Scarica L’arte del paesaggio riassunto completato e più Sintesi del corso in PDF di Filosofia solo su Docsity! L’arte del paesaggio Premessa: Questo libro è uno studio sul paesaggio una mediazione sulla natura dalla quale siamo tristemente separati. La ricerca mira a comprendere il significato e il valore del paesaggio come nozione che caratterizza delle riflessioni sul manifestarsi della natura. Il paesaggio, che appare ai giorni nostri sempre più legato all’ecologia, alle geografia viene analizzato nella sua valenza estetica mostrandone l’identità culturale e storica. Esso viene interpretato nell’evoluzione di una componente eterogenea e variabile il cui significato rimane identico in quanto radicato nel linguaggio della vita dell uomo. Si parla sempre più spesso di arte del paesaggio, ciò significa che il paesaggio viene concepito in relazione ad uno sguardo pittorico. In questo modo nasce anche una relazione tra uomo, natura storia e mito. Il paesaggio si distingue dal territorio, dallo spazio, dall’ambiente e si può scoprire che esso è un arte la cui costituzione vive attraverso i sensi, 1 immaginazione, la ragione e il lavoro. L’arte del paesaggio è un complesso di forme e dati percettivi che l’uomo organizza come prodotto della sua fatica e della sua fantasia. Cogliere l’arte del paesaggio può essere anche un cammino doloroso, non solo per il confronto con l’industrializzazione ma anche per la difficoltà a raggiungere l’essenza del mondo naturale che ci circonda. R.M Rilke afferma che si dovrebbe ripensare l’idea che il paesaggio non veniva considerato come una spazio specifico e separato perché tutto veniva da loro trasformato in paesaggio. Nelle antiche raffigurazioni greche possiamo notare come animali,, fiori, frutta, siepi animali formino tutto. Guardare al paesaggio, afferma Rilke come a qualcosa di lontano e di estraneo, di remoto affinché il paesaggio diventi mezzo per un’arte autonoma. Nell'arte del paesaggio troviamo una fusioni di spirito e materia, una relazione tra uomo e natura. Capitolo Come osserva Starobinski si pone il problema dell’emozione che deve conquistare sia i mezzi visivi sia quelli verbali. Il paesaggio viene colto nel momento in cui si giunge dentro di sé fino a scoprire l’ordine del visibile in una totale dissoluzione dell’io. Su questi passaggi, Genette ha affrontato la questione della relazione estetica. Ha analizzato il vario continuum esistente tra le forme della natura e le forme dell’arte e ha notato come la nozione di oggetto naturale sia il primo stato di un processo al quale l’arte o l’uomo possono sempre ritornare. Pensiero di Adorno: Seguendo il suo peniero troviamo alla base uno svelarsi dell’oggetto contemporaneamente ad un proiettarsi del soggetto. Il vero artista non imita la forma delle cose ma ne interpreta l'essenza. Già Platone notava che la realizzazione creativa di un oggetto è un modo per avvicinarsi esteticamente a ciò che appare. Ogni percezione è intenzionale e fondativa. Percepire è un modo di proiettarsi su una realtà sintetizzarla o introiettarla e rappresentarla attraverso lo spazio e il tempo. Dùrer, artista il cui genio si pone nella valorizzazione estetica del paesaggio, diceva che la vera arte si trova nella natura e che soltanto chi la sa trarre fuori la possiede veramente. LE immagini di una visione alta della natura si chiamano mistiche ed orfiche e conducono ad un’arte della vita terrestre. Il paesaggio, nel momento in cui esprime immensità delle forme sembra essere un enigma. Come ha rilevato Carchia ci troviamo di fronte ad un doppio movimento dello spirito solo inizialmente contraddittorio. Da un lato l’avvertimento di una lontananza, dall’altra il sentimento non umano viene accostato alla nostra essenza. Nella seconda metà del 700 il sentimento della natura promosso da rousseau emerge in contrapposizione allo spirito logico matematico del 17-18 secolo. Il sape venere unisce l'ambito estetico, gnoseologico, morale. Il saper vedere penetra la struttura e la bellezza della natura guori dalle idee generali dei philophes. Secondo Roussou era necessario capire l’importanza della vista, dello sguardo come strumento essenziale di un pensiero e di una filosofia della natura. Per i Greci la natura domina su tutto. Essi credevano nel suo miracolo, nella sua magia. Vivevano in un mondo simbolico. Per i greci era un guardare dall’alto verso il basso, in senso orizzontale capace di abbracciare sia il particolare che l’infinito, in questo senso c’è un chiaro riferimento al teatro in relazione allo sguardo e al saper osservare. Interprete degli antichi, Leopardi trasferisce la sua letteratura nella meditazione sull’infinito. Lo sguardo diventa il modo per esprimere l’essenza del mondo. ‘’L’occhio sente la bellezza