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DE PROVIDENTIA
L. ANNAEI SENECAE DIALOGORVM LIBER I AD
IVCILIVM
Perché dei guai agli uomini buoni
QUARE ALIQVA INCOMMODA BONIS VIRIS
capitano, dato che c’è la provvidenza
ACCIDANT, GVM PROVIDENTIA SIT
Alessandro
IL sub. interrogativa indiretta (apodosi per.
Mi hai chiesto, o Lucilio, perché fpot)
quid (da quis?, quid?) ha funzione di avv.
11 QUAESISTI A ME, LUCILI, interrogativo e introduce una prop.
interrogativa indiretta (quid ... acciderent),
tante disgrazie capiti
dipendente da quaesisti
il mondo è governato,
Sarebbe più opportuno risponde:
di PERS dove dimostrassi che la SSE UNIN sovrintende a tutte le cose
e che dio si interessa a noi
ma dal momento che, si è deciso di stralciare una piccola parte dal tutto
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e di risolvere una sola obiezione, - lasciando la causa
impregiudicata - farò una cosa non difficile,
INTEGRA SOLVERE, FACIAM REM NON DIFFIGILEM.
2 Seneca: DE PROVIDENTIA L. ANNAEI SENECAE DIALOGORVM LIBER I AD LVCILIVM Perché dei guai agli uomini buoni QVARE ALIQVA INCOMMODA BONIS VIRIS capitano, dato che c’è la provvidenza ACCIDANT, CVM PROVIDENTIA SIT I. Mi hai chiesto, o Lucilio, perché mai, se dalla provvidenza 1.1 Quaesisti a me, Lucili, quid ita, si provvidenza il mondo è governato, tante disgrazie capitino ai buoni mundus ageretur, multa bonis viris mala Sarebbe più opportuno rispondere a questa domanda nella struttura acciderent. Hoc commodius in contextu di un’opera, dove dimostrassi che la provvidenza sovrintende a tutte le cose operis redderetur, cum praeesse universis e che dio si interessa a noi providentiam probaremus et interesse nobis ma dal momento che, si è deciso di stralciare una piccola parte dal tutto deum; sed quoniam a toto particulam revelli e di risolvere una sola obiezione, - lasciando la causa placet et unam contradictionem manente lite impregiudicata - farò una cosa non difficile, integra solvere, faciam rem non difficilem, sosterrò la difesa degli dei causam deorum agam . PRINCIPALE SUB I SUB II SUB III SUB IV 5 emergenti nel mare immenso exilientium mari spatia.
1.4 Questo paragrafo è interamente dedicato alla descrizione del fenomeno di accrescimento e abbassamento delle maree, la cui regolarità è spiegata attraverso l’influsso esercitato su di esse dalla luna. Chi avrà osservato che si spogliano le spiagge 1.4 Iam Vero si quis observaverit nudari litora al rifluire del mare e le medesime entro breve pelago in se recedente eademque intra exiguum tempo ne sono ricoperte, crederà che per un cieco rivoltarsi tempus operiri, credet caeca quadam volutatione ora le onde si raccolgano e si ritirino in se stesse, ora modo contrahi undas et introrsum agi, modo prorompano e con una corsa impetuosa riguadagnino la propria sede, quando erumpere et magno cursu repetere sedem suam, cum invece esse crescono in modo regolare e a ore e interim illae portionibus crescunt et ad horam ac giorni fissi sopraggiungono più grandi o più piccole, a seconda di come diem subeunt ampliores minoresque, prout illas l’astro lunare le attrae, dal cui influsso dipende il traboccare dell’oceano lunare sidus elicuit, ad cuius arbitrium oceanus Questi argomenti siano riservati alla loro propria occasione, più per questo exundat. Suo ista tempori reserventur, eo quidem motivo, perché tu non dubiti della provvidenza ma magis quod tu non dubitas de providentia sed te ne lamenti quereris. 6 1.5 Da qui in poi il proemio è di contenuto etico. I §§ 5-6 introducono il tema di fondo della trattazione: la sofferenza apparentemente ingiusta dell’uomo buono e l’altrettanto ingiusta prosperità del malvagio (condizioni rese attraverso l’espressività delle metafore: cf. laborare, sudare, escendere, fluere). Partendo dal presupposto della somiglianza e del legame (di parentela) fra dio e il vir bonus, Seneca risponde al problema individuando la funzione educativa delle difficoltà incontrate dal vir bonus, e dio assume così il ruolo di un padre severo Ti riconcilierò con gli dei, buoni verso
1.5 In gratiam te reducam cum dis adversus optimos i buoni. Né infatti, la natura, tollera che optimis. Neque enim rerum natura patitur ut mai le cose buone nuocciano ai buoni ; fra gli uomini buoni e umquam bona bonis noceant; inter bonos viros ac gli dei c’è amicizia, dal momento che li lega la virtù. Amicizia, deos amicitia est conciliante virtute. Amicitiam ho detto? No, anzi, di più, [c’è] parentela e somiglianza dico? immo etiam necessitudo et similitudo [sc.EST] , perché soltanto per la temporalità l’uomo buono differisce da dio quoniam quidem bonus tempore tantum a deo [è] suo allievo ed emulo e vera differt, discipulus eius aemulatorque et vera prole, che quello straordinario genitore, delle virtù progenies[sc.EST] , quam parens ille magnificus,virtutum non tenero esattore, come i padri severi, in modo davvero duro non lenis exactor, sicut severi patres [sc. sunt], durius educa. educat.
