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L. Pirandello, I vecchi e i giovani (edizione 1913) - Riassunto, Sintesi del corso di Letteratura Italiana

Riassunto integrale, suddiviso per capitoli e rispettivi paragrafi, del romanzo 'I vecchi e i giovani' di Luigi Pirandello (ed. 1913, pubblicata da Mondadori nel 2018). Si tratta esclusivamente di un riassunto, che non contiene alcun intervento critico, utile qualora non si abbia il tempo di leggere il romanzo per intero o anche per un semplice ripasso della trama.

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

In vendita dal 23/12/2019

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4.6

(59)

22 documenti

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Scarica L. Pirandello, I vecchi e i giovani (edizione 1913) - Riassunto e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! RIASSUNTO I VECCHI E I GIOVANI ed. 1913 Luigi Pirandello PARTE PRIMA CAPITOLO I 1. Parla bene, Monsignore… Attraverso l’immagine ironica e antistorica del “capitano” Sciaralla, vengono introdotti alcuni dei nuclei centrali del romanzo: a) Il Principe Ippolito Laurentano, un borbonico nostalgico, che gode del sostegno della Chiesa, rappresentata da Monsignor Montoro, vescovo di Girgenti. Don Ippolito dal 1860 si è autoesiliato all’interno del suo feudo a Colimbetra, dove vive sotto la protezione di una guardia di 25 uomini, guidati da Sciaralla, che indossano la vecchia divisa borbonica (pantaloni rossi e giacca turchese), motivo di scherno presso gli abitanti di Girgenti; b) il movimento dei Fasci siciliani, che vede protagonisti i minatori delle zolfare, i contadini e gli operai delle città maggiori dell’isola, insofferenti a causa delle vessazioni da parte del Governo, quel governo che proprio loro avevano aiutato a costituirsi non molti anni prima. 2. Coraggio, Titina! Sciaralla ha ricevuto da Lisi Préola, segretario di Don Ippolito, di consegnare con una certa urgenza una lettera a Don Cosmo Laurentano, fratello del Principe di Colimbetra. Così come il fratello, anche Don Cosmo vive segregato in un feudo familiare, a Valsanìa; a fargli compagnia sta un certo Mauro Mortara, ex garibaldino, fervido, nostalgico, sostenitore di Don Gerlando Laurentano, patriota, padre di Cosmo e Ippolito. Grazie a un excursus di Sciaralla, viene messo in luce qualche tassello sul passato della famiglia Laurentano. Dopo un trascorso borbonico in cui aveva rivestito ruoli di rilievo come Gentiluomo di Camera e Chiave d’oro, in seguito a uno scandalo di corte a Napoli, Gerlando Laurentano si era ritirato a Valsanìa, dove iniziò a elaborare la propria vendetta ai danni dei Borbone tramando di nascosto insieme ad alcuni capi del comitato rivoluzionario di Girgenti. Come conseguenza dei moti rivoluzionari del 1848, quando i Borbone riuscirono a riottenere, seppur brevemente, il controllo dell’Isola, Don Gerlando venne esiliato a Malta, dove venne seguito dal Mortara. Ma non tutti i figli avevano seguito il suo orientamento politico: a) Ippolito rimase fedele ai Borbone; b) Cosmo pare non si sia mai schierato; c) Caterina, abbracciò le idee politiche del padre, ma da lui si staccò per ragioni di cuore. Contro il volere paterno, infatti, sposò Stefano Auriti, anche lui patriota garibaldino, morto a Milazzo nel 1860 tra le braccia di Mauro Mortara. A quella stessa spedizione partecipò anche il figlio dodicenne di Stefano e Caterina, Roberto, chiamato per questo “il più piccolo dei Mille”, ora residente a Roma. 3. Ohé! Nel suo viaggio da Colimbétra a Valsanìa, Sciaralla si imbatte nel figlio scapestrato del segretario del Principe, Marco Préola, grazie al quale si scopre che Don Ippolito è prossimo alle nozze Riassunto di Federica Usai – [email protected] 1 (sebbene non si sappia ancora con chi) e che ben presto a Girgenti ci saranno le elezioni politiche, per le quali son candidati: a) Roberto Auriti, sostenuto dal governo; b) l’avvocato Ignazio Capolino, sostenuto dai conservatori e dai clericali. Mentre Sciaralla discute ancora con Marco Préola, fanno la loro comparsa altri due personaggi, i ‘rivoluzionari del paese’: Luca Lizio, detto Propaganda, e Nocio Pigna, detto Compagnia. 4. Nudità! Nudità! Mentre Sciaralla prosegue la sua cavalcata verso Valsanìa sul dorso del cavallo Titina, Marco Préola si ferma a discutere coi due rivoluzionari. Questi due hanno come obiettivo quello di far aderire ai fasci anche gli abitanti di Girgenti, in particolare gli zolfatari di Porto Empedocle. Ciò che sorprende, secondo Lizio e Piga, è che a differenza di altri centri minori, gli abitanti di Girgenti, capoluogo, non dimostrano la volontà di voler migliorare la propria condizione sociale. Viene quindi descritto il quadro spaventoso di Porto Empedocle: salari da fame e lavoro troppo pesante, condizioni di vita al limite (scarsità di acqua potabile, fogne a cielo aperto, epidemie, etc.). Rispondendo alle provocazioni di Marco Préola, che sembra prendere poco sul serio l’entità del movimento dei fasci, Nocio Pigna esclama: «Trecentomila siamo, caro mio, ogi come oggi. E presto ci sentirete», preannunciando ciò che succederà in seguito. 