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Giuliani, L'edilizia nell'antichità, Sintesi del corso di Restauro

Riassunti dal libro L'edilizia nell'antichità

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 28/04/2021

Sapiens57
Sapiens57 🇮🇹

4.6

(5)

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Scarica Giuliani, L'edilizia nell'antichità e più Sintesi del corso in PDF di Restauro solo su Docsity! CAPITOLO 1 Alcune questioni preliminari Il problema della cronologia “Quando” è un valore decisivo negli studi archeologici per la comprensione della testimonianza antica → architettura meno studiata e quando lo è si dà più importanza ai contenuti artistici che alla struttura. • Studio nato per ultimo • Impossibile da studiare senza un’opera di integrazione • Doppia cronologia di un’opera: fase della progettazione e quella dell’esecuzione. Unico strumento di analisi → stilistico, usato principalmente per la decorazione che spesso manca o è difficile da datare e comporta: → “fuori registro” culturale della datazione → cronologia architettonica con una valenza puramente convenzionale. Quindi l’edilizia è il campo che meno si presta alla datazione assoluta. Non dura un anno ma un periodo. Quindi la cronologia architettonica può essere di quattro tipi: 1. Stilistica – considerazione del dettaglio decorativo 2. Tecnica – l’aspetto di superficie delle murature riferito a quello di monumenti di datazione certa per altre vie. 3. Filologica – testimonianza di fonti epigrafiche, letterarie o iconografiche. 4. Associativa – al “rimbalzo”. La loro combinazione ci fa avvicinare al vero ma sono anche molto labili perché non sono mai certe al 100%. Vi sono molte cause che possono condizionare un modulo e che quindi riporterebbero ad una datazione errata → fuorviante a livello di datazione cronologica. Unica cosa che sembra possedere il requisito è la logica strutturale che permette di verificare l’appartenenza di una certa struttura alla classe di edifici di cui parlano le fonti. La logica strutturale inoltre è vincolata da leggi fisiche economiche: • Problema della cronologia relativa di un contesto edilizio → più facile grazie alle connessioni. • Determinazione cronologica assoluta: si rifà ad un sistema logico astratto opinabile e non misurabile. • Determinazione cronologica relativa determinata da elementi quantificabili e tangibili. L’analisi del monumento L’analisi tecnica del monumento non serve a descrivere ma deve stabilire il carattere, la funzione, l’essenza e la possibilità di ricostruire dei resti edilizi antichi → capire di cosa si tratta o almeno di cosa non si tratta. Ma vi è un limite, ovvero non tutti i resti possono essere analizzati e non è la quantità ma la qualità che conta ed è più importante sdire come più che perché. Considerazioni generali sulle strutture Sistema trilitico Il vuoto veniva riempito con diversi materiali. Soggetto a pressoflessione nelle membrature orizzontali e a compressione in quelle verticali. Nel punto di contatto (spigolo) le tensioni si incontrano definendo il punto critico dell’edificio → irrobustimento. Limite dello sviluppo in altezza e fa parte delle strutture non spingenti con disposizione regolare. All’aumentare della complessità della struttura si attiva la ricerca di materiali diversi e soluzioni strutturali → materiali inadatti, quindi bisogna trovare un procedimento costruttivo → arco: • Già noto • Rivoluzione • Unico strumento a disposizione che permette di sfruttare appieno le qualità di tutti i materiali • Lavora solo per compressione A Roma si applica in serie già dal III sec a.C. Limiti: • Architrave: 5mt • Arco: più d 10mt Ogni organismo architettonico è alla ricerca del proprio equilibrio, che raggiunge quando la resistenza della struttura è pari alla sollecitazione dei carichi gravanti, cosicché non si verifichino spostamenti. Carichi gravanti: 1. C. permanenti (=statici). 2. C. accidentali (=dinamici). 3. C. di sicurezza. 4. C. concentrato. 5. C. ripartito diverso dal carico uniformemente ripartito che è un concetto teorico. 