Scarica "Il cristiano nel mondo. Introduzione alla teologia morale", Fumagalli. e più Sintesi del corso in PDF di Teologia solo su Docsity! Riassunto di "Il Cristiano nel Mondo. Un Invito alla Teologia Morale" Teologia Università Cattolica del Sacro Cuore - Milano 11 pag. Document shared on www.docsity.com Downloaded by: perlawhite (
[email protected]) TEOLOGIA III MEDINA IL CRISTIANO NEL MONDO PARTE PRIMA: Fede cristiana e agire morale Capitolo I: I legami della libertà 1. Morale ed etica Il nome “etica” di derivazione greca e il nome “morale” di derivazione latina sono usati a volte con diverso significato: - ETICA indica la riflessione di taglio filosofico, lo studio fondamentale del problema; - MORALE indica la riflessione di materia religiosa, si riferisce alle norme concrete del comportamento umano. Rimane affermato l’uso sinonimo dei due termini. Potremmo definire l’etica/morale come “ciò che caratterizza” l’agire umano. In base all’accezione arcaica di dimora, l’etica/morale può essere intesa come la “dimora propria dell’uomo”. Cosa caratterizza il modo umano di comportarsi? La libertà: l’agire umano è libero. Ragione e volontà sono gli ingredienti dell’agire libero. L’etica si propone anche come riferimento per l’agire umano. Di conseguenza, l’etica/morale presenta non solo un’accezione interpretativa, ma anche normativa. 2. La presunta libertà Per lungo tempo l’etica è stata concepita in stretta dipendenza dall’Essere divino. Con l’avvento dell’epoca moderna la sfida è quella di reperire un fondamento per l’agire umano come se Dio non esistesse. Lo sforzo di dare alla morale una fondazione autonoma raggiunge il vertice con Immanuel Kant: la sua etica si qualifica come autonoma, indipendente da qualsiasi autorità che non sia la ragione dell’uomo. Disancorato dal divino, l’agire morale appare però in balìa di altre correnti. L’io attorno al quale gravitava l’etica moderna entra in crisi: l’etica si qualifica come post-moderna. Tra i principali maestri che caratterizzano la nascita dell’etica post-moderna spicca Nietzsche. Superando il laicismo del periodo moderno, toglie di mezzo quel Dio che avrebbe inibito l’apparire del superuomo: “Dio è morto”. La libertà individuale, per quanto bella, risulta impossibile. Costretta a fare il bene o il male, costretta comunque a fare, alla libertà sfugge ciò che la renderebbe totale: la scelta iniziale di esistere. Ci sono altre presenze nel campo d’azione della libertà, come il corpo, il mondo, gli altri. Etica laica e teologia morale Aveva ragione Dostoevskij quando osservava che se Dio non esiste tutto è permesso, o si deve riconoscere la possibilità di un’etica atea? L’etica laica della sola libertas e la morale religiosa della sola veritas soffrono dello stesso difetto: entrambe riducono l’equazione ad una sola variabile. Lo smarrimento di una delle due variabili impedisce di riconoscere la loro collaborazione e il peculiare apporto di ciascuna all’agire morale: “verità e libertà o si coniugano o periscono”. Capitolo II: La legge della libertà 1. I dinamismi pasquali della morale cristiana I racconti evangelici della pasqua di Gesù lasciano trasparire i dinamismi essenziali della morale cristiana. Document shared on www.docsity.com Downloaded by: perlawhite (
[email protected]) 5) tempo dell’efficienza, in cui la libertà persegue la scelta compiuta; 6) tempo della gioia, in cui la libertà gode del desiderio realizzato. La diversa gestione dei tempi dell’azione potrebbe rivelare una libertà pigra o una libertà impulsiva. Dei vari tempi, quello della scelta si presenta come decisivo: la libertà decide irreversibilmente di sé. Quando la libertà sceglie di fare qualcosa, simultaneamente rinuncia ad ogni altra fattibile cosa. La scelta tra più possibilità normalmente non pone problemi. Le cose si complicano quando la scelta riguarda l’ambito morale, ovvero azioni qualificabili come buone o cattive: come orientarsi? Le tre fonti della moralità Presupposto necessario di un atto moralmente buono è la bontà di tutte e tre le sue fonti: la negatività morale di una sola vizia tutta l’azione. 