Scarica il cristiano nel mondo riassunto capitolo 1 e più Sintesi del corso in PDF di Teologia solo su Docsity! IL CRISTIANO NEL MONDO: INTRODUZIONE ALLA TEOLOGIA MORALE La morale cristiana L’incontro con Cristo che invita a corrispondere il suo amore è narrato nell’episodio evangelico in cui Gesù dialoga con un giovane ricco. A partire da questo dialogo Giovanni Paolo II nell’enciclica Veritas Splendor illustra il modo vivo e incisivo del messaggio morale cristiano. Ed ecco, un tale li si avvicinò e disse: 1. “Maestro, che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?” 2. Gli rispose: “perché mi interroghi su ciò che è buono? buono è solo uno. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti.” Gli chiese: “quali?”. Gesù rispose: “non ucciderai, non commetterai adulterio, non ruberai, non testimonierai il falso, onora il padre e la madre”. Il giovane gli disse: “tutte queste cose le ho osservate; che altro mi mannca?” 3. Gli disse gesù “se vuoi essere perfetto va vendi quello che possiedi, e avrai un tesoro nel cielo, e vieni! Seguimi!”. Udita questa parola, il giovane se ne andò, triste, possedeva infatti molte ricchezze. (Mt 19,16) Il dialogo tra il giovane ricco e Gesù può essere suddiviso in tre momenti, imperniati attorno a tre concetti: la vita eterna, i comandamenti di Dio e la sequela di Gesù. La forma dialogica comporta un discorso che scorre tra due interlocutori. La morale cristiana è dialogo interpersonale, relazione vitale di due persone. Il desiderio dell’uomo Il dialogo della scena evangelica comincia con la domanda di “un tale” che resterà anonimo. L’anonimato universalizza la sua identità: quel tale rappresenta ogni uomo che s’interroga sul bene e la felicità. La felicità è il desiderio di ogni uomo e ogni scelta è volta alla sua conquista. C’è una differenza nei modi di intendere la felicità: per la gente comune si tratta di qualche cosa di visibile, per i sapienti si tratta di qualcosa di più. L’individuo pensa alla felicità in maniera diversa, se è malato identifica la felicità con la salute, se è povero con la ricchezza… è sulla scorta del desiderio di un bene maiuscolo che il giovane intraprende il suo discorso con Gesù. La domanda che egli pone, non riguarda solo il fine della felicità ma anche i mezzi per raggiungerla. Si tratta di una domanda che verte su “che cosa fare”, un fare che ha i tratti dell’obbligo e le qualità del bene. Il giovane chiede infatti che cosa deve fare di buono per essere felice. Ancor prima del suo incontro con gesù il giovane sa che per essere felice dovrà fare del bene. C’è nell’uomo un legame naturale tra la felicità e il fare bene: legame che si può chiamare coscienza. Nella coscienza dell’uomo vi è la spontanea divisione tra bene e male e la convinzione che si deve “fare del bene ed evitare il male”, questo è il principio fondamentale della legge naturale intrinseca nella natura umana. La chiarezza con cui l'uomo sa che deve fare del bene ed evitare il male si attenua quando Egli deve determinare che cosa sia buono o cattivo. Riflettendo su questo concetto Tommaso d'Aquino scrive che “la legge naturale quanto ai primi principi universali è identica in tutti gli uomini, ma rispetto alle sue applicazioni è identica presso tutti nella maggior parte dei casi” in alcuni casi particolari anche un principio generalmente chiaro potrebbe risultare insufficiente e fuorviante. il giovane si rivolge a Gesù affinché lo aiuti a discernere nel concreto della sua esistenza il bene da fare. Gesù appare i suoi occhi non semplicemente come maestro ma come il “maestro buono”. Gesù si presenta come uno che non si limita a parlare agli altri del bene ma lo vive in sé quindi non è semplicemente maestro ma testimone e maestro perché testimone. La legge di Dio Gesù gli risponde interrogandolo sui motivi della domanda e poi svela al giovane la profondità divina del bene, gli fa notare che solo Uno è il vero Bene, “l’uno solo buono” a cui si riferisce Gesù nelle scritture di Matteo è Dio, come risulta dalla risposta che Gesù da: “perché mi chiami buono? Nessuno