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LA COMUNICAZIONE VERBALE CAP 1-4.5, Appunti di Linguistica Generale

APPUNTI DEL LIBRO COMUNICAZIONE VERBALE PER SVOLGIMENTO DELLA PRIMA PARTE (PRIMO SEMESTRE) DELL'ESAME DI LINGUISTICA

Tipologia: Appunti

2020/2021

In vendita dal 29/09/2022

elisasanzanni
elisasanzanni 🇮🇹

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Scarica LA COMUNICAZIONE VERBALE CAP 1-4.5 e più Appunti in PDF di Linguistica Generale solo su Docsity! LA COMUNICAZIONE VERBALE  capitolo 1  comunicazione → communicatio → cum + munus → munus è un termine polisemico:   dono   compito  il nesso tra queste due parole è la responsabilità, l’obbligo verso un bene. Il bene in questione, per quanto riguarda la comunicazione è il segno veicolato, non segni casuali ma che producano un senso.  significato di comunità linguistica:   secondo Saussure → insieme di persone che parlano una medesima lingua (definizione con dei limiti)   secondo Hymes → insieme di persone che comunicano tra loro usando una o più lingue storico naturali (pone al centro il testo)  il nesso tra il concetto di comunicazione e comunità è cultura:  la cultura è   insieme delle informazioni non genetiche trasmesse tra le generazioni   la grammatica di una comunità   insieme di testi e dunque di valori, credenze e principi la diversità tra le identità in gioco nella comunicazione può portare al fallimento comunicativo in quanto minore è il common ground tra gli individui, dunque la comunicazione è possibile se gli interlocutori condividono terreno esperienziale comune e presuppone anche differenze culturali tra destinatario e mittente.  la comunicazione è alla base della convivenza umana [ai tempi della democrazia di Atene, quest’ultima era fondata su delle assemblee cittadine in cui a turno ogni cittadino poteva liberamente prendere parola e discutere sulle questioni della città, questa modalità si diffuse a tal punto che i sofisti iniziarono ad impartire lezioni di arte comunicativa] una grande distinzione che occorre fare è quella tra comunicatore e comunicazionista:   comunicatore può essere un conduttore televisivo, un politico che riesce attraverso il discorso ad ottenere il consenso della gente, un maestro che spiega in modo efficace   questi ultimi non è detto che siano comunicazionisti, ovvero esperti della comunicazione a conoscenza delle profonde dinamiche di quest’ultima → possiede i segreti della comunicazione e le dinamiche con cui essa opera (aspetti fondamentali) e gli specifici settori dell’attività umana in cui si applicano le strategie comunicative (aspetti contestuali). il comunicazionista sa intervenire laddove la comunicazione si inceppa.  la comunicazione verbale è lo studio delle strutture del messaggio verbale o del testo con funzione comunicativa, dunque nasce dall’incontro tra le scienze linguistiche e le scienze della comunicazione.  capitolo 2  la comunicazione verbale era studiata nell’ambito della retorica, cioè della costruzione di un discorso persuasivo e argomentativo.  fasi del discorso argomentativo:   inventio   dispositio   elocutio   memoria   actio  secondo Aristotele le tre componenti necessarie nella comunicazione sono il parlante, il discorso e l’ascoltatore. La retorica nasce di pari passo con il potere democratico (potere di fare qualcosa e potere di far fare qualcosa, 2 accezioni), il discorso è l’unica forma di potere ammessa nella democrazia, la quale non ammette violenze e minacce, il cittadino attraverso il discorso può ottenere consenso.  Anche nella comunicazione è presente una sottile forma di violenza: infatti il discorso può essere volto alla manipolazione, quando la comunicazione è manipolativa, il cittadino viene indotto ad agire inconsapevolmente e spesso chi è vittima di manipolazione viene privato della capacità di giudizio.  persuasione → per (compiere) suavis (soave) → in origine significava “consigliare”  la persuasione produce un’adesione del cuore nel destinatario, definita fides → fidarsi, affidarsi  fides (latino) = pistis (greco)  un discorso è manipolativo quando esclude la ragione e la libertà del destinatario.  la strutturazione del discorso è divisa in due fasi, la prima è il brainstorming, quindi i cinque punti di creazione del discorso (inventio, dispositio, elocutio, memoria, actio), la seconda è la scelta degli argomenti a seconda del contesto e della funzione del discorso, dunque è sempre variabile.  