5. Nel regno dell’orco Sciaralla arriva alla villa di Don Cosmo e consegna la lettera. Il mistero circa le nozze viene svelato: Don Ippolito si sposerà con la sorella di Flaminio Salvo, proprietario delle zolfare di Porto Empedocle, e chiede a Don Cosmo la villa di Valsanìa per accogliere la famiglia Salvo, in arrivo da Girgenti. Mauro Mortara, risorgimentale nostalgico, non accoglie di buon grado questo evento, ricordando come in passato fu proprio Flaminio Salvo a rivelare ai borbonici il nascondiglio di Stefano Auriti e Donna Caterina. Don Cosmo però svela come Mauro Mortara abbia sempre vissuto in un’illusione: Gerlando Laurentano, infatti, non fu tanto un sostenitore del risorgimento, quanto un antiborbonico, sostenitore nel ‘48 non dell’Unità d’Italia, bensì di un autonomo regno di Sicilia, al massimo federato al regno d’Italia. Nonostante l’opposizione del Mortara, Don Cosmo accoglie la richiesta del fratello e consegna la risposta a Sciaralla. CAPITOLO II 1. Per non dir male Ignazio Capolino e Ninì de Vincentis si dirigono a Valsanìa con le suppellettili portate per rendere più confortevole la villa alla famiglia Salvo. Ignazio Capolino è il candidato clericale, legato per interessi economici alla famiglia Salvo. Era stato sposato con una sorella di Flaminio Salvo, che però morì non molti anni dopo il matrimonio; è riuscito a conservare i legami con la famiglia grazie alle frequentazioni della sua attuale e giovane moglie, Nicoletta Spoto, con la moglie pazza del Salvo, Donna Vittoria, e con la figlia Dianella, delle quali è praticamente diventata la dama di compagnia. Ninì de Vincentis è un frequentatore della faglia Salvo, legato a Don Flaminio da un debito economico e dall’amore che lui prova per Dianella. 2. Filosofia? pïo, pïo, pïo… - Riassunto di Federica Usai – [email protected] 2 Donna Caterina insiste affinché il figlio non si candidi per il governo traditore; piuttosto, segua i conservatori («meglio prima»). Nel frattempo, Antonio del Re fa leggere l’«Empedocle» a Roberto, che furente si dirige alla redazione del giornale e mette le mani addosso a Marco Préola, affondando ulteriormente la propria immagine in vista delle elezioni. CAPITOLO IV 1. Solo Gellia non fugge! Siamo a Colimbétra. Al termine della messa domenicale, il prete Illuminato Agrippa si reca nelle stanze di don Ippolito per annunciargli la prossima visita pomeridiana di Monsignor Montoro, interessato a discutere delle prossime elezioni. Riferisce inoltre di aver visto il canonico Agrò insieme ai due “mafiosi” Mattina e Veronica, sostenitori del nipote Roberto Auriti, che don Ippolito dichiara di non aver mai appoggiato. Illuminato teme che l’ingerenza del deputato Corrado Selmi, con i suoi metodi poco convenzionali, possa in qualche modo influire sul risultato delle elezioni, portando alla sconfitta dei clericali. A questo punto emerge la nostalgia di don Ippolito per Satriano Filangeri, il restauratore dell’ordine borbonico dopo la rivoluzione del ‘48, colui che aveva ripristinato i privilegi nobiliari. Presso di lui, a Palermo, don Ippolito aveva conosciuto la sua futura sposa, Teresa Montalto, e da lui ricevette l’ordine di Cavaliere di San Gennaro, che era già stato di suo padre Gerlando. Un servo annuncia la visita inaspettata di donna Caterina. 2. L’ombra tragica Ippolito e Caterina non si vedono da ben 45 anni. Lei è molto diversa dal ricordo che Ippolito conserva di lei sedicenne: sembra l’ombra di sé stessa. L’incontro è teso; Caterina mantiene il distacco. Ciò che lei chiede a Ippolito è di sconfiggere Roberto alle elezioni, ma con onestà (fa riferimento all’articolo diffamante apparso sull’«Empedocle»); inoltre, racconta della rissa che c’è stata tra Roberto e Marco Préola, e al fatto che ora quest’ultimo voglia vendicarsi col sangue dell’aggressione. Don Ippolito, sdegnato, chiama immediatamente Lisi Préola, padre dell’autore dell’articolo, imponendogli di riprendere il figlio. Ottenuto ciò che voleva, donna Caterina abbandona Colimbétra. 