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In viaggio con le muse, Appunti di Storia Dell'arte

riassunto - riassunto

Tipologia: Appunti

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Scarica In viaggio con le muse e più Appunti in PDF di Storia Dell'arte solo su Docsity! In viaggio con le muse I tesori sacri e profani: 1. Tesoro di Saint Denis 2. Tesoro di san Lorenzo a Genova 3. Tesoro di san Marco a Venezia 4. Tesoro di Federico II di Svevia 5. Tesoro di Lorenzo il Magnifico a Firenze  La storia del collezionismo si fa iniziare con il medioevo, perché si pensava che prima si radunassero le cose senza una coscienza collezionistica, cosa non vera.  Nel medioevo l’arte più importante è l’oreficeria, soprattutto la lavorazione dell’oro, perché è un materiale incorruttibile e duraturo e occorre una grande abilità per lavorarlo, ma anche l’argento e la lavorazione delle pietre.  Delle 9 muse che proteggevano le arti in passato nessuna era protettrice della scultura e della pittura, perché queste attività venivano considerate artigianato; l’importanza viene data alla materia più che al loro aspetto estetico.  Per questo motivo nel medioevo l’arte più importante è l’oreficeria, per la bellezza del materiale, la rarità e la difficoltà nel lavorare i metalli e le pietre preziose. Accanto a questa ci sono le reliquie, su cui vengono costruite le chiese. Nascono così i tesori sacri e profani, assieme all’antico, ossia oggetti che escono dalla terra o che arrivano da oriente e generano meraviglia.  Il termine thesaurus indica gli edifici in cui si custodivano i doni votivi, e nei templi e nei palazzi indicava sia l’ambiente appartato sia il contenuto prezioso. La stanza del tesoro era in stretta connessione con l’archivio e la biblioteca; di solito queste 3 stanze si trovavano disposte su 2 piani e la stanza del tesoro comunicava solo con un ambiente, si trovava all’ultimo piano, collegato da una stretta scala. Questo sistema offriva dei vantaggi, anzitutto la sicurezza grazie al difficile accesso, e la conservazione degli oggetti da umidità e incendi.  Nelle chiese invece la stanza del tesoro era svolta dalla sacrestia, dove venivano collocati i paramenti e il vasellame liturgico. Il tesoro sacro era l’immagine della fama del santo, dato dalla grandezza delle ricchezze custodite, ma serviva anche come immediata forma di pagamento o di garanzia per prestiti.  I tesori profani erano per loro natura erratici, perché legati agli avvenimenti storici e politici e ai sovrani che si spostavano di corte in corte, come il tesoro di Federico II, composto da manoscritti con preziose miniature, e, oltre a stoffe, gioielli, ecc., anche oggetti di arte meccanica.  Con il saccheggio di Costantinopoli nel 1204 il tesoro imperiale, insieme ai beni di alcune chiese come Santa Sofia, e a reliquie giunsero in Europa. Aumentò notevolmente la circolazione di cammei e pietre incise anche antiche ma lavorate per usi nuovi, e in questi commerci Venezia emerse come il centro. Il tesoro di Saint Denis dell’abate Suger(1081-1151)  Suger di Saint Denis è un uomo di chiesa, di cultura ma anche di potere, nominato abate di Saint Denis nel 1122 e reggente di Francia durante la crociata di Luigi VII. Ha la passione per le cose belle e raccoglie oggetti, che poi espone nell’abbazia.  Dal XII sec. trasforma Saint Denis nella culla del gotico, alleggerendo la struttura con vetrate colorate ma anche con la luce interna, attraverso l’uso dell’oro che splende. Allo stesso modo mostrai i corpi dei santi nascosti nelle cripte, così come mostra le reliquie in un gioco di mostrare e nascondere.  È un personaggio molto narcisista, che si faceva anche rappresentare nelle vetrate, e che ci lascia le descrizioni di ciò che fa e del perché, spiegando che la luce e Dio e più la chiesa è luminosa e più ci si avvicina a Cristo.  Saint Denis diventa abbazia reale, contiene le tombe dei re francesi e viene impreziosita e decorata da Suger, che ne rafforza i poteri, rendendola la chiesa più potente e bella per i corredi d’Occidente, seconda solo a Santa Sofia a Costantinopoli. Viene ornato l’altare e la chiesta di oro, pietre preziose, perle, gemme.  Contro tutto questo sfarzo si scaglia Bernardo di Chiaravalle, fondatore dell’ordine domenicano, che fa del suo modello la povertà e non la ricchezza. Ne nasce una disputa tra i due che viene vinta da Suger, il quale giustifica lo sfarzo come uno strumento per avvicinarsi a Dio attraverso lo stupore e la riflessione.  Suger non fa però costruire soltanto oggetti nuovi, ma vengono anche presi oggetti non sacri (come una spada) e vengono incastonati per renderli preziosi e cambiarli di funzione. Davanti agli oggetti non sacri che vengono abbelliti e trasformati, per la loro origine anche pagana, non tutti sono d’accordo, ma questi oggetti testimoniano la loro bellezza allo stesso tempo la vittoria del cristianesimo sulle altre culture.  Durante i successivi due secoli gli oggetti di Saint Denis aumentarono e verranno esposti quasi come un allestimento museale. Durante la rivoluzione francese la chiesta venne saccheggiata come simbolo della corona e della religione. Il tesoro fu poi ricostruito ed esposto al Louvre totalmente decontestualizzato. Tesoro di San Lorenzo a Genova (1099 – 1118) [2]  Il tesoro di San Lorenzo si trova all’interno della cattedrale di San Lorenzo a Genova, centro di vita religiosa e civili, e si costituisce agli inizi del XII sec, assieme alla costruzione della cattedrale stessa.  Il tesoro è formato in 3 modi: 1) il bottino di guerra dei genovesi nel Mediterraneo, 2) i doni devozionali, 3) i doni dello stato.  Gli oggetti che ne fanno parte appartengono a 3 proprietà diverse: 1) il comune di Genova, 2) il capitolo della cattedrale, 3) la protettoria della cappella di San Giovanni Battista. Questo dimostra come il tesoro non abbia solo un significato sacro ma anche cittadino.  Uno dei pezzi più importanti è il sacro catino, usato anche come immagine del biglietto di ingresso al museo, che arriva tra i primi pezzi ed è frutto del sacco di Cesarea; è fatto in vetro verde che si crede essere smeraldo e viene creduta una reliquia dell’ultima cena  Molti altri sono gli oggetti che arrivano in dono come atto di fede, per la maggior parte di oreficeria, che costituisce la parte più cospicua della collezione, come la croce bizantina degli Zaccaria che viene dalla terra santa e custodirebbe un pezzo della vera croce.  Nel 1892, per i 400 anni della scoperta dell’America, la collezione viene sistemata per essere mostrata al pubblico. Dopo la II W.W., come tanti altri musei smantellati e distrutti, anche questo deve essere sistemato. Viene messo in discussione il vecchio metodo.  Al contrario del resto d’Europa, dove vengono usati e riadattati i luoghi storici, rivestendoli di nuovi valori ideologici, a Genova viene incaricato l’architetto Franco Albini, il quale pensa ad una soluzione innovativa: crea un museo ipogeo sotto la cattedrale, una sorta di grande spazio-cripta, che consente anche l’uso liturgico degli oggetti.  L’allestimento è innovativo, con i pezzi collocati senza le vetrine, per comunicare al visitatore la partecipazione, dentro a 3 camere circolari raccordate da uno spazio esagonale da cui si giunge da una stretta scalinata che carica di attese. La collocazione è stata pensata come fosse un grande reliquiario, diviso per temi nelle varie sale.  Negli anni ’90 il museo venne chiuso perché non aveva le uscite di emergenza; fu riaperto nel ’96 a seguito dei lavori di modifica necessari. Tesoro di San Marco a Venezia (1204) [1]  La collezione si forma nel 1204, anno della 4° crociata, quando Venezia riceve parte del saccheggio di Bisanzio da parte dei crociati come da accordi. Gli oggetti, che arrivano nel corso degli anni, fino al 1261, anno della riconquista dei Bizantini di Bisanzio, vengono divisi in due: la stanza delle reliquie e quella del tesoro (c’è già quindi una prima divisione di oggetti). Venezia espone questi oggetti per mostrarsi ponte tra oriente e occidente.  Oltre al sacco di Costantinopoli, nei secoli successivi Venezia aumenta gli oggetti grazie a gioielli dati in pegno a seguito di prestiti che la città veneta concedeva. Le spoglie bizantine servono a ornare la città, come i cavalli bronzei sulla facciata del Duomo.  Tra i più importanti oggetti di questo tesoro c’è la pala d’oro, un sostegno in ebano ricoperto di oro e pietre preziose, che viene esposta sull’altare maggiore. Rispetto al tesoro di Suger qui Roma e l’occupazione simbolica di questo potere nel palazzo comunale. I trasferimenti di opere da parte di papi e cardinali continuò anche dopo, perpetrando così il legame tra Roma antica e Chiesa.  Nel XVI secolo le opere, che erano esposte sotto il portico di Palazzo dei Conservatori come spolia, vengono collocate al loro interno con una disposizione studiata che porta fino al piano nobile grazie al valore che viene loro assegnato di testimonianze della grandezza di Roma.  Grazie all’afflusso di opere nei secoli successivi si decise di riorganizzare la collezione, anche attraverso nuovi arredi e pitture alle pareti, attraverso un programma iconografico derivato dai racconti di Livio dell’antica Roma, con l’intento di celebrare, attraverso gli episodi di uomini antichi, le virtù del tempo. Palazzo dei Conservatori diventa un museo civico, il quale non ha solo la funzione di ammirare ma di insegnare.  Sempre nel XVI secolo, assieme allo spostamento delle statue, si decide per la riqualificazione del colle, con la ristrutturazione del Palazzo Senatorio e di quello dei Conservatori, la costruzione di una quinta monumentale da cui, nel XVII secolo, prese avvio la costruzione del terzo palazzo, detto Palazzo Nuovo. Sempre durante il ‘500 arrivano le due colossali statue di divinità fluviali e la statua equestre di Marco Aurelio, che è il centro del nuovo spazio concepito da Michelangelo.  Dal 2000 il Campidoglio è mutato, modificando così il vecchio progetto, opera più difficile che creare un museo ex novo. Uno dei fattore più problematici fu proprio la statua di Marco Aurelio, che andava protetta ma anche valorizzata. La statua viene quindi spostata a Palazzo dei Conservatori, ponendoci al suo posto una copia, e viene collocata dentro una struttura moderna per poterlo fruire pubblicamente alla giusta distanza: l’esedra di Marco Aurelio è una sorta di luminosa piazza con architettura moderna in cui la statua si trova più in basso rispetto alla collocazione cinquecentesca, su una base dichiaratamente moderna. Musei Capitolini. Palazzo Nuovo (XVIII sec.) [5]  Palazzo Nuovo, denominato così in contrapposizione agli altri due edifici del Campidoglio, ossia Palazzo Senatorio e Palazzo dei Conservatori, all’interno di un’incisione veniva denominato Palazzo della Sapienza, cosa che ha fatto subito capire la destinazione culturale fin dall’origine del progetto.  Il palazzo venne costruito nel ‘700 e da subito ospitò, assieme alle sedi delle corporazioni, la maggior parte delle opere del Campidoglio. Nel 1733, un anno prima dell’apertura al pubblico, si trova l’assetto definitivo, rimasto quasi del tutto immutato fino ad oggi, grazie all’acquisizione della collezione del cardinale Albani e alla sua donazione al popolo romano. Il museo, che prese il nome di Capitolino, arricchirà le sue collezioni durante il ‘700 con opere come il Galata morente e la Niobe, fino al 1770, quando perse attenzione in favore del museo Pio Clementino in Vaticano.  A seguito del trattato di Tolentino del 1797 le opere più importanti vennero portate via da Napoleone; a seguito della sua caduta e per opera di Canova, queste rientrarono e vennero esposte in una sala appositamente dedicata, l’attuale sala del Galata. Poche furono le aggiunte successive, per lo più da scavi archeologici. Tra le sale importanti, oltre a quella del Galata, anche la sala dei Filosofi e quella degli Imperatori, con i ritratti in pietra divisi per soggetto.  Con l’unità d’Italia Palazzo dei Conservatori perse la sua funzione di sede della magistratura e divenne una sede museale a tutti gli effetti, formando con Palazzo Nuovo un complesso museale unitario denominato Musei Capitolini.  Dopo la II W.W. e la perdita della connotazione politica di Palazzo dei Conservatori come Museo Mussolini, si apre il progetto di congiungere Palazzo dei Conservatori e Palazzo Nuovo, creando un unico percorso museale, e che viene risolto con la realizzazione della galleria al di sotto della piazza inaugurata nel 1952, che ospita l’esposizione delle epigrafi con un innovativo sistema che coniuga esposizione e musica per creare un ambiente dove quegli oggetti muti possano parlare ai visitatori. Palazzo di Venezia a Roma (XV sec.) [6]  Palazzo di Venezia si chiama così perché, dopo esser stato costruito nel ‘400, venne donato a metà ‘500 da Pio IV Medici alla Repubblica di Venezia. Alla fine del ‘700 era passato in mano austriaca e restituito nel 1916; subito dopo era stato avviato un progetto di riordino delle collezioni che prende vita nel museo nel 1921, ma divenuto inagibile perché sede del governo fascista. Solo con il 1947 verrà aperto al pubblico, quando si trasferiranno le raccolte medievali e rinascimentali.  La fondazione, voluta dal veneziano cardinale Pietro Barbo, futuro papa Paolo II, si data alla metà del ‘400, per costruire uno scrigno per la sua collezione; un complesso, affiancato da torrioni che venne poi inglobato in una costruzione secondo il progetto di Leon Battista Alberti.  Lì dentro il cardinale Barbo raccolse una delle collezioni antiquarie più ricche del periodo, legata probabilmente alla caduta di Costantinopoli del 1453. Le opere erano organizzate secondo un percorso tipologico con la mostra del fascino per l’Oriente, che probabilmente era maturato nella stessa Venezia. Tra i pezzi si trovavano cammei medievali siciliani e opere islamiche, forse frutto dell’acquisto di pezzi della collezione di Federico II.  