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Gli Ambiti di Intervento del Servizio Sociale. A cura di Annamaria Campanini., Dispense di Metodi E Tecniche Del Servizio Sociale

All'interno del documento sono presenti i riassunti ed alcune mappe concettuali che sintetizzano il libro di riferimento.

Tipologia: Dispense

2018/2019

Caricato il 30/06/2019

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Scarica Gli Ambiti di Intervento del Servizio Sociale. A cura di Annamaria Campanini. e più Dispense in PDF di Metodi E Tecniche Del Servizio Sociale solo su Docsity! GLI AMBITI DI INTERVENTO DEL SERVIZIO SOCIALE A cura di Annamaria Campanini CAPITOLO 1: Servizio sociale tra passato, presente e futuro Il servizio sociale assume caratteristiche peculiari in relazione alla storia, alla cultura, al sistema di politiche sociale che contraddistinguono ciascun paese. In Italia la presenza della figura dell’assistente sociale si fa risalire al periodo fascista con la costituzione del servizio sociale di fabbrica e della scuola superiore fascista di assistenza sociale. Il servizio sociale si emancipa alla fine della Seconda guerra mondiale e assume una nuova fisionomia ispirata ai principi democratici e fondata sulla convinzione che sia necessario andare oltre la risposta immediata ai bisogni per accompagnare le persone in un processo di consapevolezza dei problemi e delle cause sociale che li hanno determinati, aiutandole ad aiutarsi. Negli anni ’50/60 l’assistente sociale è presente in numerosi enti assistenziali ad esempio: - opera nazionale maternità e infanzia (ONMI); - ente per l’assistenza agli orfani dei lavoratori (ENAOLI); - istituto nazionale di assistenza per gli infortuni sul lavoro (INAIL); - ente morale per la protezione del fanciullo (EMPF). Il servizio sociale si inserisce anche nelle province e nei comuni che presentavano assistenza alle famiglie in difficoltà attraverso sussidi economici o con provvedimenti di istituzionalizzazione per minori, anziani, persone con problemi psichici. Negli anni ’70 gli assistenti sociali criticano la dimensione di intervento individuale e questo periodo di rottura ha portato a contributi originali sia nella produzione di nuovi orientamenti delle politiche sociali sia nell’organizzazione di risposte e servizi innovativi. Il processo di decentramento e lo scioglimento degli enti assistenziali, con l’attribuzione delle competenze al comune che è chiamato a gestire competenze sociosanitarie, la riforma sanitaria con la creazione del servizio sanitario internazionale insieme all’istituzione dei consultori familiari, i servizi di prevenzione e cura delle tossicodipendenze, i centri di servizio sociale per adulti in ambito penitenziario e la legge sulla psichiatria hanno ridisegnato il contesto dei servizi in cui opera l’assistente sociale. Si afferma la logica dei servizi territoriali universalistici e non emarginanti e il servizio sociale è impegnato a realizzare interventi orientati alla domiciliarità, all’affidamento familiare, all’inserimento sociale, scolastico e lavorativo di persone in difficoltà e al reinserimento sociale delle persone detenute. Negli anni ’80 vi fu un consolidamento dei servizi sociali articolati su base territoriale e in forte integrazione con i servizi sanitari. Negli anni ’90 invece si assiste a un nuovo mutamento istituzionale con la trasformazione in aziende delle unità sanitarie locali e con la riforma delle autonomie locali. Con la crisi economica in Italia e nel resto dell’Europa, sono stati fatti tagli alla spesa pubblica con la conseguente riduzione delle caratteristiche di universalismo e territorialità, e al fenomeno dell’esternalizzazione dei servizi sociali. La legge di riforma del sistema integrato d’interventi e servizi sociali (legge 8 nov. 2000, n. 328) riconosce un ruolo chiave dell’assistente sociale, individuando nel servizio sociale professionale uno dei livelli essenziali di assistenza che ogni ambito territoriali deve assicurare ai cittadini del proprio territorio. 1 L’art. 7 di questa legge prevede un nuovo strumento per governare le politiche sociali a livello territoriale: il Piano di zona al quale vengono attribuite funzioni di coordinamento e organizzazione dei diversi soggetti che intervengono nel territorio con titolarità differenti per contribuire alla risposta ai bisogni sociali. L’attuazione della legge però è entrata subito in contrasto con la modifica del titolo V della costituzione che ha attribuito alle regioni le competenze dell’area del welfare. Il servizio sociale si è trovato a operare in contesti sempre più marcati da politiche regionali che hanno reinterpretato l’organizzazione dei servizi e inoltre è venuta meno la connessione diretta tra l’erogazione dei servizi e l’impegno dello stato. La società è sempre più caratterizzata dagli effetti della globalizzazione che sul piano economico, hanno determinato la presenza di fenomeni di delocalizzazione, mobilità e flessibilità del lavoro, creando una situazione di precarizzazione e disoccupazione con gravi conseguenze sul tenore di vita delle famiglie e delle persone. Dal rapporto sulla povertà presentato dall’Istat a marzo 2016 si evidenzia che un milione e 470 mila famiglie vivono in condizioni di povertà assoluta e il 16 % tra questi sono coppie con tre o più figli. Si parla sempre più spesso di nuove povertà, di fragilità sociale, di vulnerabilità, precarietà e disoccupazione. Altri aspetti importanti per il servizio sociale sono: - l’emergere di nuove forme di famiglia; - l’affermarsi di una società multietnica e multiculturale; - crescente diffusione di fenomeni di violenza. 1.3. L’assistente sociale: una professione in evoluzione Il percorso si snoda dal sorgere delle prime scuole con diversi orientamenti dopo la metà degli anni ’40 alla costituzione delle 7 scuole dirette a fini speciali, alla regolamentazione della formazione e al suo inserimento generale nei percorsi universitari. Con la legge 29 marzo 1993, n.84, Ordinamento delle professioni di assistente sociale e istituzione dell’Albo professionale, istitutiva dell’ordine e del relativo albo, che la figura dell’assistente sociale rientra fra le professioni regolamentate dallo stato ottenendo il riconoscimento di professione di pubblica utilità. Il processo di professionalizzazione dell’assistente sociale in Italia si concluderà con l’emanazione del Codice deontologico dell’assistente sociale da parte del primo consiglio nazionale dell’ordine degli assistenti sociali (18 aprile 1998). La formazione universitaria evolve seguendo le indicazioni del processo di Bologna con l’istituzione del corso di laurea triennale in Scienze del servizio sociale e della laurea specialistica in Programmazione e Gestione delle politiche e dei servizi sociali. 1.4. Lo sviluppo teorico-metodologico del servizio sociale Si passa dall’utilizzo dei metodi di case work, group work e community work, accompagnati dai metodi ausiliari della ricerca applicata al servizio sociale e all’amministrazione dei servizi, al metodo unitario. Si ipotizza che il processo metodologico debba essere unico e processuale, indipendentemente dalle differenze che si possono trovare in relazione all’oggetto di intervento, agli strumenti e alle tecniche utilizzate. L’intervento dell’assistente sociale non si attiva solo quando la problematicità si è già manifestata ma è rivolto a riconoscere e sviluppare risorse in un’ottica di prevenzione e promozione, sostenendo i processi di espressione delle potenzialità (empowerment) presenti sia nelle persone sia nella comunità. Trifocalità: modalità di approccio unitario che è in grado di mantenere contemporaneamente tre fuochi d’attenzione relativi: 2 - servizi di sollievo del carico assistenziale delle famiglie (centri diurni per persone non autosufficienti o disabili, assistenza domiciliare, telecontrollo-telesoccorso, assegni terapeutici, assegni di cura, integrazione di spese assistenziali, aiuti economici); - servizi di sostegno delle responsabilità familiari (servizi consultoriali, sostegno educativo domiciliare, centri diurni o centri sociali per minori, adolescenti, giovani, anziani, centri disoccupazionali per persone con disabilità, soggiorni climatici, servizi per l’affidamento familiare temporaneo); - servizi sostitutivi o di alternativa (comunità per minori e anziani, strutture di accoglienza per persone disabili, residenze protette, gruppi-appartamento). Gli adulti sono considerati dai servizi coartefici della protezione sociale. La suddivisione organizzativa dei servizi sociali risponde a una categorizzazione delle prestazioni connesse alle fasi del ciclo di vita, distinguendo servizi rivolti all’età evolutiva, all’età giovanile e all’età anziana; l’età adulta non è considerata come assistibile in sé. In Italia ogni regione legifera a modo proprio, fornendo gli indirizzi generali di politica sociale entro cui i comuni esercitano gli interventi sociali a livello locale. I servizi possono essere gestiti dai comuni oppure affidati ad aziende pubbliche di servizi alla persona, o delegati alle aziende sanitarie. Il Testo unico sugli enti locali ha previsto varie forme di gestione associata tra comuni: - convenzione: fra enti al fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi determinati); - consorzio: fra enti locali per la gestione associata di uno o più servizi e l’esercizio associato di funzioni; - unione di comuni: enti locali costituiti da due o più comuni confinanti, allo scopo di esercitare congiuntamente una pluralità di funzioni di loro competenza; - accordo di programma: interventi che richiedono un’azione integrata e coordinata di comuni e altri enti pubblici; - esercizio associato di funzioni e servizi: comuni di piccole dimensioni. La forma giuridica più diffusa per la gestione intercomunale dei servizi sociali è quella del consorzio. 