3.Verso sera Nel pomeriggio, giunge Monsignor Montoro accompagnato da Vincente de Vincentis, l’arabista, fratello di Ninì. Vincente è disperato per via della propria situazione economica: lui e il fratello sono sommersi dai debiti, per i quali Ninì ha ceduto i loro feudi al Salvo in cambio di un prestito. L’unico modo per riaverli indietro sarebbe il matrimonio tra Ninì e Dianella, che li restituirebbe con la dote: per questo, Vincente chiede l’intercessione di don Ippolito, contando sul suo presunto ascendente sul Salvo, suo prossimo cognato. Tuttavia, don Ippolito e il Monsignore nutrono scarse speranze circa la riuscita di questa impresa. Monsignor Montoro aggiorna don Ippolito circa gli scontri tra Capolino e Veronica, al quale seguirà un duello, e tra Roberto Auriti e Marco Préola; chiede poi al Principe cosa pensi Landino sul matrimonio con donna Adelaide Salvo, di cui lui stesso è stato promotore per rinforzare la schiera dei clericali. Flaminio Salvo, infatti, aveva acconsentito al matrimonio ‘illegittimo’ (non civile, su richiesta di Ippolito) a patto che Landino riconoscesse Adelaide come madre e presenziasse alla celebrazione religiosa. Tuttavia, don Ippolito non possiede una grande confidenza col figlio, cresciuto lontano da lui prima a Palermo, poi a Roma; inoltre, è consapevole del suo diverso orientamento politico (scopriremo essere un socialista). Altro motivo di avvilimento del Principe è anche il ricordo della moglie Riassunto di Federica Usai – [email protected] 5 defunta, Teresa Montalto, che sente di star tradendo con questo matrimonio solo perché ora si sente vecchio e solo. Viene stabilito il giorno dell’incontro con donna Adelaide, che Ippolito non ha mai incontrato in tutta la sua vita. CAPITOLO V 1. Alba torbida Contro ogni aspettativa, Dianella Salvo riesce a sciogliere il cuore di Mauro Mortara e diventare sua amica. Da Porto Empedocle giunge di corsa Leonardo Costa, padre di Aurelio Costa, anche lui alle dipendenze del Salvo, per riportare a Flaminio la notizia dello scoppio di alcuni scioperi nelle sue zolfare di Aragona e Comitini. Ad Aragona in particolare, dove abita Aurelio, è scoppiata una vera e propria rivolta che impedisce ai carichi di carbone di raggiungere la zolfara, che in questo modo rischia l’allagamento. A queste notizie, Flaminio Salvo si mostra tutt’altro che comprensivo e minaccia di chiudere i battenti, lasciando così tutti, Aurelio compreso, senza lavoro. Partito Flaminio Salvo, Leonardo Costa si sfoga con don Cosmo per il trattamento ingiusto che gli è stato riservato dal proprio datore di lavoro, il quale ha ottenuto tutto il suo potere grazie al matrimonio della sorella Rosa col commendatore Francesco Vella, un pezzo grosso dell’amministrazione delle ferrovie, che aveva fatto costruire la linea ferroviaria Girgenti – Porto Empedocle proprio per agevolare gli affari del Salvo. Leonardo Costa, inoltre, confida che i rapporti tra il Salvo e Aurelio sono stati compromessi a causa di una «mala femmina». 2. Come un ruscello… Dianella, sconvolta dalla dura reazione del padre al racconto del Costa, rievoca il ricordo del momento della morte del fratello minore, unico erede diretto del Salvo, che portò alla follia della madre Vittoria. Dianella ha sempre sofferto del fatto che il padre le avesse quasi rinfacciato il fatto di essere rimasto senza un erede, come se avesse preferito che lei morisse al posto dell’altro. Dianella si è accorta di come l’unico fine del padre sia l’accumulo spregiudicato di ricchezze, anche e soprattutto a scapito dei più deboli (si pensi al de Vincentis), motivo che probabilmente lo ha spinto a volere il matrimonio tra la zia Adelaide e Ippolito Laurentano. Dianella è innamorata segretamente di Aurelio Costa, col quale è praticamente cresciuta e che spera un giorno di sposare; a suo parere, e non solo, sarebbe infatti il più degno erede del patrimonio del padre, che però da qualche tempo è in contrasto con lo stesso giovane a causa di una donna, Nicoletta Spoto. Nicoletta Spoto, moglie dell’avvocato Capolino e ora amante di Flaminio Salvo, aveva ricevuto il passato la proposta di matrimonio di Aurelio Costa, che lei aveva rifiutato, probabilmente perché poco conveniente alla sua smania di ascesa sociale. Nel mentre che Dianella è immersa nelle sue riflessioni, viene raggiunta in giardino da Mauro Mortara, che esprime il suo pieno disappunto sugli scioperi, che andando contro lo Stato rischiano di dar man forte a clericali e aristocratici, che minacciano l’Unità ottenuta con grandi sacrifici. Mauro porta Dianella al Camerone, la stanza che era stata del Generale Gerlando Laurentano, che lui stesso custodisce gelosamente. 3. Nel santuario Una volta entrati nel “santuario della libertà”, Mortara si abbandona ai ricordi nostalgici del vecchio Principe e degli eventi del suo passato, in particolare di quelli che si sono succeduti a partire dal suicidio di don Gerlando a Malta: Mauro si dimostra un uomo dalle mille risorse, ma soprattutto un uomo innamorato dell’impresa risorgimentale e della propria patria, quasi ottenebrato dai propri Riassunto di Federica Usai – [email protected] 6 ideali – al punto da non fargli riconoscere, chiuso com’è anche lui in esilio volontario a Valsanìa, i soprusi che il Governo riserva agli abitanti dell’Isola. Nel frattempo, Flaminio Salvo fa ritorno alla villa accompagnato da Aurelio Costa, ma si tratta di una visita fugace: i due ripartono immediatamente per Porto Empedocle. 