Scarica Il culto di Cerere: storia e caratteristiche e più Sintesi del corso in PDF di Storia Antica solo su Docsity! Storia del culto di Cerere ITALIA ANTICA La prima attestazione dell’esistenza della dea Cerere è un’iscrizione su di un’urna falisca datata al 600 a.C. circa, nella quale compare il suo nome e che era associata al farro o spelta. Esaminando le testimonianze epigrafiche viene inserita tra le divinità adorate dagli osco-umbri o sabelli- umbri, forse anche dagli etruschi, anche se le testimonianze a riguardo sono dubbie, soprattutto per questi ultimi. Un reperto importante, la Tavola di Agnone1, una tavoletta in lingua osca, ci fornisce informazioni su una presunta “grotta di Cerere” e dei riti che vi si svolgevano, inerenti la dea o altre divinità a lei legate o a dei ruoli marginali a lei attribuiti; il nome citato non è direttamente Cerere, ma il suo equivalente osco “Kerri(- e)”. In un’altra iscrizione, di origine capuana, viene nominata la dea “Keri Arentikai”2 3 o Cerere Ultrix, la “vendicatrice”; questo epiteto richiama la sua connessione con gli spiriti e il mondo dei morti, in maniera marginale. Da iscrizioni peligne invece ritroviamo una dea che ha similitudini con la romana Angerona, sovrintendente alle nascite e in relazione con la fertilità umana. Un’altra iscrizione peligna parla di sacerdoti votati a Cerere e alle divinità della semina, che rimandano alla fertilità agricola. Inoltre tra i Peligni vi era un culto e un sacerdozio dedicati doppiamente a Cerere e Venere, due dee che proteggevano la fertilità umana e l’amore e l’eros connessi; infatti ci sono menzioni con il termine “Cereri”, possibilmente riferito a questa coppia. ROMA REGIA Con la nascente cultura romana si moltiplicano anche le attestazioni di Cerere, iniziando sin dal periodo regio. Importante già da questo periodo è la festa dei “Cerealia”, legata al lavoro agricolo e alla fertilità dei campi, prevedeva dei riti eseguiti dal “flamen cerealis”, in cui si attaccavano dei tizzoni accesi alle code di alcune volpi, che con la loro corsa per i campi dovevano così fornire protezione per i raccolti; questi venivano celebrati dal 12 al 19 aprile. Altri riti in onore di Cerere sono la “porca praecidanea”, ossia il sacrificio di una scrofa gravida antecedente la semina; la “porca praesentanea”, svolto in occasione di un funerale (Questo sacrificio non serviva solo a blandire lo spirito del defunto e degli antenati, ma anche a purificare la casa e i suoi abitanti da eventuali negatività che il defunto poteva essersi lasciato dietro in punto di morte) ; il sacrificio delle primizie del raccolto. Tra le feste invece vanno ricordate gli “Ambarvalia”, le “Feriae Sementivae”4 (Come suggerisce il nome stesso era una festa dedicata alla semina, che si svolgeva prima della semina stessa, per propiziare un buon raccolto; a livello locale venivano chiamate “Paganalia”. Le Sementivae erano in onore sia di Cerere che di 1 AAVV, “La tavola di Agnone nel contesto italico: Atti del Convegno di studio, Agnone, 13-15 aprile 1994, Firenze, 1996 2 La traduzione del termine “arentikai” non è data esplicitamente come “ultrix” quindi “vendicatrice”, ma si suppone possa essere più vicina al termine “erinni” (furia), in guisa del fatto che durante la ricerca della figlia, venne violentata da Poseidone che la desiderava, mentre entrambi avevano sembianze equine; l’oltraggio subito la fece divenire “furiosa”, e gli esseri furiosi erano appunto chiamati “erinni”. 3 Si veda anche: H. Le Bonniec, 1958 4 Ovid, Fast, 1, 662- 674: <Quando il seme è stato posto nella terra è produttivo. E i buoi, coronati di ghirlande, stanno in piedi davanti il truogolo pieno, il tuo lavoro tornerà con il calore della primavera. Lasciate che l’agricoltore appenda il faticoso aratro al suo posto: la terra invernale cura ogni sua ferita. Pastore, lascia il resto del terreno, quando è finita la semina, e lascia che gli uomini che hanno lavorato la terra riposino. Lasciate che il paese riceva festeggiamenti: gli agricoltori, per purificare il villaggio, offrono i dolci annuali sui focolari del villaggio. Propiziate Tellus e Cerere, le madri delle colture, con i propri semi, e le interiora di una scrofa gravida.