Scarica Fonti di energia, energia elettrica viene generata da impianti di trasformazione (centrali e più Dispense in PDF di Fisica solo su Docsity! Gli impianti di trasformazione
dell’energia
L'energia elettrica viene attualmente generata per lo più in impianti di trasfor-
mazione (“centrali”) di taglia variabile, classificabili in base al tipo di fonte
sfruttata: fonti non rinnovabili (carbone, olio combustibile, combustibili
nucleari, gas naturale ecc.) o fonti rinnovabili (energia idraulica, geotermica,
solare, eolica, dalle maree, da biomasse ecc.).
Te potenze elettriche erogate dagli
impianti industriali (figura 4) posso-
no arrivare a svariati gigawatt. Per
confronto, l'impianto più grande al
mondo, che è idroelettrico e sfrutta
il bacino d’acqua della diga delle Tre
Gole, nella provincia cinese di Hubei,
eroga una potenza di 22,5 GW. La più
grande centrale nucleare del mondo,
l'impianto di Kashiwazaki-Kariwa, in
Giappone, arriva a erogare 8,2 GW.
In generale, come potenza caratte-
ristica di un impianto di trasfor-
mazione si può assumere il valore di
1 GW. In Italia, l'impianto di maggio-
re potenza (3,6 GW) è la centrale poli-
combustibile di Montalto di Castro.
La potenza elettrica complessiva richiesta nel nostro Paese vale in media Figura 4 Raffineria
circa 37 GW (con oscillazioni che possono variare da circa 25 GW di notte dipetrolio.
a circa 55 GW di giorno: nell'estate 2015 fu toccato il picco di circa 61 GW),
mentre i consumi complessivi di energia elettrica nel 2017 hanno superato i
333 TWh (circa 1,2 EJ).
La tabella 1 mostra che, a livello mondiale, le fonti fossili hanno un'incidenza
sul totale di oltre l'85% (seppur in calo nel periodo 2004-2014); l'incidenza
delle fonti rinnovabili, pari a circa il 10%, è in crescita, anche se con rapidità
insufficiente a compensare l'aumento del fabbisogno energetico: così, nono-
stante l'apporto delle fonti rinnovabili, nell'ultimo decennio le emissioni dei
gas serra (0 più propriamente gas “a effetto serra”, vedi Paragrafo 4) sono
incrementate di oltre il 20%.
Tabella 1 Consumo mondiale di energia, per fonti (2014)
Fonte
petrolio
gas naturale 23,71
carbone 30,03
nucleare 4,44
idroelettrico
altre rinnovabili
@D Energia termoelettrica
Semplificando molto i termini del problema, ma conservandone il noccio-
lo concettuale, i grandi impianti termoelettrici in funzione nel mondo bruciano
combustibili fossili (olio combustibile, gasolio, gas naturale, carbone cce.): una
parte di energia generata in questo modo (la “sorgente calda”) produce vapore
ad alta pressione (per esempio, in Italia lo standard ENEL prevede 258 bar per
impianti di 660 MW di potenza) e alta temperatura (standard ENEL: 538 “C),
che pone in rotazione turbine le quali, connesse a loro volta a opportune mac-
chine (gli alternatori), generano l'energia elettrica che viene immessa nella rete
elettrica di distribuzione e utilizzata per i più svariati usi domestici e industriali
(figura 5). Una parte dell'energia termica prodotta inevitabilmente è ceduta alla
“sorgente fredda” che solitamente è proprio l’ambiente.
n turbina
combustibile a vapore
alternatore
I rendimenti indicativi per impianti con turbine a vapore possono arrivare a
circa il 45%; centrali equipaggiate con turbine a gas, con recupero del calore
dei gas di scarico in un ciclo combinato, hanno rendimenti che superano il
55% e nei cicli più moderni sfiorano il 60%.
La scelta del tipo di combustibile da impiegare dipende da più variabili: anzi-
tutto, dal costo del kWh, che in Italia è uno dei più elevati rispetto agli altri
Paesi a causa dei combustibili impiegati (soprattutto gas naturale e olio combu-
stibile), ma anche da considerazioni economiche (l'utilizzo dell'olio com-
bustibile e del gas naturale è soggetto a logiche di mercato oligopolistiche
da parte dei produttori) e geopolitiche (la stabilità dei Paesi di provenienza
delle fonti di approvvigionamento ha possibili ricadute negative, in caso di
crisi internazionali, sugli approvvigionamenti, sulla produzione di energia
e su strategie e investimenti di produzione, per loro natura a medio/lungo
termine).
