Scarica Le istituzioni totali, Asylums e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia Delle Organizzazioni solo su Docsity! ASYLUMS: LE ISTITUZIONI TOTALI PREFAZIONE DELL’AUTORE: Dall'autunno 1954 fino alla fine del 1957 sono stato membro visitatore al Laboratory of Socio-environmental Studies del National Institute of Mental Health in Bethesda, Maryland.Lo scopo immediato del mio lavoro nell'ospedale St. Elizabeths era tentare diapprendere qualcosa sul mondo sociale dell'internato e su come egli viva soggettivamente la propria situazione. La direzione dell’ospedale conosceva lo scopo della mia presenza. Era allora, ed è tuttora, mia opinione che qualsiasi gruppo di persone -detenuti, primitivi, piloti o pazienti - sviluppino una vita personale chediventa ricca di significato, razionale e normale quando ci si avvicini ad essa, e che un buon modo di apprendere qualcosa su questi mondi potesse esserepartecipare al ciclo di vita quotidiana cui gli internati sono soggetti. I limiti, sia del metodo da me adottato, che della sua applicazione sono ovvi: 1.non mi sono lasciato coinvolgere neppure apparentemente e se lo avessi fatto, l'insieme dei miei movimenti e dei miei ruoli, quindi i miei dati, sarebbe stato ancora più limitato. Per ottenere un dettaglio etnografico degli aspetti particolari della vita sociale dei pazienti, non mi sono riferito agli usuali sistemi di misura e di controllo. 2.Il modo di vedere il mondo da parte di un gruppo, funziona a sostegno di coloro che ne fanno parte offrendo una definizione autogiustificante della loro situazione, e la possibilità di giudicare ad una certa distanza quelli che non appartengono al gruppo - in questo caso medici, infermieri, sorveglianti e parenti. Se si vuole descrivere fedelmente la situazione del paziente non si può essere obiettivi. Jay Hoffman: assistente medico che mi ha dato il permesso di intraprendere questo studio sull’ospedale. Per questo devo ringraziare l'apertura culturale degli psichiatri e degli scienziati sociali al governo PREMESSA DELL’AUTORE: Un'istituzione totale può essere definita come il luogo di residenza e di lavorodi gruppi di persone che - tagliate fuori dalla società per un considerevoleperiodo di tempo - si trovano a dividere una situazione comune, trascorrendoparte della loro vita in un regime chiuso e formalmente amministrato. Questo libro tratta il problema delle istituzioni totali ingenerale e degli ospedali psichiatrici in particolare, con lo scopo precipuo dimettere a fuoco il mondo dell'internato e non quello dello staff. Interesse primo è presentare un'interpretazione sociologica della struttura del "sé"("self") L’opera comprende 4 saggi che tendono tutti a puntualizzare il medesimo problema : la situazione dell’internato . se si riconosce ai concetti sociologici una certa validità, si deve risalire per ciascuno di essi fino al punto in cui la sua applicazione si sia dimostrata utile e da qui lo si deve seguire ovunque porti, fino a costringerlo a rivelare l'intera disciplina cui appartiene. generale sulla vita sociale che si svolge in queste organizzazioni, indagine ottenuta attraverso l'analisi di due situazioni limite che comportano una partecipazione coatta di coloro che da esse dipendono - gli ospedali psichiatrici e le prigioni. SULLE CARATTERISTICHE DELLE ISTITUZIONI TOTALI INTRODUZIONE 1.Le organizzazioni sociali - o istituzioni nel senso comune del termine - sono luoghi, locali o insiemi di locali, edifici, costruzioni, dove si svolge con regolarità una certa attività (EX stazione centrale con accesso a chiunque ,negozi ,uffici postali ,nelle istituzioni sociali si svolgono attivita differenti .) In alcune istituzioni si svolgonoattività dalle quali viene sancita la condizione sociale di coloro che ne fanno parte, il che può essere più o meno gradito .Altre invece consentono il raggrupparsi di persone allo scopo di svolgere un tipo di attività ricreative daloro scelte, sfruttando il tempo rimasto libero da attività impegnative. In questo saggio si parlerà pero di un’altra categoria di istituzioni (i cui membri sembrano avere in comune tante caratteristiche delle altre) 2.Ogni istituzione si impadronisce di parte del tempo e degli interessi di coloro che da essa dipendono, offrendo in cambio un particolare tipo di mondo: il che significa che tende a circuire i suoi componenti in una sorta di azione inglobante. Nella nostra società occidentale ci sono tipi diversi di istituzioni, alcune delle quali agiscono con un potere inglobante - seppur discontinuo - più penetrante di altre. Questo carattere inglobante o totale è simbolizzato nell'impedimento allo scambio sociale e all'uscita verso il mondo esterno, spesso concretamente fondato nelle stesse strutture fisiche dell'istituzione: porte chiuse, alte mura, filo spinato, rocce, corsi d'acqua, foreste o brughiere. Questo tipo di istituzioni io lo chiamo «istituzioni totali» ed è appunto il loro carattere generale che intendo qui analizzare. Le istituzioni totali nella nostra società possono essere raggruppate - grosso modo - in cinque categorie. Primo, le istituzioni nate a tutela di incapaci non pericolosi (istituti per ciechi, vecchi, orfani o indigenti). Secondo, luoghi istituiti a tutela di coloro che, incapaci di badare a se stessi, rappresentano un pericolo - anche se non intenzionale - per la comunità (sanatori per tubercolotici, ospedali psichiatrici e lebbrosari). Il terzo tipo di istituzioni totali serve a proteggere la società da cio 0 3 0 0 che si rivela come un pericolo intenzionale nei suoi confronti, nel qual caso il benessere delle persone segregate non risulta la finalità immediata dell'istituzione che li segrega (prigioni, penitenziari, campi per prigionieri di guerra, campi di concentramento). Quarto, le istituzioni create al solo scopo di svolgervi una certa attività, che trovano la loro giustificazione sul piano strumentale (furerie militari, navi, collegi, campi di lavoro, piantagioni coloniali e grandi fattorie, queste ultime guardate naturalmente dalla parte di coloro che vivono nello spazio riservato ai servi). Infine vi sono le organizzazioni definite come «staccate dal mondo» che però hanno anche la funzione di servire come luoghi di preparazione per religiosi (abbazie, monasteri, conventi ed altri tipi di chiostri). Una suddivisione delle istituzioni totali così formulata non è né chiara, né esauriente, ne 0 3 0 1 può servire di base per uno studio analitico dell'argomento. Essa risulta tuttavia capace di darci una definizione significativa della categoria, come punto di partenza concreto. Ciò che è tipico nelle istituzioni totali è che ciascuna di esse rivela, ad un altissimo grado, molti elementi in comune in questo tipo di caratteristiche Ciò mi consente - contemporaneamente - di seguire il metodo della tipologia ideale, stabilendone i fattori comuni, con la speranza di poter evidenziare in seguito differenze significative 3. Uno degli assetti sociali fondamentali nella società moderna e 0 3 0 0 che l'uomo tende a dormire, a divertirsi e a lavorare in luoghi diversi, con compagni diversi, sotto diverse autorità o senza alcuno schema razionale di carattere globale. Caratteristica principale delle istituzioni totali può essere appunto ritenuta. la rottura delle barriere che abitualmente separano queste tre sfere di vita. Primo, tutti gli aspetti della vita si svolgono nello stesso luogo e sotto la stessa, unica autorità. Secondo, ogni fase delle attività giornaliere si svolge a stretto contatto di un enorme gruppo di persone, trattate tutte allo stesso modo e tutte obbligate a fare le medesime cose. Terzo, le diverse fasi delle attività giornaliere sono rigorosamente schedate secondo un ritmo prestabilito che le porta dall'una all'altra, dato che il complesso di attività è imposto dall'alto da un sistema di regole formali esplicite e da un corpo di addetti alla loro esecuzione. Per ultimo, le varie attività forzate sono organizzate secondo un unico piano razionale, appositamente designato al fine di adempiere allo scopo ufficiale dell'istituzione.Queste caratteristiche possono essere riscontrate, isolatamente, anche in luoghi che non hanno niente a che fare con le istituzioni totali. Ad esempio le nostre grandi organizzazioni commerciali, industriali e culturali vanno sempre più fornendo luoghi di ristoro e svaghi ricreativi per il tempo libero dei loro dipendenti.Tuttavia il fatto di poter godere di una più vasta gamma di possibilità, conserva - sotto molti aspetti - un carattere volontario e ci si preoccupa, anzi, di non far estendere il potere usuale dell'autorità fino a questo territorio. Il fatto cruciale delle istituzioni totali è dunque il dover «manipolare» molti bisogni umani per mezzo dell'organizzazione burocratica di intere masse di persone - sia che si tratti di un fatto necessario o di mezzi efficaci cui l'organizzazione sociale ricorre in particolari circostanze. Ne conseguono alcune importanti implicazioni. Conseguenze :Quando si agisce su gruppi di