Scarica Inside The White Cube e più Sintesi del corso in PDF di Museologia solo su Docsity! Inside the white cube White cube: il suo essere espressamente isolato lo rende un non spazio in cui la matrice spazio temporale sembra allungarsi. Include l’idea stessa del cambiamento sociale, promuovendo come unica realtà quella del proprio punto di vista. La natura religiosa del White Cube trova la sua massima espressione negli effetti provocati dall’umanità di chi entra e ne accetta i presupposti. Il White cube era uno strumento di passaggio che tentava di abrogare il passato e al tempo stesso di controllare il futuro. Il significato ultimo del White cube sta nell’ambizione di cancellare la vita contraffatta e convertita a scopi sociali. O’Doherty è a favore della vita reale del mondo contro la sala operatoria asettica del White cube. Difendendo il tempo ed il cambiamento contro il mito dell’eternità e trascendenza della forma pura. La galleria ideale priva l’opera di tutti i riferimenti che si frappongono al suo essere “arte”. Il campo di forze percettive è così forte che, una volta fuori, l’arte può scadere in una dimensione terrena. Più lo spazio invecchia più il contesto diventa contenuto. E’ l’oggetto introdotto nella galleria ad inquadrare la galleria stessa e le sue leggi. Una galleria è costruita su basi rigorose: le finestre sono sigillate, i muri sono bianchi, il soffitto diventa fonte di luce, il pavimento è di legno. Qui l’arte è libera di vivere la sua vita ed ogni oggetto esterno diventa come sacro. In questo spazio le opere sono distanziate per essere studiate. L’arte esiste in una specie di eternità dell’esposizione: stato compatibile al limbo. Il nostro copro sembra un intrusione, mentre gli occhi, la mente e il pensiero sono ben accetti. Elemento rafforzato da un elemento della nostra cultura visiva, ovvero le foto delle gallerie senza il visitatore. La foto dell’allestimento è una metafora dello spazio espositivo. ‘800: i quadri più grandi si elevavano verso l’alto e spesso inclinati, le tele migliori occupavano la zona intermedia, quelle piccole in basso. L’allestimento è un mosaico di cornici. Giustificato dal fatto che ogni dipinto era considerato un’entità autonoma, separato dall’altro da una cornice e al suo interno grazie ad un sistema prospettico completo. L’occhio ottocentesco sapeva riconoscere le gerarchie di genere e l’autorità della cornice. Il quadro da cavalletto diventa una finestra e una volta sul muro lo attraversa in profondità. Separazione dei dipinti lungo la parete accentuata dalla fotografia, in essa la collocazione del margine è un operazione prioritaria, poiché compone e scompone quello che in quadra. L’impressionismo fece del margine un elemento tra ciò che sta dentro e ciò che sta fuori dal dipinto. Questo avrebbe cambiato il concetto stesso di quadro e in conseguenza di spazio espositivo. (Monet) Il cubismo manteneva la pittura da cavalletto, i lavori sono centripeti, si raccolgono al centro e si liberano ai lati. Seurat es. cosparge la cornice di puntini per far continuare l’occhio. Il cubismo ha mantenuto viva la pittura da cavalletto. Il modo di appendere un dipinto finisce molte indicazioni su ciò che viene esposto, ed è tutto inconsapevolmente influenzato dal gusto e dalla moda. Pavillon du Réalisme, personale di Courbet 1855, prima volta che un artista moderno si trova a dover ideare il contesto della sua opera. Alla prima mostra degli impressionisti del 1874 appesero le loro tele una vicino all’altra, come se fossero nuovamente in un Salon. Ancora legate alla cornice accademica. Nella retrospettiva di Monet, 1960, William C. Seitz toglie le cornici, dominavano le pareti. Collocò inoltre i quadri a filo della parete per dare una continuità con quest’ultima. Cosa si perde nel trasferimento del dipinto dal cavalletto alla parete? I margini, la superficie, l’essenza e il mordente della tela, la separazione della parete. L’espressionismo astratto ha seguito la strada dell’espansione laterale, si sono liberati della cornice e hanno considerato il margine come possibile punto di comunicazione con la parete. Agente e curatore: come esponevano questi le opere ha contributo, tra fine ’40 e ’50, alla definizione di una nuova pittura. Di quanto spazio ha bisogno un quadro per respirare?? La parete diventa sede di ideologie contrapposte. Divelta una potenza estetica e trasforma ogni cosa esposta. Stella: tele tagliate a forme diverse, la rottura del rettangolo conferma formalmente l’autonomia della parete. L’allestimento era rivoluzionario quanto i dipinti, poiché era parte integrante dell’estetica. 1911 Picasso incolla su un supporto quel pezzo di tela cerata si cui era riprodotta l’impagliatura di una sedia, definito come reperto A del collage. Dallo spazio del dipinto si entra nella dimensione laica, dello spazio dell’osservatore. I molteplici punti di fuga del dipinto cubista si riversano nella stanza con l’osservatore. Il collage inizia a definire l’intero spazio, la tela prima definiva al parete. Lo spettatore: è arrivato con l’arte moderna, è sensibile agli effetti, i rapporti si trasformano i nuovi vuoti vengono riempiti dai meta-commenti del pubblico. L’occhio: è un conoscente ipersensibile, ha problemi con il contenuto a volte è l’ultima cosa che vorrebbe vedere. L’occhio è l’unico abitante dell’asettica fotografica dell’allestimento, lo spettatore è assente. MERZBAU di Hannover, Kurt Schwitters: 1923, l’invasione dello spazio veniva privato. Il Merzbau nasce da uno studio: da spazio, da materiali, da un processo. Lo spazio si estende verso l’alto e verso il basso e lo stesso accade al tempo. Costruzione mutevole e polifonica, conteneva reliquiari con ricordi di amici. Può essere il primo esempio di galleria intesa come camera di trasformazione. Spazio privato definito dall’aura del suo autore. Nella galleria qualunque convenzione teatrale muore, la performance presentata in galleria segue convenzioni totalmente differenti rispetto a quella eseguita sul palcoscenico. L’indeterminatezza del contesto favorisce nuova convenzioni. I primi Happening, si tennero in spazi casuali, e non convenzionali, occupano un prudente spazio intermedio tra il teatro d’avanguardia e il collage. Concepivano lo spettatore come una sorta di collage. Allan KAPROW, environment dal titolo Words, gli spettatori erano invitati a scrivere parole su fogli da attaccare alle pareti. Il modernismo sottolinea il fatto che nel ‘900 l’identità è incentrata sulla percezione, mentre l’800 dai sistemi. L’arte concettuale elimina l’occhio a vantaggio della mente. Soffitti: nel 1938 Duchamp mise piede nel White Cube e allestì il soffitto: 1200 Coal Bags, Exposition internationale du Surrèalime. Il soffitto fino ad allora non era nemmeno un territorio. I soffitti erano il pavimento e il pavimento era il soffitto. Inoltre prima volta che un artista abbracciava la galleria in un solo gesto. Confusione tra dentro e fuori perfettamente in linea con il rovesciamento della galleria sul suo asse. Mettono a nudo l’effetto che il contesto aveva sull’arte, il contenitore sul contenuto.