Perciò, quando vedrai uomini buoni e cari agli dei 1.6 Itaque cum videris bonos viros acceptosque dis faticare, sudare, arrancare su di un percorso difficile, e i malvagi laborare sudare, per arduum escendere, malos invece darsi alla pazza gioia e nuotare nei piaceri, pensa 7 autem lascivire et voluptatibus fluere, cogita che noi godiamo dei figli dell’obbedienza, dell’impertinenza dei giovani schiavi filiorum nos modestia delectari, vernularum che quelli da una disciplina più severa sono tenuti a freno, licentia [sc. delectari], illos disciplina tristiori contineri, mentre di questi horum viene alimentata l’insolenza. La stessa cosa ti sia chiara di dio: ali audaciam. Idem tibi de deo liqueat: bonum virum non tratta l’uomo buono come il favorito, lo mette alla prova, lo rafforza, lo prepara a sé. in deliciis non habet, experitur indurat, sibi illum parat. II. “Perché capitano molte avversità agli uomini per bene?” 2.1.’Quare multa bonis viris adversa eveniunt?' All’uomo buono non può accadere nulla di male: Nihil accidere bono viro mali potest: non gli elementi contrari non si mescolano (fra di loro). Allo stesso modo in cui tanti miscentur contraria. Quemadmodum tot fiumi, tanto di piogge cadute dall’alto amnes, tantum superne deiectorum imbrium, tanta forza di fonti curative non alterano tanta medicatorum vis fontium non mutant il sapore del mare né lo addolciscono, così saporem maris, ne remittunt quidem, ita l’assalto delle avversità, non muta l’animo dell’uomo forte: adversarum impetus rerum viri fortis non 10 matres indulgeant? illi excitari iubent liberos perché si mettano a studiare presto, e anche nei giorni di festa ad studia obeunda mature, feriatis quoque non permettono che trascorrano il tempo senza fare nulla, e il sudore diebus non patiuntur esse otiosos, et sudorem e talvolta le lacrime ne spremono; invece illis et interdum lacrimas excutiunt; at le madri, scaldarseli in seno, tenerli al riparo nell’ombra, matres fovere in sinu, continere in umbra vogliono , che mai siano tristi, che mai volunt, numquam contristari, numquam piangano, mai facciano fatica. flere, numquam laborare. Paterno è l’animo di dio nei confronti degli uomini buoni 2.6 Patrium deus habet adversus bonos viros buoni ed essi con forza ama, e «da fatiche» animum et illos fortiter amat et 'operibus' dice « da dolori, perdite siano istigati per inquit 'doloribus damnis exagitentur, ut ottenere la vera forza». Si indeboliscono verum colligant robur.' Languent per per inerzia i corpi ingrassati e non per la fatica soltanto ma inertiam saginata nec labore tantum sed per il movimento e per il loro stesso peso sono sfiniti. Non regge motu et ipso sui onere deficiunt. Non fert alcun colpo una mai intaccata prosperità; e chi è abituato ullum ictum inlaesa felicitas; at cui adsidua 11 a lottare con i propri guai, (egli) il callo attraverso fuit cum incommodis suis rixa, callum per le avversità si è fatto e non ad alcun male si arrende, ma anche se iniurias duxit nec ulli malo cedit, sed etiam si è caduto, combatte in ginocchio. cecidit de genu pugnat. Tu ti meravigli, se quel dio dei buoni 2.7 Miraris tu, si deus ille bonorum Straordinariamente amante, e che vuole che essi siano il più possibile ottimi amantissimus, qui illos quam optimos esse ed eccellenti, a loro assegna un destino avverso atque excellentissimos vult, fortunam illis con il quale possano mettersi alla prova ? Io invece non cum qua exerceantur adsignat? Ego vero non mi meraviglio se qualche volta agli dei viene il desiderio miror, si aliquando impetum capiunt di guardare i grandi uomini che lottano con spectandi magnos viros conluctantis cum qualche sventura. aliqua calamitate. A noi tanto in tanto a noi fa piacere se un ragazzo 2.8 Nobis interdum voluptati est, si adulescens dall’animo saldo affronta la fiera che lo assale con lo spiedo da caccia, constantis animi inruentem feram venabulo se sostiene senza paura l’attacco di un leone 12 excepit, si leonis incursum interritus pertulit, questo spettacolo è tanto più gradito tantoque hoc spectaculum est gratius quanto più nobile è chi lo ha compiuto. Non sono questi quanto id honestior fecit. Non sunt ista quae spettacoli ad attirare su di sé lo sguardo degli dei, possint deorum in se vultum convertere, cose da bambini infantili e divertimenti della leggerezza umana: puerilia et humanae oblectamenta levitatis: Ecco uno spettacolo degno al quale 2.9 ecce spectaculum dignum ad quod guardi un dio, intento nella sua opera, ecco una coppia respiciat intentus operi suo deus, ecce par deo degna di un Dio: l’uomo forte alle prese con la cattiva sorte dignum, vir fortis cum fortuna mala soprattutto se l’ha sfidata. Non compositus, utique si et provocavit. Non vedo, dico, che cosa abbia Giove sulla terra video, inquam, quid habeat in terris Iuppiter di più bello, se là voglia rivolgere l’attenzione, pulchrius, si <eo> convertere animum velit, che guardare Catone che, nonostante, le ripetute sconfitte del suo partito, quam ut spectet Catonem iam partibus non si erge in piedi tuttavia fra semel fractis stantem nihilo minus inter le rovine dello stato. ruinas publicas rectum. 15 per gli dei immortali non fu sufficiente efficax vulnus: non fuit dis inmortalibus satis ammirare Catone una sola volta; trattenuta e richiamata spectare Catonem semel; retenta ac revocata fu la sua virtù perché si mostrasse in una parte più difficile; virtus est ut in difficiliore parte se infatti la morte non si affronta con un animo tanto grande ostenderet; non enim tam magno animo mors come quando la si ripete. Perché non dovevano initur quam repetitur. Quidni libenter guardare con piacere il loro allievo andarsene con una fine così gloriosa e memorabile? spectarent alumnum suum tam claro ac La morte memorabili exitu evadentem? mors illos consacra quelli dei quali lodano la fine e anche coloro che la temono consecrat quorum exitum et qui timent laudant. III. Ha ora inizio la propositio, l’indicazione degli aspetti che l’oratore si propone di dimostrare: le avversità in realtà non sono un male e hanno uno scopo educativo per i singoli e per l’umanità: i boni viri sono l’esempio di chi non si piega alla sorte avversa. Se a un uomo non capita qualche difficoltà, prosegue Seneca nel capitolo, egli non ha la possibilità di mettersi alla prova e di misurare così il suo valore. Dopo l’esempio di Catone (2,9ss.), in questo capitolo (§§ 4ss.) troviamo quelli di Muzio Scevola, Fabrizio, Rutilio, Regolo, che forniscono un modello di coraggio. Al contrario, Mecenate visse invece nei piaceri e nelle mollezze (§ 10). Il capitolo si chiude infine con le figure di Socrate e Catone, esempi tipici di morte “stoica” (§§ 13s.).