L'impatto ambientale degli impianti a carbone o olio combustibile è prin-
cipalmente dovuto alle emissioni inquinanti (particolato, elementi tossici e
cancerogeni) nella fase di generazione dell'energia, all'impatto sul territorio
{in particolare per il carbone) in fase di estrazione, trasporto, stoccaggio e
trasformazione della materia prima e in fase di sistemazione dei rifiuti. La
combustione delle fonti fossili contribuisce inoltre all'immissione in atmosfera
di notevoli quantità di inquinanti (anidride solforosa, ossidi di azoto, partico-
lato ecc.) nonché dei gas serra (una centrale a carbone da 1 GW immette in
atmosfera circa 270 kg/s di CO,), il cui eccesso porta all'innalzamento della
temperatura del pianeta.
Figura 5 Centrale
termoelettrica (schema).
@ Energia idroelettrica
Negli impianti idroelettrici gli alternatori sono alimentati dalla rotazione di
turbine idrauliche, a loro volta poste e tenute in movimento dall'energia dell'ac-
qua, incanalata in tubazioni dette condotte forzate, proveniente da un bacino
posto in quota (figura 8).
turbina
‘condotta idraulica
forzata
UETGIC
Si tratta evidentemente di una risorsa rinnovabile, che in Italia contribuisce
per circa l'1 1% alla produzione di energia elettrica
Gli impianti sono localizzati principalmente sull'arco alpino è in alcune zone
appenniniche: la costruzione di dighe per creare invasi artificiali ha un note-
vole impatto ambientale, con il vantaggio però di non emettere inquinanti o
gas serra în atmosfera in fase di produzione dell'energia. Occorre osservare che
nel nostro Paese il contributo dell’idroelettrico non può essere ulteriormente
aumentato, dato che sostanzialmente tutti i siti favorevoli alla costruzione di
tali impianti risultano utilizzati.
9 Altre energie rinnovabi
Lasciando da parte la tradizionale energia idroelettrica, negli ultimi anni le
cosiddette “nuove fonti rinnovabili” (eolico, solare, geotermico, biomasse,
energia da maree ecc.), derivanti cioè da processi naturali che non comportano
il consumo di risorse esauribili (combustibili fossili, uranio), hanno aumentato
in modo significativo la propria incidenza nella produzione di energia elettrica,
che a sua volta rappresenta circa il 20% della richiesta complessiva di energia.
In particolare, la tecnologia nel solare e nell’eolico ha fatto registrare notevoli
progressi: il costo al kWh da queste fonti è quindi diminuito, sebbene in tale
diminuzione un ruolo importante sia stato giocato dai grandi investimenti
nell'incentivazione a pioggia di tali fonti, effettuati in passato quando esse
erano molto lontane dalla competitività (in Italia l'incentivazione è stata anco-
ra più generosa di quella in sede UE).
Alivello globale, l'energia elettrica è prodotta da impianti: per il 40% a carbone,
per l'11% nucleare, per il 17% idroelettrici, per il 22% a gas, per il 4% a olio
combustibile, per il 6% dalle nuove rinnovabili.
Tra le fonti rinnovabili, nella produzione di energia elettrica la parte preponde-
rante (circa il 74%) è ancora coperta dal tradizionale idroelettrico, ma comin-
ciano a dare importanti contributi l'eolico (13,3%) e il solare (11,5%).
Figura 8 Centrale
idroelettrica (schema).
Controversa la questione relativa al margine di crescita di tali fonti: un rap-
porto IPCC (Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico)
del 2011, per esempio, è giunto alla conclusione che in prospettiva il fabbi-
sogno energetico potrebbe essere soddisfatto facendo ricorso interamente a
fonti rinnovabili, con particolare riferimento all'energia solare, pur di riu-
scire a gestire efficacemente il problema dell’aleatorietà delle fonti stesse. Si
tratta con ogni evidenza di una questione della massima importanza, tenendo
conto della necessità di ridurre drasticamente le emissioni di gas serra in
atmosfera.