1) Oggetto da intendersi come un comportamento liberamente scelto, è il fine prossimo di una scelta deliberata che determina l’atto del volere della persona che agisce. Non coincide con alcun oggetto fisico, ma definisce la specie morale di un’azione (omicidio, furto, adulterio…); 2) Fine costituisce la fonte che deriva dall’attore, designa lo scopo che l’agente persegue compiendo un’azione. Tommaso d’Aquino mette in luce la differenza con l’oggetto “un’azione buona può essere ordinata a un fine cattivo (elemosina per vanagloria) e al contrario un’azione cattiva può essere ordinata a un fine buono (rubo per soccorrere i poveri)”; 3) Circostanze Tommaso definisce la circostanza come una cosa che, pur essendo esterna all’essenza di un atto, in qualche modo lo riguarda, e ciò può avvenire in tre modi: può riguardare l’atto, le sue cause o gli effetti. Pur non modificandone la qualità morale, concorrono ad aggravare o ridurre la bontà o malizia degli atti umani. La valutazione morale di un atto esige la considerazione di tutte e tre le sue fonti. Ma ci sono atti che per se stessi e in se stessi, indipendentemente da circostanze e intenzioni, sono sempre gravemente illeciti a motivo del loro oggetto: la bestemmia e lo spergiuro, l’omicidio e l’adulterio. Sono denominati atti intrinsecamente cattivi. 2. Metafisica dell’atto Reagendo all’eccessiva concentrazione sugli atti, la più recente teologia morale ha recuperato l’importanza del soggetto agente. La scelta della libertà umana rispetto al suo bene fondamentale, Dio, prende il nome di opzione fondamentale. Tale opzione, mediante la quale l’uomo decide radicalmente di sé, accogliendo o rifiutando Dio, è più che tutte le azioni morali come tali, è più profonda, le penetra e le supera. L’indissociabile intreccio tra scelte particolari e opzione fondamentale è vincolo imprescindibile per l’interpretazione dell’agire morale dell’uomo e va posto in relazione con la peculiarità del più grande e primo dei comandamenti “Amerai il Signore Dio tuo e il tuo prossimo con tutto te stesso”: l’originalità sta nella correlazione, chi non ama il proprio fratello non può amare Dio. Il darsi dell’opzione fondamentale nei singoli atti conosce diversità di grado: si distingue tra atti profondi, in cui ne va dell’opzione fondamentale, e in atti periferici, in cui rimane invariata. Il passaggio dal sì al no nei confronti di Dio costituisce il peccato, quello dal no al sì la conversione. La coscienza. Il Vaticano II definisce la coscienza come il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli si trova da solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità propria. Nella storia, ora la si è intesa come voce di Dio (Agostino), ora come voce dell’uomo (Tommaso), nel senso per cui l’uomo, partendo dalla conoscenza dei principi del bene e del male di cui Dio lo ha dotato naturalmente, li applica mediante ragione alle sue singole azioni, giudicandole nella loro bontà o malizia. In Document shared on www.docsity.com Downloaded by: perlawhite (
[email protected]) questa seconda visione (la più influente nella dottrina morale cattolica) la coscienza morale comprende sia la stabile percezione dei principi della moralità (sinderesi), sia il giudizio concreto su atti che sono stati o non ancora compiuti (a cui nel medioevo si riservava la parola conscientia). A fronte del rischio di censura della voce di Dio nell’interpretazione della coscienza, il Magistero insiste sulla necessità di concepire la coscienza come testimonianza di Dio stesso. La coscienza non è più una voce solo divina o semplicemente umana, ma è un fenomeno relazionale, derivante dalla relazione che la libertà umana intrattiene con lo spirito divino, è una voce sinfonica che attesta e giudica le azioni. 