questo circuito si può notare una convergenza di segnali sul globo pallido, infatti, molti neuroni corticali influenzano l’attività di altri neuroni dello striato che a loro volta influenzano l’attività di neuroni in minor numero del globo pallido. Quindi, in sintesi, questo circuito funge da freno a riposo per l’attività talamica, ma non appena si genera un impulso corticale, grazie a questo circuito, viene aumentata l’eccitabilità della corteccia. Es. Movimento oculare Movimento permesso da muscoli controllati da specifici motoneuroni situati nel tronco dell’encefalo (non spinali). Il caudato riceve informazioni dalla corteccia (regione oculomotoria), dal caudato l’informazione arriva alla parte reticolata della sostanza nera che viene inibita (si comporta allo stesso modo del globo pallido), l’inibizione di questa struttura disinibisce, quindi attiva, i motoneuroni superiori che si occupano del movimento oculare. Questa inibizione indotta dal Caudato verso la sostanza nera permette il movimento. Quindi fondamentalmente, i gangli della base facilitano l’avvio dei programmi motori che esprimono movimento, sopprimendo i programmi motori in competizione o non sinergici. Via diretta e via indiretta - La via diretta è la via che permette di aumentare l’eccitazione corticale e permette di avviare il movimento volontario. Quando si attiva la corteccia, che a sua volta attiva lo striato, si va ad inibire il globo pallido interno e parte reticolata e quindi va a disinibire il talamo, di conseguenza andrà a disinibire la corteccia. Si parla di circuiti chiusi se lo stimolo parte e poi arriva alla stessa regione della corteccia, altrimenti può partire da una regione ed arrivare ad un’altra della corteccia stessa (es. da parietale a frontale ecc), inoltre, nei circuiti aperti l’impulso può originare da aree diverse della corteccia, raggiungere un unico punto dello striato per poi essere proiettato il altre aree diverse del cervello. La parte compatta della sostanza nera nei gangli della base, contiene neuroni dopaminergici, cioè è una fonte di dopamina del cervello. La dopamina viene rilasciata quando ad es. otteniamo una ricompensa. Gli assoni della parte compatta fanno sinapsi con i neuroni del nucleo caudato e putamen (striato), modulandone l’attività attraverso il rilascio di dopamina. La dopamina, sui neuroni dello striato, può attivarli o disattivarli. Ma, sulla via diretta, la dopamina ha l’effetto di aumentare l’attivazione dello striato e quindi di avviare il movimento. - Nella via indiretta si oppone alla via diretta ed aumenta il livello di attivazione tonica. In questo caso, prende parte il nucleo subtalamico che riceve segnali dal globo pallido esterno e fa sinapsi con il globo pallido interno. Il pallido interno proietta al talamo, mentre il segmento esterno proietta al subtalamico e al La correzione si basa sulla comparazione del movimento che si sta eseguendo, attraverso le informazioni in ingresso, con il modello interno. Tale correzione può essere effettuata sia durante l’esecuzione del movimento, sia sottoforma di apprendimento motorio quando la correzione è stata immagazzinata tentativo dopo tentativo. Il cervelletto si trova nella parte posteriore dell’encefalo, al di sotto del lobo occipitale, posto dietro al ponte. Si compone essenzialmente di due strutture: i nuclei cerebellari profondi (più internamente) e la corteccia cerebellare (esterna). La corteccia cerebellare è molto simile alla corteccia cerebrale ma con più solchi ed è strutturata in modo più semplice, con pochi tipi di cellule collegate tra di loro con circuiti standard. Le informazioni che arrivano alla corteccia cerebellare sono differenti a seconda della zona di corteccia. Il cervelletto lavora insieme ad altre strutture situate nel tronco dell’encefalo: - I nuclei pontini: Si trovano nel ponte e mandano informazioni corticali al cervelletto. - L’oliva inferiore: Si trova a livello bulbare. - Il nucleo dorsale di Clarke: Si trova nella porzione più inferiore del tronco. - I nuclei vestibolari: Proiettano a cervelletto stesso. Da una visione posteriore, il cervelletto, presenta una forma a “farfalla”, ed è possibile suddividerlo in tre regioni funzionali: - Spinocervelletto: porzione centrale, in corrispondenza del verme, ovvero il rigonfiamento centrale. Scambia informazioni dal midollo spinale. Ha la funzione di controllo dei muscoli prossimali e di regolazione dei movimenti distali (più lateralmente) e prossimali. - Cerebrocervelletto: porzioni laterali divise dallo spinocervelletto, ricevono informazioni dalla corteccia cerebrale e rimandano le informazioni ai nuclei del tronco. Hanno la funzione di pianificazione ed esecuzione di complesse sequenze spaziali e temporali di movimento. - Vestibolocervelletto: detta anche parte floculonodulare, porzione più inferiore del cervelletto e posizionata più ventralmente, riceve informazioni dai nuclei vestibolari e dal tronco encefalico. Ha la funzione di regolare informazioni sull’equilibrio. La corteccia cerebrale è la fonte principale di proiezioni al cervelletto, in particolare la regione del cerebrocervelletto. Tali proiezioni originano da: - Parte della corteccia prefrontale (porzione posteriore) - Corteccia motoria primaria - Corteccia premotoria - Corteccia somatosensoriale (primaria e secondaria) - Aree visive di ordine più elevato del lobo parietale (via magnocellulare: stimoli visivi in movimento e percezione visiva-spaziale). Le informazioni provenienti dalla corteccia cerebrale (frontale-motoria/parietale) arrivano ai nuclei pontini e quest’ultimi proiettano l’informazione, incrociandola, alla corteccia cerebellare, passando dall’interno del cervelletto. La corteccia cerebellare riceverà informazioni anche da altre strutture (oliva inferiore, midollo spinale e nucleo vestibolare) Al cervelletto, inoltre, arrivano anche afferenze sensoriali: - Vestibolari: dai nuclei vestibolari al vestibolo-cervelletto - Propriocettive: dal nucleo di Clarke e dal nucleo cuneato allo spinocervelletto - Visive e uditive: dai nuclei del tronco al verme A tutto il cervelletto arrivano anche segnali modulatori: - Dall’oliva inferiore e dal locus coeruleus (per apprendimento e memoria) Lo spinocervelletto ha una organizzazione somatotopica ipsiliaterale (stesso lato), poiché arrivano informazioni incrociate provenienti dalla corteccia cerebrale dalla quale originano informazioni controlaterali. Una volta elaborate le informazioni, esse escono attraverso i neuroni efferenti della corteccia cerebellare che proiettano ai nuclei cerebellari profondi (nucleo dentato, nuclei interpositi e del fastigio) e nuclei vestibolari. I nuclei profondi proiettano ai motoneuroni superiori della corteccia premotoria, corteccia motoria e tronco dell’encefalo; mentre i nuclei vestibolari proiettano ai motoneuroni inferiori nel midollo spinale e nel tronco dell’encefalo. Nello specifico: -Cerebrocervelletto → Nucleo dentato → Corteccia premotoria (pianificazione movimenti) -Spinocervelletto → Nuclei interpositi e del fastigio → Corteccia motoria e tronco (esecuzione movimenti) -Vestibolocervelletto → Nuclei vestibolari → Motoneuroni inferiori nel midollo spinale e nel tronco dell’encefalo (regolazione dell’equilibrio e vestibolo-oculare). Il vestibolocervelletto utilizza una via diretta attraverso i nuclei vestibolari, i quali mediante le vie vestibolo- spinali mediale e laterale controllano l’attivazione dei motoneuroni. Le altre due vie che riproiettano in corteccia passano prima per il talamo. Possiamo parale di circuiti chiusi quando l’informazione origina e torna nella stessa zona di corteccia cerebrale, oppure di circuiti aperti quando l’informazione origina e torna in diverse regioni corticali. La regione del cerebrocervelletto influenza anche la coordinazione di problemi mentali (non motori). Il cervelletto, dunque, funge da circuito collaterale tra corteccia cerebrale/tronco/midollo spinale e motoneuroni. Se questo circuito non ci fosse i segnali arriverebbero ugualmente ai motoneuroni, ma il movimento non sarebbe eseguito in maniera ottimale (es. nel caso di lesioni al cervelletto). CIRCUITO DELLA CORTECCIA CEREBELLARE La corteccia cerebellare è divisa in tre strati, lo strato più esterno prende il nome di Strato molecolare, lo strato intermedio è molto sottile e si chiama Strato delle cellule di Purkinje, mentre lo strato più interno ha il nome di Strato delle cellule dei granuli. Le cellule di Purkinje (“”Purkinì””), sono le cellule più importanti della corteccia cerebellare, in quanto, ricevono informazioni in ingresso ed elaborano risposte in uscita. Hanno un grosso corpo cellulare posto nello strato intermedio e il loro grande albero dendritico si estende nello strato molecolare, il loro assone decorre internamente per poi far sinapsi con i nuclei profondi. Ogni cellula di Purkinje è innervata da numerose fibre parallele e ogni fibra parallela contatta molte cellule di Purkinje. Sono presenti anche altri tipi di cellule (cellule di Golgi, cellula stellata, cellula a canestro) che fungono da neuroni inibitori che aiutano il lavoro svolto dalle cellule di Purkinje. Le informazioni in ingresso arrivano attraverso le fibre muscoidi, le quali originano dai nuclei pontini (il ponte riceve info dalla corteccia cerebrale). Le fibre muscoidi fanno sinapsi, nella corteccia cerebellare, con le cellule dei granuli dello strato più interno, proprio da quest’ultime originano le fibre parallele che comunicano con le cellule di Purkinje; queste fibre decorrono parallelamente lungo la superficie dello strato molecolare, facendo sinapsi con molte cellule di Purkinje. Le cellule di Purkinje, inoltre, ricevono informazioni in ingresso anche dalle fibre rampicanti, che originano dall’oliva inferiore; una singola fibra rampicante fa tante sinapsi con l’albero dendritico di una singola cellula di Purkinje (Rapporto 1:1). La cellula di Purkinje, dopo aver raccolto ed elaborato le informazioni, manda il segnale, attraverso il suo assone, ai Neuroni dei nuclei cerebellari profondi, i quali proietteranno al talamo o al tronco per il controllo dei motoneuroni superiori della corteccia cerebrale. Questo circuito collaterale si basa su segnali inibitori; le proiezioni inibitorie delle cellule di Purkinje servono per modulare la modalità di scarica generate dai neuroni profondi in risposta all’eccitazione diretta da parte delle fibre muscoidi e rampicanti. L’attività inibitoria delle cellule di Purkinje è modulata da neuroni di circuito locale (cellule a canestro, cellule stellate), mentre l’attività delle cellule dei granuli è modulata dalle cellule di Golgi. Fibre rampicanti, fibre muscoidi e fibre parallele mandano segnali eccitatori alla cellula di Purkinje, la quale, una volta attivata, invia segnali inibitori ai nuclei profondi (Circuito inibitorio