della natura”. Ne medioevo la bellezza veniva intesa come ordine ed armonia, verso la fine del secolo la bellezza naturale poteva ancora essere considerata parte integrante di uno dimostrazione divina a partire dall’ordine e dalla perfezione del creato. Nella critica del giudizio di Kant la bellezza sia naturale che artistica non è una proprietà oggettiva essa è un rifleso dello stato d'animo del soggetto. Il particolare la bellezza della natura unisce aspetti etici ed estetici. Il vantaggio che la bellezza naturale ha sulla bellezza artistica consiste nel destare essa solo un interesse immediato. La natura viene letta da Kant secondo i sentimenti del bello e del sublime. La bellezza naturale comprende una finalità, quindi l'oggetto sembra predisposto per il nostro giudizio ponendosi come oggetto di soddisfazione, il sentimento del sublime è un contrasto tra ragione e immaginazione ed è inadeguato alla nostra rappresentazione. Nell’estetica successiva a Kant, la bellezza naturale viene relazionata ad un ruolo secondario. Prima emerge la bellezza prodotta dall’arte. Schelling nella filosofia dell’arte sostiene che l’arte rivela i moelli ideali. Mentre in ‘’le arti figurative e l natura” afferma che con Correggio, Raffaello, Reni l’opera d’arte sviluppa una pienezza interiore. Nella filosofia di Shelling troviamo il tema della trasfigurazione della natura nella grazia, questa giunge dentro la nostra anima, eliminando il dolore. La bellezza dell’anima è unita alla grazia sensibile ed in questo modo si ha la divinizzazione della natura e questa è la prima fase dell’arte. Con Schelling si riflette sull’identità primordiale, sul rapporto tra uomo e natura cominciando dalla nostra percezione. Dunque l’uomo è il divenire cosciente delle cose. Inoltre nel pensiero di schelling è importante tenere in considerazione il ruolo della luce in quanto essa penetra nel nostro sguardo e ci permette di visualizzare il mondo circostante. Dunque la luce non conosce il mondo ma io vedo il mondo grazie alla luce. Merleu Ponty inaugura una nuova filosofia della natura. Nel suo pensiero la percezione ci consente di tornare ad uno stato di indivisione con la natura, quindi un’idea che vede la relazione tra uomo e natura. Vede nella natural un’apertura dotata di senso. Essa è un’esperienza di identità capace di mstrare l’intimità dell’esistenza e dello stare dell’uomo. Diceva Leopardi che il sentimento che si prova di fronte la vista di una campagna o di un’altra cosa ispiri idee e pensieri vaghi. Adrono sosteneva che potremmo definire una passeggiata attraverso punti panoramici in modo da interpretare ciò che vediamo come un’articolazione di immagine, metafore e pensieri. La natura appare ai nostri occhi come uno spettacolo che richiede partecipazione. Anche all’interno della pittura possiamo osservare il modo in cui viene rappresentata la natura. Ad esempio nella pittura di Corot si ha una concilazione felice a differenza di Van Gogh. A differenza di Kant il pensiero di Tieck si basa sull’idea che Dio non parla con noi ma che si dimostra attraverso a natura, a quest'idea dovrebbe corrispondere un’arte capace di afferrarla e tradurla nelle proprie allegorie. La natura diventa un rifugio, luomo torna in se stesso attraverso la lingue delle pietre, degli alberi. Anche Schlegel. Si sofferma su questo e invita il pittore a produrre delle opere basandosi su simboli autentici con allusione a segreti divini. Van Gogh diceva che vedeva che la natura gli parlava. La visione della natura offerta dai romantici ci porta a dire che la natura è il calco dell’anima. La formula natura naturans e naturata apre le porte ad una nuova filosofia sulla natural. L'arte imitando la natura agisce in quanto naturante attraverso il genio della natura che si infonde nell’uomo. Quando invece parliamo del naturato, parliamo di ciò che si trova nella nostra coscienza. Nella prospettiva di Dufrenne spetta all’uomo vivere la natura come mondo, in questo senso l’uomo è natura. Dunque la natura può essere intesa come l’insieme degli oggetti da imitare o rappresentare nel segno della realtà empirica. La natura può essere pensata anche come sistema di verità necessarie. Infine l’idea più comprensiva del 700 è che la natura come ciò che è universale nel pensiero, nel sentimento e allostesso tempo come ciò che è familiare a ciascun individuo. Il 700 è il secolo in cui si aprono varie tendenze. La nozione di natura di divide in fenomeni imponderabili. In questo periodo crolla l’idea della natura come divinità e ci troviamo di fronte ad una visione di natura esuberante. La natura come spiega Ferriolo lettore ed interprete di Simmel, è 400 e 500 la ricerca della pittura conviveva con la ricerca dell’alchimia. Il paesaggio non appare