è buono se non 1 Dio solo”. Interrogarsi sul bene è già mettersi sulle tracce di Dio. Le azioni buone dell’uomo lo immergono nel Bene Divino mentre le sue azioni cattive lo privano della divina Bontà. La vita buona è la condizione affinchè l’uomo goda della vita stessa di Dio. Gesù invita il giovane a rispettare i comandamenti, nelle due tavole di pietra consegnate a Mosè ebraismo e cristianesimo rinvengono il Decalogo, e distinguono i comandamenti della prima tavola, riguardanti Dio e i sette della seconda tavola che riguardano il prossimo. Gesù fornisce al giovane un elenco dei comandamenti della seconda tavola (non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre) ci si domanda come mai gesù si limiti solamente ai comandamenti della seconda tavola sospettando che questi comandamenti possano essere sganciati da quelli della prima tavola riguardanti dio. Ma gesù ha già ricordato al giovane la stretta relazione tra il bene morale e Dio. Ma il giovane risponde che già li rispetta e quindi la sua domanda rispecchia il desiderio di andare oltre. Il desiderio di felicità dell’uomo non trova appagamento nella sola osservazione dei comandamenti. La sequela di Gesù La risposta di Gesù alla richiesta del giovane verte sulla vendita delle ricchezze a favore dei poveri. Il desiderio di perfezione del giovane viene calibrato sugli altri. La perfezione morale non consiste nell’inappuntabile pratica di precetti impersonali, ma nella dedizione personale agli altri, scegliendo di preferenza i poveri. Perciò morale cristiana è: l’amore verso il prossimo in funzione del Signore. Nella difficoltà del giovane a cambiare vita si può vedere la difficoltà dei giovani d’oggi a fare scelte di vita radicali. Nella difficoltà a rinunciare ai propri beni si vede l’atteggiamento degli avari. In entrambi i casi, Gesù dice ai discepoli che difficilmente un ricco entrerà nel Regno dei Celi. Agli apostoli perplessi spiega che non intende con questo condannare all’impossibilità, perché se all’uomo la salvezza è impossibile, a Dio tutto è possibile: quindi occorre affidarsi a Dio. In ogni uomo c’è il desiderio di felicità eterna e però è difficile conquistarla rinunciando alla felicità terrena, perché i piaceri terreni possono allontanare dal desiderio di una felicità divina. È necessario tenere presente la nostra guida, Gesù, per incamminarsi verso Dio, in cui trova pace il desiderio che l’uomo ha nel cuore. PARTE 1: FEDE CRISTIANA E AGIRE MORALE (Aristide Fumagalli) Capitolo1 La morale dell’amore L’ingresso nella teologia morale fondamentale è suggerito dall’etimologia delle parole: 1. Teologia 2. Morale 3. Fondamentale L’etimologia di queste tre parole risale alla lingua greca e latina. 1. Teologianella lingua greca il nome theologia compone il termine “thèos” (dio) e “logos” (discorso). Quindi stando all’etimologia la teologia allude a un duplice significato essa è: - Discorso di dio cioè discorso fatto da Dio all’uomo - Discorso su Dio cioè discorso fatto dall’uomo su Dio. La teologia esprime un contenuto comprensibile, la teologia è definibile come discorso logico tra Dio e l’uomo. Questo significato vale soprattutto per la teologia occidentale la quale si struttura come intelligenza della fede (intellectus fidei) 2 vivere con voi un tormento molto peggiore che se foste rimasti egoisti.La via Cristiana è diversa, Cristo dice: - Dammi tutto. Io non voglio non tanto del il tuo tempo e tanto del tuo denaro e un tanto del tuo lavoro: voglio te. Non sono venuto a tormentare il tuo io naturale ma ad ucciderlo. Le mezze misure non servono. (...) deponi tutto il tuo io naturale, tutti i desideri, sia quelli che ti paiono Innocenti sia quelli che ti paiono malvagi. In cambio ti darò un nuovo io. Ti darò me stesso: la mia volontà diventerà la tua.