Scarica La letteratura di Cicerone e più Appunti in PDF di Latino solo su Docsity! Cicerone 1. Un pilastro della storia politica e culturale di Roma Cicerone fu uno dei massimi protagonisti delle vicende politiche e culturali della Roma del I secolo a.C. La sua instancabile attività di oratore, studioso e politico, a cui corrisponde una sterminata produzione letteraria, ha pochi eguali nella storia di Roma. La sua attiva partecipazione a tutte le importanti vicende pubbliche dell’epoca e i suoi vasti interessi culturali ne fanno il simbolo stesso di tutti gli ideali e i principi su cui si fondava la tradizione etico-politica dell’uomo romano. 2. La vita: una carriera lunga e impegnata Marco Tullio Cicerone nasce nel 106 a.C. ad Arpino, da un’agiata famiglia equestre. Compie ottimi studi di retorica e filosofia a Roma. Nell’89 presta servizio militare nella guerra sociale agli ordini di Pompeo Strabone, il padre di Pompeo Magno. Nell’81 debutta come avvocato e nell’80 difende la causa di Sesto Roscio, circostanza che lo mette in conflitto con importanti esponenti del regime sillano. Tra il 79 e il 77 compie un viaggio in Grecia e in Asia: studia filosofia e retorica. Al ritorno sposa Terenzia, dalla quale gli nascono Tullia e Marco. Nel 75 è questore in Sicilia; nel 70 sostiene con successo l’accusa dei Siciliani contro l’ex governatore Verre. nel 69 è edile; nel 66, da pretore, appoggia la proposta di concedere a Pompeo poteri eccezionali per la lotta contro il re del Ponto Mitridate. Nel 63 è console, e reprime la congiura di Catilina. Dopo la formazione del primo triumvirato, il suo astro inizia a declinare. Nel 38 deve recarsi in esilio, con l’accusa di aver messo a morte senza processo i complici di Catilina; la sua casa viene rasa al suolo. Richiamato a Roma, vi torna nel 57. Fra il 56 e il 51 tenta una difficile collaborazione con i triumviri. Nel 51 è governatore in Cilicia. Allo scoppio della guerra civile, nel 49, aderisce con lentezza alla causa di Pompeo. Dopo la sconfitta di Pompeo ottiene il perdono di Cesare. Nel 45 muore la figlia Tullia; inizia la composizione di una lunga serie di opere filosofiche, mentre il dominio di Cesare lo tiene lontano dagli affari pubblici. Nel 44, dopo l’uccisione di cesare, torna alla vita politica e intraprende la lotta contro Antonio. dopo il voltafaccia di Ottaviano, che si stringe in triumvirato con Antonio e Lepido, il nome di Cicerone viene inserito nelle liste di proscrizione. Viene ucciso dai sicari di Antonio il 7 dicembre del 43. 3. L opere: una molteplicità di interessi Cicerone è di gran lunga l’autore classico latino di cui possediamo il maggior numero di opere. La sua vasta e molteplice produzione letteraria spazia dalle orazioni pronunciate nel corso della sua lunga carriera di avvocato e uomo politico alle opere trattatistiche nel campo della retorica, della politica e della filosofia. 4. Un nuovo progetto politico e sociale Cicerone è un protagonista e un testimone d’eccezione della crisi che porta al tramonto della repubblica: a questa crisi egli cercò di porre rimedio elaborando un articolato progetto di rinnovamento etico-politico. La sua rimane tuttavia un’ottica di parte, legata al progetto di egemonia di un blocco sociale le cui possibilità di affermazione all’interno della società romana sono in gran parte legate all’uso abile e accorto delle tecniche di comunicazione più efficaci. Cicerone mette a frutto la sua sapiente e persuasiva eloquenza nelle orazioni e provvede a organizzarne i presupposti teorici nei trattati dedicati alla retorica; la sua ars dicendi si rivela così una tecnica raffinatissima, funzionale al dominio dell’uditorio e alla regia delle sue passioni. Si riflette in questo una caratteristica peculiare della cultura romana, per la quale l’oratoria costituiva il modello fondamentale non solo di un’educazione elevata ma anche, in notevole misura, dell’espressione letteraria stessa. Al suo progetto politico-sociale Cicerone ha cercato di dare concreta applicazione anche adattandolo alla situazione contingente. Il fine delle sue opere filosofiche è dunque lo stesso che ispira alcune delle orazioni più significative: dare una solida base ideale, etica e politica a una classe dominante il cui rispetto per la tradizione nazionale (mos maiorum) non impedisca l’assorbimento della cultura greca. Propone così uno stile di vita garbatamente raffinato che si riassume nel termine di humanitas: quella coscienza culturale che è frutto dell’incivilimento, che è capacità di distinguere e di apprezzare ciò che è bello, giusto e conveniente. In questo senso, gran parte dell’opera ciceroniana può essere letta come la ricerca di un difficile equilibrio fra istanze di rinnovamento e necessità di conservazione dei valori tradizionali. 