autonomo e non giunge ad una chiara rispondenza sentimentale. Ad esempio la rappresentazione del tasso assume una forma autonoma solo nel 600. Ci sono anche teorie che giudicano i paesaggi come accessori della pittura. Come il Milizia 1797 che divideva i paesaggi in rappresentazioni degli aspetti della campagna come realmente sono, in siti reali abbelliti con il concetto dell’imitazione. In generale nel corso degli anni si è provato a relazionare il paesaggio con il paesaggismo in relazione allo sviluppo della pittura. Parallelamente all’evoluzione della pittura di paesaggio troviamo il ruolo e la funzione dei giardini. Esso è parte integrante del paesaggio. Negli ultimi anni campagna e città si assemblano in uno spazio mistico in questo modo c’è una perdita di anima. Quando una città o un territorio perdono i propri riferimenti storici culturali rischiamo il disordine più terribile. La campagna, la città una volta perduta la storia e la cultura sono destinati a cadere nell’oscurità. Il giardino è contemplazione, rinvia ad un luogo di quiete. Esso ha il suo archetipo nell’eden, discendenza che ci fa capire la sua importanza simbolica riinviando all’unione tra mito e poesia. Entrare in un giardino ispira bellezza e meraviglia per quello che l’uomo ha saputo trarre dalla natura. Con esso si ha anche una relazione tra naturale e artificiale, in relazione alla civiltà e alla cultura. Kant aveva definito il giardino una varietà della pittura, libero gioco dell immaginazione, esso è abbellimento. Per altri filosofi come Schlegel il giardino non può essere considerato un’arte a se. Mentre Hegel lo giudica un’arte imperfetta e ibrida. A partire dall’800 il giardino perde importanza e viene relegato tra le arti minori. Secondo l'insegnamento di Assunto il giardino è paesaggio ideale. Anche la città è paesaggio, da essa possiamo uscire nella natura in uno scambio tra la città e la campagna ma possiamo anche entrare nella città per vivere dentro la contemplazione. Il nostro sguardo e il nostro corpo praticano una contemplazione tra l’interno e l’esterno. Le città antiche medievali rinascimentali, barocche ci danno il conforto di una realtà umana e utopica delle forme urbane in cui possiamo calarci. Abitare esteticamente una città vuol dire comprendere le caratteristiche visibili e strutturali delle case, degli edifici collettivi. Possiamo considerare la città un testo fatto di pietre, una trama di simboli e significati. Come ci ha spiegato Le Goff, l'immaginario urbano contiene il meraviglioso, se pensiamo alle città del medioevo e del rinascimento. L’immaginario è un insieme di rappresentazioni, di idee, di immagini attraverso le quali una società urbana esegue per se stessa un autoritratto. CAPITOLO 3 Il viaggio sentimentale Si può affermare che i viaggiatori siano tutti sentimentali compreso Gothe che nonostante si muova contro il sentimentalismo. La carica sentimentale era una qualità tipica del viaggiatore era una qualità corrispondente alla figura del commosieur che del dilettante. Quest'ultimo spingeva alla libertà, all’arbitrio con danni e vantaggi. Il dilettante viveva a metà tra la creatività e 1 sconfortante miseria umana. La figura del dilettante entra nelle poetiche dei romantici con posizioni favorevoli e non. La letteratura del Grand Tour si compone di una descrizione di dati e osservazioni riferibili ad un manuale turistico ante litteram e di una proiezione psicologica di stati d'animo e riflessioni mosse dalle seduzioni dei luoghi incontrati. I diari di viaggio della prima metà del 700 mostrano un'estetica illuminista che prevede ordine e selezione nella mente del viaggiatore. Sarà proprio Laurence Sterne a inaugurare la moda del viaggiatore sentimentale con il suo viaggio sentimentale attraverso italia e Francia.Qui vengono esaltati la sensibilità del narratore e l’aspetto soggettivo. Secondo Brilli, il viaggiatore sentimentale partecipa al fluire degli eventi accidentali, così si modifica l’idea illuminista e si viaggia nella natura umana. Il sentimento del paesaggio è in generale l’espressione degli affetti secondo un principio di commozione e partecipazione. Attraverso l’atto del contemplare. Il viaggiatore non sfugge al fascino dei luoghi ma è Roma che attira tutti. De Seta ci spiega che la figura del viaggiatore come colui interessato alla morfologia dei luoghi. In relazione al discorso sul paesaggio questo non può essere separato dall’archeologia basti pensare alle zone monumentali sparse per la campagna, potremmo citare uno dei luoghi che maggiormente riassume il significato della scoperta del paesaggio attraverso il viaggio. Mario Prazricorda che questa scoperta si ha nel 600, questo luogo Valle del Pussino è simbolico ed esemplare, Praz dice che ci vogliono