Scarica III satira Giovenale e più Traduzioni in PDF di Letteratura latina solo su Docsity! III SATIRA ‘Benché sconcertato per la partenza del vecchio amico lodo, tuttavia, il fatto che ha stabilito di fissare la (sua) dimora nella vuota Cuma? e di donare almeno un cittadino alla Sibilla. (Cuma) è la porta di Baia? e la bella spiaggia di un bel ritiro*. lo, per quanto mi riguarda?, perfino Procida* antepongo alla Suburra”; infatti, che cosa è tanto misero, tanto isolato, da non credere (che sia) peggio aver paura di incendi, di cadute continue dei tetti e di mille (altri) pericoli di una crudele città e di poeti che fanno recitazioni nel mese di agosto??? ‘Intanto, mentre tutta la casa viene sistemata su un solo carro”, si ferma agli antichi archi e alla madida Capena”. Qui, dove Numa!* dava appuntamento alla (sua) amica!‘ notturna! (ora il bosco della sacra fonte e i templi sono affittati ai Giudei, il cui mobilio (sono) un cesto e del fieno*6; a ogni albero è stato ordinato di pagare un prezzo all’erario e il bosco, cacciate le Camene”, mendica!£), scendiamo nella valle Egeria e (passiamo) in grotte lontane da quelle vere!”. Quanto sarebbe presente il dio in (queste) acque, se l'erba accompagnasse le acque con un margine verdeggiante e i marmi non violassero il naturale/puro tufo”. ?!Qui/a questo punto dunque Umbricio dice “dal momento che (non c'è) nessuno spazio nella città per le attività oneste, nessuna ricompensa per le fatiche, 1 Questi primi nove versi sono una presentazione dei problemi approfonditi in seguito; ? vacuis iperbolico che vuole marcare la differenza col caos di Roma; ® un luogo bellissimo ma dai costumi molto criticati dai cittadini romani; “ secessus viene spezzato dal resto dell’esametro e viene messo in evidenza, anche grazie alla cesura, come a indicare l'isolamento del ritiro; 5 vel; $ allitterazioni s e p ? quartiere di Roma particolarmente caotico, usato come emblema del caos della città; £ secondo alcuni è da vedere come un’anticlimax: a Giovenale danno fastidio queste recitationes fatte per saggiare la prima reazione del pubblico, ma ovviamente non sono comparabili alla gravità di incendi e edifici pericolanti. A sostegno di questa tesi è stato richiamato un altro anticlimax, presente nell’VIII satira, vv. 225 sgg., in cui, dopo aver paragonato Oreste a Nerone (perché hanno entrambi ucciso la madre), si parla poemetto su Troia da lui composto; ? vv. 1-9: introduzione e primi accenni ai problemi di Roma; 1° vv. 10-20: presentazione del luogo in cui si svolge il dialogo; 1 tota domus... raeda una: chiasmo, i termini vanno in associazione. Domus, termine che fa pensare a una grande villa aristocratica, è un’iperbole per indicare la semplicità della vita di Umbricio, i cui beni possono essere trasportati su un solo carro; 1° Porta Capena che sbuca sulla via Appia, sovrastata da un acquedotto (per questo era madida); '° nome che dona solennità; 1 Termine che può indicare tanto un'amica, quanto un'amante o una prostituta; 15 in contrapposizione al nome solenne del re che aveva dato tanto importanza ai riti sacri e alla religione in generale; 4 il fieno serviva a tenere calde le vivande perché nel sabato ebraico non si poteva neanche accendere il fuoco; quindi, il fieno viene nominato in tono polemico con questa usanza ebraica; 4 Muse romane: il nome viene probabilmente da carmen e sono solite rappresentare la sacralità romana; 1 riferimento al fatto che i giudei per affittare questi luoghi andavano in giro a chiedere soldi per poter pagare. Contrapposizione dei tempi sacri di una volta con la mercificazione attuale di questi luoghi sacri; 1° quindi artificiali; 2° gli interventi dell’uomo che hanno violato la natura l'hanno deturpata e hanno fatto allontanare ciò che di sacro c’era in questi luoghi; ?2il patrimonio oggi è più esiguo di quanto fu ieri e lo stesso (patrimonio) domani/nel futuro sottrarrà qualcosa alle esigue (sostanze), ho deciso di andare lì, dove Dedalo depose le sue stanche ali, finché il biancore dei capelli (è) recente, finché la (mia) vecchiaia (è) iniziale?