2.2. Professionisti innovativi o contabili del sociale Sono adulti: - i genitori che entrano a contatto con i servizi a causa di segnalazioni per problematiche connesse alle responsabilità genitoriali; - i figli degli anziani non autosufficienti che fungono da caregiver; - le persone tossicodipendenti; - i sofferenti psichici e le persone considerate devianti; - coloro che commettono reati; - persone diversamente abili. Le porte di accesso (porte sociali, sportello unico, pass, segretariato sociale) svolgono la funzione di filtro e di prima consulenza per orientare e accompagnare i cittadini nel rapporto con i servizi più idonei. E’ necessario ricordare la distinzione dei servizi sociali a cui possono rivolgersi gli adulti in due livelli. Primo livello: di base, caratterizzato dall’immediatezza dell’accesso. E’ il livello territoriale, decentrato. Secondo livello: specialistico, offre le prestazioni a soggetti con determinate problematiche, in assenza delle quali non è possibile accedere. Il servizio sociale di base incontra i cittadini per qualsiasi esigenza di carattere sociale e offre risposte per prevenire/ridurre le situazioni di bisogno e disagio sociale: 5 - accoglie le domande e avvia percorsi di aiuto per sostenere il singolo, i gruppi e la comunità, al fine di risolvere situazioni di difficoltà; - informa e attiva risorse pubbliche e private per sostenere e favorire l’autonomia delle persone, svolgendo anche funzione di tutela verso i più deboli; - opera in modo integrato con altri soggetti come le organizzazioni del terzo settore (volontariato, fondazioni, onlus, cooperative sociali), i gruppi, le famiglie, le organizzazioni attive nel libero mercato. Per le persone adulte, la prestazione più immediata è l’aiuto economico. Oltre al sistema di protezione del reddito basato sulla previdenza sociale (INPS) e ad altre forme di trasferimento di denaro ai cittadini meno abbienti definite a livello statale (riduzione dei costi delle utenze gas, elettricità, assegno al nucleo familiare numeroso, assegno di maternità, social card), esistono dei sistemi locali per l’erogazione di aiuti economi da parte dei comuni. Sono aiuti d’emergenza o continuativi. Per accedere a questi aiuti, oltre alla residenza in quel comune, è necessario attestare la particolare condizione di reddito basso, autocertificata mediante l’ISEE. Ci possono essere contributi continuativi rivolti a coloro che non possono far fronte alle esigenze primarie di vita, e contributi una tantum erogati a fronte di specifiche condizioni intervenienti come ad es. forti morosità delle spese per l’abitazione (utenze di forniture, affitti, spese condominiali), spese impreviste non affrontabili dal nucleo familiare. In Lombardia dal 2015 si è avviata una misura denominata “reddito per l’autonomia” che ha comportato l’attivazione di un sistema di rimborsi, trasferimenti di denaro e voucher per offrire un sostegno alle persone con reddito basso. In Friuli Venezia Giulia è stata attivata invece la “misura attiva di sostegno al reddito” cioè un intervento economico da parte del servizio sociale dei comuni, la cui erogazione è subordinata al rispetto di un patto di inclusione tra persona e servizi e che può prevedere anche la sottoscrizione di impegni per la ricerca di un lavoro. Si condivide con l’utente obiettivi di inclusione sociale, di occupabilità, di inserimento lavorativo e di riduzione dei rischi di marginalità al fine di promuovere nel soggetto azioni di ricerca attiva del lavoro, adesione a progetti di formulazione o inclusione lavorativa, frequenza scolastica, azioni per la prevenzione e la tutela della salute o l’espletamento di attività utili alla collettività. In Italia si sta inoltre sperimentando il “baratto amministrativo” cioè la possibilità, per coloro che hanno debiti con la pubblica amministrazione, di risarcirli con attività lavorative non retribuite. Altri aiuti alle persone in difficoltà sono la microfinanza e i prestiti d’onore (forme di prestito, di cui si fa garante l’ente pubblico, che in caso di mancato pagamento, contribuisce alla copertura delle rate da restituire). Comprimere il lavoro dell’assistente sociale alla sola prestazione economica porterebbe alla perdita dell’identità professionale. Bisogna ricercare il massimo coinvolgimento delle persone per favorirne l’inclusione sociale. L’attivazione di borse lavoro o di tirocini di formazione presso imprese, rivolti a persone in situazione di disagio, l’implicazione in azioni di pubblica utilità, il coinvolgimento in iniziative di mutuo- aiuto hanno una forte valenza educativo-promozionale e consentono ai cittadini assistiti di acquisire capacità e competenze. Altri interventi con adulti riguardano il tema della casa: l’istituto autonomo per le case popolari, l’Azienda lombarda di edilizia residenziale, l’Azienda territoriale per l’edilizia residenziale, sono istituzioni che consentono ai cittadini di accedere ad abitazioni con affitti a prezzo modico in base al reddito familiare. 6 I servizi sociali hanno la possibilità di accedere a soluzioni abitative dell’ente locale o messe a disposizione da vari enti per i “casi sociali” (crolli e conseguente inagibilità dell’alloggio, calamità naturali, sfratti esecutivi di famiglie con minori, interventi di disinfestazione, igienizzazione di alloggi). In questi casi si risponde con alloggi “d’emergenza” destinati a fronteggiare situazioni di disagio acuto, grave e temporaneo. Gli assistenti sociali agiscono in tre fasi: - formulazione del piano d’intervento/azione = sfratti, traslochi, sgomberi; - inserimento abitativo e sociale nel contesto territoriale; - superamento dell’emergenza. Altro intervento da parte dei servizi sociali è l’housing sociale che consente a persone che affrontano una relativa fragilità sociale o la perdita di autonomia di vivere in complessi abitativi composti sia da spazi- appartamento distinti sia spazi condivisi. Lavorare con gli adulti significa anche potenziare la loro competenza ad agire come comunità e non solo come singoli utenti. In tema di alloggi sta emergendo anche la necessità di intervenire per l’accoglienza di popolazioni immigrate, richiedenti asilo e profughe. Il servizio sociale italiano si impegna ad accompagnare costruttivamente l’ingresso di nuove popolazioni nei nostri territori. Nei servizi per gli adulti una particolare attenzione va rivolta alle donne in particolare vittime di violenza. Si tratta spesso di servizi spesso attivati da soggetti del terzo settore che offrono supporto psicologico, case rifugio per donne maltrattate o vittime di tratta, contributi economici a favore delle vittime di sfruttamento, per un loro riscatto e maggiore autonomia. Il servizio sociale agisce su due fronti: - si impegna per rilevare tempestivamente e contrastare ogni forma di violenza e discriminazione di donne e bambine nel contesto sociale; - sviluppa maggiore consapevolezza della questione di genere, anche nel modo con cui i servizi si rapportano ai cittadini adulti, uomini e donne, attenti a far emergere stereotipi e atteggiamenti implicitamente oppressivi. Ulteriore terreno di intervento con gli adulti sono le azioni a favore delle persone senza dimora e dei soggetti maggiormente esclusi dalla società. I servizi che se ne occupano sono definiti “a bassa soglia” e l’accesso alle loro prestazioni non è particolarmente selettivo. Questi servizi non presentano barriere in entrata quindi non richiede particolari requisiti personali, capacità progettuali o altre competenze sociali. Sono gestiti tramite convenzioni tra enti deputati all’assistenza e le organizzazioni del terzo settore che gestiscono il servizio con propri operatori e tramite il supporto di persone che prestano volontariamente e gratuitamente la loro attività. In molte città l’accoglienza notturna dei senzatetto, le mese a bassa soglia, i servizi per lavarsi e gli ambulatori di medici volontari sono promossi o direttamente gestiti dalle Caritas diocesane o da ONLUS o altre forme di volontariato storio o innovativo. Questi servizi coprono tutte le esigenze di base: mangiare, dormire, lavarsi, essere ascoltati, parlare, essere indirizzati o accompagnati a luoghi di soccorso e cura. Alcuni servizi attivi nei grandi centri urbani sono: - unità di strada: operatori ed educatori di speciali équipe che aiutano le persone che vivono in strada; - help center: punto di primo