individui, accade che essi siano controllati da un personale la cui principale attività non risulta la guida o il controllo periodico (come può essere in molti rapporti fra datore di lavoro e lavoratore),quanto piuttosto un tipo di sorveglianza particolare, quale quella di chi controlla che ciascun membro faccia ciò che gli e stato chiesto di fare, in unasituazione dove si tenderà a puntualizzare l'infrazione dell'unocontrapponendola all'evidente zelo dell'altro che, per questo, verrà costantemente messo in evidenza. Che sia il gruppo di persone controllate a precedere il costituirsi del piccolo staff controllore o viceversa, non è questo il problema; ciò che conta è che l'uno è fatto per l'altro. Nelle istituzioni totali c'è una distinzione fondamentale fra un grande gruppo di persone controllate, chiamate opportunamente «internati», e un piccolo staff che controlla. Gli internati vivono generalmente nell'istituzione con limitati contatti con il mondo da cui sono separati, mentre lo staff presta un servizio giornaliero di otto ore ed è socialmente integrato nel mondo esterno (2). Ogni gruppo tende a farsi un'immagine dell'altro secondo stereotipi limitati e ostili: lo staff spesso giudica gli internati malevoli, diffidenti e non degni di fiducia; mentre gli internati ritengono spesso che il personale si conceda dall'alto, che sia di mano lesta e spregevole. Lo staff tende a sentirsi superiore e a pensare di aver sempre ragione; mentre gli internati, almeno in parte, tendono a ritenersi inferiori, deboli, degni di biasimo e colpevoli (3). La mobilità sociale fra le due classi è molto limitata (Ex : le infermiere si rivolgevano urlando ai pazienti ). Una delle funzioni del sorvegliante è il controllo dei rapporti fra i i ricoverati e lo staff più qualificato (Ex:gli infermieri devono agire da mediatori fra pazienti e il medico qualora quest’ultimo non voglia farsi sopraffare da loro. Così com'e 0 3 0 0 ridotta la possibilità di comunicare fra un livello e l'altro, è altrettanto limitato il passaggio di informazioni, in particolare quelle che riguardano i piani dello staff nei confronti dei ricoverati. Il ricoverato è escluso, in particolare, dalla possibilità di conoscere le decisioni prese nei riguardi del suo destino. Che cio 0 3 0 0 accada nel campo militare (viene allora nascosta agli arruolati la destinazione del loro viaggio) o medico (si nasconde la diagnosi, il trattamento e la lunghezza della degenza prevista per i pazienti tubercolotici) (6), questa esclusione pone lo staff ad un particolare punto di distanza dagli internati, conservando una possibilità di controllo su di loro. Queste limitazioni di rapporto è probabile contribuiscano a mantenere gli stereotipi di tipo antagonistico (7). Due mondi sociali e culturali diversi procedono fianco a fianco, urtandosi l'un l'altro con qualche punto di contatto di carattere ufficiale, ma con ben poche possibilità di penetrazione reciproca. Inoltre l'ordinamento e l'istituzione stessa vengono identificati, in modo significativo, sia dallo staff che dagli internati come appartenenti in qualche modo allo staff, tanto che qualora l'uno o l'altro gruppo si riferisca alla finalità o agli interessi della «istituzione», risulta implicito che si stanno riferendo (come del resto io stesso farò) alla finalità e agli interessi dello staff. La frattura fra staff e internati è una delle più gravi implicazioni della manipolazione burocratica di grandi gruppi di persone; una seconda implicazione concerne il problema del lavoro. Negli ordinamenti usuali del vivere sociale, l'autorità del posto di lavoro si arresta nel momento in cui il lavoratore riceve il compenso per la propria attività svolta; il fatto di spenderlo nell'ambiente familiare e in occasioni ricreative, resta una sua questione privata, il che costituisce un mezzo per circoscrivere e delimitare l'autorità del luogo di lavoro. Ma affermare che agli internati delle istituzioni totali viene pianificata l'intera giornata, significa riconoscere che si dovrà organizzare la soddisfazione di tutti i loro bisogni primari. Qualunque sia l'incentivo al lavoro, esso non avrà il significato strutturale che ha nel mondo Ho detto che l'internato è soggetto ad una mortificazione del "sé" prodotta da un'esposizione contaminante di carattere fisico, ma questo concetto deve essere ampliato: quando chi produce la contaminazione è un essere umano, l'internato è contaminato in sovrappiù da un contatto intenzionale imposto e, di conseguenza, da un rapporto sociale forzato. Lo stesso internato può venire frugato e perquisito fino al punto di praticargli - così come viene riportato nella letteratura - un'ispezione rettale. In questi casi è colui che perquisisce, così come la perquisizione stessa, che penetra nelle riserve private dell'individuo e viola i territori del "sé Inoltre, l'abitudine di mescolare nelle prigioni e negli ospedali psichiatrici gruppi di età, provenienza etnica e razziale diversi, può far sentire all'ìnternato di essere contaminato dal contatto con compagni indesiderabili La vita di gruppo richiede, ovviamente, un rapporto reciproco ed un reciproco esporsi fra gli internati. Nel caso limite delle celle per i prigionieri politici cinesi questo rapporto può essere estremamente ravvicinato. Un esempio tipico di questo rapporto contaminante è il modo di rivolgersi agli internati. Lo staff e gli altri internati si assumono, automaticamente, il diritto di trattare intimamente, o comunque, senza la minima formalità, il nuovo internato. Quando qualcuno è costretto a mangiare del cibo che ritiene ripugnante e sporco, la contaminazione deriva talvolta dalla connessione che egli scopre fra il cibo e alcune persone; il che viene molto ben dimostrato dalla penitenza della «minestra mendicata», Un altro tipo di esposizione contaminante è il fatto che un estraneo venga a trovarsi in contatto con ciò che lega un individuo ad altri, a lui strettamente vicini.Ad esempio, può succedere che ad un internato si legga e si censuri la posta, e persino che lo si prenda in giro al proposito . Un altro esempio è il carattere forzatamente pubblico delle visite. Una versione, ancora più penetrante, di questo tipo di esposizione contaminante» si verifica - come ho già detto - nel caso di confessioni istituzionalmente organizzate. Altro tipo di umiliazione : la fustigazione . 3.Ho considerato una delle aggressioni al "sé" piu 0 3 0 0 elementari e più dirette - forme diverse di profanazione e di contaminazìone, per mezzo delle quali il significato simbolico degli eventi, nell'esistenza dell'internato, fallisce drammaticamente lo scopo di rinforzare il suo precedente concetto di sé. Vorrei ora considerare una fonte di mortificazione, meno diretta nei suoi effetti, il cui significato è meno facile da valutare: la rottura della relazione abituale fra l'individuo che agisce e i suoi atti. 1.Il primo fenomeno da considerare è il «circuito»: cio 0 3 0 0 che provoca una reazione difensiva da parte dell'internato, prende questa stessa reazione come bersaglio del suo attacco successivo. L'individuo prova così che la reazione difensiva agli assalti del sé cui è soggetto, viene divorata dalla situazione: nel senso che egli non può difendersi nel modo abituale, stabilendo una distanza fra sé e la situazione mortificante. L'abitudine al rispetto imposta nelle istituzioni totali, ci offre un esempio dell'effetto del «circuito». In una società civile, quando un individuo è costretto ad accettare circostanze o imposizioni che contrastano con il concetto che ha di se stesso, gli è consentito un margine di reazioni espressive con cui difendersi: muso lungo, sospensione dei segni di deferenza abituali, parlar male degli altri sottovoce, o mostrare qualche fugace espressione di disprezzo, ironia o derisione. E' probabile allora che la remissività si accompagni ad un'attitudine personale che non è soggetta allo stesso tipo di pressione cui è sottoposto colui che si vuole ridurre ad essa. Sebbene nelle istituzioni totali sia usuale questo tipo di difesa del "sé" attraverso reazioni espressive e stimoli umilianti, il personale curante potrebbe punire direttamente l'internato, avvalendosi esplicitamente del «risentimento» o dell'arroganza, come occasioni per una successiva punizione. Il processo di unificazione crea, nelle istituzioni totali, altri esempi di circuito. Nelle istituzioni totali le diverse sfere d'azione sono unificate in modo che la condotta dell'internato in un particolare settore, gli viene ritorta dal personale curante, sotto forma di commento o di verifica del suo comportamento in un contesto diverso. Attraverso questo "circuito", la reazione dell'internato alla propria situazione personale, viene dunque a ribattersi sulla situazione stessa, e non gli è consentito mantenere la distanza usuale fra le diverse fasi d'azione. Si può ora citare un secondo tipo di aggressione ai danni dell'internato nel suo ruolo di «agente» - aggressione per lo più descritta sotto le categorie dell'irreggimentazione