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IL TECNICO DELLA PREVENZIONE E LA QUALITA’ DELLE ACQUE MINERALI E ACQUE POTABILI : PROBLEMATICHE LEGISLATIVE, STRUMENTI DI CONTROLLO , Tesi di laurea di Medicina

Tesi di laurea di mio fratello

Tipologia: Tesi di laurea

2016/2017
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Caricato il 05/04/2017

silvia130600
silvia130600 🇮🇹

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Scarica IL TECNICO DELLA PREVENZIONE E LA QUALITA’ DELLE ACQUE MINERALI E ACQUE POTABILI : PROBLEMATICHE LEGISLATIVE, STRUMENTI DI CONTROLLO e più Tesi di laurea in PDF di Medicina solo su Docsity! Università degli Studi di Padova Facoltà di Medicina e Chirurgia CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN TECNICHE DELLA PREVENZIONE NELL’AMBIENTE E NEI LUOGHI DI LAVORO Presidente : Ch.mo Prof. Bruno Saia TESI DI LAUREA IL TECNICO DELLA PREVENZIONE E LA QUALITA’ DELLE ACQUE MINERALI E ACQUE POTABILI : PROBLEMATICHE LEGISLATIVE, STRUMENTI DI CONTROLLO RELATORE: PROF. FRANCO DAVIDE PILOTTO LAUREANDO: GIANDOMENICO PASINATO ANNO ACCADEMICO 2006 - 2007 Introduzione...........................................................................................................3 1.Gli aspetti legislativi ..........................................................................................6 1.1 L’evoluzione della legislazione delle acque minerali naturali .....................6 1.2 L’evoluzione della legislazione delle acque potabili..................................12 1.3 Le acque di sorgente ...................................................................................14 1.4 La compenetrazione della legislazione delle acque minerali con le norme orizzontali del settore alimentare.................................................................15 1.5 Le caratteristiche delle acque minerali e delle acque potabili ....................16 1.5.1 Origine delle acque minerali e composizione..........................................18 1.5.2 La classificazione delle acque minerali ...................................................20 1.5.3 Origine delle acque potabili e composizione...........................................24 1.6 I trattamenti consentiti sulle acque minerali...............................................25 1.7 I trattamenti consentiti sulle acque potabili.................................................26 1.8 Il confezionamento .....................................................................................27 2. I parametri di controllo..................................................................................27 2.1 I parametri di controllo chimici e chimico fisici .......................................28 2.2 I parametri chimici considerati come fattori di rischio...............................36 2.3 Motivazioni dei differenti valori di parametro tra acque minerali e acque potabili…………………………………………………………………….40 2.4 I parametri di controllo microbiologici .....................................................47 2.5 I parametri microbiologici considerati come fattori di rischio...................51 1 n. 58, in particolare all’art. 1 : “E' … l'operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante, e' responsabile, nell'ambito delle proprie competenze, di tutte le attivita' di prevenzione, verifica e controllo in materia di igiene e sicurezza ambientale nei luoghi di vita e di lavoro, di igiene degli alimenti e delle bevande, di igiene di sanità pubblica e veterinaria”. Ancora il comma e) ribadisce: “vigila e controlla la qualità degli alimenti e bevande destinati all'alimentazione dalla produzione al consumo e valuta la necessità di procedere a successive indagini specialistiche;”. L’acqua rappresenta la componente fondamentale (70-80%) dell’organismo umano, in particolare perchè in essa avvengono le attività biologiche essenziali per la vita. Sempre più si è andato diffondendo il consumo ad uso umano delle acque cosiddette minerali, per le loro caratteristiche chimico – fisiche, per il loro ruolo nelle attività enzimatiche dell’organismo umano, in particolare nei processi digestivi e diuretici; tuttavia non mancano nei fatti e in letteratura scientifica dei rilievi inerenti caratteristiche particolari di alcune acque che possono determinare dei danni alla salute dell’organismo ( es. Na,K, Ca ecc. nei pazienti ipertesi o con problemi renali). D’altronde, non possiamo dimenticare i casi di inquinamento delle falde acquifere per opera dell’industrializzazione di massa, dalla deposizione di materiale tossico e cancerogeno, alla possibilità di proliferazione microbica, ecc. Per ovviare a queste situazioni legate a condotte umane spesso criticabili dal punto di vista etico e di civile convivenza umana e ambientale, abbiamo assistito ad un proliferare di normative e indicazioni operative finalizzate al controllo delle stesse. Queste stesse normative coinvolgono l’uomo in primis , ma soprattutto i produttori e i consumatori sempre più attenti, informati ed esigenti nel tutelare la propria salute come bene personale e sociale sancito dallo stesso dettato costituzionale. 4 La norma ha sempre più fatto attenzione a cedere la mano più che al controllo ispettivo e repressivo alla responsabilizzazione del produttore stesso. Il periodo di lavoro da me effettuato da più di 20 anni e che tuttora svolgo presso il Sian, il Servizio Igiene degli alimenti e della Nutrizione dell’Aulss n. 15 Alta P.na di Cittadella, mi ha occupato , tra gli altri compiti, nelle attività di controllo nel settore alimentare in collaborazione con i medici e i tecnici della prevenzione del servizio, e ho avuto modo di operare nell’ambito del monitoraggio delle acque potabili e minerali. Il Sian infatti si occupa anche della fase di campionamento di queste, e collabora con l’ARPA, l’agenzia regionale per l’ambiente, che ha il compito di analizzare i campioni. Da questo l’interesse per una tesi al termine del corso di studi, che cerca di spiegare le origini, le caratteristiche, le modalità di controllo, i trattamenti, e le azioni per la salvaguardia delle acque destinate a soddisfare i bisogni dell’uomo. 5 1. Gli aspetti legislativi La legislazione delle acque minerali e delle acque potabili è nettamente distinta. Ognuna delle due acque è disciplinata da una legislazione verticale nazionale di derivazione comunitaria. Le rispettive legislazioni traggono origine dalla necessità di governare le specificità delle due tipologie di acque, così come stabilito dalle direttive europee. Quindi non soltanto l’uso, in parte sovrapponibile, ma anche e soprattutto l’origine, il trattamento e la distribuzione hanno imposto le diverse legislazioni di queste acque. Un’equivalenza si riscontra invece negli aspetti costituzionali visto che le due tipologie di acqua sono entrambe oggetto di legislazione concorrente tra lo Stato e le Regioni e Province autonome ai sensi dell’art. 117 della Costituzione. 1.1 L’evoluzione della legislazione delle acque minerali Il riferimento alla Costituzione è fondamentale, sia perché essa rappresenta la fonte primaria del diritto, sia perché le modifiche costituzionali apportate dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, hanno modificato il Titolo V della Costituzione, che riporta disposizione in materia di acque minerali e termali. Il vecchio testo dell’art. 117 disponeva che: La Regione emana per le seguenti materie norme legislative nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, semprechè le norme stesse non siano in contrasto con l’interesse nazionale e quello delle altre Regioni: …[omissis]… - acque minerali e termali; - cave e torbiere; …[omissis]… Le leggi della Repubblica possono demandare alle Regioni il potere di emanare norme per la loro attuazione. 6 2. Si considera acqua minerale naturale quella che viene offerta all’uso così come scaturisce dalla sorgente. …[omissis]… Per avere una definizione più aggiornata bisogna aspettare i nuovi concetti introdotti dalla direttiva n. 80/777 CEE del 15 luglio 1980, in materia di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri sull’utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali. Sarà necessario attendere 12 anni affinché venga recepita nel nostro ordinamento con il D. Lgs. 25 gennaio 1992, n. 1052. Il D. lgs. 25 gennaio 1992, n. 105, è stato modificato dal D. lgs. 04 agosto 1999 n. 3393 e dalla Legge 1 marzo 2002, n. 394.Successivamente, la direttiva n. 2003/40 CE del 16 maggio 2003 ha introdotto delle modifiche sui parametri delle acque minerali, recepita con i DD.MM. 11 settembre 2003 e 29 dicembre 2003. Nel D.M. 11 settembre, nella parte relativa all’etichettatura, vengono date precise indicazioni per l’etichettatura relativa alle acque contenenti elevate concentrazioni di fluoro, e quelle che vengono trattate con aria arricchita di ozono. Nel D.M. 29 dicembre 2003 il nostro Paese recepisce la direttiva comunitaria nella parte relativa ai criteri di valutazione delle caratteristiche delle acque minerali e per quanto concerne le condizioni di utilizzazione dei trattamenti relativi alle acque minerali e alle acque di sorgente. Di queste ultime verranno citate le caratteristiche principali nel corso della trattazione. L’armonizzazione con le leggi europee, ha creato un quadro normativo che attualmente può essere ritenuto soddisfacente per un governo adeguato della materia, anche se, come già accaduto per il D.M. 31 maggio 2001, stupisce la totale mancanza di concertazione tra lo Stato e le Regioni nella redazione del decreto, soprattutto in considerazione dell’attribuzione delle competenze in materia alla luce della riforma del titolo V della Costituzione, entrata in vigore dopo l’emanazione della legge costituzionale 3/2001. 9 2 Attuazione della Direttiva 80/777/CEE relativa alla utilizzazione e alla commercializzazione delle acque minerali naturali 3 Disciplina delle acque di sorgente e modificazioni al D. Lgs. 25 gennaio 1992, n. 105, concernete le acque minerali naturali, in attuazione della direttiva 96/70/CE 4 Legge comunitaria 2001 La definizione di acqua minerale secondo l’art. 1 D. Lgs. 105/1992 è la seguente: 1. Sono considerate acque minerali naturali le acque che, avendo origine da un falda o da un giacimento sotterraneo, provengono da una o più sorgenti naturali o perforate e che hanno caratteristiche igieniche particolari e, eventualmente, proprietà favorevoli alla salute. 2. Le acque minerali si distinguono dalle ordinarie acque potabili per la purezza originaria e la sua conservazione, per il tenore in minerali, oligoelementi e/o altri costituenti ed, eventualmente, per taluni loro effetti. Esse vanno tenute al riparo da ogni rischio di inquinamento. 3. Le caratteristiche di cui ai commi precedenti devono essere valutate sul piano: a) geologico ed idrogeologico; b) organolettico, fisico, fisico-chimico, e chimico; c) microbiologico; d) se necessario, farmacologico, clinico e fisiologico. 4. La composizione, la temperatura e altre caratteristiche essenziali delle acque minerali naturali debbono mantenersi costanti alla sorgente nell’ambito delle variazioni naturali, anche in seguito ad eventuali variazioni di portata. Con l’entrata in vigore del D. Lgs. 339/1999 è stata modificata la norma originaria indicata all’art.1, comma 3, lett. d) del D. lgs. 105/1992 che prevedeva l’obbligatorietà degli studi clinici, farmacologici e tossicologici per la valutazione di un’acqua minerale come ad esempio gli effetti diuretici, la stimolazione della digestione o l’eliminazione dell’acido urico. La modifica normativa si è resa necessaria a causa della sentenza del 17 luglio 1997, procedimento C-17/96, della Prima Sezione della Corte di Giustizia della Comunità Europea. La sentenza dispone che uno Stato membro non possa esigere che un’acqua abbia proprietà salutari per poterla riconoscere come acqua minerale naturale. Viene pertanto ripresa integralmente la disposizione espressa nell’allegato 1, parte 1 della direttiva 80/777/CEE, recepita in Italia con il D. lgs. 105/1992, che rende facoltativi questi studi. La nuova norma in vigore, per quanto corretta da un punto di vista legislativo, ha contribuito a rendere più simili le acque minerali a quelle potabili. 