corticale). Le fibre rampicanti e muscoidi, durante il percorso verso la cellula di Purkinje, attraverso piccole proiezioni, mandano segnali eccitatori anche alle cellule dei nuclei cerebellari profondi (Circuito eccitatorio profondo). Quindi, questo circuito manda segnali eccitatori ai nuclei profondi, ma allo stesso tempo attiva le cellule di Purkinje per mandare segnali inibitori ai nuclei profondi al fine di modulare la loro attività. La corteccia cerebrale manda una “copia” del programma motorio alle cellule di purkinje del cervelletto attraverso le fibre muscoidi; le cellule di Purkinje confrontano queste informazioni con quelle provenienti dal midollo spinale attraverso le fibre rampicanti, le quali contengono informazioni sensoriali propriocettive sull’esecuzione di tale movimento (Informazioni somatosensoriali dal nucleo di Clarke – Informazioni visive ecc dall’oliva inferiore). Questo confronto tra il programma motorio ed il movimento realmente eseguito permette di trovare e correggere eventuali errori del movimento mediante la modulazione dell’attività dei nuclei profondi, controllando, così, i motoneuroni superiori. Tale correzione del movimento da parte del cervelletto viene effettuata in modo inconscio, automatico e rapido. Le lesioni cerebellari rendono i movimenti meno precisi e meno armonici e portano a quella che viene definita atassia cerebellare, ovvero movimenti discontinui e imprecisi soprattutto in movimenti alternati come prono-supinazione della mano (sono movimenti molto frequenti nella vita quotidiana e richiedono il reclutamento di agonisti ed antagonisti in modo alternato e ordinato). Queste difficoltà di movimento sono ricondotte al deterioramento del ruolo del cervelletto nella correzione degli errori durante il movimento, infatti, tale meccanismo cerebellare assicura la normale fruizione dei movimenti nello spazio e che possano essere modificati in funzione delle circostanze variabili. Registrando l’attività dei neuroni dei nuclei profondi e delle cellule di Purkinje è possibile notare che a riposo l’attività tonica è piuttosto alta, mentre durante i movimenti si ha un aumento dell’attività e una scarica alternata a inibizione a seconda della fase del movimento. CERVELLETTO Possiamo distinguere 2 sistemi di fibre che arrivano ai nuclei profondi e alla corteccia cerebellare che sempre una leggera contrazione muscolare nella gazzella. L’uomo ha una postura eretta che può essere mantenuta con una attività elettromiografica minima dei muscoli anti-gravitari; infatti il ginocchio è esteso e la maggior parte del peso del corpo viene scaricata sullo scheletro, solo una minima parte deve essere contrastata con l’attivazione muscolare ed è quella che fa ruotare il ginocchio. Quando siamo in piedi (stazione eretta), il gastrocnemio è poco attivo, viceversa quando ci mettiamo in punta di piedi. Il nostro corpo continua ad effettuare oscillazioni continue di circa 1 cm e chiudendo gli occhi aumentano, come anche se stessimo in equilibrio monopodalico. Queste oscillazioni sono controllate dalla contrazione delle unità motorie, soprattutto quelle di tipo S resistenti alla fatica, dai fusi muscolari e dai motoneuroni alpha. Ad occhi chiusi le oscillazioni aumentano perché vengono a mancare le info visive che sono molto importanti per l’orientamento. Il controllo della postura eretta si effettua con due strategie: - Strategia di caviglia: spostando il peso sul piede e reclutando i muscoli della gamba. - Strategia di anca. Inoltre le proprietà meccaniche come l’elasticità ed il fatto che il muscolo si allunga e ritorna alla posizione di partenza, aiutano il corpo a mantenere la postura eretta. Queste proprietà dipendono dalla relazione tensione passiva- lunghezza. La perturbazione di una postura statica produce risposte riflesse: 1) Riflesse a breve latenza (M1, spinali): in rosso è mostrata la posizione del polso, inizialmente fermo e poi soggetto a movimento dall’esterno; inizialmente ci sarà una prima risposta muscolare M1, dati dallo stiramento dei muscoli estensori, durante il movimento di flessione. 2) Riflesse a lunga latenza long-loop responses (M2, sovraspinali troncoencefalici o del cervelletto) 3) Di natura “volontaria” (M3, Vol, corticali), dovuta all’attivazione della corteccia. I diversi tipi di info sensoriali (somatosensoriali, vestibolari e visive) contribuiscono al mantenimento della postura. Se noi bloccassimo le afferenze sensoriali (fibre Ia), inducendo una ischemia reversibile della gamba, si ha un aumento delle oscillazioni della testa perchè in tal caso, la postura è assicurata solo dalle correzioni di natura vestibolari e visive, ed inoltre se fossimo ad occhi chiusi invece le correzioni sarebbero date da info vestibolari e cutanee. Per questi riflessi la circuiteria si trova nel midollo spinale e può essere modulata dalle vie discendenti che originano dal tronco e dalla corteccia cerebrale; i target finali possono essere o motoneuroni o interneuroni sia eccitatori che inibitori, che agiscono sia sui motoneuroni gamma che alpha. È stato eseguito un esperimento sugli animali (gatti) per esaminare il ruolo del tronco dell’encefalo nei meccanismi di controllo posturale. Erano state fatte più lesioni in diversi punti del tronco, per isolare il funzionamento di strutture sottocorticali nel controllo posturale. Veniva chiamato “modello dell’animale decerebrato”. In un soggetto con una lesione cerebrale dovuta ad un trauma cerebrale, che ha compromesso la funzionalità della corteccia motoria, avrà un quadro clinico simile a quelli di un animale decerebrato. Se si rimuove il controllo della corteccia sul tronco dell’encefalo, si verifica un ipertono antigravitario estensorio (rigidità), dei muscoli antigravitari: estensori dell’arto inferiore e flessori dell’arto superiore (nell’uomo). L’immagine mostra nella prima foto, un gatto decerebrato (manca l’influenza della corteccia), si ha una rigidità gamma cioè che deriva da una iperattività dei motoneuroni gamma. Deriva da questi motoneuroni perché la rigidità si riduce se si recidono le radici dorsali, che portano l’informazione dai fusi. Nella seconda foto invece è mostrato un gatto sia decerebrato che decerebellato (manca l’influenza del cervelletto) ed è chiamata rigidità alpha, cioè che non si attenua se si recidono le radici dorsali; infatti è dovuta ad una iperattività del motoneurone alpha. Ad es. se si ha una lesione mesencefalica alta, quindi una decerebrazione (rimozione info corticale al tronco dell’encefalo) si ha un ipertono con gambe iperestese e braccia flesse (posizione antigravitaria). Una lesione alla pontina alta si ha un tono estensorio sia dell’arto inferiore che superiore. La corteccia cerebrale e il cervelletto esercitano un ruolo sostanzialmente inibitorio sul tono antigravitario. I neuroni della corteccia cerebrale proiettano alla formazione reticolare pontina e bulbare, quella pontina ha un effetto eccitatorio sui motoneuroni antigravitari, mentre quella bulbare ha un effetto inibitorio. I nuclei vestibolari hanno anche questi un’attività eccitatoria sui motoneuroni spinali. Il cervelletto, in particolare il vestibolocervelletto, influenza l’attivazione di tutte quelle strutture encefaliche. Se aumenta l’attivazione del motoneurone gamma, avremo una maggiore attività del riflesso da stiramento, cioè una maggiore attivazione del motoneurone alpha, che può essere attivato direttamente dalle vie discendenti o per via riflessa dal fuso neuromuscolare. Il controllo posturale si attua mediante meccanismi di controllo a feed-back e a feed-forward. Sistemi di controllo a feed-back - Si attivano quando la modificazione posturale è già cominciata - Sono meccanismi per la maggior parte sottocorticali, in pochi casi coinvolgono la corteccia - Possono essere apprese e adattabili Ha lo scopo del mantenimento di uno status quo basato su informazioni sensoriali (propriocettive, vestibolari, visive) riguardanti la posizione delle varie parti del corpo: - Le une rispetto alle altre (coordinate egocentriche) - Rispetto alla direzione della forza di gravità (coordinate geocentriche) - Rispetto all’ambiente circostante (coordinate exocentriche) Sistemi di controllo a feed-forward Controllo più efficace in quanto si basa una predizione sulla modifica, ciò permette di anticipare e stabilire con quanta forza e quali movimenti saranno necessari per affrontare una determinata destabilizzazione posturale. - Coinvolgono meccanismi corticali e cerebellari che agiscono sui riflessi posturali - Producono risposte di tipo anticipatorio, adattabili alle condizioni ambientali e basate su meccanismi di apprendimento motorio. - Non implicano un controllo consapevole volontario Meccanismi di controllo posturale Meccanismi riflessi posturali innati: - Componente spinale propriocettiva - Componente vestibolare - Componente visiva Stimoli somatosensoriali come quelli tattili permettono di percepire meglio la postura (le calzature possono aiutare) Meccanismi riflessi integrati o strategie posturali: - Dipendenza dal contesto - Adattabilità ed apprendimento Meccanismi anticipatori Nel caso di una lesione a livello del tronco dell’encefalo, si verifica una interruzione delle vie discendenti motorie e si ottiene una iper-rigidità di tutti i muscoli posturali. Ciò significa che il controllo posturale da parte del tronco è un controllo di tipo inibitorio che permette la modulazione dell’attività tonica della muscolatura antigravitaria. La corteccia ha un effetto inibitorio sulla formazione reticolare pontina (eccitatoria sui muscoli estensori) e bulbare (inibitoria sui muscoli estensori). Un’interruzione di queste vie inibitorie corticali sul tronco causerebbe una iper-eccitazione del tono posturale. Sottofasi: Lo svolgimento del passo a livello del piede avviene in otto tempi. È particolarmente condizionato da due fattori: la forza di gravità e l’attrito con il suolo. Quando uno di questi due fattori viene a mancare la camminata viene alterata notevolmente, ad es con un terreno scivoloso o in assenza di gravità. 1) Contatto iniziale: si ha un contatto del tallone con il suolo. In questa fase, l’energia cinetica del corpo si scarica a terra attraverso il tallone, che, in 2 centesimi di secondo assorpe il 60% del peso corporeo. In questa fase si ha l’arto inferiore disteso per iniziare l’appoggio con la porzione postero- esterna del calcagno, ginocchio esteso e anca flessa. Il piede passa da una posizione di flessione dorsale ad una di estensione, la pianta del piede, quindi, si abbatte al suolo. 