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Lavoro del lutto, melanconia e creazione artistica di M. Recalcati, Sintesi del corso di Arte

Riassunto del testo "Lavoro del lutto, melanconia e creazione artistica" di Massimo Recalcati

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 23/12/2021

sophiassc
sophiassc 🇮🇹

4.9

(7)

3 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Lavoro del lutto, melanconia e creazione artistica di M. Recalcati e più Sintesi del corso in PDF di Arte solo su Docsity! LAVORO DEL LUTTO, MELANCONIA E CREAZIONE ARTISTICA Di Massimo Recalcati LA MELANCONIA: dimensione dove è assente l’amore, una dimensione di disperazione radicale, assoluta. È in rapporto al tempo e/o al vuoto. IL TEMPO: Il tempo melanconico è un tempo rivolto al passato, inchiodato sul passato, un tempo senza tempo. IL VUOTO: Il soggetto fa esperienza del vuoto. È uno dei grandi sintomi della depressione*. Il vuoto non è la mancanza*. Il vuoto non è in rapporto al desiderio, perché - a differenza - esso è assenza di desiderio . Il vuoto non genera desiderio, il vuoto genera solo vuoto, è lo spegnimento del sentimento stesso della vita. L'esperienza artistica è in rapporto al vuoto, al vuoto della tela bianca che è un vuoto che precede il gesto della creazione. Tutti i grandi artisti sono personalità afflitte da stati depressivi o sentimenti melanconici (le grandi opere nascono sempre da un grande dolore). L’opera d’arte è un’organizzazione del vuoto. LA MANCANZA: L’esperienza della mancanza è sempre in rapporto all'esperienza del desiderio, perché dove c’è mancanza c’è desiderio di ciò che manca. La mancanza genera il desiderio. IL SOGGETTO: vive in vita l’esperienza della morte, si sente morto ancor prima di morire. L’ALTRO: inteso come luogo, non come soggetto. E’ il luogo dell’inconscio, dove i significanti di un individuo (i suoi sogni, i suoi desiderio ad esempio) si svolgono e rivelano un senso. La depressione* non è la melanconia perché la depressione sarebbe in qualche modo in rapporto alla mancanza, quindi al desiderio. Si può comprendere la realtà attraverso tre registri: - Il registro dell'immaginario: - Il registro del simbolico: - Il registro del reale. IL REGISTRO IMMAGINARIO L'immaginario è il registro delle rappresentazioni. Come affermava Schopenhauer, il mondo è innanzitutto una rappresentazione, è fatto di immagini. E un registro che si fonda dagli altri. La prima immagine che abbiamo di noi è riflessa dagli altri. Creiamo la nostra immagine in relazione con gli altri. Il primo, quindi, è il registro dell’identità. IL REGISTRO SIMBOLICO Il simbolico è, invece, il registro del linguaggio. II linguaggio si manifesta nelle parole, nei discorsi, ma non dipende da loro, al contrario, sono le parole a dipendere dal linguaggio (utilizzo di una specifica lingua per una maggiore comprensione da parte dell'Altro). E anche l’ordine del sistema culturale, delle leggi della cultura, del mondo di linguaggio in cui cresciamo (ogni cultura, ogni civiltà ha il proprio ordinamento simbolico). E qualcosa che non si estende solo alla lingua, è qualcosa di più esteso. Il soggetto del simbolico è “assoggetto”: è sottomesso a leggi imposte dall’Altro (già dalla nascita riceviamo un nome dall’Altro). La vita senza il simbolico non sarebbe vita umana, ma vita animale. IL DAS DING (p.64 di leggere Lacan) In Progetto per una psicologia del 1895, Freud usa il termine Das Ding (la Cosa, una presenza da cui gli essere umani devono difendersi) per descrivere: - l’esperienza primordiale del soddisfacimento pulsionale, la prima esperienza di godimento del bambino, un godimento senza mancanza, una sorta di flash (Es. la prima esperienza di pienezza del bambino è il seno materno). È, quindi, luogo o esperienza di un godimento: - perdita della Cosa. Il linguaggio - in senso lato — separa il soggetto dalla Cosa (Es. lo svezzamento, il momento in cui al bambino viene tolto il seno. Il bambino perdendo il seno accede alla parola allontanandosi così dalla sua esperienza di godimento. Inizia così, per il bambino, la prima esperienza del