Scarica Iliade e Omero, analisi testi e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Italiano solo su Docsity! POEMA EPICO=lunga trattazione, narrazione in versi esametrici, di grandi imprese memorabili compiute da eroi. Il processo che porta alla stesura di un poema epico è molto lento, e comprende tre fasi e modalità di trasmissione dei testi: - ORALITA’: 1200-800 a.C. le storie sono tramandate oralmente tramite aedi o rapsodi, cantori in grado di ricordare le storie e raccontarle in un modo affascinante, poiché la scrittura non è ancora diffusa. Spesso recitano i racconti accompagnati da una cetra in occasioni importanti a scopo di intrattenimento del pubblico; si instaurava una sorta di relazione tra il narratore e l’ascoltatore che poteva intervenire. L’ispirazione poetica si dice provenga dalle Muse e la memoria è fondamentale per poter tramandare di generazione in generazione la poetica antica. Nonostante le capacità degli aedi, la trasmissione orale comporta diverse varianti di uno stesso testo. Usavano delle tecniche per la memorizzazione, quali la paratassi (nessi logici), formule fisse, similitudini, discorsi diretti, ring composition (come inizia si conclude l’episodio). - AURALITA’: 800-500 a.C. è una fase intermedia, dove iniziano ad esserci le prime copie scritte di poemi epici, poi riscritte più volte su pergamene e papiri. (prima edizione scritta dell’Iliade=edizione ateniese con Pisistrato) - SCRITTURA: 500 in poi. Testi esclusivamente messi per iscritto, diminuiscono le varianti. (edizione Iliade definitiva=edizione alessandrina scritta dai filologi di Alessandria D’Egitto che ricostruiscono il testo e lo dividono il 24 libri, ognuno intitolato con una lettera greca, tra il III e II secolo a.C.) OMERO È considerato il padre della letteratura occidentale, ammesso che sia esistito, poiché non abbiamo la firma di suo pugno (di Esiodo si) e si è molto incerti della sua identità. Nonostante ciò si attribuiscono l’Iliade e l’Odissea ad egli. Il nome Omero, molto comune in Asia Minore (sono stati ritrovati cocci di vasi con questo nome), potrebbe significare il “ostaggio” o “il non vedente” e quindi cieco. La questione omerica nasce intorno al 1700 in Germania, quando Wolf mette in dubbio la sua esistenza, perché prima era dato per scontato che fosse lui l’autore di Iliade e Odissea. Oggi si pensa che Omero fosse un cantore (aedo=cantava e ripeteva i versi soltanto, mentre rapsodo=rattoppava e ricuciva i testi, unendone più parti cantate) ILIADE COSA: è un poema epico che narra la storia e la guerra di Ilio (Troia) TEMA: ira di Achille CHI: tra Troiani e Achei (Micenei, Danai) che volevano conquistare Troia per estendere il dominio commerciale QUANDO: la guerra scoppia nel 1184 a.C. e nel poema sono narrati gli ultima 50 giorni dell’ultimo anno, cioè il decimo. DOVE: a Ilio, cioè Troia, l’attuale Hissarlik in Asia Minore vicino all’Ellesponto, ovvero lo Stretto di Dardanelli, che collega il Mar Egeo con il Mar Nero, ed è quindi un punto strategico (commercio e dazi). Inizialmente si pensava che Troia fosse un’invenzione, ma Schliemann trova i resti delle 11 stratificazioni e ne conferma la reale esistenza. CAUSA STORICA: Troia era un punto strategico per ampliare i commerci greci ed estenderli fino al mar nero CAUSA MITICA: al matrimonio di Teti e Peleo vengono invitati tutti tranne Eris, la dea della discordia (alimenta le rivalità e contese nel mondo), la quale decide di vendicarsi. Invia una mela d’oro al matrimonio, con su scritto alla più bella. Tre dee iniziano a contendersi il primato, quindi scelgono come giudice il troiano Paride e ognuna gli offre un dono: -Atena: forza e strategia in guerra -Era: potenza, poiché moglie di Zeus -Afrodite: la donna più bella, Elena, moglie di Menelao Paride sceglie Afrodite, la quale fa innamorare Elena di lui. Tutto ciò è possibile perché Paride è troiano; tra greci c’era grande rispetto verso le donne di altri uomini. NARRAZIONE: fabula e intreccio, narratore esterno onnisciente e palese (giudica) PERSONAGGIO GRECO Parentele Caratteristiche Achille Padre Peleo, re di Ftia (Tessaglia) Madre Teti, ninfa Semidio immortale, ma il tallone è il suo punto debole. Carattere impulsivo, furioso, distruttivo Patroclo Amico stretto e scudiero di Achille Ragazzo gentile e