> Tellus5 e si svolgevano in due momenti vicini; la prima parte della festa era dedicata a Tellus6 e cadeva dal 24 al 26 di gennaio, la seconda per Cerere aveva luogo una settimana dopo; erano a cadenza annuale; venivano celebrate anche a Roma, ma non in un giorno fisso, la data era di anno in anno stabilita dai sacerdoti verso la fine di gennaio e duravano una sola giornata) , e una festa dedicata sia a Cerere che a Tellus7, dea della forza generatrice della terra e della terra stessa (la quale verrà prima associata a Cerere e successivamente assimilata alla stessa), che aveva luogo a dicembre. Interessante è anche un altro rito, di cui abbiamo poche informazioni, ma sembra essere importante ossia l’apertura del “mundus Cereris” 8, una fossa circolare, collocata nella parte più antica del foro romano; questo rituale è connesso con un aspetto liminale della dea Cerere cioè quello del mondo infero e il sottosuolo9 e serviva a permettere agli spiriti dei defunti di vagare per il mondo e aiutare la gente a liberarsi dalla paura della morte; per un breve periodo venivano quindi abbattute le barriere tra due mondi altrimenti inconciliabili. Questo rito sembra essere stato stabilito dallo stesso Romolo, dunque fa parte delle origini di Roma. Il mundus veniva aperto solo 3 giorni all’anno, che erano considerati “dies religiosi”, ricorrenti il 24 agosto, 5 ottobre e 4 novembre; durante questi giorni erano proibite attività importanti come iniziare una guerra, arruolare l’esercito o svolgere comizi pubblici.10 Un altro aspetto liminale associa Cerere al matrimonio e conseguentemente alle leggi sul divorzio, due momenti di passaggio nella vita di un individuo e si esplica nelle torce portate in processione durante la cerimonia nuziale.11 PRIMA REPUBBLICA Dalla fondazione della Repubblica, Cerere acquisisce un ruolo nuovo, ossia nume tutelare della classe plebea. Questa associazione nasce dalla fondazione del tempio dedicato alla triade aventina di Cerere, Libero e Libera. L’edificio costituiva il centro nevralgico della lotta sociale plebea, dei suoi magistrati, degli archivi e del tesoro e molto probabilmente fungeva anche da centro di stoccaggio e distribuzione di grano al popolo; il tempio venne costruito fuori dal Pomerio in modo che sottolineasse la somiglianza delle situazioni politica delle plebe e religiosa di Cerere: ovvero Cerere in questo periodo non rientrava ancora nel panteon classico della religione romana e come divinità “estranea” non poteva risiedere all’interno del Pomerio; riguardo la plebe invece voleva ribaltare la sua esclusione dalla vita politica della città e avere potere decisionale, cosa riservata solo alle classi più agiate della società romana. 5 Ovid, Fast, 1, 671: quando parla di queste feste, Ovidio si rivolge alle due dee con l’appellativo di “frugum matres”, ossia “madri delle messi”. 6 Per approfondire sul legame tra Tellus e Cerere, si veda: Le Bonniec, 1958 7 Ad entrambe Ovidio dedica alcuni passi dei Fasti, ricordando i doveri dei contadini per rendere benevole le due dee ed ottenere buone messi in primavera, Ovid, Fast, 1, 665-680: <vilice, da reqiem terrae semente peracta; da requiem, terram qui coluere, viris. Pagus agat festum: pagum lustrate, coloni, et date paganis annua liba focis. Placentur frugum matres, Tellusque Ceresque, farre suo gravidae visceribusque suis.Officium commune Ceres et Terra tuentur:haec praebet causam frugibus, illa locum.consortes operis, per quas correcta vetustas quernaque glans victa est utiliore cibo, frugibus immnesis avidos satiate colonos, ut capiant cultus praemia digna sui.Vos date perpetuos teneris sementi bus auctus, nec novaper gelidas herba sit usta nives. Cum serimus, caelum ventis aperite serenis; cum latet aetheria spargite semen aqua. Neve graves cultis Cerialia rura, cavete, agmine laesuro depopulentur aves.