-” Una simile dipendenza sembrerebbe contrastare il tentativo postmoderno di una morale della sola libertà, indipendente e autonoma. Assecondare la volontà Divina, dichiarando come Cristo ci ha insegnato a fare: “sia fatta la tua volontà” non significa rinnegare la libertà umana? giungere ad affermare, come San Paolo: “non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” non vuol dire soppiantare ogni autonomia dell'uomo? a questo punto cosa resta dell'uomo? Il concedere totalmente all'altro di entrare nella propria vita può divenire il lasciapassare per la sua violenza. A meno che l'altro non sia l'amore. Allora il legame più stretto non è più catena ma Alleanza. La morale Cristiana è propriamente l'alleanza di Dio con l'uomo, e il paradosso cristiano consiste nel credere che la dipendenza da Dio non sia la negazione ma la possibilità stessa della Libertà di esistere e di agire. La morale cristiana appare più scettica e più fiduciosa dell’etica postmoderna. Più scettica circa la capacità di autonomia della libertà e più fiduciosa sulla possibilità della libertà di realizzare grazie all’amore di Dio, anche l’impossibile. Nella misura in cui la libertà corrisponde all’amore di Dio viene abilitata a vivere come lui. l’arternativa tra etica postmoderna e morale Cristiana ripropone all'uomo il dilemma di sempre: confidare in sé stesso oppure affidarsi a Dio. L'Antico mito di Sisifo, raccontato nell' Odissea, esprime la condizione dell'uomo che pretende di reggere da solo il peso del bene: Sisifo nel mito, teneva con entrambe le mani un masso immenso, spingeva questa pietra su un colle ma appena arrivava alla fine della collina la Violenza lo travolgeva e rotolava di nuovo in pianura, così Sisifo doveva rincominciare a spingere e “dalle membra gli colava il sudore, dal suo capo si levava la polvere”. Dalla faticosa e vana pretesa dell’uomo di scalare da solo le vette del bene si distanzia l’esperienza dell’uomo che viene sollevato come su ali d’aquila fino alle altezze dell’amore divino. Proprio così dante, nella Divina Commedia, sogna l’esperienza della grazia: “in sogno mi parea veder sospesa un’aguglia nel ciel con penne d’oro, con l’ali aperte e a calare intesa. Poi mi parea che, rotata un poco, terribil come folgor discendesse, e a me rapisse suso infino al foco.” La morale cristiana è la morale di chi si arrende all’amore di Dio. È stata spesso pensata come la conquista di una montagna, dove In primo piano sta lo sforzo dell'alpinista che si arrampica sulla vetta, e questo ha fatto dimenticare che lo sforzo è possibile perché la roccia solida: se non ci fosse la roccia ogni procedere sarebbe vano. la morale Cristiana è possibile perché Dio la consente. Il miglior paragone quello del mare, al nuotatore che vuole immergersi non è chiesto di agitarsi per stare a galla, finirebbe per annegare, ma gli viene chiesto di fidarsi dell'acqua che in grado di sostenerlo. Per questo la legge primaria della morale Cristiana è quella di immergersi nel mare dell'amore, vincendo la paura che costringe a stare presso la riva per poter toccare il fondo e convincersi così che per poter stare a galla è necessario fidarsi solo di se stessi. ci vengono presentate due opzioni: confidare in sè stessi diffidando di Dio oppure diffidare di se stessi affidandosi a Dio. nel primo caso la libertà sarà trattenuta nelle secche dell’egoismo, nel secondo caso s’immergerà nel mare dell’amore. Secondo la visione Cristiana l'agire morale dell'uomo dipende dalla fidarsi a Dio. la fede Cristiana riconosce la pienezza della manifestazione Divina in Gesù Cristo: per mezzo di la rivelazione di Dio giunge al suo definitivo compimento. ditale complimento la sacra scrittura è testimonianza canonica, ovvero regola su 5 prima Insuperabile della fede Cristiana. siccome Cristo ha compiuto la rivelazione Divina con la sua morte e la resurrezione, l'interpretazione Cristiana della Sacra scrittura Troverà in tali eventi la sua chiave di svolta. l'annuncio Pasquale che: “ Cristo morì per i nostri peccati secondo le scritture e che fu sepolto è che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture” rappresenta la prima traccia letteraria attorno alla quale la fede della comunità Cristiana delle origini ha raccolto è strutturato l'insieme degli scritti neotestamentari. lo studio della sacra scrittura costituisce “l’anima