ragionevole, che si completa con Achille Agamennone Fratello di Menelao e marito di Clitemnestra Condottiere dell’esercito greco, re di Micene Carattere tracotante, arrogante, superbia Menelao Fratello di Agamennone Atreo Padre di Agamennone e Menelao Tersite Semplice soldato che si oppone ai capi Impudente, brutto e considerato malvagio Odisseo Figlio di Laerte e Anticlea, marito di Penelope Intelligente, pensa prima di fare Tersite è un semplice guerriero, non nobile e abbastanza brutto d’aspetto. È considerato impudente (Tharsos), ovvero colui che non ha vergogna e infatti si permette di contraddire la parola dei suoi superiori. È descritto negativamente anche da Omero, poiché non rispetta la kalokagathia, l’ideale greco, secondo il quale una persona bella fisicamente, proporzionata, ha anche un carattere buono, e una persona più brutta ha un animo malvagio. Tersite non rispetta i canoni di bellezza del tempo e viene per questo paragonato ad una rana: gambe storte, zoppo, spalle ricurve, testa a pera, pochi capelli (gli eroi avevano capelli folti e lunghi). Tersite è odiato soprattutto da Achille e Odisseo perché li svilleggia=prende in giro e viene per questo detto: il parlatore petulante, cioè colui che parla a vuoto di discorsi non pertinenti, il più spregevole, consigliere scriteriato, cioè senza pensiero critico, oratore eloquente che persuade con le parole, invidioso, chiacchierone arrogante. Tersite si rivolge ad Agamennone dicendogli ironicamente se ha ancora bisogno di donne o ricchezze da Ilio, e che non è corretto che, pur essendo lui il capo, goda di tutti questi privilegi solo per lui. Invita i compagni, chiamandoli achee al femminile, di tornare a casa, per far capire a Agamennone che da solo non può andare avanti. Interviene Odisseo che riprende Tersite, facendogli capire la distanza gerarchica tra le persone presenti, e lo minaccia che se una cosa simile dovesse verificarsi ancora, lui lo punirebbe. Detto questo lo colpisce con lo scettro e Tersite tace e si siede; i compagni lo deridono. ELENA Elena sta tessendo una grande tela che rappresenta la guerra tra Teucri (troiani che combattono a cavallo) e Achei (Greci che combattono corpo a corpo) a causa sua, poiché è la donna contesa tra Menelao e Paride. Giunge Iris (Iride, la messaggera degli dei) che la invita ad andare sulle Porte Scee, sulle mura troiane a vedere il combattimento tra i due pretendenti, che tutti bramano di vedere e hanno addirittura smesso di combattere la guerra. Piangendo dolcemente, Elena giunge a Troia, dove incontra gli Anziani, consiglieri di Priamo che non combattono più ma sono ritenuti saggi. La perfezione greca comprende un corpo da giovane, con braccia forti, e una mentalità da anziano, saggia come una cicala. Al passaggio della futura sposa, gli Anziani ritengono inutile che per una simile donna si scateni un’intera guerra, nonostante essa sia simile a una divinità. È poi Priamo che la chiama e la considera innocente, in quanto sono gli dei a muovere le azioni umane. IL DUELLO FRA PARIDE E MENELAO (III libro) Priamo torna a Troia ventosa perché non potrebbe sopportare la morte del figlio, poiché è convinto che Paride morirà, in quanto bello d’aspetto ma non abile in battaglia. Viene delimitato il campo e sorteggiato Paride, colui che inizierà per primo a scagliare la lancia. Nessuno riesce a ferire l’avversario, finché Menelao, dopo diverse preghiere inutili rivolte a Zeus, trascina Paride dall’elmo e lo soffoca con la cinghia. Interviene Afrodite che salva Paride portandolo nella camera nunziale di Elena. Questo fatto, ovvero che Paride si sia ritirato, simboleggia la vigliaccheria dei troiani, tra l’altro non abituati a combattere dignitosamente corpo a corpo, bensì come arcieri. Infatti durante la vestizione, viene esplicitato il fatto che Paride utilizzi la corazza del fratello Ettore, poiché lui non la possiede. IV LIBRO: dopo lo scontro tra i due, la battaglia riprende ancora più violentemente poiché i greci considerano i troiani come vili, che scappano allo scontro. Il dio a cui si fa riferimento è proprio Ares. V LIBRO: viene raccontata e esaltata la bravura di Diomede, il secondo personaggio bellicoso più forte, dopo Achille, nonché re dell’Argolide. Viene celebrata l’aristia, ovvero l’eccellenza di questo soldato umano. VI