4. In agguato Flaminio Salvo, tornato per cena, annuncia la chiusura delle proprie zolfare di Aragona come conseguenza degli scioperi e delle rivolte. A causa della politica protezionistica attuata dal Governo, l’economia del Mezzogiorno ha ricevuto un duro colpo, mentre ha agevolato quella del Nord Italia: tenere comunque aperte le zolfare nonostante non fosse più conveniente, dice il Salvo, è stato un favore che lui ha fatto alla popolazione per conservare posti di lavoro; ma dato che i suoi lavoratori hanno deciso comunque di scioperare, non si meritano più questo favore. Flaminio Salvo comunica poi a Dianella di aver rifiutato la proposta di matrimonio di Ninì de Vincentis; lei è sempre più convinta che non sposerà mai Aurelio per colpa del padre. CAPITOLO VI 1. In guardia Protagonista della prima parte di questo paragrafo è il popolo, oppresso dalla povertà, dalla fame e dallo sfruttamento, il popolo che non ha mai acquisito fiducia nelle istituzioni governative. Non deve quindi sorprendere se, nonostante le imminenti elezioni politiche, non si riesce a percepire tra le strade di Girgenti un clima elettorale; più che alle elezioni, l’attenzione è rivolta al prossimo duello tra Capolino e Veronica. Il duello avrà luogo a Colimbetra, dopo che il Principe sarà partito per Valsania, in cui conoscerà la futura sposa. Capolino, insieme ai suoi due padrini, si allena per il duello con la pistola; poco dopo, incontrano Nocio Pigna, Propaganda. 2. Propaganda e Compagnia Finalmente, Nocio Pigna è riuscito a fondare una sede del fascio anche a Girgenti. Con l’aiuto del genero Luca Lizio, Compagnia, sta cercando il modo di creare una rete di comunicazione efficace tra i vari fasci dell’Isola, così da incrementare il loro potere. Un aiuto potrebbe venire proprio da Landino Laurentano, socialista, al quale è stata inviata una lettera che è però ancora in attesa di una risposta. Si intuiscono già i limiti del movimento dei fasci: gli oppressi hanno bisogni di soluzioni immediate e concrete, non di ideologia che non sono nemmeno in grado di capire e condividere per via della loro ignoranza. 3. La bambola baffuta Il fascio di Girgenti si prepara per la sua prima riunione. Un ruolo di rilievo sembra essere stato assunto da Celsina Pigna, una delle figlie di Nocio, di cui è innamorato – corrisposto – Antonio del Re. A frenare i sentimenti del nipote di Roberto Auriti è forse la troppa intraprendenza di Celsina, insolita e poco confacente a una donna, specialmente se siciliana. Celsina, avente un’intelligenza non comune, è invidiosa di Antonio, che presto partirà per Roma per proseguire gli studi all’università: lei infatti non può permettersi di seguire la sua strada. Antonio del Re nutre qualche riserva nei confronti del fascio, ritenendo come a doverne fare parte dovrebbero essere delle persone ideologicamente consapevoli, come sua nonna Caterina, che dopo aver sacrificato la propria vita sono state tradite dalla stessa. Inoltre, non riscontra all’interno dei soci un’omogenea motivazione. In fuga dalla sede, offeso dalla stessa Celsina, Antonio del Re si scontra con Corrado Selmi. Riassunto di Federica Usai – [email protected] 7 il Primo Ministro rivendica come sua (nonostante in molti sappiano la verità): anche da qui il suo grottesco tentativo di apparire più giovane, tingendosi vistosamente la barba di biondo. A Roma sta per scoppiare lo scandalo della Banca Romana; in Sicilia alle rivolte sono succedute le repressioni violente e scellerate da parte dello Stato, per le quali Francesco esprime tutte le sue perplessità, soprattutto quando rievoca l’assassinio feroce di un bambino innocente da parte di un soldato italiano. Per quanto riguarda lo scandalo bancario, mette in luce come il governo abbia salvato alcuni parlamentari più in vista e più compromessi, come Corrado Selmi, l’amante delle moglie. Purtroppo, però, per salvare questi ‘pesci grossi’ sono stati mandati al mattatoio degli innocenti, come Roberto Auriti, il quale aveva firmato a suo nome delle cambiali per il Selmi, e che era rimasto per questo compromesso a causa di alcune carte del Selmi sequestrate dalla procura, in cui si facevano delle allusioni ad alcuni accordi segreti tra l’“amico” e il direttore della banca. Era questo il motivo per cui aveva chiesto al suo segretario di parlare il prima possibile con Giulio Auriti, per informarlo del fatto che le autorità giudiziarie erano entrate in possesso di alcune prove che non erano state distrutte per tempo, capaci di incriminare Roberto. 3. Il guanto sul tappeto A casa d’Atri arrivano Giannetta e Giulio Auriti. Il Primo Ministro confessa a Giulio che l’unico modo possibile per evitare il carcere a Roberto Auriti è rimediare la somma per poter sanare il debito con le banche (quarantamila lire), soldi che però la famiglia non possiede. L’unica possibilità che Giulio possiede per ottenere la somma è quella di chiedere il denaro al cugino Landino, ma è consapevole che la figura di Corrado Selmi rappresenti un pesante ostacolo per la riuscita del piano. I soldi richiesti da Roberto, infatti, servivano al Selmi per finanziare la sua relazione con Giannetta Montalto, primo amore di Landino. Quest’ultimo difficilmente accetterà di conferire la somma, consapevole del fatto che salvando Roberto sarebbe stato salvato automaticamente anche Corrado, privandosi così della sua vendetta personale sul suo rivale in amore. 