Ma ormai proseguendo nel discorso (‘nel seguito del discorso’), dimostrerò 3.1 Sed iam procedente oratione ostendam 16 come non siano mali quelli che sembrano esserlo: Per ora, quam non sint quae videntur mala: nunc dico questo, codesti eventi che tu definisci duri illud dico, ista quae tu vocas aspera, quae contrari e da respingere [1] in primo luogo esistono a vantaggio di quegli stessi adversa et abominanda, primum pro ipsis esse cui capitano, [2] poi a vantaggio della totalità degli uomini, quibus accidunt, deinde pro universis [esse], della quale gli dei hanno più cura piuttosto che verso i singoli, quorum maior dis cura quam singulorum est, [3] e inoltre capitano a coloro che li vogliono e che sarebbero degni del male, post hoc volentibus accidere ac dignos malo se non li volessero. A questi aspetti aggiungerò [4] che è per volere del fato che queste vicende vanno così esse si nolint. His adiciam fato ista sic ire et e che capitano ai buoni per quella stessa legge per cui sono buoni. eadem lege bonis evenire qua sunt boni. Ti convincerò infine [5] a non avere mai compassione di un uomo per bene: Persvadebo deinde tibi ne umquam boni viri è possibile infatti dire che è infelice, ma non è possibile che lo sia. miserearis; potest [sc. vir bonus] enim miser dici, non potest esse [miser]. 17
La più difficile fra tutte le argomentazioni che ho esposto 3.2 Difficillimum ex omnibus [esse] quae proposui pare (quella) che ho nominato per prima, (ovvero) che sono a vantaggio videtur [id] quod primum dixi, pro ipsis esse di coloro ai quali accadono gli eventi che ci fanno rabbrividire e quibus eveniunt ista quae horremus ac tremare di paura. “È a loro vantaggio” obietti tu “in esilio tremimus. 'Pro ipsis est' inquis 'in exilium essere cacciati, precipitare nella povertà, i propri figli la propria sposa, proici, in egestatem deduci, liberos coniugem dover seppellire, essere colpiti dal disonore, perdere la salute?”. Se ecferre, ignominia adfici, debilitari?' Si ti meravigli del fatto che queste disgrazie siano a vantaggio di qualcuno, dovrai meravigliarti miraris haec pro aliquo esse, miraberis del fatto che alcuni siano curati dal ferro e dal fuoco non meno che dalla fame quosdam ferro et igne curari, nec minus fame o dalla sete. Ma se avrai tenuto a mente che è allo scopo di curare ac siti. Sed si cogitaveris tecum remedii causa che ad alcuni vengono raschiate e levate le ossa, estratte quibusdam et radi ossa et legi et extrahi le vene, amputati certi arti che venas et quaedam amputari membra quae sine 20 è vergognoso scontrarsi con un uomo possimus manum: pudet congredi cum homine già preparato a essere sconfitto. vinci parato. Il gladiatore ritiene un disonore affrontare un avversario
3.4 'Ignominiam iudicat gladiator cum a lui inferiore e sa che si vince senza gloria inferiore componi et scit eum sine gloria chi si vince senza pericolo Lo stesso fa vinci qui sine periculo vincitur. Idem facit la sorte: cerca gli avversari più forti, pari a lei, fortuna: fortissimos sibi pares quaerit, a certi passa oltre con disprezzo quosdam fastidio transit. Contumacissimum assale il più fiero e il più inflessibile, contro quemque et rectissimum adgreditur, adversus il quale dirige la sua forza: ha provato il fuoco quem vim suam intendat: ignem experitur in su Mucio, la povertà su Fabrizio , l’esilio su Mucio, paupertatem in Fabricio, exilium in Rutilio, i tormenti su Regolo, il veleno su Rutilio, tormenta in Regulo, venenum in 21 Socrate, la morte su Catone. Un grande esempio Socrate, mortem in Catone. Magnum exemplum lo trova solo la cattiva sorte. nisi mala fortuna non invenit.
È forse sfortunato Mucio preme con la destra il fuoco dei nemici 3.5 Infelix est Mucius quod dextra ignes e si assume da sé il castigo del suo errore hostium premit et ipse a se exigit erroris sui perché con [la mano] bruciata mette in fuga il re che non era riuscito a mettere in fuga con la mano armata? poenas, quod regem quem armata manu non E quindi? Sarebbe più fortunato potuit exusta fugat? Quid ergo? felicior esset, se riscaldasse la mano nel seno dell’amante? si in sinu amicae foveret manum?