> <Contadino, gettato il seme, dà riposo alla terra;concedi il riposo agli uomini che hanno coltivato la terra. Il villaggio celebri la festa:0 coloni,purificate il villaggio e offrite doni annuali ai fuochi agresti. [670] Cerere e Terra, madri delle messi, si plachino con il loro farro e le viscere di una scrofa gravida. Cerere e Terra salvaguardano un compito comune:Questa dà l'origine alle messi, quella il luogo;compagne dell'opera,attraverso le quali l'antichità s'ingentilì [675] e la ghianda della quercia fu vinta da un cibo più utile, saziate gli avidi coloni con messi abbondanti, affinché ricevano giusti premi del loro lavoro. Concedete una crescita continua ai teneri germogli,né l'erba nuova sia bruciata dalle gelide nevi.[680]Quando seminiamo, liberate il cielo con venti sereni, quando il seme affonda ,cospargetelo di eterea pioggia,badate che gli uccelli nocivi non devastino i campi di Cerere con lo stormo che porta rovina alle colture> 8 Macr, Satur, 1, 16, 17; è lo stesso Macrobio che in questo passo ci informa della paura riguardante il mundus, che lui stesso condivide 9 L’aspetto liminale collegato col mondo infero e il sottosuolo, in parte ha le sue radici nell’aspetto della fertilità agricola, poiché Cerere è legata ai frutti che la terra dona; questi, una volta finito il loro ciclo vitale, tornano alla terra per potersi riposare e dare nuovi frutti nel ciclo successivo; durante il periodo di riposo, che corrisponde alla stagione invernale, dove anche le piante “muoiono”; i semi sono vengono a trovarsi nel sottosuolo comunemente associato o visto come mondo infero. 10 Fest, 144-146 L 11 La connessione di Cerere col matrimonio è dovuta all’assimilazione di poteri, ruoli e attributi della dea Tellus, che già prima di lei proteggeva il vincolo matrimoniale Sempre Plauto menziona il suo collegamento con la fertilità agricola, in particolare con il grano; Catone invece ci regala un breve accenno sul sacrificio della porca praecidanea, svolto dai contadini prima di iniziare il raccolto14: <Prima del raccolto, la porca praecidanea deve essere in questo modo. A Cerere una porca praecidanea, una porca femmina, prima di queste colture, farro, frumento, orzo, fagioli, semi di colza.> TARDA REPUBBLICA Nell’ultima fase di vita della Repubblica, Cerere è ormai una presenza salda nel panteon romano; è presente sia nelle fonti letterarie che nelle opere artistiche, descritta come la terra da cui nascono i raccolti, i lavori che permettono a quelli di crescere e i raccolti stessi, in particolare il grano e il pane che ne derivano. In questa fase è collegata direttamente con l’Annona, l’ufficio che si occupava di approvvigionare e immagazzinare il grano della città. Data l’importanza sempre maggiore che riveste, Cesare crea due nuovi uffici appositi, gli “AEDILES CERIALES”, incaricati di tutte le attività attinenti ai depositi del grano. Il suo ruolo nella fertilità agricola si fa prominente e nasce un nuovo culto per lei nell’Africa settentrionale; il culto delle “CERERI”, intese come Cerere e Proserpina; questo culto accrescerà la sua importanza durante l’impero, quando l’Africa diventa la principale riserva di grano di Roma. Un autore di questo periodo, Lucrezio15, la descrive come una donna dal prominente seno, al quale si volge un piccolo Iacco, rimarcando la sua associazione con la fertilità umana. Varrone anche rimarca questa associazione, sottolineando la relazione tra il maiale sacrificato nel rituale di Cerere e quello sacrificato all’inizio di un matrimonio e anche quello a conclusione di un trattato di pace, questi sacrifici sono tutti simboli di un “INITIA”. Cicerone stesso sostiene che sia la “dea degli inizi”, è collegata ai momenti di transizione come quando un popolo di cacciatori nomadi si evolve e diventa un popolo di agricoltori sedentari o come quando da uno stato anarchico si passa ad uno stato civile ed ordinato16. La stessa iniziazione ai misteri, rappresenta un momento di passaggio, che aggiunge un valore personale oltre a quello collettivo e storico; tutto questo si rivela essere un altro suo aspetto liminale. A questo punto la questione si sposta sui misteri e il loro svolgimento, poiché tra i misteri eleusini, provenienti dalla Grecia, e il culto romano di Cerere e Proserpina ci sono differenze. Probabilmente i misteri di Eleusi avranno influenzato i riti romani, ma mentre ai primi l’accesso era consentito sia a uomini che