Per quel che riguarda l'Italia, il contributo principale è dato dal cosiddetto
solare fotovoltaico (trasformazione di energia radiante in energia elettrica
grazie a celle fotoelettriche, figura 9), che nel 2017 ha prodotto il 7,3% del fab-
bisogno (fino al 2010 tale valore si aggirava solo intorno allo 0,5%). Con tali
valori, l'Italia si colloca al secondo posto in Europa per potenza fotovoltaica
installata (20,1 GW nel 2018) dietro la Germania.
moduli fotovoltaici
contatore
contatore immissione
inverter di produzione rete
corrente corrente
continua alternata
utenze trasformatore
(autoconsumo)
Sempre in Italia, l'eolico (parchi colici diffusi principalmente in Sardegna,
Sicilia e nell'Appennino meridionale) produce il 5,3% dell'energia elettrica
richiesta. L'Italia, con 9,8 GW di potenza eolica, si colloca al quinto posto in
Europa (dopo Germania, Spagna, Regno Unito e Francia) e decimo nel mondo.
Infine, negli ultimi anni è cresciuta la quota di energia elettrica generata in
centrali termoelettriche o inceneritori dalla combustione di biomasse, rifiu-
ti industriali o urbani: se in Italia nel 1992 la produzione era quasi nulla, nel
2008 l'incidenza di tale fonte ha superato quella geotermoelettrica, per giunge-
re nel 2017 a coprire il 6,1% del fabbisogno di energia elettrica.
Sotto il profilo economico, nel settore delle rinnovabili è in corso un'importan-
te evoluzione: gli elevati investimenti in nuova potenza installata degli ultimi
anni hanno permesso di ridurre sensibilmente i costi di generazione elettrica.
È quindi ragionevole pensare che questo andamento continui, in quanto le
rinnovabili, se in alcuni casi (fotovoltaico, eolico) possono considerarsi tecno-
logicamente mature, non sono tuttavia ancora del tutto competitive per costo
al kWh rispetto ai combustibili fossili.
A sfavore di questi ultimi potrebbe tuttavia giocare un eventuale inasprimento
fiscale (cosiddetta carbon tax o tassa sul carbonio), già introdotto in alcuni
Paesi, volto a rendere meno conveniente l'uso di fonti inquinanti e a forti emis-
sioni di gas serra.
Figura 9 Impianto solare
fotovoltaico (schema).
La figura 10 mostra che nel 2040 le rinnovabili saranno la fonte principale
di energia elettrica, pur permanendo una notevole incidenza di fonti fossili e
di elettronucleare.
MM 2014
rinnovabili
MI previsioni per il 2040
di cui
gas naturale RX idroelettrico
HE eolico
MR solare
IE altre rinnovabili
nucleare
petrolio
| | l
+ + +
! ‘3000 ‘6000 ‘9000
| i
+ +
12000 15000 TWh
Figura 10 Produzione globale di energia elettrica, per fonte: previsioni peril 2040 (fonte: IEA).
La situazione italiana
Considerando sia i combustibili sia l'energia elettrica importata, l'Italia dipende
dall'estero per circa il 72% del proprio fabbisogno (2017). La tabella 2 mostra la
struttura dei consumi energetici a seconda delle fonti considerate e in termini
percentuali, ponendo a confronto la situazione italiana e quella della UE. Nel
nostro Paese resta alta la dipendenza dal petrolio (anche per l'elevata inci-
denza che ha il trasporto “su gomma” rispetto a quello “su ferro”) e dal gas
naturale, mentre un ruolo meno importante è giocato dal carbone e nessun
contributo proviene dalla generazione elettronucleare, sebbene l'Italia importi
energia elettrica (nel 2017 per un ammontare di 37 TWh) anche di origine
nucleare dalla Svizzera e dalla Francia,
Tabella 2 Consumo percentuale di energia, UE e Italia (fonte: BP Statistical Review of World
Energy-June 2015)
petrolio 36,77 38,01
gas naturale 21,61 3432
carbone 16,74 9,07
nucleare 12,31 o
et
idroelettrico 5,20 8,66
altre rinnovabili 7,37 994
Totale 100 100
rispetto all'obiettivo di ridurre significativamente l'impiego dei combustibili
fossili nella produzione di energia: è emersa l'urgenza di procedere alla “decar-
bonizzazione” dei consumi energetici, al fine di ridurre le emissioni di gas a
effetto serra.
