Scarica Fonti del diritto: nozioni generali e più Appunti in PDF di Diritto Pubblico solo su Docsity! Fonti del diritto: nozioni generali 1. Fonti di produzione La fonte indica gli strumenti di produzione del diritto. Dicasi fonte del diritto l'atto o il fatto abilitato dall'ordinamento giuridico a produrre norme giuridiche, cioè a innovare all'ordinamento giuridico stesso. Essa è una definizione circolare nel senso che è l'ordinamento giuridico a indicare i modi in cui si forma e si rinnova l'ordinamento giuridico. • Per gli ordinamenti primitivi è probabilmente vero che essi si siano formati in seguito a un diritto consuetudinario, a un diritto basato sulla volontà di un determinato soggetto o organo a cui la comunità ha riconosciuto poteri normativi. Con linguaggio tecnico si potrebbe parlare dell'evoluzione delle fonti atto-fatto. • Gli ordinamenti moderni invece si costituiscono attraverso un processo costituente. Ciò significa che è la stessa costituzione a indicare gli atti che possono produrre il diritto, cioè le fonti: non tutte, perchè in un ordinamento a struttura gerarchica, basta che la Costituzione indichi le fonti ad essa inferiori, dette fonti primarie, cioè le leggi e gli atti ad essa equiparati, perchè saranno poi queste a regolare fonti ancora inferiori, dette fonti secondarie. Un compito tipico e necessari delle Costituzioni è regolare le fonti primarie (artt. 70-81). Le norme di un ordinamento giuridico che indicano le fonti abilitate a innovare l'ordinamento stesso si chiamano usualmente fonti di produzione. Ora parliamo delle fonti di cognizione che sono gli strumenti attraverso i quali si viene a conoscere le fonti di produzione. In Italia vi sono fonti ufficiali e fonti private. La più importante delle fonti ufficiali è la Gazzetta Ufficiale (G.U.). La Gazzetta Ufficiale raccoglie le pubblicazioni di tutti gli atti normativi dello Stato, e questi vengono inseriti nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica Italiana, che viene stampata annualmente, mentre la G.U. è pubblicata tutti i giorni non festivi, corredata da alcune "serie speciali" dedicate alle sentenze della Corte Costituzionale, agli atti dell' Unione Europea, alle leggi regionali ed ai concorsi pubblici. Altre fonti sono i bollettini (o Gazzette) ufficiali delle regioni (B.U.R.) e la Gazzetta Ufficiale dell'UE (G.U.U.E.). Che siano ufficiali ha ovviamente grande importanza, perchè, il testo in esse pubblicato è quello che "entra in vigore". Infatti, proprio per questo devono essere pubblicati in bollettini ufficiali, in modo che tutti ne vengano a conoscenza. Proprio per consentire quest'ultima, questi entrano in vigore (se non è altrimenti disposto) dopo un periodo di tempo, chiamato "vacatio legis", un periodo di regola di 15 giorni, in cui gli effetti del nuovo atto sono sospesi. Trascorso questo periodo l'atto diviene obbligatorio e qui vige: La presunzione di conoscenza dalla legge L'obbligo del giudice di applicarla, (ignorantia legis non excusat) senza bisognoche siano le parti a provarne l'esistenza ("iura novit curia"). Le fonti non ufficiali possono essere fornite da soggetti pubblici o privati, ed essere cartacee o informatiche. Le notizie che pubblicano non hanno un valore legale, perchè esse servono a far conoscere le norme in vigore, ma la pubblicazione in essi non incide sull'efficacia delle norme. FONTI ATTO E FONTI FATTO Le fonti di produzione si distinguono in fonti atto (atti normativi) e fonti fatto (fatti normativi). Sono parte degli atti giuridici, che potremmo Sono tutte le altre fonti che definire come i comportamenti consapevoli l'ordinamento riconosce e di e volontari che danno luogo a effetti giuridici. cui ordina o consente l'appli- Essi hanno 2 caratteristiche specifiche: cazione, per il semplice fatto 1. Gli atti normativi hanno la capacità di esistere. Appartengono al- di porre norme vincolanti per la categoria dei fatti giuridi- tutti (perciò sono fonti del diritto). ci, cioè a quegli eventi natu- 2. Quanto ai comportamenti essi devono rali (nascita) o sociali che essere imputabili a soggetti cui lo stesso producono conseguenze rile- ordinamento riconosce il potere di porre vanti per l'ordinamento. in essere tali atti. Insomma le fonti atto implicano non solo un agire volontario, ma l'agire di un organo a ciò abilitato dall'ordinamento giuridico. La "norma di riconoscimento" attribuisce ad un determinato organo il potere di emanare un determinato atto normativo. La fonte atto è l'espressione di volontà normativa di un soggetto cui l'ordinamento attribuisce l'idoneità di porre in essere le norme giuridiche. ordinamenti. Abbiamo due tecniche di rinvio: 1. Rinvio fisso (detto anche materiale o recettizio) è il meccanismo con cui una disposizione dell'ordinamento statale richiama un determinato atto in vigore in alto ordinamento. Le eventuali variazioni apportate all'atto cui si rinvia, cioè all'atto "recepito", sono di regola, indifferenti per il nostro ordinamento: cioè se l'atto recepito subisce modifiche, queste non produrranno effetti nel nostro ordinamento senza un altro apposito atto di recepimento. 