4. Pianto segreto Si scoprono altri tasselli sulla famiglia Montalto. Il padre di Giannetta, fratello di Teresa Montalto (madre di Landino, prima moglie di Ippolito Laurentano), si era ribellato alla famiglia, fedele ai Borbone; non solo venne quindi punito dallo Stato con la prigione e l’esilio per la sua diserzione, ma venne anche diseredato dalla famiglia, perdendo dunque i diritti sull’eredità, precipitando nella povertà. Francesco d’Atri è stato un garibaldino, amico di Stefano Auriti e Caterina Laurentano, che ha conosciuto Roberto Auriti quando era ancora un bambino. È in questo suo passato da garibaldino che ha conosciuto il padre di Giannetta, del quale fu grande amico. Don Ippolito ha per anni mantenuto di nascosto la famiglia di Giannetta, la quale convinse il padre a lasciare la Sicilia per Roma, così che lei potesse tentare la carriera d’attrice, la stessa della madre defunta, che per ragioni morali le era preclusa in Sicilia. Poco dopo l’arrivo di Landino a Roma, aveva rifiutato il suo amore, che invece era stato coltivato nell’Isola. Francesco d’Atri, consapevole delle relazioni extraconiugali della moglie e della sua dedizione alla vita mondana, chiede a Giannetta di cambiare atteggiamento, non tanto per sé, quanto per il bene della bambina che è appena venuta al mondo, per iniziare a comportarsi da vera madre. CAPITOLO II 1. Nella gloria di Roma Mauro Mortara è finalmente giunto da Landino a Roma. Tutto il suo entusiasmo per essere riuscito finalmente a vedere il frutto delle sue fatiche per la patria (tanto da andare in giro per la città con appuntate al petto le medaglie da patriota) non gli consentono di rendersi conto del marciume dilagante in quelle giornate – sta per scoppiare lo scandalo della Banca Romana – che lui, come Riassunto di Federica Usai – [email protected] 10 evidenzia con tristezza Lando, rende ancora più evidenti con la sua purezza d’animo e di ideali. La reclusione a Valsanìa al fianco di don Cosmo, nella casa dell’eroe che ha continuato a onorare anche dopo la morte, infatti, ha tenuto Mauro Mortara all’oscuro di tutta la corruzione pullulante all’interno della macchina governativa che lui stesso aveva contribuito a formare. Landino, che è un socialista, tiene per ovvie ragioni Mauro Mortara all’oscuro del proprio orientamento politico – verrebbe infatti da lui considerato un traditore della patria e soprattutto del nome che porta (Gerlando, quello del nonno) –, nonostante vorrebbe ricevere dall’amico di famiglia informazioni dettagliate circa i moti rivoluzionari alimentati dai fasci nella provincia di Girgenti. In ogni caso, nonostante il Mortara vada contro gli ideali politici di don Ippolito, non può che essergli fedele in quanto suo servo feudale, pertanto per rispetto dei suoi doveri chiede a Lando di seguirlo a Girgenti per presenziare al matrimonio del Principe. 2. Fare, non pensare! Il paragrafo è incentrato su Landino, che ci viene presentato come una vittima consapevole dei suoi tempi. Lui infatti è ben cosciente della crisi del tempo in cui sta vivendo: a) la corruzione, che sta per sfociare nello scandalo della Banca, e che spera possa portare a un’epurazione della classe dirigente (Selmi incluso); b) la disastrosa condizione in cui versa la popolazione siciliana, anch’essa in fermento. Ma Landino non riesce a limitarsi a delle semplici riflessioni: così come gli altri membri della sua famiglia, è un uomo d’azione; l’inerzia non fa certamente per lui, lo rende insofferente. Per questi motivi ha rinunciato al suo coinvolgimento in politica per abbracciare il socialismo. Ancora prima di finanziare col suo patrimonio i fasci, ha fatto in modo che gli uomini palermitani alle dipendenze dei suoi feudi (ereditati dalla madre) potessero vivere una vita dignitosa, non vessandoli con le tasse e favorendo la loro istruzione mediante l’instaurazione di varie scuole rurali. Ora è coordinatore insieme ad alcuni amici siciliani, tra i quali spicca Lino Apes, detto Socrate, del movimento dei fasci, per il quale dovrà a breve ospitare una riunione nella sua villa a Roma. Ha persino fondato un giornale, la «Nuova Età», di cui l’Apes è direttore, per diffondere le idee socialiste tra le masse , così da risvegliarne le coscienze – sebbene sia lui che l’amico si rendano conto che le masse contadine siciliane siano troppo ignoranti per poter parlare di una vera e propria coscienza di classe. Nonostante le richieste del Mortara, decide di non partecipare al matrimonio, inviando comunque una lettera al padre per comunicargli la sua approvazione. In questi giorni riceve una lettera dall’Apes, che lo invita a recarsi in Sicilia il prima possibile così da dare il via alla rivoluzione, prima che l’Isola venga invasa dai militari. Ma Landino ha ancora bisogno di tempo nella Capitale, dove spera di poter assistere alla caduta del Selmi, suo rivale in amore; spera infatti di potersi ancora unire a Giannetta (una volta morto Francesco d’Atri, ormai anziano), l’unica donna che lui abbia mai amato. Tuttavia, qualche giorno più tardi scopre che il Selmi l’ha fatta franca, così decide di partire immediatamente per la Sicilia, così da dar fuoco alle polveri lì preparate dai socialisti. Mentre comunica al Mortara la sua necessità di partire imminentemente per Palermo, però, arriva Giulio Auriti, di cui Mauro evidenzia l’estrema somiglianza col padre Stefano. 