Non è tuttavia semplice perseguire un tale obiettivo, poiché il problema è di
grande complessità e gli stessi dati sono talora controversi: per esempio, come
è già stato osservato, il pur auspicabile incremento delle fonti rinnovabili nella
produzione di energia elettrica non compensa l'aumento del fabbisogno ener
getico, con la conseguenza che nell'ultimo decennio le emissioni di gas serra
hanno fatto registrare un aumento di oltre il 20%.
Un contributo potrà c dovrà venire certamente dalla riduzione degli sprechi
energetici, educando ciascuno ad adottare comportamenti più responsabili,
nonché dallo sviluppo di nuove tecnologie in grado di aumentare l’efficien?
energetica (pur dovendosi sempre fare i conti con gli inaggirabili vincoli posti
dalle leggi termodinamiche).
Tuttavia, la questione è complessa, come mostra per esempio il tema del-
l'“elettrificazione” nel settore del trasporto.
@ Autotrasporto elettrico?
Proprio perché da anni al centro dei dibatti-
ti europei su energia e “sviluppo sostenibile”,
questo settore è l'unico per il quale sia stato
previsto, per tutti gli Stati membri UE, uno
specifico obiettivo in termini di sviluppo delle
fonti rinnovabili al 2020 (c.d. /0% target fiss
to dalla Direttiva 2009/28/CE), mentre nuovi e
più ambiziosi obiettivi di riduzione dei con-
sumi sono oggetto di discussione per il 2030.
Proprio tale settore, oggi largamente dipendente
dai combustibili fossili e dunque assai inquinante
(al di là degli indubbi progressi nella progettazio
ne di propulsori a ridotto impatto ambientale),
offre un esempio di quanto sia necessario affron-
tare il problema con cautela e spirito critico.
Infatti, nelle discussioni che hanno luogo nei mezzi di comunicazione di massa,
il passaggio dalla “mobilità termica”, fondata sul motore a combustione interna,
alla “mobilità elettrica” è spesso presentato come ineludibile condizione per
ridurre drasticamente le emissioni inquinanti, facendo valere l'assunto (vero)
che il motore elettrico, alimentato da batterie, non ha in sé emissioni nocive.
Ammettiamo pure di trascurare una serie di fattori che, in realtà, dovrebbero
essere tenuti in conto (inquinamento e consumi energetici richiesti dai pro-
cessi industriali per produrre le batterie, l'ancora limitata autonomia e i lun-
ghi tempi di ricarica, l'impatto ambientale dei processi di smaltimento delle
batterie esauste, i più elevati costi delle vetture elettriche ecc.): l'energia elet-
trica per la ricarica delle batterie deve pur essere in qualche modo generata.
Limitiamoci a considerare, per esempio, l'Italia: secondo dati Eurostat riferiti
al 2015, dei 116 Mtep di energia complessivamente consumata nel Paese, circa
40 Mtep (il 34%) sono stati utilizzati per il trasporto. Di questi, l'85%, ossia
circa 34 Mtep, sono impiegati per il trasporto stradale (la quota restante per
trasporti aerei e marittimi). Nell'ipotesi di una totale sostituzione degli auto-
mezzi a combustione interna con vetture alimentate elettricamente, per la pro-
duzione dell'energia di 34 Mtep consumata in un anno, corrispondente a circa
1,4 x 10! J, servirebbe una potenza aggiuntiva di circa 44 GW.
Se tale potenza provenisse da centrali termoelettriche, il problema dell'inqui-
namento non sarebbe per nulla risolto (è vero: il rendimento di un motore elet-
trico è assai elevato, potendo arrivare a 0,9, ma il rendimento di una centrale
termoelettrica resta attorno allo 0,4: l'efficienza complessiva della propulsione
elettrica, in cui si tenga conto dei limiti di rendimento dei sistemi di genera-
zione di energia elettrica, non differisce in modo sostanziale da quella di un
motore a combustione interna).
Pur trattandosi solo di valutazioni assai approssimative e grossolane, appare evi-
dente che l’elettrificazione della propulsione stradale non porta, di per sé, alla ridu-
zione dell'inquinamento e dell'immissione di gas serra, a meno di non disporre
di ingenti quantitativi di energia da fonti non fossili. A oggi, tale energia non c'è.
@ Risparmiare si può
I problemi interlacciati dell’inquinamento, dello sviluppo socioeconomico e del
reperimento delle fonti energetiche sono enormi e, al di là di ogni ingenuità,
occorre essere consapevoli che possono essere affrontati solo a livello mondiale
con politiche coordinate dai governi dei singoli Stati.