o del tiranneggiamento. In un'istituzione totale, invece, anche i più piccoli segmenti dell'attività di una persona, possono essere soggetti alle regole e ai giudizi del gruppo curante; la vita dell'internato è penetrata da una costante interazione dell'altro che tende ad una costante sanzione, ciò soprattutto nel periodo iniziale, quando l'internato non ha ancorairriflessivamente accettato le regole dell'istituto. Ogni regola priva l'individuo dell'opportunità di equilibrare i suoi bisogni e i suoi obiettivi in un modo personalmente efficace, e lo fa entrare nel terreno delle sanzioni. E' in questo senso che l'autonomia dell'azione viene violata. Come si è già detto, uno dei modi più espliciti di rompere l'economia d'azione di un individuo, è obbligarlo a chiedere il permesso o a domandare aiuto per attività minori che, fuori dalla istituzione, potrebbe portare a termine da solo: fumare, farsi la barba, andare al gabinetto, telefonare, spendere soldi o imbucare una lettera. Il dover chiedere, non soltanto mette l'individuo nel ruolo, «innaturale» per un adulto, di essere sempre sottomesso e supplice, ma mette anche le sue azioni in balia del personale curante. Invece di ottenere ciò che domanda e che la cosa gli sia automaticamente garantita, l'internato può essere preso in giro, gli può venire rifiutata la richiesta e può trovarsi a doverla ripetere più volte senza essere ascoltato o, come riferisce un ex malato mentale, può essere semplicemente mandato via.Ho accennato che nelle istituzioni totali l'autorità agisce su un gran numero di elementi - aspetto, comportamento, forma - che si verificano costantemente e che costantemente si trovano sottoposti a giudizio. L'internato non può sfuggire facilmente alla pressione del giudizio ufficiale e all'azione inglobante della situazione. Un'istituzione totale è come una scuola di alta classe, che abbia molti perfezionamenti ma che in realtà risulti poco rifinita. Vorrei ora commentare due aspetti di questa tendenza all'allargamento del dominio attivamente imposto. Primo, le imposizioni sono spesso strettamente legate all'obbligo di portare a termine un'attività, regolata all'unisono con gruppi di compagni internati. Ciò è talvolta definito come irreggimentazione. Secondo, questo genere di dominazione a vasto raggio, si manifesta in sistemi autoritari di tipo militare: qualsiasi membro appartenente alla classe dello staff ha certi diritti per disciplinare qualsiasi membro appartenente alla classe degli internati, aumentando in modo evidente la probabilità di un sistema di sanzioni. Una volta data un'autorità di tipo militare e una regolamentazione che sia applicata a tutti i livelli e severamente imposta, gli internati - e in particolare le nuove reclute - vivono in uno stato d'ansia insopportabile nella paura di infrangere le regole, e nell'attesa delle conseguenze di una simile infrazione - violenze fisiche e morte nei campi di concentramento; eliminazione nelle scuole militari per ufficiali, o spostamento di reparto in un ospedale psichiatrico. Nelle istituzioni totali, evitare i guai richiede uno sforzo costante e consapevole. L'internato potrebbe anche arrivare a rinunciare a certi livelli di socialità con i compagni, per evitare possibili incidenti. 4.A conclusione di questa descrizione dei processi di mortificazione, si devono puntualizzare tre problemi di carattere generale. Primo, le istituzioni totali spezzano o violentano proprio quei fatti che, nella società civile, hanno il compito di testimoniare a colui che agisce e a coloro di fronte ai quali si svolge l'azione, che egli ha un potere sul suo mondo - che si tratta cioè di persona che gode di autodeterminazione, autonomia e libertà d'azione «adulte». Il mancato mantenimento di questo tipo di maturità e di abilità a livello esecutivo (o almeno di elementi che possano simbolicamente ricordarle) può produrre nell'internato la paura di essere sradicato dal sistema, secondo il quale ad ogni età corrisponde un graduale sviluppo nella maturità dell'individuo (76). Un'espressione del proprio comportamento (personalmente scelto) - antagonismo, affetto, indifferenza - è simbolo del proprio modo personale di autodeterminarsi. Questa prova della propria autonomia viene indebolita da certi obblighi specifici, come il dover scrivere una lettera alla settimana a casa, o il doversi trattenere dall'esprimere tristezza. Inoltre essa viene indebolita quando questo settore del comportamento sia usato come l'evidenza della propria posizione psichiatrica, religiosa o politica. Ci sono alcuni agi, molto importanti per l'individuo, che vengono perduti al momento dell'ingresso in una istituzione totale - per esempio un letto morbido (77) o la tranquillità durante la notte (78). Una tale perdita può anche tramutarsi in una riduzione di autodeterminazione, poiché l'individuo tende ad assicurarsi questo tipo di agi, quando ne ha i mezzi (79). La perdita di autodeterminazione sembra essere stata ritualizzata nei campi di concentramento. Altra espressione evidente dell'impotenza personale nelle istituzioni totali, è riscontrabile nell'uso del linguaggio da parte dell'internato. All'internato di un'istituzione totale può essere negato perfino questo tipo di distanza e di azione autodifensiva. La seconda considerazione di carattere generale è la logica che viene usata per le aggressioni del "sé". Questo argomento tende a suddividere le istituzioni totali e i loro internati in tre diversi gruppi. Nelle istituzioni religiose si riconoscono esplicitamente le implicazioni per il "sé" insito nelle strutture ambientaliGli stessi internati, così come lo staff, perseguono attivamente questo restringimento del sé: la mortificazione è completata dalla automortificazione, le limitazioni dalla rinuncia, le punizioni dalla autoflagellazione, l'inquisizione dalla confessione.In molte delle rimanenti istituzioni totali, le mortificazioni sono ufficialmente razionalizzate in settori diversi, come l'igiene (per quanto riguarda la pulizia delle latrine); la responsabilità nei confronti della vita degli internati (per quanto riguarda il costringerli a mangiare per forza); la capacità di combattere (per quanto riguarda le regole militari circa l'aspetto personale); la «sicurezza» (per quanto riguarda le regole restrittive delle prigioni). Tuttavia nelle istituzioni totali di tutti e tre i tipi, le diverse giustificazioni razionali alle mortificazioni del sé sono spesso pure razionalizzazioni, prodotte dal tentativo di manipolare l'attività giornaliera di un gran numero di persone, in uno spazio ristretto e con un numero limitato di risorse.Si devono ora considerare due punti: il senso di impotenza dell'internato e il rapporto fra i suoi desideri e la finalità della istituzione. La connessione fra questi punti è variabile. Alcune persone possono scegliere volontariamente di entrare in un'istituzione totale ma, dopo un tale passo, cessano - loro malgrado - di essere in condizione di prendere decisioni altrettanto importanti. In altre circostanze, in particolare nel caso di religiosi, gli internati possono avere all'inizio, e mantenere anche in seguito, un violento desiderio di essere spogliati e liberati della loro volontà personale. Le istituzioni totali sono fatali per il "sé civile" dell'internato, benché il grado di interesse per questo "sé civile" possa variare considerevolmente. I processi di mortificazione fin qui considerati sono strettamente legati alle implicazioni inerenti il "sé" che le persone, orientate verso un particolare idioma espressivo, possono trarre dall'aspetto, dalla condotta e dalla situazione generale di un individuo. In questo contesto voglio infine considerare un terzo punto: il rapporto fra questa struttura di interazione. simbolica (che tende a considerare il destino del "sé") e quella convenzionale psico-fisiologica centrata sul concetto di "stress". I fatti principali inerenti il "sé" sono qui presentati in una prospettiva sociologica, che tende a riferirsi alla descrizione degli ordinamenti istituzionali che definiscono le prerogative personali di ciascun membro. E' ovviamente implicato anche un presupposto di carattere psicologico, oltre naturalmente ad alcuni processi conoscitivi, dato che gli ordinamenti sociali devono essere «letti» dall'individuo e dagli altri, attraverso l'immagine di sé che ne riflettono. Ma, come ho dimostrato, il rapporto fra questo processo conoscitivo e gli altri processi psicologici è piuttosto variabile; secondo il linguaggio espressivo in uso nella nostra società, l'avere la testa rapata è, ad esempio, facilmente vissuto come una diminuzione di sé, ma mentre questo tipo di mortificazione umilia il malato mentale, piace invece al monaco. La mortificazione o il restringimento del "sé" implica, generalmente, un acuto senso di tensione, ma ad un uomo stanco di vivere o privo di colpa può dare sollievo psicologico. Inoltre, la tensione psicologica spesso provocata dalle aggressioni al "sé", può anche essere determinata da qualcosa che non viene percepito come strettamente legato ai territori del "sé" - ad esempio perdita del sonno, cibo insufficiente, o impossibilità di prendere decisioni. Un alto livello di ansietà o il fatto di non poter ricorrere a mezzi di natura fantastica, come cinema o libri, può quindi aumentare l'effetto psicologico della violazione delle proprie barriere personali, anche se questi fattori non hanno niente a che fare con la mortificazione del "sé". Praticamente, quindi, lo studio dello stress sarà spesso strettamente legato a quello dell'invasione del "sé", mentre, dal punto di vista analitico, saranno coinvolte due differenti strutture. 