3. A fronte Giulio chiede a Landino i soldi necessari per salvare Roberto dal carcere. Ora diventa chiaro come Roberto si fosse compromesso col Selmi in cambio di un favore, presumibilmente il posto di lavoro al ministero per Giulio. Come previsto, però, Lando rifiuta l’aiuto alla famiglia Auriti, proprio per non perdere la sua rivincita su Corrado Selmi – nonostante Giulio gli faccia notare come anche dietro al suo patrimonio familiare si celi una grande ingiustizia (quella fatta da suo nonno a suo zio, padre di Giannetta). Riassunto di Federica Usai – [email protected] 11 4. Non conclude È il giorno della riunione socialista a casa di Landino. A presenziare ci sono: a) i compagni che devono recarsi al congresso socialista di Reggio Emilia; b) i rappresentanti dei fasci più numerosi della Sicilia (fra i quali compare Celsina Pigna); c) alcuni deputati amici; d) quattro milanesi del partito italiano dei lavoratori; e) Lino Apes (Socrate). Landino arriva in ritardo all’appuntamento perché aveva un colloquio con Aurelio Costa, inviato dal Salvo per presentare al ministero un progetto volto a migliorare la condizione dei lavoratori delle miniere di zolfo. Arrivato a casa, però, molti fanno notare come l’obiettivo reale del Salvo in realtà sia esclusivamente ingraziarsi il figlio del Principe in vista delle nozze, per ottenerne la benedizione. Nel corso della riunione emerge la crepa presente tra gli stessi socialisti: a) c’è chi ritiene, come l’Apes, Celsina, e il deputato Covazza, che i tempi non siano ancora maturi per attuare una rivoluzione in Sicilia. L’ignoranza non ha infatti permesso il formarsi di una coscienza di classe; il numero strabiliante delle adesioni iniziali ai fasci, infatti, non è assolutamente corrispondente ai reali partecipanti alle riunioni; b) c’è poi chi, come i tre personaggi di spicco della realtà siciliana (Bixio Bruno, Cataldo Sclafani e Nicasio Iñgrao), ritiene invece che si debba agire tempestivamente, prima che l’esercito regio possa occupare l’Isola per sedare le rivolte spontanee. Come prevedibile, la riunione si conclude senza che di fatto si raggiunga una decisione unanime: le discussioni, soprattutto tra i sostenitori della rivoluzione immediata, sono particolarmente accese. 5. La calandra L’attenzione è rivolta su Antonio del Re, ancor prima della riunione socialista, e quindi prima dell’arrivo di Celsina. È grazie al suo racconto che scopriamo come effettivamente viva Roberto Auriti a Roma: nel caos più totale. L’appartamento è estremamente disordinato e chiassoso. La compagna dello zio, una certa Lalla (o Nanna) è una donna malata di cuore, sposata col tenore Olindo Passalacqua, ben conscio della relazione extraconiugale della moglie con l’Auriti. Antonio del Re, dopo essersi iscritto alla facoltà di scienze, non riuscendo più a seguire i ritmi della vita cittadina e della casa dello zio, si è trovato in una fase di inerzia e frustrazione, accentuata dalla consapevolezza del coinvolgimento dello zio negli scandali contemporanei. Oltre a cercare un distacco da Celsina, alla quale non intende più cercare una sistemazione a Roma, sentendo di non aver più nulla da perdere e di avere il bisogno di riscattare l’onore della famiglia, elabora un piano estremo, far saltare in aria il parlamento. Tuttavia, viene arrestato dall’arrivo inaspettato di Celsina, giunta a Roma per riunione grazie ai soldi di Landino – nel mentre, Giulio si è recato a Girgenti da don Ippolito per chiedere i soldi per saldare i debiti del fratello. Celsina, intenzionata a restare a Roma anche per non lasciare Antonio da solo in quello stato, accoglie la proposta di Olindo Passalacqua che, innamoratosi della sua voce da soprano, molto promettente, è intenzionato a farla studiare gratuitamente in conservatorio, in cambio di un modesto assegno solo per il vitto. CAPITOLO III 1. Gli occhiali serii Ignazio Capolino, che dal giorno del duello è costretto a portare degli occhiali da vista che non apprezza particolarmente, accompagna Antonio Costa dal ministro dell’agricoltura per presentare il progetto, fortemente voluto – apparentemente – dal Salvo: un consorzio obbligatorio per tutti i produttori di zolfo della Sicilia, una