5. La parola come strumento di lotta politica: le orazioni Gli esordi: la Pro Sexto Roscio Amerino Dopo aver debuttato come avvocato nell’81, Cicerone nell’80 affronta una causa molto difficile, la prima importante della sua carriera: accetta il rischioso compito di difendere Sesto Roscio, accusato di parricidio da potenti figure dell’entourage del dittatore Silla. Il padre di Sesto Roscio era stato ucciso su mandato di due suoi parenti in accordo con Lucio Cornelio Crisogono, potente liberto di Silla, he aveva fatto inserire poi il nome dell’ucciso nelle liste di proscrizione per poter acquistare a basso prezzo le sue proprietà. Gli assassini cercarono quindi di sbarazzarsi anche del figlio, accusandolo di parricidio. La difesa di Roscio, poi assolto, fu un difficile e delicato banco di prova per Cicerone; e forse fu proprio la paura di ritorsioni a spingerlo a coprire Silla di lodi di maniera. Cicerone, in quanto sostenitore della ausa degli optimates, non era ostile al governo sillano, ma avrebbe preferito porre un freno agli arbitri e alle proscrizioni. Forse per il timore di rappresaglie, Cicerone si alontanò da Roma per un paio di anni tra il 79 e il 77, viaggiando per la Grecia e in Asia Minore: nel corso di questo viaggio ebbe anche modo di perfezionarsi nelle prestigiose scuole di retorica dell’Asia Minore e di Rodi. La questura i Sicilia: le Verrine Rientrato Roma dopo la morte di Silla, Cicerone ricoprì la questura in Sicilia nel 75. SI conquistò fama di governatore onesto e scrupoloso, tanto che nel 70 i siciliani gli proposero di sostenere l’accusa nel processo da loro intentato contro l’ex governatore Verre. Cicerone raccolse le prove in tempo brevissimo, anticipando i tempi del processo, che altrimenti si sarebbe svolto in condizioni politicamente molto più favorevoli a Verre. Cicerone non fece in tempo a esibire per intero l’imponente massa di prove e di testimonianze che aveva raccolto, e poté solo pronunciare la prima delle due actiones in Verrem: dopo solo pochi giorni Verre venne schiacciato dalle accuse, fuggì dall’Italia e venne condannato in contumacia. La vittoria su Quinto Ortensio Ortalo, il difensore di Verre, fu anche una vittoria in campo letterario: di fronte alla naturalezza con la quale il giovane Cicerone padroneggiava tutte le sfumature della lingua, l’asianesimo esasperato di Ortensio dovette risultare alquanto stucchevole. Il periodare è perlopiù armonioso, architettonicamente complesso; ma la sintassi è estremamente duttile e Cicerone non rifugge da un fraseggio conciso e martellante. La gamma dei registri è dominata con piena sicurezza, dalla narrazione semplice e pianta al racconto ricco di colore, dall’ironia arguta al pathos tragico. L’ingresso in senato: la Pro lege Manilia Nel 66, anno della sua pretura, con l’orazione Pro lege Manilia parla in favore del progetto di legge presentato dal tribuno Manilio, che prevedeva la concessione a Pompeo di poteri straordinari su tutto l’Oriente pe condurre efficacemente la guerra contro Mitridate, re del Ponto, che disturbava gravemente gli interessi economici di Roma nella zona. Quest’orazione gli attirò ripetute accuse di opportunismo ma alla base vie erano considerazioni e interessi politico-economici di ben più ampio respiro; la Pro lege Manilia rappresenta forse il punto di massimo avvicinamento di Cicerone alla politica dei populares. In realtà a essere minacciati, in Asia Minore, erano soprattutto gli interessi dei cavalieri, il ceto finanziario e imprenditoriale cui Cicerone era legato. Erano loro, gli equites, ad avere in appalto la riscossione delle imposte nelle province. Cicerone e Pompeo avevano entrambi bisogno dell’appoggio degli equites per conquistare altre posizioni nello stato ma, a differenza del condottiero, Cicerone non era disposto ad appoggiare anche le istanze dei populares. In particolare, egli fu sempre contrario a qualsiasi programma di redistribuzione delle terre pubbliche e di sgravio di debiti. Appunto è questa concordia ordinum a diventare il fondamento del progetto politico ciceroniano. Il consolato: le Catilinarie e la Pro Murena Fu proprio contando sulla natura politicamente moderata di Cicerone che una parte della nobiltà decise di coalizzarsi con il ceto equestre, e di appoggiare nella candidatura al consolato il grande homo novu. Le più celebri orazioni “consolari” di Cicerone sono le quattro Catilinarie, con le quali egli svelò le trame sovversive di Catilina, lo costrinse a fuggire da Roma e giustificò la propria decisione di far giustiziare i suoi complici senza processo. Quella concordia ordinum che aveva portato Cicerone al consolato segna così una prima importante affermazione proprio nella coesione con cui le forze moderate dello stato seppero reagire al tentativo rivoluzionario dei Catilinari. Su piano artistico spicca la prima Catilinaria, in cui Cicerone attaccò Catilina di fronte al senato riunito. Cicerone fece anche ricorso a un artificio retorico ce in precedenza non aveva mai impiegato: l’introduzione di una ”prosopopea” della Patria. Né si può dimenticare, nella seconda Catilinaria, il ritratto di Catilina e dei suoi seguaci corrotti dal lusso e dai vizi. Il primo triumvirato e lo scontro con Clodio: le orazioni “anticlodiane” Col tempo la posizione di Cicerone a Roma tende a indebolirsi. Un tribuno di parte popolare, Clodio, che aveva verso Cicerone anche rancori di origine personale, presentò nel 58 una legge in base alla quale doveva essere condannato all’esilio chi avesse fatto mettere a morte dei cittadini romani senza processo; la legge mirava evidentemente a colpire l’operato di Cicerone nella repressione dei catilinari. Non più sostenuto dalla nobiltà che poteva fare a meno di lui, e abbandonato anche da Pompeo, che doveva tenere conto delle esigenze dei triumviri suoi alleati,