contatto, nei pressi delle stazioni ferroviarie, che funge da luogo d’incontro e di avvio della presa in carico; 7 Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali 8 novembre 2000, n.328: diritto universale alle prestazioni; concetto di sussidiarietà verticale e orizzontale; responsabilità amministrativa; gestione e organizzazione dei comuni; sostegno e apporto del terzo settore; sistema integrato di servizi e servizi a rete; carta dei servizi per la tutela delle posizioni soggettive degli utenti; pianificazione nazionale e regionale e il piano di zona come modello di integrazione Comuni-Aziende sanitarie locali, reddito minimo di inserimento. Con riferimento specifico agli anziani, la legge assume come obiettivo qualificante il supporto domiciliare alle persone anziane non autosufficienti attraverso il sostegno al nucleo familiare, l’assistenza domiciliare e altre forme di aiuto con piani individualizzati. Altri due articoli prefigurano azioni significative per l’assistenza agli anziani: l’art.10, di delega al governo per una nuova disciplina delle IPAB, e l’art. 22, relativo ai livelli essenziali delle prestazioni sociali (LEP). L’IPAB, normate dalla legge 6972/1890 attribuisce personalità giuridica pubblica alle opere pie, e hanno perseguito sin dalle origini attività di assistenza ai poveri, agli anziani e agli infermi. Nel tempo e in molte realtà le IPAB sono diventate le principali erogatrici di servizi socioassistenziali per gli anziani, prevalentemente residenziali, integrati nel sistema locale dei servizi. Con il d.lgs. 4 maggio 2001, n. 207, le IPAB si sono trasformate in aziende pubbliche di servizi alla persona o in persone giuridiche di diritto privato (associazioni o fondazioni). LEP, erogabili sotto forma di beni e servizi e per ogni ambito territoriale sono: - servizio sociale professionale e segretariato sociale; - servizio di ponto intervento per le situazioni di emerga personali e familiari; - assistenza domiciliare; - strutture residenziali e semiresidenziali per soggetti con fragilità sociali. Queste prestazioni rappresentano un diritto esigibile fortemente condizionato dalle risorse finanziarie disponibili per anno. Legge 9 gennaio 2004, n.6: istituzione dell’amministratore di sostegno, introduce per la prima volta in Italia un istituto giuridico il cui scopo è di tutelare con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente. L’amministratori di sostegno, nominato dal giudice tutelare, si prende carico della persona disabile incapace di gestire i propri interessi. Si tratta di un istituto di grande utilità per la tutela delle persone anziane non autosufficienti o affette da demenze. 3.2.2. Servizi sanitari Legge 23 dicembre 1978, n. 833: riforma istitutiva del servizio sanitario nazionale (SSN). Nel 1992 è stato approvato il progetto obiettivo Tutela della salute degli anziani, che indica nell’integrazione dei servizi socioassistenziali e sanitari, nelle attività di prevenzione, nella promozione di azioni di contrasto al ricovero, le principali finalità. Prevede: - l’istituzione delle unità di valutazione geriatriche con funzioni di assistenza individuale; - assistenza domiciliare integrata con prestazioni sociali, mediche e infermieristiche a domicilio; - ospedalizzazione a domicilio; - centri diurni di riabilitazione; - sviluppo residenze sanitarie assistenziali. 10 I LEA sanitari sono l’insieme di prestazioni, servizi e attività che i cittadini hanno diritto a ottenere dal SSN in condizione di uniformità. Natura, caratteristiche, abiti di LEA sono collegati a tre aree: - assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro (prevenzione); - assistenza distrettuale; - assistenza ospedaliera. Per far fronte ai problemi di salute degli anziani, nell’ambito di revisione delle reti ospedaliere e di riordino delle case di riposo, il legislatore differenzia sotto il profilo istituzionale, le seguenti forme di residenzialità: - residenze assistenziali (case di riposo, case albergo, comunità alloggio per soggetti autosufficienti o parzialmente). Appartengono al comparto assistenziale ed è prevista una quota sanitaria differenziata per anziano non autosufficienti a carico delle regioni; - presidi di riabilitazione per cure sanitarie prolungate nel tempo; - residenze sanitarie assistenziali; Molti anziani con perdita di autonomia fisica, psichica, intellettuale e bisognosi di assistenza non desiderano essere ricoverati in strutture. 3.2.3 Prestazioni economiche Gli anziani traggono sostentamento economico dalle pensioni che dipendono dalla carriera lavorativa e dalla misura e regolarità dei contributi versati. È stata istituita una pensione sociale (successivamente assegno sociale) rivolta a cittadini con età superiore ai 65 anni sprovvisti di reddito e di altra tutela pensionistica, indipendentemente dal versamento dei contributi. Ne beneficiano soprattutto le donne con percorsi lavorativi precari, come ad esempio le casalinghe. Il progressivo aumento dell’età pensionabile influisce su progetti e aspettative per un tempo libero dal lavoro, per molti anziani intrapreso in età precoce, con lavori pesanti o impegnativi sul piano delle relazioni ed inoltre le pensioni sono sempre più povere ma spesso rappresentano per molte famiglie l’unica entrata certa. Un aiuto economico importante a persone totalmente invalide è rappresentato dalla indennità di accompagnamento, prevista dalla legge 11 febbraio 1980, n. 18: è un assegno, a carico dello stato, erogato dalle INPS. Ne usufruisce la maggioranza degli anziani non autosufficienti, in quanto permette cure domiciliari o residenziali i cui costi non sarebbero sostenibili né dai soggetti né dalle loro famiglie. 3.3. Interventi di servizio sociale per la popolazione anziana L’anzianità, intesa non come malattia, peso e costo sociale, ma come ciclo di vita in cui perdite fisiologiche e funzionali si accompagnano a nuove capacità, a potenzialità conferma il valore etico degli interventi del servizio sociale, caratterizzati dal favorire autonomia, autostima, identità. Gli ambiti istituzionali in cui operano gli assistenti sociali sono i Comuni, le aziende sanitarie (distretti, ospedali, hospice, RSA, servizi sanitari previsti dalle regioni), il terzo settore, le residenze socioassistenziali e le comunità alloggio per anziani autosufficienti e non. L’anziano o un membro della famiglia, si rivolge al servizio quando un evento (malattia, lutto, danno economico, solitudine) o il perdurare di una situazione problematica rompono un equilibrio, rendendo impossibile trovare soluzioni contando sulle proprie capacità e risorse. 11 Nella prestazione dei servizi attivati dal comune o presenti nella comunità devono emergere il valore strumentale del servizio, aspetti positivi e negativi dell’eventuale fruizione, la corresponsabilità della persona e della famiglia nella soluzione del problema tramite il servizio. Ai servizi arrivano più frequentemente situazioni di particolare complessità: anziani soli con gravi problemi sanitari, demenze di difficile gestione in ambito familiare, problemi economici e situazioni di abbandono, a cui si aggiungono lunghi tempi di attesa per eventuali ricoveri in residenze, interventi domiciliare limitati per prestazioni e tempi di accesso, assenza di servizi semiresidenziali. Bisogna considerare contemporaneamente i bisogni e i diritti dell’anziano, nella sua vulnerabilità, e i problemi delle famiglie. I piani di intervento possono prevedere la presenza di un caregiver, spesso un membro della famiglia, che mette a disposizione dell’anziano il proprio tempo per il lavoro di cura e che sia disponibile all’ascolto e alla relazione; il caregiver vive spesso questa situazione in profondo isolamento e solitudine. Al servizio sociale è anche richiesto di verificare le condizioni socioeconomiche degli anziani e delle loro famiglie che richiedono prestazioni economiche o accesso ai servizi, in base alla documentazione ISEE. In molti comuni vengono attributi al servizio sociale compiti di coordinamento, organizzazione, gestione del personale sei servizi di competenza comunale. Le esperienze più diffuse riguardano i servizi di assistenza domiciliare. La domiciliarità è una scelta culturale della persona che vuole rimanere nella propria abitazione, che dà sicurezza, identità, appartenenza. Negli ultimi anni molte famiglie si sono rivolte al mercato privato di assistenti familiare, ovvero badanti, per l’assistenza domiciliare agli anziani disabili. Sono molte le motivazioni di questa scelta: la volontà di mantenere la persona nel proprio ambiente di vita, il contenimento dei costi rispetto al ricovero assistenziale, problemi urgenti di accudimento. Le badanti sono quasi sempre donne straniere, prive di formazione specifica, limitata conoscenza della lingua italiana, senza regolari contratti di assunzione. Le residenze socioassistenziali rappresentano un altro ambito istituzionale in cui vi è sempre maggiore presenza di assistenti sociali. A fronte di nuovi bisogni degli anziani e delle loro famiglie, in affiancamento alla residenzialità, sono stati istituiti nuovi servizi: servizi di semiresidenzialità diurna o notturna, centri socioassistenziali, reparti per specifiche patologie (grave cronicità, demenze), servizi per la domiciliarità. La residenzialità interessa sempre più anziani con gravi patologie invalidanti. Sono differenti le funzioni svolte dal servizio sociale nelle varie strutture residenziali, per responsabilità, competenze, campi di azione: assistenti sociali in possesso di specifici titoli formativi e di un’adeguata esperienza svolgono funzioni di responsabile-direttore della struttura. In altre strutture gli assistenti sociali hanno la responsabilità di un’unità organizzativa. L’assistente sociale che lavora in una residenza interviene nei momenti dell’incontro- rapporto dell’anziano e della famiglia con la struttura: trasmette informazioni relative alle modalità di accesso, segnala alla persona in lista d’attesa la disponibilità di un posto, raccoglie informazioni, concorda tempi e modalità per l’entrata nella struttura. L’anziano che entra in struttura deve essere accolto con empatia, aiutato a conoscere la nuova realtà, a stabilire un primo rapporto con gli operatori. 