3. Storia dell’atto Quando la scelta è di ordine morale, riguarda cioè il bene da fare, succede che l’uomo compiendolo ne entra in possesso, diviene cioè più buono, mentre omettendolo se ne priva e diventa più cattivo. La bontà di cui l’uomo entra in possesso o si priva attraverso le sue scelte diviene condizione/condizionamento del suo agire, un habitus che si specifica in virtù, storia buona della libertà, o vizio, storia cattiva della libertà. Entrambi appartengono alla libertà: la virtù entra a determinare il bene fatto dalla libertà, il vizio il male. Virtù Aristotele insegna che la virtù è acquisibile dall’uomo mediante l’esercizio ripetuto e costante di un’azione buona ed è quindi il prodotto dell’attività dell’uomo. La genesi antropocentrica della virtù è il motivo per cui non compare nella Bibbia. La successiva riflessione teologica, incrociando la filosofia greco-classica, ha assunto il concetto di virtù. Ciò nel Medioevo specialmente con Tommaso d’Aquino, che ha integrato la concezione filosofica di Aristotele con quella di Agostino, per il quale la virtù è una qualità buona della mente umana con la quale rettamente si vive e che Dio produce in noi senza di noi. L’articolazione delle virtù Tommaso provvede all’integrazione del quartetto delle virtù morali di prudenza, giustizia, fortezza e temperanza, mutuate dalla tradizione filosofica e introdotte nel cristianesimo col nome di virtù cardinali da Ambrogio da Milano, con la triade delle virtù teologali di fede, speranza e carità. Le virtù teologali non si aggiungono alle morali per addizione, ma si infondono in esse. In particolare è Paolo che formula la triade fede, speranza e carità. Possiamo definire: - la carità come l’attrazione dell’amore di Dio; - la fede come l’affidamento all’amore di Dio; - la speranza come il movimento nell’amore di Dio. Paolo parla dell’agape, la carità, come delle più grandi virtù teologali (“Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità!”). Essa è l’origine, il senso, il movimento e anche il fine della vita cristiana. 4. Lo sviluppo morale Poiché l’infusione della virtù nell’uomo è opera dello Spirito santo, la virtù può essere descritta come la forma spirituale della libertà, la configurazione che la libertà assume quando è abitata dallo Spirito. Tale forma è realizzata durante l’intera storia dell’uomo. La visione dinamica dell’agire morale può avvalersi della legge della gradualità di cui si parla nell’Esortazione apostolica Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II. In essa si evidenzia la storicità dell’uomo: “l’uomo chiamato a vivere responsabilmente il disegno di Dio è un essere storico, che si costruisce giorno per giorno con le sue scelte libere”. Capitolo IV: Le scelte della libertà La libertà si trova impegnata nell’alternativa tra due possibili scelte: la scelta del male, definibile peccato, e la scelta del bene, definibile conversione. Document shared on www.docsity.com Downloaded by: perlawhite (
[email protected]) 1. Il peccato L’iniziativa dello Spirito santo obbliga la libertà a reagire, impedendo spazio di astensione rispetto all’amore di Cristo: “Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde”. L’unico peccato imperdonabile è quello contro lo Spirito santo. In analogia col rigor mortis che caratterizza la morte biologica, il peccato, in quanto indurimento della libertà, viene definito mortale. Il peccato come disamore Considerando che lo Spirito instilli l’amore di Cristo nell’intimo dell’uomo, il peccato può essere definito come disamore: è la maligna opposizione all’amore. Il disamore peccaminoso è la distrazione dall’amore integrale di Cristo e la deviazione verso forme di pseudo-amore: commettere peccato significa omettere di amare integralmente. Le forme principali di disamore potrebbero essere descritte attingendo alla tradizione dei vizi capitali. La distinzione dei peccati Peccato mortale coincide con l’interruzione della relazione con Dio e il prossimo. Non si restringe a un atto puntuale, ma comporta il protrarsi di una relazione interrotta. Ciò non compromette la possibilità che si realizzi con un solo atto; Peccato veniale crea le premesse per la rottura della relazione amorosa con Dio e il prossimo. Può essere riconosciuto come la preistoria del peccato mortale. Le condizioni del peccato Tre elementi la cui compresenza comporta il peccato mortale e l’assenza di uno dei quali comporta il peccato veniale: - piena avvertenza e deliberato consenso fanno riferimento alla percezione del bene del prossimo e alla disposizione a realizzarlo; - materia grave è precisata dai Dieci comandamenti. Si deve tener conto delle qualità delle persone lese. 2. La conversione Rispetto all’attrazione dello Spirito, la libertà può arrendersi e lasciarsi plasmare affinché ami come Cristo: ciò avviene nel corso del tempo. La meta