2) Reazione al carico: appiattimento della volta plantare, che riceve tutto il peso del corpo. In questa fase l'arto portatore passa da essere in posizione anteriore alla posizione posteriore rispetto all'altro arto. Il piede è a contatto con il suolo sia sul tallone che sull'avampiede. L'assorbimento dell'impatto al suolo avviene attraverso il controllo della flessione del ginocchio e dell'articolazione tibiotarsica, mentre il mantenimento della stabilità dell'assetto corporeo avviene soprattutto grazie alla stabilizzazione dell'anca. 3) Appoggio medio: il piede è completamente appoggiato al suolo, ma a differenza della fase precedente, la flessione dell'articolazione tibiotarsica è più accentuata mentre il ginocchio è esteso. 4) Appoggio terminale: inizialmente la caviglia passa da una flessione dorsale ad una progressiva flessione plantare. In questa fase il tallone si stacca dal suolo (freccia blu) grazie alla contrazione del tricipite surale, quindi il piede rimarrà in appoggio solo sull'avampiede (triangolo nero 2) e sull'alluce (triangolo nero 3). In questa fase si ha la caduta in avanti. In questa fase tutto l'arto si trova in una condizione di estensione generale, dato che anche ginocchio e anca sono estesi. 5) Pre-oscillazione: nella fase finale di appoggio del piede si ha la contrazione dei muscoli flessori delle dita del piede, in particolare quello dell'alluce. In questa fase si ha il sollevamento dell'avampiede: il piede rimane in appoggio solo sulle dita, prevalentemente sull'alluce (triangolo nero 3). Deviazioni assiali dell'alluce possono limitarne la funzione e la spinta. In questa fase l'arto si prepara all'oscillazione e si passa ad un doppio appoggio podalico, con trasferimento del peso all'arto controlaterale. 6) Oscillazione iniziale: l'arto si prepara l'avanzamento vero e proprio, il piede si stacca da terra per esser poi portato in avanti. Il ginocchio è flesso, la caviglia si trova ancora in una posizione di flessione plantare e comincia a riportarsi verso una posizione neutra. Nella oscillazione inziale è preponderante la flessione del ginocchio. 7) Oscillazione intermedia: l'arto comincia a portarsi avanti. L'anca è flessa, il ginocchio passa dalla flessione all'estensione, la caviglia compie una dorsi flessione, e la tibia si porta perpendicolare al suolo. 8) Oscillazione terminale: vi è il completamento dell'avanzamento dell'arto e la preparazione al contatto con il suolo, per questo la gamba deve trovarsi davanti alla coscia, e avviene grazie all'estensione del ginocchio. L'anca e il ginocchio decelerano il loro moto in avanti preparandosi così al successivo impatto con il suolo. L'anca è flessa, il ginocchio esteso, mentre l'articolazione tibiotarsica si trova in posizione neutra, in passaggio verso una posizione di lieve flessione dorsale. La contrazione muscolare in questa fase diventa vigorosa, in preparazione alla successiva fase di accettazione del carico. CINEMATICA DEL PASSO Il grafico mostra una covarianza, infatti ci sono delle variazioni comuni nei passi di ciascuna persona, anche se ogni passo è diverso. Durante il passo ci sono delle oscillazioni del bacino, verticali nel piano sagittale e laterali nel piano trasversale. Nel movimento del bacino verso l’alto c’è un accumulo di energia potenziale che viene rilasciata come energia cinetica durante la fase di discesa. Non oscilla solo il bacino ma anche le spalle infatti si hanno anche movimenti di rotazione attorno all’asse sagittale, sul piano frontale, che prendono il nome di basculamenti. Quindi c’è una inclinazione del rachide lombare che porterà a fare una curva nel rachide dorsale. Le braccia invece si muovono in modo alternato rispetto alle gambe. L’unica cosa che rimane relativamente ferma è la testa, con lo scopo di mantenere lo sguardo fisso. PASSO INIZIALE (di oscillazione) Spostamento del peso e quindi del baricentro, sulla gamba portante, il lato ”portatore” sosterrà il peso grazie ai muscoli adduttori/estensori della gamba e contrazione dei glutei. Mentre la gamba che si solleva avrà meno peso e si attiveranno i flessori. FASE DINAMICA (marcia) Dopo questo primo aggiustamento statico, vi è la fase dalla marcia che dà il via alla fase dinamica ATTIVAZIONE MUSCOLARE Il pattern di attivazione dei vari muscoli flessori ed estensori varia durante il ciclo del passo. In generale nell’arto in appoggio sono attivati gli estensori, mentre in quelli sollevato saranno in parte attivi i flessori. Ciascuna fase è costituita da una combinazione specifica di attivazioni muscolari. Nella fase del periodo di appoggio sono molto attivi il gastocnemio ed il soleo; nella prima parte del periodo di appoggio sono attivi il vasto laterale, il retto femorale ed il grande gluteo che poi nella seconda fase riducono la loro attivazione. Nella fase di oscillazione sono più attivi il tibiale anteriore, il semitendinoso, femorale sartorio ed ileopsoas. SINERGIE MUSCOLARI Anche se in ogni fase prevale un gruppo muscolare, il movimento è caratterizzato dalla combinazione di attivazioni muscolari, cioè sinergie muscolari del cammino. Possiamo distinguere 4/5 sinergie muscolari, cioè 4/5 combinazioni muscolari nelle diverse fasi del passo. Queste sinergie sono alla base dei movimenti di locomozione e non variano con l’età o in presenza di lesioni pregresse o di dolore. Può cambiare la durata, l’intensità e l’inizio dell’attivazione tra soggetto a soggetto ma senza intaccare l’organizzazione generale della sinergia muscolare. Le sinergie muscolari riflettono l’attivazione di una circuiteria, infatti ci sono degli interneuroni, collegati ai diversi muscoli, che riescono ad attivarli nella combinazione necessaria alle diverse fasi del passo. L’analisi dell’EMG dei muscoli dell’arto inferiore e del bacino, indica che il SNC controlla l’attivazione di gruppi muscolari e manipola il pattern di attivazione per ottenere un comportamento locomotorio di base. Ma le stesse sinergie sono utilizzate nelle diverse velocità e quindi adattabili alle diverse condizioni; ad es. superare un ostacolo: è sempre la stessa sinergia che si attiva ma in una modalità diversa. Nella prima fase del passo si attiva soprattutto il vasto e il tibiale anteriore, poi una co-attivazione del soleo e gastrocnemio ed infine l’ileopsoas insieme al bicipite femorale e un po’ di retto. CONTROLLO NERVOSO DELLA LOCOMOZIONE I pattern di locomozione sono presenti nel midollo spinale, infatti se noi stimoliamo il midollo spinale, generiamo lo schema del passo. I motoneuroni dei muscoli estensori e flessori degli arti inferiori, sono localizzati nelle corna ventrali del midollo spinale e ricevono connessioni locali dai neuroni propriospinali e possono essere sotto il controllo del tronco dell’encefalo, soprattutto della sostanza reticolare pontina, ma Ciò dipende dalla gravità, inerzia, attrito, lavoro interno, contrazioni muscolari, lavoro cardiorespiratorio. Nella corsa l’energia elastica viene accumulata durante la fase di appoggio e viene restituita in parte subito dopo quando la gamba diventa quella di spinta. Questo sistema di recupero di energia elastica diventa più efficace man mano che la velocità aumenta (diminuendo così il lavoro svolto dai muscoli per lo spostamento del baricentro), tuttavia ciò che impatta sulla percezione di fatica è l’O2 consumato al minuto (VO2 Max), quindi la fatica cardiorespiratoria e non l’energia richiesta per correre a quella velocità. Nella marcia l’energia cinetica e potenziale sono in fasi alternate e, alla velocità ottimale, l’energia potenziale raggiunge il massimo quando quella cinetica è al minimo, e viceversa. Proprio perché il rendimento della corsa aumenta con l’aumentare della velocità, il costo energetico non dipende dalla velocità e rimane costante per unità di spazio percorso a velocità diverse. Mentre per la marcia, il costo energetico dipende dalla velocità. Il costo energetico, naturalmente, dipende anche dalle condizioni del terreno (sulla sabbia è maggiore), da eventuali patologie (soggetti con artrosi o protesi hanno un costo maggiore) e infine dalla massa corporea e dall’età. Nell’anziano, il costo della locomozione è maggiore del 30% rispetto ai giovani, questo è dovuta ad una eccessiva co-contrazione della muscolatura flessoria ed estensoria al fine di stabilizzare la postura. La potenza metabolica (costo metabolico x velocità) cala con l’età per effetto del calo della frequenza cardiaca massima. La marcia sarà sempre possibile a tutte le età, mentre la corsa non sarà più possibile oltre i 60 anni, se non allenati. Frequenza ottimale del passo (passi lunghi o corti) La frequenza ottimale minimizza il lavoro totale (lavoro esterno + lavoro interno) necessario per la locomozione rendendo i movimenti il più efficienti ed economici possibili. Infatti, eseguendo molti passi ravvicinati si fa un certo lavoro esterno ma molto lavoro interno spostando molto spesso gli arti. La frequenza ottimale del passo è diversa a seconda della velocità ed è definibile. Un altro fattore importantissimo che influenza il costo energetico del passo è la pendenza del terreno, infatti il costo energetico aumenta in salita e diminuisce in discesa (fino ai – 15°, poi aumenta di nuovo). La marcia è un alternarsi di lavoro positivo (traslare la massa verso l’alto) e lavoro negativo (traslare la massa verso il basso), il lavoro positivo costa di più. In discesa si tende ad azzerare il lavoro positivo. PLASTICITÀ Formazione dei circuiti nervosi Il numero di neuroni presenti nel sistema nervoso è piuttosto stabile anche se è presente una certa neurogenesi. Come un neurone trova le sue interazioni? I neuroni hanno la capacità di trovare i target a cui connettersi grazie ad una certa dinamicità degli assoni. Gli assoni hanno i coni di accrescimento, strutture formata da actina che può essere polimerizzata e depolimerizzata, in modo tale che il cono di accrescimento si allunga e va alla ricerca di segnali attrattivi che sono proteine diffusibili come fattori di crescita o sostanze presenti su altre cellule (proteine, molecole, sostanze, strutture…). Quando il lamellipodio del cono di accrescimento incontra un target forma numerosi filopodi, grazie a rapide e controllate modificazioni del citoscheletro. Lo sviluppo del SNC si basa sul corretto funzionamento della comunicazione tra le varie cellule durante lo sviluppo, quindi l’allungamento degli assoni, l’identificazione dei target e la formazione di sinapsi grazie a proteine non diffusibili (come le caderine o effrine) insieme ai fattori di crescita sono processi fondamentali per il corretto funzionamento dei vari circuiti. Difetti nella formazione dei circuiti possono comportare disturbi dello sviluppo nervoso che possono portare a condizioni come autismo o schizzofrenia. Esistono sostanze nel liquido extracellulare che operano una chemiorepulsione e che quindi impediscono l’allungamento assonale in una certa direzione, e sostanze che operano una chemioattrazione che invece stimolano l’allungamento assonale verso quella direzione. Quindi, i coni tenderanno ad andare verso le sostanze chemioattrattive. Nel