5. Mentre procede il processo di mortificazione, l'internato incomincia a ricevere istruzioni, formali ed informali, su ciò che qui chiameremo il «sistema dei privilegi». Dal momento in cui il processo di spoliazione dell'istituzione agisce sull'internato, indebolendo la relazione che egli ha con il proprio sé, è il sistema dei privilegi che gli fornisce una struttura su cui fondare la propria riorganizzazione personale. Bisogna qui puntualizzarne tre elementi base. Primo, ci sono le «regole di casa», un sistema di prescrizioni e proibizioni, relativamente esplicite e formali, che definiscono lo schema dei bisogni dell'internato. Queste regole ne prescrivono l'intero, severo ciclo di vita. Le procedure di ammissione che spogliano la recluta dei sostegni su cui contava in precedenza, possono essere ritenute il modo istituzionale di prepararlo a vivere in accordo con le regole di casa. Secondo, in questa rigidità d'ambiente viene offerto un esiguo numero di compensi o di privilegi, esplicitamente definiti come tali, in cambio dell'obbedienza - materiale e psicologica -allo staff. E' importante notare che molte di queste gratificazioni potenziali sono ricavate dall'insieme dei sostegni che l'internato considerava - prima - come garantiti. Nel mondo esterno, ad esempio, egli era in grado di decidere, senza pensarci troppo, come bere un caffè, se fumare una sigaretta e quando parlare, diritti che, all'interno di un'istituzione, possono invece risultare problematici. Presentate all'internato come possibili, queste piccole conquiste sembrano avere un effetto reintegrante, dato che stabiliscono un rapporto con il mondo perduto e riducono i sintomi che testimoniano il ritiro del paziente da quel mondo e dal suo stesso sé. L'attenzione dell'internato - soprattutto all'inizio - viene a fissarsi su queste gratificazioni sostitutive, da cui resta tanto ossessionato da passare l'intera giornata, come un fanatico, pensando al modo di ottenerle, o in attesa del momento in cui sa che gli saranno concesse. La costruzione di un mondo attorno a questi privilegi forse non è uno degli elementi più importanti della cultura dell'internato, e tuttavia è qualcosa che non può essere facilmente capita da chi vive nel mondo esterno, anche se si tratta di persone che hanno avuto, in precedenza, esperienze analoghe. Questo interesse e questo bisogno di privilegi porta talvolta chi li ottiene a dividerli generosamente, ma più spesso all'abitudine di mendicare anche per piccole cose come sigarette, caramelle e giornali. La conversazione fra internati si accentra, frequentemente e in modo ben comprensibile, su una «fantasia festosa sulla dimissione», una sorta di rappresentazione di ciò che faranno durante la «licenza» o nei giorni di permesso dall'istituto. Queste fantasie sono collegate al loro percepire che gli uomini «liberi» non apprezzino quanto sia meravigliosa la loro vita (88). Il terzo elemento nel sistema dei privilegi è costituito dalle punizioni, che sono designate come la conseguenza di un'infrazione alle regole. Una serie di queste consiste nel ritirare, temporaneamente o definitivamente, i privilegi, o nell'abrogare il diritto ad ottenerli. Generalmente le punizioni cui l'internato va incontro nelle istituzioni totali sono più dure di qualsiasi esperienza egli abbia avuto nel proprio mondo familiare. Ad ogni modo le condizioni in cui un piccolo numero di privilegi facilmente controllati risulta così importante, sono le stesse nelle quali il fatto che tali piccoli privilegi possano mancare, assume un significato cruciale. Ci sono alcuni aspetti del sistema dei privilegi che dovremmo qui analizzare. Primo, punizioni e privilegi sono essi stessi modalità organizzative, tipiche delle istituzioni totali. Secondo, la questione della dimissione da un'istituzione totale è anch'essa elaborata all'interno del sistema dei privilegi. Alcune azioni vengono considerate come capaci di provocare un aumento o una diminuzione del periodo di degenza, mentre altre vengono ritenute come mezzi atti a ridurre la pena. Terzo, punizioni e privilegi vengono inglobati in una sorta di sistema di lavoro di tipo residenziale. Il sistema dei privilegi consiste in un numero relativamente esiguo di elementi- messi insieme con un certo intento logico - chiaramente espliciti a tutti coloro che vi partecipano. Il risultato principale è che si ottiene un certo grado di collaborazione, da persone che spesso avrebbero buone ragioni per non collaborare. Studio recente su un ospedale psichiatrico di stato: I privilegi consistono nell'ottenere un buon lavoro, le stanze e i letti migliori, piccoli piaceri come il caffè in reparto, un margine di vita personale più ampio di quanto non sia consentito alla maggior parte dei pazienti, poter uscire dal reparto senza controllo, godere - più di quanto non faccia la media dei ricoverati - della compagnia del sorvegliante o del personale sanitario come, ad esempio, il medico ' usufruire di tutte queste piccole cose impalpabili ma vitali, come essere trattato, di persona, con gentilezza e rispetto. Le punizioni che possono essere imposte dal sorvegliante di reparto, sono la sospensione di tutti i privilegi, maltrattamenti psicologici, come il prendere in giro maliziosamente e mettere in ridicolo, punizioni fisiche talvolta modeste, talvolta pesanti, rinchiudere il paziente in una cella isolata, impedirgli o rendergli difficile l'incontro con il personale sanitario, minacciare di segnarlo sulla lista della terapia di shock, trasferirlo in reparti indesiderabili, e affidargli regolarmente compiti sgradevoli come pulire i malati sudici. Viene a costituirsi un «gergo istituzionale» per mezzo del quale gli internati descrivono gli eventi cruciali del loro particolare mondo.Inoltre lo staff e gli internati saranno perfettamente consci di ciò che si intende, negli ospedali psichiatrici, nelle prigioni e nelle caserme, per «fare azioni di disturbo». E «far azioni di disturbo» involve un processo assai complesso. Significa: impegnarsi in attività proibite (talvolta vengono compresi anche i tentativi di fuga), esser colti sul fatto, e ricevere una grave punizione. Di solito c'è una alterazione dei privilegi, simbolizzata nella frase «far retrocedere». Le infrazioni tipiche che vengono considerate nel generico «far azioni di disturbo» sono: risse, ubriachezza, tentato suicidio, bocciatura agli esami, gioco d'azzardo, insubordinazione, omosessualità, uscite senza permesso e partecipare a sommosse collettive. Sebbene queste infrazioni siano abitualmente ascritte alla perversità, alla villania, o alla «malattia» del colpevole, esse costituiscono, di fatto, un elenco limitato di azioni istituzionali, così che le stesse azioni di disturbo possono verificarsi per ragioni completamente diverse. Gli internati e il personale possono tacitamente concordare, per esempio, sul fatto che fare una certa azione di disturbo è un modo di dimostrare, da parte dell'internato, il suo risentimento contro una situazione avvertita come ingiusta, secondo l'accordo informale fra staff e internati (93); o un modo di rimandare la dimissione senza dover ammettere, di fronte ai compagni, di non voler andare a casa. Qualunque sia il significato attribuito a questo «disturbo» esso assume un'importante funzione sociale per Questo senso di «tempo morto» che incombe come una cappa di piombo può forse spiegare il compenso ricercato in quelle che possono definirsi attività di rimozione; vale a dire attività volontarie, non serie, che siano abbastanza interessanti e divertenti da allontanare da sé chi le fa, facendogli dimenticare, per il momento, la situazione nella quale vive. Se dunque si può dire che nelle istituzioni totali le attività normali torturano il tempo, queste attività lo uccidono pietosamente. Alcune attività di rimozione sono collettive: i giochi nei prati, i balli, l'orchestra, la banda, il coro, la lettura, corsi d'arte (131), o di falegnameria, i giochi a carte; altre invece sono individuali, pur basandosi su materiale collettivo, come ad esempio leggere (132), o guardare da soli la televisione (133). Naturalmente sarebbe anche da includere ogni tipo di fantasia personale, così come Clemmer suggerisce, nella sua descrizione del «sovrappiù di fantasticheria» che si riscontrerebbe nei prigionieri (134). Alcune di queste attività possono essere ufficialmente permesse dallo staff; altre - non ufficialmente permesse - costituiscono un tipo di adattamento secondario: per esempio il gioco a carte, l'omosessualità, le «alzate di gomito» o le «sbornie» ottenute bevendo alcool industriale, spezie eccitanti o ginger (135). Che siano permesse ufficialmente o no, qualora alcune di queste attività diventino troppo interessanti o continue, è probabile che lo staff vi si opponga - come succede spesso con l'alcool, il sesso, e il gioco a carte - finché l'istituzione, e non qualche altra entità sociale compresa nell'istituzione, si impadronirà dell'internato. Ogni istituzione totale può essere considerata come una sorta di mare morto, nel mezzo del quale pullulano piccole isole di attività vitali e molto stimolanti. Queste attività possono aiutare l'individuo a sostenere la tensione psicologica generalmente prodotta dagli attacchi al "sé". Tuttavia è proprio nell'insufficienza di queste attività che si può riconoscere l'effetto di privazione determinato dalle istituzioni totali. 