È forse sfortunato Fabrizio, perché vanga il suo campo 3.6 Infelix est Fabricius quod rus suum, per quanto [tempo] gli resta [lett. ‘è rimasto’] libero dalla vita pubblica? Perché quantum a re publica vacavit, fodit? quod fa la guerra tanto a Pirro quanto alla ricchezza? 22 bellum tam cum Pyrrho quam cum divitiis Perché mangia accanto al focolare quelle stesse radici gerit? quod ad focum cenat illas ipsas radices ed erbe che il vecchio trionfatore ha estirpato nel ripulire il campo? et herbas quas in repurgando agro E quindi? Sarebbe più fortunato, triumphalis senex vulsit? Quid ergo? felicior se nel suo ventre accumulasse pesci di una costa lontana esset, si in ventrem suum longinqui litoris e uccelli esotici se pisces et peregrina aucupia congereret, si se risvegliasse la stanchezza di uno stomaco in preda alla nausea con ostriche del mare Adriatico e del Tirreno conchyliis superi atque inferi maris pigritiam se con un enorme stomachi nausiantis erigeret, si ingenti mucchio di frutti circondasse la selvaggina di grande taglia, pomorum strue cingeret primae formae feras, catturata con grande perdita di cacciatori? captas multa caede venantium?
È forse sfortunato Rutilio, perché quelli che lo 25 nocuit quod illum documentum fidei, un esempio di resistenza? Chiodi trafiggono la pelle documentum patientiae fecit? Figunt cutem e ovunque appoggi il corpo affaticato, clavi et quocumque fatigatum corpus si stende su di una ferita; in una costante reclinavit, vulneri incumbit; in perpetuam veglia gli occhi sono spalancati: quanto più grande vigiliam suspensa sunt lumina: quanto plus è il tormento, tanto più sarà la gloria. [se] Vuoi sapere tormenti tanto plus erit gloriae. Vis scire come non si penta di avere attribuito questo prezzo alla virtù? quam non paeniteat hoc pretio aestimasse Schiodalo e mandalo in senato: virtutem? refige illum et mitte in senatum: esprimerà lo stesso identico parere. eandem sententiam dicet.
A Regolo Sen. contrappone qui l’esempio negativo di Mecenate, angosciato proprio a causa della sua eccessiva fortuna; è qui descritto il motivo del sapiens più felice del gaudente, consolidato nella letteratura filosofica: il gaudente è rappresentato, appunto, da Mecenate (69-8 a.C.), il consigliere di Augusto, influente protettore di letterati e artisti, e per Seneca il “prototipo dell’effeminato, nella vita e nei versi” (Traina) Tu consideri quindi più fortunato Mecenate, lui, che 3.10 Feliciorem ergo tu Maecenatem putas, cui afflitto dalle pene d’amore e disperato per i rifiuti quotidiani di una moglie intrattabile 26 amoribus anxio et morosae uxoris cotidiana cerca il sonno attraverso la dolce musica di orchestre repudia deflenti somnus per symphoniarum che risuonano da lontano? cantum ex longinquo lene resonantium Cerchi pure di prendere sonno con il vino e quaeritur? Mero se licet sopiat et aquarum di distrarsi con il rumore dell’acqua e di ingannare con mille piaceri fragoribus avocet et mille voluptatibus la mente in ansia resterà sveglio su di un letto di piume mentem anxiam fallat, tam vigilabit in pluma come quello sulla croce; ma a quello è di conforto, in nome della quam ille in cruce; sed illi solacium est pro virtù, sopportare dolori e alla causa stessa honesto dura tolerare et ad causam a rivolge l’attenzione dalla sofferenza; questo, invece, avvizzito dai piaceri patientia respicit, hunc voluptatibus e afflitto da una felicità eccessiva, marcidum et felicitate nimia laborantem più di ciò che soffre, vessa per causa del suo soffrire. magis iis quae patitur vexat causa patiendi.
I vizi non sono arrivati al possesso del genere umano al punto 27 3.11 Non usque eo in possessionem generis di far dubitare che, humani vitia venerunt ut dubium sit an data la possibilità di scegliere il proprio destino, i più, vorrebbero nascere Regoli electione fati data plures nasci Reguli quam anziché Mecenati; oppure, se ci sarà qualcuno che Maecenates velint; aut si quis fuerit qui che avrà il coraggio di dire che avrebbe preferito nascere Mecenate piuttosto che Regolo, audeat dicere Maecenatem se quam Regulum questa stessa persona, anche se non lo dice , avrebbe preferito nasci maluisse, idem iste, taceat licet, nasci se nascere Terenzia. Terentiam maluit.
Ritieni forse che Socrate sia stato trattato male, perché 3.12 Male tractatum <esse> Socratem iudicas quod ingerì quella bevanda preparatagli dallo stato in modo non diverso illam potionem publice mixtam non aliter da un farmaco dell’immortalità quam medicamentum inmortalitatis obduxit e discusse della morte fino al sopraggiungere di essa? et de morte disputauit usque ad ipsam? Male Ci si comportò male con lui, perché il sangue si gelò 30 tutti sappiano che questi non sono mali, quelli dei quali io omnes sciant non esse haec mala quibus ego ho ritenuto degno Catone». dignum Catonem putavi.' IV. Le situazioni fortunate piovono e sul popolo e sulle nature di scarso valore 4.1. Prosperae res et in plebem ac vilia ingenia al contrario, porre le disgrazie e le paure deveniunt; at calamitates terroresque dei mortali sotto il giogo è proprio di un uomo grande mortalium sub iugum mittere proprium magni Essere sempre fortunato e trascorrere la vita senza alcun morso interiore viri est. Semper vero esse felicem et sine morsu [lett. ‘dell’animo] è (significa) ignorare animi transire vitam ignorare est rerum l’altra faccia della natura. naturae alteram partem.
Sei un uomo grande: ma da dove posso saperlo, se la fortuna 4.2Magnus vir es: sed unde scio, si tibi fortuna non ti dà la possibilità di dimostrare la tua virtù? non dat facultatem exhibendae virtutis? Sei sceso in gara alle Olimpiadi, ma non c’era nessuno oltre a te: Descendisti ad Olympia, sed nemo praeter te: 31 certo, hai la medaglia, ma non hai la vittoria; non coronam habes, victoriam non habes; non mi rallegro con te come con un uomo forte, ma come gratulor tamquam viro forti, sed tamquam uno che ha ottenuto il consolato o la pretura : di una carica consulatum praeturamve adepto: honore sei stato insignito auctus es.