della sacra teologia”. è pertanto nell’intreccio narrativo dell’evento pasquale che si possono scorgere i dinamismi essenziali della morale cristiana. Giunta l'ora della Pasqua Gesù preannuncia i discepoli nel senso della sua morte della sua resurrezione: “ io quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me”. l’annuncio di Gesù suggerisce una lettura dei racconti degli eventi Pasquali attenta al loro profilo morale, cioè all'intreccio tra l'agire divino e l'agire umano. Tra le cause fisiologiche della morte di Gesù vi è l'asfissia punto dopo essere stato appeso in croce per alcune ore Gesù, non più in grado di sollevare il torace per inspirare emette l'ultimo respiro. in esso l'evangelista Giovanni cogli un segno che rivela il dono dello Spirito Santo, consegnato all'umanità da Cristo in virtù della sua morte. Infatti l'evangelista al posto di usare il verbo “exépneusen” (spirò) preferisce utilizzare l’espressione “consegnò lo spirito” che può significare sia lo spirare di Cristo che l’effusione del suo spirito sull'umanità. La morte e la resurrezione di Cristo sono il culmine della rivelazione di Dio Padre. Ma che cosa accade nella Pasqua di Cristo, il riferimento alla libertà degli uomini peccatori? Cristo giunge a perdonare oltre che i suoi discepoli anche i suoi avversari, invoca il perdono per coloro che lo stanno uccidendo: “ padre Perdona loro perché non sanno quello che fanno”. Gesù dimostra che Dio offre il perdono ai peccatori ancora prima anche costoro abbiano deciso di convertirsi. Il perdono di Gesù dalla Croce raggiunge l'umanità in ogni tempo e in ogni luogo grazie allo Spirito Santo da lui donato alla chiesa. In questo modo la libertà umana viene perdonata dalle molteplici forme di rifiuto di Dio emblematicamente narrate nella passione di Cristo: dal tradimento di giuda al rinnegamento di pietro, dalla fuga dei discepoli al voltafaccia della gente di Gerusalemme, dalla malvagità degli avversari Giudei alla crudeltà dei carnefici romani. Il perdono di Gesù crocifisso non solo purifica le colpe dei peccatori ma li mette nella condizione di affidarsi a Dio. Il suo atto di perdono lascia risplendere la singolarità assoluta della paternità di Dio cui ogni uomo, nonostante i suoi peccati, può rivolgersi chiamandolo “ Padre Nostro”. Perdonata dallo spirito, la libertà umana può attuarsi in maniera differente i racconti evangelici della passione, morte e resurrezione di Gesù attestano la diversa possibilità di ogni uomo di rifiutare oppure di corrispondere l'attrazione esercitata da Cristo. La libertà degli uomini può anche irrigidirsi in un rifiuto, i quattro Vangeli sono concordi nell’attestare che un tale rifiuto si è verificato. Per gli Evangelisti la crocifissione di Gesù è stato il tentativo estremo dei suoi avversari dimostrare la falsità della sua consapevolezza di essere il figlio di Dio e il mediatore Della salvezza di Dio. La provocazione di scendere dalla Croce mossa dai nemici di Cristo minerebbe a smascherare il sedicente figlio di Dio: se egli lo fosse veramente non potrebbe morire maledetto dalla legge divina. Numerosi avversari di Gesù non hanno creduto in lui. Davanti al tuo Sepolcro vuoto, i sommi sacerdoti e gli anziani di Gerusalemme si attivano per diffondere una falsa diceria. Successivamente i discepoli di Gesù furono perseguitati e martirizzati Davanti alla croce la libertà umana viene sollecitata dallo spirito santo ad arrendersi all'azione salvifica di Dio Padre. Di grande valenza è il fatto che nel Vangelo secondo Marco, sia un pagano, il Centurione romano che aveva eseguito la condanna a morte ad emettere la professione di fede dicendo: “veramente quest'uomo era il figlio di Dio”. Ma è soprattutto grazie allo sguardo credente di coloro che, con Maria, seguono Gesù fino a sotto la croce, che il crocifisso risplende nel suo fascino. Gesù dona la sua vita a favore degli uomini. Il senso profondo di questo atto è anticipato nel gesto eucaristico dell'ultima cena. Con il dono di sé espresso mediante l'offerta del pane e del vino, Gesù consente alla gloria di Dio di manifestarsi in tutto il suo splendore. 