* e (ancora) eretta”, finché rimane qualcosa da filare a Lachesi”5 e mi porto con i miei piedi?” senza nessun bastone che sostenga la (mia) mano. Allontaniamoci dalla patria. Ci vivano Astorio e Catulo, rimangano quelli che volgono il nero in bianco”’, coloro per i quali è facile appaltare templi, fiumi, porti, una cloaca da ripulire, un cadavere da trasportare alla tomba, e porgere la vita da vendere alla domina durante un'asta. Questi, un tempo?° suonatori di corno oppure costanti accompagnatori dell’arena municipale, ciarlatani noti di città in città, ora organizzano giochi e, quando il popolo, abbassato il pollice, lo ordina, demagogicamente decretano la morte; poi, ritornati, appaltano latrine, e perché non (dovrebbero prendere) tutto (il resto)? Dal momento che sono coloro che da una (condizione) umile ad un grande innalzamento della condizione ha sollevato la fortuna ogni volta che voleva divertirsi. Che faccio io a Roma? Non so mentire; un libro, se è brutto, non sono in grado di lodare e di chiedere®; ignoro il movimento degli astri; predire la morte di un padre non voglio e non posso; non ho mai ispezionato le viscere delle rane”; ciò che invia da portare l'amante a una donna sposata, oppure manda a dire, lo sappiano (fare) gli altri*; sotto la mia guida nessuno sarà ladro, e perciò risulto compagno di nessuno, come se (fossi) uno storpio, un uomo inutile con la mano paralizzata. Chi si apprezza oggi, se non un complice e uno al quale l'animo trepidante gli brucia di segreti che devono essere taciuti per sempre? Non pensa di doverti nulla, né mai ti darà nulla, chi ti ha reso partecipe di un segreto positivo. Sarà caro a Verre chi può accusare Verre ogni volta che vuole. Per te non sia tanto importante tutto l’oro che la sabbia dell'ombroso Tago trascina in mare da perdere il sonno e accettare ricompense da lasciare (poi) 2 a questo punto, con un verso spezzato, inizia a parlare Umbricio, che dichiara il profondo disagio per la sua vita nuova; ? ci sono versi con una sovrabbondanza di dattili - come i vv. 23-24 - che implicano velocità (mentre invece lo spondeo è lento e solenne). Non vengono usati a caso: infatti questi due versi parlano della velocità con cui scompaiono i soldi; ?° unica volta nella letteratura in cui le ali di Dedalo sono definite stanche; * Cioè “da poco iniziata”; 25 Nel senso che non gli ha ancora piegato la schiena; 2 Una delle Parche; ?” Cioè “cammino”; 28 stando così le cose ho deciso di andarmene nel momento in cui ho la maturità sufficiente a capire che Roma non ha più niente da offrirmi, ma non sono neanche un vecchio decrepito incapace di camminare da solo; 2° quelli capace di nascondere le loro malefatte rendendole invisibili o addirittura trasformandole in cose positive; ® quondam richiede quasi sempre un nunc a fargli da contrappunto; * per farne delle copie per sé; ®° si pensava che dalle interiora dei rospi ci si potesse procurare dei veleni; altri pensano si riferisca agli aruspici; 5° vv. 45-46: prevalenza di spondei, come se fosse il ritmo di un'azione compiuta in fretta perché fatta di nascosto; dove cadde l’ala del cavallo?” della Gorgone”?. Non c'è spazio per un romano qui, dove regna un qualche Protogene o un Difilo o un Ermarco”, che per una caratteristica della (loro) razza mai condivide un patrono, ma ha da solo. Infatti, quando