liquido extracellulare, inoltre, possono essere presenti dei supporti trofici, ovvero cellule bersaglio che stimolano la crescita dell’assone. Altre proteine convolte nel processo di crescita degli assoni sono le semaforine. Durante lo sviluppo del SNC, le mappe topografiche si formano grazie alla presenza di gradienti che attraggono assoni specifici verso una determinata zona al fine di organizzare i circuiti in modo somatotopico. Sinapsi Una volta che l’assone raggiunge una cellula o un tessuto bersaglio, si formerà una sinapsi tra la struttura presinaptica e la struttura postsinaptica. La membrana presinaptica si deve agganciare in modo fisico alla membrana postsinaptica, infatti ci devono essere dei fattori di adesione (Caderine, Protocaderine), inoltre, in questo processo sono importanti anche segnali solubili o di crescita come i neurotrasmettitori e le neurotrofine. Successivamente la sinapsi si deve stabilizzare, poiché una sinapsi non attiva verrà interrotta, per la stabilizzazione è necessario che ci sia il rilascio di neurotrasmettitori e il loro legame con i recettori postsinaptici. Un’altra molecola importante coinvolta in questo processo è la Neuregulina-1, infatti una sua mutazione può determinare disturbi dello sviluppo come alcune forme di schizofrenia e altre malattie comportamentali. Una volta stabilito il contatto il neurone ha bisogno di iterazioni trofiche poiché in assenza di iterazioni l’assone può degenerare e la cellula andare in apoptosi (morire). Le iterazioni trofiche si sviluppano grazie a fattori trofici (neurotrofine). Le neurotrofine sono molecole segnale secrete in piccole quantità, stimolano la crescita neuronale e regolano la sopravvivenza delle cellule vicine (es cellule muscolari). Il SNC può eliminare le cellule e le connessioni in sovranumero attraverso l’apoptosi programmata delle cellule e la degenerazione del neurone poiché non riceve più supporto dalla cellula attraverso le neurotrofine, questo è un meccanismo di rimozione di circuiti non necessari e viene chiamato prooning (potatura). Durante la vita embrionale ogni singola fibra muscolare è innervata da più neuroni, diversamente da quello che accade dopo lo sviluppo del SN dove ogni fibra sarà innervata da un solo motoneurone. Durante lo sviluppo si creano iterazioni trofiche tra la fibra ed un singolo motoneurone specifico, rinforzandone la sinapsi e rimuovendo quelli non necessari; si genera una competizione tra i vari neuroni per l’iterazione trofica. Neurotrofine: NGF: Nerv Grow Factor (NGF) BDNF: Brain Derived Neurotrophic Factor NT-3: Neurotrofina 3 NT-4/5: Neurotrofina 4 e 5 Hanno effetti distinti su neuroni bersaglio differenti e giocano un ruolo cruciale nei vari processi cellulari: - crescita/regressione - stabilizzazione/eliminazione - sopravvivenza/morte. Hanno un ruolo, non solo durante lo sviluppo del SN, ma anche nella plasticità dell’adulto per la crescita degli assoni, per la formazione delle sinapsi e per la sopravvivenza delle cellule, tuttavia non si sa bene quale sia il loro ruolo nel SNC. La presenza di neurotrofine dipende dalla presenza di attività elettrica e di attività sinaptica, quindi più sarà attivo quel determinato assone maggiore sarà la produzione di neurotrofine e quindi maggiore sarà la sua iterazione trofica. L’esercizio fisico ad alta intensità genera un aumento del rilascio di BDNF nel sangue. L’NGF, quando viene rilasciato, provoca la migrazione degli assoni, ed in particolare la sua iterazione avviene con un recettore (tirosina kinasi=Trk o p75), il quale, se eccitato, provoca una modificazione della produzione di proteine della cellula stimolando così la sopravvivenza cellulare e l’allungamento degli assoni in direzione del fattore trofico. Ciascuno di questi fattori trofici ha un ruolo specifico nella formazione dei circuiti nelle diverse fasi dello sviluppo nervoso e l’alterazione nel rilascio delle neurotrofine si traduce in un alterazione dei circuiti con esiti neurodegenerativi; gli effetti negativi riguardano sia il periodo dello sviluppo nervoso con malattie come l’autismo e la schizofrenia, ma riguardano anche il periodo adulto impattando sulla sopravvivenza dei neuroni nel cervello adulto con lo sviluppo di patologie neurodegenerative come il Parkinsin, l’Alzheimer o la SLA). Quindi le neurotrofine sono molto importanti sia per la corretta formazione dei circuiti sia per il corretto mantenimento del cervello adulto. Plasticità e modificazioni indotte dall’esperienza Postulato di Hebb: Le sinapsi rafforzate dall’attività si mantengono e formano nuove ramificazioni (si rinforzano), le altre indeboliscono e/o atrofizzano. Durante lo sviluppo maturano prima le vie sensoriali, successivamente il linguaggio e in fine le funzioni cognitive superiori. Il processo di mielinizzazione comincia inizialmente nel parietale e temporale con interessamento della motoria primaria, mentre le zone più anteriori, ovvero quelle addette a funzioni di alto ordine mielinizzano la crescita nello sviluppo, ma si ha una attivazione della glia e della microglia (gliosi) con funzione immunitaria. Il processo di gliosi è simile ad una cicatrizzazione (cicatrice gliale) che ostacola la crescita degli assoni e la reinnervazione - Aumento di sostanze che inibiscono la crescita Le lesioni nervose nel SNC sono principalmente dovute a: - Traumi - Ipossia - Malattie degenerative (es. Alzheimer, Parkinson,…) - Eccesso di trasmissione Glutammatergica, come per esempio durante una crisi epilettica (stress cellulare) Sono tutte cause che possono portare a morte cellulare e sostituzione dei neuroni con Glia I segnali dovuti alla lesione portano ad una proliferazione delle cellule NON neuronali (astrociti, oligodendrociti, microglia) con inibizione della ricrescita neuronale. In questo processo sono coinvolti anche dei segnali inibitori come la proteina Nogo-A, una proteina di membrana che produce segnali inibitori dopo una lesioni impedendo la riformazione degli assoni nel SNC. Sono stati studiati degli anticorpi contro questa proteina Nogo-A al fine di favorire la crescita assonale dopo una lesione, ma la sperimentazione nell’uomo non è stata così promettente come negli animali. Neurogenesi (Produzione di nuovi neuroni) Ci sono delle zone del SNC che contengono delle cellule staminali nervose, cellule totipotenti che possono dar origine a tutti i tipi di cellule nervose, però queste zone danno origine a cellule nervose solo per determinate aree specifiche. Infatti nei roditori una zona di cellule staminali posta sotto al ventricolo ha il compito di rifornire il bulbo olfattivo di neuroni olfattivi; un’altra zona con presenza di cellule staminali è l’ippocampo (struttura fondamentale per la memoria). Nell’uomo possono generarsi, dopo lo sviluppo, solo cellule non neuronali (cellule gliali), a parte una pochissima neurogenesi nel bulbo olfattivo e nell’ippocampo. Sembra che l’esercizio fisico aerobico sostenga il corretto funzionamento dell’ippocampo e la sua normale neurogenesi. Questo processo sembra essere mediato anche dall’aumento di concentrazioni ematiche di BDNF. Concetti importanti - Formazioni dei circuiti - Sinapsi - importanza dei fattori trofici - Rigenerazione nervosa - Neurogenesi Plasticità sinaptica e memoria La sinapsi chimica, a differenza della sinapsi elettrica, è più modulabile in quanto c’è un certo ritardo dovuto all’aggancio delle strutture post e presinaptiche, rilascio di neurotrasmettitore e il suo legame con il recettore. La sinapsi elettrica semplicemente si basa sull’attivazione della cellula presinaptica che attiva la cellula postsinaptica. Invece, con la sinapsi chimica si può avere sinapsi eccitatoria, sinapsi inibitoria, varie modulazioni, ecc… Le sinapsi chimiche vanno incontro a cambiamenti plastici in grado di aumentare o diminuire la trasmissione sinaptica, quindi l’intensità dell’informazione può cambiare sia in negativo che in positivo (facilitazione e depressione sinaptica). Queste modificazioni sono alla base dei cambiamenti funzionali e della plasticità comportamentale. Facilitazione sinaptica: L’elemento postsinaptico reagisce in maniera più intensa rispetto allo stimolo proveniente dall’elemento presinaptico, con aumento del segnale. Ciò sembra dipendere dall’aumento di calcio nella struttura presinaptica. Più calcio si traduce in un maggior rilascio di neurotrasmettitore. E più neurotrasmettitore significa maggior legame sinaptico. Depressione sinaptica: L’elemento postsinaptico reagisce in maniera meno intensa rispetto allo stimolo proveniente dall’elemento presinaptico, con riduzione del segnale. Ciò dipende dalla quantità rilasciata di neurotrasmettitore. Sembra essere dovuta ad una progressiva deplezione delle vescicole che contengono il neurotrasmettitore. Potenziamento post-tetanico: Una scarica tetanica proveniente dalla cellula presinaptica rende la sinapsi più attiva in modo tale che uno stimolo successivo verrà percepito in maniera più intensa dalla struttura postsinaptica. Questo meccanismo agisce su un periodo un po’ più lungo della facilitazione ma sembra dipendere sempre da un meccanismo di aumento del calcio a livello della struttura presinaptica. Abitudine: Diminuzione delle risposte ad una stimolazione ripetuta. Sensibilizzazione: Fenomeno di apprendimento. Generalizzazione della risposta difensiva generata da uno stimolo nocivo ad altri stimoli non nocivi Nel fenomeno di sensibilizzazione sono coinvolti neuroni che facilitano il neurone sensoriale nella sua interazione con il motoneurone ma sono coinvolte anche modificazioni strutturali nella sinapsi, in particolare i neuroni modulatori stimolano le modificazioni nella sinapsi inducendo così un maggior rilascio del neurotrasmettitore dalla struttura presinaptica e quindi una maggior risposta nella struttura postsinaptica. Questa modificazione inizialmente è solo funzionale ma poi diventa strutturale in quanto la ripetizione degli stimoli nocivi provoca una modificazione dell’espressione genica per la sintesi di nuove proteine. Potenziamento a lungo termine nelle sinapsi ippocampali Memoria a lungo termine L’ippocampo è una struttura fondamentale per fissare nuovi ricordi in memoria. Nell’ippocampo sono stati identificati due tipi di modificazione dell’efficacia sinaptica, ovvero: - Potenziamento a lungo termine (LTP) - Depressione a lungo termine (LTD) Nell’ippocampo, i circuiti lavorano in maniera sequenziale: le informazioni arrivano da altre strutture della corteccia temporale poi passano per la zona ippocampale CA3 e poi CA1. Potenziamento a lungo termine (LTP) Per esempio, se una cellula nervosa di CA3 manda un segnale con intensità tetanica alla cellula bersaglio di CA1, allora la cellula bersaglio si potenzierà e risponderà in modo più intenso agli stimoli successivi, ma la risposta aumentata è selettiva solo