6. C. di punta. Ogni materiale solido tende a deformarsi se sottoposto a sollecitazioni esterne, vi sono 4 fasi della deformazione: 1. Elastica 2. Snervamento 3. Plastica 4. Frattura E vi sono di conseguenza due tipi di materiali: 1. Rigidi 2. Elastici Le alterazioni si risolvono in tensioni interne e sono presenti anche se la sollecitazione resta sotto il limite di elasticità. Vi sono differenti tipi di sollecitazioni che possono interessare una struttura: 1. Compressione-trazione 2. Flessione-torsione 3. Taglio-flessione 4. Pressoflessione-taglio E vi sono tre tipi di vincoli che legano le parti di una struttura: • Appoggio semplice • Cerniera • Incastro Le controsoffittature • Intonaco • Stucco su incannucciata • Stuoia di canne sostenuta da leggera intelaiatura lignea • Laterizi fissati alla contignatio → alta deperibilità e leggerezza del sistema, carenza di testimonianze (esempi ad Ercolano e Pompei). La copertura a terrazza Costruivano terrazze (solaria) su travature in legno → Vitruvio dice di prestare attenzione alle coperture all’aperto poiché con l’umidità si gonfierebbero (o seccandosi si ridurrebbero) andando a creare delle rotture nella pavimentazione. Solarium tectum → versione della terrazza coperta Elementi di riconoscimento di una terrazza: • Cadenza ravvicinata dei fori da trave • Disposizione su una sola fila orizzontale • Presenza di accessi a livello superiore ai fori da trave • Discendenti per lo smaltimento dell’acqua. Copertura lignea a falde spioventi Compresa nelle strutture non spingenti poiché vi si adottavano tutti gli accorgimenti necessari a eliminare le spinte oblique → nessuna trave spinge contro il muro ma il peso cadeva verticalmente. Le funzioni del tetto sono: • Coprire l’edificio proteggendolo dagli agenti atmosferici • Assicurare il deflusso rapido delle acque meteoriche • Garantire il rapido prosciugamento • Difendere il sottotetto dalle forti variazioni della temperatura esterna • Proteggere i muri verticali per mezzo dell’aggetto di gronda • Armatura per il sostegno di apprestamenti interni leggeri estetici o funzionali. Maggiore inclinazione nelle zone dove vi erano più precipitazioni. → carichi permanenti e accidentali. Per resistere alle sollecitazioni servivano: • Grosse armature → travi e/o incavallature di legno collegate a distanza uguale e appropriata per ripartire omogeneamente il carico rispetto alla lunghezza della falda → collocazione: linee di colmo, displuvio, compluvio e massima pendenza. • Piccola armatura → correnti longitudinali (arcarecci), travicelli, correntini ecc.…destinati a sorreggere la copertura vera e propria • Materiale di coperta → tegole piane, curve, tegole piane + coppi, scandole, lastre di ardesia, ecc... La capriata Quando le esigenze costruttive e funzionali non permettevano di impiegare una spina di pilastri o comunque un sostegno intermedio, bisognava ricorrere a sistemi diversi per ridurre la luce delle travi orizzontali → luci troppo grandi impiego della capriata. Catena → base Puntoni → lati Il monaco poteva avere due ruoli: 1. Come contraffisso della catena se arrivava a toccarla ed era con essa solidale 2. Come solo appoggio dei puntoni ed eventuale sostegno della catena per mezzo di una staffa ed era distanziato. Materiali impiegati erano: • Abete • Pino • Castagno selvatico • Larice • Quercia • Cedro del Libano Vitruvio non fa riferimento alla capriata nel senso corrente del termine → acquisizione successiva del V sec a.C. Volte finte e soffitti curvi Vitruvio descrive come realizzare delle finte volte da applicare alle coperture lignee: 1. Disporre i travicelli in parallelo alla distanza massima di due piedi l’uno dall’altro 2. Centinare i travicelli 3. Fissare le traverse di legno (catene) al solaio o al tetto e fissarli con una fitta chiodatura 4. Legare ai travicelle con delle corde di sparto di Spagna le canne greche schiacciate e applicare subito al di sopra malta, calce e arena per sostenere le infiltrazioni. Impiegare legno resistente ai tarli, umidità, vecchiaia e che non si torcesse → bosso, ginepro ecc. Vitruvio sostiene la maggiore utilità delle coperture in muratura. Il sistema spingente Comprende tutte le strutture capaci di scaricare pesi e tensioni secondo risultanti diverse dalla verticale. → schema arcuato con sollecitazioni solo per compressione. Solitamente si cerca di risalire a chi abbia “inventato” l’arco ma tuttavia per la storia dell’edilizia è di maggiore importanza capire come funziona, il suo ruolo e il suo impiego nelle costruzioni. L’arco Struttura curva impostata su due piedritti convenientemente distanziati con la quale si supera il vano. → composto da più elementi disposti radialmente