ha messo in un orecchio credulone un po' del veleno della (sua) natura e della patria, sono messo alla porta©, vengono meno gli anni di lungo servizio; in nessun luogo ha minore importanza la perdita di un cliens. Qual (è) poi il senso del dovere, non illudiamoci, o qual (è) il merito del povero, se si preoccupa durante la notte, con la toga addosso, di correre, quando’ il pretore spinge avanti il littore e ordina di andare di corsa, essendo da poco sveglie le vedove, affinché un collega non saluti prima Albina o Moria? Qui” il figlio di uomini liberi chiude il fianco“ al servo di un ricco; un altro elargisce a Calvina o a Catiena quanto nella legione prendono i tribuni per stare con lei una volta o due; invece, tu#, quando ti piace il volto di una prostituta agghindata, ti fermi ed esiti a tirar giù Chione* dall'alta sedia“. Produci a Roma un testimone tanto pio quanto fu colui che ospitò il nume ideo”, oppure che preceda Numa o colui che ha salvato Minerva“? trepidante dal tempio in fiamme!: subito viene fatta un'indagine sul censo, infine sui costumi. “quanti schiavi mantiene? Quanti iugeri”° di terreno possiede? in quanto numerosi e grandi piatti e stoviglie cena?” Quanto ciascuno conserva di denaro nella sua cassaforte, tanto ha anche di fiducia. Se anche giuri sugli altari (degli dèi) di Samotracia e sui nostri, si ritiene che il povero disprezzi 5 in Giovenale quando si fa riferimento a un avvenimento mitico lo stile si innalza; qui ha un forte crollo con l’uso di caballi; cavallo ha in latino tre forme per i tre livelli di stile: sonites, la più elevata, equus, la vox media, e poi caballi, la più bassa; 5 Pegaso, nato dalla Gorgone, fu fulminato da Zeus perché si era avvicinato troppo al cielo; 5° ai vv. 20-21 è la stessa e identica espressione “nullus loco in urbe”, qui riprende lo stesso stilema e qui questa osservazione diventa fortemente personale perché fa una riflessione su quello che accade quando questi personaggi squallidi dagli adulatori non cercano solo di elevare la loro situazione, ma anche di abbattere quella di chi hanno intorno. Aut hermarcus è uno spondeo frequente con i nomi stranieri. Forse Protogene porta il ricordo di uno schiavo di Caligola messo a morte da Claudio, ma sarebbe meglio ritenerli dei nomi generici; ® cesura che rappresenta proprio il silenzio sbigottito dopo essere stato messo alla porta; %° allitterazione della c; ® a Roma; * Nel senso: si accosta £ doppio monosillabo fortissimo; 5 nome usato spesso anche da Marziale; probabilmente era legato a chion, la neve, e quindi veniva usato per riferirsi a donne dal volto particolarmente pallido; % alcuni fanno riferimento all’abitudine delle donne di mettersi sedute all'ingresso delle case di piacere, altre danno a sella il valore di “portantina”, ipotesi avvalorata anche dall'aggettivo alta e dal verbo deducere, “tirare gi ® fa riferimento a quando ... fu giudicato così puro da essere degno di portare la pietra nera della magna mater ... chiedi a Enzo % la statua; ® episodio per cui nel 241 Cecilio Metello portò questo simulacro via dal tempio di Vesta in fiamme: esempio di forte religiosità e dirittura morale; ? misura agraria di superficie; i fulmini e gli dèi, mentre gli stessi dèi lo perdonano sempre. E che dire del fatto che qui offre a tutti materia e causa di scherno”!, se il mantello (è) consumato o rotto, se la sua toga è sporca e se uno dei calzari, rottasi la fascia di pelle, si apre, o se, ricucita la ferita, non una sola cicatrice mostra un filo grossolano e recente? L’infelice povertà non ha con sé nulla di più duro del fatto che rende gli uomini ridicoli. “Esca” dice, “se c'è pudore, e si alzi dal cuscino dei cavalieri, colui il cui patrimonio non è sufficiente alla legge, e si siedano qui Î figli dei lenoni nati in qualsivoglia lupanare, qui applauda il figlio del lindo banditore tra i figli eleganti del gladiatore e i figli dei lanisti”?.” Così piacque all’inutile Otone, che ci ha diviso in questo modo”?. Quale genero è ben accetto” se (è) minore nel censo e inferiore agli oggetti della fanciulla”??? Quale povero è registrato come erede? Quando è ammesso nel consiglio degli edili?’ A marce serrate sarebbero dovuti andare via da tempo i poveri romani. Non facilmente emergono coloro alle cui virtù è di ostacolo un patrimonio limitato in casa, ma a Roma per loro è più grande lo sforzo: una casa miserabile (costa) un'enormità, i ventri dei servi (costano) un'enormità, anche una cenetta frugale (costa) un'enormità. Ci si vergogna di cenare in stoviglie di terracotta, cosa che non riterrai vergognosa (se fossi) trasportato all'improvviso dai Marsi o” in una mensa dei Sabini, lì (saresti) contento di un cappuccio azzurro”? e duro”. Se ammettiamo la verità, c'è una gran parte d'Italia nella quale nessuno indossa la toga se non da morto. Durante le solennità stesse dei giorni festivi, persino quando si celebra in un teatro erboso" e torna sulla scena una celebre farsa, mentre il bambino semplice/ingenuo, nel grembo della madre, teme il ghigno della bianca maschera, lì vedrai abiti uguali e simili 72 il povero è anche oggetto di scherno; ?2 i lanisti erano gli impresari dei gladiatori: loro avevano un gruppo di gladiatori che mandavano poi a combattere nei vari giochi quando l'organizzatore ne faceva richiesta; ?° riferimento a una legge che nel | a.C. venne istituita da Roscio Otone (lex roscia teathralis), che limitava le sedute dei posti a teatro: oltre alla fascia riservata ai senatori, le 14 file seguenti erano riservate ai cavalieri, e il resto restava alle classi più umili, che ovviamente si videro estromesse da questi momenti; per un certo periodo di tempo venne elusa, ma Domiziano la riportò in modo abbastanza rigido. Quindi qui lo scandalo che se uno non ha denaro sufficiente per sedersi fra i cavalieri, viene scacciato. Exeat inquit é uno dei casi in cui si vuole vivacizzare la scena con un quadretto. inquit non ha un soggetto, ma si presume che sia riferito a uno dei controllori che controllavano che la lex roscia venisse rispettata; secondo un'altra ipotesi inquit ha come soggetto la paupertas precedente: quindi, sarebbe la povertà stessa a costringere i più indigenti ad alzarsi; 7 dai genitori della sposa; 7 non è all'altezza del corredo; * dieresi bucolica; ?? quae disgiuntivo; 7° veneto è un tessuto azzurro; ? Giovenale sta riproducendo la scena di un contesto profondamente diverso perché legato alle zone dell’Italia centrale, nelle quali riteneva fosse rimasto il germe di quella salute morale dei primi romani; ® “erboso” perché all'aperto; altri dicono che sia erboso perché ci sono così poche rappresentazioni che crescono fili d’erba fra le pietre; nella zona riservata al senato e in quella del popolo; come segno di un'alta carica sono sufficienti, agli edili importanti, delle bianche tuniche. Qui invece lo splendore del vestire al di là delle (proprie) possibilità, tutto ciò che è più di quanto necessario si prende a volte dal denaro altrui. C'è un vizio comune a tutti: qui viviamo tutti in un'ambiziosa povertà. Ma perché ti trattengo? A Roma tutto ha un prezzo®!. Cosa dai, per salutare qualche volta Cosso, affinché ti guardi a sua vola Veientone®? con la boccuccia chiusa Quello taglia la barba, questo ripone la chioma del (suo) amato; la casa (è) piena di focacce in vendita: prendila e tieni per te questo pezzo di pane. (Noi) clienti siamo costretti a pagare tributi e ad accrescere il patrimonio di servi raffinati*. 