12 Le persone apprendono alcuni comportamenti osservando gli altri, in famiglia e nel gruppo dei pari. Quindi secondo questa interpretazione, l’ambiente sociale è responsabile dell’insorgere di dipendenza, in quanto modella le convinzioni, i valori personali e i principi etici degli individui. 4.2.4. Visione multidimensionale della dipendenza Le cause spesso si intersecano e si alimentano a vicenda, come le stesse dipendenze tendono ad aggregarsi e a crescere. Il servizio sociale ha sempre considerato al centro dell’intervento la persona, non il bisogno/ problema, ed è fondamentale, come professionisti essere aperti ad una visione multidimensionale delle dipendenze. 4.3. Principali riferimenti legislativi La principale legge relative alle sostanze stupefacenti e alle dipendenze, è il d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309, Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza. Le regioni sono intervenute con norme proprie a regolare diversi aspetti che riguardano l’organizzazione dei servizi pubblici, le modalità di intervento dei servizi privati, i requisiti per ottenere l’accreditamento regionale delle diverse strutture private, ma anche la possibilità di prescrizione e di rimborso di farmaci contenenti principi attivi per i quali è proibita la detenzione ma che hanno effetti terapeutici positivi per alcune patologie. In Italia è punita la detenzione di sostanze stupefacenti e non l’uso delle stesse (se non in alcuni casi); non sono previste sanzioni per chi dichiara di essere nelle condizioni di tossicodipendenza; la detenzione di sostanze comporta un illecito amministrativo se finalizzato all’uso esclusivamente personale e un reato penale se finalizzata alla vendita o alla cessione ad altre persone. La produzione e coltivazione sono punite a livello penale; le sanzioni amministrative e le condanne penali variano a seconda del tipo e della quantità di sostanza sequestrata in base al principio attivo presente nella sostanza; il riconoscimento di una diagnosi di tossicodipendenza comporta percorsi speciali sia in ambito di giustizia penale sia nella possibilità di riduzione e/o annullamento delle sanzioni nel caso in cui la persona intraprenda percorsi di recupero presso strutture pubbliche per dipendenze. 4.4. Ambiti istituzionali d’intervento del servizio sociale nelle dipendenze patologiche L’assistenza sociosanitaria per le dipendenze rientra nei livelli essenziali di assistenza, garantiti per legge ed esigibili dai cittadini e viene garantita dai servizi per le tossicodipendenze (SERT). I SERT negli anni hanno consolidato una cultura dell’intervento orientato soprattutto all’assistenza sociale e sanitaria dei tossicodipendenti da eroina, puntando su un modello di intervento finalizzato alla disintossicazione attraverso la somministrazione di farmaci sostitutivi (metadone), al sostegno psicologico e sociale e alla riabilitazione psicosociale della persona. La diffusione di nuove droghe sintetiche (MDMA o ecstasy), la crescita della diffusione di cocaina e l’impatto delle dipendenze comportamentali implementate da internet, hanno reso i servizi territoriali per le tossicodipendenze assolutamente inadeguati ai bisogni degli utenti. 15 Molto spesso i servizi dei dipartimenti per la salute mentale accolgono persone per le quali il disagio psicologico e/o psichiatrico si accompagna con problematiche legale alla dipendenza. Si tratta dei casi “doppie diagnosi”. Si parla di dipendenze anche nei consultori familiari e in generale nei servizi per la tutela dei minorenni e nell’ambito istituzionale della giustizia. L’offerta dei servizi, in particolare erogati dal privato sociale, è variegata sul territorio nazionale e dipende dalle convenzioni che vengono stipulate con gli enti pubblici e si possono ricordare: - unità di strada: presidi mobili (camper, roulotte) che offrono il loro servizio in orari e in luoghi frequentati da persone dipendenti. L’obiettivo è la riduzione del danno: forniscono gratuitamente siringhe nuove per evitare lo scambio tra persone che fa aumentare il rischio di contagio di malattie come HIV e l’epatite C, e altri strumenti per la prevenzione dei contagi (profilattici) e danno anche informazioni offrendo la possibilità di un contatto diretto con i servizi per coloro che ne fanno richiesta; - servizi di prima accoglienza: presidi territoriali sempre a bassa soglia che accolgono le persone dipendenti senza selezione e forniscono servizi essenziali legati all’emergenza; - centri diurni: luoghi d’incontro che offrono la possibilità di impegnarsi in percorsi riabilitativi che uniscono attività di formazione al lavoro ad altre attività sociali; - unità socioriabilitative semiresidenziali e residenziali: accolgono persone con problematiche di dipendenza con le quali è stato concordato un piano personalizzato in collaborazione con i servizi per le dipendenze del territorio; - comunità terapeutiche: comunità residenziali che accolgono persone dipendenti con le quali è stato concordato un piano di recupero e riabilitazione integrato, con durata intorno ai 36 mesi; - comunità terapeutiche specialistiche: accolgono persone dipendenti con altre problematiche (disturbi psichiatrici, disabilità) con programmi integrati concordati con i dipartimenti di salute mentale e delle dipendenze. 4.5. Interventi di servizio sociale nell’ambito delle dipendenze patologiche Uno dei principali compiti degli assistenti sociali, nella fase dell’accoglienza e dell’assessment/valutazione, è quello di individuare la misura in cui l’eventuale presenza di problematiche di dipendenza patologica o di fattori di rischio di insorgenza di tali problematiche influisca sul benessere della persona, e/o delle reti sociali di suo riferimento. Nei primi incontri con la persona si pongono le basi che permettono di stabilire una relazione positiva tra assistente sociale e persona. Il lavoro dell’assistente sociale nell’ambito delle dipendenze spesso si rivolge a individui che si presentano al servizio non di loro spontanea volontà ma perché inviati da altre autorità o semplicemente spinti dal fatto che hanno una convenienza a presentarsi. Il primo obiettivo è quello di stabilire una relazione di fiducia, di rispetto reciproco e collaborativa con l’utente. Il processo dell’assessment permette all’assistente sociale di raccogliere informazioni utili per capire il punto di vista della persona riguardo la problematica relativa alla sua dipendenza. Il colloquio va condotto secondo tre modalità: dirigere, seguire e guidare. Sulla base della valutazione effettuata, insieme all’équipe si individueranno i percorsi di trattamento più idonei e l’assistente sociale si impegnerà a pianificare il processo di riabilitazione e di reinserimento degli utenti che escono dai percorsi di cura, per creare una rete territoriale che li accolga. 16 CAPITOLO 5: Servizio sociale e persone con disabilità 5.1. La disabilità Nell’antica Grecia si riteneva che le persone vere fossero solo quelle dotate di bellezza e di salute mentre la malattia, la bruttezza, l’essere storpi provocavano senso di avversione ed estraneità. Solo coloro che avevano combattuto in guerra per la propria patria e aveva subito mutilazioni erano socialmente apprezzati. Nel periodo invece del cristianesimo si voleva accogliere la persona nella sua completezza ma si continuava ad evidenziare la diversità negando il battesimo e altri sacramenti. Nell’età moderna gli individui invalidi per nascita o per incidenti rientrano nella categoria dei poveri e dei diversi. Fino agli anni ’60 le persone disabili venivano definite “infelici”, “minorati”, “storpi” o “pazzi” ed erano oggetto di beneficienza e carità privata o anche di interventi di ordine pubblico nei casi di disagio psichico. Dalla fine dell’800 l’assistenza a queste persone era affidata alle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficienza. Dopo la Prima guerra mondiale, lo stato italiano inizia a considerare i bisogni dei mutilati e invalidi di guerra con provvedimenti sia di natura economica che sanitaria. 