LIBRO: è definito intermezzo lirico, poiché interrompe la storia per spiegare il valore greco dell’ospitalità dello straniero. Avviene anche il duello tra Glauco e Diomede. GLAUCO E DIOMEDE Troiani Greci 1 più forte Ettore Achille 2 più forte (aristia) Glauco Diomede Diomede, figlio di Tideo, si rivolge a Glauco, figlio di Ippoloco, dicendogli che si è distinto tra gli altri soldati per forza fisica e coraggio e gli chiede la genealogia, per capire la sua storia. Se Glauco fosse un semidio, Diomede si rifiuterebbe di combattere perché non sarebbe un duello alla pari; come era accaduto a Licurgo che aveva osato sfidare gli dei e le baccanti o menadi, seguaci di Bacco, Dioniso, dio del vino. Egli spaventato si era buttato in mare accolto da Teti e Zeus arrabbiato aveva punito Licurgo per la sua tracotanza (lubris) attraverso l’ate, l’accecamento. Dunque Diomede non vuole fare la stessa fine di Licurgo, e si vuole quindi assicurare che Glauco sia un mortale (coloro che mangiano il frutto del campo) per poter combattere contro di lui. Il guerriero troiano paragona così la vita umana a quella di una foglia e racconta che lui, in realtà, è originario di Efira, una città in Argolide, dove Sisifo, fondatore di Corinto, diede inizio alla sua dinastia. Dunque anche suo nonno Bellerofonte (coraggioso, bello, saggio, perfetto: rispecchia la kalocaghatia) viveva a Efira, finché venne accusato di aver violentato Antea, la moglie di Preto, re di Argo. Ella, dopo essere stata rifiutata da Bellerofonte, lo incolpò ingiustamente di averla molestata. Preto credette alla moglie e mandò il presunto colpevole in Licia, in Asia Minore, dove il suocero lo accolse calorosamente fino alla “decima aurora rosee dita” (decimo giorno) quando capì il motivo del suo esilio, riportato su una tavoletta di argilla (l’unico riferimento scritto presente nell’iliade). Qui è ben presente l’ospitalità verso lo straniero. Bellerofonte venne quindi sottoposto a una serie di prove: 1. uccidere la Chimera (mostro costituito da più animali) 2. combattere contro i Solimi (popolo aggressivo) 3. uccidere le Amazzoni (donne guerriere) 4. combattere contro gli uomini più forti della Licia Riuscì a superarle tutte e a riottenere così il rispetto e il riconoscimento; generò tre figli, che vennero uccisi dagli dei come segno di vendetta, poiché essi erano invidiosi di Bellerofonte perfetto, che assomigliava quasi a un dio, e che venne quindi escluso. L’unico che si salvò fu Ippoloco, che generò poi il secondo guerriero più forte dei troiani. Si conclude così la genealogia di Glauco, il quale afferma di non essere divino, di essere degno del suo sangue e di avere origini greche ma di combattere per i troiani a causa dell’esilio del nonno. A questo punto Diomede pianta la lancia a terra e si rifiuta di combattere, poiché suo nonno Oineo aveva ospitato Bellerofonte e viceversa: i due sono quindi legati da un antico rapporto di ospitalità che si prolunga nel tempo. Evitano di uccidersi anche in battaglia e si scambiano le armi: Glauco cede le armi d’oro in cambio di quelle di bronzo, come ricordo dell’antico patto tra Oineo e Bellerofonte. Diomede Glauco Tideo Ippoloco Oineo (papà di Meleagro) Bellerofonte Sisifo ETTORE E ANDROMACA L'incontro fra i due avviene nella torre di Troia, dove la donna, con il figlio Astianatte e l'ancella, è corsa per vedere il campo di battaglia. Andromaca, prega Ettore di non andare a combattere. Se deciderà di abbandonare la guerra, le eviterà di diventare vedova, schiava ad Argo e crescere un orfano. A questo punto Andromaca ricorda la morte della sua famiglia, originario di Tebe in Asia Minore, che era stata decimata dal valoroso guerriero Achille, tranne la madre morta per infarto (morte naturale=artemide). Andromaca è sola, le resta soltanto il marito. Ettore capisce la moglie ma sa che non può sottrarsi al suo destino: il suo dovere è difendere la sua città e mostrarsi valoroso, anche se sarà costretto a morire. Il dialogo struggente tra Ettore e Andromaca si chiude con un'immagine molto tenera: Ettore tende le braccia verso Astianatte, che si spaventa per l'elmo e inizia a piangere. L'ingenuità del figlio riesce a far sorridere i genitori, Ettore posa l'elmo, prende in braccio il figlio e prega gli dei affinché diventi più valoroso del padre.