Lo stesso posso dire anche all’uomo buono, se una
4.3 Idem dicere et bono viro possum, si illi situazione più difficile non gli ha offerto l’occasione per nullam occasionem difficilior casus dedit in dimostrare la forza del suo animo: «infelice, qua [una] vim animi sui ostenderet: 'miserum ti ritengo, perché non sei mai stato infelice te iudico, quod numquam fuisti miser. Hai trascorso la vita senza un avversario; nessuno saprà Transisti sine adversario vitam; nemo sciet di cosa saresti stato capace, neppure tu stesso» È necessaria quid potueris, ne tu quidem ipse.' Opus est infatti una prova per conoscersi enim ad notitiam sui experimento; quid nessuno sa di cosa è capace se non mettendosi alla prova quisque posset nisi temptando non didicit. Perciò alcuni si offrirono di propria volontà a mali che tardavano ad arrivare 32 Itaque quidam ipsi ultro se cessantibus malis e alla virtù che stava per oscurarsi optulerunt et virtuti iturae in obscurum cercarono l’occasione per farla brillare occasionem per quam enitesceret quaesierunt.
Gioiscono, dico i grandi uomini qualche volta
4.4 Gaudent, inquam, magni viri aliquando delle avversità, non diversamente da come i soldati valorosi rebus adversis, non aliter quam fortes milites gioiscono della guerra; io ho sentito Trionfo, mirmillone sotto l’imperatore Tiberio bello; Triumphum ego murmillonem sub Ti. lamentarsi della rarità dei giochi: Caesare de raritate munerum audivi «Che bell’epoca se n’è andata!» diceva. querentem: 'quam bella' inquit 'aetas perit!' La virtù è avida del pericolo e pensa a dove tendere Avida est periculi virtus et quo tendat, non non a cosa soffrirà, perché anche le sofferenze quid passura sit cogitat, quoniam etiam quod [lett. ‘ciò che ha sofferto’] sono parte della sua gloria. I soldati passura est gloriae pars est. Militares viri si vantano delle ferite, mostrano fieri il sangue che scorre in un’occasione migliore; gloriantur vulneribus, laeti fluentem meliori anche se avessero compiuto le medesime imprese casu sanguinem ostentant: idem licet coloro che tornano incolumi dalla battaglia fecerint qui integri revertuntur ex acie, attirano più sguardi chi torna ferito. 35 il giogo pesa su di un collo delicato; all’idea tenerae cervici iugum; ad suspicionem di una ferita la recluta impallidisce; coraggiosamente il veterano vulneris tiro pallescit, audacter veteranus guarda il suo stesso sangue, (egli) che sa di avere vinto molte volte cruorem suum spectat, qui scit se saepe vicisse dopo aver versato sangue. Perciò coloro che dio mette alla prova, post sanguinem. Hos itaque deus quos probat, che ama, li rafforza, li riconosce, li fa esercitare; quos amat, indurat recognoscit exercet; eos quelli che sembra invece favorire, autem quibus indulgere videtur, quibus risparmiare, li riserva deboli ai mali futuri. Sbagliate, parcere, molles venturis malis servat. Erratis se ritenete qualcuno esente (da queste cose) arriverà enim si quem iudicatis exceptum: veniet <et> ad anche a lui - a lungo fortunato - la sua parte chiunque sembra illum diu felicem sua portio; quisquis videtur essere stato congedato, è stato solo rinviato dimissus esse dilatus est.
Torna la domanda posta a fondamento del dialogo. Sen. risponde richiamando, per analogia, l’ambito militare. Dio è implicitamente paragonato al comandante di un esercito che affida i compiti più rischiosi ai suoi uomini migliori. Questi ultimi accettano volentieri tale responsabilità, in quanto prova di stima da parte del comandante: lo stesso deve fare quindi il vir bonus. Perché dio affligge tutti i migliori o con la cattiva
4.8 Quare deus optimum quemque aut mala 36 salute o con lutti o con altre avversità? valetudine aut luctu aut aliis incommodis Perché anche nell’accampamento le azioni pericolose adficit? quia in castris quoque periculosa vengono comandate ai più forti: il comandante manda i suoi soldati migliori fortissimis imperantur: dux lectissimos mittit a tendere imboscate notturne ai nemici qui nocturnis hostes adgrediantur insidiis o a esplorare il percorso o una postazione di difesa in una posizione strategica aut explorent iter aut praesidium loco abbattere Nessuno di quelli che ci vanno dice: deiciant. Nemo eorum qui exeunt dicit ‘male «Il comandante mi ha trattato male» ma (dice) «ha valutato bene» de me imperator meruit', sed 'bene iudicavit'. Lo stesso dica chiunque riceva l’ordine di sopportare Idem dicant quicumque iubentur pati timidis cose da far piangere i paurosi e i vili: «A dio siamo sembrati degni ignavisque flebilia: 'digni visi sumus deo in di riuscire a provare quanto la natura umana quibus experiretur quantum humana natura sia capace di sopportare» posset pati.'
Fuggite i piaceri, fuggite una felicità che vi infiacchisce
4.9 Fugite delicias, fugite enervantem a causa della quale i vostri animi perdono di vigore e , se non felicitatem qua animi permadescunt et, nisi se non interviene qualcosa che ricordi loro la sorte umana, aliquid intervenit quod humanae sortis 37 si consumano come assopiti da una continua ubriachezza. admoneat,<tabescunt> velut perpetua ebrietate (colui) che i vetri hanno sempre protetto dalla corrente (d’aria), sopiti. Quem specularia semper ab adflatu (colui) i cui piedi si sono sempre riscaldati vindicaverunt, cuius pedes inter fomenta con impacchi ripetutamente rinnovati, le cui sale da pranzo subinde mutata tepuerunt, cuius cenationes ha riscaldato il calore posto sotto e diffusosi dalle pareti subditus et parietibus circumfusus calor questi, anche una leggera corrente d’aria non senza rischio temperavit, hunc levis aura non sine periculo lo coglierà stringet.