17 La disabilità di un figlio mette in una condizione di particolare difficoltà nel comprendere i propri compiti di cura. L’assistente sociale si fa sentire vicino agli impegni di cura dei genitori, alle loro difficoltà e sforzi, fornendo tutte le indicazioni per facilitare una corretta assunzione di responsabilità, come orientarsi nei servizi e nel volontariato, ma anche come destreggiarsi nella burocrazia delle provvidenze previste a favore di genitori e di bambini disabili. Inoltre il riconoscimento della gravità dà accesso al sistema dei servizi. L’assistente sociale ha un ruolo significativo nel sostenere i genitori a conoscere gli accordi di programma, a individuare i soggetti titolati a favorire percorsi formativi e di socializzazione del bambino, nei vari ordini di scuola, a superare le difficoltà, le resistenze, istituzionali o professionali. Una strategia che l’assistente sociale utilizza è quella di accompagnare fisicamente i genitori a scoprire gli ambienti in cui i loro figli verranno inseriti per conoscere le persone che si occuperanno di loro e nello tempo per raccontare il proprio figli con le sue competenze e le sue difficoltà. L’assistente sociale che opera nell’area della disabilità avrà modo di confrontarsi con temi delicati come la disabilità grave acquisita in età adulta e l’invecchiamento delle persone con disabilità. Questi soggetti vanno aiutati a confrontarsi con una situazione nuova, a costruirsi una nuova identità, a ridefinire un ruolo familiare e sociale, in presenza di alcune patologie, anche a viversi dentro un processo degenerativo irreversibile. L’anzianità e la vecchiaia sono una esperienza recente delle persone con disabilità. Uno dei nuovi problemi dei servizi per disabili è quello di adeguare strutture e strumenti operativi a sostegno di progetti per persone che sono invecchiate nei servizi e nelle loro case, con genitori che nel frattempo sono divenuti grandi vecchi. L’assistente sociale dovrà aiutare le persone disabili e le famiglie a pensare per tempo al loro futuro, ma anche i servizi e i sistemi di aiuto presenti nella comunità a farsene carico. In molte regioni si sono strutturate differenti tipologie di servizio e opportunità a sostegno di disabili e famiglie: - progetti di cura nella prima infanzia, al primo manifestarsi del deficit, al fine di favorire l’accoglienza e il supporto ai genitori nel loro impegno di cura; - aiuti al bambino e all’adolescente nel suo percorso di integrazione scolastica; - individuazione dei progetti di vita adulta. Quando la gravità non consente esperienze di lavoro o formative al lavoro sono stati attivati: - centri diurni socioriabilitativi, con la doppia funzione di favorire il recupero e la riabilitazione e aiutare le famiglie; - centri residenziali, quando la famiglia viene a mancare o non è più in grado di sostenere il carico di cura. 20 CAPITOLO 6: Servizio sociale e situazioni di emergenza 6.1. Il concetto di emergenza La parola emergenza indica una situazione imprevista che: • Provoca una condizione di criticità; • Richiede un intervento immediato per limitarne i danni; • Determina una sproporzione eccessiva tra l’insieme dei bisogni emersi e le risorse disponibili per contrastarne le conseguenze. Possono essere provocate da fenomeni di origine naturale ovvero calamità o catastrofi come terremoti, esondazioni, alluvioni, uragani, frani e dissesti idrogeologici, eruzioni vulcaniche, tsunami. Possono essere provocate anche da fenomeni di tipo antropico e quindi prodotti dall’uomo come conflitti armati, disastri ecologici provocati da incidenti, attacchi terroristici, rischio biologico, chimico e nucleare. Già le prime teorie avanzate da sociologi sottolineavano gli aspetti sociali dei disastri, cioè lo sconvolgimento prodotto nella vita sociale piuttosto che quelli fisici e materiali. Alcune delle teorie più recenti interpretano i disastri come rivelazioni di vulnerabilità latenti, ovvero si ritiene che il disastro metta in evidenza un punto debole nella struttura o nel sistema sociale. Tutte le teorie però concordano che un disastro è un fenomeno sociale come tale deve essere analizzato. Un disastro implica sempre una discontinuità del contesto sociale nel quale gli individui e le strutture sociali hanno funzionato fino al suo verificarsi ed un allontanamento dallo schema di regole e di aspettative quotidiane condivise dalla collettività. Si può definire emergenza un evento in cui le comunità subiscono sconvolgimenti delle loro attività sociali ordinarie come conseguenza della minaccia, reale o presunta, prodotta dalla comparsa improvvisa di agenti pericolosi di origine naturale o antropica, i quali non possono essere pienamente e direttamente controllati tramite la conoscenza esistente. In questo contesto l’assistente sociale può esprimere la capacità della propria professione di saper affrontare la realtà confusa e incerta e di crisi per riordinare gli elementi sparsi e ricomporre itinerari costruttivi, parziali ma riconoscibili. 6.2. Il sistema della protezione civile In Italia il sistema di risorse, mezzi e poteri che garantisce l’organizzazione e il coordinamento dei soccorsi in caso di emergenza, è la protezione civile. Gli ambiti di azione sono: ■ Previsione: attività dirette all’identificazione degli scenari di rischio probabile e dove possibile, al preannuncio, al monitoraggio, alla sorveglianza e vigilanza in tempo reale degli eventi e dei conseguenti livelli di rischio; 21 ■ Prevenzione: attività volte a evitare o ridurre al minimo la possibilità che si verifichino danni conseguenti agli eventi calamitosi, la quale si esplica in attività riguardanti l’allertamento, la pianificazione, informazione alla popolazione ed esercitazioni; ■ Soccorso: attuazione degli interventi integrati e coordinati diretti ad assicurare alle popolazioni colpite dagli eventi calamitosi ogni forma di primo soccorso; ■ Superamento dell’emergenza: attuazione, coordinata con gli organismi istituzionali competenti, delle iniziative necessarie e urgenti volte a rimuovere gli ostacoli alla ripresa delle normali condizioni di vita. È un servizio e una funzione attribuiti a un sistema complesso costituito da tutte le amministrazioni centrali dello stato, le regioni, le prefetture, i comuni e le comunità montane. Altre strutture operative sono il corpo nazionale dei vigili del fuoco, le forze armate e di polizia, il corpo forestale dello stato, i servizi tecnici nazionali e i gruppi nazionali di ricerca scientifica, le strutture del servizio sanitario nazionale, le organizzazioni di volontariato, la croce rossa, il corpo nazionale soccorso alpino. Il servizio nazionale di protezione civile agisce secondo il principio di sussidiarietà riconoscendo che qualunque sia natura e la gravità dell’evento, la prima risposta all’emergenza deve essere garantita dall’istituzione più vicina ai cittadini, il comune. Se il comune non è in grado di fronteggiare l’evento, intervengono Provincia, Regione e Stato. 6.2.1. Pianificazione di emergenza e piani di protezione civile Rientrano nella pianificazione dell’emergenza le attività di coordinamento e gestione di tutte le strutture operative e degli interventi. Lo strumento di riferimento per la pianificazione è il metodo Augustus secondo cui il valore della pianificazione diminuisce con la complessità dello stato delle cose. Di fronte a situazioni complesse ed estreme occorre rispondere con una pianificazione semplice e flessibile. Tra gli aspetti di questo metodo bisogna ricordare: - l’istituzione delle funzioni di supporto nei centri operativi: struttura organizzativa di base dei centri operativi e rappresentano i diversi settori di attività della gestione dell’emergenza. - piani di protezione civile: sono l’elaborazione coordinata delle procedure operative di intervento da attuare nel caso si preannunci o si verifichi l’evento atteso. All’interno di un piano di protezione civile comunale viene descritto il modello di intervento della sua struttura di protezione civile denominata Centro operativo comunale (COC) in cui vengono individuati i responsabili delle funzioni di supporto, le aree di ricovero e di accoglienza delle persone, le risorse e i mezzi da mettere in campo, e vengono stilati elenchi che individuano le categorie di popolazione più fragile e vulnerabile. 6.2.2. La funzione 2. Sanità, assistenza sociale e veterinaria In caso di attivazione del COC, l’assistente sociale interviene per il soccorso alla popolazione e agli animali; garantisce l’assistenza alle persone più fragili, garantisce l’accesso della popolazione sfollata alle strutture di accoglienza; coadiuva il volontariato nella gestione dei campi di accoglienza. 