soluzione potenzialmente capace di risolvere i problemi delle Riassunto di Federica Usai – [email protected] 12 Flaminio Salvo è pienamente consapevole del fatto che il viaggio di Aurelio e Nicoletta verso la Sicilia fosse diventato una vera e propria fuga d’amore; qualche giorno prima, infatti, aveva ricevuto da Napoli la lettera di licenziamento dell’ingegnere Costa. Adesso, don Flaminio, che non ha mai realmente provato affetto per la figlia, si trova a dover necessariamente interpretare la parte del genitore distrutto. Non appena Mauro vede Landino stringere la mano al Salvo, scappa via indignato. CAPITOLO V 1. Non pesa nulla… Siamo a Girgenti, dove la folla indignata attende l’arrivo in città delle spoglie dei due amanti. Tra le varie voci che si susseguono, emerge qualche nuovo dettaglio sul delitto: a dare il via all’atto scellerato è stato Marco Préola, presidente del fascio d’Aragona. Insieme a lui sono stati arrestati più di 60 uomini ritenuti responsabili dell’accaduto. La carrozza contenente i resti arriva in città con a bordo Leonardo Costa, padre di Aurelio, che ha intenzione di chiedere alla prefettura il permesso di seppellire il prima possibile le spoglie del figlio nel cimitero di Porto Empedocle. Leonardo Costa, distrutto per il dolore, è convinto che ad essere responsabile dell’accaduto sia lo stesso don Flaminio, il quale avrebbe fatto di tutto pur di impedire il matrimonio tra suo figlio e Dianella. 2. Senza più ragna, un ragno Ignazio Capolino è tornato a Girgenti: l’orrore per la morte della moglie ha allontanato lo scandalo di essere in realtà un cornuto. Responsabile della perdita della ragione di Dianella, e senza aver più Nicolettaal suo fianco, l’onorevole Capolino è consapevole che il suo legame con don Flaminio (e il suo patrimonio) è ormai compromesso: questo significa che è necessario trovare una nuova fonte di sostentamento. Cavalcando l’ondata di comprensione nata in paese nei suoi riguardi, contro quella di odio che invece si è sviluppata per il Salvo, Capolino elabora un piano: far accrescere l’odio per don Flaminio, per poi chiedere aiuto a don Ippolito Laurentano. Tuttavia, dopo aver scoperto da Monsignor Montoro qualche dettaglio circa il matrimonio tra il Principe e donna Adelaide, Ignazio Capolino elabora una nuova strategia. 3. Tenendosi per mano Landino, convocato a Palermo, si prepara insieme al Salvo, a Dianella, a Mauro Mortara e ad Antonio del Re a tornare in Sicilia. Dopo il tentato omicidio di Corrado Selmi, Antonio del Re era scomparso per un paio di giorni. Nel frattempo era arrivata la richiesta urgente da Girgenti di tornare per la madre e la nonna. 4. L’ultima lacrima Appena arrivato a Girgenti, Mauro Mortara si precipita a casa di donna Caterina, ma la trova in uno stato catatonico, quasi di morte apparente. La donna è entrata in tale stato dopo che il figlio Giulio le ha chiesto di intercedere con don Ippolito per chiedere i soldi necessari alla salvezza di Roberto. Muore poco dopo la visita di Mauro Mortara. CAPITOLO VI 1. Quand’è scirocco… Riassunto di Federica Usai – [email protected] 15 Siamo a Colimbétra. Donna Adelaide e don Ippolito, sposati, non hanno ancora consumato il matrimonio; tra i due non sembra riuscire a svilupparsi una certa intimità, anzi, a crescere è solo la reciproca insofferenza. 2. Il cielo s’incaverna Nella solitudine di Colimbétra, donna Adelaide ha trovato un amico in Salesio Marullo (patrigno di Nicoletta Spoto), che porta con sé le notizie che giungono dal resto della Sicilia. Sciaralla sembra preoccupato per ciò che sta succedendo sull’isola: ha paura del clima d’insofferenza che si sta diffondendo (l’eccidio non è ancora avvenuto) poiché il popolo non è tanto contro il governo, quanto contro la proprietà (don Ippolito è un grande latifondista); inoltre, essendo Colimbétra contro il governo, è certo che in caso di assalto non riceverebbero mai alcun aiuto da parte dello Stato (al quale don Ippolito si è sempre manifestamente opposto). Giunta la notizia dell’eccidio, e della follia di Dianella, i precari equilibri a Colimbétra saltano: donna Adelaide, affezionata a don Salesio, chiede l’allontanamento di Lisi Préola (padre di Marco Préola, istigatore del massacro). Ora che ha saputo che Dianella è tornata a Girgenti, inoltre, vorrebbe raggiungerla, ma è costretta dal matrimonio a non uscire dalla proprietà del marito, per questo chiede con una lettera aiuto al fratello. Nel mentre, don Flaminio ha accolto la proposta di Ninì de Vincentis: se riuscirà con le sue cure e col suo amore a far guarire Dianella, la sposerà. 3. Due scialli neri Da Ignazio Capolino, pronto a recarsi da don Ippolito (che vorrebbe trovare un’intesa tra lui e il figlio Landino), si presentano due figlie del Pigna, arrestato poiché ritenuto tra i responsabili dell’omicidio. Il suo arresto però non solo è ingiusto, ma ha anche peggiorato la situazione economica della famiglia: entrambe le sorelle, infatti, a causa della fama di essere figlie di un assassino, non riescono più ad ottenere la stessa mole di lavoro di prima, e sono sul lastrico. Sperano quindi che con una buona parola dell’onorevole Capolino la situazione possa nuovamente cambiare. 