per quella via specifica, infatti, se un’altra via invierà un impulso, la cellula di CA1 risponderà normalmente. Quindi questo potenziamento coinvolge solo le sinapsi interessate. Questo potenziamento si mantiene nel lungo termine grazie ad un tipo particolare di recettore per il glutammato (Nt eccitatorio principale). Il potenziamento si verifica solocnelle sinapsi glutammatergiche e in queste sinapsi sono coinvolti diversi recettori per il glutammato, come l’AMPA, NMDA. L’NMDA, in particolare, è un recettore normalmente inibito da ioni Mg++ che lo tengono chiuso. Quando c’è poco rilascio di glutammato (bassa frequenza di scarica) lavora solo il recettore AMPA, che legandosi con il Nt si apre e permette il passaggio del Na+ con depolarizzazione della struttura postsinaptica. Quando invece si ha un intenso rilascio di Glutammato, come dopo una scarica tetanica, si ha una maggiore apertura dei recettori AMPA con maggior depolarizzazione dovuta al Na+ in entrata, ciò aumenta sensibilmente il valore di potenziale di membrana (voltaggio) della struttura postsinaptica sbloccando il recettore voltaggio-dipendente NMDA, gli ioni Mg++ vengono espulsi e possono entrare ioni Na+, depolarizzando maggiormente la cellula, e ioni Ca++ che fungono da secondo messaggero innescando una serie di eventi che portano alla formazione di nuove spine dendridiche e l’esposizione di nuovi recettori. Maggior numero di spine dendridiche permette di rinforzare il legame con la cellula presinaptica, ed il maggior numero di recettori AMPA permette di amplificare la risposta. La memoria è molto complessa e, a volte, può essere fallace, ovvero può trarre in inganno, infatti: Se, ad esempio, leggiamo gli elementi della Lista A e poi ci chiedono se nella lista B sono presenti delle parole contenute nella lista A, sarà molto probabile pensare che la parola “dolce” fosse anche nella prima lista, poiché molti elementi suggerivano qualcosa di dolce. Questo accade perché il SNC utilizza delle associazioni per ricordare più facilmente le informazioni, e proprio per questo è possibile incrementare le proprie capacità di memoria utilizzando delle strategie associative. Quindi associare qualcosa ad un’informazione la rende più di facile accesso. Un altro elemento che può migliorare la memorizzazione di un’informazione è la motivazione, se un’informazione riguarda un ambito che ci interessa, sarà più facile ricordarla (es. ricordare chi ha vinto i mondiali in un determinato anno). Più un’informazione è interessante per il soggetto più facile sarà per lui ricordarla. Il principio si basa sul conservare informazioni rilevanti e cancellare informazioni inutili. Informazioni ripetitive, ridondanti o autobiografiche vengono cancellate. Questo è un processo importante per il corretto funzionamento del cervello. Alcune strutture come l’ippocampo sono fondamentali per “fissare” le informazioni in memoria trasferendole nella memoria a lungo termine, però tutte le strutture corticali sono coinvolte nel processo di memorizzazione. Perciò risulta un processo molto complesso. L’esperienza gioca un ruolo fondamentale che aiuta un soggetto a rievocare un’informazione, per esempio un giocatore esperto di scacchi sarà più bravo nel ricordare le posizioni delle pedine di una scacchiera vista poco prima, poiché collega ad ogni pedina una motivazione e i vari movimenti che l’hanno portata ad essere in quella posizione. L’esperienza, quindi, influenza l’attivazione dei circuiti corticali. La memoria è alla base dell’apprendimento e può essere condizionato. Apprendimento condizionato: Generazione di una nuova risposta ottenuta gradualmente attraverso la ripetuta associazione di un nuovo stimolo con lo stimolo che induce normalmente la risposta in studio. Condizionamento classico: modificazione di un riflesso innato, quando lo stimolo (cibo) che innesca il riflesso (saliva) viene associato ad uno stimolo neutro (suono), il riflesso si verifica anche solo con la presenza dello stimolo neutro condizionato. Condizionamento operante: mutata risposta comportamentale dovuta all’associazione della risposta ad una ricompensa. Se si toglie la ricompensa si ha l’estinzione del comportamento. Formazione e immagazzinamento della memoria dichiarativa L’ippocampo, una struttura che si trova nella parte mediale del lobo temporale, insieme ad altre strutture come le regioni para-ippocampali (temporale e mediale), corpi mamillari, talamo dorsale e loro interconnessioni sono fondamentali per la formazione di nuovi ricordi, cioè codificare e consolidare ricordi di eventi e oggetti nel tempo e nello spazio, nella memoria a lungo termine. L’ippocampo è importante, non solo per la memorizzazione, ma anche per la rappresentazione di mappe spaziali. I neuroni dell’ippocampo riconoscono specifiche zone dello spazio permettendo così di orientarci. In uno studio è stato evidenziato come i taxisti di New York avessero l’ippocampo più sviluppato rispetto ad altre persone, questo è legato alla loro capacità, sviluppata con il tempo, di riconoscere un gran numero di strade della città (informazioni spaziali). Amnesia: consiste nella perdita di memoria e può essere di diversi tipi, a seconda della lesione o patologia: - Amnesia anterograda: incapacità di stabilire ricordi nuovi. Dovuta alla lesione delle strutture necessarie a formare nuovi ricordi. - Amnesia retrograda: incapacità di ricordare eventi precedenti alla lesione. Dovuta alla lesione della sede del ricordo. Amnesia retrograda Incapacità di ricordare informazioni già consolidate, è dovuta a traumi più diffusi. Questo indica che le tracce mnemoniche sono conservate in tutto il cervello, in varie parti della corteccia cerebrale. Le strutture coinvolte sono diverse che sono all’origine della amnesia anterograda (caso di H.M., asportazione ippocampi -> amnesia anterograda grave). Teoria del principio di azione di massa (Lashley): Più strutture coinvolge una lesione più e probabile che il soggetto sviluppi un’amnesia retrograda, più la lesione è piccola più è difficile che l’amnesia retrograda si sviluppi. Per rievocare un ricordo vengono attivate le strutture che sono state coinvolte nel suo immagazzinamento. Per esempio, per rievocare un’immagine appena vista si riattiveranno le aree visive, anche se in modo apparentemente inutile. Oppure ripensando ad un movimento si attiveranno i circuiti motori. L’ippocampo si attiva nel momento della “fissazione” dei ricordi nelle varie regioni corticali, ma non viene attivato nel momento del richiamo di quei ricordi. Proprio per questo lesioni all’ippocampo genereranno un’amnesia anterograda. Tutto ciò accade per la memoria dichiarativa, invece, per quanto riguarda la memoria non dichiarativa come modificazione di comportamenti motori, riflessi, strategie motorie o atteggiamenti, il sistema è un po’ differente. Memoria non dichiarativa Nella memoria non dichiarativa sono coinvolti il cervelletto, gangli della base, corteccia premotoria e altre sedi legate al comportamento motorio che comunicano con il cervelletto. Per la memorizzazione a breve termine di queste informazioni non si conoscono bene i siti di fissaggio delle informazioni, ma probabilmente sono siti diffusi. I gangli della base e la dopamina sono importanti per i compiti con ricompensa, e se c’è una disfunzione in queste strutture e nel rilascio di dopamina si possono avere problemi di apprendimento e quindi di memoria. Con l’invecchiamento la memoria tende a deteriorarsi, tuttavia i soggetti anziani che si tengono allenati mentalmente hanno attivazioni nervose ben funzionanti, utilizzando anche zone che normalmente non vengono utilizzate per la memoria. Questo accade grazie ad una grande adattabilità funzionale del SNC. SISTEMA NERVOSO Aspetti generali Il neurone è la cellula principale del SNC specializzata nella comunicazione, la sua struttura permette di ricevere informazioni grazie ai dendriti (albero dendritico), l’impulso può generare dei potenziali d’azione che possono integrarsi nel nucleo e trasmettere l’informazione attraverso l’assone ad altre cellule target. Golgi: Teoria reticolare: Neuroni uniti da ponti citoplasmatici formando una rete sinciziale Cajal: Dottrina del neurone: Neuroni come elementi separati. Tipi di neuroni: Negli assoni è presente la mielina che funge da isolante migliorando la trasmissione del segnale. Cellule Gliali: Astrociti, Microgliali, Oligodendrociti (mielina nel SNC) Cellule di Schwann (mielina nella periferia): Cellule che collaborano con i neuroni nella trasmissione delle informazioni. Funzioni: -Costanza dell’ambiente ionico - Modulazione della propagazione dei segnali nervosi - Modulazione attività sinaptica (possono produrre neurotrasmettitori) - Controllo dello sviluppo e della plasticità neuronale Il neurone può fare diversi tipi di contatti sinaptici: Divergenza/convergenza – inibizione a feedforward/feedback Divergenza: un neurone proietta l’info a diversi target, un target ad altri target e così via si propaga il segnale. Ogni target integra l’informazione con altri segnali provenienti da altre vie. I LOBI: Importante il solco centrale che separa il lobo frontale da parietale, davanti l’area motoria e dietro l’area sensoriale La parte più esterna del cervello forma la corteccia cerebrale e la sua superfice è ampliata dalla presenza di solchi, aumentando il numero di neuroni contenuti in corteccia migliorando la capacità di calcolo. La corteccia cerebrale è strutturata in cellule e fibre organizzate in 6 strati: Mappa di Brodmann Una rappresentazione dove la corteccia è divisa in area organizzate in numeri Ogni aera svolge una determinata funzione e una lesione ad una determinata zona compromette la relativa funzione (affermazione non del tutto vera). La corteccia cerebrale è il prodotto di una evoluzione e la superficie dedicata a vista, tatto, udito e gusto può variare tra i diversi mammiferi, mentre la zona somato-sensoriale rimane più o meno nella stessa zona. Nei primati le aree associate a funzioni cognitive superiori di elaborazioni sono maggiormente sviluppate rispetto ad altri mammiferi. I neuroni presenti alla nascita sono gli stessi ma con la crescita aumenta la rete sinaptica in modo da essere più efficiente, eliminando le connessioni inutili e rinforzando quelle utili. Lo sviluppo corticale termina intorno ai 20 anni. Per mielinizzazione si intende che gli assoni, che permettono la comunicazione tra neuroni, vengono avvolti da mielina. Man mano che il cervello matura aumenta la mielinizzazione. La zona della corteccia prefrontale è l’ultima a terminare la mielinizzazione. Le vie visive e uditive sono le prime che iniziano a sviluppare maggiori sinapsi, seguite dalle aree del linguaggio e successivamente dalle funzioni cognitive superiori. Ciò dipende dal tipo di stimolo (fasi) a cui è esposto il bambino/ragazzo. Esistono