Le gioie possedute avevano un immediato valore di denaro contante o erano regali ottenuti in cambio di favori personali. A questo valore economico e di prestigio si aggiungeva quello magico che gli oggetti antichi possedevano; alla morte del papa infatti si diffuse la voce che venne strangolato da uno spirito maligno contenuto in uno dei suoi anelli.  Alla morte di Paolo II, parte della raccolta venne venduta da Sisto IV a Lorenzo de’ Medici per ripagare un debito; tra queste opere anche la tazza Farnese. Iniziò così la dispersione della collezione. L’attuale collezione si è iniziata a formare nel 1906. Giardino del Belvedere a Città del Vaticano (1503) [7]  Il giardino del Belvedere è figlio del suo tempo, anzi tutto dell’inizio della possibilità di collezionare opere antiche e pagane da parte di rappresentanti della cristianità, mentre da parte di privati era accettato. Allo stesso tempo il collezionismo cinquecentesco differisce da quello del ‘400 perché non è più intimo e riservato, ma grandioso, aperto, enorme in dimensione e fruizione.  Papa Giulio II porta la sua collezione privata accanto a San Pietro, nei suoi appartamenti vaticani, in uno spazio architettonico che viene creato da uno dei più grandi architetti, Bramante, il quale riesce a giocare con lo spazio illusorio.  Per la prima volta Bramante inventa l’architettura del paesaggio, ossia spazi aperto con la natura lavorata dall’uomo e lo fa realizzando in un declivio 3 terrazzamenti con scale perimetrali in cui colloca piante, fontane e sculture antiche. Doveva trattarsi di un universo rinascimentale, un compendio delle arti, sfoggio della cultura papale, circondato da strutture sul modello della Domus Aurea di Nerone.  Per allineare la vecchia palazzina con il nuovo maestoso cortile, Bramante realizza un piccolo giardino “nascosto”, più privato, in cui viene collocato il capolavoro del Laocoonte. La statua viene trovata nel 1506 in un giardino dentro una vigna; la voce si diffonde subito perché tutti conoscevano la statua di cui Plinio parlava ma che nessuno aveva mai visto. Il papa acquista la statua (anche se non la pagherà mai), possedendo così la statua più famosa dell’antichità: questo è il simbolo della sua potenza.  Giulio II la porta allora al Giardino del Belvedere, ma collocarla accanto a San Pietro potrebbe destare scandalo, così la pone nel giardino segreto assieme ad altre statue antiche, come la Venere e l’Apollo del Belvedere. Vengono poste dentro nicchie secondo uno schema espositivo che ha lo scopo di valorizzarle. L’Apollo, la Venere, il Laocoonte, la Cleopatra, il Torso, i due fiumi Tevere e Nilo si trovano nell’Atrio del piacere, una sorte di boschetto pagano che si collega alla palazzina di Innocenzo VIII attraverso una scala a chiocciola che progetta lo stesso Bramante.  Le statue di questo periodo vengono integrate delle parti mancanti, una scelta che però influenza il messaggio della statua stessa e il valore che gli si dà. Ad esempio il Laocoonte ha un braccio piegato ma non si sa di quanto; se si piega troppo significa che stava combattendo contro gli Dei, mentre se si piega meno si stava arrendendo. L’unica opera che non viene integrata è il busto del Belvedere.  Il progetto dei Giardini del Belvedere introduce i nuovi tipi architettonici: il teatro stabile, il giardino architettonico e il museo, e questa è la collocazione all’interno dei 3 terrazzamenti che, a partire dal più basso verso i Palazzi Apostolici sale verso la palazzina di Innocento VIII. L’idea era di riproporre l’antico nelle ville secondo le descrizioni latine, con statue, suoni (acqua e uccelli), profumi, colori che colpivano tutti e 5 i sensi.  Il giardino segreto nel ‘700 diventa il fulcro del Museo Pio Clementino, il primo vero museo fatto non per chi possiede le opere ma per le opere stesse. Lo stesso complesso perde l’armonia iniziale con l’inserimento di bracci trasversali che dividono il Giardino in 3 parti.  Il Giardino del Belvedere crea un filone che viene proseguito anche con giardini privati in cui le opere sono collocate con ordine sulle facciate degli edifici secondo un ordine preciso e le statue sono sistemate in modo da rendere la natura abitata. Da luoghi in cui la scultura è essenziale nella sua singolarità, le sculture diventano piano piano parte dell’architettura, che diventa la cosa più importante. Nel ‘600 l’antichità è solo un’unione di pezzi in cui conta la visione d’insieme: nascono le gallerie. Gli studioli (XV/XVI sec.) 1. Studioli di Federico da Montefeltro a Urbino e Gubbio 2. Studio di Belfiore a Ferrara 3. I “camerini di alabastro” di Alfonso I d’Este a Ferrara 4. Gli studioli di Isabella d’Este a Mantova 5. Studiolo di Cosimo I de’ Medici a Firenze 6. Studiolo di Francesco I de’ Medici a Firenze  Nella metà del XIV secolo Petrarca in una sua opera descrive il luogo adatto per caratteristiche agli studi, facendolo diventare un modello; questo era il giusto compromesso tra i luoghi naturali, allietati dai rumori della natura, e gli spazi chiusi, silenziosi e bui: uno spazio chiuso e circoscritto vicino a un paesaggio naturale. Questo sarà all’origine del nucleo della villa rinascimentale fuori dalle mura.  Da questo esempio nascono gli studioli del ‘400, ambienti piccoli, coperti da una volta, che fanno parte dell’appartamento del signore, collegati da scale nascoste, privi di illuminazione diretta ma vicini a luoghi di piacevole veduta. Diventano lo specchio stesso dell’immagine che il signore vuole dare di sé.  A Firenze nel XV si trova lo studio nel palazzo Medici nel piano superiore, nella zona più tranquilla dell’edificio, da dove si vede il giardino, secondo lo schema camera, anticamera e studiolo, di cui solo il capofamiglia aveva la chiave.  Nella pianura padana, presso la corte estense a Ferrara dove soggiornarono importanti artisti, si celebrava il trionfo del gotico internazionale. Lionello d’Este, che ebbe fama di erudito, si impegnò per la rinascita di Ferrara e dell’università, grazie anche all’amicizia con molti umanisti, come Leon Battista Alberti e Flavio Biondo. La cultura è simbolo di saggezza e nobiltà, attitudini al governo. Per il suo studiolo Lionello sceglie il tema delle muse, le quali parlano di prosperità e di pace, quelle che Lionello ha portato con l’assenza di guerre e la bonifica delle terre a Belfiore.  Le divinità mitologiche sono il soggetto scelto da Alfonso I e da Isabella d’Este, sua sorella e sposa del marchese Gonzaga. Alfonso compone un confronto tra artisti sul tema della maestà eroica nel motto “solitario ma mai solo”, secondo la qualità meditativa, mentre Isabella tiene vivo il tema della Virtus.  Isabella crea uno studiolo vicino ai suoi appartamenti, nel castello di San Giorgio dei Gonzaga; avrebbe dovuto contenere i migliori pittori del tempo, come Bellini, Leonardo e chiede con insistenza Tiziano, ma riuscirà ad avere solo Mantegna e altri autori con cui realizza un paragone visivo, allo stesso modo del fratello a Ferrara.  Isabella realizza i lavori a partire dal ‘500 nella grotta, un ambiente posto sotto lo studiolo, da cui si accede tramite una piccola scala, che ha un soffitto a volta ligneo e dorato; qui vengono contenute le antichità. Viene ispirato a Isabella da una visita allo studiolo di Urbino.  Nel corso del ‘500 Isabella trasferisce i suoi appartamenti dal castello alla Corte vecchia, realizzando un appartamento con un giardino segreto ispirato al Belvedere del Vaticano. Nonostante le numerose gallerie che compaiono a Mantova, lo studiolo di Isabella fa da termine di confronto per la qualità degli oggetti, che verrà però dispersa del tutto successivamente alla sua morte.  A Urbino si trova il famoso studiolo di Federico da Montefeltro e che Isabella visita; un ambiente posto sulla sommità del castello e dal quale si accedeva a due cavità, il tempietto delle Muse e una cappella per le reliquie. All’interno di questo studiolo si realizzava il dialogo tra il duca e la storia.  Il rapporto difficile tra Isabella e Mantegna è fondamentale in questo contesto, per cui Isabella, consapevole sella sua forza e della sua cultura, umilia Mantegna in molti modi e cerca costantemente il lavoro di altri pittori, come Leonardo e Bellini, i quali non cedono alle lusinghe, nonostante ella gli offra piena libertà di espressione, cosa non usuale per l’epoca.  Alla morte del marito Francesco II, Isabella trasferisce i suoi appartamenti in Corte Vecchia, zona riservata e isolata, compreso lo studiolo che, al contrario del modello di Federico da Montefeltro, ossia una stanza sopra l’altra, si distende in piano e diventa l’appartamento di Isabella, composto da 4 locali, di cui il 1° è il giardino segreto. Siamo ormai distaccati dal modello proposto da Petrarca, con una natura umanizzata e spazi più grandi.  Dopo il giardino segreto si trova la grotta, decisamente più grande e con un soffitto piatto e non più con la volta a botte, per un ambiente meno avvolgente, in cui vengono aggiunti dipinti non realizzati da Mantegna, e che sono di più semplice lettura, allegorici e che danno un senso d’insieme e di piacevolezza.  Altrettanto innovativa dimostra di essere Isabella creando una rete di informatori e di emissari sparsi sul territorio che l’aiutano a comprare gli oggetti sul mercato e a contattare gli artisti che lei vorrebbe a corte; una rete di conoscenze che sarà comune tra i collezionisti del ‘500 e che creeranno quello che sarà il mercato d’arte futuro.  Isabella, tramite questa rete, colleziona pezzi antichi e commissiona pezzo moderni che siano però in rapporto con l’antico, in una sorta di gara tra arte antica e moderna. Di questa ricchezza rimane poco, solo gli spazi, mentre gli oggetti sono spariti. Un destino quello degli studioli che accompagna la fine dei proprietari.  I quadri, in quanto “primitivi”, vengono collezionati e riscoperti successivamente, non tanto per il loro contenuto quanto come documenti storici, e finiscono in parte nella collezione del cardinale Richelieu e saranno poi statalizzati e portati al Louvre, dove sono tutt’ora esposti, mentre un’altra parte di quadri vanno al re d’Inghilterra. Gli oggetti della raccolta invece vengono depredati dai saccheggi dei Lanzichenecchi. Studiolo di Cosimo I de’ Medici a Firenze (XVI sec.)  Nel 1530, dopo la 2° cacciata e la 2° repubblica, i Medici tornano a Firenze e pochi anni dopo Alessandro de’ Medici viene assassinato. Si cerca così un erede da un ramo parallelo dei Medici, e viene scelto un contadino, Cosimo I, figlio di Giovanni dalle Bande Nere, grande condottiero, pensando sia un sempliciotto, ma così non è.  Cosimo I instaura una dittatura, grazie anche a molte vittorie militari e politiche: non è un uomo colto, ma capisce l’importanza della cultura. Sposa Eleonora di Toledo, così da avere l’appoggio della Spagna e comprende come la cultura attiri consenso e quindi legittimità (come aveva fatto Lorenzo il Magnifico, che però celebrava la sua casata).  Cosimo I trova il vero artista di corte, un artista completo e che traduce in pittura e scultura tutto il programma di governo, ossia Vasari. Lui gestisce una serie di maestranze che gli consentono di sviluppare in arte il potere di Cosimo I.  Tra i capolavori di Vasari e delle maestranze c’è Palazzo Vecchio, che fuori rimane quello del ‘300, ma dentro cambia totalmente, con il salone del ‘500 e le sue opere artistiche. L’esterno viene volutamente lasciato uguale per dare un’idea di continuità con il passato. In questo senso anche i ritrovamenti di resti etruschi sono un modo per imbastire la “polemica” anti Roma: viene inventata l’Etruria, qualcosa che è venuta prima di Roma e che era grande tanto quanto quella. C’è quindi una ricerca di ascendenza e di nobilitazione.  Cosimo I ha uno studiolo con la sua collezione, piccolo, in cui ripone bronzetti e preparati medicinali fatti da lui e, accanto allo scrittoio, un luogo più moderno dentro Palazzo Vecchio, dove successivamente va a vivere, ma non immediatamente per non dare di sé l’immagine di un usurpatore.  Dalla descrizione che Vasari fa si scopre cosa conteneva: anzitutto carte geografiche, rappresentazioni della flora e fauna e dei Signori che hanno governato quelle terre, 2 sfere che riportano la Terra e la mappa dei cieli. Particolari sono anche le teste degli imperatori, perché non vengono scelti per un modello ma solo in quanto ex reggenti. Studiolo di Francesco I de’ Medici a Firenze (XVI sec.) [12]  Francesco I diventa reggente nel 1569, mentre suo padre, Cosimo I è Granduca di Toscana, e nel 1574 muore e Francesco I diventa a sua volta Granduca; una personalità profondamente diversa dal padre, forte e conquistatore, mentre il figlio è magro, emaciato, introverso e malinconico. Due persone profondamente diverse.  Francesco I ama passare il tempo nel Casino di San Marco, che ingloba il giardino di San Marco, dove Michelangelo lavorava nelle idee e nella corte di Lorenzo il Magnifico. In questo luogo, al chiuso, Francesco pratica alchimia, lavorando e facendo esperimenti per trasformare la natura.  Francesco lascia però anche un segno dentro Palazzo Vecchio, ossia l’ultimo degli studioli, in cui si conservavano gli oggetti preziosi, sia artisticamente che a libello economico, i quali vengono ordinati secondo una precisa disposizione. Anche i dipinti che vengono fatti lungo le parte hanno una disposizione precisa e rappresentano le cose che sono contenute negli armadi.  Lo studiolo ha due ingressi, uno dal salone del ‘500 e l’altro dalla camera del principe, comunicava con il tesoretto di Cosimo I, dotato di una scala da cui si poteva uscire senza essere visti. La forma è quella di un forziere, uno scrigno, con un coperchio a botte e privo di luce naturale. È interamente decorato con legni, pitture e sculture pur essendo piccolo, e il soffitto rappresenta il centro del programma decorativo, ossia il mito di Prometeo. Nelle lunette ai lati corti i dipinti della madre e del padre e la rappresentazione dei 4 elementi che guida i decori delle 4 pareti. Lo scopo era di rendere visibile il legame tra quelle forze naturali misteriose.  