secoli prima che i pittori scoprissero che il paesaggio non è un’aggiunta alla figura umana ma al contrario, la figura umana sarà un’emancipazione del paese. Questa è la rivoluzione dell’arte visiva nata dalla pittura della prima metà del 600. Il paesaggio veniva sentito come se fosse popolato da presenze divine. Nella prima decade del 600 Adam Elsheimer con ‘’aurora’’ mirò a qualcosa riferito alla luce cristallina di Roma, al cielo vuoto di allegorie. Poussin ci aiuta ad ammirare la terra, attua la sublimazione della campagna in toni più idilliaci. Nell'ultimo secolo la distruzione ci ha portati a spostarci per ritrovare la pace o il miracolo del luogo primario. Chi passeggia solitario contempla ciò che vede Rousseau nella ‘’settima passeggiata” scrive che un contemplatore ha l’anima più sensibile quanto più si abbandona all’estasi e all’armonia che si trova in lui. Così il viandante si perde alla vista del paesaggio mentre lo ricerca. William Gilpn nelle sue note sul viaggio dice che la scoperta della antura muove da descrizioni che mutano con lo spostamento dell’osservatore. La visione cambia indipendentemente dall’uomo, in questo modo lo sguardo del viaggiatore sia relazionato con gli eventi atmosferici e in rapporto con indicazioni di forme colori ecc. L'occhio dell’osservatore pittoresco diverge dall’area degli opifici come dall’ordine delle coltivazioni, l’occhio di questi osservatori favorisce scene naturali contro quelle artificiali. Il viandante predilige la relazione tra occhio fisico, immagine mentale con adattamento al paesaggio , il viandante ha un gusto pittoresco. Osservare la natura vuol dire, nella visione di un primo turismo aristocratico, anche immaginarla: renderla per immagini attraverso disegni o immaginarla con la mente. Come ha sostenuto De Seta analizzando le figure del vedutista e del viaggiatore, del ritrattista come dell’osservatore di paesaggi. L'esperienza dei viaggiatori può essere letta come tratto fondante di una storia della coscienza europea in cui modalità letterarie si mescolano a a quelle iconografiche. Tra la seconda metà del 500 e l’inizio del 600 la pratica del viaggio diventa un istituzione per la formazione della classe dirigente inglese, poi ad essi si affiancano francesi, fiamminghi. Nascono i turisti e nasce nello stesso tempo un sentimento comune che prende forma nonostante i contrasti religiosi. Ogni viaggiatore sente il sui viaggio come l’evocazione di un mito che si mescola alle memorie del passato. Si éparlato dei vedutisti ma non bisogna dimenticare i visionari, questi permettono di visualizzare il paesaggio con una descrizione romantica. De Seta ci dice che esiste una corrispondenza tra immagine verbale e visiva. Il viaggiatore pittoresco diventa viaggiatore romantico. Bernando di Chiaravalle ci spinge a capire che possiamo comprendere molto di più con la natura piuttosto che con i libri, in questo modo ci porta a contemplare la natura. La natura copre d’eleganza le proprie forme per il fascino degli occhi e lo stupore dell’immaginazione. Il piacere dell’osservazione estatica di cui parla Roussou si fonda sulla sorpresa di uno sguardo mobile, sulle qualità del vedere nei dettagli. Si comprende da qui l’impulso a fuggire dalla città e dai luoghi caotici. La nascita di una moderna estetica del paesaggio si sviluppa da certi motivi del landscape gardening e dalla teoria del gusto pittoresto. Nell'ambito della visione troviamo il punto di vista come fondamento per cogliere la bellezza varia della natura. In Europa in questi ultimi decenni campagna citta si sono assemblate in uno spazio misto. LE antiche bellezze non erano solo espressione dell arte e della filosofia. Perdere la memoria dei luoghi vuol dire perdere memoria della bellezza. Il punto di vista è uno strumento di qualificazione dell oggetto, strumento del contemplare e del teorizzare , questo esclude,sceglie allontana. L'immagine di vallate, monti, boschi appronta una comprensione percettiva globale e particolare del territorio secondi piani di visione che mutano. Pasolini, il cui occhio è allenato a vedere la realtà secondo la cinematografia ci dice che nell’immagine della città moderna c’è un senso di dolore, di offesa, di rabbia che nasce dal turbamento della forma. E dice che questo orrore dipende anche dalla caduta della civiltà e della sensibilità. Negli ultimi 3 secoli vengono messe a punto e sviluppate delle tecniche di osservazione, i nostri occhi sono educati dalla pittura, dal paesaggio e ci portano ad osservare il paesaggio come oggetto estetico. La veduta è un termine riferito alla raffigurazione di un luogo tramite l’intelaiatura prospettica che costituisce lo strumento attraverso il quale la realtà viene compressa e trasferita in modo razionale nella