è l’uomo perfetto, che raggiunga la misura della pienezza di Cristo. La storia della conversione non conosce solo il progresso lineare, ma anche arresti, cadute, regressi. La conversione iniziale La conversione ha il suo momento iniziale nell’atto di fede. Il momento sacramentale è quello del battesimo, il quale però benché tolga il peccato lascia la concupiscenza. L’inizio della conversione morale si caratterizza come liberazione dal dominio della concupiscenza in modo tale che la libertà non assecondi la sua inclinazione al peccato. Strumento necessario è il sacramento della riconciliazione. La conversione progressiva Impegno a far sì che nessuna azione sia senza amore, è una lotta contro il peccato veniale. Bisogna riconoscere e combattere il peccato fin dal suo comparire come tentazione, che come atto sulla libertà richiede di reagire. La tradizione cristiana distingue la tentazione tra diavolo, mondo e concupiscenza. La tentazione diabolica agisce sulle altre due. Tentazione mondana detta occasione di peccato, si intende una circostanza che costituisce occasione esteriore di tentazione. Secondo la gravità del peccato si distingue in occasione prossima o remota; secondo la possibilità di evitarla si parla di occasione necessaria o volontaria di peccato. Concupiscenza è la tentazione interiore e sorge come deformazione della coscienza. Il racconto di Document shared on www.docsity.com Downloaded by: perlawhite (
[email protected]) Hanno diverse origini. Le cellule embrionali sono totipotenti, in grado di dare vita a tutte le cellule somatiche dell’individuo; si è scoperta la possibilità di trarre le stesse cellule da altre origini, innanzitutto da materiale fetale come il cordone ombelicale. Lo stesso organismo adulto ne conserva, ma sono meno versatili di quelle embrionali e sono dette pluripotenti. L’utilizzo delle cellule embrionali porta a problemi etici. Prelevare cellule da un embrione significa distruggerlo: indicazioni legali vietano ovunque la produzione di embrioni al fine specifico della ricerca, ma si consente l’utilizzo di embrioni soprannumerari frutto di pratiche di procreazione medicalmente assistita. Legata alla ricerca sulle cellule staminali troviamo anche le pratiche di clonazione terapeutica. Clone è un insieme di entità biologiche che derivi da un unico progenitore attraverso una serie di duplicazioni successive. Il clone è copia identica del progenitore e due sono i metodi possibili: splitting e trasferimento nucleico. E’ unanime il rifiuto di clonazione per finalità riproduttive, mentre le posizioni si differenziano a riguardo della clonazione terapeutica. Capitolo IV: Un nuovo modo di morire? EUTANASIA Con l’epoca moderna il termine si riferisce ad un atto che procura o accelera la morte al fine di alleviare le sofferenze. Ciò che è discriminante è l’intenzione che muove l’agire. L’uccidere al fine di alleviare le sofferenze è sempre eutanasia, il lasciar morire può esserlo, ma non sempre. La possibilità di sospensione di cure anche vitali può configurarsi infatti come legittima sospensione di atti medici sproporzionati. Così come l’eutanasia indiretta (ad esempio la prescrizione di un analgesico all’interno di una terapia del dolore consapevoli che il farmaco abbrevia la vita) non comporta eutanasia. Suicidio assistito è la situazione in cui l’operatore non agisce in prima persona nel procurare la morte, ma fornisce al malato le conoscenze e gli strumenti affinché possa procedere da solo. La pratica opposta all’eutanasia si definisce distanasia o esubero terapeutico (più diffuso accanimento): si tratta della dilazione ad oltranza della morte attraverso l’utilizzo di tecniche mediche e si configura come applicazione al malato di mezzi sproporzionati rispetto alla propria condizione. Si riconosce in entrambe la stessa dinamica di fuga dall’evento della morte. Il compito etico chiede invece di trovare un equilibrio nella ricerca di cure proporzionate. PARTE QUARTA: Persona e società Individuo e società La tensione fondamentale oggi sussistente sembra essere quella tra individuo e società. C’è uno scarto sempre più marcato tra il cittadino, o più semplicemente l’uomo che pensa se stesso come un io isolato, e la società, intesa come