delle fasi sensibili entro le quali è molto più semplice apprendere in quanto il cervello è più sensibile alle informazioni in ingresso. MIDOLLO SPINALE ORGANIZZAZIONE ANATOMO-FUNZIONALE DEL MIDOLLO SPINALE Il midollo ha una forma diversa a seconda della zona, infatti in alcune zone (lombare – sacrale) le corna ventrali sono più grandi in quanti sono presenti più motoneuroni alfa. Il midollo si può suddividere in lamine La lamina nona (9°) sono presenti i motoneuroni, le zone intermedie contengono interneuroni (riflesso da stiramento). La sostanza bianca contiene diversi fasci (ascendenti/discendenti). I fasci di fibre posteriori (fascicoli gracile e cuneato) trasportano informazioni sensoriali tattili al cervello. I tratti spinotalamici laterali e ventrali (anteriori) trasportano informazioni dolorifiche e termiche I tratti spinocerebellari ventrali e dorsali (laterali) Via corticospinale anteriore e laterale (discendenti) Sistemi vegetativi Le vie discendenti possono agire sui - circuiti spinali (circuiti che controllano schemi motori come il cammino) - motoneuroni delle corna ventrali - interneuroni delle corna dorsali che modulano i motoneuroni - Interneuroni che agiscono presinapticamente sulle fibre afferenti delle radici dorsali - Interneuroni eccitatori o inibitori che agiscono sui circuiti neuronali della zona intermedia Le regioni midollari che controllano i muscoli delle estremità distali degli arti sono localizzate più lateralmente nel midollo, mentre quelli che innervano i muscoli prossimali sono localizzati più medialmente. I motoneuroni alfa e gamma sono vicini tra di loro nel midollo poiché lavorano insieme per accorciare fibre extrafusali ed intrafusali. I motoneuroni gamma (efferenti) arrivano al fuso e lavorano insieme ai motoneuroni alfa (che innervano fibre extrafusali) provocando una contrazione sincrona di tutte le fibre. I motoneuroni gamma tarano il sensore della lunghezza muscolare. Ci sono tra i motoneuroni gamma, dei motoneuroni gamma dinamici e gamma statici. I m. gamma dinamici monitorano la lunghezza muscolare e ne regolano la stiffness durante il movimento. I m. gamma statici regolano la stiffness o elasticità del muscolo. Quando siamo in piedi è attiva la componente gamma statica, mentre quando l’andatura si fa più veloce allora viene attivata la componente gamma dinamica che si attiva maggiormente in caso di imprevisti. RIFLESSO MIOTATTICO INVERSO è il riflesso che originano dagli organi tendinei del Golgi localizzati tra il muscolo e il tendine innervati da fibre afferenti. Esso e formato da fibre di collagene con fibre afferenti che passano in mezzo. Più si esprime forza in un muscolo tanto più verranno attivate queste fibre afferenti che inviano il segnale al midollo spinale. Quando l’organo tendineo del Golgi si attiva parte un PA che arriva al midollo inibendo la produzione di ulteriore forza evitando la rottura del muscolo e rilevando lo stato di contrazione muscolare. L’organo tendineo del Golgi si attiva solo quando c’è una contrazione. RIFLESSO FLESSORIO Quando pungiamo la pianta del piede si attiva un meccanocettore che provoca un PA che arriva al midollo spinale attivando una serie di internueroni attivando dei motoneuroni dei flessori dell’arto con il piede colpito in modo da alzare la gamba, e attivando gli estensori dell’arto opposto riuscire a stare in piedi. VIE DISCENDENTI MOTORIE Motoneuroni alfa: innervano fibre extrafusali che accorciano il muscolo Motoneuroni gamma: innervano fibre intrafusali, mantengono il fuso sempre attivo insieme alla fibre del muscolo. I motoneuroni possono ricevere informazioni anche da interneuroni. Gli alfa e i gamma sono motoneuroni inferiori poiché si trovano nel midollo spinali. Nella sostanza bianca lateralmente discendono assoni provenienti dalla corteccia, mentre medialmente discendono assoni del tronco encefalico. Motoneuroni superiori della corteccia: trasmettono il segnale per il controllo dei muscoli distali degli arti (emilato inverso) Motoneuroni superiori del tronco: trasmettono il segnale per il controllo dei muscoli assiali e prossimali degli arti (postura ed equilibrio) I movimenti finali dipendono dall’integrazione di più vie. TRATTI DEL TRONCO Nel tronco dell’encefalo ci sono strutture che proiettano ai motoneuroni inferiori: - dai nuclei vestibolari originano i tratti vestibolospinali (laterale e mediale), - dalla formazione reticolare del ponte e del midollo allungato origina il tratto reticolospinale (pontino e bulbare), - dal collicolo superiore o tetto (riceve informazioni uditive e visive) origina il tratto collicolospinale FORMAZIONE RETICOLARE: Gruppi di neuroni che si trovano nel ponte e nel bulbo che non appartengono ai nervi cranici. Sono coinvolti nelle funzioni di modulazione e premotorie. Divisa in due porzioni: Le funzioni di regolazione si trovano soprattutto nella porzione rostrale (ponte rostrale) e sono dirette verso i centri superiori (modulazione degli stati di coscienza). Le funzioni premotorie si trovano soprattutto nella porzione caudale (ponte caudale e bulbo) e sono dirette verso i centri inferiori. Contatta i motoneuroni alfa e gamma. Quindi il midollo spinale riceve segnali sia dalla corteccia che dal tronco. Sia la sostanza reticolare pontina che bulbare proiettano al midollo spinale in tutte le regioni spinali. Vie discendenti mediali del tronco decorrono medialmente e terminano medialmente e sono coinvolti nel movimento dei muscoli assiali e prossimali e controllano il movimento dal punto di vista globale. Infatti contattano gli interneuroni che poi contatteranno i motoneuroni, quindi non contattano direttamente i motoneuroni alfa e gamma. Hanno un enorme grado di divergenza, infatti un assone può trasmettere informazioni a più neuroni ed a più livelli, questo è fondamentale per il mantenimento della postura. Contattano neuroni propriospinali lunghi che a loro volta contattano segmenti spinali anche molto lontani tra loro. TRATTI DEL TRONCO: cilgliate immerse in una massa gelatinosa. La cupola è la barriera oltre la quale l’endolinfa non può andare. I canali semicircolari sono 4 orizzontali (sx e dx), anteriore e posteriore. Ogni canale ha una controparte opposta, quando uno è eccitato l’altro è inibito. Quindi il sistema vestibolare integra le informazioni che provengono dai due sistemi vestibolare delle orecchie. RIFLESSI VESTIBOLARI: Gli stimoli vestibolari generano movimenti del corpo compensatori per mantenere una stabilità posturale. - Riflesso vestibolare tonico: Quando si attivano gli organi otolitici, dal nucleo vestibolare parte un segnale che, attraverso il tratto vestibolo-spinale, raggiunge i motoneuroni spinale i quali controllano la postura con contrazioni dei muscoli delle gambe. - Riflesso vestibolare cinetico: Assono dei canali semicircolari proiettano al nucleo vestibolare mediale che invia assoni al fascicolo longitudinale mediale per eccitare i motoneuroni del tronco e i muscoli del collo che orientano la testa. Si tratta di reazioni motorie complesse intese a correggere con immediatezza, durante i movimenti rapidi del capo, gli sbilanciamenti del corpo rispetto alla normale posizione del corpo. Sensibilità somatica Le informazioni che giungono al cervello provenienti dalla cute, muscoli, tendini, articolazioni e visceri sono raggruppate in sensibilità somatica (o sensibilità generale). Possiamo distinguere diverse funzioni: - Meccanocettiva o pressoria: deriva dai propriocettori dei muscoli o tendini - Propriocettiva - Termocettiva: fibre di tipo alpha deltha, mielinizzate. - Nocicettiva: (fibre di tipo C, o mieliniche di piccolo calibro o amieliniche) - Interocezione: sensazione che provengono dagli organi interni. Per ognuna delle funzioni abbiamo dei recettori specifici: ricezione della variazione di pressione della cute che viene trasformato in PA che raggiunge il SNC o per quanto riguarda la vista, ricezione della luce, dove i fotoni vengono trasformati in PA. Esistono diversi tipi di recettori, per i sistemi sensoriali si parla di recettori con cellula pseudounipolare. Le terminazioni sono localizzate nella cute e mandano info al SNC. Possiamo distinguere 3 tipi di classi di recettori (1-2-3), in base alla cellula che produce il PA. 1) Nocicezione, classe I: la cellula che trasduce il segnale è una cellula nervosa che invia i PA, ad es. nella meccanocezione; 2) Sistema vestibolare, classe II: la prima cellula è una cellula cigliata , le cui ciglia piegandosi rilevano le posizioni della testa. Ma la cellula che invia il PA è la seconda, che comunque comunica con la prima; 3) Sistema visivo, classe III: la prima cellula sono i bastoncelli o i coni, che trasmettono le info alle cellule bipolari e poi gangliali. Ma il PA parte dalla terza cellula. ES. di meccanismo di trasduzione: nei meccanocettori le fibre si attivano attraverso una modificazione della parete (ad es. stiramento) che fa aprire i canali percationi, posti sulla parete. Quando si aprono i canali il sodio entra depolarizzando la cellula. ES. 2. Meccanismo di trasduzione del calore: ci sono proteine sensibili al calore, che influenzano l’apertura dei canali. ES. 2. Meccanismo di trasduzione del dolore (chemotrasduzione): ci sono proteine sulla membrana dei nocicettori (ligando), dove si vanno a legare alcune sostanze che attivano i recettori stessi. CODIFICA DELLO STIMOLO SENSORIALE: - Se lo stimolo è intenso, la frequenza di scarica della fibra sensoriale sarà maggiore (più alta e con più PA) e viceversa. - Caratteristica delle fibre nervose è l’adattabilità (sia nella sensibilità somatica che vestibolare): 1) Nei recettori a. uno stimolo che inizia intenso e poi finisce, il PA subisce una brusca variazione e poi diminuisce la frequenza di scarica, mentre il recettore è ad adattamento lento, cioè rimangono attivi durante tutto lo stimolo. 