rappresentazione. La veduta resta fondata come specchio mentale di una realtà esterna conoscibile e percepita secondo la necessità delle leggi razionali. Il vedutismo è legato al 700 la pittura di paesaggio è legato a temi universali in rapporto ad una natura più o meno aspra. Questi concetti ci portano a definire il paesaggio. Nel giardino paesaggistico del 700 non assistiamo all’affermarsi di una dimensione estetica della veduta. Ma la veduta può essere intesa anche in senso architettonico nel significato del ‘’belvedere’’. In questo modo si ha una piacevole visuale da un luogo elevato, un edificio o una terrazza. Nel turismo pittoresco e nel giardino paesaggistico inglese troviamo un paradosso, da un lato viene celebrata la natura non toccata dall’uomo, dall’altro si vuole abbellire l’aspetto di paesaggi selvaggi. L’idealizzazione della scena pastorale ispira pace calma innocenza unendo sentimenti nostalgici e utopici. In questo contesto poesia e pittura si riecheggiano. La scoperta estetica della natura si allontanerà dagli schemi di rivisitazione classica. Il panorama è la messa a punto di un immagine sintetica della città che si diffonde alla fine del 700, si tratta di una tecnica di rappresentazione di grande effetto, come se l'osservatore fosse posto su una pedana e accanto a lui scorrono immagini e scene in questo modo si da l’impressione della realtà. Il diorama fu inventato da Daguerre ed è composto da vari teloni trasparenti dipinti , tesi e disposti a diverse distanze, queste danno allo spettatore l’illusione di paesaggio individuale. La meraviglia dell’illusione ottica si scontra o si integra, a seconda dei casi, con la meraviglia della percezione estetica della natura. Nel corso della storia la bellezza è stata descritta anche da esploratori e pellegrini, da un lato in modo scientifico dall’altro religioso. Il pellegrinaggio consiste nel recarsi ad un santuario o in un luogo sacro per compiervi atti rituali, un modo per osservare paesi, ambienti. Le maggiori testimonianze sono legate alla fede se si escludono quei casi in cui si costruisce un risultato dell’arte letterario o dell’arte pittorica. Qui il pellegrinaggio ha una funzione metaforica. Ai giorni nostri, il pellegrinaggio cambia un po' e possiamo visualizzarlo nella Via Lattea di Bunuel in cui si ha una visione surrealista, ironica. Nel nostro secolo dobbiamo basarci maggiormente su un’idea scientifica che ci porti a far emergere il lato estetico. Gli esploratori geografici hanno dato un contributo alla descrizione scientifica e estetica del paesaggio ad esempio Xu Xiake che introduce importanti notazioni sulla bellezza dei luoghi. Le sue descrizioni della montagna sono una curiosità intellettuale, una relazione tra dati ed emozioni queste producono una nuova forma d’arte. CAPITOLO 4 L’ARTE DEL PAESAGGIO A partire dalla Grecia antica si dava una maggiore contemplazione della natura, Il paesaggio si separa dalla teoria del cosmo, la natura viene percepita attraverso di esso. Nel 700 dopo un processo di trasformazione del gusto assistiamo alle riflessioni sul sublime e sulla grazia. Come ci ha insegnato Cassier nel suo saggio sull’uomo la bellezza dev'essere definita in termini di un’attività dello spirito riferendosi ad un orientamento speciale della funzione del percepire, è una delle condizioni per l’intuizione di un metodo oggettivo. L’occhio artistico è un occhio costruttivo che può innalzare la bellezza delle cose. Sin dalle origini della nostra civiltà il paesaggio è collegato alle immagini create dalla pittura, alle teorie della filosofia. La vista di un bel paesaggio ci affascina da sempre, ma è il giudizio su di esso che cambia, insieme al linguaggio usato per descriverlo. Ogni riflessione estetica sul paesaggio mostra una relazione tra la realtà dei luoghi e le determinazioni offere dalle categorie estetiche che si configurano con la teoria del paesaggio stesso. Siamo tutti coinvolti in ciò che appare di fronte a noi. L'illusione quando si mostra nasce dall’eccesso. La visione è ricca di cose belle e brutte ma anche di cose straordinarie. Un’esaltazione spira il nostro stato d’animo. E’ la meraviglia il rapimento emotivo degli uomini. Pseudo Longino avvertiva che le cose utili e necessarie sono sempre accessibili agli uomini mentre le cose straordinarie ne accendono la meraviglia. Basti pensare alla descrizione che Omero fa dell’isola di Ogigia, qui unisce la natura naturans e natura naturata. L'immagine di bellezza nasce dalla sorpresa. La realtà paesaggistica mostrata viene ripresa da Ovidio il quale userà la parola ingenium per descrivere la valle Gargafia ricca di pini e cipressi. Qui nulla è creazione dell’arte, anzi si vuole dire che la natura CAPITOLO 5 LA CONTEMPLAZIONE DEL PAESAGGIO