Dal momento che tutto ciò che oltrepassa la misura è
10. Cum omnia quae excesserunt modum dannoso, l’eccesso di felicità noceant, periculosissima felicitatis è il più pericoloso: sconvolge la mente vane intemperantia est: movet cerebrum, in vanas illusioni le suscita fra il falso mentem imagines evocat, multum inter falsum e il vero distende una nebbia densa. Non ac verum mediae caliginis fundit. Quidni sarebbe meglio sopportare una sfortuna continua se c’è il sostegno della virtù, satius sit perpetuam infelicitatem advocata piuttosto che essere devastati da beni infiniti 40 le braccia dei soldati hanno la forza di scagliare giavellotti, agili ha tela militares lacerti valent, agilia sunt le membra chi corre: in ognuno la parte più forte membra cursoribus: id in quoque solidissimum è quella che ha mantenuto in esercizio. L’animo giunge a non trascurare est quod exercuit. Ad contemnendam la sofferenza dei mali grazie alla sofferenza stessa; patientiam malorum animus patientia pervenit; e saprai l’effetto che essa può produrre in noi se quae quid in nobis efficere possit scies, si osserverai quanto la fatica faccia ai popoli privi di risorse aspexeris quantum nationibus nudis et inopia e resi più forti dal bisogno. fortioribus labor praestet.
Seneca recupera ora un topos diatribico contrapponendo i popoli barbari e primitivi (soprattutto del nord), caratterizzati da una vita semplice, alla società contemporanea decadente per il progresso e i costumi corrotti. Considera tutti i popoli presso i quali la pace romana non è in vigore
14. Omnes considera gentes in quibus Romana intendo dire i Germani e qualunque pax desinit, Germanos dico et quidquid circa popolazione di nomadi accorsa sulle rive dell’Istro: Histrum vagarum gentium occursat: perpetua li opprime un inverno perenne, un cielo cupo; 41 illos hiemps, triste caelum premit, maligne una terra sterile dà loro nutrimento in modo insufficiente; solum sterile sustentat; imbrem culmo aut si riparano dalle intemperie con tetti di paglia o di fronde; percorrono laghi induriti dal ghiaccio, fronde defendunt, super durata glacie stagna per nutrirsi vanno a caccia di fiere. persultant, in alimentum feras captant.
Ti sembrano infelici? Nulla
15. Miseri tibi videntur? nihil miserum est che l’abitudine abbia trasformato in condizione naturale è infelice quod in naturam consuetudo perduxit; poco a poco è motivo di gioia ciò che ha avuto origine dalla necessità. paulatim enim voluptati sunt quae necessitate Non hanno case né abitazioni, coeperunt. Nulla illis domicilia nullaeque se non quelle che la stanchezza ha imposto alla giornata; sedes sunt nisi quas lassitudo in diem posuit; cibo scadente e per di più da cercare con le mani, vilis et hic quaerendus manu victus, l’orribile ostilità del clima, i corpi non coperti: horrenda iniquitas caeli, intecta corpora: questo, che a te sembra una disgrazia, è il modo di vivere di tanti popoli. hoc quod tibi calamitas videtur tot gentium vita est.
42 Perché ti meravigli del fatto che gli uomini buoni 16. Quid miraris bonos viros, ut perché si fortifichino, siano spaventati? Non esiste albero solido confirmentur, concuti? non est arbor solida né forte se non quello contro il quale incorra un vento continuo; nec fortis nisi in quam frequens ventus esso si rafforza, infatti, per lo scuotimento e incursat; ipsa enim vexatione constringitur et affonda le sue radici in modo più stabile; sono fragili (gli alberi) che radices certius figit: fragiles sunt quae in sono cresciuti in una valle non esposta alle intemperie. È quindi proprio a vantaggio degli uomini buoni stessi, aprica valle creverunt. Pro ipsis ergo bonis perché possano vivere liberi dalla paura, viris est, ut esse interriti possint, multum trovarsi spesso in situazioni spaventose e sopportare con animo sereno inter formidolosa versari et aequo animo quelli che non sono mali se non per chi male ferre quae non sunt mala nisi male li sopporta. sustinenti. V. Aggiungi ora che è a vantaggio della collettività che tutti i migliori siano 5.1 Adice nunc quod pro omnibus est optimum per così dire, in armi e siano in piena quemque, ut ita dicam, militare et edere attività Dio ha questo fine, che è anche quello del sapiente, operas. Hoc est propositum deo quod sapienti 45 inpudicitiam? Quid porro? non est iniquum che le più nobili vergini si sveglino di notte a compiere i sacrifici, nobilissimas virgines ad sacra facienda mentre le ragazze impure godano di un sonno profondissimo? noctibus excitari, altissimo somno inquinatas frui? La fatica chiama i migliori: il senato si riunisce spesso 5.4 Labor optimos citat: senatus per totum per tutto il giorno mentre in quello stesso lasso di tempo diem saepe consulitur, cum illo tempore tutti i più spregevoli si divertono in ozio nel Campo Marzio vilissimus quisque aut in campo otium suum o se ne stanno nascosti in una bettola o sprecano il oblectet aut in popina lateat aut tempus in tempo in qualche circolo. Lo stesso accade in questo stato (più) grande: aliquo circulo terat. Idem in hac magna re gli uomini buoni faticano, si sacrificano, publica fit: boni viri laborant, inpendunt, sono sacrificati e di loro spontanea volontà, inpenduntur, et volentes quidem; non non sono trascinati dalla sorte, ma la seguono e trahuntur a fortuna, sequuntur illam et adeguano i loro passi, e se lo avessero saputo, l’avrebbero preceduta. 46 aequant gradus; si scissent, antecessissent. Il paragrafo è impegnato dalla sermocinatio del filosofo cinico Demetrio, che avevamo già incontrato in prov. 3,3 (v. supra, ad loc.). Ricordo di aver sentito anche queste parole, appassionate, di Demetrio, 5.5 Hanc quoque animosam Demetri fortissimi uomo fortissimo: «Di questo soltanto, viri vocem audisse me memini: 'hoc unum' Dèi immortali, posso lamentarmi con voi, inquit 'de vobis, di inmortales, queri possum, del fatto che non mi abbiate reso nota prima la vostra volontà: quod non ante mihi notam voluntatem infatti sarei andato incontro prima a quelle prove, alle vestram fecistis; prior enim ad ista venissem quali sono chiamato ora. Volete prendere i miei figli? ad quae nunc vocatus adsum. Vultis liberos Li ho cresciuti per voi. Volete sumere? vobis illos sustuli. Vultis aliquam una parte del mio corpo? Prendetela: Non faccio una grande promessa: partem corporis? sumite: non magnam rem presto ve lo lascerò tutto. Volete promitto, cito totum relinquam. Vultis la mia vita? Perché dovrei frapporre un qualche indugio, per cui 47 spiritum? quidni nullam moram faciam quo non riceviate indietro quello che avete dato? Da me, che vi assecondo, minus recipiatis quod dedisti? A volente prenderete qualsiasi cosa avrete chiesto E allora? feretis quidquid petieritis. Quid ergo est? Avrei preferito offrire piuttosto che consegnare. Che bisogno maluissem offerre quam tradere. Quid opus c’era di togliere? Avreste potuto prendere ma non toglierete adesso fuit auferre? accipere potuistis; sed ne nunc perché niente si strappa se non a chi quidem auferetis, quia nihil eripitur nisi lo tiene stretto». retinenti.'