Lo studiolo durerà poco però, solo 7 anni, perché lo stesso Francesco lo smonta, in quanto non più rappresentativo. Verrà ritrovato e rimontato solo nel ‘900, ma con una collocazione che non si sa se sia esatta: sopra i dipinti delle attività, sotto i miti sacri rappresentati, coordinati dallo stesso Vasari in pieno stile manieristico. Lo stile di questo luogo invece non è classico, ma tratto dalle camere delle meraviglie tipiche del nord Europa.  Alla fine del ‘500 Francesco I muore assieme alla seconda moglie, forse assassinato, e al potere sale il fratello Ferdinando I. Lo studiolo, smontato da Francesco I, viene trasferito nella Galleria degli Uffizi, un luogo aperto, creato così perché DEVE essere visto, al contrario dello studiolo, che è simbolo del signore che lo crea e che muore con lui quando il signore cade. La galleria invece è un luogo aperto e non più collegato a un singolo signore. La “via aerea e coperta” 1. La Galleria degli Uffizi e il Corridoio vasariano a Firenze 2. La Tribuna degli Uffizi a Firenze 3. Le Gallerie di Palazzo Ducale a Mantova 4. La Galleria delle Carte geografiche a Città del Vaticano  Leonardo da Vinci alla fine del ‘400 in uno schizzo delineava l’immagine che aveva della città ideale, ossia di un luogo che sorgesse presso il mare o un fiume, per la pulizia, e che si svolgeva su 2 piani comunicanti tra loro per mezzo di scale e di vie aeree e coperte. In basso sarebbero passati i carri e i lavoratori e in alto i gentiluomini. Alla città medievale, con strade tortuose e case ammassate, si stava sostituendo una città più organizzata e comoda. Le vie coperte si estendono progressivamente e prendono corpo in alcune corti italiane del ‘500.  La tipologia e l’architettura della galleria si fa tradizionalmente nascere nei castelli francesi come raccordo tra diversi corpi di fabbrica; un luogo di transito quindi, che ha una decorazione illusionistica a sfondo naturale ed è affrescata con trofei e scene di caccia. Derivano dalle logge romane e venivano costruiti in seguito per collegare appunto due corpi di fabbrica.  La svolta avviene nei primi decenni del ‘500 nel castello di Fontainebleau, dove Francesco I chiama a lavorare artisti italiani dentro una galleria creata dalla modifica di un vecchio padiglione, tra cui Rosso Fiorentino e Primaticcio. Non vengono dipinti paesaggi, ma scene mitologiche e storiche, stucchi e non trofei; uno spazio totalmente coperto di decorazioni che non imita più il paesaggio esterno ma crea uno spazio culturale, che prendeva luce da 8 grandi finestre per lato. Ogni elemento singolo è subordinato alla visione d’insieme in cui lo spettatore è immerso; non deve quindi far riflettere, ma stupire con la sua grandiosità.  Francesco I tenta di acquistare le opere del giardino del Belvedere, cosa che non riesce a fare, così fa realizzare delle copie e le fonde in bronzo, collocandole poi ritmicamente nella galleria, la quale di venta uno spazio collezionistico. Se lo studiolo è la rappresentazione dell’animo, intimo e raccolto, la galleria nasce per essere vista.  Anche a Ferrara viene costruita una via coperta, che collega il palazzo di corte con il castello, e che diventa un sistema di logge, terrazzi, sale e gallerie per opere d’arte. Al piano terra si trovavano i laboratori, mentre al primo piano i decori. Questo modifica radicalmente il castello e il suo carattere militare, che scompare, diventando una reggia che si ispira alle atmosfere di Ariosto.  Nella metà del ‘500 Vasari a Firenze termina la via che collegava Palazzo Vecchio, centro politico, alla nuova dimora di palazzo Pitti, passando per il loggiato degli Uffizi. La strada pensile passava sopra Ponte Vecchio fino al Giardino di Boboli e a Palazzo Pitti, passando per la Chiesa di Santa Felicita, dove i Granduchi poteva assistere alla messa da una posizione sopraelevata. Francesco I fece poi chiudere il loggiato per esporre le sculture di famiglia, mentre sotto si trovavano le Magistrature e le botteghe.  A Mantova, Vincenzo I Gonzaga, marito Eleonora de’ Medici, figlia di Francesco I, riprende la costruzione della galleria della Mostra, affacciata sul cortile e sul lago, rendendola la più preziosa del palazzo ducale, assieme alla galleria dei Mesi (così chiamata per i decori), ma che con le sue dimensioni non raggiunge quella di Sabbioneta e la galleria delle carte geografiche dei palazzi vaticani, ma che, al pari degli Uffizi, era concepita come una via aerea a struttura aperta. Dal centro di questo percorso si apre l’ingresso ad uno spazio molto sfaccettato dove contenere i pezzi pregiati e che non può non essere paragonato alla Tribuna degli Uffizi. La Galleria degli Uffizi e il Corridoio vasariano a Firenze (XVI/XVII sec.) [13]  Quando Cosimo I si trasferisce a Palazzo Vecchio a metà ‘500 trova accanto ad esso una zona insalubre; incarica quindi Vasari di bonificare e costruire un palazzo per le 12 magistrature cittadine, così da averne il controllo. Non c’è un ingresso, perché si passa da Palazzo Vecchio, il quale esternamente rimane inalterato, mentre dentro viene ridisegnato con lo stile contemporaneo del ‘500.  Vasari inoltre costruisce il Corridoio vasariano, ossia un passaggio sospeso che avrebbe dovuto collegare Palazzo Vecchio, da cui si accedeva, a Palazzo Pitti, altra residenza dei Medici, fino alla fortezza del Belvedere (anche se non ci arriverà mai), per essere una via di fuga non segreta ma protetta. Questo rende evidente il potere del Granduca sulla città. La galleria è aperta da entrambi i lati con finestre che Francesco I ordina a Venezia e decorato con opere d’arte. Questo aveva come modello l’esempio francese di Fontainebleau.  Il figlio di Cosimo I, Francesco I, aveva terminato il suo studiolo a Palazzo Vecchio, ma questo durerà poco, perché egli stesso trasferì le opere d’arte nella loggia degli Uffizi, ordina il vetro a Venezia per le finestre e infine commissione a Bernardo Buontalenti la costruzione della Tribuna.  La Galleria non collega più due corpi di fabbrica come in origine, ma è una cosa a sé stante, con opere d’arte scandite, con ricchi soffitti decorati, un fregio continuo, la serie dei grandi ritratti dei Medici, le statue e una serie di ritratti di uomini e donne illustri che era stata copiata da una simile collezione che Paolo Giovio teneva nel suo Museaum sul lago di Como: umanisti e guerrieri che conferivano autorevolezza e saggezza, e che a Firenze vede i Medici come parte di questa grande storia.  Si tratta quindi di un luogo per una camminata ritmata, un passeggio, in cui le opere sono esposte con un criterio espositivo che punta alla magnificenza (ma non ancora allo stupore seicentesco). Questo era il nucleo degli Uffizi, non le sale come in età contemporanea.  Le collezioni crescono per tutto il ‘500 e il ‘600, fino all’estinzione della casata Medici e all’arrivo nel ‘700 dei Lorena. Anna Maria de’ Medici riesce a legare le collezioni della Galleria alla città di Firenze, impedendo che si disperdano, ma che verranno comunque divise secondo criteri scientifici, andando a formare i nuclei di altri musei fiorentini.  Francesco di Lorena, nuovo Granduca, commissiona a de Greyss un inventario illustrato della Galleria, realizzato con splendidi disegni, quindi successivamente la Galleria viene aperta al pubblico con un orario fisso e con la presenza di custodi che provvedono alla pulizia e alla sicurezza. eccellenza o rarità, divisi in ulteriori categorie tipologiche secondo la divisione in generi del pensiero scientifico.  A Roma nel 1600 si sviluppa una intensa attività edilizia, con edifici aristocratici che vengono costruiti con giochi di luce e ombra sulle pareti, con effetti di luce mediante colori brillanti, dati da stoffe di pregio o da pareti dipinte: si stava affermando il barocco, il quale prendeva l’avvio dall’euforia per la vittoria di Lepanto.  La pittura mostra una grande gioia di vivere grazie alle opere di Raffaello e dei quadri di Tiziano che vengono dalla corte di Ferrara e de diventano dei modelli. Nasce una sorta di gara con la natura in cui gli artisti sviluppano la fantasia con tecniche ormai molto evolute; i sensi e le emozioni generano la meraviglia delle favole, da cui scompaiono i valori e gli esempi e lasciano spazio al gioco. La base culturale è più greca che latina.  Una delle gallerie più grandi e belle in Italia era di proprietà di Carlo Emanuele I di Savoia a Torino, così come a Genova, lungo le strade, i palazzi aristocratici mostrano i loro percorsi aerei pieni di luce e colore.  A Roma le gallerie si aprono ai visitatori in una gara di sfarzo e oggetti preziosi e diventano famose grazie alle guide; al loro interno le pareti scomparivano dietro a quadri e sculture antiche e moderne che formavano un tessuto completo. Le misure e i soggetti dovevano corrispondere a una armonia. Alcune volte venivano tolte le cornici, altre volte venivano fatte cornici tutte uguali, magari con le proprie insegne per i pezzi più importanti. Allo stesso modo i pavimenti indirizzavano l’andamento del visitatore.  Il modello cambia radicalmente quando, nel 1670, apre la Galleria degli Specchi di Versailles grazie a Luigi XIV, in cui la luce che entra dalle finestre laterali viene riflessa e amplificata dagli specchi e la materia diventa luce. Galleria Borghese a Roma (XVI sec.) [17]  Villa Borghese viene costruita agli inizi del ‘600 all’interno di un grande parco per opera della famiglia Borghese, che nel ‘500 arrivò da Siena, conquistando sempre più potere, fino all’elezione di un papa a inizio ‘600. Da quel momento inizia il ruolo di protagonista, grazie anche al cardinale Scipione Borghese.  La struttura della villa ha caratteri tradizionali, con l’apertura verso il giardino e una grande luminosità interna, con l’architettura che non interrompe la natura e la luce ma la ingloba come fosse trasparente.  La grande novità è nei decori, ossia un apparato che copre tutta la superficie di rilievi e sculture. Le opere usate formeranno la più grande collezione dell’epoca, grazie a sequestri di collezioni e a episodi spregiudicati, come la sottrazione delle opere di Tiziano alla corte di Ferrara. Nei primi decenni la collezione era già completa e nella villa si trovano al piano terreno le statue soprattutto antiche, affiancate da quelle realizzate da Bernini  Verso la fine del ‘700 l’interno del palazzo venne rinnovato totalmente grazie al lavoro di scultori, pittori e decoratori, che crearono un enorme apparato decorativo presente ancora oggi, e che modificarono anche l’allestimento delle opere, soprattutto statuarie, con l’introduzione della centralità dell’opera principale (mentre Bernini voleva che fossero esposte lungo le pareti) e lungo prospettive assiali con le finestre. Questo nuovo ordine era figlio del nuovo stile severo, il Neoclassicismo.  Durante l’800 la collezione subì gravi perdite a seguito della vendita fatta a Napoleone per il matrimonio con Paolina Borghese, e che furono parzialmente risarcite con opere provenienti da altre dimore dei Borghese. Tutta la collezione venne venduta allo stato agli inizi del ‘900. Galleria Doria Pamphilj a Roma (XVII sec.) [18]  La Galleria si trova a Roma dentro il cinquecentesco palazzo Aldobrandini e ospita il maggior museo privato italiano. Questo fu la dote che ricevette Camillo Doria Pamphilj, nipote del papa, a metà ‘600.  Il nucleo più grande di opere d’arte era di proprietà degli Aldobrandini, commissionate da loro o sottratte al ducato di Ferrara, e che i Doria Pamphilj incrementarono con acquisti sul mercato o con personali commissioni.  Il palazzo durante il ‘600 e il ‘700 subì modifiche estetiche e di riordino della collezione, fino agli inizi dell’800. I dipinti lungo le pareti furono accostati con criteri di simmetria e di varietà dei formati, delle dimensioni e dei soggetti che sono presenti ancora oggi.  Il visitatore odierno non trova un accostamento ripartito per scuole, inoltre, mentre nei musei contemporanei è l’idea del vuoto a prevalere, isolando l’opera d’arte per poterla studiare, nelle sale della Galleria Doria Pamphilj prevale la densità, che mostra come le raccolte aristocratiche romane venivano guardate.  Dal ‘700 inoltre le diverse cornici che accompagnavano i dipinti vennero uniformate, sostituendole con un modello unico, e nel XIX secolo la collezione fu aperta alle visite. L’allestimento attuale riflette la sistemazione del ‘700. Galleria Colonna a Roma (XV/XVIII sec.) [19]  L’edificio antico passa nel XII secolo alla famiglia Colonna che nel tempo costruisce tutta una serie di complessi edilizi, fino al progetto della Galleria nella metà del ‘600. Durante questo periodo si prosegue con l’allargamento della collezione d’arte, grazie all’acquisto di statue e dipinti, che formano una delle collezioni barocche più rappresentative.  La collezione e l’edificio sono di per se stessi opere d’arte per l’armonia tra arredi e raccolte che, unendo architettura, pittura e scultura, danno un senso di meraviglia e di spettacolare che si sviluppa nella successione delle sale con soffitti affrescati e con i quadri ordinati per generi, secondo gli allestimenti del ‘600.  La galleria viene inaugurata all’inizio del ‘700, secondo un allestimento barocco molto studiato, in cui sculture e pitture si integrano con architettura e arredi, costituendo un insieme di grande sfarzo, per rendere visibile l’importanza della casata romana.  Oltre alle statue e alle iscrizioni antiche, che fanno parte della collezione del 1400, si uniscono dipinti nel 1500 e una sezione egizia-orientale tra le più importanti del tempo. Di questa collezione originaria rimane poco, in quanto saccheggiata sempre nel 1500; venne quindi riorganizzata nel ‘600 con un nuovo nucleo di opere, che vennero successivamente integrate, nonostante le perdite a seguito del trattato di Tolentino del 1797. Galleria e Biblioteca Corsini a Roma (XVIII) [20+  La famiglia Corsini, proveniente dalla Toscana, si trasferisce a Roma a seguito dell’elezione a papa di Lorenzo Corsini nel 1730, prendendo come residenza un importante palazzo che si trovava decentrato, all’interno di un grande parco.  