Contemplare è diverso dal fare arte, nella mia mente posso produrre immagini del paesaggio secondo ai modelli offerti dalla civiltà. L’arte del paesaggio è già fatta anche se in trasformazione. Il paesaggio si presenta come un oggetto estetica, la piena valorizzazione estetica del paesaggio scaturisce da un’esibizione intenzionale dell’oggetto naturale vagheggiato come luogo ideale del fare o dell’immaginare. I luoghi vivono nelle nostre rappresetazioni attraverso il piacere della contemplazione. Goethe nella teoria dei colori diceva che il semplice guardare una cosa non ci permette di progredire. LA contemplazione appartiene ad un modo sensibile di teorizzare. Simmel riconescerà che il paesaggio è natura che si rivela esteticamente il forma spirituale. Il sentimento del paesaggio è spesso legato alla pittura, il pittoresco e il sublime sono stati nel 700 le categorie più perfette per descriverlo. Ogni riflessione estetica sul paesaggio nasconde un rapporto tra realtà del luoghi e le determinazioni offerte dalle categorie estetiche le quali si configurano come teoria del paesaggio di cui i paesaggi reali sono espressioni pratiche della teoria. L'idea di paesaggio trova la sua esposizione nell’arte e prima ancora nel nostro animo. Si spalanca una visione della natura fondata sulla bellezza a seconda delle diverse poetiche. Il paesaggio può essere considerato oggetto estetico e può favorire anche una critica, come se fosse un opera prodotta dall’arte. La natura modela delle forme nella mente e nella fantasia umana e tra gli oggetti della natura si crea una specie di coreografia della conoscenza sensibile. Gli interventi sul territorio possono rivelare strategie estetiche hanno radici settecentesche. Assunto sostiene la legittimità di una vera e propria critica del paesaggio in quanto paesaggi naturali possono essere inclusi nel novero delle cose belle. I paesaggi, in realtà in quanto cose belle in senso materiale sono produzione umana alla stessa stregua dei quadri, delle statue. E’ necessario comprendere l’analogia tra opera d’arte e paesaggio, quest’ultimo è prodotto dell’uomo, anche se può essere indipendente dal processo operativo in senso stretto. Siamo portati a pensare che i concetti di pittoresco, grazia e sublime appartengano alla strategie del vedere, sentire che appaiono molto tempo prima nella nostra civiltà. Si rivela già in epoca antica un gusto per la bellezza del paesaggio nel segno della diversità dell’oggetto e contemporaneamente dell’impressione soggettiva del soggetto. Lo attestano le decorazioni a Roma del triclinio estivo della Villa Livia a Prima Porta. La maniera del pittore risulta da un modello di osservazione e contemplazione che vive di un precetto allora in voga: la concordia discors, e noi dietro questo precetto siano indotti a ritrovare una cura del mondo che appartiene al nostro attuale. La comparazione ci consente un’ulteriore e finale riflessione: nel contemplare il cambiamento della vita cosmica e umana, gli antichi e i moderni sembrano condividere uno stesso destino estetico. Per i Greci natura e paesaggio sono rappresentati e vissuti nella totalità del cosmo che può essere descritto secondo una gamma di sensazioni capaci di rivelare lo spirito del luogo. Goethe ci ha descritto la natura come un abbraccio avvolgente, descrizione che ci ricorda la leggerezza e la passione della grazia. Genius Loci è nella cultura moderna e contemporanea un’idea secondo la quale la natura infonde nell’artista il proprio ingenium ed è anche nella teoria della natura che imita l’arte con il suo ingegno. Presso i greci, la hyle veniva vista con meraviglia, è attraverso l’osservazione che l’uomo conosce. Lamore per la natura è un entusiasmo positivo, una passione per l’arte creata dalle foreste, dalla campagna, dell’acqua, dal cielo. Nella natura è lo spirito a formare la bellezza. La natura per Shaftesbury è bella quando ha l’apparenza dell’arte e l’arte, a sua volta verrà definita bella quando la osserviamo come natura. Il nodo del dibattere si trova nel fatto che l’uomo riconosce alla natura lo statuto dell’arte, la quale appare frutto dell’ingegno del luogo. I luoghi sacri furono un sistema di significativi punti geografici per l’iniziale vita umana. Ci sono vari modelli e ideali di giardino e paesaggio nella storia del gusto: varietà di giardini e varietà di paesaggi, differenziati secondo poetiche offerte dall’invenzione degli artefici o messe in luce dalle capacità ricettiva dei fruitori-contemplatori, i giardini e i paesaggi celebrano riti sinestetici in cui sono coinvolti tutti e 5 i sensi. Un esempio illuminante ci viene da Praz che ci ricorda l’ Adone del Marino e il Giardino del piacere connesso al Palazzo D'amore dove non esistono disagio e