rispetto al centro dell’arco stesso e che il rinvio dei carichi sui piedritti abbia andamento diverso dalla verticale e diretto verso l’esterno. Maggiori lesioni nelle reni e nel cervello dell’arco → ricerca di soluzioni (ponte Fabricio). Proporzionalità tra nucleo d’inerzia e sezione → è sufficiente aumentare una per aumentare l’altra, finché la risultante rientra nel terzo medio si lavora a compressione poi a flessione che comporta delle successive lesioni. La stabilità dell’arco a parità di luce materiale ecc. Dipende dalla relazione che c’è tra la freccia e la corda. Vari tipi di archi: 1. Archi di blocchi di pietra → conci dispari, con quello centrale chiamato chiave Arco estradossato → profilo estradossale parallelo all’intradosso (mancanza di collegamento tra arco e parete). Arco a conci pentagonali → ottimo collegamento con la parete (grande accuratezza e precisione nella realizzazione della parete) Archi a conci a martello → lavoro molto più complesso, senza vantaggi rispetto a quello precedente. Facilità di lesione nell’angolo. 2. Archi in conglomerato → a partire dal III sec. a.C. avvenuto il tiro dovevano considerarsi monolitici. Ghiera in piccoli conci → blocchetti cuneiformi di tufo o calcare. Nucleo in conglomerato di pietrame di dimensioni maggiori a quelle normali e disposto radialmente a formare un vero arco. Disposizione superiore per strati orizzontali. Impiego va dall’inizio dell’arco in muratura fino al I sec a.C. Ghiera in laterizio → realizzata in bipedali o sesquipedali ma la struttura interna non era interessata dal mattone ma dal nucleo che ogni tanto veniva interrotto da un mattone intero per creare dei conci artificiali in conglomerato. Ghiera in laterizio e blocchetti → scarsamente impiegato nel Lazio. Particolarmente importante il disarmo della centina che tendeva a cedere come per sovraccarico → impiego di muratura di rinfianco che contrastava il sollevamento alle reni agevolando la serrata in chiave. 3. Archi in ponti e acquedotti → raramente vi erano campate ampie e impiego di piloni di grossa sezione (maggiore ripartizione dei carchi). Non vi sono rapporti fissi tra la luce e lo spessore dell’arco e quindi si ritiene che non vi fosse ancora la consapevolezza della portata della relazione arco campata. 4. Arco di scarico → (o sordino) una struttura cieca compresa nello spessore di una parete, che convogliando i carichi sovrastanti su piedritti adeguatamente separati, protegge una zona delicata per ragioni diverse. 5. Arco cieco → elemento decorativo in aggetto su una parete piena per articolarne la superficie (ma anche funzione strutturale → irrobustimento della superficie). La piattabanda Immaginavo un solido geometrico appoggiato su due piani obliqui anziché orizzontali come un architrave, su di esso sii eserciteranno forze direttamente connesse al peso del solido. I prolungamenti dei giunti convergono in un punto posto al vertice di un triangolo equilatero. Struttura che da un punto di vista formale è assimilabile ad un architrave, mentre quello strutturale a quello spingente. → la più debole delle strutture spingenti e non può coprire luci troppo ampie. Piattabanda armata → versione evoluta, attestata su pulvini di pietra posti sulla verticale di colonne o pilastri. Nei pulvini venivano ricavati incassi adatti per alloggiare delle staffe di ferro. Le volte Struttura di copertura caratterizzata dalla concavità geometricamente definita dalla superficie interna. → definizione formale e non strutturale. Fonti antiche camera, camara e testudo → sempre riferimento alla forma usato anche per strutture finte. Tutti i principi enunciati per gli archi sono validi anche per le volte → arco copre passaggio, volta copre un ambiente. 1. Volte semplici → tutte quelle a superficie intradossale continua, prive di angoli e spigoli, forme organiche esistenti in natura → non necessitano di una elaborazione teorica astratta. 2. Composte → hanno la superficie intradossale formata da parti di figure geometriche diverse, il cui incontro dà luogo a spigoli, aggettanti e\o rientranti. → base geometrica complessa (più tarde). Volta a padiglione → formata da tante falde quanti sono i lati del poligono di base, (I sec. a.C.) se troncata al cervello (rinascimento) viene chiamata volta a schifo o scifo. Per la sua disposizione lo scarico delle spinte è diseguale poiché la parte centrale è più pesante di quelle laterali. Volta a crociera → quattro unghie e scarica le spinte sugli archi laterali. Spesso copriva vani quadrati o simili al quadrato. Per contrastare le spinte diagonali si ricorreva a sistemi diversi: • Perimetro della volta = al perimetro delle pareti → irrobustimento degli angoli esterni con pilastri e contrafforti. • Pennacchi che poggiano su mensole all’interno del filo dei muri → non c’era bisogno di irrobustire le pareti. 