Il palazzo venne ingrandito e la raccolta della famiglia, dipinti, codici antichi e libri, venne trasferita. Il nucleo degli scritti formò la biblioteca, che venne aperta al pubblico nella metà del ‘700, con volumi che trattavano la storia, la letteratura, la scienza e la teologia, divisi per sale affrescate da scene che illustravano la materia.  Nell’altra ala del palazzo venne esposta la collezione d’arte, con le opere d’arte provenienti dalle residenze della famiglia a Firenze e Roma e con ulteriori doni e acquisti. I pezzi più importanti vennero radunati nella Galleria dei quadri, che era un passaggio obbligato per arrivare alla camera d’udienza, disposti secondo formati e dimensioni.  Gli altri dipinti vengono esposti nelle altre sale a seconda del soggetto e della funzione della sala, con un criterio di varietas che alternava i soggetti nelle varie sale e che veniva sottolineato dall’uso delle cornici, che non dovevano solo valorizzare il dipinto, ma armonizzarsi anche con l’arredo.  Dopo il trattato di Tolentino i Corsini dovettero partecipare alle spese imposte al papato, vendendo diversi dipinti, di cui solo alcuni furono restituiti. Alla fine dell’800 i Corsini tornarono a Firenze e donarono i dipinti e la biblioteca allo Stato. Le stampe e i disegni formarono uno dei fondi dell’istituto nazionale della grafica, mentre i dipinti, da prima spostati a palazzo Barberini per formare la pinacoteca statale, negli anni ’80 del novecento tornarono come entità autonoma nella loro sede storica. L’”utile” e il “capriccio” 1. Pinacoteca Ambrosiana a Milano 2. Museo epigrafico Maffeiano a Verona 3. Venaria Reale a Torino  La pinacoteca ambrosiana e la biblioteca furono fondate agli inizi del ‘600 dal cardinale Federico Borromeo a Milano e prendevano il nome proprio dal patrono della città. L’istituzione comprendeva, oltre alla biblioteca e alla pinacoteca, anche l’accademia delle belle arti, che servivano a diffondere una nuova visione e che si ispiravano alla biblioteca vaticana.  Roma e Milano erano i due centri di maggiore produzione della cultura, che traeva origine dai dettami del Concilio di Trento della metà del ‘500. A Milano il terreno era stato preparato da Carlo Borromeo, cugino di Federico, che alla fine del ‘500 aveva promosso nuove regole per la conservazione delle cose sacre attraverso controllo e manutenzione.  Agli inizi del ‘600 Federico Borromeo donò la sua collezione di quadri, stampe, statue perché siano un supporto all’accademia di belle arti, che fu una guida per la formazione di giovani artisti e che venne poi sostituita dall’accademia di Brera. In un’opera, a metà tra la guida e il trattato, Federico espone le 3 funzioni della sua collezione: devozionale, didattica e documentaria. Un ruolo importante lo avevano le copie, che fungevano da modello anche in mancanza degli originali. Il complesso ambrosiano collegava la biblioteca alla pinacoteca al museo delle statue, riunendo in un’unica struttura le finalità.  In Piemonte dopo la metà del ‘500 torna la dinastia sabauda e la capitale si trasferisce a Torino, una piccola città che divenne terreno per un grande progetto urbanistico che avrebbe creato un sistema territoriale; al centro delle attività c’era la caccia, l’esercizio principesco e la guerra. I Savoia si appropriarono del territorio extraurbano, di ville e castelli, che rimaneva collegato alla città tramite lunghi viali alberati. Le dimore extraurbane si trovavano sulle colline, circondate da parchi enormi ed erano decorate in maniera davvero sontuosa da parte dei migliori artigiani.  Questo tipo di capriccio architettonico si stava diffondendo per tutta l’Europa, con modulazioni diverse. Così anche a Roma, dove, nel territorio al di là delle mura, si trovava un paesaggio agrario con fortezze, ville, castelli. Qui nascono nuove ville di personaggi influenti della corte pontificia, dove gli interni erano rivestiti di stoffe colorate e i quadri trovavano posto nelle gallerie. Pinacoteca Ambrosiana a Milano (XVII sec.) [21]  Federico Borromeo intendeva mettere l’arte al servizio del valori cristiani a seguito dei precetti del Concilio di Trento, e per fare questo donò la propria collezione d’arte alla Biblioteca Ambrosiana da lui creata agli inizi del ‘600. Si fa strada quindi il concetto che le collezioni debbano avere un’utilità coltre che mostrare se stessi; il luogo ha quindi uno scopo di formazione.  Per fare ciò viene costruito un edificio in città, vicino al duomo, con una grande aula di lettura e che possedeva volumi di pregio, a cui si aggiunsero altre acquisizioni e donazioni. Qualche anno più tardi viene fondata la Pinacoteca, con la volontà di integrare il patrimonio librario con quello artistico, così che gli aspiranti artisti potessero studiare i modelli del passato. Infine fonda l’accademia, che rende evidente il nesso tra libri, arte e apprendimento, un luogo che era scuola di pittura, scultura e architettura.  All’interno delle opere si trovano quadri di varie scuole italiane e straniere, ritratti ispirati alla collezione degli uomini famosi di Paolo Giovio, calchi di sculture antiche, paesaggi, nature morte. L’arte ha una funzione pedagogica, che sopravvive a colui che colleziona; in questo senso è il primo a capire questo valore. Dopo la morte di Federico Borromeo, ci furono diversi lasciti all’Ambrosiana, accompagnati da modifiche e allargamenti architettonici agli edifici. Museo epigrafico Maffeiano a Verona (XVIII) [22]  Scipione Maffei fu un grande collezionista di epigrafi ed erudito che, nella prima metà del ‘700, volle creare un luogo dove riunire tutte le epigrafi ottenute così da formare una raccolta in un museo aperto al pubblico colto.  Maffei, nella costruzione anche dello stesso spazio, era guidato da una cultura illuministica e da interessi antiquari, e intendeva organizzare la collezione con una funzione didattica e scientifica, ordinandola per classi e cronologie, così da favorire la fruizione.  Anche il luogo in cui ospitare questa collezione non era casuale, progettato in stile neoclassico, non solo perché fosse lo stile più diffuso, ma per una coerenza con il materiale esposto. Ai lati del arriva negli ultimi decenni del ‘900 a causa di scarsa gestione, e così dagli anni ’80 inizia un importante restauro.  Al restauro si accompagna una modifica dell’esposizione, che tende a sottolineare l’aspetto collezionistico delle raccolte, allestendo così anche la storia del museo di Capodimonte. Museo archeologico nazionale a Napoli (XVIII sec.) [26]  Il museo archeologico nazionale di Napoli apre ufficialmente negli anni 50 del ‘900, ma in realtà la sua storia è più antica, perché deriva dal Real Museo Borbonico, dal quale ha ereditato la sede espositiva, i nuclei di arte antica e alcuni tratti caratteristici  Il Real Museo Borbonico nasce alla fine del ‘700, quando si decide di riunire tutta la collezione di arte antica e moderna nel Palazzo degli Studi. Le due collezioni ovviamente sono più antiche e provengono da due luoghi differenti, il museo farnesiano di Capodimonte e il museo ercolanese di Portici, il quale, durante il ‘700, aveva accolto le opere provenienti dai cantieri di Pompei e Ercolano, con soluzioni innovative, come la pubblicazione di un catalogo delle opere per esigenze di comunicazione, e discutibili, come il distacco dei mosaici, che vengono appesi al muro come quadretti del tutto decontestualizzati.  Il Museo Borbonico, nato dall’unione di questi due luoghi, si segnalava anzitutto per l’unicità delle sue collezioni e per la pluralità delle sue funzioni in un suolo luogo. Trovarono spazio infatti anche la Real Biblioteca Borbonica, la Reale Accademia di Pittura, l’Accademia Ercolanese e lavoratori di restauro; una sorta di palazzo della cultura.  La mancanza di una destinazione abitativa e la contiguità con l’accademia di pittura, creavano l’obiettivo dell’istruzione artistica e non più solo di mostrare il prestigio della casata. In questo senso il Re concedeva all’uso e all’istruzione dei sudditi le sue private raccolte d’arte e di antichità. Altro aspetto interessante di questo luogo è che esso era al centro di una tutela artistica e archeologica che si diramava per tutto il Regno, con funzioni quali gli scavi archeologici del sud Italia, la tutela del patrimonio artistico e il controllo del mercato dell’arte.  Una simile esposizione di tanti materiali diversi e di epoche diverse dava la possibilità di documentare una larga parte della cultura artistica, dall’antichità all’epoca moderna, in una sorta di disegno enciclopedico.  Nei primi decenni dell’ottocento fu realizzato il primo assetto espositivo delle raccolte, con opere divise per materiale, tecnica e tipologia, con la galleria per i marmi, i bronzi, gli affreschi, ecc. Durante l’800 l’assetto venne mantenuto, aggiornando solamente le collezioni con le nuove conoscenze storiografiche.  Dopo la metà dell’800 e con il ‘900 le altre istituzioni lasciano il Palazzo degli Studi, la pinacoteca e l’arte medievale e moderna andranno al museo di Capodimonte, a causa di esigenze di spazio e di volontà di specialismi. All’interno del museo si sta compiendo un’opera di riordino delle collezioni che vuole da un lato documentare la storia delle collezioni stesse, e dall’altro la storia dei contesti dei ritrovamenti, aiutato da una serie di musei distribuiti sul territorio.  In epoca contemporanea è da sottolineare una operazione che ha avuto come soggetto alcune opere del museo: dei bronzi esposti sono state fatte delle fotografie d’autore che sono state collocate all’interno della stazione della metropolitana che si trova sotto il museo, creando così un contatto e collegamento con il museo stesso. Gemäldegaleria Alte Meister a Dresda (XVIII sec.) [27]  La Galleria di Dresda è opera di Federico Augusto I di Sassonia, il quale, alla fine del ‘600, aveva ereditato la già ricchissima collezione della casata, e che impresse un’accelerazione al mecenatismo di corte, grazie alla sua formazione culturale, figlia del Gran tour.  Federico I trasformò Dresda in una bellezza rococò e in una delle corti più importanti d’Europa. Nei primi anni del ‘700 costruisce un grande padiglione dove sale da ballo, banchetti, passeggiate e ambienti dove esporre le collezioni d’arte che nel frattempo e successivamente compra, attingendo spesso da opere italiane, come la collezione del cardinale Albani, che “convertì” l’allora bibliotecario Winkelmann.  Il suo successo, Federico II continuerà la raccolta di opere, aiutato anche dal suo primo ministro, raffinato collezionista; il re inviava agenti in tutte le capitali d’Europa e tra le sue opere scelse principalmente i maestri italiani, come Raffaello, Tiziano, Parmigianino, ecc. e fiamminghi. Aiutato anche dai consigli di un nobile italiano, la Galleria avrebbe dovuto esporre incisioni, statue, urne e altri oggetti, in un museo che avrebbe abbagliato nobili e studiosi, ma la guerra dei 7 anni a metà ‘700 impoverì la Sassonia e pose fine agli acquisti.  Nel ‘900 la collezione si divise, separando gli antichi e creando la Galleria dei Nuovi Maestri, ma i bombardamenti della seconda guerra mondiale distrussero la città e gran parte del patrimonio artistico. Solo negli anni ’90 è stato completato il restauro e sono state esposte le collezioni statali in un percorso diviso per diversi colori a seconda delle nazioni esposte. Le raccolte del papa 1. Museo Pio-Clementino a Città del Vaticano 2. Pinacoteca Vaticana a Città del Vaticano 3. Pinacoteca Capitolina a Roma  Dopo la metà del ‘600 e la morte di Urbano VIII Roma, che fiorita con il barocco, entra in una crisi finanziaria e in un declino del mecenatismo, in cui solo i Colonna investivano in acquisti. I papi sono impegnati nell’estrazione di statue e nella ricerca di quadri, trasformando Roma in un centro di antiquariato internazionale.  Nel ‘700 vengono scritte le leggi per la tutela delle opere d’arte, che continuavano a uscire dai confini dello Stato vaticano; le leggi vengono continuamente inasprite e questo perché non riescono a essere efficaci. Le opere infatti continuarono a uscire dal confine.  A Roma viene costruito sul Campidoglio Palazzo Nuovo, o Palazzo della Sapienza, che diventa un museo da allestire attraverso le opere acquistate dai papi. Palazzo Nuovo attuale ha subito poche variazioni dall’esposizione del ‘700, in cui le opere sono esposte per il loro singolo valore e non più per gruppi statuari come nel ‘600; gli unici due gruppi sono i busti degli imperatori e dei filosofi.  In questo momento però si apre una stagione di fermento artistico con un pensiero teorico fondato sul bello ideale e sui grandi maestri, associati a uno studio dell’antico e all’attività antiquaria, ossia il neoclassicismo.  La collezione più importante in questo senso apparteneva al cardinal Albani, così, per evitare che altre statue prendano la via dell’estero, come quelle che erano andate a Dresda, il papa Clemente XII acquista la collezione e costituisce il museo di scultura nel Palazzo Nuovo al Campidoglio, che sarà incrementato anche successivamente.  Il 1770 segna anche l’apertura della galleria di statue in Vaticano, ossia il museo Pio-Clementino, opera grandiosa che avrà costi altissimi come la sua fortuna. Si crea un nuovo modello in cui in mostra non ci sono solo sculture ma oggetti, urne, lapidi in sequenze a tema dentro a luoghi che fanno rivivere le architetture dei monumenti romani, come la Sala Rotonda e la Sala a Croce greca.  In questo museo si trova sia la galleria, tipicamente barocca, dove esporre diventa un motivo di stupore, sia le sale attorno ad essa, che sviluppano la costruzione necessaria per un’esposizione funzionale degli argomenti. L’antico a cui si ispira è la semplicità e l’abbandono delle forme barocche, e infatti le sale più ammirate sono la Rotonda e a Croce Greca.  Questo tipo di museo si inserisce come il luogo più importante da vedere a Roma, persino più di San Pietro; un luogo in cui le arti, in presenza di rovine, non sono più segno della caducità umana, ma inneggiano alla ricostruzione di un passato cristiano.  