2. Rinvio mobile (formale o non recettizio) è il meccanismo con cui una disposizione dell'ordinamento statale richiama non uno specifico atto di un altro ordinamento ma una fonte di esso. Con questo rinvio, l'ordinamento statale si adegua automaticamente a tutte le modifiche che nell'altro ordinaento si producono nella normativa posta dalla fonte richiamata. Es. Rinvio mobile: disposizioni di diritto internazionale privato. Il rinvio fisso pne ai soggetti dell'applicazione solo il compiton di interpretare il testo richiamato come se fosse un atto interno, mentre, il rinvio mobile pone loro anche il compito di ricercare le disposizioni in vigore nell'ordinamento "straniero", dovendo tenere conto di tutti i mutamenti che in esso sono prodotti. La funzione dell'interpretazione L'atto normativo è un documento scritto. Attraverso esso il legislatore esprime la sua volontà di disciplinare una determinata materia. Come tutti i testi scritti, l'atto normativo è articolato in enunciati, che rappresentano l'unità linguistica minima portatrice di un significato completo: un enunciato è qualsiasi espressione linguistica che ha una forma grammaticale compiuta. Per questa loro caratteristica "imperativa", gli enunciati degli atti normativi si chiamano disposizioni. In una democrazia rappresentativa come la nostra, il legislatore è di regola un organo poolitico, perlopiù un organo colleggiale. La volontà che egli esprime nasce da premesse politiche, risponde alle logiche della rappresentanza elettorale, passa attraverso le regole del compromesso politico ecc.. Il principale organo legislativo, il Parlamento è composto da quasi 1000 persone, e molti altri organi concorrono a legiferare, creano cioè disposizioni. Il compito di riportare a coerenza e univocità il sistema delle disposizioni è affidato all'interprete. Bisogna distinguere l'interpretazione dall'applicazione, perchè quest'ultima consiste nell'applicazione di una norma generale e astratta a un caso particolare e concreto. La norma dice che, se è compiuto da chiunque (generalità) e in qualsiasi circostanza (astratezza), il comportaamento X, deve esserci la conseguenza Y; Tizio tiene il comportamento X e la sua conseguenza è Y. Questo è lo schema del sillogismo giudiziale: premessa maggiore = norma, premessa minore= il fatto: conclusione = applicazione della norma al fatto. La norma è frutto dell'interpretazione delle dispozioni, il loro significato è quello che possono dire in relazione al caso specifico; e anche il fatto è frutto di interpretazione, va "costruito" qualificando i singoli eventi e comportamenti secondo le categorie normative. Il legislatore può cercare di risolvere certi gravi dubbi interpretativi o di "forzare" l'interpretazione dei giudici, aggiungendo nuove disposizioni alle vecchie, cercando di precisarne il significato: è la c.d. interpretazione autentica: si emana una disposizione con cui si dice che un'altra disposizione va intesa in un determinato significato. Ma il legislatore non può sostituirsi agli interprete, svolgere i loro compiti, perchè glielo impedisce il principio di divisione dei poteri. Uno dei profili da cui può essere percepita la divisione dei poteri è proprio questo: la netta separazione di compiti tra chi ha il potere di "disporre", di imporre gli atti normativi, di dettare quegli enunciati linguistici scritti che, per la loro caratteristica imperatività, si chiamano disposizioni; e chi invece ha il potere di interpretare quegli enunciati, ricostruire il significato normativo, applicarne le norme. Le differenze sono funzionali, cioè relative ai compiti, e quelle strutturali, relative alla composizione, alla natura dell'organo. La coerenza delle norme da parte del giudice è la prima regola della sua deontologia professionale. Ridurre a un sistema coerente di norme un groviglio incoerente di disposizioni è il suo principale compito, e lo strumento per assolverlo è l'interpretazione. Il primo obbiettivo dell'interprete è interpretare le disposizioni in modo da ricavarne un'unica norma, un'unica premessa maggiore del suo sillogismo. LE ANTINOMIE E TECNICHE DI RISOLUZIONE Le antinomie sono contrati tra norme, cioè quando le disposizioni esprimono significati tra loro incompatibili. E' compito dell'interprete risolvere le antinomie, attribuendo alle disposizioni in gioco, un significato che le renda reciprocamente compatibili, interpretazione sistematica. Ma talvolta il testo delle disposizioni non consente di ricavarne norme coerenti e quindi bisogna scegliere. I criteri elaborati dalla scienza giuridica sono stati spesso codificati nelle leggi: "le Preleggi". Quattro sono i criteri: cronologico, gerarchico, della specialità e della competenza. 