6 I racconti evangelici della Pasqua di Gesù lasciano trasparire i dinamismi essenziali della morale Cristiana: l'attrazione dello Spirito Divino, dono di Cristo e perdono per gli uomini, l'azione della Libertà umana, che può resistere oppure arrendersi alla sottrazione dello spirito. - l'attrazione dello spirito→ la Pasqua di Gesù è un evento trinitario. Morendo sulla croce Gesù si consegna nelle mani del padre liberandolo come il figlio amato nella comunione amorosa dello Spirito Santo. Consegnato al padre il figlio Gesù attira l'umanità all'interno dell'amore trinitario rendendola partecipe dello Spirito Santo che egli offre gratuitamente agli uomini. La solidarietà incondizionata di Gesù e quindi il raggio di azione dello Spirito Santo da lui donato non conosce limiti dato che Gesù ha versato il suo sangue per tutti, consegnandosi nelle mani dei peccatori. Mediante il dono dello Spirito Santo, il padre riplasma gli uomini peccatori a immagine del figlio affinchè scelgano in piena libertà di lasciarsi attirare nella comunione trinitaria. La potenza creativa dello spirito è tale da ricreare persino una libertà, perdonandola, ridonandola a se stessa qualora essa si fosse liberamente perduta a causa del rifiuto del dono divino. - l’azione della libertà→ Lo spirito santo effuso da Gesù include tutti e non esclude nessuno dal suo raggio d'azione. l'inevitabile attrazione dello Spirito Santo necessita la libertà ad agire obbligandola a scegliere tra la resistenza e la resa. La libertà umana può resistere all'attrazione dello Spirito Santo e rifiutando di essere ricreata in Cristo e indurendosi progressivamente nel peccato, altrimenti può affidarsi all'attrazione dello spirito lasciandosi riconciliare con Dio e convertirsi. Attraendo ogni cosa a sé Cristo imprime nella storia un movimento unitario. Tale movimento non si realizza immediatamente ma può essere paragonato a un’ascensione graduale. Il dinamismo graduale della morale rivelata nella Bibbia può essere illustrato tenendo conto delle principali articolazioni del canone biblico, ovvero della distinzione tra antico e Nuovo Testamento e dell'associazione dei testi da Genesi sino ad apocalisse. Un approccio Canonico alla Bibbia permette di riconoscere 4 gradi nella progressione del dono Divino a fondamento e orientamento della risposta umana: il dono della creazione→ la Bibbia presenta Dio come creatore di tutto quello che esiste. Il dono della creazione è narrato soprattutto nel libro della Genesi e in alcuni salmi. Nella Genesi il dono specifico di Dio creatore all'uomo è di averlo creato a sua immagine e somiglianza, come un essere capace di una relazione personale con lui. Nei salmi si presenta la continuità della creazione da parte di Dio che mantiene in esistenza le creature a cui ha dato vita. il dono dell'Alleanza→ il dono di Dio all'umanità si manifesta ulteriormente nell'alleanza che il Signore (Jhwn) stipula con Mosè e il popolo di Israele. Il Dio alleato libera il popolo dalla schiavitù mortale in Egitto, lo accompagna attraverso il deserto, gli dona la legge affinché mantenga Il cammino della Libertà, lo accoglie nella Terra promessa. L'alleanza con il Signore Dio testimoniata nei libri della legge costituisce il fondamento permanente della vita del popolo di Israele. Le esigenze dell’Alleanza sono richiamate nei libri dei Profeti. il giorno della nuova Alleanza→ Il dono di Dio cominciato con la creazione prolungato con l'alleanza giunge al suo compimento con la nuova Alleanza nella Pasqua di Cristo. Il giorno della nuova Alleanza, offerta gratuitamente specialmente per la remissione dei peccati, potenzia il dono sino alla misura del perdono. La nuova Alleanza si caratterizza per la sua universalità ed eternità. il dono della vita eterna la nuova Alleanza dischiude all'uomo la vita eterna quale meta escatologica della sua vita terrena. La nuova Alleanza è dono che è destinato a manifestare i suoi benefici non ancora evidenti. La potenza della nuova Alleanza sarà tuttavia compiutamente 7