8. In questa analisi sul mondo dell'internato ho preso in esame i processi di mortificazione, le influenze tendenti alla ristrutturazione, le linee di difesa assunte dagli internati e l'ambiente culturale che viene a svilupparsi. Ora vorrei aggiungere un commento conclusivo su ciò che accade, abitualmente, quando l'internato viene dimesso e rimandato nel mondo esterno. Sebbene i ricoverati progettino feste d'addio e tengano conto di minuto in minuto del tempo che li separa dalla loro dimissione, accade spesso che coloro i quali stanno per lasciare l'ospedale entrino in ansia di fronte a questa eventualità, tanto che taluni giungono - come si è già visto - a commettere qualche guaio per essere trattenuti ed evitare la dimissione. L'ansietà che l'internato prova di fronte alla possibilità di essere dimesso, assume spesso la forma di una domanda che egli pone a se stesso e agli altri: «Ce la faro 0 3 0 0 fuori?» Il che mette in evidenza come la vita civile sia qualcosa che produce ansia e preoccupazioni. Ciò che, per coloro che vivono nel mondo esterno, è uno sfondo non percepito per figure percepite, all'internato appare invece come una figura su uno sfondo più vasto. Questa prospettiva è forse scoraggiante, dato che coincide con uno dei motivi per cui gli ex ricoverati vedono spesso come possibile il loro «rientro» nell'istituto, e un numero considerevole vi fa realmente «ritorno». realmente «ritorno». Le istituzioni totali presentano, abitualmente, una finalità riabilitante; tendono cioè a ricomporre i meccanismi regolatori del "sé" del paziente, così che egli - una volta lasciato l'istituto - si troverà a conservarne spontaneamente i valori. (Ci si aspetta infatti che lo staff agisca realmente nel processo di ristrutturazione del "sé" di colui che entra nell'istituzione totale, dividendo in ciò, con altri tipi di organizzazioni, l'idea che basti soltanto impararne la procedura). In realtà, questi mutamenti si realizzano raramente e, anche quando si verificano alterazioni di una certa durata, esse spesso non corrispondono a ciò che lo staff presume di produrre. Se si eccettua il caso di alcune istituzioni religiose, né i processi di spoliazione né quelli tendenti alla ristrutturazione, sembrano avere effetti duraturi (137), ciò a causa - in un certo limite - della possibilità di mettere in atto adattamenti secondari, dell'esistenza di controregole, e della tendenza da parte degli internati ad escogitare ogni mezzo per sopravvivere. Naturalmente, subito dopo le dimissioni, l'internato troverà meravigliosi la libertà e i piaceri della vita che coloro che vivono nel mondo civile abitualmente non ritengono affatto eccezionali - l'aspro odore dell'aria fresca, il poter parlare quando se ne ha voglia, l'usare un intero fiammifero per accendere una sigaretta, prendere uno spuntino da solo ad un tavolo pronto per quattro persone . Tuttavia, poco dopo la dimissione, l'ex internato dimentica in gran parte ciòche era stata la sua vita nell'istituto, e ricomincia a prendere per garantiti i privilegi attorno ai quali si organizzava la vita di segregazione. Il senso di ingiustizia, l'amarezza, l'alienazione, così tipicamente prodotti.dall'esperienza dell'internamento e che così comunemente segnavano le tappe della sua carriera morale, sembrano mano a mano indebolirsi. Ma ciò che l'ex internato conserva della sua esperienza istituzionale, ci può dire qualcosa di molto importante sulle istituzioni totali. Spesso il momento del ricovero significa, per la recluta, essere assunto in ciò che si potrebbe definire una condizione predeterminante: ciò significa che non soltanto la sua posizione all'interno dell'istituto risulta radicalmente diversa da ciò che era «fuori»; ma, come egli si troverà ad imparare (se e quando sarà dimesso) la sua posizione sociale nel mondo esterno non potrà mai più essere quella che era, prima del ricovero. Nelle situazioni in cui la condizione predeterminante sia relativamente favorevole (come per coloro i quali si diplomano all'accademia militare, o in collegi e monasteri di élite eccetera) le allegre riunioni ufficiali hanno il significato di annunciare, con un certo orgoglio, la propria appartenenza alla scuola di origine. Ma qualora la condizione predeterminante sia sfavorevole, così come lo è per coloro che provengono dalle prigioni o dagli ospedali psichiatrici, si può usare il termine «stigmatizzazione», presumendo che l'ex internato si sforzi di nascondere il suo passato e tenti di «passare oltre».Secondo quanto suggerisce uno studioso (140), l'azione determinante dello staff consiste nel suo potere di concedere il tipo di dimissione che riduca il livello di stigmatizzazione dell'internato.Ritorniamo ora a considerare l'ansia della dimissione. Essa potrebbe essere ritenuta il risultato della mancanza di volontà dell'internato, che è ancora troppo «malato» per far fronte alle responsabilità dalle quali l'istituzione totale lo ha liberato. Ma la mia esperienza personale nell'indagine di un tipo di istituzione totale - l'ospedale psichiatrico - tende a minimizzare questo fattore. Più importante sembra invece la disculturazione, cioè la perdita o la mancanza di cognizioni circa alcune abitudini ritenute indispensabili nella società libera. Altro fattore è la stigmatizzazione. Qualora un individuo abbia assunto una condizione predeterminante vergognosa per il fatto di essere stato internato in un ospedale psichiatrico, trova nel mondo esterno un'accoglienza gelida, che avvertirà nel momento (difficile anche per chi non sia soggetto ad alcuno stigma) in cui chiederà lavoro o un luogo per vivere. Inoltre, la dimissione giunge spesso nel momento in cui l'internato ha finalmente imparate le regole dell'istituto ed è riuscito ad ottenere quei privilegi che - come ha faticosamente appreso - sono tanto importanti nella realtà istituzionale. Egli può dunque avvertire che essere dimesso significa precipitare dalla sommità di un piccolo mondo, al fondo di un mondo più grande. Per colui il quale esce di prigione, vi può essere un impegno formale, con l'obbligo di presentarsi regolarmente al controllo, e di tenersi lontano dai circoli dai quali proveniva prima dell'arresto. IL MONDO DELLO STAFF La contraddizione fra ciò che l'istituzione fa e ciò che sostiene di fare, costituisce il significato fondamentale dell'attività quotidiana dello staff. In questo contesto, la prima cosa da dire sullo staff è che il suo lavoro, quindi il suo stesso mondo, ha unicamente a che fare con persone. Questo genere di lavoro il cui oggetto è costituito da persone, non è come un'attività che implica rapporti con il personale o quella di chi si occupa di relazioni di servizio; qui gli oggetti e i prodotti del lavoro sono uomini.un oggetto umano che si muove, per così dire, all'interno del sistema istituzionale psichiatrico, deve essere accompagnato da una serie di annotazioni informative, che spiegano ciò che è stato fatto al paziente e da parte del paziente, e chi è da ritenersi responsabile del caso Date le caratteristiche fisiologiche dell'organismo umano, è ovvio che occorre soddisfarne alcuni bisogni, se si vuol fare un certo uso costante delle persone.Negli ospedali psichiatrici lo staff ritiene che i pazienti possano picchiare o offendere il personale «senza alcun motivo»; alcuni infermieri pensano che un contatto prolungato con pazienti mentali possa avere un effetto contagioso. Nei sanatori per T.B.C. e nei lebbrosari il personale curante si sente particolarmente esposto a malattie pericolose. Mentre si riconoscono queste affinità fra un tipo di lavoro che ha per oggetto gruppi di uomini e quello che ha a che fare con oggetti reali, ciò che determina la particolarità dell'attività dello staff è proprio il fatto di dover agire sugli uomini, come se si trattasse di un materiale di lavoro. Le persone sono quasi sempre considerate come fine a se stesse, secondo i principi morali della società di cui l'istituzione totale fa parte. Così si trova, quasi sempre, che