2. Veri e propri archi di contrasto → quando il rapporto è contrario. Le sostruzioni Il termine non va confuso con fondazione → strutture fuori terra, costruite in terreno declive (pendenza) per realizzare un piano orizzontale a una quota stabilita. → struttura squilibrata poiché aveva una fronte a valle molto alta e uno a monte a livello del terreno, comportando delle spinte oblique sulla parete a valle. Vitruvio informa che i costruttori erano a conoscenza delle problematiche delle sostruzioni: La terra accumulata contro di esse provocava danni, poiché non manteneva lo stesso peso in estate e in inverno (terra bagnata\asciutta). → muri di contenimento (anterides) dello stesso spessore della terra e denti in muratura che avevano lo stesso spessore dell’altezza del muro. Altro tipo di sostruzione è quella cavo in cui la funzione resistente era affidato ad un organismo complesso articolato in stanze coperte da volte massive. CAPITOLO 5 Fondazioni CAPITOLO 6 Alcune opere accessorie Le pavimentazioni Lo spessore complessivo era di due piedi (0,60m), a partire dal basso, sul suolo battuto, si disponeva un primo strato inclinato di pietrisco o di cocciame. In corrispondenza del livello inferiore si praticavano fori comunicanti con l’esterno (come un vespaio per l’umidità). Al di sopra si stendeva uno strato di carboni costipati e poi ancora un masso spesso mezzo piede di conglomerato formato da calce e sabbione misto a carbonella ben livellato. Pavimentazione su solaio → dopo il tavolato superiore lo si doveva proteggere con uno strato di felci o paglia dai danni della calce umida, sopra si poneva un battuto (rudus) di calce e pietrisco (rapporto 1:3) poi veniva rassodato e compattato a colpi (spessore di 3\4 di piede 21cm) poi ulteriore strato di composto (1 parte calce 3 frantumi di laterizio) spesso 6 dita che formava il nulceus che era il supporto del pavimento, con spessore di 0,45m 1. Statuminatio 0.10/0.15m 2. Rudus 0.222 m 3. Nucleus 0.111 m 4. Pavimentum 0.03m Terrazze su solaio → particolare attenzione perché le armature il legno aumentavano di volume con l’umidità ecc. potevano danneggiare la pavimentazione. → dopo un primo tavolato occorreva farne un altro tessuto ortogonalmente e inchiodarli insieme, poi conglomerato e calce. Vi si sovrapponeva poi cocciopesto e in fine il pavimento con pendenza per lo smaltimento delle acque. Impermeabilizzazioni delle pareti A secondo della gravità di umidità si usavano accorgimenti diversi. • Parete di terra soggetta ad umidità da risalita → al momento di intonacare si dava una sgrossatura di cocciopesto per 3 piedi dal pavimento per fermare l’umidità e non danneggiare l’intonaco • Umidità per l’intero muro → si costruiva una sottile parete distaccata costruendo un’intercapedine, sul fondo si faceva un canale provvisto di buttafuori (nares) e in alto gli sfiatatoi (spirimenta), poi si rifiniva con cocciopesto e intonaco. • Se non vi era la possibilità di costruire la parete di fodera → si facevano ugualmente i canali di sbocco al di sotto del piano pavimentale poi il muro veniva foderato con tegole provviste di uncini impeciate nella faccia a muro per respingere l’umidità poi si doveva scialbare la faccia esterna delle tegole con latte di calce. Rivestimenti parietali Intonaci → la calce doveva essere messa a macerare in vasca molto tempo prima dell’impiego. Si iniziava a intonacare dall’alto, prima si regolarizzava con malta di calce e arena e poi la si rifilava con creta o malta di marmo. Alle pareti si dava la sgrossatura e mentre induriva si aggiungeva lo strato di malta di calce e arena con sabbia di fiume. A tiro avvenuto si applicava il terzo strato e poi alla rifinitura fatta con calce e polvere di marmo granulosa. Dolo il primo strato ne venivano fatti altri due sempre più raffinati. A rifinitura umida venivano poi applicati i colori così che non si staccassero successivamente. Inconveniente