Nulla mi costringe, nulla sopporto contro la mia volontà non 5.6 Nihil cogor, nihil patior invitus, nec servo dio, ma acconsento, a maggior ragione servio deo sed assentior, eo quidem magis perché so che tutte le cose scorrono per una legge certa pronunciata per l’eternità. quod scio omnia certa et in aeternum dicta lege decurrere. 50 «Ma perché dio è stato così ingiusto nella 5.9 ’Quare tamen deus tam iniquus in distribuzione del destino da assegnare agli uomini buoni distributione fati fuit ut bonis viris povertà e colpi e lutti prematuri?» paupertatem et vulnera et acerba funera L’artefice non può modificare la materia: adscriberet?' Non potest artifex mutare ha subìto questa condizione Certe cose non si possono separare materiam: ~hoc passa est~. Quaedam separari a da certe altre, sono coese, sono indivisibili. quibusdam non possunt, cohaerent, individua Nature pigre e sul punto di addormentarsi sunt. Languida ingenia et in somnum itura o in uno stato di veglia del tutto simile al sonno aut in vigiliam somno simillimam inertibus sono connesse a elementi inerti: per formare un uomo nectuntur elementis: ut efficiatur vir cum degno di questo nome, c’è bisogno di un destino più forte. Non cura dicendus, fortiore fato opus est. Non Non avrà una vita pianeggiante: bisogna che vada su e erit illi planum iter: sursum oportet ac e giù, che sia sballottato e che guidi la nave nella 51 deorsum eat, fluctuetur ac navigium in tempesta Deve mantenere la rotta contro la fortuna, turbido regat. Contra fortunam illi tenendus gli accadranno molte cose spiacevoli, dolorose, ma est cursus; multa accident dura, aspera, sed lui stesso saprà attenuare e alleviare Il fuoco tempra l’oro quae molliat et conplanet ipse. Ignis aurum il dolore gli uomini forti. probat, miseria fortes viros. Nei due §§ conclusivi del capitolo, Sen. allude al mito di Fetonte, attraverso la citazione di Ovidio (met. 2,63-69; 79-81, oltre alla parziale rielaborazione di un emistichio del v. 74). Fetonte, figlio del Sole, aveva ottenuto dal padre il permesso di guidare il suo carro, ma, incapace di controllarlo, fu fulminato da Zeus e precipitò nel fiume Eridano (Po); questa figura è qui il simbolo dell’uomo virtuoso, sul difficile cammino della virtù: la citazione ovidiana assume dunque valenza morale. I versi citati sono tratti dal discorso che il Sole rivolge a Fetonte per dissuaderlo dal chiedergli il carro. Guarda quanto in alto debba salire la virtù: 5.10 Vide quam alte escendere debeat virtus: ti renderai conto che questa non percorre un sentiero sicuro. scies illi non per secura vadendum. 52 «Ripida, all’inizio, è la via, e con che fatica Ardua prima via est et quam vix mane si inerpicano i cavalli, freschi al mattino; in mezzo è recentes enituntur equi; medio est altissima in cielo, da lì spesso mi spavento a guardare il mare e la terra, altissima caelo, unde mare et terras ipsi e di paura e sgomento mihi saepe videre sit timor et pavida mi trema il petto. L’ultimo tratto è in discesa trepidet formidine pectus. ultima prona via e richiede una guida ferma, allora, anche lei, Teti, est et eget moderamine certo; tunc etiam che mi accoglie in fondo alle onde, quae me subiectis excipit undis, ne ferar in teme sempre che io cada giù, a precipizio». praeceps, Tethys solet ima vereri Dopo aver sentito queste parole, quel nobile giovane 11.5 Haec cum audisset ille generosus disse: «Mi piace la strada, salgo; adulescens, 'placet' inquit 'via, escendo; est 55 a dio questa preoccupazione: disprezzano le cose esteriori. hanc deo curam: externa contemnunt. Democrito bandì le ricchezze,
6.2. Democritus divitias proiecit, onus illas ritenendole un peso per un animo virtuoso: perché ti meravigli, quindi, se bonae mentis existimans: quid ergo miraris, si dio permette che all’uomo buono accada quello che l’uomo id deus bono viro accidere patitur quod vir buono desidera che gli capiti? bonus aliquando vult sibi accidere? Filios Gli uomini buoni perdono i figli: e perché no, se a volte li uccidono anche? amittunt viri boni: quidni, cum aliquando et Sono cacciati in esilio: e perché no, occidant? In exilium mittuntur: quidni, cum se a volte loro stessi abbandonano la patria, senza alcuna intenzione di farvi ritorno? aliquando ipsi patriam non repetituri Vengono uccisi: e perché no, se relinquant? Occiduntur: quidni, cum a volte sono loro a uccidersi? aliquando ipsi sibi manus adferant? 56 Perché subiscono certe sofferenze?