10 Per le acque minerali, considerando il quasi esclusivo utilizzo ai fini dell’imbottigliamento (le acque minerali quando posseggono proprietà terapeutiche sono utilizzate anche come acque termali per cure esterne come balneoterapia e fangoterapia, o interne, per inalazione), sono vigenti anche tutti i provvedimenti legati alla commercializzazione dei prodotti alimentari. Ecco i principali: - Legge 30 aprile 1962, n.283, disciplina igienica della produzione e vendita delle sostanze alimentari e delle bevande. - D.M. 21 marzo 1973, disciplina igienica degli imballaggi , recipienti, utensili, destinati a venire a contatto con le sostanze alimentari o con sostanza d’uso personale. - D.P.R. 23 agosto 1982, n. 777, attuazione della direttiva 76/893/CEE relativa ai materiali e agli oggetti destinati a venire in contatto coi prodotti alimentari. - D. Lgs. 27 gennaio 1992, n. 109, attuazione delle direttive 89/395/CEE e 89/396/CEE, concernenti l’etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari. - D. Lgs. 26 maggio 1997, n. 155, attuazione delle direttive 93/43/CEE e 96/3/CEE concernenti l’igiene dei prodotti alimentari. - Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare. - Regolamento (CE) n. 852/2004 del 29 aprile 2004, sull’igiene dei prodotti alimentari. - Regolamento (CE) n. 1935/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 ottobre 2004, riguardante i materiali e gli oggetti destinati a venire in contatto con i prodotti alimentari e che abroga le direttive 80/590/CEE e 89/109/CEE. Nell’ambito dell’attività di prevenzione, la normativa vigente prevede : - controlli finalizzati al riconoscimento e all’autorizzazione; - controlli finalizzati alla vigilanza su acque alla fonte; 11 La definizione di acqua potabile è la seguente secondo il vigente D. Lgs. 02 febbraio 2001, n. 31: art. 2. Definizioni. 1. Ai fini del presente decreto, si intende per: a) “acque destinate al consumo umano”: 1) le acque trattate o non trattate, destinate ad uso potabile, per la preparazione di cibi e bevande, o per altri usi domestici, a prescindere dalla loro origine, siano esse fornite tramite una rete di distribuzione, mediante cisterne, in bottiglie o in contenitori; 2) le acque utilizzate in un’impresa alimentare per la fabbricazione, il trattamento, la conservazione o l’immissione sul mercato di prodotti o di sostanze destinate al consumo umano, escluse quelle, individuate ai sensi dell’art. 11, comma 1, lettera e), la cui qualità non può avere conseguenza sulla salubrità del prodotto alimentare finale; …[omissis]… 1.3 Le acque di sorgente Anche se non verranno trattate in questo lavoro, è necessario un riferimento alle acque di sorgente, per completare l’esposizione delle tipologie di acqua disponibili. Le acque di sorgente sono disciplinate dal D. Lgs. 4 agosto 1999, n. 339, e occupano una posizione di mezzo tra le acque destinate al consumo umano e le acque minerali. Sono di origine esclusivamente sotterranea, possono provenire da un’emergenza naturale o da pozzi, e la composizione chimica e la temperatura non devono subire variazioni significative nel tempo. Non sono sottoposte a disinfezione, ma sono consentiti alcuni trattamenti, gli stessi che sono permessi per le acque minerali, fra questi la rimozione dell’arsenico, la separazione dei composti instabili del ferro, manganese e zolfo. E’ possibile l’eliminazione totale dell’anidride carbonica per poi eventualmente reintrodurla successivamente. 14 Come le acque minerali non possono essere trasportate, se non attraverso le tubature di adduzione allo stabilimento, e quindi devono essere confezionate all’origine. I valori dei parametri organolettici, di composizione, e le sostanze contaminanti, devono rispettare i limiti indicati nel D. Lgs. 2 febbraio 2001, n. 31, mentre i parametri microbiologici, devono rispettare quanto previsto dal Decreto 12 novembre 1992, n. 542 per le acque minerali. Grazie all’assenza di trattamenti di disinfezione, queste acque manifestano caratteristiche molto simili alle acque minerali per quanto riguarda i caratteri organolettici. Anche in questo caso non possono essere attribuite a queste acque proprietà favorevoli alla salute, e a differenza invece delle acque minerali, non è obbligatorio riportare in etichetta la composizione chimica. Infine, per quanto riguardala capacità dei recipienti, non esiste un limite come per le acque minerali, il quale è fissato a 2 litri, ma spesso vengono confezionate in boccioni da 18 litri. 1.4 La compenetrazione della legislazione delle acque minerali con norme orizzontali del settore alimentare La presenza di una compenetrazione tra la normativa verticale delle acque minerali con la normativa del settore alimentare era già presente nel passato, come dimostra il richiamo dell’art. 15 del D. Lgs. 105/1992, alle procedure indicate nella Legge 283/62 per le denunce all’Autorità giudiziaria, i sequestri e le revisioni di analisi: “Ai fini della vigilanza sulla utilizzazione e sul commercio delle acque minerali naturali, fermo restando quanto disposto dal comma 3 dell’art. 2, per quanto concerne le modalità da osservare per le denunce all’autorità sanitaria e giudiziaria, per i sequestri da effettuare a tutela della salute pubblica e per le revisioni di analisi, si osservano, in quanto compatibili, le norme vigenti in materia di disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande, di cui alla legge 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni e integrazioni.” 15 La compenetrazione con la normativa del settore alimentare è diventata ancora più stretta con l’entrata in vigore del D. Lgs. 26 maggio 1997, n. 155. Essendo valide contemporaneamente le disposizioni verticali e le nuove orizzontali di provenienza comunitaria, per le acque minerali vige, di fatto, un doppio regime per la vigilanza igienico-sanitaria che deriva dalle seguenti disposizioni:6 - Circolari del Ministero della Sanità n. 17 del 13 settembre 1991 e n. 19 del 12 maggio 1993, per gli aspetti connessi alla vigilanza ed al commercio delle acque minerali. - D. Lgs. 155/97, per l’auto controllo igienico della produzione secondo i principi dell’HACCP. Alcuni Autori ritengono che la validità delle Circolari ministeriali sia caduta in virtù dell’entrata in vigore di uno strumento legislativo come il D. Lgs. 155/97 di recepimento di direttive comunitarie. In assenza però di una chiara determinazione ministeriale sull’abrogazione di regole e procedure indicate nelle circolari 17/91 e 19/93, siamo in presenza di un sistema che vede la vigenza contemporanea di due regimi di vigilanza igienico- sanitaria, con conseguenti problemi di interpretazione e di applicazione per tutti gli operatori del settore. In alcuni casi, i due regimi sono anche palesemente in contrasto per i seguenti motivi: - l’individuazione di soggetti diversi come responsabili del controllo igienico della produzione; - l’indicazione di diverse regole per le frequenze di campionamento, le tipologie di controlli ed i laboratori di analisi; - le diverse modalità per il ritiro dal commercio delle partite non conformi. 1.5 Le caratteristiche delle acque minerali e delle acque potabili Le proprietà chimiche, fisiche, e chimico fisiche delle acque dipendono dalla natura e dalla quantità delle sostanze disciolte: esiste un largo insieme di acque 16 6 Attuazione delle direttive 93/94/CEE e 96/3/CE concernenti l’igiene dei prodotti alimentari Esse come le acque termali, sono assoggettate al Regio Decreto 29 luglio 1927, n. 14438. Per questo motivo, la ricerca delle acque minerali avviene dopo il rilascio di un permesso di ricerca minerario, mentre l’emungimento delle acque può iniziare solamente dopo l’ottenimento di una concessione mineraria. Nonostante la vetustà del provvedimento e, probabilmente,l’inopportunità di disciplinare lo sfruttamento delle acque minerali allo stesso modo delle sostanze minerali, il Legislatore non ha ritenuto opportuno modificare tale impostazione. La competenza del rilascio dei permessi di ricerca e delle concessioni minerarie è attualmente delle Regioni e Province autonome dopo che il D.P.R. 14 gennaio 1972, n. 1899 ha trasferito a queste le originarie competenze dello Stato. A loro volta le Regioni e le Province autonome si sono dotate di leggi regionali di regolamentazione, trasferendo in questi ultimi anni le competenze alle Province o ai Comuni. Come previsto dalla definizione di acqua minerale, i valori dei parametri chimici, chimico-fisici e fisici, non devono subire variazioni nel tempo, fatte salve eventuali oscillazioni di carattere naturale dovute anche alle variazioni di portata. Una delle condizioni richieste per ottenere il riconoscimento ministeriale di acqua minerale è quella di verificare la costanza di composizione e della temperatura nel corso di quattro analisi, condotte ciascuna in stagioni diverse. La legislazione prevede la possibilità di piccole variazioni della composizione rispetto a quella dichiarata in etichetta senza che ciò comporti automaticamente sanzioni, provvedimenti o altro a carico dell’azienda di imbottigliamento10. 19 8 Norme di carattere legislativo per disciplinare la ricerca e la coltivazione delle miniere nel Regno 9 Trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di acque minerali e termali, di cave e torbiere e di artigianato e del relativo personale 10 Circolare Ministero della Sanità 12 maggio 1993, n. 19 punto B. 3, analisi chimiche e chimico- fisiche di acque minerali naturali In relazione alla composizione, le acque minerali sono caratterizzate dallo stretto rapporto con l’acquifero che le tipizza sia per i macrocostituenti che per gli elementi in traccia. Così le acque minerali assumono un contenuto di solidi disciolti, che formano il residuo fisso, che costituisce un’identità di ciascuna acqua e che, con attenta gestione, nella maggior parte dei casi non subisce modificazioni nel tempo. 1.5.2 La classificazione delle acque minerali Ogni tipo di acqua minerale presenta un contenuto più o meno elevato di sali minerali che assorbe dalle rocce con cui viene in contatto durante il suo corso. In base alla quantità di tali sali possono distinguersi quattro tipologie di prodotto, indicate nel D.Lgs. 105/92: - acqua minimamente mineralizzata: il tenore di sali minerali non è superiore a 50 mg/l; - acqua oligominerale: il tenore di sali minerali non è superiore a 500 mg/l; - acqua mediominerale: viene definita semplicemente “minerale” e contiene sali per un valore compreso tra 500 e 1500 mg/l; - acqua ricca di sali minerali: il tenore di sali minerali è superiore a 1500 mg/l. Il contenuto di sali minerali disciolti in un litro di acqua viene calcolato come residuo fisso. Questo valore corrisponde alla parte solida che rimane, dopo aver evaporato un litro d'acqua alla temperatura di 180 °C. Ogni acqua minerale è composta da un insieme di sostanze in percentuale diversa. Perciò è possibile effettuarne la classificazione in base al contenuto caratteristico di particolari sali. Sono considerate dalla normativa: - acque bicarbonate: il tenore di bicarbonato è superiore a 600 mg/l. Sono tra le più diffuse in natura. Nei terreni prevalgono infatti i bicarbonati accanto a calcio, solfati, sodio e magnesio che entrano nella costituzione minerale "di contorno" delle bicarbonate. Si originano per attraversamento di rocce calcaree. 