Purtuttavia, il contributo che ciascuno può dare in prima persona, di per sé
insignificante, ha anzitutto il picno valore etico di un'assunzione di respon-
sabilità. In secondo luogo, è pur vero che la somma di milioni di “piccoli”
contributi può alla fine risultare un po’ meno insignificante. Ecco allora alcuni
“stili di vita ecologici” che ciascun cittadino può adottare:
» utilizzare per quanto possibile i trasporti pubblici, riducendo l'uso dell’au-
tomobile;
acquistare autovetture a basse emissioni di CO,, effettuando manutenzioni
periodiche che mantengano in buono stato di efficienza pneumatici e motore,
evitando un incremento di emissione di gas serra dovuti a malfunzionamento;
prestare attenzione ai consumi energetici domestici (spegnere le luci quando
non necessarie; acquistare elettrodomestici a basso consumo energetico e utiliz-
zarli a pieno carico in fasce orarie “a tariffa ridotta”; regolare il riscaldamento
domestico evitando di superare i 20 °C; installare lampade “a basso consumo”);
inserire nelle proprie abitudini alimentari i cosiddetti “prodotti a kilometro
zero”, che non richiedono lunghi trasporti dal luogo di produzione, e limitare
il consumo di carne (le attività di allevamento comportano una significativa
emissione di gas serra);
* evitare ogni tipo di spreco alimentare, così come ogni spreco di risorse pre-
ziose (per esempio di acqua o di gas);
scegliere per l'alimentazione energetica domestica fornitori che utilizzino
fonti rinnovabili;
evitare comportamenti consumistici, riutilizzando e riciclando, con riduzio-
ne delle quantità di rifiuti domestici e del conseguente impatto ambientale
legato allo smaltimento di rifiuti e sostanze tossiche.
Energia, economia, disuguaglianze:
ripensare il modello di sviluppo
Statisticamente, emerge con chiarezza il legame, che in fondo ci si attende, tra il
livello di sviluppo socioeconomico e il consumo di energia. Il legame risulta
evidente se si esamina la figura 11, che pone in relazione il Prodotto Interno Lordo
(PIL) pro capite (assunto come grossolano indicatore di sviluppo) e consumi
energetici pro capite annui, per un certo numero di Paesi, riferiti all'anno 2017.
(migliaia di S)
wu C KE 5000 10000 15000 20000 25000
col e KkWh/persona (2017)
omissioni di CO, persona (4annc)
tek; Ù
1
1
12
1
8
e
è
2
SS si FEFEH
di È = PH
ME SNE 10 20 20 do 50 50 iL) 80
Pil/persona (milizia di 5)
Dall'esame della figura 12 emerge d'altro canto la relazione, anche questa abba-
stanza scontata, tra PIL pro capite ed emissioni, sempre pro capite, di CO,: a
valori maggiori di PIL corrispondono valori quantitativi di CO, prodotto.
Secondo un rapporto Oxfam dell'agosto 2019, circa la metà delle emissioni
globali sono riconducibili alle attività del 10% più ricco della popolazione mon-
diale: il 50% più povero della popolazione mondiale contribuisce alle emissioni
di gas in atmosfera solo per il 10%.
In relazione al problema di cui stiamo trattando, come è ovvio, hanno notevole
rilievo gli andamenti demografici. A questo proposito, si prevede, pur con
tutte le inevitabili incertezze del caso, che la popolazione mondiale passi dagli
attuali 7,7 miliardi di persone a 8,4 miliardi nel 2030, a 9 miliardi nel 2040, a
9,5 nel 2050. Una larga quota di tale popolazione, oggi esclusa dal cosiddet-
to “benessere”, aspira a raggiungere gli standard di vita (sanità, istruzione,
protezioni sociali ecc.) che caratterizzano le società occidentali “evolute”: tali
dinamiche sociali e politiche sollevano una molteplicità di interrogativi e di
problemi tra loro interdipendenti.
Figura 11 Relazione
tra PIL pro capite e
consumi energetici pro
capite (2017) per Paese,
indicato con sigla ISO
(elaborazione da dati CIA
World Factbook.
Figura 12 Relazione
tra PIL pro capite ed
emissioni di CO; pro
capite (2017) per Paese,
indicato con sigla ISO
(elaborazione da dati CIA
World Factbook).