2) Reccettori di tipo b. cioè ad adattamento rapido: si attivano solo nei transiendi, cioè nelle fasi iniziali e finali dello stimolo. La nostra cute è innervata da queste fibre afferenti, dalla periferia al midollo, più precisamente nelle corna dorsali/posteriori) e poi al SNC. Ogni recettore (a,b..) ha una determinata regione o campo recettivo e si attiva quando lo stimolo finisce in quella determinata regione. Ma ad es. se uno stimolo attiva un recettore A. potrebbe attivare anche il recettore B. Tutte le fibre sensoriali (o afferente) sono mielinizzate, quindi fibre rapide e di grosso calibro, di tipo A.beta). MECCANOCEZIONE (primo ordine) Possiamo distinguere recettori a rapido (Corp. Di Meinser), rapidissimo (ad es. Corpuscolo di Pacini) o lento adattamento (Ruffini e Merkel). Il loro corpo cellulare si trova nei gangli delle radici dorsali mentre la terminazione nervosa con il suo recettore, si dirama fino alla cute e si trova o nel tessuto o all’interno di capsule (ad es. quello di Pacini), che si possono deformare permettendo variazioni pressorie. Inoltre a livello delle corna dorsali la medesima fibra continua direttamente andando a comunicare con il SNC. SENSIBILITA’ DOLORIFICA E TERMICA (primo ordine). L’assone della fibra sensoriale fa sinapsi localmente nelle corna dorsali con il secondo neurone, quindi non invia segnali direttamente al SNC. Quindi il primo neurone proietta al midollo, generando il PA mentre il secondo (spinale) proietta al SNC (talamo di dx), inviando lui il PA. RISOLUZIONE SPAZIALE: capacità di distinguere più punti (acuità sensoriale). Più è maggiore la densità recettoriale, maggiore sarà la capacità di discriminazione. Ad es. nella spalla c’è meno densità sensoriale e quindi sarà più difficile distinguere i due punti di provenienza dello stimolo; a differenza delle dita dove la densità recettoriale è maggiore. (TEST DEL COMPASSO). SENSIBILITA’ PROPRIOCETTIVA (primo ordine). Un motoneurone gamma innerva una fibra muscolare, precisamente fino al fuso muscolare. Le sue fibre afferenti intrafusali (innervano il fuso neuromuscolare), vengono attivate dalla distensione della membrana plasmatica della fibra stessa, quando ciò avviene, il fuso viene stirato e a sua volta stira tutte le fibre al suo interno, inviando un PA al midollo e poi al SNC. Le fibre sono mielinizzate e quindi molto rapide, Ia e IIa. Le fibre afferenti arrivano al midollo dorsale tramite le radici dorsali e fa sinapsi localmente con il primo neurone che genera il PA mentre il secondo invia il segnale al SNC; mentre un’altra fibra invia direttamente al SNC. DEFICIT SENSORIALE DOPO EMISEZIONE (metà) DEL MIDOLLO SPINALE Perdita della sensibilità tattile-propriocettiva da un lato, mentre dall’altro si ha una perdita della sensibilità termica, questo avviene perché le fibre hanno un decorso nel midollo differente: quelle tattili-propriocettive hanno un decorso verso il SNC ipsi- lateralmente, mentre quelle termico- dolorifiche decorrono contro- lateralmente. DERMATOMERI: è una regione di cute innervata da un certo ganglio della radice dorsale e il suo rispettivo nervo spinale. I dermatomeri sono indicati con dei rispettivi numeri. Ad ES. la faccia è innervata dal V nervo cranico “il Trigemino”, ha sia una componente motoria che sensoriale, quest’ultima riceve info dai recettori che si trovano nella cute e nel braccio. Le informazioni tattili-propriocettive vengono proiettate ai centri superiori come il NUCLEO GRACILE E CUNEATO, che si trovano a livello bulbare. Le info che provengono dalla parte bassa del corpo viaggiano più medialmente, rispetto a quelle dell’arto superiore e infatti viaggiano nel fascicolo gracile e quelli della parte alta, nel fascicolo cuneato; qui le medesime fibre fanno sinapsi col secondo neurone delle cellule del gracile e del cuneato, e il suo assone, ricevendo le info, decussa (oltrepassa la midline del tronco) passando dalla parte opposta, arrivando al talamo, dove trova il terzo neurone e poi alla corteccia. Per quanto riguarda via propriocettiva degli arti inferiori del corpo è anche presente al livello del midollo il nucleo di Clark che proietta al cervelletto creando il fascio spino-cerebellare. Mentre Controllo discendente Le informazioni dolorifiche che arrivano al SNC possono essere percepite in modo diverso a seconda della situazione, infatti la corteccia è in grado di controllare l’afferenza dolorifica, attraverso un sistema discendente di controllo del dolore, che ha come obiettivo quello di controllare il secondo neurone che poi arriva al talamo. Questo sistema di controllo del dolore si avvale di diversi centri (mesencefalo, bulbo) che utilizzano come neurotrasmettitori la serotonina e oppioidi, tra cui le encefaline e le beta-endorfine, attivando degli interneuroni, localizzati nel corno dorsale del midollo spinale, che inibiscono il neurone che proietta l’informazione dolorifica (in modo simile a come accade nella teoria del cancello). Il corno dorsale, quindi, è un luogo di integrazione di informazioni e comprende sistemi di inibizione della proiezione delle informazioni dolorifiche da parte del secondo neurone; tali sistemi consistono nell’afferenza meccanocettoriale (t. cancello) e nel controllo discendente del dolore. Il controllo discendente del dolore è attivato principalmente dalla corteccia limbica che può quindi inibire la sensazione del dolore in base allo stato emotivo (ad es. nel caso di una prova fisica o in caso di pericolo). DOLORE VISCERALE (RIFERITO) Ad es. in caso di angina si sente un dolore al braccio e non al cuore, questo perché i nocicettori del cuore, che si attivano per il rilascio di sostanze chimiche in seguito a danno tissutale, sono polimodali. Quando si attivano, fanno sinapsi con un secondo neurone midollare, che non è specifico per il dolore viscerale, ma riceve anche info dai muscoli e dalla cute (quindi i recettori per il dolore viscerale e somatico condividono lo stesso neurone); esso normalmente però si attiva per un dolore somatico e non per quello viscerale, quindi quei neuroni che si attivano a catena dopo questo secondo neurone, si attivano per un dolore cutaneo, piuttosto che da una scarica che origina dal cuore. Essendoci una convergenza dei segnali sullo stesso neurone midollare, il SNC interpreta quel segnale come proveniente dalla cute (dolore al braccio e al petto). Non succede solo per il cuore, ma anche per altri visceri come nel caso dell’esofagite da reflusso che provoca dolori alla cute come nel tronco, gola e fianco. Si definisce “riferito” perché il cuore o altri visceri riferiscono il dolore ad una parte del corpo, cute, sottocute o muscoli. Effetto placebo: assunzione di una sostanza che non sia un farmaco, che fa pensare di poter ridurre il dolore; il dolore si riduce realmente per il rilascio di oppioidi endogeni che attivano il controllo discendente del dolore. Quest’ultima via può essere bloccata dal naloxone, che è un antagonista del recettore oppioide. SISTEMA VISIVO L’informazione visiva viene raccolta nell’occhio dalla retina, questa contiene i fotorecettori e si trova nel fondo dell’occhio. Nella parte anteriore si trova la cornea e al di sotto il cristallino. Il cristallino è collegato al muscolo ciliare, al quale è collegato tramite fibre che permettono di modificarne la forma. Tutta la restante parte dell’occhio è occupata da un liquido trasparente chiamato “morvitrio”; i raggi luminosi attraversano questo liquido, attraversando per prima la pupilla, poi alla cornea, cristallino, morvitrio fino alla retina (epitelio recettoriale). Il cristallino svolge un ruolo importante per la messa a fuoco: il muscolo ciliare può assottigliarsi o rimanere spesso, mettendo a fuoco le immagini sulla retina, modificando il potere di rifrazione del cristallino, processo chiamato “accomodazione”. - Emmetropia (in un occhio normale): i raggi luminosi colpiscono la parte anteriore dell’occhio , la luce viene rifratta e se il cristallino ha il giusto spessore, provocherà una rifrazione dei raggi luminosi sulla retina, in modo da mettere a fuoco le immagini. - Miopia (oggetti distanti sfuocati) e in caso di Ipermetropia (oggetti vicini sfocati): se l’occhio è più lungo o più corto, o se il cristallino non riesce a svolgere bene la sua funzione di accomodazione e non riuscirà a mettere a fuoco le immagini. Questa funzione diminuisce anche con l’età. RETINA È formata da 2 tipi di recettori: bastoncelli e coni. La luce attraversa tutti gli strati della retina fino in fondo. L’ultimo strato è formato da un epitelio pigmentato, che assorbe la luce evitando delle riflessioni. Nel penultimo strato abbiamo i fotorecettori (bastoncelli e coni); entrambi presentano proteine che cambiano conformazione quando interagiscono con un fotone, causando una variazione di pot. Di membrana, che sarà comunicata ad un secondo neurone (o cellula bipolare) che a sua volta comunica con una terza cellula gangliare la quale invia un PA. La cellula più superficiale della retina, la cellula gangliare, fa partire un assone che poi forma il nervo ottico, che dalla retina invia le info al SNC. FOTORECETTORI Esistono due tipi di fotorecettori, coni e bastoncelli, perché sono sensibili in diversi modi; entrambi però contengono una proteina G che dopo aver interagito con un fotone, cambia conformazione e provoca una serie di eventi intracellulari. 1) I bastoncelli hanno: - Molto foto pigmento, cioè dei dischi che galleggiano nel citoplasma e sono ricchi di foto pigmento, una proteina che interagisce con i fotoni. - Sensibilità molto elevata, cioè basta un solo fotone per modificare il pot. Di membrana - Una amplificazione elevata, cioè il bastoncello che interagisce con un fotone, riesce a modificare lo stato di attivazione di una cellula gangliare: basta poca luce per stimolare la cellula gangliare ad inviare un PA - Bassa risoluzione temporale: tempi più lunghi - Bassa acuità visiva: ci permette una visione poco dettagliata - Acromatici: non distinguono le varie lunghezze d’onda della luce - Bassa risoluzione spaziale: immagina sfocata - Specializzato per la visione notturna. 2) I coni hanno: - Meno foto pigmento - Sensibilità modesta: hanno bisogno di tanta luce perché si attivi - Risoluzione temporale elevata e alta acuità visiva: quindi garantiscono una visione accurata dei dettagli - Cromatici: esistono 3 tipi di coni (sensibili alla luce blu, verde e rossa) perché distinguono le varie lunghezze d’onda e permettono la visibilità dei colori - Alta risoluzione spaziale (presenti nella fovea, non convergono). - Specializzati nella visione diurna. CELLULA GANGLIARE Il campo recettivo di una cellula gangliare ha la forma circolare con il centro e 2 periferie. Se il fotone colpisce il centro avrà un effetto diverso sulla cellula gangliare, rispetto alla periferia e viceversa. Possiamo avere 2 tipo di cellule gangliari: quelle centro-on e centro-off. - La prima si attiva quando il fotone colpisce il centro del campo recettivo e non si attiva quando colpisce la periferia. - La seconda si attiva quando il fotone colpisce la periferia del centro recettivo e non il centro. Le cellule gangliari infatti sono in grado di mettere in evidenza i contrasti di luminosità in base ai diversi punti della retina. La retina non è tutta uguale infatti c’è una zona al centro della retina che si chiama FOVEA, ha la maggior densità di coni e minima densità di bastoncelli e quindi una maggiore acuità visiva, viceversa se ci si sposta nelle regioni laterali (verso la retina nasale o temporale). Ad es. infatti quando si legge un libro l’occhio si sposta continuamente, cercando di spostare la fovea al centro della parola che stiamo leggendo. L’immagine reale che sarà proiettata alla retina arriverà in modo rovesciata e specchiata. Sulla retina è presente una parte binoculare (parte