20 Le acque bicarbonate si suddividono in due sottogruppi: - acque bicarbonato-alcaline: è presente, accanto all'anione bicarbonato, il catione sodio e spesso il potassio; - acque bicarbonato-alcalino terrose: sono più ricche in calcio e magnesio; - acque solfate: il tenore di solfati è superiore a 200 mg/l; - acque clorurate: il tenore di cloruri è superiore a 200 mg/l; - acque sodiche: il tenore di sodio è superiore a 200 mg/l- acque calciche: il tenore di calcio è superiore a 150 mg/l; - acque magnesiache: il tenore di magnesio è superiore a 50mg/l;. - acque fluorate: il tenore di fluoro è superiore a 1 mg/l; - acque ferruginose: il tenore di ferro bivalente è superiore a 1 mg/l. Di queste ne esistono due tipi principali: - acque solfato-ferrose e solfato-ferriche: sono acque molto concentrate con elevato contenuto di arsenico. Il pH è molto basso, inferiore a 3 e in alcuni casi scende al di sotto di 1 per la presenza degli acidi solforico e fosforico; - acque bicarbonato-ferrose: l'arsenico, quando presente, è contenuto in piccola quantità. Sono poco stabili per l'azione dell'ossigeno che provoca la precipitazione del ferro come idrossido. Il pH è di circa 6. Un’acqua minerale può essere anche classificata in base al tenore di anidride carbonica libera, se è superiore a 250 mg/l viene definita “acidula”. Sulle etichette o sui recipienti delle acque minerali naturali deve essere riportata l’indicazione “acqua minerale naturale”. Essa può essere integrata, se del caso, con le seguenti menzioni: - “totalmente degassata”, se l’anidride carbonica libera presente alla sorgente è stata totalmente eliminata; - “parzialmente degassata”, se l’anidride carbonica libera presente alla sorgente è stata parzialmente eliminata; - “rinforzata col gas della sorgente”, se il tenore di anidride carbonica libera, proveniente dalla stessa falda o giacimento, è superiore a quello della sorgente; 21 1.5.3 Origini acque potabili e composizione Le acque potabili possono avere varie origini: si possono usare sia acque sotterranee che superficiali ed anche acque salmastre, se opportunamente trattate. E’ implicito, ed è quello che realmente spesso avviene, che per la produzione di acque potabili si impieghino acque dove le influenze antropiche non sono rilevanti, evitando così pesanti impegni tecnologici sul piano dei processi di potabilizzazione. Le acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile sono classificate in base al loro livello di qualità, ai sensi dell’art. 80 del D. Lgs. 03 aprile 2006, n. 15211. Si definiscono tre classi in ordine decrescente di qualità: A1, A2, A3. Passando dalla classe A1 alle successive sono necessari processi di potabilizzazione sempre più complessi e accurati. Le acque superficiali e sotterranee sono captate e sfruttate per usi potabili, irrigui o industriali, successivamente al rilascio di una autorizzazione alla derivazione disciplinata dal Regio Decreto 11 dicembre 1933 n. 177512. La competenza del rilascio delle autorizzazioni è della Provincia. La composizione delle acque erogate da un acquedotto può essere variabile. Una causa è la confluenza di acque di differente composizione attraverso le condutture dello stesso acquedotto; ciò è legato alle politiche gestionali soprattutto negli acquedotti di grandi dimensioni, che devono ottimizzare la risorsa disponibile. Oppure altra causa può essere la variazione della composizione delle acque superficiali utilizzate ai fini della potabilizzazione (laghi e fiumi) in funzione degli apporti meteorici . La composizione delle acque potabili può comunque mantenersi costante nel caso in cui si utilizzino esclusivamente acque di origine sotterranea, o si imbottigli acqua ottenuta attraverso un processo di demineralizzazione seguito dall’aggiunta di sali minerali in concentrazione predefinita. 24 11 Norme in materia ambientale 12 Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici 1.6 I trattamenti consentiti sulle acque minerali I trattamenti consentiti e vietati sono indicati agli artt. 7 e 8 del D. Lgs. 105/1992. Inizialmente viene spiegato quali trattamenti non modificano il “carattere” di un’acqua minerale, iniziando dalle operazioni di captazione, canalizzazione, e approvvigionamento in vasche o serbatoi. Poi è indicata la possibilità di separare gli elementi instabili come i composti del ferro e dello zolfo, il manganese e l’arsenico, mediante filtrazione o decantazione eventualmente preceduta da ossigenazione e con trattamenti di aria arricchita di ozono. Inoltre è possibile separare altri componenti indesiderabili, sempre a condizione che ciò non comporti una modifica della composizione dell’acqua, e di conseguenza una modifica delle proprietà intrinseche ad essa. Successivamente viene specificato che è vietato sottoporre l’acqua minerale a operazioni diverse da quelle consentite, e in particolare sono vietati i trattamenti di potabilizzazione, l’aggiunta di sostanze battericide o batteriostatiche, e qualsiasi intervento che potrebbe modificarne il microbismo, mentre è permessa l’aggiunta di anidride carbonica. Per quanto riguarda il trattamento delle acque minerali con aria arricchita di ozono, è difficile che un’acqua così trattata possa mantenere la “purezza originaria” e le caratteristiche cosi come all’origine, alla captazione. Questo tipo di trattamento infatti può indurre la formazione di prodotti indesiderati, come il bromoformio. Inoltre la possibilità di trattare le acque minerali con ozono sembra in contraddizione con quanto disposto dall’art. 8 del D. Lgs. 105/1992, che vieta l’uso di sostanze battericide o batteriostatiche, poichè il Decreto 23 dicembre 2003 all’art. 3 prevede che tale trattamento debba essere applicato su un’acqua microbiologicamente pura già alla sorgente. E’ altresì vero che una concentrazione residua di 50 µg/l di ozono può rimediare a possibili contaminazioni nel processo di imbottigliamento, che costituisce uno dei maggiori punti critici dal punto di vista igienico sanitario. Nell’allegato III del Decreto 29 dicembre 2003, sono riportati i limiti massimi per i composti residui da trattamento delle acque minerali con aria arricchita da ozono. 25 Resta tuttavia difficile accettare che un’acqua minerale mantenga ancora le caratteristiche di acqua naturale con 50 µg/l di ozono residuo. Inoltre il limite dei bromoformi è 1 µg/l, un valore doppio rispetto a quello permesso per le acque minerali non trattate (0,5 µg/l). Sulla base dei dati disponibili è molto probabile che la quasi totalità delle acque minerali italiane non abbia comunque necessità di fare ricorso a tale trattamento. Infine, le acque minerali non possono essere trasportate, ad esempio in autocisterne o navi, ma solo condottate attraverso le tubature di adduzione dalla captazione allo stabilimento e quindi confezionate all’origine. 1.7 I trattamenti consentiti sulle acque potabili Le acque di acquedotto sono sottoposte a trattamenti di tipo fisico (grigliatura, sedimentazione, filtrazione, irraggiamento…) e chimico (demanganizzazione, deferrizzazione, flocculazione, trattamenti per la rimozione di elementi tossici, disinfezione a base di composti ossidanti…). Ma il trattamento più importante è quello della disinfezione, che ha l’obiettivo di eliminare o ridurre a livelli accettabili eventuali popolazioni microbiche. Ad eccezione del trattamento con raggi UV e della microfiltrazione, la disinfezione comporta sempre il contatto con sostanza chimiche di natura ossidante che lasciano tracce e alterazioni dell’acqua. I composti del cloro, prevalentemente ipoclorito, comunemente impiegati per tale scopo, determinano la formazione di derivati organoalogenati, sostanze dotate di una tossicità più o meno elevata in funzione della loro natura e quantità. Il trattamento con biossido di cloro non induce la formazione di questi composti ma dà luogo alla produzione di clorito, per il quale recentemente è stato ridefinito il limite a 0,7 mg/L, un valore non facile da soddisfare per alcune tipologie di acque nonostante l’impiego di avanzate tecniche impiantistiche. E’ indispensabile, inoltre, che vi sia sempre un’azione disinfettante residua, a causa della possibilità che la qualità microbiologica di un’acqua distribuita tramite la rete acquedottistica possa peggiorare durante il percorso, a causa di vecchie tubazioni, fenomeni di corrosione e infiltrazioni. 26 per: piombo, nichel, arsenico, benzo (a) pirene, tetracloroetilene e tricloro etilene e meno restrittivi per altri: sodio, pH, conducibilità. I limiti previsti per cadmio, cromo, rame, cianuro, mercurio, selenio, vanadio non hanno subito alcuna modifica. Per gli antiparassitari è indicato un valore complessivo e un valore parametrico relativo a ciascun singolo antiparassitario. I valori di parametro nella maggior parte dei casi sono stabiliti sulla base di studi effettuati dall’OMS; in altri casi si è ricorso al principio di precauzione (IPA, pesticidi totali, clorito, vanadio) mentre per altri ancora sono stati adottati limiti più restrittivi rispetto al decreto precedente e a quanto previsto dall’OMS. Inoltre, in base al principio di sussidiarietà sono stati inseriti alcuni sottoprodotti della disinfezione: clorito, derivato dall’utilizzo di biossido di cloro, e bromato, derivato dall’utilizzo di ozono. L’accettabilità dell’acqua minerale è valutata invece secondo i parametri ed i relativi indicatori indicati nell’art. 6 del D.M. 12/11/1992, n. 542, modificato successivamente con il D.M. 31 maggio 2001, e recentemente con il Decreto 29 dicembre 200313 che determina l'elenco, i limiti di concentrazione e le indicazioni di etichettatura per i parametri delle acque minerali naturali, nonche' le condizioni di utilizzazione dell'aria arricchita di ozono per il trattamento delle acque minerali naturali e delle acque di sorgente. Le due tipologie di acqua sono valutate da due provvedimenti nettamente distinti. In concreto però si evidenzia una sostanziale equivalenza tra i parametri ed i limiti delle sostanze contaminanti delle due acque (tab. 2), con alcuni limiti che sono più restrittivi per le acque minerali rispetto alle potabili: antiparassitari, idrocarburi policiclici aromatici, organoalogenati, tensioattivi, nitrati, nitriti, benzene, cianuro, cadmio e piombo. Alcuni parametri che sono legati prevalentemente ai processi di potabilizzazione non sono previsti per il controllo delle acque minerali. 29 13 in attuazione della direttiva 2003/40/CE della Commissione delle Comunita' europea del 16 maggio 2003 L’obiettivo della normativa per le acque minerali è quello di valorizzare la sostanziale differenza esistente per gli aspetti chimici fra questa e le acque potabili, e cioè la peculiarità delle acque minerali, che è quella di essere caratterizzata da elevata purezza. Per i principali parametri di composizione, come si può notare dalla comparazione nella tab. 1, le acque minerali non prevedono limiti a differenza delle acque potabili, questo per spiegare come si cerchi di preservare la “naturalezza” delle acque minerali. 30 Tab. 1: Confronto fra i rispettivi valori limite per le componenti principali (parametri di composizione) tra le due tipologie d’acqua (1) Quando non è riportato nessun dato, significa che nessun valore è previsto (2) Il limite inferiore vale per le acque sottoposte a trattamento di addolcimento o di dissalazione (3) E’ un valore massimo consigliato indicato nella tabella C “Parametri indicatori” dell’Allegato I del D. Lgs. 31/2001 31 Conducibilità elettrica µS/cm 2.500 -(1) pH Unità pH ≥6,5 e ≤9,5 _ Ossidabilità mg/l 5,0 _ Durezza °F 15-50 (2) _ Residuo fisso mg/l 1.500 (3) _ Cloruri mg/l 250 _ Solfati mg/l 250 _ Bicarbonato mg/l - _ Sodio mg/l 200 _ Potassio mg/l - _ Calcio mg/l - _ Magnesio mg/l - _ Parametri di composizione e altri Unità di misura Valori parametrici acque potabili (D. Lgs. 31/2001) Valori limite acque minerali (art. 5 D.M. 542/1992) (3) Il valore si riferisce ad un campione di acqua destinata al consumo umano ottenuto dal rubinetto tramite un metodo di campionamento adeguato e prelevato in modo da essere rappresentativo del valore medio dell’acqua ingerita settimanalmente dai consumatori. Le procedure di rilievo dei campioni e di controllo vanno applicate se necessario, secondo metodi standardizzati da stabilire ai sensi dell’art. 1, comma 1, lettera b). L’Autorità sanitaria locale deve tener conto della presenza di livelli di picco che possono nuocere alla salute umana. (4) Per le acque di cui all’art. 5, comma 1, lettere a), b), e d), questo valore deve essere soddisfatto al più tardi entro il 25 dicembre 2013. Il valore di parametro del piombo nel periodo compreso tra il 25 dicembre 2003 e il 25 dicembre 2013 è pari a 25 µg/l. Le regioni, le aziende sanitarie locali ed i gestori dell’acquedotto, ciascuno per quanto di competenza, devono provvedere affinché venga ridotta al massimo la concentrazione di piombo nelle acque destinate al consumo umano durante il periodo previsto per conformarsi al valore di parametro; nell’attuazione delle misure intese a garantire i raggiungimento del valore in questione deve darsi gradualmente priorità ai punti in cui la concentrazione di piombo nelle acque destinate al consumo umano è più elevata. (5) Deve essere soddisfatta la condizione {[(nitrato/50)] + [nitrato/0,5(0,1)]} ≤ 1, dove le parentesi quadre esprimono la concentrazione in mg/l per nitrato e per nitrito, e il valore di 0,10 mg/l per i nitriti si rispettato nelle acque provenienti da impianto di trattamento. (6) Per antiparassitari si intende: - insetticidi organici; - erbicidi organici; - fungicidi organici; - nematocidi organici; - acaricidi organici; - rodenticidi organici; - sostanze antimuffa organiche; - prodotti connessi (regolatori della crescita) e i pertinenti metabolici, prodotti di degradazione e di reazione. Il controllo è necessario solo per gli antiparassitari che hanno maggiore probabilità di trovarsi in un determinato approvvigionamento d’acqua. (7) Antiparassitari – totale indica la somma dei singoli antiparassitari rilevati e quantificati nella procedura di controllo. (8) I composti specifici sono i seguenti: - benzo(b)fluorantene; - benzo(k) fluorantene; 34 - benzo(ghi)perilene; - indeno(1,2,3-cd)pirene (9) I responsabili della disinfezione devono adoperarsi affinché il valore parametrico sia il più basso possibile senza compromettere le disinfezione stessa. I composti specifici sono: cloroformio, bromoformio, dibromoclorometano, bromodiclorometano. (10) Per le acque di cui all’art. 5, comma 1, lettere a), b), d), questo valore deve essere soddisfatto al più tardi entro il 25 dicembre 2006. Il valore di parametro clorito, nel periodo compreso tra il 2 dicembre 2003 e il 25 dicembre 2006, è pari a 800 µg/l. (10a) L’iniziale valore di 200 µg/l è stato elevato a 700 µg/l per effetto del D.M. 5 settembre 2006 (Modifica del valore fissato nell’allegato 1, parte B, al D. Lgs. 2 febbraio 2001, n. 31, per il parametro clorito). (11a) Il valore di 5,0 mg/l rappresenta il limite massimo ammissibile. Il valore più basso di 1,5 mg/l rappresenta la concentrazione di fluoro oltre la quale è necessario riportare la seguente indicazione in etichetta: “contiene più di 1,5 mg/l di fluoro: non è opportuno il consumo regolare da parte dei lattanti e dei bambini di età inferiore ai sette anni”. Detta indicazione deve figurare in prossimità immediata della denominazione dell’acqua minerale naturale, in caratteri nettamente visibili. Inoltre, per tali acque è necessario riportare in etichettala concentrazione di fluoro. (11b) Il valore più basso deve essere rispettato per le acque destinate all’infanzia. (12) Solo per le acque minerali sottoposte a trattamento con ozono, per le quali vale anche il limite di 1 µg/l di bromoformio e 50 µg/l di ozono disciolto. 