vuoto). Gli esseri umani per difendersi dalla Cosa creano delle barriere protettive: - Quella del pudore: esperienza che mette a distanza il reale dalla Cosa, velando il reale dalla cosa (Es. ci si abbiglia e nella misura in cui lo si fa si tende a coprire il reale), negando la trasparenza; - Quella del bene: stabilisce la differenza tra il bene e il male, ci protegge dallo scandalo della Cosa attraverso i buoni sentimenti e/o i valori morali. In realtà l'essere non è il bene. Lacan sostiene che gli esseri umani, in fondo, non ricercano il proprio bene. Secondo il principio del piacere di Freud: l'apparato psichico evita il dolore e ricerca il piacere. Il principio del bene, a suo modo, esclude l’eccesso. Negli esseri umano c’è una sorta di sentimento masochista: non evitano il dolore e non perseguono il proprio bene, vuole godere, e il godimento va al di là dell'equilibrio, è sintomo dell’eccesso. In conclusione, esistono due principi, quello del piacere o del bene, in cui il soggetto evita il dispiacere, e quello che va al di là del principio del piacere, in cui il soggetto ricerca il male, l'eccesso, e nel farlo, paradossalmente, ne trae godimento (es. il soggetto tende a ripetere gli stessi errori nonostante l’esperienza); - Quella del bello: la bellezza è la barriera più vicina alla Cosa e non è l’esperienza che occulta lo Spaventoso, il Reale ne, tantomeno, l’esperienza dell’armonia. Il bello deve rinviare allo Spaventoso, al Das Ding, alla Cosa (es. le scarpe di Van Gogh o le opere di Alberto Burri o più in generale le opere d’arte, non sono opere belle nel senso in cui l’estetica definisce il bello, ma sono opere che palpitano il reale). IL REGISTRO DEL REALE È il registro del corpo. Non è la realtà, è la parte più vera di noi, è la parte più inconscia. È l'impossibile da sopportare (Es. un tradimento). È pura traumaticità che incombe sul soggetto e sul suo rapporto con la realtà, mostra quel vuoto originario ed incolmabile con il quale ogni essere Umano si trova a rapportarsi. L'ARTE COME ORGANIZZAZIONE DEL VUOTO L’arte è un organizzazione del vuoto nel senso che sa organizzare il vuoto della Cosa. Affinché vi sia opera d’arte, ci deve essere un organizzazione linguistica, simbolica ed esistono modi e stili diversi di organizzare l’arte. Si organizza la Cosa, il vuoto della Cosa, ciò che non si può organizzare, ovvero il reale. Ci sono altri due modi di trattare il vuoto: attraverso la scienza e attraverso la religione. Arte, scienza e religione hanno un rapporto sublimatorio fondamentale con la Cosa. La scienza usa il sapere matematico, il sapere come un cemento che serve a chiudere ogni vuoto, un sapere che esclude la soggettività, che mira a dare una spiegazione scientifica ad ogni fenomeno. La religione, invece, è evitamento, una sorta di cancellatura del vuoto, una nevrosi dell’umanità L’uomo ha bisogno di credere che ci sia qualcosa dopo la morte. LA SUBLIMAZIONE La sublimazione è il concetto che sta alla base della creatività artistica, è la possibilità della pulsione sessuale di soddisfarsi non-sessualmente, di soddisfarsi per una via culturale, sociale, ricostruire e ridare un senso al mondo (vedi p. 101). Ricordare è fondamentale, ma nella misura in cui il soggetto ricorda può andare incontro alla malattia (sia che resti aggrappato ai ricordi sia che si rifiuti di rievocarli). Il lavoro del lutto non consiste nella totale dimenticanza dell'oggetto perduto, un frammento di oggetto risulta comunque indimenticabile. SULL’AMORE (argomento a piacere) L’amore per Freud è sempre narcisistico, poiché amare significa essere amati. Inoltre, amare significa anche idealizzare l’oggetto, quindi sopravvalutarlo, sovrastimarlo. Il soggetto sopravvaluta così tanto l’oggetto amato a tal punto che senza di esso il mondo si svuota di senso. Nel caso del suicida, l’oggetto è addirittura il soggetto e, suicidandosi, uccide l'oggetto stesso. In questo senso, l’amore e il suicidio hanno qualcosa in comune: in entrambi i casi, l’lo è sopraffatto dall'oggetto. Cosa succede nel caso dell'amato e nel caso dell'amante? L'amante, colui