Per quanto riguarda le pitture invece in Vaticano non ci sono collezioni stabili e le opere per lo più sono nelle chiese o negli appartamenti pontifici. Con gli ultimi decenni del ‘700 e la chiusura della compagnia di Gesù, una serie di quadri vanno ad abbellire la biblioteca vaticana e il museo Pio- Clementino.  In questo museo, durante l’amministrazione francese e la direzione di Canova, viene stabilita l’apertura tutti i giorni ad un pubblico senza distinzioni, sul modello dei musei francesi e, con la caduta di Napoleone, sarà lo stesso Canova a riportare le opere a Roma da Parigi.  Era stato Canova stesso che aveva partecipato al restauro delle opere e al loro allestimento nel Museo Napoleone, con accesso libero agli artisti; un modello di virtù che si stava diffondendo in Europa, assieme alle esigenze di restauro e ricognizione delle opere da proteggere. Museo Pio-Clementino a Città del Vaticano (XVIII sec.) [28]  Il museo Pio-Clementino nasce attorno al nucleo e al luogo del Giardino segreto del Belvedere di Roma, attraverso trasformazioni e costruzioni di edifici, grazie a importanti acquisizioni di statue che non trovano posto in altri luoghi.  Papa Clemente XIV decide di realizzare un museo adattando le sale del palazzo di Innocenzo VIII, il quale era collegato tramite una scala costruita da Bramante al giardino segreto. Realizza la galleria delle statue e dei busti e trasforma il cortile nell’attuale Cortile Ottagono.  Successivamente, negli ultimi decenni del ‘700, papa Pio VI, abbatte la cappella con gli affreschi di Mantegna e realizza 3 importantissime sale che danno l’enorme fama al museo, 3 sale costruite appositamente per criteri di allestimento: la Sala Rotonda, che si ispira al Pantheon, la Sala delle Muse e la Sala a Croce Greca che prendono ispirazione dalle terme. Vengono usate colonne, capitelli e mosaici pavimentali romani, per creare un ambiente intonato il più possibile.  Di questo museo vengono realizzate delle incisioni di grandi dimensione e dai costi molto elevati ma che hanno grande fortuna, così come viene realizzato un catalogo, simile a quello fatto per Pompei, ma scritto per un pubblico più ampio. Tutto ciò concorre a trasformare questo museo nel luogo più ambito di Roma per la sua esposizione neoclassica.  Questo luogo ebbe un duro colpo quando, dopo il trattato di Tolentino, dovette consegnare le 100 più importanti opere, che andarono ad arricchire il nuovo Louvre a Parigi in un trionfo di Napoleone. Venne così iniziata una nuova politica di acquisti, che permise di riempire i vuoti e aprire il nuovo museo Chiaramonti.  Dopo la caduta di Napoleone, Canova riuscì ad ottenere la restituzione di quasi tutte le sculture, che tornarono al museo e permisero l’allargamento anche del museo Chiaramonti, che si avvicinava così al Pio-Clementino per il lusso e ai nuovi spunti architettonici francesi. Pinacoteca Vaticana a Città del Vaticano (XVIII sec.) [29]  L’inizio della pinacoteca vaticana si deve a papa Pio VI che, oltre a costruire le importanti sale del museo Pio-Clementino, riordinò nel Palazzo Vaticano la collezione di dipinti, presi dai palazzi e da diverse chiese, e riuniti in 3 sale, con lo scopo di essere una galleria d’arte, mentre la pinacoteca capitolina serviva come luogo di studio per gli allievi dell’accademia.  Dopo l’occupazione francese sia la pinacoteca vaticana e capitolina ebbero un riordino dei quadri al loro ritorno da Parigi, per realizzare allestimenti più consoni alle grandi dimensioni dei dipinti tornati. Nell’800 inoltre iniziò una serie di spostamenti di sedi, a causa di esigenze espositive e conservative, che terminò soltanto nel 1932, quando venne costruita una sede apposita, per una collezione che nel mentre era cresciuta di dimensioni e importanza.  L’edificio è in stile neoclassico e si trova ne giardini vaticani e ospita l’esposizione di quadri, divisa per scuole e periodi cronologici, che è stata accresciuta alla fine degli anni ’70 con l’arrivo di icone greche e russe, creando un settore di arte religiosa fino ad ora assente. Pinacoteca Capitolina a Roma (XVIII sec.) [30]  La pinacoteca capitolina fa parte dei musei capitolini e si trova al secondo piano di Palazzo dei Conservatori sul Campidoglio; fu sotto la tutela pontificia fino alla metà dell’800, quando passò di proprietà al Comune di Roma.  La pinacoteca nasce dall’esigenza di affiancare alla collezione di arte antica già esistente, una raccolta di dipinti; un progetto di Benedetto XIV e del cardinal Valenti, che aveva promulgato un editto di tutela che murava a limitare la dispersione delle opere d’arte a Roma.  Questo luogo nasce con un preciso intento didattico, ossia quello di far studiare e copiare gli allievi dell’accademia d’arte. La raccolta si forma dall’acquisto che il papa fa di alcune collezioni di nobili romani, grazie anche all’editto scritto dal cardinal Valenti. Nel tempo i dipinti esposti nelle sale al secondo piano crebbero grazie a donazioni, lasciti e acquisti, come una collezione di porcellane.  Fino agli inizi del ‘900 la collezione era ancora esposta nelle due sale originarie, rispettando così i criteri di metà ‘700, ma subì un riordino con gli anni ’50 del ‘900, dividendo i quadi in diverse sale. Ancora alla fine degli anni 90 si riallestisce la pinacoteca, dividendo la raccolta per scuole con il rispetto dell’ordine cronologico, e allestendo in maniera adeguata le porcellane europee e orientali.  L’Italia, in questo enorme fermento europeo, è il perfetto terreno di conquista e saccheggio, grazie all’arretratezza delle istituzioni, alle leggi poco restringenti, e alle non floride situazioni economiche personali. Il museo si impone quindi come simbolo di libertà nazionale ottenuta o da conquistare. Alte Pinakothek a Monaco di Baviera (XIX sec.) [32]  L’Alte Pinakothek è una parte delle collezioni dello Stato bavarese, possiede un importante collezione di arte antica di area tedesca e fiamminga e, per la qualità delle sue opere compete con le città come Parigi, Madrid, ecc.  Nasce dalla volontà di collezionismo della famiglia reale bavarese, a cominciare dal ‘500, quando i duca di Baviera cominciano a commissionare opere d’arte per la loro casata e a costruire luoghi dove esporre gli oggetti di pregio.  Dopo la metà del ‘600 la collezione diventa internazionale, con l’acquisto di una collezione di quadri fiamminghi e italiani. Alla fine del ‘700 viene costruita una galleria per esporre i quadri secondo ordine cronologico con accesso libero ai visitatori. Con l’arrivo dell’armata napoleonica diverse opere vengono requisite; perdite che saranno colmate dalla laicizzazione del potere politico, che incamera i beni del patrimonio ecclesiastico.  Sempre a inizio ‘800 matura il progetto di costruire una sede apposita per queste opere, che verrà poi costruita nell’attuale sede, divenendo modello per i musei tedeschi. L’architettura si ispira ai grandi palazzi italiani di stile neoclassico. Il percorso si sviluppa in 9 sale, di cui 3 solo per l’arte italiana. La novità infatti fu la scelta in Germania di privilegiare l’allestimento per scuole. Si trovava inoltre un laboratorio per il restauro, oltre che a locali di deposito e sale con allestiti altre arti visive.  Durante lo scoppio della seconda guerra mondiale il patrimonio venne messo in salvo, mentre i bombardamenti distrussero l’edificio, che venne ricostruito lasciando però volutamente i segni del passato. La disposizione originale ha subito solo lievi modifiche per la riduzione delle opere esposte. National Gallery a Londra (XIX sec.) [33]  La National Gallery si trova nella piazza centrale di Londra, Trafalgar Square, in un edificio di pietra bianca, e si presenta con una sostanziale novità rispetto ai grandi musei contemporanei, ovvero che la sua collezione nasce per volontà del parlamento inglese. Si tratta quindi di un prodotto dell’alta borghesia, che non rifletteva i gusti della famiglia reale o di qualche casata aristocratica. La stessa borghesia era quella che si era addestrata al collezionismo grazie ai viaggi in Italia.  Nel 1831 il parlamento scelse a Trafalgar la sede dove costruire l’edificio per ospitare la collezione, basandosi sulla centralità del luogo, che poteva essere raggiunto con qualsiasi mezzo, agevolando così coloro che avevano scarsi contatti con l’arte.  L’edificio venne costruito in stile neoclassico, con una facciata in stile corinzio che si ispira a un tempio greco, veniva aperto tutta la settimana con giorni dedicati solo agli studenti. Nonostante la già ricca collezione, comprata da privati, la galleria crebbe grazie alle ricche donazioni dei collezionisti.  Altri fattore di differenza rispetto agli altri musei europei fu che al direttore del museo venne affidato un fondo per la politica degli acquisti del museo, che si orienta verso i primitivi, così da poter dare un panorama completo della storia dell’arte. Ogni acquisto è quindi pensato in ottica museale e favorito dalle numerose vendite, soprattutto in Italia. Alla fine dell’800 il museo venne ingrandito per mancanza di spazio e agli inizi del ‘900 nella National Gallery entrò anche l’arte contemporanee.  A seguito del secondo dopoguerra si intensifica anche l’attività di conservazione, inaugurando un dipartimento che provveda a restauri tempestivi e sviluppi tecniche sperimentali di restauro. Negli anni ’70 il museo si allarga ulteriormente e, negli anni ’90, vengono inaugurati nuovi spazi funzionali, come un auditorium, una sezione con postazioni informatiche per reperire informazioni sulle opere, ecc.  La galleria ha quasi tutte le opere esposte, seguendo un ordine cronologico che va dal XIII secolo al ‘900, ma organizza anche mostre monografiche e tematiche, per indirizzare il pubblico verso argomenti precisi. La gratuità dell’ingresso spinge per creare un pubblico di habitués e non di forzati, e per rendere la visita al museo non un evento ma un piacere quotidiano. In visita alla reggia 1. Palazzo Pitti. Galleria Palatina a Firenze 2. Palazzo Pitti. Galleria d’arte moderna a Firenze  La galleria Pitti, come luogo d’arte, è una creazione dell’illuminismo della seconda metà del ‘700, quando in Toscana si trovavano i Lorena; prima di questa svolta, in quel luogo si vendevano salumi e vini.  Durante il governo di Ferdinando I alla fine del ‘500 il palazzo viene trasformato in residenza e abbellito dall’acquisto di capolavori, come Raffaello, ma anche dal contorno di arredo, come affreschi, arazzi, specchi, mobili di pregio. Si trovavano una miriade di stanze, passaggi, gallerie, che consentivano di accedere separatamente ai vari appartamenti e cappelle private, e il luogo era dotato di un enorme personale di servizio.  Gli oggetti preziosi di piccole dimensioni erano custoditi all’interno di stipi, mentre nel resto del palazzo lo sfarzo di arazzi, lampadari, specchi, mobili, di cui alcuni in argento come i servizi da tavola, era grandioso. Le stanze erano anche ricolme di opere d’arte, strumenti musicali, libri, ecc.  Nonostante questo, per molti anni il luogo dà segni di abbandono, fino al 1765, quando Pietro Leopoldo di Lorena, nel riorganizzare il territorio e le collezioni fiorentine. Prende così forma l’idea della Galleria palatina a palazzo Pitti, che gli eredi di Leopoldo incrementeranno.  Con l’800 il palazzo perde l’atmosfera barocca per assumere quella neoclassica, implementando anche la collezione di quadri. Nonostante quest’immagine di serenità la presenza di Bonaparte porta all’esilio della famiglia e alla trasformazione del regno. La sconfitta di Napoleone, il ritorno dei Lorena e delle opere da Parigi portano a compimento il riordino che era cominciato in precedenza.  Nello stesso periodo venivano riallestite e aperte al pubblico gli Uffizi e il museo scientifico, mentre al Pitti venivano radunati tutti i quadri sparsi nelle varie residenze, facendo ricorso anche a innovativi sistemi di esposizione per favorire gli studiosi e usando il criterio tematico. Negli anni 30 dell’800 vengono aperte le sale al pubblico con orari fissi, diventando così il centro di un percorso che partiva dagli Uffizi fino al museo di Galileo.  Questo esempio fiorentino si diffonde in Piemonte, dove si stava sviluppando una cultura di tipo enciclopedico sostenuta dall’aristocrazia; nasceva anche un dibattuto che produsse la visione dell’arte come di qualcosa dal potenziale educativo e promozionale.  Sempre negli anni 30 dell’800 viene inaugurata la Reale galleria, con numerosi quadri italiani e fiamminghi che vengono esposti in locali privi di eccessivi suppellettili che offuscavano le opere, per meglio valorizzarle. La galleria, prima della fine dell’800, venne ceduta dalla Corona allo Stato italiano, passando alle dipendenze del ministero dell’istruzione pubblica. Palazzo Pitti. Galleria Palatina a Firenze (XVII/XIX sec.) [34]  La costruzione del palazzo per opera del banchiere Pitti è del ‘400, ma a metà ‘500 la famiglia Medici lo sceglie come sede ufficiale; è qui che, come in altre occasione, unendo residenza e collezionismo, che mostra il prestigio della famiglia, nasce una galleria.  Durante il ‘600 nasce l’idea di una galleria, ossia di un luogo adibito solo all’esposizione di opere d’arte, e oltre a questo, singole collezioni figlie dei vari membri della famiglia nascono dentro gli appartamenti del palazzo.  Nella galleria delle statue viene riunito il primo nucleo di opere di grande pregio che si trovavano sparse nelle varie stanze; questa scelta mostra un criterio basato sulla qualità che caratterizzerà il futuro aspetto della galleria.  Dopo un riordino di alcune opere per opera dei Medici, il grande passo lo fanno i nuovi regnanti Lorena, che decidono di sistemare tutte le opere, dipinti, sculture e mobili, in quello che era l’appartamento dei granduchi e che ora non veniva abitato.  Dopo la parentesi napoleonica, che vide la partenza di quasi un centinaio di opere verso la Francia, il palazzo venne decorato in stile neoclassico, arricchito di statue e altre opere e aprì le porte al pubblico nel 1834, assieme alla pubblicazione di un catalogo che illustrava ogni sala; veniva così compiuta la musealizzazione delle collezioni medicee.  