realtà periferica e sganciata dal vissuto personale. In realtà la persona è sempre un “essere in relazione”. A fronte di tale approccio individualista al sociale, apprezzate sono le relazioni comunitarie o primarie in cui prevalgono i tratti del riconoscimento dell’altro e dell’attivo coinvolgimento. La libertà dell’uomo si rende afferrabile almeno in tre dimensioni: personale, comunitaria, istituzionale. Etica ed economia La domanda sui rapporti tra etica ed economia concerne la questione macroeconomica fondamentale: quale sistema economico per l’oggi? La Dottrina Sociale della Chiesa è per una particolare modalità di sistema economico, alla quale possono corrispondere in concreto differenti modelli, tuttavia ispirati a precisi criteri etici: - un’economia in cui Stato, mercato e corpi intermedi abbiano ciascuno un compito riconosciuto e apprezzato al servizio del bene comune; - un’economia in cui al mercato sia riconosciuto un ruolo positivo, ma sempre da orientarsi al bene comune; - un’economia articolata basata su una pluralità di interventi e soggetti; Document shared on www.docsity.com Downloaded by: perlawhite (
[email protected]) L’odierna globalizzazione è intesa nella sua ambivalenza: da un lato capace di alimentare nuove speranze, dall’altro anche inquietanti interrogativi. Rappresenta sia un’occasione di incontro e di crescita per l’umanità, sia una realtà da sottoporre a costante vigilanza e responsabilità, dal momento che a livello internazionale i rapporti economici e di conseguenza politico-economici possono condurre a squilibri enormi, come pure se ben governati divenire strumento di solidarietà. Etica e politica nell’insegnamento sociale della Chiesa Il progetto etico-politico derivante dalla Dottrina Sociale della Chiesa non prospetta un ideale, ma un orientamento per la libertà inclusa in ogni azione politica. I tre cardini della prospettiva etica sono i principi, i valori, le virtù. Sei sono i princìpi – di cui quattro basilari – che di fatto tutelano le grandi dimensioni del rapporto sociale, in grado di disegnare la trama di fondo del progetto della Dottrina Sociale della Chiesa. Devono essere apprezzati nella loro unitarietà, connessione e articolazione e sono: 1) Principio personalista; 2) Bene comune e 3) destinazione universale dei beni, sua stretta implicazione per la vita economico- sociale; 4) sussidiarietà e 5) partecipazione, sua conseguenza per definire l’apporto della società civile a tutti i livelli; 6) solidarietà, nella sua duplice veste di principio e di virtù morale. Pur essendo un disegno unitario, il suo svolgimento deve essere elaborato a partire dai singoli principi. 1) Il primato della persona umana su ogni modalità della vita politica e sociale. Tale è il principio personalista, per il quale la persona è soggetto, fondamento e fine della vita sociale. Tutela, oltre che la dignità dell’uomo e i diritti umani, la partecipazione del cittadino alla vita sociale. 2) A riguardo della società civile e del suo primato nei confronti delle istituzioni vale il principio di sussidiarietà. Tutela alla promozione di una società articolata e differenziata in una pluralità di soggetti, al rispetto e alla promozione delle autonomie locali, al decentramento amministrativo. L’azione dei pubblici poteri deve avere carattere di orientamento, stimolo, coordinamento, supplenza e integrazione. 3) A governare la politica è preposto il principio di solidarietà, per il quale essa deve tendere alla condivisione e redistribuzione corretta di beni e oneri, al riconoscimento pratico della pari dignità e dell’uguaglianza di tutti di fronte alla legge e alle istituzioni. La politica si configura come corresponsabilità di tutti nei riguardi di tutti gli altri. La solidarietà assurge a virtù sociale per eccellenza. 4) Il principio del bene comune determina il fine al quale deve mirare l’intera azione politica. E’ il bene più elevato di ogni altro, in quanto perfezione della comunità e quindi superiore e più arduo del bene del singolo. Si concretizza previamente nell’insieme di quelle condizioni sociali che favoriscono negli esseri umani lo sviluppo integrale della persona ed esprime la ricerca incondizionata del bene di tutti. 5) La politica va ispirata al principio della partecipazione, affinché la cittadinanza risulti matura e attrice della vita del proprio Paese. Un progetto come quello abbozzato potrebbe trovare attuazione in una corretta realizzazione dello Stato sociale, che ne porti a pienezza le valenze positive attenuandone il più possibile i limiti imputabili alla sua realizzazione storica. Ritratto del politico cristiano “La coerenza chiesta al cristiano riguarda sia i contenuti che i metodi della politica. Egli è chiamato ad Document shared on www.docsity.com Downloaded by: perlawhite (