6.2.3. La protezione civile e l’assistenza sociale alla popolazione E’ stata riconosciuta l’importanza di prestare, nel contesto degli interventi a sostegno delle vittime di eventi catastrofici, massima attenzione ai problemi di ordine psichiatrico- 22 La famiglia è qualcosa di molto complesso che a volte va oltre la propria personale esperienza è una realtà sociale complicata. I suoi elementi caratterizzanti sono: - costituita da più persone; - le persone tra loro hanno una relazione affettiva; - i membri della famiglia vivono insieme nello stesso luogo; - tutti collaborano alla gestione economica; - nella famiglia sono presenti almeno due generazioni diverse. Questi elementi vivono in compresenza. La definizione di famiglia pone numerosi interrogativi nel momento in cui proviamo ad applicarla alla realtà che ci circondano ad esempio rispetto a una persona che vive da sola o una coppia che non ha figli questi esempi ci fanno comprendere la complessità dell'oggetto. Una grande varietà di modi di realizzare di intendere la famiglia. Nell'Occidente abbiamo avuto un’evoluzione della struttura familiare tra il XIX e il XX secolo nella rivoluzione industriale dove il modello di famiglia più diffuso è diventato quello nucleare. I mutamenti demografici, cambiamenti nelle scelte di vita (come separazioni), le modificazioni nel contesto sociale allargato provocano una trasformazione delle storie individuali e familiari. Si parla di CICLI DI VITA FAMIGLIARE concetto sociologico di cui Carter e McGoldrick in dividono sei fasi: 1. Giovane adulto senza legami 2. Formazione della coppia 3. Nascita del primo figlio e famiglie con bambini piccoli 4. Famiglia con adolescenti 5. Famiglia in cui figli adulti escono di casa 6. Famiglia nell'età anziana Nella realtà odierna possiamo individuare alcune tipologie di struttura familiare: > la famiglia uni personale composta da una sola persona > coppia senza figli > famiglia nucleare > famiglia monogenitoriale composto da un genitore con uno più figli > famiglie di migranti e miste > famiglie ricostituite o ricomposte. L'evolversi delle diverse fasi del ciclo di vita e la modificazione delle tipologie di famiglie anche all'interno della singola storia familiare influenzano le relazioni che si giocano all'interno delle famiglie stesse. Le relazioni di genere si sono in parte modificate grazie alle normative che tendono a equiparare maggiormente i ruoli dell'uomo e della donna dentro e fuori la famiglia. 7.2. La cornice politico normativa degli interventi di servizio sociale La configurazione della famiglia la troviamo nel primo libro del codice civile composto da 400 articoli è "la prima edizione" del 1942 esso è stato modificato più volte. Nel primo codice del 1942 si parlava di potestà materiale figli legittimi e illegittimi con la Costituzione del 1948 gli articoli 29 e 30 modificano in parte questa situazione, ma nel codice la reciprocità di diritti e doveri tra coniugi viene introdotta nel 1975. Nel 2001 vengono introdotte norme che puntano a favorire la protezione contro gli abusi. 25 Nel 2004 nasce accanto alla figura del tutore quella dell'amministratore di sostegno in supporto alle persone fragili prive della propria autonomia. Nel 2006 in caso di separazione tra i coniugi si parla di affidamento condiviso. Nel 2013 si sostituisce la potestà genitoriale con la responsabilità. La legge Cirinnà del 2016 inserisce il riconoscimento delle unioni civili e delle convivenze di fatto. Molto importanti sono anche le norme in materia di adozioni affido che sono state modificate fino al 2015 oggi c'entrano la loro attenzione sulla protezione e tutela dei minori. Anche le leggi regionali dopo il 2001 hanno un ruolo fondamentale poiché la tematica sociale diventa di competenza delle Regioni. Le diverse normative che intervengono in questo ambito hanno diverse direzioni ma le più importanti sono: 7.2.1. La conciliazione tra tempi di lavoro e di cura In particolari momenti del ciclo di vita la legislazione italiana prevede la possibilità per i lavoratori di prendere congedi e ottenere agevolazioni, soprattutto se nella famiglia è presente una persona con disabilità o non autosufficiente. 7.2.2.Il sostegno alla coppia e alla genitorialità Sì caratterizzano tre macrotipologie: 1. I servizi che aiutano la coppia sia nelle scelte normali della vita sia nei momenti di criticità 2. Servizi volte informare e formare le coppie rispetto il mestiere di genitori 3. Servizi di supporto e genitori che lavorano e hanno figli piccoli 7.2.3. L'aiuto/il sostegno domiciliare e i servizi di sollievo Il focus di questo servizio è costituito da l'importante lavoro di cura svolta a favore di persone disabili o anziani quando la famiglia ha bisogno di un aiuto esterno come ad esempio i servizi di assistenza domiciliare a livello territoriale oppure di certi servizi di sollievo come i centri diurni. 7.2.4. Le agevolazioni fiscali e i sostegni economici Si vedono qui due tipi di interventi: 1. Quindi rivolte le famiglie con figli minorenni 2. Quelli rivolti alle persone disabili e alle loro famiglie. Sono interventi legati al reddito e dunque destinati alle famiglie più povere. Una tipologia di intervento nuova introdotta con la legge 328/2000 e il prestito d'onore un prestito a tasso zero garantito dai comuni per giovani coppie che si accingono a mettere su famiglia o per famiglie che si trovano un momento di difficoltà economica. Tutto ciò che riguarda la gestione dei congedi e le misure di tipo economico è regolato a livello statale e non richiede la valutazione della singola situazione e la personalizzazione dell'intervento che costituiscono caratteri distintivi della professionale dell'assistenza sociale, si tratta dunque di risorse opportunità che l'assistente sociale deve conoscere per informare sostenere le famiglie. 7.3. Il servizio sociale e il lavoro con le famiglie All'interno della cornice normativa si svolge dunque il lavoro dell'assistenza sociale che come indicato nel codice deontologico "riconosce la famiglia nelle sue diverse forme ed 26 espressioni come luogo privilegiato di relazioni stabili e significative per la persona e la sostiene quale risorsa primaria". Negli anni 70 abbiamo il passaggio da un sistema che si occupava di singole categorie di persone a servizi rivolti a tutti coloro che abitano in un territorio. Oggi l'attenzione al contesto familiare rappresenta la lente attraverso la quale è l'assistente sociale deve guardare ogni persona che incontra e con la quale intraprende un processo di aiuto. Infatti nella prima fase del lavoro con la persona l'assistente sociale cerca di capire in quale contesto familiare il soggetto si colloca. Successivamente potrà in alcuni casi essere utile e necessario coinvolgere nel processo d'aiuto uno o più componenti della famiglia. Bisogna ricordare che non sempre questi passaggi sono semplici automatici infatti il lavoro sociale con le famiglie si sviluppa in maniera diversa a seconda dei contesti. 7.3.1. Famiglia coppia e genitorialità L'assistente sociale a tuo percorso e sostegno della coppia e della genitorialità in un'ottica preventiva. Vi sono tre contesti organizzativi: 1. I consultori familiari; 2. I servizi sociali comunali; 3. I centri per le famiglie (introdotti con la legge del 1997). In tutti l'assistente sociale al compito di sostegno e di aiuto nelle relazioni. Un primo ambito di intervento a favore della genitorialità riguarda la normalità dei cicli di vita un altro aspetto è quello dell'informazione e formazione sulla genitorialità ad esempio attraverso vere e proprie scuole per genitori (i primi esempi si hanno negli anni 50 come la scuola romana fondata da Giovanni Bollea). L'assistente sociale ha il ruolo di intervenire nelle situazioni che gli si presentano deve individuare il bisogno anche al di là di quello che appare a prima vista. I processi di aiuto iniziano accanto all'ascolto di ciò che la famiglia porta con sé con un lavoro di informazione orientamento e consulenza sulle responsabilità genitoriale e proseguono attraverso varie tipologie di interventi a seconda dei problemi che vengono di volta in volta individuati. Il sostegno educativo domiciliare viene realizzato attraverso la figura di un educatore che si inserisce nel contesto familiare per affiancare i genitori nello svolgimento del loro ruolo nei confronti dei figli. Mentre la mediazione familiare interviene dove c'è una separazione un divorzio costituisce uno spazio per i due adulti coinvolti alla presenza di un professionista per riprendere le relazioni tra i membri della famiglia e per cercare di continuare a essere genitori anche quando non si è più coppia. La genitorialità adottiva presenta caratteristiche diverse da quella biologica: per la durata dell'attesa, poiché il bambino già uno zainetto di vita vissuta, per la presenza di un sistema che valuta la capacità della coppia. Qui l'assistente sociale ha un ruolo particolarmente delicato durante il tutto processo sia durante l'indagine sulla coppia, sia durante il periodo di affido preadottivo sia dopo che la famiglia si è formata. 7.3.2. Famiglia e disabilità La presenza di una persona con disabilità rappresenta per la famiglia un elemento critico che ne influenza fortemente i percorsi di vita e richiede degli adattamenti continui. A partire dalla nascita i genitori si ritrovano a dover lavorare sulle loro fantasie tra il senso di spaesamento e il senso di colpa. Devono riorganizzare le relazioni i modi e tempi della vita familiare in funzione del figlio. 