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Geosistema Terra: Tettonica a Placche, Legame Chimico e Vulcanismo, Prove d'esame di Geologia

Una panoramica del geosistema Terra, inclusi i suoi componenti fondamentali come la geosfera, idrosfera, paesaggi carsici e fenomeni geologici come la tettonica a placche, legame chimico e vulcanismo. Vengono descritte le differenze tra i tre tipi di legame chimico (ionico, covalente e metallico) e il ruolo di questi legami nella formazione di minerali come calcite, dolomite e grafite. Inoltre, vengono presentate le caratteristiche del vulcanismo, come la formazione di dorsali oceaniche, fosse oceaniche e archi insulari, e il ruolo di questi fenomeni nella determinazione della presenza di tettonica a placche su un pianeta.

Tipologia: Prove d'esame

2020/2021

Caricato il 13/10/2022

michela-irene-iuliucci
michela-irene-iuliucci 🇮🇹

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Scarica Geosistema Terra: Tettonica a Placche, Legame Chimico e Vulcanismo e più Prove d'esame in PDF di Geologia solo su Docsity! ELABORATO N°1 1) La Terra è un geosistema dinamico composta da componenti interagenti tra loro. Qual è la principale classificazione tra i differenti geosistemi che interagiscono sulla terra? Fai alcuni esempi di come questi possano interagire tra loro. Il geosistema è un sistema spaziale complesso, nel quale è possibile riconoscere cinque componenti fondamentali (litosfera, atmosfera, idrosfera, biosfera e antroposfera), ciascuna caratterizzata da elementi e processi specifici, ma continuamente interagenti nel determinare sia la struttura che la dinamica del geosistema nel suo insieme, esso si origina proprio dalle relazioni reciproche che si stabiliscono tra queste sfere dinamiche, e che determinano i flussi di materia e di energia che circolano nel sistema stesso. Il geosistema “TERRA” nello specifico è composto da: - GEOSFERA: parte solida del pianeta di cui si conoscono forme e dimensione, la quale parte più superficiale è la LITOSFERA; - IDROSFERA: è l'insieme delle acque del pianeta, essa ricopre: la superficie della geosfera in modo discontinuo ma in piccola parte, la troviamo nella litosfera anche se in piccola parte e infine essa è presente anche nell'atmosfera sotto forma di vapore acqueo. -ATMOSFERA:trattasi dell' involucro d’aria che circonda il piuaneta, esso è più sottile ai poli, piu' spessa all’equatore; - BIOSFERA è l'insieme della materia vivente; - ANTROPOSFERA: Complesso della popolazione umana della Terra A seconda dei diversi contesti geografici, queste componenti acquisiscono caratteri peculiari, differenziando diverse tipologie di geosistemi. Ad esempio la natura calcarea delle rocce (che è un carattere della litosfera) determina dei processi del tutto peculiari nella interrelazione con le altre componenti, tanto da identificare una tipologia specifica di geosistemi, che vengono appunto definiti carsici. Bibliografia: • PAESAGGI E GEOSISTEMI CARSICI: PROPOSTE METODOLOGICHE PER UNA DIDATTICA DELL’AMBIENTE B. • Castiglioni, PROGETTO A CURA DELLA SOCIETA SPELEOLOGICA ITALIANA 2) Quali indizi andrebbero ricercati su un pianeta di tipo terrestre affinché sia possibile stabilire se anche su di esso sia esiste la tettonica a placche? La teoria della Tettonica a placche (formulata negli anni '60) spiega che la litosfera (cioè la parte rocciosa e più esterna del nostro pianeta) è divisa in grandi blocchi, le placche appunto, che galleggiando su uno strato di rocce fuse (il mantello), si muovono. Quando due placche si allontanano si forma un oceano, quando due placche si scontrano si forma una catena montuosa. Le zone di contatto fra le placche si chiamano margini e ce ne sono di 3 tipi a seconda del movimento: • margini trasformi: le placche scivolano orizzontalmente andando in direzione opposta • margini divergenti: le placche si separano e si formano i mari (e poi gli oceani) • margini convergenti: le placche si scontrano (e si formano le catene montuose) Quando due zolle confinanti si muovono possono allontanarsi, avvicinarsi o scorrere l’una di fianco all’altra generando lungo i loro margini una serie di fenomeni accomunati dall’aumento di attività sismica, oggi le Scienze della Terra, accanto alle ricerche abituali, con la ricognizione diretta sul terreno e l’aiuto di laboratori tradizionali, impiegano un’ampia gamma di metodologie di analisi e di strumentazioni sempre più sofisticate e si avvalgono di potenti calcolatori elettronici per l’elaborazione di grandi quantità di dati in modo da confermare e analizzare nello specifico che: SE LE ZOLLE SI ALLONTANANO - Si forma una dorsale oceanica; - Si forma nuova crosta terrestre e il fondale oceanico si espande; - Si ha attività vulcanica lungo la dorsale. SE LE ZOLLE SI AVVICINANO Si distinguono tre casi: 1) Le due zolle sono continentali - Si forma una catena montuosa: il fenomeno è detto orogenesi 2) Una zolla è oceanica e l’altra è continentale - Si forma una fossa oceanica nella zona di subduzione; - Si forma una catena montuosa costiera di tipo vulcanico: le rocce che sprofondano si riscaldano, si fondono e, non appena incontra una fenditura, il magma così formato, tende a salire; - Si consuma crosta oceanica. 