gli interlocutori che partecipano allo scambio comunicativo sono personalmente coinvolti e sanno di esserlo, ognuno partecipa allo scambio comunicativo in vista di un proprio interesse personale, e nonostante in alcune culture l’interesse personale sia stato definito l’origine del male, è inevitabile che l’interesse personale sia presente in quanto esiste anche in un’azione “disinteressata” in quanto ogni azione dell’uomo è finalizzata a qualcosa che il soggetto ritiene un bene.  modelli strutturalisti e funzionalisti  SAUSSURE → gli interlocutori discutono scambiandosi segni materiali, ciascuno dei due produce segni e li decodifica in base alla propria conoscenza della lingua, che è considerata da Saussure patrimonio mnemonico virtuale. Il passaggio dall’ascolto di un suono alla comprensione è un processo meccanico di decodifica, da qui il nome strutturalismo.  BÜHLER, Sprachtheorie → la lingua è lo strumento per comunicare e punta sull’analisi funzionale del segno, dunque il segno acquisisce una funzione in base ai punti di vista.   in rapporto con la realtà il segno è simbolo e ha funzione di rappresentazione   in rapporto con il mittente il segno è sintomo e ha funzione di espressione   in rapporto con il destinatario è segnale e ha funzione di appello  JAKOBSON → rappresenta uno sviluppo della teoria di Bühler, infatti anche Jakobson può essere considerato funzionalista, egli distingue i testi in base alla funzione comunicativa che rivestono  emotivo → necessità del mittente di esprimersi   referenziale → rappresentazione del contesto   funzione fatica → contatto tra gli interlocutori   metalinguistico → orientato al codice   conativo → far fare qualcosa al destinatario   poetico → esigenza di creare un messaggio esteticamente bello  la teoria degli “speech acts” elaborata da John Austin porta a leggere la comunicazione in chiave pragmatica, ovvero a vedere la comunicazione come una vera e propria azione perché ogni volta che comunichiamo si produce un cambiamento nella situazione reale: gli interlocutori non sono più gli stessi di prima. ciascun atto linguistico comporta tre azioni:   locutivo → atto di parlare in sé   illocutivo → il parlante intende attraverso il proprio atto locutivo compiere una precisa azione   perlocutivo → azione che provoca un certo effetto sul destinatario  la teoria di Austin è portata avanti dal principio di cooperazione di Grice:  in ogni atto comunicativo i parlanti tengono in considerazione una serie di massime senza le quali la comunicazione sarebbe poco efficace Deissi  ci sono parole che per avere senso devono essere legate al contesto in cui si parla, ad esempio la parola “adesso”, ha significato concreto solo se la colleghiamo ad un contesto concreto, ovvero il momento in cui un soggetto che impiega tale parola effettivamente parla.  io; questo; adesso… sono deittici, ciò significa che assumono valore in base al contesto: la deissi funziona nell’incontro tra linguaggio e contesto.   deittici personali → ad esempio il pronome personale “io” che indica colui che parla  deittici temporali → morfemi che indicano tempi che precedono, coincidono, seguono il tempo in cui si sta parlando   deittici testuali → insieme di espressioni con cui riprendiamo segmenti di testo precedenti o anticipiamo segmenti che seguono Ostensione  avviene quando nella comunicazione viene tralasciata una parte scontata e ovvia della realtà. ad esempio, se in inverno incontro un mio amico in maniche corte gli chiedo “sei impazzito?” ciò ha senso solo se si è a conoscenza del contesto, la stessa frase non avrebbe senso detta in estate. L’ostensione dunque non trova una esplicita espressione verbale. l’ostensione non deve essere confusa con la comunicazione non verbale.  la differenza principale tra deissi e ostensione è che la deissi ha una componente linguistica corrispondente, la quale è assente invece nell’ostensione.  Inferenza è il ragionamento che usiamo per interpretare i discorsi dei nostri interlocutori. Ad esempio, il padre urla “i denti!” il figlio risponde “sta finendo!”, questa comunicazione ha senso solo se compresa all’interno del contesto, il figlio capisce che il padre gli sta sollecitando di lavarsi i denti, il padre comprende che il figlio gli sta dicendo che li laverà a breve in quanto il programma alla tv sta finendo, però né l'ordine di lavarsi i denti, né la richiesta di rimanere davanti alla tv sono resi espliciti.  