donne, durante le feste pubbliche, nel culto di Cerere e sua figlia potevano presenziare solamente donne; ad accumunarli invece era il fatto che gli officianti fossero donne. Cicerone riporta che i credenti nel culto avrebbero beneficiato sia in questa vita e soprattutto nella prossima della benedizione della dea, se fossero stati iniziato al culto eleusino di Cerere. Questo credo sembra suggerire una relazione tra il mondo dei vivi e quello dei morti, presieduto da Cerere, simile a quello che caratterizza l’apertura del mundus Cereris. Anche le associazioni di Cerere con la plebe hanno subito delle modifiche in questo periodo; sono maggiormente sentite nella tarda repubblica e anche il termine “plebe” ora indica tutta quella massa urbana costituita dai cittadini delle classi sociali economiche più basse, alle cui simpatie gli aristocratici miravano 14 Insieme al sacrificio della porca, per ingraziarsi gli dei, venivano offerte anche le primizie del raccolto, infatti nessuno <… ne degustabant quidem novas fruges aut vina antequam sacerdotes primitias libassent > <certo non assaggiavano le nuove messi o i vini, prima che i sacerdoti avessero sacrificato le primizie> Plin, N H, 18, 8 15 Frammento 200 Marx 16 Un passo del “De Legibus” di Cicerone, ci aiuta a capire l’importanza di questo aspetto di Cerere; Cic, De Leg, 2.35-36. per consolidare il proprio potere politico. Lo stesso Cesare onorò Cerere come “la dea della plebe”, facendo coniare una serie di monete, per garantirsi le simpatie della plebe, con le quali poi riuscì a diventare un dittatore. Anche l’associazione con le donne è più forte ed evidente nella tarda repubblica; lo stesso Cicerone ci racconta qualcosa a riguardo nelle sue molte orazioni. Nelle orazioni verrine racconta come il culto di Cerere sia officiato da donne e limitato quasi esclusivamente alle stesse (gli uomini erano presenti solo in cerimonie pubbliche, non coperte dal segreto, come alcune processioni che sfilavano per la città), ma specifica che a Catena ed Enna, in Sicilia, solo alle donne fosse permesso entrare nel cuore del santuario, approcciarsi alla statua della dea e dare vita ai rituali; ma sia in Sicilia che a Roma le officianti rimanevano sempre le donne. A Roma, però, vi era una differenza: durante lo svolgimento dei riti le officianti non era donne a caso, ma le matrone o donne mature rispettate per la loro nobiltà di nascita e di carattere; ai riti partecipavano vergini e donne con la loro castità, in quanto i riti volevano essere un monito a tutte per mantenere una condotta morale ineccepibile per la loro classe sociale. Da questo Cicerone associa Cerere anche alla virtù della castità. IL PERIODO AUGUSTEO Sotto il regno di Augusto tutte le associazioni di Cerere continuano il loro corso, ma si fa più evidente ed importante quella con la fertilità agricola e il grano. Gli autori di questo periodo infatti la sommergono con epiteti vari a riguardo: come FECUNDA (feconda), FERTILIS (fertile), FLAVA (dorata,riferito al colore del grano e dei suoi capelli), FRUGIFERA (portatrice di colture), GENETRIX FRUGUM (progenitrice di raccolti), POTENS FRUGRUM (potenza nei raccolti), RUBICONDA (roseo o colorito). Comunemente il suo nome veniva usato anche come sinonimo di grano o pane, ma dipende dalla sua identificazione con lo stesso e altri cereali. Le fonti letterarie del periodo riportano, come detto in precedenza, delle sue associazioni con la fertilità umana, collegata anche alla sfera matrimoniale e al suo ruolo nei riti annessi; ma non solo, anche la sua funzione liminale è ricordata parlando dei riti funerari, il mundus, i prodigi, la legge sui tentativi di tirannia e i misteri eleusini. Questi ultimi sembrano aver influito maggiormente sul culto di Cerere, visto che ne ha alterato il carattere dei riti, reso Cerere una nuova Demetra e anche portato Augusto a farsi iniziare ai misteri nella stessa Eleusi. Durante il suo governo, Augusto, rinnova il legame tra Cerere e la plebe; infatti restaura il tempio di Cerere Libero e Libera17, cercando di attirarsi le simpatie della plebe; le monete con l’effige di Cerere datate a questo periodo potrebbero essere un segno