Attualmente la Galleria Palatina offre importanti riferimenti storici e artici, anzitutto perché rappresenta la quadreria principesca più sontuosa d’Europa e poi perché nel suo allestimento, rimasto inalterato, non presenta un criterio cronologico o di sviluppo storico, che consente confronti visivi unici. È una testimonianza storica intoccabile di collezionismo privato trasformato in fruizione pubblica. Palazzo Pitti. Galleria d’arte moderna (XVIII sec.) [35]  La nascita della Galleria inizia con il granduca di Lorena Pietro Leopoldo, che riforma l’accademia fiorentina, istituendo al suo interno una galleria d’arte moderna nella quale sarebbe giunte le opere premiate nei concorsi accademici. Questo mentre a Palazzo Pitti si raccoglievano opere d’arte.  Con la cacciata dei Lorena, il progetto di riunire opere d’arte moderna continua per tutto l’800 ma in differenti luoghi. Gli autori delle collezioni erano l’Accademia, la corte sabauda e il comune di Firenze.  Alla fine dell’800 si decise di riunire tutte le collezioni in un unico luogo, così da testimoniare un percorso storico che sarebbe arrivato fino all’arte contemporanea nazionale. Nei primi decenni del ‘900 si scelse come luogo Palazzo Pitti, in cui sarebbero convogliate le diverse collezioni, indipendentemente dalla loro proprietà.  Attualmente l’allestimento si sviluppa in 30 sale, che ospitano arte che comprende un arco cronologico che va da Pietro Leopoldo (fine ‘700) alla prima guerra mondiale, organizzato in una sequenza cronologica e per gruppo storico-tematici, così da chiarire le differenti collezioni e quindi anche i gusti collezionistici. Accademie e soppressioni: i nuovi musei 1. Pinacoteca di Brera a Milano 2. Gallerie dell’Accademia a Venezia 3. Galleria nazionale e Teatro Farnese a Parma 4. Pinacoteca nazionale a Bologna  Gli ultimi decenni del ‘700 vedono la nascita o il potenziamento delle accademie artistica, letterarie e di scienze, grazie all’impulso che arriva da Vienna e che tocca Parma, dove si trovava già una Accademia, Modena, che ne fonda una di belle arti e una di lettere, aprendo anche la biblioteca e altri poli museali, Napoli, che potenzia la sua Accademia per elevarsi a capitale europea. La volontà di base che giungeva da Vienna era quella di creare una burocrazia efficiente e laica.  Il Ducato di Parma, nonostante la collezione Farnese sia finita a Napoli, riesce a rimanere al centro degli interessi dei visitatori, mentre a Milano le spinte illuministe lombarde portano alla creazione dell’Accademia di belle arti di Brera, assieme a un osservatorio astronomico e a un orto botanico. Anche a Firenze nasce l’Accademia di belle arti promossa da Pietro Leopoldo. In altre città italiane si vanno a tutelare le tradizioni artistiche locali, come Bergamo, Brescia, Verona, ecc.  Il passaggio di Napoleone in Italia porta alla creazione di nuovi musei, che consentono la visita a un pubblico più ampio e che mettono in mostra opere conservate in palazzi aristocratici o clericali. A Brera si crea una biblioteca e una pinacoteca, che consente un fondamento teorico all’insegnamento, oltre che alla pratica; grande importanza viene quindi data all’esposizione.  A Venezia, come in altre località, le Accademie vivono il problema della mancanza di spazi, così come non trovano spazi neanche le opere prese dai conventi soppressi, e si necessitano ampliamenti. A Napoli invece le opere venivano esposte nella quadreria del Museo reale, che era aggiornato con i più moderni criteri espositivi, e a cui era unito l’Accademia.  La seconda ondata di soppressioni, a metà ‘800, vide le Accademie attive solo in parte, in quanto gli artisti si dimostravano sempre più insofferenti verso questi istituti, scegliendo di dipingere direttamente all’esterno. Pinacoteca di Brera a Milano (XIX sec.) [36]  Il palazzo di Brera, di proprietà dei Gesuiti, passò nelle mani dello Stato dopo la metà del ‘700, che confermò la funzione educativa del luogo (prima era un collegio), ma destinandovi nuove istituzioni: la pinacoteca, l’accademia di belle arti, la biblioteca nazionale, l’orto botanico, l’osservatorio astronomico e l’istituto lombardo di scienze e lettere.  Durante l’occupazione francese Brera, al contrario di molti altri poli, compì una politica spregiudicata, compiendo requisizioni ingenti che confluivano a Milano. Questo portò Brera a  Tra le commissioni più proficue ci fu quella in Umbria, che riuscì a censire molti beni mobili e immobili della regione, pur non riuscendo ad arginare la dispersione, che veniva compiuta con vendite e furti.  Altro problema, dopo il censimento, era dove collocare le opere; trasferirle nelle sedi centrali delle accademie provocava il rifiuto delle popolazioni, che si vedevano privare di beni legati al territorio. Vennero così incaricati i comuni di formare e gestire nuovi istituti, avviando una separazione tra accademie e musei. In questo progetto, dopo la metà dell’800, si prevede una destinazione pubblica dei musei, che non provvedesse solo alla conservazione ma anche a fare delle opere strumento di crescita culturale. Si crearono così sul territorio piccole ma importanti raccolte.  Vennero così accettate le richieste provenienti dai municipi a difesa del patrimonio, senza che fosse possibile fare valutazioni di merito. Le difficoltà economiche dei municipi però rallentarono la nascita dei musei; dove però riuscivano a nascere, questi luoghi diventavano centro per donazioni di collezioni legate al luogo specifico.  Nel museo civico si vedeva un aumento del decoro e un modo per valorizzare il passato di un luogo, costruendo così un’identità nazionale, in cui rientravano anche le biblioteche. In questo senso sono molti i musei che nascono nel XIX secolo, spinti proprio dall’orgoglio municipale.  Il processo si interruppe a partire dal 1875, quando si scelse di accentrare le istituzioni, tagliando contemporaneamente i contributi economici. Alcuni musei furono incapaci di rimanere aperti e per decenni chiusero. Durante il novecento, soprattutto nel secondo dopoguerra, si attua un importante rinnovamento nella museografia italiana, che interessa anche il riallestimento dei musei, compresi quelli civici. Queste novità arrivarono grazie alla presenza e alla forza dell’UNESCO, che crea una cultura museologica che arriva anche in Italia, se pure con enorme ritardo. Galleria nazionale dell’Umbria a Perugia (XIX sec.) [40]  La galleria nazionale si trova nel palazzo dei Priori, accanto a Palazzo Vecchio e di fronte alla fontana dei Pisano; 3 simboli del potere comunale di Perugia. Qui si trova la più completa collezione sulla cultura artistica umbra.  La collezione nasce da una precedente, appartenente all’accademia del disegno, del XVI sec., quindi si amplia con opere proveniente da enti religiosi soppressi e infine con le opere che, a seguito della catalogazione delle commissioni che si formano alla creazione del Regno d’Italia, per motivi di conservazione e restauro, giungono qui.  Dopo la metà dell’800 nasce quindi la pinacoteca, separata dall’accademia, che si trasferisce nell’edificio gotico di palazzo dei Priori, diventando nel frattempo sempre più importante, tanto che agli inizi del ‘900 risulta una delle pinacoteche meglio organizzate.  Durante gli anni 50 del ‘900 la pinacoteca venne riordinata per scuole e cronologia e negli anni 70 si aggiungono nuove sale che vengono poi ristrutturate. L’attuale allestimento segue il filo logico del microcosmo umbro, che però fu decisivo all’interno della storia dell’arte italiana. Sono esposti dipinti, ma anche marmi, come i resti della fontana del XIII sec. di Arnolfo di Cambio. Il senso della raccolta è quello di creare una capacità di evocazione che parta dal medioevo e arrivi fino all’età moderna, suscitando una curiosità che spinga alla visita del territorio. Civico museo Correr a Venezia (XIX sec.) [41]  Il museo civico si trova nel palazzo delle Procuratie nuove che si affaccia su piazza San Marco e che durante l’800, fu trasformato in reggia da Napoleone, e si origina come nucleo, dal lascito di un privato collezionista veneziano, Teodoro Correr, nel 1830.  La collezione comprendeva numerosi oggetti, come dipinti, sculture, stampe, vetri, porcellane, cimeli storici, che vennero acquistati sul mercato. Per quanto riguarda i quadri, questi andavano dal ‘400 al ‘700, con particolare interesse per la pittura veneziana e alcune aperture verso altre scuole, che influirono su quella locale.  All’atto del lascito la collezione si trovava a casa Correr sul Canal grande, dove fu esposta al pubblico pochi anni dopo il lascito stesso, ma la crescita di questa raccolta costrinse a trovare locali più ampi. Lo spostamento in piazza San Marco portò anche alla divisione per nuclei tematici, che formarono le raccolte di altri musei, come quello vetraio o quello tessile.  Negli anni 50 del ‘900, come in molti altri istituti, si provvide alla risistemazione dei locali e al riallestimento delle opere, per mano di Carlo Scarpa, che mise in risalto sia gli oggetti che provenivano da lontano a Venezia, sia la cultura tipica veneziana. Si sfruttò anche il panorama e la luce della piazza affinché le opere fossero valorizzate al meglio nelle loro qualità. Civico museo di Castelvecchio a Verona (XIX sec.) [42]  Il luogo in cui si trova il museo, ossia Castelvecchio, è un castello eretto nel ‘300, prima per un uso residenziale e quindi per quello militare. Dai primi decenni del ‘900 ospita la collezione civica, che si costituisce nei primi decenni dell’800 dalle opere salvate dalle requisizioni napoleoniche.  La collezione nel corso del XIX e del XX secolo si arricchisce di lasciti e donazioni così come di acquisti e può vantare una ricca quadreria che va dal ‘300 al ‘700. Questa collezione trovò spazio nel primo dopoguerra nel castello scaligero, che venne successivamente ristrutturato negli ambienti durante gli anni 50 da Carlo Scarpa.  Le modifiche di Scarpa miravano a riscoprire l’architettura originaria del castello e nello stesso tempo a trovare la migliore sistemazione spaziale per la funzione espositiva. I lavori permisero di rimettere in luce le parti storiche del castello, che ora dialogano con le parti moderne inserite.  Particolare è la collocazione della statua di Cangrande della Scala, autore dell’edificio, che si trova esattamente al centro dei due nuclei architettonici dell’edificio; collocazione resa possibile dall’abbattimento di una sala e dalla scoperta di una parte delle antiche mura cittadine. La sala quindi, che mostra il passato di Verona, si presta anche bene alla visione da parte del pubblico durante tutto il percorso museale.  Allo stesso modo l’esposizione della collezione ha come idea quella del dialogo tra il moderno, con le opere esposte, e l’antico, con le evasioni che vengono concesse nella visione delle parti storiche dell’edificio.  Le sculture e i dipinti sono divisi in due gallerie, ma uniti dal fatto che nella loro esposizione si sia scelto il corretto punto di vista delle singole opere per il visitatore, in un percorso che tende a creare empatia tra oggetto e osservatore. Museo civico a Pistoia (XX sec.) [43]  La nascita della collezione del museo civico risale alla fine dell’800, con opere custodite nella chiesa di San Francesco e altre nel palazzo comunale. Ai primi decenni del ‘900 si discusse della possibilità di riunirle per creare un museo civico, che vedrà la luce nel 1922 nel trecentesco palazzo comunale, per il prestigio e la storia di questo luogo.  L’esposizione mostrata aveva un ordine cronologico, con opere raggruppate secondo quelli che venivano ritenuti i periodi eccellenti dalla storiografia, escludendo ad esempio l’800. Nel corso del tempo i problemi strutturali dell’edificio costrinsero il museo in locali più ridotti, per cui negli anni ’50 la collezione fu riallestita. La procedura terminò negli anni ’70, quando fu reinserita la parte ottocentesca della collezione.  L’attuale esposizione è composta secondo cronologia e per affinità stilistiche, con le opere più antiche su tavola nelle sale monumentali, quindi le tele che vanno dal ‘600 all’800, il tutto a rappresentare l’intera storia artistica di Pistoia.  Il criterio museografico con cui è esposta la collezione rinuncia a creare delle suggestioni evocative da parte dell’osservatore e propone piuttosto una valorizzazione autonoma da una parte delle opere civiche e dall’altra del palazzo trecentesco; entrambe le cose vengono supportate da un sistema comunicativo efficace che aiuta i visitatori. L’interesse per l’arte moderna 1. Civico museo Revoltella a Trieste 2. Galleria civica d’arte moderna e contemporanea a Torino 3. Museo nazionale di Capodimonte. Galleria dell’Ottocento a Napoli 4. Alte Nationalgalerie a Berlino 5. Galleria nazionale d’arte moderna a Roma  Durante l’800 nacquero alcune istituzioni che si occupavano di gestire commercialmente le opere d’arte e di immettere nel mercato in particolare la produzione artistica contemporanea del tempo; tra le grandi città, l’unica in cui la richiesta di arte non si era fermata era Milano. Queste società, tra le più importanti a Roma e Trieste, cercavano di incoraggiare le belle arti, nonostante il predominio ancora delle accademie.  Tra i progetti meglio riusciti si trova Trieste, una città con un ceto borghese vivace, in contatto con l’oriente e interessato all’arte moderna; venne fondata la società triestina di belle arti, che si impegnava a tenere mostre e acquistare opere attraverso i fondi degli azionisti, sul modello di simili società in contesto europeo.  Altrettanto interessato ai valori ottocenteschi era lo stato sabaudo, il quale si impegnò molto nell’acquisto di opere, tanto da arrivare ad aprire la galleria municipale d’arte moderna a Torino dopo la metà dell’800, e che nasceva con la possibilità di guardare al territorio regionale e a quello internazionale, grazie alla vicinanza con la Francia.  