Le inferenze possono essere tanto più estese quanto maggiore è il common ground condiviso dagli interlocutori. L’inferenza opera in base al principio di cooperazione, il destinatario si attiva per comprendere il messaggio che non è esplicito, a sua volta il mittente formula il messaggio dando per scontato che il destinatario coopererà.  può succedere che il destinatario comprenda oppure che fraintenda, l’uomo è portato a trovare un senso in ogni messaggio; dunque, se un messaggio sarà troppo poco esplicito gli darà il senso per lui più plausibile piuttosto che dichiarare il messaggio insensato.  L’inferenza può essere comunicativa o comunicata:   comunicata → la rendo esplicita nel discorso (stefano ha invitato andrea al suo matrimonio, quindi lo conosce)   comunicativa → rimangono implicite, ma intuibili grazie agli indizi che il parlante offre nel suo discorso il principio di interesse e pertinenza: i soggetti implicati, i parlanti, hanno un ruolo essenziale nella comunicazione. inoltre, una comunicazione per essere sensata deve produrre un cambiamento. Questo cambiamento dipende strettamente dal principio di interesse: mi cambia una comunicazione che mi riguarda, pertinente rispetto ai miei interessi  conclusione: il senso come cambiamento per concludere, è proprio il cambiamento che attribuisce senso alla comunicazione, se non vi è cambiamento, la comunicazione non ha senso. Maggiore è il cambiamento che provoca, maggiore sarà il senso attribuito alla comunicazione.  Capitolo 3  Per epistemologia si intende quel discorso scientifico che ha come oggetto le scienze stesse per definirne i metodi, gli oggetti, linguaggio e rapporto con altre scienze.  il discorso scientifico:  il discorso scientifico è rigoroso, per essere tale deve essere razionale e dunque esplicitare teorie confermate e verificate. un discorso è razionale quando rispetta i tre requisiti di   coerenza → assenza di contraddizioni interne  completezza → spiegazione di tutti i dati a noi disponibili   semplicità → privilegiata la teoria che richiede minor numero di ipotesi esplicative  inoltre, perché sia rigoroso deve rispettare il principio di rilevanza, è rilevante scientificamente ciò che ha portata significativa per la conoscenza di un certo ambito della realtà (non di fatti particolari).  l’oggetto: è importante definire l’oggetto di studio di una scienza, ossia l’ambito di realtà di cui essa si occupa. dobbiamo distinguere tra oggetto reale e oggetto formale.   oggetto reale → fatto che muove il nostro interesse conoscitivo, che interroghiamo e problematizzare  oggetto formale → punto di vista particolare proprio di ciascuna scienza riguardo ad uno stesso oggetto (la geometria, psicologia, economia → possono dire cose differenti riguardo allo stesso oggetto reale)   ogni scienza fa riduzionismo rispetto all’oggetto reale in quanto ci dimentichiamo che un oggetto reale è molto più complesso di quanto una singola scienza sia in grado di dirci.  con dato intendiamo esattamente quello che ci è dato dall’esperienza. La ragione assume i dati come indizi: il dato viene valutato meglio quando è assunto come indizio a partire dal quale si può ricostruire il fatto nella sua interezza.  la scienza si occupa di costruire un collegamento razionale tra dati e fatti, da qui si crea un modello, cioè delle rappresentazioni del fatto che lo descrivono e lo spiegano. Il modello deve rispettare i dati, se vi sono incongruenze tra i dati e il modello, quest’ultimo non è accettabile.  Il modello deve anche tenere in considerazione il metodo di ciascuna scienza; dunque, i metodi messi in opera a seconda del modello.  Infine, è rilevante l’esperimento, cioè la messa alla prova per valutare concretamente dell’ipotesi formulata va fatta una prima distinzione tra scienze formali e scienze empiriche:  scienze empiriche → hanno bisogno di verifiche concrete nella realtà e in base al rapporto che hanno con i dati si distinguono in: o descrittive → si limitano a raccogliere e classificare i dati o ipotetico-deduttive → formulano anche ipotesi da cui i dati siano deducibili. Quando si costruisce un’ipotesi si trova il significato del particolare dentro una totalità   scienze formali → non hanno bisogno di verifiche empiriche  Alla base del messaggio verbale ci sono le lingue storico-naturali, che creano correlazioni permanenti tra suoni e concetti. la lingua non è un dato perché non la si riscontra come esistente e osservabile in un luogo. i dati linguistici con cui abbiamo a che fare sono gli usi delle lingue e non le lingue stesse.  