4. La nuova ragna Capolino giunge a Colimbetra. Intanto i suoi piani per il futuro sono cambiati: suo nuovo obbiettivo è convincere donna Adelaide a scappare con lui a Roma, dove contrarranno poi matrimonio civile. Il matrimonio con don Ippolito, infatti, non solo non ha alcuna valenza civile, ma per di più non è stato neppure consumato! A Roma, Capolino confida nel sostegno dei Vella, e forse in futuro dello stesso Salvo. Arrivato a Colimbetra, in assenza del padrone di casa, che era via per una passeggiata a cavallo, Ignazio inizia a esporre i suoi propositi a donna Adelaide, che si mostra tutt’altro che riluttante. Al suo ritorno, don Ippolito si rende conto della complicità che intercorre tra la moglie e l’onorevole, così dice chiaramente al Capolino che se vuole, Adelaide è libera di lasciare Colimbétra, ma per non farvi più ritorno. Il colloquio politico salta: Landino, in una lettera, ha chiaramente risposto al padre che non intende in alcun modo trovare un’intesa coi clericali. Don Salesio muore. CAPITOLO VII 1. “Semper pauperibus habetis vobiscum” In seguito alla pubblicazione del proclama da parte del Comitato centrale dei fasci, in Sicila è scattato lo stato d’assedio da parte del governo italiano: è stato ordinato il disarmo della Riassunto di Federica Usai – [email protected] 16 popolazione e sono stati arrestati a Palermo i membri del Comitato centrale dei fasci, tra i quali forse lo stesso Landino. Monsignor Montoro, entrato a conoscenza di queste cose, manda alle stampe una pastorale in cui invita si invitano i poveri ad accettare la propria condizione di povertà, sperando così di suscitare simpatia nel generale posto a capo dello stato d’assedio. 2. Le vittime Alla notizia dell’eccidio di Aragona, come già sappiamo, Landino parte per Palermo. A differenza di altri, lui non firma il proclama del comitato dei fasci, consapevole di come non fosse possibile attuare una lotta fra classi senza però possedere alcuna coscienza di classe. Gli avvenimenti successivi gli daranno ragione. In seguito alla proclamazione dello stato d’assedio, si dà alla fuga con alcuni suoi compagni: Lino Apes, Bruno Iñgrao e Cataldo Scafani. Nella fuga ha modo di rendersi conto di quanto avesse avuto ragione. Le rivolte infatti non sono animate dagli ideali socialisti; semmai sono state infuocate dai socialisti stessi, che hanno spinto una massa disordinata di ignoranti, praticamente disarmata, a opporsi alle scarse milizie governative, che per difendersi non hanno trovato altra soluzione se non aprire il fuoco. Landino quindi attribuisce la colpa delle stragi in corso non tanto al governo, ma ai socialisti stessi. 3. C’è una speranza… L’unica speranza che Vincente de Vincentis ha di risolvere la crisi economica familiare è che Dianella rinsavisca, così che Ninì possa diventare l’unico erede del Salvo. 4. Lacerando… Flaminio Salvo va a far visita a sua sorella a Colimbétra; Adelaide però capisce che il fratello non ha alcuna intenzione di aiutarla, così invia segretamente una lettera al Capolino. Dianella anziché guarire sembra peggiorare: ora è convinta che Ninì sia Aurelio Costa. CAPITOLO VIII 1. La logica delle medaglie Mauro Mortara fa ritorno a Valsanìa. Rinvigorito da un nuovo spirito patriottico, è deciso ad armarsi fino ai denti, ad indossare le medaglie, per lottare al fianco delle milizie statali contro i socialisti: ignora che il disarmo sia rivolto a tutta la popolazione, convinto del fatto che le sue medaglie in qualche modo lo rendano alla pari dei membri dell’esercito. In questa sua nuova follia patriottica, viene però arrestato dalla notizie che vengono portate ogni sera a Valsanìa da Leonardo Costa, ormai in rovina economica dopo essersi licenziato dal Salvo in seguito alla morte del figlio. Il Costa riferisce dello stato d’assedio e di come Landino sia sfuggito all’arresto; ogni sera Mauro Mortara attende notizie, nella speranza di non sentire mai dell’arresto del giovane Laurentano. Una sera il costa riferisce la notizia della fuga di donna Adelaide con Ignazio Capolino: uno scandalo enorme. 2. Passerà! Passerà! Giungono a Valsanìa, senza preavviso, Landino e i suoi compagni, in cerca di rifugio e riparo dalla tempesta che è in corso. Mauro Mortara, che vede Landino come un traditore della patria e dell’onore della famiglia Laurentano, si oppone fermamente alla loro accoglienza. Per questo motivo, quando don Cosmo li fa entrare in casa, Mauro decide di abbandonare Valsanìa. È anche per questo che in Landino cresce sempre di più il senso di colpa per la situazione in generale. Riassunto di Federica Usai – [email protected] 17
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