Durante gli anni 70 e 80 dell’800 sono molte le esposizioni artistiche di arte che puntano alla ricerca di un’arte nazionale e alla ricerca di una sede stabile, arrivando a trovarla a Roma, sul modello di Parigi. Per questo venne costruito il palazzo delle Esposizioni. Il limite fu che il contributo degli artisti internazionali in questa sede era scarso, e quindi la mostra diventava una rassegna di arte italiana, da cui nacque poi la galleria nazionale di arte moderna, sempre a Roma, per l’arrivo delle opere più meritevoli. Roma però dimostrava, al di là dei proclami, l’incapacità di creare una lingua artistica e uno stile nazionale. Civico museo Revoltella a Trieste (XIX sec.) [44]  Palazzo Revoltella è una importante dimora borghese in stile neorinascimentale, tra le più fastose costruite nell’800, concepita dallo stesso proprietario affinché alla sua morte divenisse un museo. Per questo motivo l’edificio mette in mostra le convinzioni politiche del proprietario, senza mancare di essere uno strumento educativo per gli artisti.  Oltre a una ricca collezione acquistata, lo stesso Revoltella mise a disposizione una rendita che sarebbe servita esclusivamente all’incremento della collezione. Col tempo si stabilì un contatto proficuo tra il museo e l’esposizione internazionale di arte a Venezia, che segnò la fisionomia della collezione.  La collezione, pur dando ampio spazio agli artisti triestini, accoglieva opere nazionali, e di questa venne prodotto anche un catalogo e un’accademia del nudo, pensata come un’attività didattica a completamento della funzione museale.  Dagli anni 70 del 900 il museo si interessò principalmente ad acquistare opere di portata regionale, dirottando i fondi al rifacimento del museo secondo il progetto di Scarpa, che terminò solo negli anni 90, ripristinando totalmente il palazzo al suo interno, ma mantenendone l’aspetto eterno. Galleria civica d’arte moderna e contemporanea a Torino (XIX sec.) [45]  All’inizio la galleria civica di arte moderna e contemporanea nasce come parte del museo civico di Torino negli anni 60 dell’800, composta da una parte per i dipinte, per le sculture e per le incisioni. Il suo nucleo nasceva pochi anni prima, quando, con l’unificazione d’Italia, la città diventava capitale.  Solo con il primo dopoguerra si decise di dare importanza alla collezione; viene così restaurato l’edificio che la ospita e si procede a nuovi acquisti per colmare le lacune, infine si crea una biblioteca e uno studio fotografico, per innalzare l’istituto a luogo di cultura.  Durante la seconda guerra mondiale si mettono in sicurezza le opere d’arte, e nel dopoguerra il museo riapre quasi subito nelle poche sale salvate dai bombardamenti. Si procedette allora a costruire un nuovo edificio, seguendo i nuovi criteri museografici, che terminerà all’inizio degli anni 60.  Si tratta della prima costruzione in Italia interamente nuova pensata per ospitare una raccolta permanente di arte contemporanea, ma che conteneva anche la direzione, i depositi, il laboratorio di restauro, la parte fotografica, e prestava attenzione ai problemi di spazi e illuminazione.  Durante gli anni 80 dovette chiudere per problemi e per carenza di spazio, iniziando anche ad ospitare opere d’arte contemporanea sperimentale, ponendosi così anche come luogo in cui avviare gli studenti alla produzione artisti e spingendo verso nuove forme di espressione.  Nuova spinta al collezionismo arriva con ‘700 e la dinastia dei Borbone di Francia, che anzitutto portano nuclei di opere francesi, oltre a continuare le acquisizioni italiane. A metà ‘700, nonostante un incendio che distrugge oltre 500 opere, viene deciso di riunire tutte le collezioni reali in un unico museo, che sarebbe stato costruito in un’area verdeggiante e che avrebbe accolto sia le collezioni di scienze naturali che di arte.  L’edificio è la somma di tipologie stilistiche che si ispirano all’architettura antica, come il richiamo al museo Pio-Clementino nella rotonda che si ispira al Pantheon. Anche nei decenni successivi l’idea del museo prosegue, anche grazie agli stimoli che vengono dall’esempio del Louvre. In quel museo si assiste anche alla fioritura di un artista come Goya, di cui il Prado ospita oltre 100 opere. Le collezioni qui esposte saranno inoltre determinanti sulla pittura francese della seconda metà ‘800. Arte e industria 1. Victoria and Albert Museum a Londra 2. Museo nazionale del Bargello a Firenze  Oltre ai musei d’arte, durante l’800 si diffondono i musei industriali; una vetrina pubblica per esporre macchina, modelli, mestieri e puntare all’istruzione e al progresso tecnologico. Accanto a questi si sviluppano i musei di arte e industria a partire da metà ‘800, con l’esposizione universale di Londra.  Nella capitale inglese nasce il primo nucleo del South Kensington Museum, che verrà ribattezzato Victoria and Albert Museum alla fine dell’800, con scopi commerciali e rivolto ad un pubblico di artigiani e classi medie. Fu anche il primo al mondo ad avere un ristorante al suo interno.  La motivazione di queste esposizioni era l’aumento della richiesta di nuove decorazioni e ornamenti e l’allargamento del pubblico che li richiedeva. Occorreva quindi imparare i modelli, principalmente francesi e italiani, e costruire le macchine per aumentare la produzione. Si crea così il bisogno di costruire oggetti industrialmente mentre prima era un campo artigianale, e riprodurre elementi estetici. In questo senso i musei sono vetrine per mostrare gli stili e le tecniche  In Italia, a Torino, questo connubio tra arte e industria, influenzato anche dalla precedenti mostre di arti e mestieri, porta alla nascita del regio museo industriale italiano, sull’esempio di quelli francesi, sempre con lo scopo di diffondere la cultura industriale. Musei di arte decorativa o industriale nacquero anche in ambito tedesco, dentro strutture costruite con materiali nuovi, come il ferro e la ghisa.  Le opere esposte erano principalmente frammenti scultorei o oggetti di arredo, che venivano studiati dal punto di vista della capacità tecnica o come repertorio di ornamenti, e che venivano distinte dalla pittura. Victoria and Albert Museum a Londra (XIX sec.) [51]  Il momento che dà l’avvio alla creazione del Victoria and Albert Museum è la grande esibizione del mondo dell’industria di tutte le nazioni, la prima fiera universale, che viene allestita a metà ‘800. Quello che rivelò la mostra era un panorama segnato da carenza di creatività e da un basso livello qualitativo.  La proposta che emerse fu quella di migliorare l’aspetto estetico dei prodotti, che sarebbero stati progettati assieme alla collaborazione degli artisti. Per questo motivo furono istituiti musei con il compito di fornire modelli e ispirazione ai designers.  Le opere vennero divise per tipologie, come all’esposizione universale, inserite dentro vetrine che potevano dimostrare lo sviluppo delle tecniche. Questo tipo di museo divenne modello per strutture analoghe. Nel tempo vennero inclusi tra gli oggetti anche opere d’arte minore e le collezioni si arricchirono, così come le arti figurative, dalla ceramica, al vetro, al tessile, all’oreficeria, al mobilio.  L’allestimento rimase diviso per tipologie fino alla metà del ‘900, quando ci fu un cambiamento radicale: vennero scelte le opere più rare e migliori e vennero creare delle period rooms, nel quale i pezzi erano inseriti nei contesti delle loro epoche. Museo nazionale del Bargello a Firenze (XIX sec.) [52]  Il palazzo del Bargello è un edificio del ‘200 che durante il ‘500 ospitava il capitano di giustizia (detto Bargello), le carceri e il patibolo. Dopo la metà dell’800 passo a ospitare il museo nazionale, mostrando la più ricca collezione di scultura rinascimentale fiorentina e un alto numero di arti applicate.  Il ritrovamento all’interno del palazzo di un ritratto di Dante ridà importanza alla sede, nella quale vennero ospitate due mostre proprio in onore di Dante, e che raccolse numero opere, come sculture fiorentine, bronzi e maioliche dagli Uffizi, armi da Palazzo Vecchio, avori da Palazzo Pitti, monete. Un’enorme mole di oggetti caotici che mostrano però le caratteristiche del Bargello.  Si sviluppa così una raccolta che da una parte esprime l’interesse per l’arte gotica, e dall’altra per gli oggetti di arte applicata e di uso comune, sull’esempio dell’archeologia francese: una raccolta anti- classica. All’interno di questi si inseriscono oggetti antichi, finiti lì per errori di datazione.  Gli oggetti depositati, come un gran numero di armi e di stoffe, vengono allestiti a seconda dei materiali e della tematica, mentre le sculture vengono allestite secondo un criterio cronologico. “Dalla casa al museo” 1. Sir John Soane’s Museum a Londra 2. Museo Poldi Pezzoli a Milano 3. Museo Stibbert a Firenze 4. Museo Bagatti Valsecchi a Milano 5. Musée Jacqumart-André a Parigi  Nel XIX secolo il romanticismo aveva portato alla creazione di edifici costruiti in vari stili, ritenuti i più adatti per svolgere determinate funzioni, come castelli gotici. Gli esempi sono in tutta l’Europa, come il museo di Cluny, nato per l’acquisto della raccolta medievale, il Giardino di Puccini a Pistoia, ecc.  Le esposizioni universali di arte spingono per il rifacimento moderno degli stili antichi, e vengono aperti luoghi dove si mostrano modelli ideali da cui prendere ispirazione. La storia diventa come un romanzo e un evento teatrale.  I collezionisti alto-borghesi si trovano davanti a un mercato pieno di oggetti che vengono da chiese e monasteri soppressi, e tornano ad investire nell’arte con il fine di ricostruire un ambiente storico di un tempo passato e non più un ideale di bellezza. Ognuno può scegliere il suo tempo e sognare il mito, dal medioevo, al rinascimento, al ‘700. Infine, per poter proseguire quel sogno, si lasciano le collezioni a strutture pubbliche.  Nella seconda metà ‘800 gli antiquari italiani aumentano, nonostante i dipinti sul mercato siano sempre meno, e scelgono di mettere in vendita qualsiasi tipo di oggetti, anche grazie a una normativa che consentiva l’esportazione.  Alla fine dell’800 questo modello della casa-museo tipicamente italiano, francese e inglese sbarca negli Stati Uniti, dove sopravvivrà a lungo, mentre in Europa ai primi del ‘900 ci si dedica alle mostre di arte antica, visto il nuovo interesse per i “primitivi”, ossia per il periodo medievale. Questo interesse ovviamente attirò ancora una volta il mercato collezionistico sulle opere italiane e, ancora una volta, si attuò un processo di dispersione delle opere. Sir John Soane’s Museum a Londra (XIX sec.) [53]  Il museo prende il nome dal suo fondatore, John Soane, e si trova all’interno della sua casa, un edificio museale costruito in maniera fantasiosa già nella sua architettura, che si affaccia sulla più grande piazza londinese.  John Soane fu non solo creativo, ma anche educato agli studi classici, e la sua dimora non è solo uno sfoggio di bravura, ma un luogo per esporre la sua collezione di antichità e dipinti, “montati” in una creazione singolare.  Lo stile neoclassico con il suo equilibrio e il rispetto delle fonti viene a mischiarsi con lo spirito romantico che annulla la regolarità e la simmetria e introduce giochi di luci e un numero notevole di oggetti, basati sul ricordo delle rovine romane. Soane infatti, più che rispettare le fonti antiche, si lascia ispirare, sperimentando soluzioni illusionistiche all’interno degli ambienti.  La collezione comprendere antichità egizie, orientali, greche, romane e molti dipinti, soprattutto del ‘700; insieme a questi si trovano calchi in gesso che fungono da modelli per gli allievi ai quali teneva lezioni proprio nell’abitazione. La crescita della collezione costringeva a continue modifiche degli spazi, per cui ad esempio, per ospitare i dipinti, Soane ideò dei pannelli mobili che, scorrendo, potevano consentire di guardare i quadri come se si sfogliasse un libro. L’acquisto di un sarcofago della Valle dei Re portò alla creazione di una stanza creata come una cripta, dove collocare urne e reperti archeologici.  Al momento della morte Soane chiese che la casa e gli oggetti in essa contenuti rimanessero il più possibile come lui li aveva lasciati, a beneficio di tutti coloro che avrebbero tratto ispirazione da quelli. Nonostante ciò furono apportate modifiche sostanziali, e solo recentemente si sta riportando la disposizione originaria. Museo Poldi Pezzoli a Milano (XIX sec.) [54]  Poldi Pezzoli è stato un grande collezionista milanese, erede unico dei patrimoni di due famiglie importanti e marito della figlia di un grande nobile e intellettuale milanese neoclassicista e illuminista.  Nella sua dimora arriva quindi a collezionare le opere frutto di queste vicende e delle sue scelte personali. La sua prima collezione è quella di armi e armature antiche, che verranno esposte in un’intera sala dall’allestimento neogotico. Questa, durante le 5 giornate di Milano, su invasa e saccheggiata dagli austriaci in quanto lui era liberale.  Costretto all’esilio, viaggiò per l’Europa e collezionò opere d’arte che riportò in Italia una volta rientrato, ricominciando a riallestire la sua casa; il modello in particolare era l’Hotel de Cluny e la sua collezione di arti applicate.  La casa quindi si delineava come una delle più belle case-museo d’Europa per i ricchi oggetti, a cui aggiunse un’importante collezione di quadri del rinascimento italiano. Dentro l’abitazione si poteva trovare la camera da letto in stile neobarocco, lo studiolo in stile neoromanico/neomoresco, il salotto in stile neorinascimentale, ecc. In generale la casa rappresentava il gusto risorgimentale di collegare l’unità d’Italia al passato glorioso della nazione attraverso la narrazione storica.  Le opere d’arte che vennero acquistate anche in seguito, grazie all’unità d’Italia, alla soppressione degli ordini religiosi e alle leggi non stringenti, permisero di creare un importante patrimonio artistico da tramandare alle generazioni future, e a Poldi Pezzoli di essere un punto di riferimento per la cultura delle arti industriali, fondando anche un gabinetto di meccanica industriale.  