allora cos’è una lingua? sistema segnico di cui si ipotizza l’esistenza nella mente dei parlanti per spiegare il comportamento linguistico di quei parlanti che eseguendo certi suoni emettono significati.  la lingua è un’organizzazione semantica mentale destinata a supportare i bisogni comunicativi dentro una comunità.  il metodo:  la parola metodo deriva dal greco e significa “strada da seguire”. il metodo comporta due fasi, la scoperta (fase euristica) e la verifica. la scoperta è il momento in cui formulo un’ipotesi che potrebbe confermare i miei dati, la verifica è il momento in cui il sapere viene messo alla prova.  in certi casi però, non tutti i dati di cui veniamo a disporre sono dimostrati dall’ipotesi fatta  esempio: ipotesi → tutti i mammiferi partoriscono piccoli vivi, eppure se ci si presenta il caso dell’ornitorinco che pur essendo un mammifero depone le uova, questo unico dato può smentire tutta la nostra ipotesi.  Dunque, si può dire che dopo aver confrontato l’ipotesi con un numero consistente di dati, l’ipotesi verrà sempre confrontata con dati nuovi, con la possibilità che un solo dato possa falsificarla. le ipotesi hanno infatti carattere provvisorio: “fino a prova contraria”.  i livelli di astrazione:  1. generalizzazione → procedimento induttivo, se incontro una decina di gatti con la coda, sarò portato a formulare un’ipotesi secondo la quale tutti i gatti hanno la coda. basta un solo caso che smentisca però la mia ipotesi. in ogni caso, i gatti e le code sono concetti esperienziali osservabili: se sono gatti, se hanno la coda, lo vedo 2. concetti non osservabili → determinate ipotesi devono confermare nozioni che vanno al di là di quanto l’esperienza possa mettere davanti ai nostri occhi. ad esempio, se una motocicletta possa essere scambiabile con una collana. Nikolaj Trubeckoj distinse entro una teoria semantica i foni dai fonemi, i foni sono i suoni che però non interessano il linguista per il loro aspetto fonetico, bensì perché servono a costruire parole diverse che distinguono diversi significati, si parla quindi di fonemi.  3. entità nascoste → questa spiegazione si formula a partire da indizi: se marco esce di casa, chiude tutto a chiave e spegne le luci, e quando torna vede la porta aperta e le luci accese pensa che in casa sua ci sia un ladro con la copia delle sue chiavi, questa ipotesi è formulata a partire da indizi.  capitolo 4  il logos  la parola italiana “logica” conserva poco del termine logos, oggi linguaggio e ragione sono termini nettamente separati, in antichità erano condensati nel termine logos.  in greco questa parola aveva tre accezioni:  1. discorso/parola/linguaggio 2. ragione  3. calcolo  da qui ci si deve chiedere se questi tre termini siano legati tra loro e dunque se logos sia un termine polisemico o omonimico.  omonimico: fiera (mercato locale o animale selvatico) → 1 significante con più significati totalmente differenti tra loro polisemico: carta (materiale, documento, carta da gioco) → 1 significante con differenti significati legati tra loro da un minimo comune denominatore secondo la nostra ipotesi, il linguaggio umano è permeato dalla ragione e la ragione coincide per molti aspetti con il linguaggio, inoltre il calcolo non è altro che espressione particolare della ragione, dunque le tre accezioni creano polisemia.  come i cinque sensi ci rapportano con gli oggetti fisici, allora anche la ragione si potrebbe presentare come un sesto senso, un organo che rapporta l’uomo con l’insieme dell’esperienza. questo rapporto è profondamente condizionato con il linguaggio, in quanto luogo del rapporto di ciascun uomo con i suoi simili e con il mondo.  Platone e l’intreccio di nomi e verbi  Platone paragona il testo al corpo umano, con testa, tronco ed estremità. con la scoperta della composizionalità Platone sviluppa la sua teoria della coesione: il linguaggio umano non presenta singole espressioni linguistico- semiotiche ma anche strutture più composte ottenute dall’unione di più strutture linguistiche che vengono a formare un senso unitario e nuovo. la lingua ci permette di costruire un numero infinito di messaggi partendo da un numero finito di elementi base.  egli distingue poi i nomi e i verbi, i verbi sono segni che si riferiscono ad azioni, modi di essere, i nomi sono segni che si riferiscono a coloro che compiono tali azioni. il discorso ha senso solo tutto intero, solo se uniamo verbi e nomi