per quanto riguarda il peso che era eccessivo → ovviare mediante la scalpellatura e martellina Incrostazione marmorea → alternativa nobile all’intonaco usata soprattutto negli interni con un’altezza generalmente modesta oltre la quale cominciava l’intonaco. Lo spessore delle lastre era irregolare a causa della segagione artigianale delle lastre. CAPITOLO 7 Richiami sui materiali da costruzione e sulle strutture murarie antiche (ambiente romano) Materiali naturali Il pietrame destinato al nucleo come quello usato per le cortine poteva essere grezzo o lavorato. • Grezzo → pezzatura naturale, brecciame derivato dalla frantumazione delle rocce da agenti atmosferici • Grezzo → pezzatura artificiale, ricavato dalla frantumazione di pietre locali o lavorazioni di blocchi di cava Nel calcestruzzo con pietrame non allettato capitava che le pietre si disponessero a capanna, lasciando dei vuoti → il carico era molto modesto e le sollecitazioni connesse con operazioni belliche avevano direzione tangente o normale alle cortine, la presenza di vuoti nel conglomerato diventa irrilevante a fronte dell’economicità. Alcuni materiali potevano essere importati ma generalmente si preferiva adoperare pietre del luogo. Le maestranze hanno distinto le pietre da costruzione nel seguente modo: • Argillose → mediocri per le murature (si gonfiano con l’acqua e si induriscono al fuoco) ex. Ardesie. • Calcaree → adatte per ricavare la calce, quelle più porose ottime per pietrame per conglomerato e scapoli per cortina ex. Travertini, marmi, dolomiti alabastri • Gessose → inadatte per le murature, fragili. • Silicee → largo impiego, se esposte a forte calore vetrificano ex. Porfidi, graniti, lave. • Tufi → usati per la grande diffusione e la lavorabilità, apprezzabili proprietà meccaniche ex. Peperino La scelta del materiale era determinante per la riuscita dell’opera, tuttavia successivamente si assiste al fenomeno del riuso, che comporta dei problemi per quanto riguarda la ripresa della malta su una pietra riutilizzata. Anche la pezzatura del pietrame era importante → massi troppo grandi se prima dell’impiego non sono correttamente imbevuti d’acqua successivamente assorbiranno quella della malta “bruciandola”. In più alterava l’armonia del reticolato preciso per risparmiare tempo e denaro. Materiali artificiali Mattoni crudi (lateres, laters crudi) → fatti con argilla cretosa chiara o rossa, oppure con sabbione maschio, evitando il fango mescolato a sabbia o a ghiaietta che non avrebbe retto alle intemperie. Dovevano essere fabbricati in autunno o in inverno in modo che asciugassero lentamente fino all’estate successiva. Tre tipi: • Lidio → piedi 1 x 1,5 (0.45 x 0.30) usato anche in italia • Pentadoron → quadrato 5 palmi (0.375) • Tetradoron → quadrato di 4 palmi (0.30) esclusivo della grecia Mattoni cotti (testae, lateres cotti) → fabbricati con argilla impastata con acqua e spesso con sabbia, paglia o pozzolana fine in modesta quantità. L’impasto veniva compresso a mano in una forma di legno quadrata (bessale, sesquipedale, bipedale) e poi venivano messi ad asciugare al sole e rivoltati spesso per evitare che si accorciassero. Successivamente continuava l’essiccamento al coperto per molto tempo in zona ventilata, infine venivano cotti nella fornace (800 gradi circa). La cottura e l’impasto identificavano la qualità del mattone: • Ferrigno → troppo cotto, lega male con le malte ma poiché durissimo si impiegava nelle fondazioni o in pezzi nei nuclei murari • Forte → esposizione ottimale nella fornace, qualità migliore adatta per archi, volte e anche in acqua. • Dolce → discreta qualità adatto per le cortine esterne ma non per ossature sollecitate né in acqua. • Albasio → colore molto chiaro quindi non era cotto abbastanza, si usava per lavori provvisori o muri interni o comunque non soggetti a carichi e spinte. Successivamente venivano tagliati con la sega o martellina per crearli di forma triangolare. Malte, smalti e murature La calce → costituì per molto tempo la base dei mastici adoperati per usi particolari come l’applicazione di gemme o come vero e proprio smalto nella decorazione. Si ottiene mediante la cottura di pietre calcaree. I tipi di calce sono due: 1. Aerea → fa presa solo a contatto con l’aria 2. Idraulica → faceva presa sia in aria che in acqua. (Non conosciuta dai romani che usavano la malta idraulica). La calce