3) Le due zolle sono oceaniche - Si forma una fossa oceanica; - Si formano dei vulcani, che possono emergere dall’oceano e dare origine a una arco insulare. SE LE ZOLLE SCORRONO L’UNA DI FIANCO ALL’ALTRA - Si forma una frattura lungo i margini di scorrimento, che prende il nome di faglia trasforme; - Non si forma né si distrugge crosta terrestre. Detto ciò se in un pianeta di tipo terrestre vi è presenza di elementi quali: catene montuose, mari e oceani, dorsali oceaniche, vulcani, fosse oceaniche e archi insulari, possiamo stabilire che anche su di esso sia esistente la tettonica a placche. Bibliografia: • KEAREY F, VINE F. TETTONICA GLOBALE Zanichelli (1° Gennaio 1994) 3) Si risponda in maniera sintetica alle domande che seguono, relative tutte ai minerali: - Quali sono i tre tipi di legame chimico? - Quali sono i polimorfi del carbonio? - Qual è la differenza tra i minerali carbonatici calcite e dolomite? Glia atomi in natura, fatta eccezione dei gas nobili, sono legati ad altri atomi tramite LEGAMI CHIMICI. Il tipo di legame che si forma dipende in gran parte dal valore di elettro dei due atomi implicati nel legame: se la differenza di elettronegatività dei due atomi è superiore a 1.7 il legame sarà eteropolare poiché avviene per attrazione elettrica tra ioni di carica opposta (Na+ e Cl-) e viene definito legame ionico perché prevede la ionizzazione dei due atomi, altrimenti ci troveremo davanti ad un legame omeopolare e si definirà legame covalente che verrà distinto in COVALENTE PURO e COVALENTE POLARE. Abbiamo poi un altro legame, chiamato LEGAME METALLICO: si realizza tra quegli atomi che hanno un valore di elettronegatività inferiore a 2,1 e quindi una spiccata tendenza a sussistere come ioni positivi. Schematicamente un minerale caratterizzato da legame metallico può essere pensato come un impacchettamento di ioni positivi immerso in un gas di elettroni, liberi di muoversi da ione a ione in tutto lo spazio occupato dal minerale. Questo fatto conferisce ai minerali con legame metallico un’alta conducibilità termica ed elettrica, opacità e comportamento plastico alle sollecitazioni meccaniche. Caratteristica del legame metallico è la sua non direzionalità. Il LEGAME IDROGENO: è un legame elettrostatico che si forma esclusivamente tra l’idrogeno (o deuterio) e gli elementi più elettronegativi (O, N, F e S). E’ un legame relativamente debole confrontato con un legame ionico o covalente, ma è considerevolmente più forte del legame di Van der Waals. Il legame idrogeno si trova frequentemente nelle strutture molecolari, e il ghiaccio ne è un tipico esempio. La sua presenza è peraltro riscontrabile in diversi minerali di bassa temperatura come la boehmite, la lepidocrocite ed alcuni fillosilicati. Abbiamo infine anche il legame di Van der Waals detto anche legame residuale, è un legame molto composizione del magma povera di silice, poco acida e quindi anche più fluida, infatti le eruzioni non sono quasi mai esplosive né particolarmente pericolose, inoltre presenta un condotto aperto, cioè all'interno del condotto centrale del vulcano il magma può risalire senza fare grossi sforzi arrivare in superficie ed eruttare. Esso sfoga nel tempo consumando la sua energia lentamente. Questo si spiega con l’ipotesi scientifica di una Compressione Differenziale dei margini delle due zolle. Cioè nella parte più orientale le zolle si spingono in modo più forte che nella parte occidentale con l’effetto di una rotazione e la formazione di alcune fratture (scarpate); l’Etna si trova lungo una di queste scarpate i cui margini si allontanano. Il fenomeno di allontanamento (distensione) tra zolle o parti di esse, provoca la formazione di vulcani che attingono il magma dall’astenosfera cioè dalle profondità del globo. Infatti il magma dell’Etna ha le caratteristiche fisico-chimiche di tali vulcani Bibliografia: Le informazioni contenute in questa pagina sono tratte da: • Peccerillo. A. Plio-Quaternary Volcanism in Italy. (2005) URL I vulcani in Italia, su INGVvulcani. 