1. IL CRITERIO CRONOLOGICO E L'ABROGAZIONE. Il criterio cronologico dice che in caso di contrasto tra due norme si deve preferire quella più recente a quella più antica. Negli ordinamenti moderni la legge deve adeguarsi al continuo mutamento. La prevalenza della nuova norma sulla vecchia si esprime attraverso l'abbrogazione, che è l'effetto che la norma più recente produce nei confronti di quella vecchia: l'effetto consiste nella cessazione dell'efficacia della norma giuridica precedente. L'efficacia è una figura generale del diritto, e consiste nell'idoneità di un fatto o di un atto a produrre effetti giuridici, cioè a costruire, modificare o estinguere situazioni giuridiche. L'efficacia di una norma è la sua applicabilità come regola dei rapporti giuridici. La norma diventa efficace quando la disposizione da cui è tratta entra in vigore. Vige il principio di irretroattività degli atti normativi: essi, cioè dispongono solo per il futuro, e non hanno effetti per il passato. L'art.11 delle Preleggi tratta un principio generale non recepito dalla costituzione, che vieta soltanto la retroattività delle norme penali incriminatrici. Per cui il principio delle Preleggi può essere derogato dalle singole leggi, che possono disporre la propria irretroattività. Il principio dell'irretroattività vale anche per l'abbrogazione. La vecchia norma perde efficacia dal giorno dell'entrata in vigore del nuovo atto, e anche tutti i rapporti precedenti restano in piedi e rimangono regolati da essa. Può quindi capitare che il giudice si trovi ad applicare ancora norme abrogate da diversi anni. L'effetto abbrogativo può essere prodotto da fenomeni molto diversi. L'art. 15 delle Preleggi elenca tre ipotesi di abbrogazione: • "per dichiarazione del legislatore" (abrogazione espressa); • "per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti " (abrogazione tacita); • "perchè la nuova legge regola l'intera materia già regolata dalla legge anteriore" (abrogazione implicita). L'abrogazione espressa è il contenuto di una disposizione. Per quanto riguarda l'abbrogazione tacita, nasce un problema dal fatto che il legislatore non si è preoccupato, emanando le nuove disposizioni, di eliminare le vecchie. E' quindi il giudice a dover fare pulizia, perchè si trova di fronte ad una antinomia. In questo tipo di abbrogazione le operazioni intellettuali del giudice valgono solo nel singolo giudizio e non vincolano affatto gli altri giudici. Quindi quando è il giudice a dover far pulizia e non il legislatore, possono nascere diversificazioni, dal punto di vista del giudice, tra norma in vigore e norma abrogata. Per quanto riguarda quella implicita, non c'è neanche una disposizione che dichiari l'abbrogazione della legge precedente, ma è l'interprete che trae dal fatto che il legislatore abbia riformato la materia un argomento per sostenere che la vecchia legge debba ritenersi abrogata e le sue norme non debbano essere più applicate. La differenza tra abrogazione tacita e implicita è che la prima si basa su un contrasto tra singoole norme, potìrtando a ritenere abrogata una o più disposizioni; mentre la seconda si basa sul fatto che la disciplina della materia sia stata rifoormata e quindi porta a ritenere abrogata una o più leggi. Abrogazione, deroga e sospensione La deroga nasce da un contrasto tra norme di tipo diverso; nel senso che la norma derogata è una norma generale, mentre la norma derogante è una norma particolare. La differenza tra abrogazione e deroga sta essenzialmente nel fatto che la norma abbrogata perde efficacia per il futuro, e può riprendere a produrre effetti solo nel caso in cui il legislatore emani un'ulteriore disposizione che lo prescriva (riviviscenza della norma abbrogata), mentre la norma derogata non perde efficacia, ma viene limitato il suo campo di applicazione. 