che il committente desiderava presentare Augusto come nuovo difensore della gente comune. Nel periodo augusteo la figura di Cerere come dea della fertilità umana, sovrintendente ai matrimoni e alla maternità, viene usata molto come soggetto dagli autori contemporanei, per la quale hanno epiteti anche in questo ruolo: ALMA, GENETRIX (progenitrice), soprattutto MATER (madre), un epiteto tipico del culto in questa fase. Gli epiteti connettono la dea con la maternità, che come la castità, è una delle virtù primarie per le donne romane; lo stesso Augusto sosteneva questo culto perché era un esempio morale in un periodo in cui i costumi erano diventati molto più libertini. 17 Tacito, Annales, 2, 49 L’enfasi data a questi aspetti nel periodo augusteo, causò la perdita della sua dimensione politica a tutela della plebe; ne acquista un’altra però, pur sempre politica, ma intrecciata con il princeps e la sua famiglia. Il princeps veniva associato alla dea dalla quale riceveva i benefici della sua benevolenza, che poi avrebbe trasmesso ai suoi cittadini. Augusto fu il primo a compiere questo passo, associandosi agli aspetti principali di Cerere in questo periodo: ♦ Con la consacrazione degli altari di Ceres Mater e Ops Augusta, si legava all’aspetto della fertilità della dea; ♦ Con l’iniziazione ai misteri eleusini, al suo ruolo liminale18; ♦ Con la restaurazione del tempio della triade Cerere, Libero e Libera all’associazione con la plebe. Per sottolineare il primo legame, Augusto si faceva rappresentare con la corona spicea sul capo, a dimostrazione che lui si faceva portatore e garante di fertilità all’impero. Questa assimilazione veniva espressa anche indirettamente, attraverso i membri della famiglia del princeps; la prima fu la moglie Livia a essere raffigurata con gambi di grano e frumento; questa mediazione era tesa a sancire anche il legame della dea con le donne romane e il suo significato. L’uso della famiglia imperiale di farsi raffigurare con elementi caratteristici della dea, prosegue durante tutto l’impero. IL PRIMO IMPERO All’inizio dell’impero la situazione del culto pare stabile, ma l’associazione della plebe è meno comune rispetto a quella della fertilità e delle donne. Tutte però trovano spazio in fonti letterarie, artistiche ed epigrafiche; tutte sono sempre legate al princeps, che funge da mediatore tra la dea e i cittadini dell’impero. Nella sua associazione con la fertilità, principalmente agricola più che umana, Cerere è connessa ora anche con i campi e la campagna, con coloro che la abitano, con l’agricoltura, con le coltivazioni in generale, ma in particolare il grano, con il cibo, soprattutto il pane. Nei vari tipi di raffigurazioni artistiche, la troviamo con altri simboli di fertilità come il melograno, il maiale, il KALATHOS (un cesto di frutta), piatti di frutta, la cornucopia, il papavero; riferiti specificatamente al grano e alla sua fornitura sono la già citata corona spicea, gambi di frumento e/o grano, la formica, il modus e la poppa di una nave (relativa alle importazioni che rifocillavano Roma e il resto dell’Impero). L’associazione con la fertilità agricola è più viva durante l’impero si, ma soprattutto nelle regioni del nord Africa, dove veniva coltivata la maggior parte del grano; ovunque però era possibile trovare iscrizioni votive di coloro che avevano a che fare con il commercio e la produzione dello stesso. Nonostante Cerere avesse assorbito i caratteri della dea Annona e le sue funzioni, in alcuni casi venivano ancora raffigurate insieme mentre presiedono alla distribuzione del grano al popolo. Tra gli imperatori che si sono fatti raffigurare con la corona spicea troviamo Antonino Pio, Marco Aurelio, Lucio Vero e Adriano, sempre a prova inconfutabile del legame tra la dea e quello che rappresenta e gli stessi imperatori. 18 Con l’acquisizione dell’aspetto liminale di Cerere, Augusto adesso viene fregiato del titolo di “portatore di pace” o “leader della pace”, poiché sotto il suo governo, il popolo romano ha vissuto lunghi periodi di pace; Ovidio infatti inneggia a lui in un passo dei Fasti, I 701-4, e in un altro ritorna sulla questione della pace, IV 407-8.