6) Utilizzando fonti bibliografiche e web, si descriva cos’è stata la “crisi di salinità del Messiniano”, quali sono le principali ipotesi che spiegano tale fenomeno e che tipi di rocce caratterizzano questo evento. Circa 5-6 milioni di anni fa il Mediterraneo era completamente diverso da come lo vediamo oggi: non solo il collegamento con l’Oceano Atlantico era chiuso ma il mare si presentava come una valle profonda e arida con uno spesso strato di sale sul fondale. Questa fase, nota in letteratura come “crisi di salinità del Messiniano”, è durata circa 270mila anni. A stabilire in maniera univoca l’importante ruolo della crescita e riduzione della calotta polare antartica nelle varie fasi di questa trasformazione, lo studio Antarctic glacio-eustatic contributions to late Miocene Mediterranean desiccation and reflooding, condotto dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) insieme a un team internazionale di ricercatori. I risultati sono stati pubblicati su Nature Communications. “Le cause che hanno portato al prosciugamento sono state oggetto di un acceso dibattito scientifico in questi ultimi anni”, spiega Fabio Florindo, direttore della Struttura Ambiente dell’INGV e coautore della pubblicazione. “Le prime teorie, pubblicate negli anni '70, imputavano la chiusura del Mediterraneo ai movimenti relativi delle placche litosferiche africana, araba ed euroasiatica che avrebbero chiuso lo stretto di Gibilterra. Altri ricercatori ipotizzarono, invece, che la causa principale poteva essere riconducibile a una glaciazione, con conseguente riduzione del livello globale degli oceani. L'abbassamento del livello degli oceani, infatti, fu tale che scese al di sotto di una soglia posta in corrispondenza dello stretto di Gibilterra, causando l'isolamento del Mediterraneo dall'Atlantico. In entrambi gli scenari la limitazione di apporto idrico, rispetto all’evaporazione, avrebbero, quindi, reso il Mediterraneo un grande lago destinato poi a prosciugarsi completamente. Lo studio conferma questa ricostruzione, mettendo però in luce un sistema di cause molto più complesso”. Il team di ricerca ha analizzato 60 perforazioni effettuate lungo il margine del continente antartico e nell'oceano meridionale. Dall’analisi di queste sequenze sedimentarie è emerso che, durante il periodo della crisi di salinità del Messiniano, si è sviluppata una fase erosiva e non di sedimentazione. “L’erosione, attribuita all’aumento di ghiaccio sul continente antartico, avrebbe progressivamente ridotto il livello degli oceani”, prosegue il Direttore della Struttura Ambiente dell’INGV. “Durante questa fase si è ridotta di molto la differenza di altezza tra la superficie del mare e il fondale e l'influenza della corrente superficiale è diventata così grande che il processo di sedimentazione si è trasformato in erosione”. Questi dati mettono in evidenza il ruolo della fase glaciale e interglaciale come causa primaria per l'inizio e la fine del prosciugamento del Mediterraneo avvenuto più di 5 milioni di anni fa. Il movimento delle placche litosferiche avrebbe anch’esso svolto un ruolo, ma non è stata questa la causa primaria. A completamento di della ricerca, aggiunge Florindo, “è stato sviluppato un modello complesso al supercalcolatore, sviluppato da Paolo Stocchi, ricercatore del Royal Netherland Institute for Sea Research e cofirmatario del lavoro, che simula la dinamica della calotta polare e la conseguente oscillazione del livello degli oceani. L'influenza della crescita della calotta antartica sul livello del mare non è uniforme su tutto il pianeta, in quanto il suo sviluppo comporta una complessa interazione tra effetti gravitazionali, rotazionali e le deformazioni della litosfera terrestre”. I ricercatori hanno dimostrato che, in conseguenza dell'evaporazione del Mar Mediterraneo, la litosfera intorno lo Stretto di Gibilterra ha iniziato a sollevarsi a causa della rimozione del carico d’acqua sovrastante mantenendo il Mediterraneo isolato dall'Oceano Atlantico. Successivamente la calotta antartica ha avuto una fase di ritiro contribuendo così al sollevamento del livello medio degli oceani. Circa 5.33 milioni di anni fa il livello crescente dell'Atlantico era appena sufficiente per scavalcare una esigua barriera posta in corrispondenza dello stretto di Gibilterra, causando una catastrofica inondazione che in pochi anni ha riempito nuovamente il bacino del Mediterraneo. “Una delle implicazioni di questa ricerca”, sottolinea Florindo, “è la comprensione del fatto che alla crescita o riduzione delle calotte polari le oscillazioni degli oceani avvengono con modalità irregolare. Una fusione parziale delle calotte potrebbe, quindi, determinare una variazione complessa del livello degli oceani, dando vita a nuovi scenari di cambiamento climatico”. Quando un bacino marino rimasto isolato evapora completamente o quasi, sul fondo si depositano i sali contenuti nell’acqua del mare in ordine inverso alla loro solubilità: prima la calcite e la dolomite, poi il gesso e l’anidrite, infine il salgemma, la silvite e la carnallite; si formano in questo modo estesi giacimenti di sale con spessori di decine di metri. I depositi di zolfo siciliano sono di età Messiniana, ed è molto probabile che essi siano il risultato indiretto della crisi di salinità del Mare Mediterraneo a seguito della chiusura dello Stretto di Gibilterra. Si ipotizza che questo minerale sarebbe il risultato della azione di taluni batteri che riuscirebbero ad "estrarre" lo zolfo da acque contenenti solfati (principalmente gessi e anidriti) o di processi chimici: gesso = calcite + zolfo Bibliografia: • Pagina web INGV • Pagina web VULCANI E AMBIENTE