[email protected]) operare secondo una logica di servizio al bene comune, quindi con umiltà e mitezza, competenza e trasparenza, lealtà e rispetto verso gli avversari” (nota pastorale della Conferenza Episcopale Italiana). Nell’insegnamento sociale della Chiesa l’opzione preferenziale è per la democrazia in quanto assicura la partecipazione dei cittadini. La laicità (dal greco laikòs, del popolo) attiene a qualcosa che appartiene a tutti indistintamente. Correttamente intesa non implica rinuncia all’etica, anzi aiuta a cogliere che la decisione politica ha sempre a che fare con l’etica in quanto ingloba in sé elementi favorevoli o meno all’uomo. Legge e giustizia nella sacra Scrittura Nell’Antico Testamento la Legge è espressione dell’Alleanza tra Dio e il suo popolo, guida di un cammino di fede. In negativo il suo significato è quello di delimitare il male, favorendo la corretta percezione del bene. Nel Nuovo Testamento non è tolta la differenza tra giustizia degli uomini e giustizia di Dio, né viene vanificata la prima, anzi è raccomandato che la tensione tra le due sia avvertita e vissuta in direzione della seconda e più alta. L’autentica giustizia, annunciata nella Scrittura come prerogativa esclusiva del Dio di Gesù Cristo (il solo giusto), non può attestarsi al semplice livello dell’osservanza di procedure (Pilato) o delle tradizioni (farisei). Impone di mettersi in gioco, anche radicalmente, nei confronti della verità. In epoca romana il diritto vanta il primato e una pretesa di intrinseca eticità, in quanto apportatore di giustizia. Fondamento del diritto è la natura dell’uomo e per questo i principi generali sono applicabili a tutti. Nel Medioevo si verifica la massima vicinanza tra diritto e giustizia. La giustizia, considerata virtù, contempla tre forme: - generale o legale (si concretizza nell’osservanza delle leggi) - distributiva - commutativa L’integrazione/correzione della giustizia è realizzata tramite l’equità in quanto miglioramento qualitativo. Senza l’equità, la giustizia è rigida applicazione della legge senza pietà. L’incomprensione dell’equità fa sì invece che sia concepita come arbitrio. Il perfezionamento della giustizia è opera della carità. Nella stagione moderna l’intesa tra diritto e giustizia diviene sempre più faticosa. Diritto è ciò che è comandato dalla legittima autorità. Accanto alla legge naturale (giusnaturalismo) si afferma la legge positiva (giuspositivismo). La giustizia ne esce attenuata. Tra etica e diritto sociale ci sarà sempre maggiore estraneità. Il diritto pretenderà che le leggi siano osservate, disinteressandosi della questione del bene. L’Illuminismo è la stagione dei diritti dell’uomo e del cittadino come fondamento di tutte le altre leggi. Oggi sono presenti alcune nuove forme di giustizia sociale, in particolare la teoria della giustizia come equità prospettata da Rawls, che esige il crearsi di una parità di condizioni per tutti quale premessa necessaria al costituirsi di una nuova società, più giusta perché più equa. Le due principali regole di questa teoria sono: l’uguaglianza, per la quale i beni fondamentali in una società devono essere distribuiti in modo equivalente e la differenza, in base alla quale ogni diversità deve essere adeguatamente compensata o giustificata da una maggiore utilità. Il diritto è un linguaggio a servizio della giustizia e della verità. Non può sostenere totalmente le esigenze dell’etica, ma ad esse deve approssimarsi quanto più possibile. A livello personale è richiesta prima di tutto la lealtà nel rispetto delle leggi. Document shared on www.docsity.com Downloaded by: perlawhite (
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