alcuni modelli di manipolamento, "tecnicamente" non necessari, devono invece essere mantenuti con materiale umano. Il mantenere ciò che si ritiene un tipo di vita umano, viene definito come parte della «responsabilita 0 3 0 0 della istituzione», ed è probabile corrisponda a ciò che l'istituzione garantisce all'internato in cambio della sua libertà. Il personale addetto alle carceri è obbligato a frustrare i tentativi di suicidio del Le persone sono quasi sempre considerate come fine a se stesse, secondo i principi morali della società di cui l'istituzione totale fa parte. Così si trova, quasi sempre, che alcuni modelli di manipolamento, "tecnicamente" non necessari, devono invece essere mantenuti con materiale umano. Il mantenere ciò che si ritiene un tipo di vita umano, viene definito come parte della «responsabilita 0 3 0 0 della istituzione», ed è probabile corrisponda a ciò che l'istituzione garantisce all'internato in cambio della sua libertà. Il personale addetto alle carceri è obbligato a frustrare i tentativi di suicidio del detenuto e ad assicurargli una completa assistenza medica, anche se ciò significa dover posporne l'esecuzione. Qualcosa di simile si dice accadesse nei campi di concentramento tedeschi, dove gli internati ricevevano talvolta l'assistenza medica, anche se erano già stati destinati alle camere a gas. Una seconda caratteristica, tipica nel mondo dello staff, è che gli internati conservano una condizione sociale e legami con il mondo esterno, di cui si deve tener conto. Ciò naturalmente dipende dal fatto - già accennato - che l'istituzione deve rispettare alcuni diritti degli internati in quanto si tratta di persone. Anche con un malato mentale cronico, ormai spogliato di ogni diritto civile, resta sempre da fare un gran lavoro di carteggio. I diritti di cui il paziente mentale è stato privato vengono di solito trasferiti ad un parente, ad un comitato o al sovrintendente dell'ospedale stesso, che diventa allora la persona legale la cui autorizzazione occorre ottenere per ogni faccenda che riguardi l'esterno dell'istituzione: indennità rilasciate dalla sicurezza sociale, tasse, manutenzione di proprietà, versamenti per assicurazioni, pensioni, dividendi di azioni, conti del dentista, impegni legali precedenti all'internamento, permessi di rilasciare le cartelle di casi psichiatrici a compagnie di assicurazione o a procuratori, permessi per visite speciali da parte dì persone che non sono parenti eccetera. Di tutto questo è l'istituzione che deve occuparsi, anche se si tratta solo di trasmettere le decisioni a coloro che hanno la figura legale per metterle in atto. Lo staff viene invitato a ricordare i suoi obblighi nei confronti del tipo di vita cui hanno diritto i pazienti, non solo da parte dei superiori da cui dipende, ma anche da parte di agenzie investigative della società esterna e dei parenti degli internati. Il materiale stesso su cui lavorano può, dunque, giocare questo ruolo. i parenti, come fonte di critiche, presentano un problema particolare perché, mentre gli internati possono venire istruiti sul prezzo che si troveranno a pagare qualora facciano richieste per proprio conto, essi sono meno controllabili al riguardo, e possono scivolare in domande a favore degli internati che questi ultimi non oserebbero mai fare. La molteplicità dei modi in cui gli internati possono essere considerati fine a se stessi, e il loro grande numero, costringono lo staff ad impegnarsi in uno dei classici dilemmi che devono affrontare coloro che governano. Poiché l'istituzione totale lavora in qualche modo come uno stato, lo staff ha i medesimi problemi che preoccupano i governanti. Nel caso di ogni singolo internato, l'assicurazione che un certo tipo di vita verrà mantenuto nel suo stesso interesse, può richiedere la rinuncia ad altri; ma in ciò è implicita una difficile scelta dei fini. Il tipo di trattamento che un internato ha il diritto di esigere potrebbe essere in contrasto, naturalmente, con quello desiderato da un altro; il che dà l'avvio ad un genere di problemi, tipici di chi governa. Lo stesso obbligo dello staff a mantenere un tipo di trattamento umano per gli internati, presenta problemi; ma un'ulteriore serie di problemi particolari viene ad evidenziarsi nel costante conflitto fra l'esigenza di un livello di vita umano, da un lato, e dall'altro l'efficienza istituzionale.Le proprietà personali di un individuo sono una parte importante del materiale da cui egli ricava la propria costruzione del "sé", ma, in qualità di internato, la facilità con cui può essere manipolato dallo staff è direttamente proporzionale al grado in cui è stato privato delle sue proprietà. Ex:La forma stessa del vestito può essere studiata in funzione dell'efficienza e non in vista di un miglioramento personale Spot pubblicitario :ALLEGRI, LACERATORI! ECCO UNA NUOVA TUTA COMPLETAMENTE AUTOMATICA! Vestito tutto intero, disegnato ed esperimentato da istituzioni per pazienti e ritardati mentali. Impedisce l'impulso a spogliarsi, resiste alle lacerazioni. Così come le proprietà personali possono interferire con il buon andamento della vita istituzionale e, per tal motivo, essere espropriate, parti del corpo potrebbero rivelarsi in contrasto con l'efficienza organizzativa, contrasto che viene abitualmente risolto a favore dell'efficienza. Ex: estrarre i denti ai pazienti che mordono Ho già ricordato come il lavoro il cui oggetto è costituito da persone, differisce da ogni altro tipo di attività, a causa della mescolanza di condizioni diverse e di legami che ciascun internato porta con sé nell'istituzione, e per il tipo di vita umano che deve essere mantenuto. Una diversità si evidenzia nel caso di internati che hanno il permesso di uscire dall'ospedale, poiché l'istituzione risulta responsabile dei guai che essi potrebbero provocare nel mondo esterno. Data questa responsabilità, è comprensibile come molte istituzioni totali tendano a vedere poco favorevolmente le libere uscite dei ricoverati. Altra diversità, forse la più importante fra questo tipo di lavoro e gli altri , e che sotto lo stimolo della minaccia, del premio e della persuasione gli oggetti umani possono venire educati ed istruiti,tanto da potersi fidare che portino a termine da soli direttive date. Mentre i materiali umani non possono essere altrettanto insensibili quanto quelli inanimati, la loro stessa capacità di percepire e di seguire i piani dello staff, assicura che essi sono anche in grado di ostacolarli più di quanto non possano farlo gli oggetti inanimati, dato che questi ultimi non possono, di proposito e intelligentemente, frustrare i nostri piani . Per questo nelle carceri e nei reparti «migliori» degli ospedali psichiatrici, i guardiani devono essere pronti a far fronte a tentativi di fuga, provocazioni, accuse e disordini da parte degli internati. Questo è uno dei motivi per cui il personale curante tende a nascondere le decisioni prese nei riguardi del destino degli internati; perché, qualora l'internato venga a conoscenza di ciò che si prepara per lui, potrebbe apertamente e intenzionalmente ostacolare la realizzazione di ciò che è stato progettato; così per esempio a malati mentali pronti per un trattamento di shock, si raccontano storie gentili e talvolta si impedisce di vedere la stanza nella quale subiranno il trattamento. Una terza differenza generale fra il materiale umano e gli altri tipi di materiale, con conseguenti problemi particolari, è che a qualsiasi distanza si ponga lo staff, questo materiale può diventare oggetto di comprensione e di affezione. C'è sempre il pericolo che l'internato appaia sotto un profilo umano; in questo caso se il paziente viene sottoposto a qualche privazione, lo staff più comprensivo ne soffrirà. La possibilità che gli internati diventino oggetto di simpatia e di comprensione da parte dello staff, è legata a ciò che può definirsi una sorta di ciclo di coinvolgimento, di cui talvolta si parla nelle istituzioni totali. Tuttavia questo lasciarsi coinvolgere li può portare ad essere colpiti da ciò che fanno e soffrono i pazienti, mettendoli in una posizione che può risultare minacciosa nei confronti della «distanza» mantenuta, invece, dagli altri membri dello staff.Se si unisce l'obbligo dello staff a mantenere un tipo di trattamento umano per gli internati, al fatto che si può arrivare a considerarli individui ragionevoli e capaci di essere coinvolti in un rapporto emotivo, si ha il quadro di alcune delle particolari difficoltà che si presentano, in un lavoro il cui oggetto sia costituito da persone. Negli ospedali psichiatrici sembra ci siano sempre pazienti che agiscono in modo drammatico contro il loro stesso interesse: bevono acqua che hanno appena insudiciata, mangiano troppo al giorno del Ringraziamento e a Natale, cosicché in quei giorni ci saranno sicuramente ulcere rotte ed esofagi occlusi; corrono a testa in giù contro il muro; strappano le suture dopo una piccola operazione; buttano giù per il gabinetto la dentiera senza la quale non potranno mangiare e che impiegheranno mesi a riottenere; o rompono occhiali senza i quali non possono vedere. Nel tentativo di frustrare questi atti evidentemente autodistruttivi, i membri dello staff possono essere obbligati a manipolare questi pazienti, presentandosi ai loro occhi come duri e autoritari, proprio nel momento in cui tentano di impedire loro di fare contro se stessi ciò che nessun essere umano dovrebbe fare ad alcuno. E' quindi evidente quanto sia difficile, per lo staff, controllare le proprie emozioni. 