35 2.2 I parametri chimici considerati come fattori di rischio Il nostro Paese è caratterizzato da aree che negli ultimi decenni sono state soggette ad una forte antropizzazione, dovuto ad una forte sviluppo produttivo. In queste zone si sono concentrate attività industriali, infrastrutture, aree urbanistiche, purtroppo spesso in osservanza di piani regolatori non troppo rispettosi dell’ambiente. Tutto questo ha creato forti pressioni che possono riflettersi, e talvolta è già accaduto, negativamente sulle risorse idriche. In questo paragrafo verranno segnalate le origini e le conseguenze sulla salute delle principali sostanze chimiche tenute sotto controllo dalla legislazione. Acrilammide: viene utilizzato nella produzione di flocculanti, impiegati nel trattamento delle acque. Può provocare effetti negativi al sistema nervoso e al sangue. E’ cancerogeno per l’uomo. Epicloridina: la presenza in acqua può essere associata ai polielettroliti rilasciati dai polimeri utilizzati per la chiariflocculazione. Può provocare irritazioni alle mucose e al tubo digerente. E’ neurotossico e cancerogeno. Benzene: il benzene è considerato un contaminante ubiquitario poiché è immesso nell’ambiente sia da fonti naturali (infiltrazioni di greggio, incendi e altro) che da fonti antropiche (perdite di serbatoi interrati, emissioni da autoveicoli, scarichi industriali, viene impiegato in alcune lavorazioni industriali, intermedio nelle sintesi organiche), è un componente delle benzine ed è usato come solvente nei laboratori di ricerca. E’ responsabile della comparsa di anemie e piastrinopenie. E’ tossico e cancerogeno. Boro: ha un’origine naturale e antropica, per la sua reattività con ossigeno e azoto trova impiego come disossidante e degassificatore nell’industria metallurgica e nell’industria del vetro, ceramiche e smalti, detergenti, fertilizzanti ed erbicidi, prodotti per l’industria nucleare. E’ tossico, può provocare irritazioni gastrointestinali, eruzioni eritematose, alterazioni del sistema nervoso. Bromato: si ottiene dall’ossidazione del bromuro presente nelle acque destinate alla potabilizzazione, trattate con ozono. Può provocare sintomatologie a carico del sistema nervoso e dell’apparato gastro-intestinale. 36 Non hanno effetti tossici ma possono provocare lesioni dentarie, fluorosi e alterazioni della tiroide e danni scheletrici. Benzo (a) pirene: deriva dai rivestimenti della rete e dai serbatoi. Può provocare anemie, ipopiastrinemie e aumento del rischio del cancro. Clorito: deriva dai sistemi di disinfezione con biossido di cloro. E’ tossico ed agisce sul sistema ematopoietico, come induttore di anemia emolitica, può provocare insufficienza renale e tiroidea. Cadmio: Può derivare per rilascio dalle tubature o dai rifiuti industriali. Fonti di inquinamento sono costituite anche dagli inceneritori e dalle discariche. Il metallo si accumula nel fegato e nei reni danneggiandoli. Può provocare disturbi gastrointestinali. E’ genotossico e cancerogeno. Selenio: il selenio è largamente usato nell’industria vetraria e nelle raffinerie di petrolio. E’ tossico, può procurare danni al fegato e disturbi gastrointestinali, alterazioni del sistema circolatorio. Rame: può derivare da corrosione delle tubature. Per brevi esposizioni può provocare dolori gastrointestinali e a lungo termine danni al fegato e reni. Solfato: deriva dall’erosione dei depositi naturali (rocce contenenti gesso). In associazione con sodio o magnesio, possono procurare irritazioni gastrointestinali. Manganese: E’ uno tra i principali componenti della crosta terrestre. Può derivare da scarichi industriali e per rilascio dalle condutture. Può provocare disturbi gastrointestinali. Cromo: è presente in natura nella crosta terrestre, in piccole quantità, in organismi vegetali e animali, è presente anche nei rifiuti industriali. E’ genotossico. Cianuro: deriva dagli scarichi delle industrie metallurgiche e dall’uso di fertilizzanti. Può provocare danni alla tiroide e al sistema nervoso centrale. Sodio: deriva dai depositi di salgemma. Può provocare nausea, vomito, ipertensione arteriosa, contratture muscolari. Ferro: E’ uno tra i principali componenti della crosta terrestre. Può derivare dall’uso di flocculanti e per rilascio dalle tubature. 39 Può procurare disturbi gastrointestinali. Alluminio: Viene utilizzato come flocculante. E’ tossico e può procurare il morbo di Halzaimer. 2.3 Motivazioni dei differenti valori di parametro tra acque minerali e acque potabili Fra i parametri che immediatamente caratterizzano tutte le tipologie di acque ad uso umano vi sono i parametri organolettici. Questi parametri non sono stati presi in considerazione nella normativa delle acque minerali naturali perché ritenuti implicitamente sempre soddisfacenti, mentre nelle acque potabili, per la variabilità indotta dalle differenti tipologie di origine, possono essere oggetto di misura. Torpidità, odore, colore e sapore sono parametri organolettici di notevole importanza nelle acque potabili in quanto rappresentano indicatori facilmente riconoscibili dall’utilizzatore e quelli più frequentemente alterati per la complessità dei sistemi di potabilizzazione e distribuzione di queste acque. Le acque di acquedotto possono manifestare un odore più o meno evidente dovuto all’aggiunta dei disinfettanti, mentre le acque naturali, proprio per le loro peculiari caratteristiche, devono essere limpide, incolori, inodori, insapori, a meno di eventuali caratteristici retrogusti dovuti alla particolare composizione salina. La temperatura alla sorgente è un parametro importante per le acque minerali in quanto è un indicatore correlato ai vari contesti idrogeologici e rappresenta uno dei parametri che devono mostrare una certa costanza nel tempo. Tale parametro ha scarsa rilevanza nelle acque condottate, soprattutto in quelle di origine superficiale e pertanto non viene preso in considerazione. L’anidride carbonica, sostanza che caratterizza certe acque minerali, naturalmente gassate o con aggiunta, non ha rilevanza nelle acque condottate se non per problemi connessi a delicati equilibri chimici che possono indurre fenomeni di corrosione. Allo stesso modo il pH è importante per le acque nella rete dell’acquedotto perché può determinare la loro aggressività nei confronti delle tubazioni di 40 adduzione, mentre nelle acque minerali questo parametro, che non presenta, limiti, ha un significato diverso. E’ logico aspettarsi che nelle acque minerali, il pH sia compreso in un intervallo non diverso da quello delle acque destinate al consumo umano che è compreso tra 6,5 e 9,5, e anche se non sono indicati valori di riferimento, l’intervallo è generalmente compreso fra 6,5 e 8,0, ad esclusione delle acque addizionate di anidride carbonica le quali sono caratterizzate da valori molto più bassi. Per il residuo fisso nelle acque destinate al consumo umano, si consiglia di non superare un valore di 1500 mg/l, mentre nessuna indicazione, nemmeno a livello europeo, viene data per le acque minerali. Acque ad elevato contenuto salino trovano comunque una limitata collocazione commerciale e solitamente vengono utilizzate in ambiti locali. Per la durezza totale vi sono valori consigliati compresi nell’intervallo 15 ÷ 50 °F per le acque potabili, con un limite inferiore che vale per le addolcite o dissalate. E’ importante sottolineare che il valore di 15 °F per le acque trattate è consigliato e non vincolante, come nella precedente disposizione di legge14. Non bisogna però dimenticare che le acque addolcite possono manifestare aggressività. Queste caratteristiche non hanno influenza nelle acque minerali naturali, e anche acque con basso contenuto di calcio e spesso aggressive non determinano problemi né a livello del trasporto né durante la fase di imbottigliamento. L’acqua di qualsiasi tipologia comunque, durante i brevi percorsi in condotte d’acciaio inossidabile e tutte le tubazioni connesse nelle fasi successive, non creano in nessun caso danni al sistema. Parametri come silice, litio, bromuri, ioduri, stronzio, non hanno significato nelle acque potabili, sia per le basse concentrazioni che comunemente riscontrano, sia per l’assenza di effetti tossici o indesiderabili. 41 14 Decreto Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 236, attuazione della direttiva 80/778/CEE concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano, ai sensi dell’art. 15 della Legge 16 aprile 1987, n. 183 Per quanto riguarda i nitrati e nitriti, le relative valutazioni sono abbastanza chiare nel punto 9 delle considerazioni introduttive della direttiva 2003/40/CE: “Il limite massimo previsto dalla norma del Codex per i nitrati consente di garantire una protezione sufficiente della salute pubblica e deve servire da riferimento per gli scambi comunitari e internazionali di acque minerali naturali. Tuttavia, nel quadro della procedura di riconoscimento ufficiale delle fonti di acque minerali naturali, prevista dall’articolo 1 della direttiva sopra citata, le autorità competenti degli stati membri devono potersi riferire, per le acque minerali naturali raccolte sul loro territorio, a un valore guida più basso per i nitrati”. Per i nitriti è stato mantenuto il valore di 0,02 mg/l introdotto dal decreto 31 maggio 2001, nonostante al punto 8 delle considerazioni introduttive della Direttiva 2003/40/CE sia riportato: “tuttavia il limite per i nitriti sembra troppo basso alla luce dei dati disponibili e dovrebbe essere allineato su quello previsto per l’acqua potabile”. Nell’allegato 7 della direttiva 2003/40/CE, per i nitriti è riportato il valore di 0,1 mg/l. Per quanto riguarda il cianuro, il valore limite riportato nell’art. 2 del D.M. 29 dicembre 2003 è 0,010 mg/l, molto basso se confrontato con il valore indicato nella direttiva 2003/40/CE (0,70 mg/l) e nella tabella B dell’allegato 1 del D. Lgs. 31/2001 per le acque destinate al consumo umano (0,05 mg/l). Al di là delle difficoltà analitiche per raggiungere un limite di rivelabilità al 10% per nitriti e cianuri16, si è creata una disparità sul piano commerciale fra le acque prodotte in Italia e quelle del resto della comunità europea. L’adozione di limiti così bassi sembra dovuta al fatto che, in precedenza, la normativa nazionale aveva questi limiti e il Consiglio Superiore di Sanità ha ritenuto di non elevarli: una scelta che non si basa su alcuna motivazione di cautela sanitaria, ma probabilmente per la difficoltà di motivare un innalzamento dei limiti in un momento in cui molta stampa e opinione pubblica sono particolarmente sensibili su tale materia. 