miseria. In questo giardino Venere abita con Cupido, qui tutti e 5 i sensi sono coinvolti e le logge sono decorate con scene d’amore. Il tema del paesaggio coinvolge descrizioni e figurazioni. Nel 700 da un lato si è offerto il tema della stagioni e dall’altro si è avviata la fortuna del genere pittorico. Lo specchiarsi delle forme naturali nelle forme dell’arte e viceversa nasce quando il paesaggio spontaneo si presenta ai nostri occhi riuscendo ad enunciare nella sua forma una vera poetica della quale l’arte dell’uomo si appropria. La forma riguarda l'apparenza di una cosa in particolare: contorni, parti rilevate, struttura. Le forme naturali sono le forme in mutazione, sia complessi rocciosi che piante. Il luogo non è fatto di astratte situazioni geografiche ma di un insieme di cose tra forma, testura, colore. La forma è una totalità composta da parti legate da leggi intrinseche che tengono insieme il tutto. I materiali sono l’insieme delle materie: roccia, terra, sabbia. Tutto questo compone l’organizzazione e l’articolazione dell’arte del paesaggio. Il paesaggio porta alla luce una materia sensibile che riconduce a se stessa come presenza e come essenza delle cose allo stesso tempo. Un’estetica del paesaggio non scaturisce da un sentimento legato al consumismo della bellezza instaurato dai media dai media. Dietro la scoperta del problema tra etica ed estetica della natura vi è un processo di rovesciamento: la promozione dell’antichità come futuro, l’uomo può inseguire il sogno di diventare lui stesso artista in quanto contemplatore attivo, interprete dello scambio tra la bellezza dell’arte e della natura. Nella concezione estetica di Schopenhauer mette la sensibilità per la natura sullo stesso piano della sensibilità musicale. In uno dei suoi testi: Mondo come volontà e rappresentazione si discuteva del sublime e della varietà della natura nella rappresentazione della nostra mente, in questo passo noi siamo un tutt'uno con il mondo. Schophenhauer considera gli elementi della natura come elementi capaci di far nascere in noi delle emozioni rilegate al sublime. L'effetto catartico e il principio di annullamento sono validi nel mirare alla vera qualità del sentimento e della contemplazione. Egli fa notare come il pensiero cerchi di seguire il metodo della natura dopo che da esso ha ricevuto il giusto slancio. Si tratta di un'osservazione che ci riporta alla relazione o allo scambio tra forme della natura e rappresentazioni della mente umana, fondamento di un’estetica del paesaggio. In questo caso troviamo la natura paragonata alla musica. Per Shopenahauer la musica, nelle arti tiene il posto più alto perché sta sullo stesso piano delle idee. La visione della natura come catartico dello spirito deriva dal fatto che schophenahuer descrive l’esperienza del mondo delle idee che è allo stesso tempo esperienza estetica e artistica, questo ruota attorno al rapporto di contemplazione. Il riferimento alla musica pone in primo piano scansioni e ritmi, forme somiglianti e dissimili, modi alternati di comporre e scolpire il tempo attraverso cui la morfologia del territorio rivela meraviglie paesistiche. La grazia ed il bello ideale mostrano la meraviglia della hyle. E’ lo stupore che incontriamo nelle opere di Poussin e Lorrain. Per descrivere questo possiamo usare anche un’altra parola: ‘’ Arcadia”, ossia emanazione del paesaggio spirituale. Divenuta in epoca moderna un mio letterario e artistico, è il paese dell’amore, della poesia. Così nasce l’immagine di Arcadia, quieta. Nell'opera di Virgilio i pastori appaiono uomini raffinati che si distinguono per garbo e delicatezza, è un’ Arcadia immaginaria in cui si esalta la vita campestre abbellita da un buon gusto. Vi osno immagini oniriche e dell’abbandono amoroso. I dipinti dei primi decenni del 600 di Guercino e di Poussin hanno conquistato le menti di artisti ed intellettuali. Per tutto il 700 risuona il motto ‘’Et in Arcadia Ego” che si ritrova in Goethe. Anche la poesia arcadica aveva coinvolto la cultura italiana. Si potrebbe sostenere, come ha detto Panofsky che esistono 2 arcadie una dolce e mite, l’altra aspra oscura. La prima è soggetta al ritiro bucolico, alla quiete all’amore, la seconda alla paura al primitivo, alla morte. Nel 700 ingese questo ideale estetico ha un grande successo. I giardini e i paesaggi di gusto pittoresco risentono di questo clima culturale. Ritorna l’esibizionismo dei tempi e dell'anima come un’ ossessione CAPITOLO 6 MORFOLOGIA DELLE BELLEZZE NATURALI L’acqua, scientificamente è un liquido trasparente e insapore. L'esperienza creativa dell’arte dimostra che l’acqua ha una propria bellezza, fatta di luci colori sapori, suoni e profumi. Nell’orientamento del cosmo e nel suo valore simbolico l’acqua viene