283 £5Chi teme o ha temuto il crollo?” nella gelida Preneste oppure a Bolsena posta tra gioghi boscosi o nella tranquilla Gabi o sulla rocca di Tivoli declinante' Noi?” (invece) abitiamo una città sostenuta da piccoli puntelli?° per la maggior parte; così, infatti, l'amministratore rimedia ai crolli e, quando cerca di chiudere l'apertura di un'antica crepa, suggerisce di dormire sicuri mentre incombe il pericolo. Bisogna vivere lì, dove non (ci sono) incendi, non (ci sono) pericoli della notte”!. Già chiede l'acqua, già porta via le sue piccole cose Ucalegonte”, già” ti va in fumo il terzo piano: tu” non lo sai; infatti, se si ha paura dai piani più bassi, per ultimo brucerà colui che soltanto il tetto difende dalla pioggia, laddove le tenere colombe depongono le uova”. 887 81 messo in relazione con l’espressione di Sallustio nel Bellum lugurthinum, capp. VIII: “Romae omnia venalia esse”; £2 attivo sotto Nerone e poi esiliato, tornò a Roma sotto Domiziano; ®° non saluta nemmeno, fa solo un cenno; * nelle case in cui i clientes si affacciano per la salutatio si vendevano anche le focacce, che i clienti accettavano di comprare pur di salutare il patrono; Umbricio consiglia di prendere la focaccia perché è l’unica cosa che si può ottenere da quella casa; 8 nella satira, in particolare in quella di Giovenale, ci sono molti fatti e cose reali e concreti - quelli che i tedeschi chiamano realien; 86 Timet aut timuit: geminatio in poliptoto; ®7 delle case; # zone collinari nei pressi di Roma (tranne Bolsena in Etruria) che richiamano l’idea del locus amoenus, in contrasto con la paura dei crolli; ® fortemente avversativo, per sottolineare l’antitesi tra gli abitanti dell’amena campagna e quelli della città; ®° cioè non sicura, pericolante. Tenui tibicine è allitterante; ? nocte metus: la cesura isola questa riflessione e riporta poi ad una scena reale; ? questo Ucalegon si trova nella stessa e identica sede metrica in Aen. Il 311-312 “iam proximus ardet / Ucalegon” (“già arde quella vicina (la casa) / di Ucalegonte”: rilettura satirica di un passaggio epico, peraltro contenuto in uno dei libri più conosciuti e celebri dell’Eneide: quello della caduta di Troia; % la triplice ripetizione di iam indica la frenesia, l’agitazione per i crolli e gli incendi; ® tu incipitario con valore avversativo; # sprazzo di natura in un passaggio orribile: anche perché le colombe (convenzionalmente definite molles, tenere) possono scappare volando, il poveraccio è destinato a morire; di Liguria e (quella) montagna abbattuta si rovescia sulla folla, che cosa resta di (quei) corpi? Chi ne ritrova le membra, chi!? le ossa? Schiacciato completamente il cadavere di un poveraccio scompare alla maniera di un soffio. A casa intanto, tranquilli, si lavano i piatti e si ravviva il fuoco con la bocca e risuona di strigili unti!?! e si piegano i teli, riempita l’ampolla. Mentre i figli si affrettano in vario modo in queste occupazioni, quello invece siede già sulla riva e novizio!”, inorridisce per il nero traghettatore e non spera nella barca!* in quel gorgo fangoso!”, l’infelice, perché non ha il terzo di asse‘ che possa offrire con la bocca!”. Guarda ora altri e diversi pericoli della notte: quale spazio (ci sia)** dai tetti più alti da dove una tegola colpisce la testa, quante volte vasi sbeccati e rovinati cadano dalle finestre, con quale peso sbecchino e rovinino il selciato colpito. Puoi essere ritenuto un incosciente e uno impreparato a un'improvvisa circostanza/caduta’’’ se vai a cena senza aver fatto testamento‘°: così tante (sono) le disgrazie, quante (sono) in quella notte le finestre che pronte si aprono mentre tu stai passando. Pertanto, augurati e porta con te (questo) piccolo voto, che le finestre siano contente di svuotare gli ampi catini?