44 16 Attualmente per i cianuri risulta complicato arrivare ad un limite di 0,001 mg/l Certamente un valore limite così basso del cianuro resta comunque del tutto inutile, in quanto determina solo un costoso impegno analitico per una sostanza che non è ritenuta un contaminante né ubiquitario, né fra quelli in traccia, ma da ricercare solo in contesti particolari, come l’aggiunta dolosa di sostanza tossiche. Il parametro fluoruri, indicato nella direttiva come fluoro, viene correttamente riportato nella duplice veste di elemento necessario all’organismo umano. Al punto 5 delle considerazioni introduttive della Direttiva 2003/40/CE viene specificato: “E’ generalmente ammesso che l’apporto alimentare di fluoro a basse dosi può avere un’azione benefica sulla dentizione”, ma anche come elemento che potrebbe determinare fluorosi, in particolare nella popolazione più sensibile come lattanti e bambini in tenera età. Pertanto l’art. 4 riporta che le acque minerali naturali la cui concentrazione di fluoruro è superiore a 1,5 mg/l devono comportare la seguente indicazione in etichettatura: “Contiene più di 1,5 mg/l di fluoro: non ne è opportuno il consumo regolare da parte dei lattanti e dei bambini di età inferiore a sette anni”. Costituisce una parte importante, oggetto di confronti e dibattiti, l’eventuale presenza di contaminanti di origine antropica nelle acque minerali, le sostanze contaminanti o indesiderabili, riportate per la prima volta nell’art. 6 del D.M. 542/1992. Un successivo atto legislativo, il Decreto 31 maggio 2001, ha solo determinato gravi difficoltà di tipo analitico e nessuna chiarezza sul significato dell’eventuale presenza di queste sostanze. Il D.M. 29 dicembre 2003 riprende l’argomento con l’art. 2, dove viene riportato che “nelle acque minerali naturali non devono essere presenti le seguenti sostanze o composti derivanti dall’attività antropica; il mancato riscontro di tali sostanze, utilizzando metodi analitici con i livelli minimi di rendimento riportati nell’allegato II del presente decreto, di cui fa parte integrante, costituisce garanzia di qualità per l’acqua minerale”. I valori limite per le sostanze contaminanti come oli minerali - idrocarburi, agenti tensioattivi, antiparassitari, idrocarburi policilici aromatici, benzene, 45 policlorobifenili, composti organoalogenati (tab. 2), sono più bassi dei corrispondenti limiti delle acque destinate al consumo umano, inoltre i parametri oli minerali – idrocarburi e policlorobifenili non sono riportati in tali acque. Mentre per gli idrocarburi aromatici policiclici e policlorobifenili è importante una verifica analitica sulla loro possibile presenza nelle acque minerali naturali date le caratteristiche di composti ubiquitari e dotati di elevata tossicità, gli oli minerali – idrocarburi costituiscono un parametro generico, poco chiaro nel significato, fonte di notevoli difficoltà analitiche e di controversie legali. Eliminato nel D. Lgs. 31/2001 per queste motivazioni e sostituito dal benzene come tracciante di contaminazione, questo composto molto diffuso nell’ambiente, dotato di notevole solubilità e di facile migrazione nelle acque, pone problemi analitici per la sua determinazione in spettrofotometria infrarossa. Come estraenti sono generalmente utilizzati l’1,1,2 triclorotrifluoroetano (freon 113) o tetracloruro di carbonio. Entrambe le sostanze sono riconosciute come responsabili della distruzione dello strato di ozono nel protocollo di Montreal. La Comunità Europea ha emanato alcuni regolamenti riguardanti le sostanze che distruggono lo strato di ozono, l’ultimo dei quali è il 2037/2000, e questo regolamento limita l’uso di molte sostanze e vieta anche la produzione per quelle che non sono riconosciute essenziali in certi impieghi. Per quanto riguarda i composti organoalogenati, è condivisibile la notevole differenza fra i valori limite delle acque destinate al consumo umano e le acque minerali naturali: nel primo caso i processi di disinfezione a base di cloro determinano sempre la formazione di prodotti che devono essere mantenuti i più bassi possibile. Tuttavia il valore di 30 µg/l è ritenuto cautelativo per la salvaguardia della salute pubblica, infatti la direttiva 98/83/CE del 3 novembre 1998 concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano stabilisce un valore di 100 µg/l. Inoltre nelle acque destinante al consumo umano, tricloroetilene e tetracloroetilene presentano valori limite più bassi in ragione della loro tossicità e perché indicatori di evidente attività antropica. 46 Tab. 3: confronto fra i valori limite dei parametri microbiologici delle due tipologie d’acqua Parametro Valori limite acque potabili (D. Lgs. 31/2001) Valori limite acque minerali (Art. 9 D.M. 542/1992) Carica microbica a 20° - 22° per 72 ore 100 UFC/ml (2) 100 UFC/ml (1) Carica microbica a 37° per 24 ore 20 UFC/ml (2) 20 UFC/ml (1) Escherichia coli 0 UFC in 100 ml - 0 UFC in 250 ml (2) - Enterococchi 0 UFC in 100 ml - 0 UFC in 250 ml (2) - Coliformi totali 0 UFC in 100 ml (3) 0 UFC in 250 ml in 2 repliche Coliformi fecali - 0 UFC in 250 ml in 2 repliche Streptococchi fecali - 0 UFC in 250 ml in 2 repliche Clostridi solfito-riduttori (spore) - 0 UFC in 50 ml Clostridium perfringens (spore comprese) 0 UFC in 100 ml (4) - Staphylococcus aureus - 0 UFC in 250 ml Pseudomonas aeruginosa 0 UFC in 250 ml (2) 0 UFC in 250 ml (1) Limite indicativo entro 12 ore dall’imbottigliamento ai sensi della Circolare Ministero della Sanità n. 17 del 13 settembre 1991 (2) Valori da applicare per acque potabili confezionate. (3) per le acque confezionate in bottiglie o contenitori, il valore è 0 UFC in 250 ml. (4) Tale parametro non deve essere misurato a meno che le acque provengano o siano influenzate da acque superficiali. In caso di non conformità con il valore del parametro, l’azienda sanitaria locale competente al controllo dell’approvvigionamento d’acqua deve accertarsi che non sussistano potenziali pericoli per la salute umana derivanti dalla presenza di microrganismi patogeni, quali ad esempio il Criptosporidium. I risultati di tutti questi controlli debbono essere inseriti nelle relazioni che debbono essere predisposte ai sensi dell’articolo 18, comma 1, del D. Lgs. 31/2001. 49 Tab. 4: controllo dei parametri accessori in acqua potabile Parametro Volume di riferimento Alghe 1 l Batteriofagi anti E.coli 100 l Nematodi a vita libera 1 l Enterobatteri patogeni 1 l Enterovirus 100 l Funghi 100 ml Protozoi 100 l Pseudomonas aeruginosa 250 ml Stafilococchi patogeni 250 ml Questi parametri vanno ricercati con le metodiche di cui agli articolo 8, comma 3, del D. Lgs. 31/2001. Devono essere comunque costantemente assenti nelle acque destinate al consumo umano gli enterovirus, i batteriofagi anti E. coli, gli enterobatteri patogeni e gli stafilococchi patogeni. Nelle acque minerali, i controlli microbiologici eseguiti dagli organi sanitari competenti su campioni prelevati presso le captazioni, le linee di imbottigliamento, ai depositi (sia dello stabilimento che della distribuzione) ed ai punti vendita, prevedono la determinazione dei parametri indicati negli articoli 9 e 10 del D.M. 542/92 e nella circolare del Ministero della Sanità n. 17 del 13 settembre 91 (Tabella 2). In quest’ultima, come nel D.M. 13 gennaio1993, sono riportati in dettaglio le modalità di prelievo e le metodiche da impiegare nella determinazione dei parametri. Le Aziende produttrici nell’ambito delle procedure di autocontrollo igienico della produzione, ricercano solitamente tutti i parametri nei campioni prelevati alla captazione, mentre all’uscita della catena d’imbottigliamento e su almeno due punti dell’impianto sono testati con maggiore frequenza: Carica batterica totale, Staphylococcus aureus, Pseudomonas aeruginosa e Coliformi. Il D.M. 8 luglio 1997 all’art.1 disponeva che, per la valutazione delle caratteristiche microbiologiche delle acque minerali naturali, in aggiunta ai 50 parametri richiesti dal D.M. 542/92, si effettuasse la ricerca dell’Aeromonas, sia alla captazione che nelle varie fasi della commercializzazione, indicando anche i valori di carica microbica. Tale decreto è stato poi definitivamente revocato dal successivo D.M. 27 novembre 1998. All’acqua minerale si richiede, dunque, l’assenza dei Coliformi, Streptococchi fecali, spore di Clostridi solfito-riduttori, Pseudomonas aeruginosa e Staphylococcus aureus (tab. 3) mentre per la carica microbica, costituita da batteri innocui, autoctoni, saprofiti, caratterizzanti (Alcaligenes, Flavobacterium, Pseudomonas, Xanthomonas, Chromobacterium, ecc.) sono riportati valori indicativi di riferimento, ma non limiti di concentrazione distinti alla captazione, dopo l’imbottigliamento e durante la fase di commercializzazione. Anche se una carica batterica elevata non causa problemi diretti alla salute, può tuttavia, per la produzione di sostanze indesiderate (metaboliti), conferire all’acqua odori e sapori sgradevoli. E’ dunque importante avere una carica iniziale molto bassa e monitorarla nel tempo, mediante indagini analitiche continue, atte a registrare gli eventuali cambiamenti verificatisi. Come già evidenziato per i parametri chimici, si nota una sostanziale equivalenza tra parametri ed i limiti di tipo microbiologico delle due tipologie di acqua, e nonostante siano prese in esame due legislazioni completamente differenti. 2.5 I parametri microbiologici considerati come fattori di rischio Vengono ora presi in considerazione e descritti i parametri microbiologici in osservazione alla normativa per il controllo delle acque, in riferimento soprattutto a quelle potabili, le quali possono incontrare contaminazioni in diversi fasi, dall’emungimento, all’accumulo, all’interno delle rete acquedottistica e nelle reti domestiche. Coliformi fecali: la loro presenza è indice di contaminazione recente, poiché non si adattano bene all’ambiente esterno. 51 Numerose sono le specie parassite su animali e temporaneamente su vegetali. Sono presenti nelle acque grezze ricche di sostanza organica, possono superare la fase di filtrazione e colonizzare l’acqua potabilizzata (l’abbattimento richiede circa 20 mg/l di cloro residuo totale per tempi di esposizione di 2-3 ore), alterandola nei caratteri organolettici. Già 3-4 nematodi litro nella rete acquedottistica suggeriscono controlli circostanziati nell’impianto di trattamento. Sono indice di contaminazione fecale e sono resistenti ai sistemi di disinfezione. Creano patologie di tipo elmintiasi intestinali. Enterobatteri patogeni: genere Vibrio, Salmonella, Shigella. Questi rappresentano il rischio reale e non potenziale di fecalizzazione, perché il rischio da reale diventi effettivo sono necessarie le seguenti dosi: Salmonella: 10^5 - 10^9 germi, Shigella 10^1 - 10^2 germi, VIbrio cholerae 10^6. Il genere Vibrio comprende un vasto gruppo di microrganismi, abbondanti negli ambienti acquatici, specialmente nelle acque degli estuari e nelle acque marine, nonché relativi sedimenti. Patologie: gastroenteriti acute, colera. La presenza del genere Salmonella indica una contaminazione fecale primaria, cioè associata all’immissione di scarichi fognari o dilavamento dei suoli contaminati. La disinfezione ne riduce le concentrazioni del 99%. Patologie: febbre enterica, gastroenteriti acute, infezioni extraintestinali. Il genere Shigella è raramente presente nelle acque potabili e superficiali ed è particolarmente sensibile alla disinfezione. Patologie: dissenteria bacillare. Enterovirus: le acque destinate al consumo umano possono essere inquinate da acque di fogna non depurate, contenenti virus enterici. Attraverso il circolo oro- fecale l’acqua può veicolare numerosi virus patogeni per l’uomo quali enterovirus (promotori di epatite A, ECHO, Coxachie), rotavirus, epatite E, poliovirus. Il rischio di infezione virale dipende in particolare dal titolo virale dell’acqua e dalla quantità ingerita. Funghi: la loro presenza è associata all’inefficienza del sistema di potabilizzazione, alla formazione di biofilm, alla corrosione delle tubature, alla disponibilità di sostanza organica. 