che ama, l’innamorato, svuota tutta la sua libido nell'oggetto amato. L’amato viene rifornito di questo libido. Quando l’amore è ricambiato, entrambe le libido vengono svuotate e poi riempite. Nel momento in cui questo amore non è ricambiato, e quindi c'è svuotamento senza alcun riempimento, il soggetto cade in uno stato di totale struggimento (emorragia libidica). Nella separazione dall'oggetto amato, il soggetto perde se stesso. Difronte a questa situazione, il soggetto può percorrere due vie: quella del lutto, investendo la quota di libido rimasta nel lavoro difficile del lutto; quella del ripiegamento melanconico, in cui il soggetto si identifica con l’oggetto perduto, “l’ombra dell'oggetto cade sull’io”. L’amore riempie ogni vuoto, perché? La donna riempie la libido attraverso l’innamoramento mentre l’uomo la riempie attraverso l'avere fallico (un buon lavoro, una macchina nuova, etc.; vedi p. 112). ANACRONISMO MORANDIANO Anacronizzare la storia significa evitare un ripiegamento melanconico/nostalgico sull’oggetto perduto, significa dare forma alla memoria del vuoto. IL CASO J. POLOCK Pollock provò a curare la propria depressione attraverso due vie: - La via dell’alcol, risultata fallimentare. La pulsione si soddisfa in modo sublimatorio attraverso una via lunga e non attraverso una via breve: la via breve è la via dell’allucinazione o è la via del consumo immediato dell'oggetto di godimento (alcolismo); - Lavia dell’arte La sua opera non va affrontata ricercando in essa dei significati, in quanto l’immagine è cancellata, non esiste. QUANDO SI PRODUCE UN’OPERA? Secondo Croce l’opera d’Arte si produce nell'atto dell’ispirazione (intuizione estetica). È l'ispirazione che precede e determina il lavoro artistico. Nel caso di Pollock questa tesi non è applicabile: egli quando si avvicina all'opera non ha in mente nulla. Nel caso di Morandi sì: egli già prima mette insieme i suoi oggetti, li allinea, li compone ancor prima di mettersi a lavoro. Nel caso di Van Gogh potremmo definire il suo processo creativo come metodico: l’ispirazione vien così lavorando, producendo. Esiste una situazione in cui l'artista può “perdere il quadro”, ciò significa che non esiste una idea del quadro che preveda il farsi del quadro. Prima lo insegue cercando quel che manca, dopodiché lo perde, diventa estraneo, egli non ha più contatti con esso. Non c’è mai proposizione tra quello che un artista voleva dipingere è quello che alla fine dipinge. PITTORE O IMPOSTORE? (Vedi p. 168) Ogni volta che c’è invenzione di uno stile sorge l'angoscia di essersi separati da ciò che che il sistema del grande Altro riconosce come arte. La creazione singolare si produce sempre come un effetto di separazione dal grande Altro. - In un primo tempo il pittore fa esperienza della solitudine, della separazione dal grande altro, lontano dal sistema. E iltempo della creazione; - Inun secondo tempo c’è la possibilità che egli si avvicini al sistema; Il confine tra il genio è l’impostura è un confine sottilissimo. Il genio supera il già visto, il già sentito, il già pensato, del già codificato dal sistema del grande Altro. Il sistema non può garantire nessuna prerogativa. Il tempo della creazione è il tempo dove genialità e impostura si mescolano necessariamente. NIETZSCHE E HEIDEGGER: L'OPERA D’ARTE COME LUOGO DI CONFLITTO Questi due grandi autori hanno sviluppato l’idea che l’opera d’arte sia il luogo di una lotta. Per Nietzsche, l’opera d’arte sorge come una lotta tra il dionisiaco (Arte concettuale) e l’apollineo (Body Art), come lotta, cioè, tra caos e ordine. In ogni opera possiamo trovare una lotta tra Mondo (un mondo differente, nuovo, che svela ogni verità) e Terra (dimensione reale, in cui la verità rimane obsoleta). L’opera d’arte è tensione tra due polarità: il reale è il simbolico. Quando si parla di opere d’arte bisogna escludere a priori: - L’idea dell’opera d’arte come immagine-schermo; - La lettura simbolico-riduttivistica che riconduce l’icona al suo significato coinemico; Solo l’immagine-segno rivela il reale, rende possibile l’incontro con il reale, al contrario