*!. Uno ubriaco e insolente, che per caso non ha colpito nessuno, dà di matto, passa la notte del Pelide che piange l’amico, giace sul volto, subito dopo supino:!* [pertanto, non può dormire diversamente, per alcuni] la rissa concilia il sonno. Ma, benché sfrontato per gli anni e agitato per il vino, bada a questo, che un mantello di porpora gli suggerisce di evitare! anche la lunghissima schiera di accompagnatori!*, e inoltre la grande quantità di luci e la lampada bronzea!*. 192 199 143 ‘°° geminatio patetica con ripetizione del pronome; ‘° anima: il soffio di vento, ma anche il soffio vitale; 151 strumenti per togliere l'olio messo sul corpo; 15° at è la più forte delle avversative; 15 Novizio perché appena arrivato; 1% alnum: è l’ontano, che per metonimia indica la barca; 15 cioè di essere preso su quella barca; 1% una moneta dal valore di un terzo di asse, quindi dal valore praticamente nullo. In Grecia un obolo veniva posto sulla bocca per pagare il traghettatore Caronte: questa tradizione giunse anche a Roma; 1 beffa della morte: oltre ad aver perso la vita terrena, perde ora anche la sua anima e la sua possibilità di vivere come anima; si è pensato che Giovenale credesse nell’oltretomba, ma si deve vedere questo quadro come un completamento della vita di questo poveraccio che, com'era misero nella vita, lo era anche nella morte; 1 lo spazio che separa la testa del malcapitato dalla cima del tetto; 15° Casus ha il doppio significato di “circostanza” e “caduta” (di una tegola o di un vaso): ovviamente fatto apposta; 1° iperbole; #4! che nella migliore delle ipotesi erano i vasi in cui ci si lavava, nella peggior erano vasi da notte; qui alcuni espungono il v. 281 come glossa metrica; 4 la porpora era un colore costoso; 1% sa scegliersi bene l'avversario di rissa, per quanto ubriaco: quindi non prende in giro il ricco che passa con le vesti eleganti; ‘4 la schiera di clientes; 1 forse candelabri, poiché a Roma non vi era illuminazione: la lampada di bronzo (e non semplice ferro) indica un proprietario benestante; ma ‘Me (invece), che la luna suole accompagnare o la piccola luce di una candela, il cui stoppino gestisco e modero!*8, disprezza ‘‘’. Riconosci gli inizi di una triste rissa, se è una rissa, (quella) in cui tu colpisci, io le prendo solo. 159Sta dritto e mi ordina di stare di fronte (a lui). È necessario ubbidire; infatti, che puoi fare, quando un pazzo ti costringe ed (è) pure più forte? “Da dove vieni?” urla, “Dell’aceto di chi, delle fave di chi sei gonfio!°!? Quale ciabattino ha mangiato con te un porro tagliato e il muso di un montone bollito? Non mi rispondi niente? O parli o ricevi un calcio. Dimmi dove alloggi: in quale sinagoga!’ ti devo venire a cercare?” !99. Se tu cerchi di dire qualcosa o ti allontani silenzioso, è lo stesso: ti colpiscono comunque, e dopo, furiosi, (ti) fanno causa. La libertà di un povero è questa: di supplicare, colpito e di pregare, stremato dai pugni, che gli riesca di tornare di lì con pochi denti. Tuttavia, non temeresti (solo) queste cose; infatti, non mancherà chi ti derubi quando, chiuse le case, dopo che ovunque la porta di ogni taverna, chiusa con le catene, fa silenzio. Talvolta, l’improvvisato brigante fa la sua parte anche con il ferro!”*: ogni volta che da un custode armato sono tenute sicure la palude Pontina e la pineta! Gallinaria, così da lì a qui tutti corrono come ad una riserva‘. in quale fornace, su quale incudine non (si forgiano) pesanti catene Una grandissima quantità di ferro (serve) per le catene, tanto che si teme che venga meno il vomere, che vengano a mancare la zappa e il sarchiello. 