54 Non sono patogeni, ad eccezione degli Aspergillus fumigatus, niger, flavus, che esplicano la propria azione per inalazione, esposizione (ferite) o perché producono tossine. La presenza di funghi nelle acque potabili e negli impianti di distribuzione può creare odori e sapori sgradevoli ed avere conseguenze per la salute umana, con implicazioni allergiche, patogeniche e tossigene. Alcune specie producono in ambienteacquatico sostanze umiche le quali, in presenza di cloro, possono agire come precursori per i trialometani (THM), di sospetta cancerogenicità. Altre specie, come Aspergillusflavus, elaborano micotossine. Patologie: stati tossicologici Protozoi: l’acqua potabile non adeguatamente trattata può veicolare alcuni gruppi di protozoi, tra cui le Amebe (Entamoeba histolyca), Flagellati (Giardia lamblia), Coccoidi (Cryptosporidium spp.), Ciliati (Balantidium coli). Oltre a Entamoeba histolytica, responsabili di antropozonosi sono Microsporidium e Naegleria fowleri. Molti protozoi resistono generalmente ai disinfettanti clorati alle normali dosi di potabilizzazione. La dose infettante varia da 1 a 10 cisti. Giardia e Cryptosporidium costituiscono indice di contaminazione fecale. Le Giardie sono tra i parassiti più implicati nelle epidemie diarroiche conseguenti al consumo di acque potabili. Le cisti, lunghe 8-14 µm, infettano l’uomo per via orale attraverso i circuito oro-fecale. Possono restare a lungo sospese nell’acqua per il basso peso specifico. Le cisti, superato lo stomaco, si disincistano fissandosi con la forma vegetativa alla mucosa dell’intestino tenue, provocando fenomeni diarroici la cui patogenesi non è stata ancora chiarita. Genere Cryptosporium: comprende coccidi intestinali che infettano l’uomo e gli animali per l’ingestione di cibo o acqua inquinati dalle oocisti, le quali, a livello dell’intestino tenue, liberano gli sporozoiti che distruggono lo strato microvillare dell’ileo e dell’intestino crasso. Pseudomonas aeruginosa: è spesso un componente della flora batterica naturale delle acque. La sua presenza è indice di scarsa protezione della rete dall’ambiente esterno, è resistente alla clorazione, è patogeno se produce esotossina A, accanto 55 ad altre esotossine, due emolisine, un glucopeptide termoresistente e una fosfolipasi C termostabile. E’ un germe tipicamente ambientale, ma occasionalmente patogeno. La resistenza alla clorazione grazie alla produzione di sostanze polimeriche extracellulari ne facilita la crescita nella rete acquedottistica. Pseudomonadi possono ricrescere anche nell’acqua minerale imbottigliata, con frequenza superiore al 20%. La sua patogenicità si estrinseca per ingestione, forme gastrointestinali rilevabili in neonati, e per contatto,infezioni di ferite o patologie degli epiteli. Diarree epidemiche, specialmente nei bambini,e infezioni cutanee. La sua patogenicità dipende dalla diminuzione delle difese umorali e cellulari dell’ospite. Stafilococchi patogeni: la loro presenza è indice di contaminazione ambientale, sono particolarmente resistenti all’azione del cloro, per cui sono indici del grado di efficienza dei sistemi di disinfezione. Possono inserirsi nei sistemi di potabilizzazione, nei serbatoi e sono in grado di produrre enterotossine. Patologia: tossinfezione per produzione di enterotossine. 2.6 Le deroghe ai limiti dei parametri La normativa delle acque minerali non prevede alcun tipo di deroga sui limiti fissati sia per i parametri chimici che per i microbiologici. La situazione è diversa invece per le acque potabili, per le quali il ricorso alla deroga è piuttosto diffuso. Il principio della deroga si trovava già nel precedente provvedimento in vigore, il D.P.R. 236/1988, che recepiva la normativa comunitaria 80/778/CEE. L’attuale provvedimento all’art. 13 del D. Lgs. 31/2001, dispone che la regione o la provincia autonoma può stabilire deroghe ai valori di parametro entro dei valori massimi ammissibili, decisi dal Ministero della sanità assieme al Ministero dell’ambiente, purchè non ci sia pericolo per la salute umana. La deroga deve durare il minor tempo possibile e non può superare i tre anni, ma eventualmente può essere concessa nuovamente, con motivata richiesta. La possibilità di ricorrere alla deroga non deve suscitare meraviglia o allarmismi. 56 Il controllo di routine fornisce informazioni sulla qualità organolettica, microbiologica e l’efficacia della disinfezione, analizzando almeno i seguenti parametri: - Allumino (nota 1); - Ammonio; - Colore; - Conduttività - Clostridium perfringens (spore comprese) (nota 2); - Escherichia coli (E. coli); - Concentrazione ioni idrogeno; - Ferro (nota 1); - Nitriti (nota 3); - Odore; - Pseudomonas aeruginosa (nota 4); - Sapore; - Conteggio delle colonie a 22° e 37°C (nota4); - Batteri coliformi a 37° C - Torpidità - Disinfettante residuo (se impiegato) 59 _______________________________________________________________________________________ Nota 1: Necessario solo se usato come flocculante o presente, in concentrazione significativa, nelle acque utilizzate. (*) Nota 2: Necessario solo se le acque provengono o sono influenzate da acque superficiali (*). Nota 3: Necessario solo se si utilizza la cloramina nel processo di disinfezione (*) Nota 4: Necessario solo per le acque vendute in bottiglie o in contenitori. (*) In tutti gli altri casi i parametri sono contenuti nell'elenco relativo al controllo di verifica. Il controllo di verifica invece mira all’accertamento del rispetto di tutti i parametri contenuti nel decreto. L’azienda Uls competente al controllo può stabilire che per un determinato periodo non occorra fare accertamenti su determinati parametri, escluso il parametro radioattività, se ritiene non ci sia il rischio del superamento di questi. Nella tabelle B1 del D. Lgs. 31/2001 (tab 5), è indicata la frequenza minima di campionamento e analisi per le acque destinate al consumo umano fornite da una rete di distribuzione, da cisterne, o utilizzate nelle imprese alimentari. I campioni devono essere prelevati nei punti individuati ai sensi dell’art. 6, ma nel caso di una rete di distribuzione, i campioni possono essere prelevati anche alle fonti di approvvigionamento, o agli impianti di trattamento: Tab. 5: frequenza minima di campionamento e analisi per le acque destinate al consumo umano fornite da una rete di distribuzione, da cisterne, o utilizzate nelle imprese alimentari, tabella B1 allegato II del D.Lgs. 31/2001 Volume d'acqua distribuito o prodotto ogni giorno in una zona di approvvigionamento (Note 1 e 2) m3 Controllo di routine - numero di campioni all'anno (Note 3, 4 e 5) Controllo di verifica - numero di campioni all'anno (Note 3 e 5) ≤ 100 (nota 6) (nota 6) > 100 ≤ 1.000 4 1 >1.000 ≤ 10.000 4 1 + 1 ogni 3.300 m³ /g del volume totale e frazione di 3.300 >10.000 ≤ 100.000 4 + 3 ogni 1000 m³ /g del volume totale e frazione di 1000 3 + ogni 10.000 m³ /g del volume totale e frazione di 10.000 >100.000 totale e frazione di 1.000 10 + 1 ogni 25.000 m³ /g del volume totale e frazione di 25.000 60 Nota 1: Una zona di approvvigionamento è una zona geograficamente definita all'interno della quale le acque destinate al consumo umano provengono da una o varie fonti e la loro qualità può essere considera sostanzialmente uniforme. Nota 2: I volumi calcolati rappresentano una media su un anno. Per determinare la frequenza minima in una zona di approvvigionamento invece che sul volume d'acqua si può fare riferimento alla popolazione servita calcolando un consumo di 200 l pro capite al giorno. Nota 3: Nel caso di approvvigionamento intermittente di breve durata, la frequenza del controllo delle acque distribuite con cisterna deve essere stabilita dall'Azienda unità sanitaria locale. Nota 4: Per i differenti parametri di cui all'allegato I l'Azienda unità sanitaria locale può ridurre il numero dei campioni indicato nella tabella se: a) i valori dei risultati dei campioni prelevati in un periodo di almeno due anni consecutivi sono costanti e significativamente migliori dei limiti previsti dall'allegato I e b) non esiste alcun fattore capace di diminuire la qualità dall'acqua. La frequenza minima non deve essere inferiore al 50% del numero di campioni indicato nella tabella, salvo il caso di cui alla nota 6. Nota 5: Nella misura del possibile, il numero di campioni deve essere equamente distribuito in termini di tempo e luogo. Nota 6: La frequenza deve essere stabilita dall'Azienda Unità Sanitaria Locale. La tabella B2 del D. Lgs. 31/2001 (tab. 6) indica invece la frequenza minima di campionamento e analisi per le acque confezionate in bottiglie o contenitori e messe a disposizione per il consumo umano: 61 Si capisce che l’obbligo delle analisi da condurre almeno ogni 5 anni per l’aggiornamento delle analisi da riportare in etichetta, di cui art. 11 del D. Lgs. 105/1992, è stato di fatto trasformato in un adempimento di frequenza annuale. Confrontando le disposizioni del D. Lgs. 31/2001, inerenti la vigilanza, con quelle delle Circolari 17/1991 e 19/1993, si nota come, per le acque minerali, non siano indicati i parametri da analizzare nei controlli periodici. Inoltre, disposizioni così vincolanti nelle frequenze e nei punti di campionamento sono in contrasto con le norme orizzontali del settore alimentare che prevedono l’autocontrollo igienico della produzione secondo i principi dell’HACCP. Necessariamente differente è il comportamento dell’autorità sanitaria in caso del superamento dei valori limite fissati dalla legislazione per le due differenti tipologie di acqua. Nel caso delle acque potabili, l’art. 10 del D. Lgs. 31/2001 rende esplicito il comportamento che le autorità sanitarie devono eseguire nel caso di un superamento parametrico, cioè l’attuazione della valutazione del rischio e delle conseguenze sulla salute connesse sia dell’erogazione di acqua fuori norma, sia della privazione dell’acqua alla comunità. In altre parole, si segue il principio osservato per la concessione delle deroghe. E’ esclusa da questa procedura l’acqua potabile imbottigliata. Nel caso in cui le acque destinate al consumo umano non risultassero in possesso dei requisiti necessari, l’azienda Usl ne dà comunicazione al gestore e, effettuate le valutazioni del caso, propone al sindaco l’adozione di eventuali provvedimenti cautelativi a tutela della salute pubblica. Il gestore, sentite l’Azienda Usl e l’Autorità d’ambito, è tenuto ad individuare le cause della non conformità e ad attuare i correttivi necessari all’immediato ripristino della qualità delle acque erogate. Al sindaco, all’Azienda Usl, all’Autorità d’ambito ed al gestore, ciascuno per quanto di propria competenza, spetta anche il compito di informare i consumatori in ordine ai provvedimenti adottati. 64 Fornire acqua destinata al consumo umano in violazione delle disposizioni del D.Lgs. 31/2001, significa andare incontro a sanzioni pecuniarie che variano da 5165 a 61975 euro- Per le acque minerali invece, qualsiasi superamento dei valori limite comporta il ritiro dal commercio dei lotti non conformi e/o l’eventuale sospensione o cessazione delle attività di imbottigliamento delle Aziende. Si segue quindi un principio coerente con le norme del settore alimentare, partendo dal concetto che l’acqua minerale non è un bene essenziale ma un prodotto alimentare e che esso deve essere in possesso e mantenere una delle sue caratteristiche fondamentali che è la purezza originaria, come indicato nella sua definizione all’art. 1 del D Lgs. 105/1992. 3. La perdita di qualità delle acque 3.1 Le principali cause di alterazione della qualità delle acque minerali La qualità delle acque minerali è sempre stata oggetto di sistematico controllo sia da parte delle stesse aziende produttrici (controlli interni) che dai Servizi d'Igiene Pubblica delle Aziende Sanitarie Locali (controlli ufficiali). Lo impone la normativa vigente, il tipo di prodotto e l’enorme espansione dei consumi. I controlli di qualità sono mirati essenzialmente a stabilire la conformità del prodotto a quanto disposto dalla legislazione (D. Lgs. 105/92, integrato e modificato dal D. Lgs. 339/99) e pertanto capaci, con tutte le limitazioni dovute al piano di campionamento, di evidenziare i difetti del prodotto quando si sono già generati. E' evidente che, per garantire la qualità del prodotto, è necessario prevenire l'insorgenza delle alterazioni agendo sulle possibili cause nelle varie fasi del processo produttivo. Per cui, anche nel settore delle acque minerali, il "controllo di qualità" viene incluso nel nuovo concetto di "assicurazione (o garanzia) della qualità", introdotto dalla Direttiva 93/43/CEE sull’igiene dei prodotti alimentari recepita con il D. Lgs.155/97. 