2. Lo staff è incaricato di far fronte alle ostilità e alle richieste degli internati, e ciò contro cui gli internati devono in genere scontrarsi, sono gli scopi e le finalità razionali che l'istituzione si prefigge. Dobbiamo perciò analizzare queste finalità. Gli scopi espliciti delle istituzioni totali non sono molti: il raggiungimento di mete economiche, educazione e addestramento; trattamento medico e psichiatrico; purificazione religiosa; protezione della comunità dalle corruzioni; e, come ci suggerisce uno studioso delle carceri,... «"inabilitazione, punizione, minaccia, e riabilitazione"...» (146). E' ben noto come le istituzioni totali manchino di una buona misura i loro scopi ufficiali. Ciò che è meno noto è che ciascuna di queste finalità e programmi ufficiali sembra perfettamente adatto a provvedere una chiave di volta, una spiegazione del fatto che lo staff, e a volte gli internati, possono dissimulare ogni crepa nell'azione dell'istituzione. Ogni istituzione non deve limitarsi a tentare di realizzare i suoi scopi ufficiali, ma deve anche proteggersi, in qualche modo, dalla tirannia di una loro ricerca affannosa, per evitare che l'esercizio dell'autorità si converta in una caccia alle streghe. Il fantasma della «sicurezza» nelle carceri e le azioni dello staff che vengono giustificate in suo nome, sono esempi di questi pericoli. Paradossalmente quindi, mentre le istituzioni totali sembrano essere il meno teorizzabile dei luoghi, è proprio qui che, almeno recentemente, l'interesse per le ipotesi e le concettualizzazioni teoriche, ha incominciato a giocare un ruolo molto importante. Lo schema interpretativo delle istituzioni totali incomincia a agire, automaticamente, al momento dell'entrata dell'internato, in quanto lo staff sa che l'internamento di un individuo è, "prima facie", l'evidenza del suo essere il tipo di persona per il cui trattamento l'istituzione è stata creata. Il prigioniero politico deve essere un traditore; il detenuto comune deve aver infranto la legge; il ricoverato in un ospedale psichiatrico deve essere malato. Se non è un traditore, un criminale, un malato, per quale altra ragione si troverebbe lì? Questa automatica identificazione dell'internato non è semplicemente nominale; è al centro di uno dei principali mezzi di controllo sociale. "Lo scopo principale della cultura degli infermieri è di riuscire ad avere il controllo dei pazienti - controllo che deve essere mantenuto senza preoccuparsi della loro assistenza. Questo scopo si chiarisce bruscamente quando vengono manifestati desideri fans che riesce a portare con sé, sono spinti a vedere l'ospedale come un luogo naturale dove accadono cose naturali. In cambio del fatto di avere la possibilità di mostrarsi sotto questa luce, gli internati rivelano, attraverso la loro squadra, qualcosa dell'istituzione. Nell'esercitare questa attività che può essere ritenuta volontaria, la squadra degli internati dimostra infatti ai visitatori e ai compagni spettatori che almeno in questo contesto lo staff non è tirannico, che una squadra di internati è in grado di rappresentare l'intera istituzione e che le è permesso farlo. Le funzioni religiose e i divertimenti domenicali sono talvolta messi l'uno in opposizione all'altro .In tutte le cerimonie istituzionali cui ho accennato, lo staff si trova a giocare, con molta probabilità, più di un ruolo di controllo. Mentre recita questo ruolo, il suo modo di rivolgersi agli internati sarà particolarmente fraterno; essi dimostreranno nei suoi confronti imbarazzo e rispetto, ed egli li ricambierà con un interesse da vecchio zio.na delle funzioni degli internati più conosciuti nell'istituzione, è quella di fornire ad un gruppo di membri dello staff, alcune persone cui siano abbastanza legati da poter giocare, nei loro confronti, il ruolo di vecchi zii. Si dovrebbero ora aggiungere alcuni commenti conclusivi su queste cerimonie istituzionali. Esse tendono a verificarsi con una periodicità abbastanza costante, dando luogo ad una sorta di movimento sociale. Tutti gli strati dell'istituzione vi partecipano, al di fuori della loro posizione e del loro rango, ma nello stesso tempo viene fissato loro un posto che ne esprime la condizione. Queste pratiche cerimoniali si adattano bene all'analisi di Durkheim: una comunità profondamente separata in internati e staff, può, attraverso queste cerimonie, mantenersi unita. Il contenuto stesso di tali cerimonie favorisce questo tipo di interpretazione funzionale. Ad esempio, c'è sempre, in queste occasioni, un tentativo o moto di ribellione da parte degli internati; attraverso un timido articolo, uno sketch satirico, o la troppa familiarità dimostrata durante il ballo, accade talvolta che il subordinato prenda confidenza con il superiore. Qui possiamo concordare con l'analisi di Max Gluckman e arguire che la tolleranza stessa di queste sconvenienze è segno della forza dell'istituzione: "Poiche 0 3 0 1 agire sui conflitti, direttamente, indirettamente o secondo altre forme simboliche, enfatizza la coesione sociale nella quale i conflitti si manifestano" Mostrare la propria ribellione all'autorità in un momento in cui tale ribellione è accettata come legittima, è scambiare l'espressione per una cospirazione. Tuttavia una semplice analisi funzionale di alcuni riti istituzionali non convince pienamente, tranne per l'effetto, che evidentemente risulta occasionale, della terapia di gruppo. In parecchi casi è già molto se questo rilassamento dei ruoli riesce a creare una solidarietà fra personale curante ed internato. Lo staff si lamenta, di solito, della noia di queste cerimonie e del fatto di essere obbligati a parteciparvi per il loro "noblesse oblige" o, peggio ancora, per quello dei superiori. Gli internati spesso vi partecipano perché, ovunque si svolga la cerimonia, saranno sempre più comodi e meno ristretti di quanto lo sarebbero altrove. Inoltre, talvolta vi partecipano per guadagnarsi il favore del personale curante e ottenere prima la dimissione. Un'istituzione totale ha probabilmente bisogno di queste cerimonie collettive in quanto è qualcosa di più di un'organizzazione formale; ma le sue cerimonie risultano spesso miserevoli e monotone, forse perché l'istituzione è qualcosa meno di una comunità. Comunque, qualsiasi vantaggio offra ai membri di un'istituzione totale, la cerimonia istituzionale presenta qualcosa di apprezzabile agli studiosi di questo tipo di organizzazioni. Il fatto stesso che la «cerimonia» modifichi temporaneamente la relazione abituale fra internato e staff, dimostra che la differenza fra i due gruppi non è inevitabile e immodificabile. Per quanto monotona e funzionale, la cerimonia segna una sospensione o anche un capovolgimento del dramma sociale usuale, ricordandoci che ciò che è stato accantonato ha un carattere drammaturgico e non materiale. Analogamente l'intransigenza, la presa in giro collettiva dello staff, e i coinvolgimenti personali nella linea staff-internato fanno pensare che la realtà sociale nell'istituzione totale sia precaria. Io ritengo che non si dovrebbe stupire di questi rilassamenti nella netta definizione delle distanze sociali; quanto piuttosto del fatto che non vi appaiono ancora fratture più profonde. Date alcune finalità, regolamenti, servizi, regole di base, ogni tipo di istituzioni sembra gradualmente aggiungere intensità e colore a questi ordinamenti. Mansioni e compensi economici vengono assegnati così come sono assegnati, allo stesso tempo, il carattere e l'essere di ognuno. Nelle istituzioni totali gli elementi che, all'interno di una mansione, definiscono il "sé" sembrano essere portati ad un estremo. Nel momento in cui si fa parte di un'istituzione, si viene vissuti come in possesso di alcuni tratti e qualità di carattere, essenziali; tratti che differiranno radicalmente a seconda che si appartenga al gruppo curante o al gruppo degli internati. Il ruolo dello staff e quello dell'internato coprono ogni aspetto della vita. Ma queste caratterizzazioni definite, devono essere sostenute da persone seriamente preparate in altri ruoli civili e in altre possibilità di rapporto. Quanto più l'istituzione incoraggia l'idea che il personale curante e gli internati appartengono a categorie umane completamente diverse (ad esempio per mezzo di regole che proibiscono rapporti sociali informali fra di loro), tanto più profondo risulterà il dramma della differenza tra staff e internati, tanto più incompatibile diventerà la «scena» che