centrale dell’occhio), la quale percepisce la stessa immagine dell’altro occhio, e una parte monoculare (parte più esterna dell’occhio), che percepisce immagini che l’altro occhio non arriva a percepire. Ciascuna retina è divisa in retina temporale (laterale) e retina nasale (mediale) e rispettivamente la retina nasale di sinistra e la retina temporale di destra percepiranno le informazioni visive provenienti dal campo visivo di sinistra (viola); mentre la retina nasale di destra e la retina temporale di sinistra percepiranno informazioni visive provenienti dal campo visivo di destra (arancione). Le informazioni captate dal campo visivo di destra (arancione) vengono inviate al talamo attraverso il tratto ottico sinistro, la stessa cosa accade con le informazioni percepite dal campo visivo di sinistra che vengono inviate attraverso il tratto ottico destro. Nel chiasma ottico avviene l’incrocio (o decussazione) delle fibre che provengono dalle emi-retine nasali (mediali) , mentre le fibre che provengono dalle emi-retine temporali (laterali), decorrono lateralmente senza incrociarsi, poiché ricevono già le informazioni provenienti dal campo visivo opposto. Una lesione con perdita di vista dell’occhio destro comporterebbe una perdita della sola visione monoculare (esterna) di destra poiché la porzione di vista centrale è compensata dalla componente binoculare dell’occhio sinistro. Una lesione a livello del chiasma ottico determinerà una perdita della visione monoculare di sinistra e di destra, poiché dal chiasma passano informazioni visive provenienti dalle emi-retine nasali, le quali captano informazioni provenienti dalle estremità del campo visivo. Una lesione a livello del tratto ottico destro determinerà una perdita della vista monoculare di sinistra e binoculare di destra. TARGET TRONCO Il talamo, anche se il più importante, non è l’unico target della retina; esistono, infatti, altri bersagli raggiunti attraverso i lunghi assoni delle cellule gangliari che durante la strada verso il talamo, proiettano informazioni anche a diverse strutture localizzate nel tronco encefalico: - Una proiezione arriva al collicolo superiore (tetto): Genera riflessi di orientamento, permette di orientare la testa e gli occhi verso stimoli salienti (flash di luce o suoni improvvisi). - Una proiezione arriva al pre-tetto (zona appena anteriore al tetto): Controlla il riflesso della pupilla (monitorando la quantità di luce che entra) e il riflesso di accomodazione del cristallino. - Un’altra proiezione arriva all’ipotalamo: L’informazione visiva partecipa ai meccanismi di controllo del ritmo circadiano. Sostanze Autacoidi possono regolare l’attività dei vasi ad azione locale, come, l’istamina (prodotta come mediatore dell’infiammazione) ha un’azione di vasodilatazione arteriolare e vasocostrizione venosa; la bradichidina (che partecipa all’infiammazione) ha una potente azione vasodilatatoria. Invece, gli ormoni che hanno un controllo sui vasi sono: Adrenalina e Noradrenalina: recettore α1 → vasocostrizione / recettore β2 → vasodilatazione. Angiotensina: Ha un potere vasocostrittore Vasopressina (ADH): Effetto vasocostrittore L’effetto cronotropo positivo (aumento FC) e inotropo positivo (aumento gittata sistolica) è dovuto al rilascio di adrenalina e noradrenalina da parte del SN simpatico. L’aumento della gittata sistolica e della FC provocano un aumento della gittata cardiaca, che può aumentare fino a quattro volte rispetto ai valori di riposo. Diminuisce la perfusione dei visceri e aumenta la perfusione del muscolo. Anche la cute vene vasodilatata ed irrorata di sangue per fini termodispersivi. Anche a livello del miocardio aumenta la perfusione, con aumento della circolazione coronarica, ciò è dovuto all’iperemia metabolica (soprattutto adenosina). Il simpatico ha azione vasocostrittore, ma che però è meno importante del suo effetto inotropo (aumento della forza contrattile del miocardio) che porta ad un maggior consumo di ossigeno e vasodilatazione metabolica. La perfusione raggiunge valori minimi durante la sistole e valori massimi durante la diastole, quindi il flusso di sangue nelle coronarie è maggiore (perfusione ed ossigenazione) durante la diastole, mentre durante la sistole il flusso è minore perché il cuore è contratto e il sangue non riesce a penetrare nel miocardio. Il cuore, durante l’attività fisica, ha sempre meno tempo per la diastole e quindi per la perfusione, proprio per questo è chiaro che anche un piccolo problema alle coronarie può portare ad angina. Quindi per far arrivare più sangue al minuto ai muscoli scheletrici, si avrà una riduzione delle resistenze con vasodilatazione delle arteriole e apertura degli sfinteri precapillari permettendo la perfusione dei letti capillari. A riposo la circolazione cutanea è sotto il controllo simpatico e quindi c’è una vasocostrizione, mentre quando è necessario disperdere il calore prodotto dall’attività dei muscoli si verifica una vasodilatazione cutanea con aumento della richiesta ematica. I vasi risentono quindi della temperatura e, al contrario, in condizioni di freddo si vasocostringono. La circolazione cerebrale dipende da quale attività stiamo svolgendo (attività fisica o leggere un libro), ma il consumo di O2 al minuto da parte del cervello è sempre lo stesso, quindi la perfusione cerebrale deve restare pressoché invariata. Si verifica una riduzione della circolazione splancnica con vasocostrizione a livello dei visceri. Risposta cardiovascolare all’esercizio fisico (moderato): - Aumenta il flusso sanguigno ai muscoli - Aumento della gittata cardiaca - Aumento della FC (soprattutto) - Aumento del volume di eiezione ventricolare (gittata sistolica) - Leggero aumento della pressione arteriosa media - Leggero aumento del volume tele-diastolico - Riduzione della resistenza periferica totale Questo vale per esercizio fisico generale che coinvolge tutti i muscoli, come la corsa; invece, se si svolge un esercizio fisico specifico per determinati muscoli la resistenza periferica non si abbassa tanto e quindi sale un po’ di più la pressione. Quindi per esempio un cardiopatico dovrebbe evitare il sollevamento pesi, quindi un lavoro di tipo pressorio. Se l’esercizio fisico viene eseguito in piedi si otterrà un maggior ritorno venoso, dovuto all’azione di pompa esercitata dalla muscolatura degli arti inferiori sulle vene. Effetti dell’allenamento sul controllo cardiovascolare L’allenamento genera delle modificazioni anatomo-funzionali sul sistema cardiovascolare, come l’aumento delle dimensioni cardiache e della gittata sistolica e la diminuzione della FC a riposo con una miglior gestione del flusso sanguigno. Adattamenti allo sport di forza: - incremento della massa muscolare - aumento dello spessore del setto interventricolare nel cuore senza variazione delle camere cardiache. Attività aerobica di resistenza: - allargamento camere cardiache (pompando più sangue a FC minore) - maggior tono vagale a riposo - aumento della gittata cardiaca massima (passa da 20 a 40 ml/min) Adattamenti allo sport di resistenza, nel muscolo: - sviluppo di nuovi capillari - aumento della mioglobina - aumento numero mitocondri - aumento di enzimi ossidativi La pressione varia poco in un soggetto allenato, tende a diminuire leggermente a riposo. Il soggetto allenato ha un volume ematico maggiore rispetto al soggetto non allenato, con aumento sia del volume plasmatico (rilascio di ADH, aldosterone) che della massa degli eritrociti (dopo circa 15gg, rilascio di eritropoietina); l’ematocrito (rapporto tra plasma e parte corpuscolata) tende a rimanere invariato o al massimo diminuisce leggermente, dipende dal tipo di esercizio fisico) Queste sono variazioni transitorie. Allenamento e muscolo L’unità motoria è l’unità funzionale del movimento Esistono 3 tipi di unità motorie: - Unità motorie Slow: fibre di tipo I (resistenza alla fatica) - Unità motorie Fast Fatigable: fibre di tipo IIx (forza e velocità elevate, scarsa resistenza) - Unità motorie Fast Resistant: fibre di tipo IIa (caratteristiche intermedie) Il tessuto muscolare è dinamico, può essere modificato (anche dal punto di vista biochimico) dall’allenamento, però i fattori genetici giocano un ruolo fondamentale. Alcune fibre muscolare possono modificare il loro fenotipo in base all’attività, da un fenotipo più veloce ad uno più lento e viceversa. Il disuso prolungato porta le fibre ad assumere un fenotipo più veloce. Un’attività di tipo aerobico stimola la produzione di enzimi ossidativi, produzione di mitocondri e capillarizzazione del muscolo. Un’attività di forza, invece, stimola la produzione di altre vie metaboliche per l’utilizzo di glucosio in modalità anaerobica. Un allenamento di forza migliora la forza anche nei movimenti quotidiani e il suo rapido miglioramento che si verifica sin dai primi giorni di allenamento, dipende da un processo di facilitazione a livello centrale per il reclutamento delle unità motorie. Il SNC riesce a reclutare meglio le unità motorie. Successivamente si ha un aumento della dimensione delle fibre muscolare con la formazione di nuovi sarcomeri, con la possibilità di sviluppare più forza (ipertrofia muscolare). L’iperplasia è differente dall’ipertrofia in quanto accade in seguito a traumi e consiste nella formazione di nuove fibre muscolari o aiutare la riparazione di quelle danneggiate. Il carico meccanico ha un effetto anche sullo scheletro, rallentando il processo di osteoporosi. I sollevatori di peso hanno più variazioni in questo senso. Adattamenti respiratori Ventilazione = Volume corrente x frequenza respiratoria Frequenza respiratoria a riposo è di circa 12 atti al min È un flusso di ml di aria al minuto. Aria ambiente: pO2 = 159mm/Hg Aria polmoni (respirazione tranquilla): pO2 = 100mm/Hg Nei polmoni l’aria si umidifica, O2 e N si diluiscono e nell’alveolo si unisce anche la CO2 per lo scambio. La ventilazione dipende dalla velocità di produzione della CO2, quindi se quest’ultima aumenta anche la ventilazione (può variare la frequenza respiratoria, o il volume corrente). Lo scambio dei gas avviene per diffusione, ed è necessario che ci sia un gradiente di diffusione, in questo caso indotto dalla pressione parziale dei vari gas. pO2 alveolare = 100 mmHg / pO2 sangue venoso = 40 mmHg → gradiente alveolo-capillare = 60 mmHg pCO2 alveolare = 40 mmHg / pCO2 sangue venoso = 46 mmHg → gradiente di diffusione = 6 mmHg (minore ma la CO2 è più diffusibile) Chiaramente con l’esercizio fisico aumenta la quantità e velocità di produzione di CO2 e la ventilazione deve andare in contro a queste richieste metaboliche. Del controllo della respirazione se ne occupano dei chemocettori, sia periferici (nei glomi aortici e carotidei) sia centrali (nel bulbo) che rilevano squilibri della pO2 e pCO2 plasmatica che mandano le informazioni al