65 Per molti produttori si è trattato di regolamentare quanto già in pratica veniva fatto e dare metodicità a quanto era saltuario od occasionale, in altri termini produrre secondo le Norme di Buona Fabbricazione, pianificando e registrando tutte le operazioni e istituendo un sistema di autocontrollo sulla base della metodologia HACCP. Con questo metodo, conoscendo le reali condizioni in cui viene a trovarsi il prodotto lungo il ciclo di lavorazione fino alla distribuzione, è possibile individuare in quali fasi della produzione l’inosservanza di vari fattori può determinare un difetto del prodotto (punti critici). La sorveglianza ed il controllo (padronanza) di questi punti critici permette di prevenire i rischi (biologici, fisici e chimici) che possono alterare la qualità delle acque minerali. La fase successiva può essere quella di implementare un Sistema Qualità che può essere anche certificato in conformità alle norme UNI EN ISO, per la certificazione di processo. Ogni azienda attua il sistema di autocontrollo adatto al proprio processo produttivo e alle proprie esigenze e potenzialità tecnologiche per avere un prodotto con caratteristiche costanti di sicurezza e salubrità. L'estensione e la complessità degli impianti adibiti alla produzione di acqua minerale, dipendono ovviamente dalla capacità produttiva e variano da azienda ad azienda. Si possono avere piccole produzioni, dell’ordine di 10 milioni di litri/anno, limitate ad un solo tipo di contenitore con una sola linea d’imbottigliamento, talvolta antiquata e funzionante in modo discontinuo, oppure grandi produzioni, anche dell'ordine di 10 milioni di litri/giorno, da più catene di confezionamento per diversi tipi di contenitori. Tra questi due estremi troviamo tutta una varietà di sistemi di produzione attuati con attrezzature quasi personalizzate e di diversa concezione e vetustà, per cui situazioni così disparate necessitano di piani di autocontrollo appositamente studiati. Per meglio illustrare quali possono essere le cause di alterazione della qualità delle acque minerali ed in quale fase della produzione possono agire, faremo riferimento ad un processo tipo che può essere schematizzato nelle seguenti fasi: 66 Questi strumenti consentono di tenere sotto controllo la costanza della temperatura e della composizione ionica dell'acqua, permettono di verificare l'eventuale comparsa di torbidità e quindi il manifestarsi di gravi alterazioni all’interno dell’acquifero conseguente a cedimenti strutturali o all’influenza di eventi meteorologici eccezionali. La maggior parte delle acque minerali presenta una torbidità non superiore a 0,2 NTU: superamenti significativi di questo valore indicano una situazione di criticità del sistema. Gli strumenti sono collegati a sistemi di acquisizione ed elaborazione dati che segnalano in tempo reale le anomalie rilevate permettendo di interrompere anche automaticamente la produzione ed evitare i rischi connessi all’alterazione della qualità. Un pozzo ben costruito offre, sotto il profilo igienico, maggiori garanzie di una sorgente captata alla vecchia maniera (vasca di calma, stramazzo) sicuramente molto suggestiva ma possibile ricettacolo di microrganismi. E’ tuttavia da tenere presente che la gestione di un pozzo deve essere molto oculata. La fase di studio geologico preliminare alla ricerca di nuove captazioni permette di valutare la vulnerabilità dell'acquifero e fornisce indicazioni sulle tecniche più idonee per la messa in produzione di una sorgente o per la perforazione di un pozzo. Generalmente gli ambienti montani e pedemontani scarsamente antropizzati offrono maggiori garanzie della qualità dell’acqua rispetto agli acquiferi di zone pianeggianti più adatte all’uso agricolo intensivo o industriale; comunque le acque in acquiferi, anche di zone ambientalmente favorevoli, se non sufficientemente protette sotto il profilo geolitologico, possono essere esposte a forti influenze esterne e divenire inutilizzabili: aumento di nitrati, possibili contaminazioni da pesticidi, idrocarburi o altri prodotti d'origine industriale. Significative alterazioni della qualità dell'acqua all’origine possono essere imputabili ad uno sfruttamento non idoneo della falda. L’abitudine, in certi casi, di considerare i giacimenti di acqua minerale simili a quelli minerari classici o ad altre risorse naturali per le quali non vige il rispetto dei tempi di ripristino secondo i cicli naturali, possono portare rapidamente alla crisi del sistema di approvvigionamento e alla compromissione della risorsa stessa. 69 I primi segnali sono quelli di un cambiamento della composizione ionica. Se le variazioni sono contenute, non determinano sostanziali modifiche delle caratteristiche delle acque. A tale proposito la Circolare n° 19 del Ministero della Sanità del 12 maggio 199319 indica gli intervalli di tolleranza per la variazione della composizione riportata in etichetta. Il superamento di questi limiti di riferimento impone l’adozione di una nuova etichetta con i dati analitici aggiornati. Tuttavia una nuova etichetta è realizzabile solo quando l’acqua assume una composizione ionica stabile. D’altra parte la costanza di composizione ionica è una condizione essenziale che contraddistingue un’acqua minerale da un’ordinaria acqua potabile. Quando la variazione della composizione ionica è considerevole, si ritiene che l’acqua prodotta non abbia più i requisiti di quella autorizzata e pertanto oltre alle analisi chimiche sono decadute anche le indagini farmacologiche e cliniche. Lo sfruttamento non corretto di un pozzo con il richiamo di acque da acquiferi diversi dall'originale può determinare anche la comparsa di contaminanti chimici o di microrganismi indicatori di contaminazione. Un sistema di captazione, sia esso pozzo o sorgente, se gestito correttamente produrrà acqua caratterizzata dalla presenza di pochissimi batteri saprofiti per millilitro, appartenenti a poche specie costituenti la flora microbica dell'acqua che è costante e tipica dell'acquifero. Le sue variazioni, anche di lieve entità, possono essere predittive di uno squilibrio prodottosi nella falda con il rischio di contaminazioni più gravi. Come già sottolineato precedentemente, la normativa vigente per le acque minerali non permette che su di esse siano eseguite operazioni atte a modificarne il microbismo originario e pertanto è estremamente importante per i produttori disporre di una materia prima non solo esente da microrganismi patogeni o indicatori, ma anche con carica microbica saprofitaria più bassa possibile. Cariche batteriche già elevate all'origine possono avere effetti negativi su tutte le fasi della filiera produttiva con alterazioni o non conformità del prodotto finito. 70 19 Analisi chimiche e chimico fisiche di acque minerali naturali Lavori di manutenzione condotti alle opere di captazione (sostituzione di pompe, tubazioni, ecc.) o lo stesso allestimento delle strutture per lo sfruttamento di un nuovo pozzo, comportano la necessità di procedere a operazioni di disinfezione chimica per evitare che le possibili contaminazioni batteriche si propaghino agli impianti a valle. Questa pratica deve essere eseguita con tutte le cautele del caso e non lasciare residui nel prodotto confezionato. A volte, la disinfezione è stata usata in modo fraudolento, per mascherare difetti microbiologici dell'acqua all'origine. Mentre quella condotta con mezzi fisici (raggi UV, filtrazione) non lascia traccia, quella condotta con mezzi chimici (ozono, sostanze clorattive, acido peracetico ecc.) lascia residui che sono riscontrabili con l'analisi. 3.1.2 Adduzione all’impianto di confezionamento L'adduzione dell'acqua dalle sorgenti allo stabilimento per il confezionamento avviene tramite condutture che possono estendersi anche per chilometri, anche attraverso zone impervie, talvolta esposte a rischi di dissesto idrogeologico, con l'inconveniente di possibili contaminazioni microbica dell'acqua per sconnessione di tubazioni, infiltrazioni, ecc. Si può rendere necessario anche l'installazione di stazioni intermedie di pompaggio per portare l'acqua ai serbatoi di accumulo anche di notevoli proporzioni, anche parecchie centinaia di m³ ciascuno, necessari per dare continuità al processo produttivo. I materiali impiegati per le condutture e i serbatoi sono l’acciaio inox o anche materiale plastico a patto che non produca per contatto rilascio di contaminanti, e comunque gli impianti devono essere realizzati tenendo presenti le norme igieniche. In tutto questo sistema si possono verificare, ad opera di pochi batteri saprofiti presenti nell'acqua all'origine, estese colonizzazioni con formazione di biofilm batterico sulle pareti interne di tubazioni e serbatoi. Questo biofilm di consistenza mucillaginosa può fungere da substrato nutritivo per altri microrganismi o per l'attecchimento di muffe nell'interfaccia aria-acqua-parete interna di serbatoi. 71 - bottiglie in vetro 24% - brik in CP (cartone politenato) 1,5% Il PET ha quasi completamente sostituito il PVC e si prevede una graduale diminuzione delle quote del vetro e del cartone politenato che sembra destinato a scomparire. Le bottiglie a perdere, sia in PET che in vetro, offrono al consumatore una buona garanzia di igienicità, ma se non opportunamente riciclate, il loro smaltimento diventa un oneroso problema ambientale, in gran parte ancora da risolvere. Come attenti osservatori avevano previsto fin dalla loro comparsa sul mercato, le bottiglie di plastica per acque minerali sono attualmente il rifiuto più frequente rinvenibile e più impattante dal punto di vista visivo nell'ambiente naturale. Il costo di uno scorretto smaltimento dei contenitori in plastica deve essere pertanto conteggiato come una voce passiva non trascurabile per l'intera comunità. Meno frequentemente si trovano abbandonate bottiglie in vetro, sia per la loro minore diffusione, sia per un flusso di riciclo ancora attuabile. Tuttavia il riciclo delle bottiglie di vetro è limitato dal maggior peso nel trasporto delle acque e dalla produzione di reflui delle operazioni di lavaggio fortemente inquinanti tanto da richiedere adeguati impianti di depurazione. Rimane infine il rischio, sia pur minimo, che residui di detergente possano contaminare qualche confezione e la possibilità che qualche bottiglia particolarmente sporca non sia completamente bonificata dal lavaggio e superando i controlli elettronici o visivi finisca alla distribuzione. In conclusione le operazioni di lavaggio delle bottiglie richiedono particolare attenzione con l'impiego di macchine efficienti e costantemente controllate che lavorino ad idonee condizioni di temperatura, di concentrazione dei detergenti e sanificanti ed in grado di assicurare un perfetto risciacquo. Per quanto riguarda le bottiglie in PET queste devono avere precise caratteristiche, dettate da apposite norme, circa la possibilità di rilascio di sostanze indesiderate. 74 I controlli, a cui sono sottoposti questi contenitori, dimostrano che normalmente rientrano abbondantemente nei limiti stabiliti. Pur tuttavia, se le operazioni non sono perfettamente eseguite, durante la formazione delle bottiglie si può sviluppare aldeide acetica, una sostanza non tossica che però può conferire all’acqua un lieve odore caratteristico. 3.1.3 Trasporto e immagazzinamento Anche durante la fase del trasporto, spesso a grande distanza, e nel corso dell’immagazzinamento possono manifestarsi alcune alterazioni della qualità dell'acqua imbottigliata. I rischi più evidenti possono essere dati dall’esposizione a fonti di calore. Mentre le aziende produttrici pongono particolare attenzione al trasporto ed allo stoccaggio, i rischi maggiori sussistono per le piccole utenze: grossista e dettagliante. Il trasporto promiscuo poi può determinare inquinamenti dell'acqua imbottigliata: versamenti accidentali di prodotti possono contaminare le acque confezionate. L’immagazzinamento in luoghi non adatti (non è così raro vedere confezioni di acque minerali impilate all’aperto ed esposte al sole in piena estate), determina spesso comparsa di odori e sapori sgradevoli, queste alterazioni del materiale plastico dei contenitori avvengono conseguentemente all'eccessivo riscaldamento con cessione di molecole complesse. Invece si possono avere odori di muffa quando l’immagazzinamento avviene in ambienti umidi senza ventilazione, inoltre la rottura di qualche confezione per una movimentazione dei pallet poco attenta, produce le condizioni adatte affinché all’interno del film termoretraibile che li avvolge, si possano sviluppare muffe e cattivo odore compromettendo l’intera partita. Anche l’immagazzinamento di acqua minerale assieme ad altra merce presso piccoli esercizi commerciali, può costituire fonte di possibili contaminazioni. Lo sversamento di altri prodotti, oppure la sola vicinanza a prodotti dall'odore molto intenso possono alterare i caratteri organolettici dell'acqua tramite la cosiddetta “contaminazione per contiguità". 75 Sulla carica batterica delle acque minerali confezionate e sulla sua evoluzione nel tempo sono stati condotti molti studi. Essa dipende essenzialmente dalla qualità microbiologica e chimica dell'acqua al momento del confezionamento, dal tipo di contenitore, dalle sue condizioni igieniche e dalle condizioni di conservazione. Sarebbe opportuno che ciascuna azienda promuovesse ricerche in tal senso sui propri prodotti per tenerne poi conto nel Sistema Qualità adottando i giusti provvedimenti di protezione per prevenire alterazioni della qualità del prodotto nella fase di distribuzione. Si possono verificare alterazioni dei caratteri organolettici per il rilascio di metaboliti batterici anche a partire dalla degradazione di sostanze emesse dai materiali plastici, oppure la comparsa in particolari condizioni di ione nitroso per riduzione dei nitrati ad opera di alcune specie batteriche. Sarebbe auspicabile che le future disposizioni in materia di acque minerali prevedessero la possibilità di poter effettuare un trattamento di filtrazione sterilizzante dell’acqua all'imbottigliamento. Questo dovrebbe evitare che accidentali contaminazioni batteriche, che possono avvenire in varie parti degli impianti sempre più complessi, possano compromettere la qualità del prodotto e la salute del consumatore. La filtrazione non deve essere un sistema di potabilizzazione per imbottigliare acque di qualità microbiologica scadente all'origine, ma solo un’ulteriore garanzia di qualità per il consumatore. L'acqua, che deve essere batteriologicamente pura all’origine, deve poter mantenere questo requisito fino al consumo e non essere qualitativamente compromessa da contaminazioni batteriche accidentali all'imbottigliamento che dovrà comunque essere condotto con il massimo rigore igienico. 