dell’immagine-schermo. IL CASO A. BURRI Quella materna è una figura che ha inciso molto sulla vita di Burri. Un tratti fondamentale della sua estetica è l’anti-intellettualismo. Gli orrori della guerra lo spinsero a lasciare la medicina e a dedicarsi alla pittura; egli dipingerà da autodidatta, egli non conosce la storia dell’arte. Quello di Burri è un interesse verso i materiali, l’anatomia del discorso medico è come se su trasferisse nell’anatomia estetica. Tutta l’opera di Burri non è figurativa, è di difficile classificazione, appartiene forse all’informale materico, non c’è astrattismo benché non sia figurativa. L'artista titola le sue opere ricorrendo a numeri, raramente a titoli o a titoli che si riferiscono ai materiali dell’opera (approfondisci p. 176,177). Burri viene definito l’anticipatore dell’arte povera (materiali poveri, umili, modesti, quotidiani). La pittura di Burri non è una rappresentazione, ma una “mostrazione”. OGGETTO SCARTO-OGGETTO PREZIOSO L'operazione di Burri mostra come si possa trasformare un oggetto scarto, oggetto palea, cioè un oggetto letame, in un oggetto icona, oggetto agalma, un oggetto assolutamente prezioso, divino. La poetica dell’informale azzera, distrugge la dimensione della forma. Le opere di Burri hanno come finalità ultima la decostruzione del concetto classico, tradizionale, modernista di Bello. In conclusione, ciò che conta in Burri non è tanto l'opposizione tra oggetto agalma (ideale) e oggetto palea (reale), ma la trasformazione dell'oggetto palea nell'oggetto agalma. L'OPERA D’ARTE SECONDO BURRI Secondo Burri, l’opera d’arte è una “irriducibile presenza”. Irriducibile significa che non può essere ridotta alla dimensione del simbolo. Non è possibile decifrare l’opera come se fosse un simbolo da tradurre. L'opera, piuttosto, è ciò che resiste alla traduzione. Le parole parlano della pittura, ma non sono e non possono essere la pittura. Ciò che interessa a Burri è ciò che si esprime nella pittura e non attraverso la pittura (irriducibile presenza=intraducibilità simbolica). LA RIMOZIONE La rimozione sarebbe quel taglio che separa la massa dei fenomeni psichici in due parti disgiunte: la parte cosciente e la parte inconscia. Avremo una catena di pensieri coscienti e poi una catena di pensieri inconsci, separati dalla sbarra della rimozione. E non c’è possibilità di transito lineare tra l'una e l’altra parte. Questa sbarra è il luogo di iscrizione dell’opera d’arte che è una manifestazione dell’inconscio. L'opera d’arte è un atto di resistenza, deve produrre rebus, deve aprire degli interrogativi, non risolverli (p. 185). L’opera d’arte è la tyche, cioè l’incontro col reale. DALLA MEDICINA ALLA PITTURA In entrambi i casi c’è un intervento di saldatura, cucitura, su mezzi materiali, che sia un corpo Umano o un sacco di Juta (potremmo definirla “arte chirurgica”). RAPPORTO TRA VUOTO E L’OPERA DI BURRI OPERA D’ARTE COME TESTIMONIANZA L’opera d’arte è un’esperienza non solo della irriducibilità dell'inconscio, ma anche di testimonianza. Testimonianza di qualcosa che non si adatta alla realtà, che c'è qualcosa che non può mai essere integrati nel conformismo del principio di realtà. L’opera d’arte testimonia che l’ordinarietà dell’esistente è una forma di alienazione. IL CASO ANTONI TÀPIES: TRA MEMORIA E CREAZIONE (vedi p. 198, 199) Il nesso tra ciò che è stato e la creazione contingente del nuovo trova una espressione assolutamente unica. DISTINZIONE TRA METAMORFOSI E CREAZIONE La metamorfosi è negativa perché è un cambiamento repentino. La trasformazione è positiva perché è in rapporto alla memoria. LA POETICA DEL MURO Il muro è l’anti-illustrazione per eccellenza, è l’inumano. LA FIGURA DEL PADRE (p. 115) Il padre è colui che toglie il bambino dalla relazione simbiotica con la madre per inserirlo nel registro della realtà. DEPRESSIONE E MELANCONIA (p. 129) Dal punto di vista psichiatrico: la depressione è un fatto biologico e, in quanto tale, va curata attraverso il farmaco. All'origine ci sarebbe una causa che dipenderebbe da un fattore interno. Il soggetto non ha responsabilità.