2. IL CRITERIO GERARCHICO E L'ANNULLAMENTO Il criterio gerarchico dice che in caso di contrasto tra norme si deve preferire quella che nella gerarchia delle fonti occupa il posto più elevato. Quando la Costituzione dispone che la Corte Costituzionale giudica delle "leggittimità costituzionali delle leggi e degli atti aventi forza di legge", disegna implicitamente una gerarchia, per cui in caso di contrasto la Costituzione prevale sulla legge e sugli atti a questa equiparati. La prevalenza della norma a) Le riserve a favore di atti diversi dalla legge, che sono rare. Si tratta di: • Riserve a favore della legge costituzionale. L'art 138 introduce un particolare procedimento per la revisione costituzionale. A queste leggi è riservato la disciplina di alcune materie quali: l'approvazione degli statuti delle Regioni a autonomia differenziata (art 116), il mutamento delle circoscrizioni regionali (art 132.1) ecc.. • Riserve a fovore dei regolamenti parlamentari; • Riserve a favore dei decreti di attuazione degli statuti speciali. b) La riserva di legge formale ordinaria impone che sulla materia intervenga il solo atto legislativo attraverso il procedimento parlamentare: sono riservate all'approvazione parlamentare quelle leggi che rappresentano gli strumenti attraverso i quali il Parlamento controlla l'operato del Governo. E' quest ultimo a disciplinare i trattati internazionali e chiedere al Parlamento di autorizzare la ratifica da parte del PDR (art 80); è il Governo a predisporre i bilanci e a chiederne l'approvazione del Parlamento (art 81); è il Governo a emanare provvedimenti urgenti che si sostituiscono alla legge (art 77.2); mentre è necessariamente il Parlamento a decidere se e quali poteri legislativi delegare al Governo (artt 76 e 77.1) e quali poteri conferirgli in caso di guerra (art 78). Siccome gli atti equiparati alla legge formale, i c.d. atti con forza di legge, sono tutti atti del Governo, se non vi fosse una riserva di legge formale, il Governo approverebbe con suo atto il suo stesso operato. c) Le semplici riserve di legge prescrivono che la materia da esse considerata sia disciplinata dalla legge ordinaria. La ratio della riserva di legge è di assicurare che la disciplina di materie particolarmente delicate venga decisa con la garanzia tipica insita nel procedimento parlamentare. A seconda dei rapporti tra legge e regolamento di distinguono due tipi di riserva di legge: 1. la riserva assoluta esclude qualsiasi intervento di fonti sub- legislative dalla disciplina della materia, che, pertanto dovrà essere integralmente regolata dalla legge formale ordinaria o da atti ad essa equiparati. L'es più tipico è dato dall'art. 12.2 che consente che la libertà personale sia limitata nei soli casi previsti dalla legge. Ecco perchè limitazioni di queste libertà devono esssere decise con le garanzie della legge, e sono esclusi perciò i regolamenti dell'esecutivo. Siccome la legge, per quanto possa essere analitica, lascia comunque un certo margine di discrezionalità a chi deve applicarla, per vincolare ulteriormente l'attività dei poteri pubblici in materia di libertà fondamentali, molte disposizioni costituzionali alla riserva assoluta di legge aggiungono la riserva di giurisdizione. In questo modo, ogni atto dei poteri pubblici che incida sulle libertà, non solo deve essere previsto in astratto dalla legge, ma deve essere autorizzato in concreto dal giudice. 2. La riserva relativa richiede che la legge disciplini preventivamente almeno i principi a cui il regolamento deve attenersi. Tipico esempio di riserva relativa è fornito dall'art. 97.1 (i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge). Ponendo la riserva relativa di legge, la Costituzione pone quindi contemporaneamente un vinvolo al legislatore e a potere esecutivo. d) Le riserve rinforzate sono un meccanismo con cui la Costituzione non si limita a riservare la disciplina di una materia alla legge, ma pone ulteriori vincoli al legislatore. Si distinguono : 1) le riserve rinforzate per contenuto; per es l'art 16.1 consente al legislatore di limitare la libertà di circolazione, ma solo con regole che dispongono "in generale per motivi di sanità o di sicurezza). La ratio di queste riserve è di limitare il potere del legislatore, in modo che le eventuali leggi che intendessero comprimere la sfera di libertà degli individui potranno essere considerate leggittime solo a condizione che siano razionalmente giustificabili in relazione ai fini indicati dalla Cost, oppure che non siano ispirate a intenti discriminatori, oppure che siano limitate a casi specifici e giustificabili. 2) Le riserve rinforzate per procedimento prevedono invece che la disciplina di una determinata materia debba seguire un procedimento aggravato (o rinforzato) rispetto al normale procedimento legislativo; per es l'art 7 prevede che i rapporti tra Stato e Chiesa cattolica, regolati già dal "Concordato", possano essere modificati solo previo accordo tra le due parti. Nel procedimento di formazione della legge, avremo perciò un aggravamento, nel senso che l'iniziativa legislativa sarà anticipata da un accordo stipulato tra il Governo e la Santa Sede, e il Parlamento non potrà precedere a emendamenti senza che sia prima raggiunto un l'accordo su di essi.