3.1.4 Distribuzione e consumo La fase finale di utilizzo in ambiti di consumo è quella durante la quale si possono manifestare vistose alterazioni dei requisiti di qualità, a volte con rilevanti ricadute sulla salute dei consumatori. 76 Le criticità legate a ciascun tipo di acqua che possono determinare una perdita della qualità, sono state analizzate separatamente (dalla captazione, all’emungimento, all’imbottigliamento e confezionamento ecc.): contaminanti batterici, chimici ecc. E’ necessario arrivare a confrontarci con un sistema normativo meno ambiguo, più snello e definito, tale da poter eliminare qualsiasi dubbio interpretativo per poter lavorare con più chiarezza e tranquillità ed offrire un prodotto sicuro alla popolazione. Per garantire la qualità delle acque minerali e delle acque potabili, è necessario prevenire l’insorgenza delle alterazioni agendo sulle possibili cause nelle varie fasi del processo produttivo, e per questo è auspicabile: - a) produrre secondo le GMP (Good Manifacturing Practice), le buone norme di fabbricazione; - b) istituire un sistema di autocontrollo HACCP, per individuare i punti critici e poter intervenire con soluzioni mirate; - c) implementare un sistema qualità che può essere anche certificato in conformità alle norme UNI EN ISO per la certificazione di processo; - d) istituire un punto informativo all’interno del Sian - Dipartimento di Prevenzione della Az.Uls che possa fornire informazione sulle caratteristiche e qualità delle acque all’utenza, raccogliere segnalazioni che dopo essere adeguatamente valutate possono comportare la verifica sul campo delle problematiche sollevate da parte del tecnico della prevenzione; - e) prevedere delle riunioni periodiche ( almeno trimestrali tra i rappresentanti del Sian, dell’Arpa, Gestore acquedotti ed eventuali Ditte produttive di acque minerali); tali incontri possono diventare il tavolo d’intesa e di accordo sia relativamente a problemi sollevati dai cittadini, sia da necessità di adeguamento emergenti dalle indagini periodiche effettuate dagli organi competenti ( prelievi di campioni, trattamenti, sistemi di controllo attivati), e dalle normative promulgate, attive in questo ambito; - f) almeno annualmente, salvo eventuali problemi emergenti, l’incontro potrebbe allargarsi al Presidente della Conferenza dei Sindaci, data la sua responsabilità di tutore in primis della salute dei cittadini. 79 E’ indispensabile riappropriarsi di quella saggezza che animava il pensiero degli antichi, che attribuivano all’acqua addirittura facoltà divine, quella saggezza che se fosse utilizzata in chiave moderna, ci permetterebbe di restituire all’acqua il suo reale valore biologico ed igienico-sanitario, inducendo al cambiamento di certi comportamenti umani poco responsabili, sia in termini d’uso improprio di questo bene naturale, sia in termini di inquinamento con conseguenze per la salute umana, animale e dell’ecosistema in generale. Ecco che la tutela dell’acqua, attraverso interventi normativi che tengano conto di una sua migliore e più razionale utilizzazione e distribuzione, garantendone nel contempo la qualità e la purezza, assume un ruolo fondamentale nell’attività di chi si occupa di legiferare in materia, nei vari livelli di competenza nell’ordinamento giuridico. Oltre al contesto alimentare e della salute, all’interno del quale l’acqua per ovvie ragioni copre un ruolo di primaria importanza, è stata mia intenzione non dimenticare come questa venga vista e trattata nella duplice veste di componente ambientale e di materia prima, e rappresenta un punto di vista privilegiato per guardare criticamente al nostro modello di sviluppo socio-culturale ed economico. Occorre tenere presente che come componente ambientale non è più naturalmente rinnovabile, perché il tempo necessario al ripristino qualitativo e quantitativo dei corpi idrici, spesso compromessi, è molto lungo. Come materia prima invece, all'acqua si sta oggi attribuendo sempre più un valore economico, e questo fa capire la sempre più crescente importanza che questo bene assumerà nel prossimo futuro. A questo proposito il Tecnico della Prevenzione può sicuramente offrire un’opportunità, nell’ambito della propria competenza e professionalità, al fine di salvaguardare il “ bene” più prezioso che abbiamo, attraverso la programmazione di piani di controllo, di vigilanza, di verifica, di prelievi di campioni, utilizzando allo scopo delle linee guida, delle procedure, delle check-list, che favoriscono e migliorano il compito assegnato e nello stesso tempo garantiscono maggiormente la salute del consumatore. 80 Bibliografia Testi e pubblicazioni AA. VV., Guidelines for the Applications of the Hazard Analysis Critical Control Point (HACCP) Systems, Codex Alimentarius, volume 1B “General Requirements (Food Hygiene), Revised 1995. AA. VV, Le normative delle acque minerali naturali - aspetti igienico sanitari, Mineracqua, 2000. AA. VV., Recommended International Code of Practice - General Principles of Food Hygiene Hazard Analysis and Critical Control Point (HACCP) Systems and Guidelines for its Applications, Supplement to Volume 1B “General Requirements (Food Hygiene)”, Annex to CAC/RPC 1-1969, Rev. 3 (1997), Amended 1999. ARPAT, “Verso l’attuazione del D. Lgs. 31/01: evoluzione dei parametri di controllo destinate al consumo umano”. XXX Congresso Nazionale dell’Unione Italiana dei Chimici Igienisti. Palermo 5-7 giugno 2002. ARPAT, “Dalle acque potabili alle acque minerali: verso una conoscenza delle acque ad uso umano”, presentata nel corso della Conferenza: Dalle acque potabili alle acque minerali: evoluzione delle normative e prospettive future. 2001. Bertanza G., Pedrazzani R., Riganti V., “Metal release from brass taps: test in static conditions. Journal of Commodity Science, 2002. Businaro G., “Dossier acqua di rete acqua minerale dov’è la differenza? A cura di Legambiente Veneto, marzo 2007. Calà P., “Evoluzione della legislazione delle acque minerali”, Boll. Chim. Igien. n. 55, 2004. Calà P., Mantelli F., “Le acque minerali naturali: principali caratteristiche, tecniche di analisi, legislazione”, Quaderni di Igiene pubblica e Veterinaria. Regione Toscana, Dip. Diritto alla salute, Firenze, settembre 2003. Calà P., Mantelli F., Sciullo A., “I controlli chimici e chimico fisici delle acque minerali naturali”, Atti della 24° Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria- Ambientale, Facoltà di Ingegneria, Università degli Studi di Brescia, 2003. 81 Decreto Legislativo 5 gennaio 1994, n. 36 - Disposizioni in materia di risorse idriche. Decreto Legislativo 26 maggio 1997, n. 155 - Attuazione delle direttive 93/43/CEE e 96/3/CE concernenti l’igiene dei prodotti alimentari. Decreto Legislativo 11 maggio 1999, n. 152 - Disposizioni sulla tutela delle acque da inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernete il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole. Decreto Legislativo 4 agosto 1999, n. 339 - Disciplina delle acque di sorgente e modificazioni al decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 105, concernente le acque minerali naturali, in attuazione della direttiva 96/70/CE. Decreto Legislativo 2 febbraio 2001, n. 31 - Attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano. Decreto Legislativo 2 febbraio 2002, n. 27 - modifiche e integrazioni al Decreto Legislativo 2 febbraio 2001. Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 - Norme in materia ambientale. Decreto Ministeriale 20 gennaio 1927 - Istruzioni per la utilizzazione e consumo delle acque minerali. Decreto Ministeriale 21 marzo 1973 - Disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili, destinati a venire in contatto con le sostanze alimentari o con sostanze d’uso personale. Decreto Ministeriale 23 gennaio 1976 - Metodo di analisi per la determinazione del cloruro di vinile monomero nelle acque minerali in contenitori a base di cloruro di polivinile. Decreto Ministeriale 17 febbraio 1981 - Recipienti a base di cloruro di polivinile per acque minerali. Decreto Ministeriale 12 novembre 1992, n. 542 - Regolamento recante i criteri di valutazione delle caratteristiche delle acque minerali naturali. 84 Decreto Ministeriale 13 gennaio 1993 - Metodi di analisi per la valutazione delle caratteristiche microbiologiche e di composizione delle acque minerali e modalità per i relativi prelevamenti dei campioni. Decreto Ministeriale 11 settembre 2003 - Attuazione della direttiva 2003/40/CE della Commissione nella parte relativa all’etichettatura delle acque minerali e di sorgente. Decreto Ministeriale 29 dicembre 2003 - Attuazione della direttiva 2003/40/CE nella parte relativa ai criteri di valutazione delle caratteristiche delle acque minerali naturali di cui al D.M. 12 novembre 1992, n. 542, e successive modificazioni, nonché alle condizioni di utilizzazione dei trattamenti delle acque minerali naturali e delle acque di sorgente. Decreto Ministeriale 6 aprile 2004, n. 174 - Regolamento concernente i materiali e gli oggetti che possono essere utilizzati negli impianti fissi di captazione, trattamento, adduzione e distribuzione delle acque destinate al consumo umano. Decreto Ministero della Sanità 31 maggio 2001 - Modificazioni al decreto 12 novembre 1992 concernente il regolamento recante i criteri di valutazione delle caratteristiche delle acque minerali naturali. Decreto Ministero della Salute 29 dicembre 2003 - Attuazione della direttiva n. 2003/40/CE della Commissione nella parte relativa ai criteri dei valutazione delle caratteristiche delle acque minerali naturali di cui al decreto ministeriale 12 novembre 1992, n. 542, e successive modificazioni, nonché alle condizioni di utilizzazione dei trattamenti delle acque minerali naturali e delle acque di sorgente. Decreto Presidente della Repubblica 14 gennaio 1972, n. 2 - Trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di acque minerali e termali, di cave e torbiere e di artigianato e del relativo personale. Decreto Presidente della Repubblica 15 gennaio 1972, n. 8 - Trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di urbanistica e di viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale e dei relativi personali ed uffici. 85 Decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1982, n. 777 - Attuazione della direttiva CEE n.76/893 relativa ai materiali e agli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari. Decreto Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 236 - Attuazione della direttiva 80/778/CEE concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano, ai sensi dell’art. 15 della Legge 16 aprile 1987, n. 183. Direttiva 80/777/CEE del Consiglio del 15 luglio 1980 in materia di riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri sull’utilizzazione e commercializzazione delle acque minerali naturali. Direttiva 96/70/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 ottobre 1996 che modifica la direttiva 80/777/CEE del Consiglio in materia di riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri sull’utilizzazione e commercializzazione delle acque minerali naturali. Direttiva 80/778/CEE del Consiglio del 3 novembre 1998 concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano. Direttiva 98/83/CE del 3 novembre 1998 concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano. Direttiva 2003/40/CE della Commissione del 16 maggio 2003 che determina l’elenco, i limiti di concentrazione e le indicazioni di etichettatura per i componenti delle acque minerali naturali, nonché le condizioni di utilizzazione dell’aria arricchita di ozono per il trattamento delle acque minerali naturali e delle acque sorgive. Legge Regionale n. 33/1985 - Norme per la tutela dell’ambiente. Legge Regionale n. 5/1998 - Disposizioni in materia di risorse idriche. Istituzione del servizio idrico integrato ed individuazione degli ambiti territoriali ottimali, in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n.36. Ministero della Sanità, Circolare del n. 17 del 13 settembre 1991 – Analisi microbiologiche di acque minerali naturali. Ministero della Sanità, Circolare n. 19 del 12 maggio 1993 - Analisi chimiche e chimico-fisiche di acque minerali naturali. 86
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