158Felici gli avi degli avi, felici!” diresti quei tempi che un tempo sotto re e tribuni videro Roma contenta di un solo carcere'©. 1614 questi potresti aggiungere altri e numerosi motivi, 1577 147 me incipitario fortemente avversativo, in contrapposizione all’hunc di v. 283; 1 affinché duri il più possibile; #4? questa forte pausa tritemimera spezza il verso; 15° incipit parodisticamente epico scritto col linguaggio tipico della commedia; 15! cioè: “chi ti ha dato da mangiare?” sono queste tutte domande ingiuriose: si insinua di aver mangiato un umile pasto con persone umili; 15° Proseucha è un termine molto raro; 15? gli esegeti non son d'accordo sul senso di questa domanda: forse vorrebbe insinuare che il poveretto era un ebreo, in accordo con la concezione negativa che Giovenale aveva di loro, o forse si riferisce, più probabilmente, al fatto che i mendicanti si mettessero a elemosinare fuori alle entrate delle sinagoghe; 15 con un pugnale; 155 pinus è l’albero di pino, ma in questo caso, per metonimia, indica le pinete stesse; 1 se si rinforza la sorveglianza in regioni più lontane da Roma, ciò priva Roma di una sicurezza in più. Vivarium è la riserva di selvaggina, quindi un luogo pieno di cose da cacciare e depredar: 15” con forte iperbato e tmesi tra le due interrogative di aggettivo e sostantivo e dislocazione della negazione: l'ordine atteso graues ...catenae sarebbe qua fornace, qua incude, non graues catenae? 1 Giovenale presenta una variazione sul tema del pakapiopég, che combina l'esaltazione della felicità di un personaggio con la lode del buon tempo antico; 15° Anafora con poliptoto dell’aggettivo felix; ‘© il carcere Mamertino; 161 la conclusione richiama l'introduzione (ai vv. 10 e 317 si accenna alla partenza di Umbricio). L'addio di Umbricio contiene un confronto tra il proprio ritiro a Cuma, sotto la protezione della Sibilla, e quello di cui il poeta gode talora ma i muli (mi) chiamano e il sole è al tramonto. Bisogna andare; infatti, già da un po’ il mulattiere, muovendo la verga, mi fa segno (di andare)'&.'° Dunque, ciao, ricordati di me, e quando Roma restituirà te, che ti affretti a rimetterti in forze, alla tua Aquino!‘*, chiama anche me da Cuma ai (templi) di Cerere Elvina!9 e alla vostra Diana'£, lo le satire, se quelle non se ne vergognano, verrò ad ascoltare coi calzari da contadino!” nei gelidi campi.” 168 nella sua Aquino, sotto la protezione di Cerere. In opposizione all’orrore per i poeti che recitano in città nel mese di agosto, l’amico si augura di poter ascoltare le satire di Giovenale (vv. 9 e 3215.); ‘2 riferimento wv. 79 ssg. della V ecloga 16 quando decidi di riposarti un po’ e di tornare ad Aquino, chiamami e ci vediamo lì: lo vuole rivedere ma non è assolutamente disposto a tonare a Roma; 16 è sulla base di questa frase che si ritiene che Giovenale fosse originario di Aquino; 1 Con Elvina risalirebbe alla gens degli Elvi che avrebbe costruito un templio a Cerere, altri pensano che sia un neologismo derivato da elbus, giallo, per indicare quindi la bionda Cerere; 16 perifrasi per indicare Aquino; 1? anche dalle calzature si vede il divorzio di Umbricio dalla città. E per questo Umbricio si schernisce temendo che le satire di Giovenale lo rifiutino come ascoltatore; 1 auditor: parte della tradizione porta aiutor (quindi non ascolterebbe le satire, ma aiuterebbe a comporle); altri vedono in questa scena un riferimento alle recitationes delle satire, richiamando il v. 9, anche se in un contesto molto diverso: non a Roma, ma ad Aquino; non ad agosto, ma nel gelido inverno; non con la raffinatezza dei vestiti di Roma, ma quella semplice delle zone di campagna