27 Oggi si diventa adolescenti prima di un tempo e si esce in un modo tardivo. Essere giovani è una condizione sociale non uno stato biologico, psicologico e sociale. Oggi si parla di giovane adulto coloro compresi nella fascia tra i 19 ei 34 anni. Indica la condizione sempre più diffusa del giovane che per età e indulto ma non vive appieno la condizione sociale e psicologica di adulto (ad esempio abita ancora con i genitori). All'adolescenza lunga contribuisce anche la famiglia definita famiglia lunga perché è sospesa tra luogo di promozione del processo di emancipazione del figlio e dall'altro dal suo mantenimento nel sistema familiare tra vantaggi e svantaggi. Influenzare questa situazione vi sono molti fattori tra questi la carenza di politiche dedicata ai giovani e poi ri ed è sempre più estesi dire cerca di occupazione. I giovani hanno un'incidenza democratica in declino sono considerati una minoranza e sono sempre meno tutelati e valorizzati aumentando così la disoccupazione giovanile. L'attenzione delle istituzioni si è progressivamente concentrata sul tema dell'accesso al lavoro prioritario per l'inclusione dei giovani nella società; l'allarme soprattutto e nei confronti dei "not in education, employment or training" (neet) popolazione di età compresa tra il 15 e 29 anni che non è occupata né inserita in un percorso di istruzione o di formazione. Per contrastare questo fenomeno nel 2013 il Consiglio dell'Unione Europea approva il programma garanzia giovani che intende promuovere politiche inclusive nelle arie che riguardano l'istruzione la formazione la transizione scuola-lavoro attraverso una sinergia tra Centri per l'Impiego pubblici imprese e organizzazioni del terzo settore. In conclusione sembra utile aggiungere due osservazioni ovvero i giovani costituiscono un universo frastagliato attraverso traversato da fratture diversità. Non è un tutt'uno mai composto da specifici gruppi di giovani definiti da età ruoli momenti peculiari del percorso di crescita. La seconda osservazione è la necessità di programmare politiche pubbliche e sociali specifiche capace di comprendere le tue con la dieta dei differenti contesti locali nei quali si sviluppano: progetti, interventi, azioni professionali e collaborazione tra pubblico, privato, associazionismo e terzo settore. 8.3. Quali politiche per i giovani? In Italia dal secolo scorso si fa strada il riconoscimento di una condizione sociale specifica della gioventù come fase di sviluppo, nel 2006 è stato attivato il Ministero delle Politiche Giovanili diventate nel 2008 Ministero della Gioventù. Le politiche per i giovani sono materie di legislazione concorrente tra Stato e Regioni hanno un ruolo anche importante i comuni che hanno attivato un Assessorato alle Politiche Giovanili partecipando alle programmazioni locali con i piani di zona e la sperimentazione dei piani locali giovani. Attualmente l'attenzione del governo verso i giovani è contemplata nelle funzioni di Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale. La rappresentazione del mondo giovanile nelle politiche pubbliche è stata quella di un problema e non di una risorsa. Le politiche pubbliche degli anni 70 e 80 sono state centrate sulla prevenzione e sul trattamento del disagio, delle dipendenze e della devianza. L'eredità di quel periodo è confluita nel D.P.R. 1990 n309 ‘’Primi interventi in favore dei minori soggetti a rischio di coinvolgimento in attività criminose’’. L’attenzione al rischio di devianza ha dato luogo a esperienze interessanti a livello locale. Nel 2006 si è costituita l’agenzia italiana per il programma europeo Gioventù in azione sul 30 coinvolgimento dei giovani tra i 13 e i 30 anni nella vita pubblica promozione della cittadinanza attiva. Sono stati mantenuti strumenti che segmentano i giovani in diverse categorie. I servizi denominati ‘’informagiovani’’ propongono offerte informative rispetto cultura, viaggi, formazione, lavoro, volontariato, cooperazione internazionale e formano una rete oltre mille centri diffusi su tutto il territorio nazionale. I ‘’Progetti giovani’’ per ragazzi dai 14 ai 29 anni hanno dato vita a sevizi come i centri giovani e centri di aggregazione. La legge del 1997 ‘’Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza’’ ha istituito un fondo nazionale per avviare servizi e interventi innovati rivolti a tutti i bambini e alle loro famiglie e anche agli adolescenti attraverso i Centri per le famiglie. Lo spirito innovativo è costituito dall’adozione di una prospettiva capacitazionale rivolta a tutti i cittadini centrato sulla partecipazione tra pubblico e privato. 8.4. Un servizio dedicato a tutti i giovani: il consultorio famigliare Sono strutture servizi socio-sanitari pubblici o privati convenzionati per rispondere a vari bisogni della famiglia della donna della coppia dell'adolescenza istituiti dalla legge del 1975 sono strutture organizzative locali e la titolarità delle loro funzioni e in capo ad aziende sanitarie locali. Sono servizi socio sanitari integrati di base dove l'accesso diretto e hanno competenze multidisciplinari promuovono e provengono nell'ambito della Salute con lo scopo di assicurare: - assistenza psicologica e sociale; - la somministrazione dei mezzi necessari per conseguire le scelte; - la tutela della salute della donna e del prodotto del concepimento; - la divulgazione delle informazioni idonea a promuovere e prevenire la gravidanza La legge del 2004 sulla procreazione medicalmente assistita ha aggiunto: - informazione e assistenza rispetto l’infertilità; - informazione sulle procedure dell’affidamento e adozione. I professionisti sono medici specializzati, psicologi e assistenti sociali. Aveva alcuni elementi critici e negli anni 80 i ministeri della sanità si sono impegnati per la riqualificazione e potenziamento dei consultori. Molto importante è la legge del 1978 sulle norme della tutela della maternità ed interruzione volontaria della gravidanza (IVG). La donna può rivolgersi anche al consultorio dove sono previsti diversi incontri con l’assistente sociale e dei psicologi per esaminare le ragioni, essere accompagnata e sostenuta. Se un minore vuole interrompere la gravidanza e non ha il consenso di entrambi i genitori dovrà ottenere l’autorizzazione del giudice che decide sulla base di una relazione fatta dall’assistente sociale. I colloqui condotti dall’assistente sociale mirano a leggere in senso globale la richiesta di IGV, a costruire il senso dell’evento all’interno della fase del ciclo di vita che la persona sta attraversando. Durante ogni colloquio l’assistente sociale attiva l’ascolto empatico. Non deve mai forzare i tempi e avere un tono giudicante. Le domande che pone devono essere senza pregiudizi e non punitive per non condizionare la decisione finale. 8.5. Interventi di promozione ed educazione alla salute: la peer education 31 Per sensibilizzare cambiamenti di mentalità e partecipazione non è sufficiente il lavoro all’interno del servizio bisogna intervenire nei luoghi di vita dei giovani per attivare modalità educative che vadano oltre la sola informazione. Bisogna stimolare il pensiero critico dei giovani che spesso tendono a sottovalutare il rischio. Un metodo per smontare le loro idee sbagliate è la peer education (educazione tra pari) dove si instaura un rapporto di educazione reciproca basato su modalità relazionali dirette ed esperienziali e sul libro accesso alle informazioni. L’assistente sociale può condurre alcuni degli incontri di formazione e del primo approccio coi compagni ma solo per rivedere eventuali incertezze e incontrare gli insegnanti per attivare un intervento di rinforzo. 8.6. Conclusioni Sviluppo verso l'età adulta la prospettiva individuale si interseca con quella sociale. Molte esperienze svolte a livello locale chiamano in casa almeno due livelli per agire verso un cambiamento di paradigma: quello delle politiche pubbliche e quello delle professioni e dei servizi. Bisogna immaginare il futuro insieme ai giovani all'interno di una logica di sistema, di comunità, di sviluppo locale che comprenda scuola, lavoro, sostegno all'imprenditorialità. Sul piano delle professioni dei servizi, all'interno di una logica di collaborazione, il Servizio Sociale di comunità mira a promuovere in modo partecipato il benessere sociale e la qualità della vita di tutti coloro che vivono in un determinato territorio, attraverso dispositivi che potenziano i legami sociali l'inclusione la giustizia sociale. Le connessioni da attivare chiamano in causa la policy Practice, ossia la capacità degli assistenti sociali sia di attivare relazioni stabili con gli amministratori locali sia di partecipare ai processi di influenzamento delle politiche sociali al fine di conseguire un cambiamento di paradigma di prospettiva di intervento, quindi devono lavorare per e con tutte le persone. 