associata all’inverno, alla linfa vitale, alla combinazione di umido e freddo, al colore bianco. L’acuga ora vapore, fiume, lago, pioggia, cristallina, sporca. Offre gioia e turbamento dell’animo. Accanto e insieme alla presentatività morfologica ritorna sempre la simbologia che l’acqua sia benedetta. Esiste un culto dell’acqua di quella che affiora dalle profondità o dalla roccia e agisce come dono delle divinità. L’acuqa è sorgente di vita nei diversi miti di creazione ma anche principio di perdita, annullamento. Edè così anche per la terra ed il cielo. Tra 5 e 600 si era diffusa una vera e propria ossessione dell’acqua una ricerca spasmodica nell’allestire i suoi spettacoli, considerati non soltanto ricami e ornamenti dei giardini. Come ha osservato G.Bachelard in L’eau et les reves il destino umano trae la sua immagine del destino delle acqua quando vuole esprimere la profondità o l’infinità. La cascata ha sempre affascinato. Per Starobinski l’immagine pittoresca dell’acqua che precipita tra le rocce mostra un valore emblematico che s’apparenta con il tema delle rovine. Il diluvio era interpretato come una frattura spazio-temporale e allo stesso tempo come itinerario di salvezza dell'umanità. LE acque del diluvio, che siano apparenti al gusto arcaico del mosaico dell’atrio di San Marco a Venezioa, l'affresco di paolo Uccello, il quadro di leonardo, tutte queste restituiscono il dramma di una teologia dell’acqua. Si consacra la terra e si consacra l’acqua. Il cielo invece è un dono, una grazia che non ha bisogno dell’intervento umano. Nel suo concetto si uniscono meteoroloa, astronomia, astrologia e vi scopriamo teorie teologiche relative all’origine del cosmo. Nel simbolismo della Cina antica il cielo rappresenta l’energia mossa dal destino che dirige tutte le cose terrene: è un'immagine cosmologica dove il cielo non si mostra come simbolo dell’aldilà. L’aria è composta da umidità e calore, in essa ci abbandoniamo. Il principio da cui partire per descrivere il cielo è, come potrebbe dire Ruskin l’osservazione del dato nello spirito della contemplazione. Si potrebbe dire comunemente che il cielo, nell’arte del cosmo è sublime per eccellenza. Ruskin dichiara che il sublime è l’effetto ottenuto sulla mente da tutto ciò che la sovrasta. La bellezza dei fenomeni naturali non si ferma alla reazione psicofisiologica. La paura della morte attorno cui ruota la tesi di Burke non è secondo Rusckin un sentimento, ma un brivido istintivo. Il sentimento veramente grande è la contemplazione. In una complessa morfologia delle bellezze naturali compare anche la verità dell’acqua. Essa è la fonte di tutta la bellezza mutevole che vediamo nelle nuvole ed ha la grazia o il dramma di diverse forme. Dunque è impossibile una rappresentazione fedele dei dati del cosmo, quindi bisogna riuscire a guardare lontano, in profondità a partire dal fatto che non esiste una pozzanghera o uno stagno a lato della via dentro il quale non si possa trovare un paesaggio altrettanto complesso di quel che si distende intorno a noi. La verità del cielo, dell’acqua, della terra, della vegetazione sono riassunte in un ideale naturalista fondato sul principio dell’immaginazione associativa della relazione sentimento-leggi del cosmo. E’ un ideale che si occupa delle cose per quello che sono ma che allo stesso tempo pensa l’arte come un prodotto dell’immaginazione. La contemplazione è legata all’idealità dell’arte; compito del pittore ricercare la forma ideale, attingere ad una precisa conoscenza delle peculiari virtù e caratteri degli esseri. Tutte le verità riguardanti gli elementi, il colore, la luce vanno tra loro collegate e i sensi devono essere educati a coglierli. Riferendosi a Locke, Ruskin dice che non vi è percezione se le alterazioni corporee non raggiungono la mente, ovvero se non si prende coscienza delle impressioni esterne. Chi contempla non vedrà i colori di un albero o del cielo come un pittore, ma in lui fantasia, percezione sentimento e immaginazione s’incontreranno in un perfetto equilibrio. La terra per trasposizione simbolica e architettonica è il tempio degli uomini, essa è percepita e pensata nel disegno della realtà cosmica, natura dell’origine e paesaggio, è manifestazione di serenità e gioia ma in essa piò celarsi l’angoscia come ha descritto O.Spengler in Il tramonto dell’occidente. In alcune pagine egli ritrae l'inquietudine dell uomo di fronte all’esistenza cieca, trasognata della terra che sparisce nell’oscurità della notte. Gioia o tormento, la terra è madre del destino umano e anche dei disastri. Il paesaggio può essere letto come la sequenza di un linguaggio spontaneo, un insieme retorico di immagini, simboli, percorsi. La nostra vita incontra quella della natura. Nella descrizione