in cottura si liberava di anidrite carbonica e ne rimaneva solo l’ossido di calcio (calce viva) quindi: CaCo3→CaO+CO2 Esisteva tre sistemi di cottura: • In forno con focolare alla base • In forno per ampliamento di materiale • Su aia esterna Catone descrive la struttura di un forno antico La calce viva veniva trasferita in delle vasche di spegnimento e immersa nell’acqua → reazione, calce spenta: CaO+H2O→ Ca (OH)2 ovvero idrossido di calcio Dalla calce spenta con la successiva aggiunta di acqua si otteneva: • Grassello → pasta bianca densa e untuosa che essiccava all’aria con grosse fessurazioni • Latte di calce → poltiglia meno consistente del grassello impiegata nella tinteggiatura • Acqua di calce →soluzione limpida anche disinfettante (proprietà mediche) Inoltre, si distinguevano due tipi di calce: 1. Calce grassa → derivata dal calcare puro assorbiva 2,5/3 volte il proprio peso in acqua. Impiegata in luoghi coperti o interni però solo dopo 3 mesi, per evitare i calcinaroli (nuclei di calce non spenta che provocavano delle rotture nell’intonaco). Tirava molto lentamente, inadatta a opere veloci ma idonea per creare malta idraulica. 2. Calce magra → da calcare impuro assorbiva 1/1.5 il suo peso. Sabbia (rena, (h)arena, sabulum) → materiale allo stato granulare risultante dalla decomposizione di pietre differenti, contengono una notevole quantità di silice. Pozzolana (pulvis puteolanus) → prodotto di deiezione vulcanica in forma di lapillo minuto, in antico sembra si cavasse per le più in cunicoli. Se unito al grassello in proporzioni 3:1 dà la malta idraulica. • Structores = muratori • Arcuarii = costruttori di volte e archi • Ecc. L’organizzazione del cantiere Organizzazione funzionale e razionale per risultare economico e sicuro da incidenti e furti. Necessitava inoltre di: • Delimitazioni e recinzioni dell’area • Ingressi in relazione alla viabilità (per pedoni e carri separati) • Distribuzione razionale di tutti i servizi inerenti alla fabbrica, • Depositi • Organizzazione dell’approvvigionamento dei materiali I ponteggi Strutture provvisore su cui vi erano gli operai, i materiali di pronto impiego, gli attrezzi. I ponteggi esterni erano posti lungo il perimetro della fabbrica e si svolgevano per l’itera altezza della costruzione. Quelli interni quando possibili si limitavano ai singoli piani, entrambi erano fissi e pesanti. Quelli leggeri e mobili venivano impiegati per lavori di scarso impegno statico come restauri e rifiniture. L’abetella era l’elemento principale per i ponteggi lignei, si trattava di un palo grossolanamente squadrato. Inoltre non tutti i fori da ponte che si notano nelle pareti antiche sono veramente relativi a quella funzione ma che ad esempio in alcuni casi possano essere relativi a casseforme mobili per evitare lo sbilanciamento del muro in costruzione rapida. È molto probabile che per risparmiare legname il tavolato di un piano fosse smontato e trasferito l ponte successivo con il crescere del muro. Macchine elevatorie e tractorie Gli antichi conoscevano la leva il cuneo la vite la puleggia e il verricello che uniti e applicati a macchinari lignei indicati con il nome generico di varae e combinate con sistemi ingegnosi e complicati sviluppavano le energie occorrenti per sollevare pesi considerevoli. Le macchini principali erano: • Capra (a cui era appesa la carrucola) • Carrucola • Il verricello • I paranchi semplici e differenziali E l’energia che le muoveva era muscolare, sia umana che animale. Vi erano anche le gru con movimento elevatorio e rotatorio, mentre quello traslatorio è attestato a Brunelleschi per la creazione della cupola di S. Maria del Fiore. CAPITOLO 9 Cenni sul consolidamento dell’antichità La conoscenza delle antiche tecniche di consolidamento è scarsa perché le fonti letterarie ne danno solo rapidi cenni, e l’esame dei resti archeologici, particolarmente difficile in questo campo, è sostanzialmente da impostare. In antico non esisteva il concetto di restauro conservativo staccato dalla funzionalità ma piuttosto quello finalizzato al mantenimento o al ripristino delle funzionalità della costruzione. Il sistema di consolidamento più frequente era l’uso di archi di sostegno a una o più ghiere e spesso a due ordini sovrapposti, riducevano la luce di quello vecchio ingrossandone il pilone e riportavano costantemente sulla verticale eventuali spinte.