Alla sua morte nacque quindi la fondazione artistica, la quale aprì le porte al pubblico nel 1881, rimanendo aperto per oltre un secolo. Durante la seconda guerra mondiale parte della casa e degli arredi bruciò nei bombardamenti, che venne ricostruita negli anni ’50. Successivamente si è formata una commissione composta da studiosi, artisti, ecc. per occuparsi della gestione, che ha portato a un incremento della collezione che rimane però sostanzialmente fedele al suo modello, cioè una casa-museo ottocentesca. Museo Stibbert a Firenze (XIX sec.) [55]  Di padre inglese e madre italiana, educato in Inghilterra, Frederick Stibbert ha realizzato a Firenze il suo museo, attraverso lo studio e la collezione di armature e costumi antichi. Firenze durante l’800 fu per altro meta di molti intellettuali inglesi, ai quali si deve lo studio e la riscoperta dell’arte del ‘300 e ‘400, e in questo filone si inserisce anche Stibbert e la sua collezione.  L’architettura della sua casa-museo rievoca quella di un castello medievale con torri e merli, così come l’interno, che venne decorato nei modi più diversi per uniformarsi alle raccolte esposte. Le armature, europee e orientali, che vanno dal ‘400 al ‘700, vengono animate da manichi di legno che ricreano anche le pose di guerra. Assieme a queste sono esposte un gran numero di stoffe, principalmente rinascimentali fiorentine.  La scelta del proprietario fu quella di ricostruire totalmente gli ambienti e gli oggetti, per questo scelse anche di aggiungere accessori dubbi o falsi pur di completare ciò che veniva esposto; per fare ciò ricorse anche a botteghe artigianali di Firenze. Lo stesso acquisto di mobili, gioielli, dipinti era tutto finalizzato a una migliore comprensione e ricostruzione storica. L’attuale riallestimento ha lo Il rinnovamento in Italia 1. Galleria regionale della Sicilia a Palermo 2. Galleria di Palazzo Bianco a Genova  Dopo la prima guerra mondiale l’Italia si caratterizza per un generale cambiamento, una voglia di riscrivere la storia all’interno dei musei di ambientazione. Qui si intende ricreare uno scenario credibile, per far rivivere una storia ormai trascorsa in veste di attori.  Su questa trasformazione si abbatte la seconda guerra mondiale e le sue distruzioni, che devastano il patrimonio artistico: molte opere presentavano danni seri, altre erano state trafugate dai nazisti, così come i musei distrutti nei bombardamenti.  Nell’opera di ricostruzione si presentano due tematiche, ossia la scelta di criteri da adottare per il restauro e l’esigenza di aggiornare le tecniche museografiche; questo per cercare di recuperare il ritardo internazionale rispetto alla museografia internazionale.  Il desiderio di rinnovamento pervadeva quindi architetti e tecnici, grazie anche al cambio generazionale. Si guardò anche al mondo americano e ai loro allestimenti dei capolavori italiani, come moderni impianti di illuminazione artificiale e una presentazione diradata delle opere per valorizzarne il senso di eccezionalità  La base del pensiero del rinnovamento stava nella volontà pedagogica e nell’individuare come interlocutore il pubblico; il museo dovrebbe essere il luogo di mediazione tra la memoria e il nuovo. In questo modo la museografia riesce ad allontanarsi dagli allestimenti ottocenteschi e di inizio ‘900 che erano legati all’ambientazione.  Tra i valori che il ministero pone come importanti si trovano alcune nuove esigenze, come l’importanza data ai valori climatici dell’ambiente, la necessità di diminuire il numero di opere in mostra e, collegato a questo, la presenza di depositi organizzati, la presenza di laboratori di restauro, di spazi per mostre, di attività didattiche, di posti di ristoro, ecc. Matura inoltre la tendenza ad aperture notturne.  Dal 46 viene costituito l’International Council of Museum (ICOM), come importante strumento di confronto museografico internazionale. Accanto a questo l’istituto centrale di restauro lavorava su problemi relativi ai criteri di conservazione nei musei, soprattutto con attenzione al microclima e all’illuminazione.  Gli architetti interessati alla ricostruzione trovano uno slancio positivo nel settore museale, dove la storia è intrecciata con esigenze civili e pedagogiche che pongono sfide interessanti. Nascono progetti come il museo del castello sforzesco di Milano, che usa un linguaggio evocativo e strumenti scenografici, il nuovo allestimento del museo di Capodimonte, con una nuova concezione di illuminazione, per creare un’atmosfera gradevole. Tra i più attivi personaggi del tempo troviamo Carlo Scarpa, che utilizza geniali invenzione museografiche. In generale si tratta di una stagione in cui trattare la bellezza è motivo di felicità e impegno. Galleria regionale della Sicilia a Palermo (XX sec.) [61]  Il palazzo che ospita la galleria regionale è stato costruito nel ‘400 come ricca dimora nobiliare e poi come monastero femminile fino al termine della seconda guerra mondiale, quando fu ristrutturato e trasformato in sede museale. La decisione nacque dall’esigenza di trovare un luogo dove esporre raccolte medievali e moderne, che erano custodite assieme a materiali archeologici.  La collezione ha origine agli inizi del XIX sec. con dipinti, stampe e disegni, a cui si aggiungono quelli ottenuti per lasciti e donazioni. Questi vengono sistemati per la prima volta negli anni 50 del ‘900 grazie all’opera di Paolo Scarpa, che scelse l’esposizione con l’obiettivo di delineare la cultura artistica siciliana dal medioevo al ‘500, traducendolo in un percorso ricco di emozioni, in cui lo spazio architettonico e le opere contenute si armonizzano. Galleria di Palazzo Bianco a Genova (fine XIX sec.) [62]  Palazzo bianco è una residenza nobiliare del ‘500, acquistata nel ‘700 da una delle famiglie più ricche di Genova e prende il nome di palazzo bianco per il colore degli stucchi che la decorano, in opposizione al palazzo che le sta di fronte, ossia palazzo rosso.  Alla fine dell’800 la famiglia, che nel mentre lo aveva affittato a collezionisti d’arte, lo dona alla città di Genova per farne una pubblica galleria, che raccoglie oggi di natura diversa, come sculture, mobili, reperti archeologi, ecc., oltre alla pinacoteca, che raccoglie quadri provenienti da diverse fonti. Il panorama era piuttosto confuso perché la galleria raccoglieva ogni tipo di oggetto legato alla città.  Il punto di svolta sono le distruzioni provocate dalla seconda guerra mondiale, che rendono necessari lavori di rifacimento, potendo così operare uno svecchiamento. Viene posto come cardine l’isolamento dell’opera, in polemica con gli allestimenti precedenti che ricreavano l’ambiente; in questo caso viene tolto tutto ciò che può impedire la comunicazione dell’opera, ponendola in una sorte di dimensione atemporale, creata anche dall’uso della luce.  Il percorso attuale segue criteri cronologici, raggruppando le tele per scuole e mostrando una antologia di pittura genovese e ligure e di quelle, come la fiamminga, che hanno influenzato quella locale tra ‘500 e ‘600. Il museo contemporaneo: fra quiete e movimento 1. The Solomon R. Guggenheim Museum a New York 2. Städtisches Museum Abteiberg a Mönchengladbach 3. Museum of Modern Art – MoMA a New York 4. Museo di Arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto a Rovereto 5. Museo Alberto Burri a Città di Castello 6. Museo d’Arte contemporanea a Rivoli 7. Hamburger Bahnhof – Museum für Gegenwart a Berlino 8. J. Paul Getty Museum and Center a Los Angeles  La nascita, alla fine degli anni 50, del Guggenheim museum traduce in termini pubblici una tendenza evidente, ossia la presenza degli USA come protagonisti della scena culturale internazionale.  New York infatti si era sostituita a Parigi come centro di innovazione artistica e culturale, riuscendo ottenere una produzione che non si rifacesse più a modelli europei ma a qualcosa di originale. Nello specifico il Guggenheim mostra come l’architettura museale si possa del tutto rivoluzionare, fondando una sorta di tempio che celebra la società a cui appartiene. Si rompe così un’istituzione che veniva percepita come chiusa grazie alle avanguardie e al turismo di massa.  Nascono così luoghi che osteggiano l’idea di tempio che il museo riveste, desacralizzandolo, trasformandolo in un luogo dinamico e duttile e collocandolo in posti diversi. Inizia così un dibattito che porta all’idea che non si debba inseguire le società industriali costruendo musei a forma di fabbrica, ma progettando spazi del tutto diversi, favorendo il rapporto tra opera e visitatore. A Mönchengladbach ad esempio si realizza un luogo di quiete assoluta, in cui poter ascoltare le opere.  Si tratta di creare musei in cui siano riconoscibili i valori di cultura e di civiltà, senza mostrare le cose per attirare le masse. Utilizzare strumenti di alternativi di allestimento che colpiscano non significa adempiere a quel compito di mediazione culturale, quanto di fare spettacolo.  A volte si privilegia la dimensione architettonica, altre volte si presta attenzione a una essenziale presentazione dell’opera. In questo si inserisci il discorso sulla riconversione, ossia luoghi nati per altre attività e che vengono trasformati in musei, come fabbriche, castelli, stazioni, ecc. In questi casi occorre reinventare la sede espositiva, come è il caso del museo Burri a Città di Castello, ospitato in un ex seccatoio di tabacco.  Finisce quindi la storia dell’arte come discorso unilaterale e si aprono una pluralità di modalità. I musei, luoghi dove si costruisce la memoria collettiva, risentono di questa crisi contemporanea e propongono una assenza di modelli forti e la presenza di tanti aspetti diversi come qualcosa di positivo The Solomon R. Guggenheim Museum a New York (XX sec.) [63]  L’edificio del Guggenheim nasce come incontro tra il ricco mecenate Solomon Guggenheim e l’architetto Frank Lloyd Wright, che realizza una struttura a forma di enorme spirale realizzata in un unico ambiente illuminato da luce zenitale.  Solomon Guggenheim inizia acquistando opere d’arti francesi e americane a lui contemporanee, comprendendo trai i primi il grande ruolo che gli USA avrebbero potuto avere nell’arte contemporanea; per questo istituisce una fondazione per favorire l’arte e l’educazione, di cui la sede diventa il simbolo.  Il Guggenheim è a tutti gli effetti una rivoluzione, che aggira le regole dell’architettura tradizionale, come pareti e pavimenti ortogonali; le pareti sono curve e i pavimenti in discesa in cui collocare le opere di pittore d’avanguardia: spazi unici per visioni uniche.  L’idea dietro il progetto è che la struttura del museo rappresenti il continuo divenire alla ricerca di scostante perfezione dell’arte, e questo si trova in una figura che è sintesi di retta e cerchio. Le stanze spariscono e si crea un unico nastro che da una parte accompagna il visitatore, dall’altra da sempre una visione d’insieme. Städtisches Museum Abteiberg a Mönchengladbach (XX sec.) [64]  Dagli anni 70 in Europa è la Germania che si impone come luogo di maggior interesse per la sperimentazione museale; tra i tanti musei nati, quello di Mönchengladbach si impone come modello.  L’idea di questo luogo è che il museo diventi un’opera d’arte totale, in cui le opere possano coinvolgere il visitatore non aggiungendo qualcosa ma sottraendolo: togliendo rumore e altri stimoli, ponendo come elementi solo luce e silenzio, in uno spazio totalmente lontano dalla quotidianità.  Le opere non trovano fondi spettacolari o espedienti conservativi o didattici, ma in luoghi accoglienti. Questo documenta come possano essere possibili soluzioni originali tra le tante possibili del mondo contemporaneo. Museum of Modern Art – MoMA a New York (XX sec) [65]  Il MoMA dimostra che, all’interno del ruolo di leadership culturale che gli USA hanno assunto, un fattore fondamentale di ascesa sono state quelle dinastie di danarosi imprenditori, che sono stati determinanti nello sviluppo dell’arte contemporanea, offrendo agli artisti commissioni e mercato per poter lavorare.  Il MoMA fin dalla sua nascita si impone come il centro di arte contemporanea più importante al mondo, che riesce a seguire l’andamento della società. Allo scoppio della seconda guerra mondiale la sua attività ad esempio non decresce ma anzi approfitta della presenza di numerosi artisti scappati dall’Europa.  Nello specifico il MoMA non è limitato a documentare l’arte contemporanea, ma l’ha stimolata, grazie a programmi didattici all’avanguardia e iniziative volte al coinvolgimento della cittadinanza. I servizi offerti da questo museo lo trasformano in un luogo invitante, in cui ci si può trovare anche solo per leggere.  Ogni elemento singolo, compresi i 6 dipartimenti diversi, dentro il MoMA si ricompongono in un progetto unitario dove tutte le arti possono confrontarsi. La presenza costantemente in aumento di pubblico porta a continui ampliamenti e crescita. Museo di Arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto a Rovereto (XX sec.) [66]  Il museo nasce nel 2002 dalla fusione tra il museo d’arte di Trento e di Rovereto, e ospita una raccolta di pittura locale di fine ‘800. Lo spazio è concepito come una piazza circolare coperto da una cupola vetrata, che crea un dialogo tra le opere esposte, l’architettura e lo spazio esterno che entra grazie alla luce.  Il museo possiede un auditorium, sale conferenze, un archivio, e le sale espositive sono caratterizzate da flessibilità, grazie a pareti mobili che possono scorrere, ma che creano sale neutre che non interferiscono con le opere, al contrario dell’atrio circolare. Le collezioni si originano da un nucleo di opere futuriste, a cui si aggiungono acquisizioni di arte italiana e internazionale del ‘900.  Il museo si caratterizza per due aspetti: da una parte proporre una panoramica del patrimonio culturale locale, dall’altra proporre attività collaterali, come convegni o conferenze. Le sale sono organizzate in modo tematico che quindi raccolgono opere di diversi periodi e autori, ma che discutono di alcuni problemi centrali.