6.3. Quare quaedam dura patiuntur? ut alios Per insegnare agli altri a soffrire, sono nati per essere di esempio. Immagina pati doceant; nati sunt in exemplar. Puta dunque che dio dica: «Che motivo avete per cui possiate itaque deum dicere: 'quid habetis quod de me lamentarvi di me, voi, che avete preso decisioni giuste? queri possitis, vos quibus recta placuerunt? Gli altri li ho circondati di falsi beni e ne ho illuso gli animi vuoti, Aliis bona falsa circumdedi et animos inanes come con un lungo, ingannevole sogno: velut longo fallacique somnio lusi: auro li ho adornati d’oro, d’argento, d’ebano, ma dentro illos et argento et ebore adornavi, intus boni non c’è nulla di buono». nihil est. Questi, che consideri fortunati, se li guardi
6.4 Isti quos pro felicibus aspicis, si non qua non dal lato che mostrano ma da quello che nascondono sono infelici, occurrunt sed qua latent videris, miseri sunt, 57 sordidi, disonesti, ornati dall’esterno, come le loro pareti; sordidi turpes, ad similitudinem parietum questa non è una felicità stabile e autentica: suorum extrinsecus culti; non est ista solida è intonaco, e oltretutto et sincera felicitas: crusta est et quidem sottile. Perciò, finché è concesso loro di stare dritti tenuis. Itaque dum illis licet stare et ad e di mostrarsi secondo la loro volontà, risplendono e ingannano; arbitrium suum ostendi, nitent et inponunt; quando invece accade qualcosa che li sconvolga e cum aliquid incidit quod disturbet ac e li smascheri, allora appare chiaro quanta bruttezza profonda e reale detegat, tunc apparet quantum altae ac verae nasconda uno splendore estraneo. foeditatis alienus splendor absconderit. A voi ho dato beni sicuri, duraturi, e quanto
6.5. Vobis dedi bona certa mansura, quanto più uno li abbia rigirati e li abbia esaminati da ogni parte, 60 vobis necessarias volui nihil feci facilius che morire. Ho posto la vita su di un piano inclinato. quam mori. Prono animam loco posui: Si protrae? Fate solo attenzione e vedrete quanto ~trahitur~ adtendite modo et videbitis quam è breve e quanto agile è la via che conduce alla libertà. brevis ad libertatem et quam expedita ducat Per voi sulla via di uscita non ho posto tanti ostacoli quanti via. Non tam longas in exitu vobis quam ve ne ho posti in ingresso; altrimenti, intrantibus moras posui; alioqui magnum in la fortuna avrebbe detenuto un grande dominio su di voi, se l’essere umano vos regnum fortuna tenuisset, si homo tam morisse tanto lentamente quanto nasce. tarde moreretur quam nascitur. Ogni momento, ogni luogo vi insegni 6.8. Omne tempus, omnis vos locus doceat quanto sia facile rompere con la natura e quam facile sit renuntiare naturae et munus gettarle contro il suo dono; fra gli stessi altari e illi suum inpingere; inter ipsa altaria et le cerimonie solenni di chi compie sacrifici mentre ci si augura 61 sollemnes sacrificantium ritus, dum optatur la vita, imparate la morte. I corpi grassi vita, mortem condiscite. Corpora opima dei tori cadono per una minima ferita e taurorum exiguo concidunt vulnere et il colpo della mano di un uomo abbatte animali di enorme forza; magnarum virium animalia humanae manus da una lama sottile è tagliata l’articolazione ictus inpellit; tenui ferro commissura della nuca, e una volta recisa la giuntura che cervicis abrumpitur, et cum articulus ille qui unisce il capo e il collo caput collumque committit incisus est, tanta quella mole così grande stramazza (per terra). illa moles corruit. Il soffio vitale non si nasconde nel profondo e in ogni caso 6.9. Non in alto latet spiritus nec utique non deve essere per forza annientato dal ferro; dopo avere inferto una ferita profonda ferro eruendus est; non sunt vulnere penitus non è necessario andare in cerca dei visceri: la morte è a portata di mano inpresso scrutanda praecordia: in proximo 62 A questi colpi non ho assegnato un punto prestabilito: mors est. Non certum ad hos ictus destinavi la via di uscita è per dove tu voglia. Quell’atto stesso locum: quacumque vis pervium est. Ipsum illud che si chiama morire, in seguito al quale l’anima si separa dal corpo, quod vocatur mori, quo anima discedit a è troppo breve perché una corpore, brevius est quam ut sentiri tanta velocità così grande si possa avvertire: sia che un nodo abbia soffocato la gola, sia velocitas possit: sive fauces nodus elisit, sive che l’acqua abbia ostruito le vie respiratorie, sia spiramentum aqua praeclusit, sive in caput sche la durezza del suolo sottostante abbia sfracellato chi è caduto di testa, sia lapsos subiacentis soli duritia comminuit, sive che inghiottendo il fuoco il flusso respiratorio si sia interrotto: haustus ignis cursum animae remeantis qualunque cosa sia, agisce in fretta. E allora interscidit, quidquid est, properat. Ecquid arrossite? Avete paura tanto a lungo di un evento che avviene così in fretta!». erubescitis? quod tam cito fit timetis diu!’