32 L'articolo 28 del d.p.r. 448/1988 disciplina provvedimenti giudiziari qualificanti l'intera normativa della giustizia minorile penale esso da sostanza i principi del processo penale a carico dei minori ovvero: 1. La centralità del minore; 2. La residualità del IPM con la prevalenza dell'intervento educativo su quello repressivo (infatti è sul territorio che il disagio si manifesta ed è quindi quel contesto che si devono promuovere interventi volti alla rimozione dei fattori che ne stanno alla base); 3. Gli interventi educativi sul territorio, il lavoro di rete. L'assistente sociale deve attivare le risorse locale e assume in toto la caratteristica di professionista esperto nel lavoro di rete. Il servizio competente nella progettazione sociale a favore dei minori ho dei giovani e adulti (fino25 anni) è USSM. Esso è un servizio monoprofessionale, organizzato in modo tale da poter coprire tutto il territorio di competenza pur essendo collocato nel capoluogo regionale, ogni assistente sociale ha quindi una responsabilità territoriale e deve sapere attivare le reti di risorse specifiche di quella zona. Con la messa alla prova abbiamo la sospensione del processo, essa non è una misura né altri ne alternativa né sostitutiva alla condanna. Con questa viene data al giovane l'opportunità di fare una strada diversa ha una durata massima di 3 anni, nel corso di questo periodo il ragazzo deve seguire un progetto educativo sviluppato dai servizi sociali e concordato col tribunale. Al termine il processo riprenderà e verrà data una valutazione al percorso educativo svolto da minore in base agli elementi forniti dal Servizio Sociale è un’osservazione in merito al processo di maturazione che il minore ha compiuto attraverso il percorso di messa alla prova. Se si conclude positivamente abbiamo l'estinzione del reato. Essa apre la porta alla cosiddetta giustizia riparativa ovvero alla considerazione del ruolo che la vittima di un reato può avere nell'Inter penale. L'assistente sociale ha un ruolo funzionale di raccordo e di coordinamento che lo rende di fatto il regista dei processi decisionali e gestionali, si occupa della presa in carico. Nella elaborazione di un progetto di messa alla prova vi sono alcune variabili: 1. L'arco temporale dell'intervento che deve svilupparsi entro un lasso di tempo. Inoltre il progetto educativo deve essere il meno possibile standardizzato ma adeguato ai reali bisogni del minore e il progetto deve essere condiviso con quest'ultimo che deve dare il suo assenso e deve concorrere alla progettazione. 2. L'altra variabile e la necessità del lavoro di equipe. Il progetto non devi rispondere a logiche di mero adempimento non si tratta di prescrizioni che il minore deve semplicemente osservare, ma di impegni che investono la sua motivazione, che devono incidere positivamente sul suo percorso di crescita che devono portare a un cambiamento in qualche modo percepibile. Prospettive nel penale minorile. La giustizia ripartiva il superamento del carcere: Con la promulgazione del d.p.r. del 1988 il settore della Giustizia Minorile si è di fatto con notato come un terreno fertile per nuove sperimentazioni e nuove forme di intervento con i minorenni. Un esempio la giustizia riparativa che coinvolgere o la vittima e la comunità locale al fine di risolvere conflitto generato essa promuove la riconciliazione fra le parti rafforzando la percezione di sicurezza nella collettività. I principali interventi sono la mediazione e le attività socialmente utili AUS. Nella mediazione si attua un processo di riconoscimento reciproco tra le parti attraverso l'intervento di un terzo che lo rende possibile. 35 Le AUSE sono attività indirette di ripartizione di un danno arrecato alla società è uno strumento di assunzione di responsabilità verso l'altro verso la collettività. Esse devono rinforzare quanto già di buono c'è nell'individuo esaltando le sue risorse personali e facendole conoscere. 9.2.2. Il servizio sociale nel settore penale e penitenziario delle persone maggiorenni Molto importanti sono le UEPE strutture territoriale esterne al carcere, dove è presente la figura professionale dell'assistente sociale che svolge le attività previste dall'articolo 72 o.p. che possiamo raggruppare nel modo seguente: - attività per le indagini socio familiari svolte su richiesta dell'autorità giudiziaria ovvero la magistratura di sorveglianza per l'applicazione delle misure alternative; - attività riconducibili alla gestione delle misure alternative al carcere e dei relativi programmi; - attività di collaborazione con il carcere per le persone detenute. Il servizio sociale tenuta riferirsi alla magistratura di sorveglianza ma il rapporto non è di dipendenza gerarchica. Il tribunale di sorveglianza decide sulla concessione delle misure alternative. Il magistrato di sorveglianza e invece tra le sue funzioni quelle relative alla modifica delle prescrizioni nel corso delle misure alternative e il potere di sospenderle. L'articolo 72 o.p. non esaurisce in dettaglio tutte le attività specifiche del mandato istituzionale del servizio sociale vanno evidenziate le attività degli UEPE che si dividono in due fasi: 1. Quella precedente alla concessione della messa alla prova; 2. La fase successiva alla messa alla prova in cui l'assistente sociale si è quella persona durante tutto il percorso e al termine del quale tenuta a relazionarlo al giudice. La messa alla prova corrisponda all'approvazione di derivazione anglosassone viene applicata nel corso del processo penale e dunque prima di una condanna definitiva. L'affidamento in prova al servizio sociale e invece previsto per i condannati in via definitiva e da una forma di esecuzione alternativa una pena detentiva in carcere. L'indagine ho chiesto sociale che compie l'assistente sociale ha finalità conoscitive valutative di verifica dell'idoneità della persona a fruire del beneficio. Le modalità di applicazione e tecniche di produzione diversi paesi hanno un denominatore comune è rappresentato dei seguenti fattori: ~ la sospensione del processo di punizione non certo stadio dello stesso; ~ l'affiancamento la persona di professionisti che hanno una funzione di sostegno e controllo durante il periodo di prova, nell'ottica del suo reinserimento sociale; ~ l'imposizione alla persona di restrizioni e obblighi. Tra gli obblighi segnaliamo anche quelli di natura riparatoria risarcitorie di restituzione sociale. Nell'ordinamento italiano la messa alla prova prevedono che la persona si adoperi per risarcire il danno perciò viene imposto l'obbligo del lavoro di pubblica utilità. Interventi del servizio sociale tra aiuto e controllo. Il DPR 30 giugno 2000 numero 230: Il regolamento di esecuzione del o.p. del 2000 DPR 230 2000 contiene riferimenti diretta il servizio sociale operante nei UEPE per quanto riguarda gli aspetti organizzativi soprattutto rispetto ai compiti istituzionali, vengono definiti anche attraverso riferimenti alla metodologia professionale. Particolare attenzione a due aspetti chiavi del servizio sociale: il legame con il territorio e il lavoro di rete. 36 Quindi il servizio sociale chiamata integrarsi nel territorio a coordinare con altre istituzioni servizi. Occorre poi evidenziare che gli interventi d'aiuto sono connotati dal fatto di essere realizzati nell'ambito di una relazione di natura professionale non c'è altra spontaneamente dalla persona ma è necessaria la partecipazione del soggetto che deve essere promossa dall' assistente sociale. Interventi del servizio sociale sono caratterizzati da: > l'offerta al soggetto di sperimentare un rapporto con l'autorità basato sulla fiducia nelle capacità personali di recuperare il controllo del proprio comportamento senza interventi di carattere repressivo; > un aiuto che porta il soggetto a utilizzare meglio le risorse nella realtà familiare e sociale; > un controllo sul comportamento del soggetto che costituisca al tempo stesso un aiuto è rivolto ad assicurare il rispetto degli obblighi e delle prescrizioni dettate dalla magistratura di sorveglianza; > una sollecitazione a una valutazione critica adeguata da parte della persona sugli atteggiamenti che sono stati alla base della condotta penalmente sanzionata nella prospettiva di un reinserimento sociale duraturo. Il contenuto del decreto del 2000 privilegio spazi sia pure limitati dalle restrizioni in si intende il circuito penale penitenziario su cui servizio sociale può lavorare per potenziare le intenzionalità e riabilitative e le risorse personali dei soggetti. 9.3. Tendenze attuali tra sfide e prospettive future 1. Spostare il focus dell'intervento dal carcere minorile all'aria penale esterna promuovere interventi per la diminuzione della delinquenza minorile. 2. Ampliamento delle attività (nel settore penale penitenziario degli adulti) relative all'esecuzione delle misure alternative e di quelle per la messa alla prova. In ogni caso i miglioramenti dal punto di vista del servizio sociale sono difficili poiché è stato un taglio delle risorse per inserimento sociale sia nelle politiche penali sia nelle politiche sociali. CAPITOLO 10: SERVIZIO SOCIALE E WELFARE AZIENDALE 10.1. Introduzione È uno scenario sociale dai tratti complessi problematici, per via delle cause economiche, per il tipo del lavoro umano, per lo sviluppo della società e l'agire quotidiano. 37