essi dovranno recitare usando un repertorio tipico della vita civile, e tanto più essa risulterà smascherabile. Ci sono quindi motivi per dichiarare che una delle principali realizzazioni delle istituzioni totali è la dimostrazione della diversità di due categorie definite di persone; diversità che si rivela nelle qualità sociali e nel carattere morale, nella percezione di sé e dell'altro. Ogni ordinamento sociale sembra quindi puntualizzare la profonda differenza che esiste in un ospedale psichiatrico tra medico e paziente; nelle prigioni tra funzionari e detenuti; in unità militari (specialmente quelle di élites) tra ufficiali e soldati. Il che è una notevole realizzazione sociale, anche se si presume che la somiglianza dei partecipanti al gioco che le cerimonie istituzionali vogliono mostrarci, possa creare alcuni problemi relativi all'allestimento del gioco stesso e quindi stati di tensione individuali. Vorrei ora ricordare un sintomo di questi problemi di allestimento. Nelle istituzioni totali si riferiscono, abitualmente, aneddoti di identità. Gli internati raccontano del tempo in cui erano stati confusi per membri dello staff e ne avevano sostenuto per un po' la parte o di quando avevano confuso un membro dello staff per un internato; analogamente, membri dello staff riferiscono di quando erano stati presi per internati. PRECISAZIONI E CONCLUSIONI Ho fin qui considerato le istituzioni totali secondo un'unica articolazione di base: gli internati e lo staff. Mi trovo ora a domandarmi se questo modo di vedere le cose ne tralasci o ne deformi qualcuna. In uno studio più approfondito sulle istituzioni totali sarebbe importante vedere le differenze tipiche di ruolo che si verificano all'interno di ognuno dei gruppi principali (184), cercando di indagarne la funzione istituzionale. Si è già parlato di alcuni di questi ruoli quando si discutevano le mansioni istituzionali specifiche: lo staff dovrà essere il rappresentante ufficiale dell'istituzione nei contatti con la società esterna e dovrà sviluppare uno stile non istituzionale per poterlo fare con successo; alcuni suoi membri dovranno occuparsi dei visitatori e dei legami esterni degli internati; altri dovranno offrire servizi professionali; altri ancora avranno la funzione di stare a contatto, relativamente stretto, con gli internati. Alcuni potrebbero addirittura dover provvedere loro un simbolo personale dell'istituzione - simbolo sul quale proiettare tipi diversi di emozioni (185). Un'indagine accurata delle istituzioni totali dovrebbe prestare un'attenzione sistematica a queste differenze di categorie. Ci sono due aspetti delle differenze di ruolo all'interno di un gruppo che vorrei qui considerare, aspetti che hanno a che fare, entrambi, con le dinamiche dei livelli meno qualificati dello staff. Una caratteristica particolare di questo gruppo è che si tratta, probabilmente, di infermieri assunti da lungo tempo e per ciò strettamente legati alla tradizione; mentre i livelli più qualificati, e perfino gli internati, potrebbero essere soggetti ad un gran numero di mutamenti (186). Inoltre è questo gruppo che ha la funzione di proporre personalmente ciò che l'istituzione richiede ai suoi membri. Coloro che vi appartengono si trovano quindi nella condizione di far deviare l'odio degli internati per le persone più significative dello staff, e di rendere possibile - qualora un internato riesca ad avere rapporto con una persona influente dell'équipe curante - ottenere nei suoi confronti un benevolo atteggiamento da vecchio zio e anche qualche facilitazione (187). Questi atti di clemenza sono possibili semplicemente per il fatto che, come tutti gli zii, gli esponenti più importanti dello staff non hanno il compito immediato di disciplinare gli internati, e i loro contatti sono così rari che questa indulgenza non danneggia la disciplina generale. Io credo che gli internati traggano, in genere, un senso di sicurezza dalla percezione, seppur illusoria, che sebbene la maggior parte dei membri dello staff siano cattivi, il «capo» è invece buono, ed è probabile venga ingannato dai suoi subalterni. Il secondo aspetto su cui voglio soffermarmi della differenziazione di ruolo fra i membri dello staff, ha a che fare con gli schemi di deferenza. Nella società civile i riti interpersonali che gli individui recitano reciprocamente, quando sono in presenza fisica immediata l'uno dell'altro, hanno una componente cruciale di spontaneità ufficiale. Ora, dato che la deferenza che l'uno dimostra all'altro viene supposta come un'espressione diretta e spontanea, colui al quale il primo si rivolge non può richiedere una deferenza reale, qualora questa non gli venga manifestata. L'azione può essere forzata, ma una rappresentazione forzata di sentimenti è solo una rappresentazione. Sembra caratteristico di ogni istituzione, in particolare delle istituzioni totali, il fatto che qualche forma di deferenza sia da ritenersi tipica di questi luoghi, dove gli internati sono coloro che la offrono e i membri dello staff coloro che la ricevono. Perché cio 0 3 0 0 accada, quelli che sono deputati a ricevere l'espressione spontanea di rispetto, dovranno essere gli stessi che ne insegnano le forme e le rafforzano. Da ciò segue che nelle istituzioni totali una differenza cruciale rispetto alla vita civile è che la deferenza è messa, qui, su un piano formale, con esigenze specifiche e specifiche sanzioni conseguenti alle infrazioni.Il personale curante riesce, in parte, a difendersi da questa alterazione di rapporto nei confronti della deferenza, con alcuni mezzi standardizzati. Primo, nella misura in cui gli internati sono definiti come non pienamente adulti, lo staff può evitare di avvertire come perdita del rispetto di sé, il fatto di costringere alla deferenza coloro che sono sotto la sua sorveglianza. Secondo, talvolta si trova, specialmente nella vita militare, la convinzione che sia l'uniforme e non l'uomo a venir salutato (così non è l'uomo a esigere deferenza per se stesso); e legata a questa la nozione secondo la quale «non importa ciò che senti finché non lo dimostri». Terzo, il livello meno qualificato dello staff può essere incaricato di occuparsi dell'addestramento degli internati in questo senso, lasciando al personale professionalmente più elevato la possibilità di ricevere i segni di deferenza come se fossero spontaneamente espressi. Le istituzioni totali differiscono in modo considerevole nella quantità di differenziazioni di ruolo individuale fra i gruppi dello staff e degli internati, e nella chiarezza della linea di divisione fra i due livelli.Tuttavia ci sono altre differenze importanti che sono state qui solo appena accennate. Vorrei ora considerare una di queste. Le reclute entrano nelle istituzioni totali con disposizioni diverse. Da una parte c'è l'ingresso del tutto involontario di coloro che sono stati condannati alla reclusione, affidati ad un ospedale psichiatrico o costretti a far parte di un equipaggio mercantile. E' forse in queste circostanze che lo staff più difficilmente riesce a trovare, fra le reclute, quello che si definisce l'«internato ideale». All'altro estremo ci sono le istituzioni religiose che hanno a che fare solo con coloro che sentono di essere stati «chiamati», dove vengono scelti, fra i volontari, solo quelli che si rivelano più adatti e più seriamente intenzionati. (Forse in questa categoria si potrebbero anche includere alcuni campi di addestramento per ufficiali e alcune scuole di addestramento politico). In questi casi la conversione sembra già avvenuta, e restano da indicare al neofita solo le linee secondo le quali potrà meglio formarsi. A metà strada fra questi due estremi ci sono le istituzioni come l'esercito nei confronti dei coscritti, dove agli internati si impone di prestare dei servizi, per i quali, tuttavia, è possibile individuare, da parte di chi li esegue, una giustificazione e un significato personale. Ovviamente nelle istituzioni totali si riscontrano differenze significative, a seconda che il reclutamento sia volontario, semivolontario o coatto. Insieme con la variabile della modalità di reclutamento, c'è un'altra variabile - il grado in cui il cambio del sistema di regolazione del "sé" dell'internato è esplicitamente richiesto dallo staff. Nelle istituzioni di tipo custodialistico o di lavoro, l'internato deve soltanto accordarsi coi modelli d'azione in esse impliciti; il fatto che egli possa conservare - durante l'espletamento delle sue mansioni - uno spirito e un modo di sentire personali non sembrerebbe una preoccupazione istituzionale. Nei «brainwashing camp», negli istituti religiosi, e nelle istituzioni in cui viene praticata la psicoterapia intensiva, i sentimenti privati dell'internato sono invece messi in discussione. Qui la semplice accettazione dei ruoli di lavoro non sarebbe sufficiente, e il fatto che l'internato giunga ad incorporare i modelli dello staff è una finalità operante, oltre che una conseguenza casuale. Un'altra variabile,nelle istituzioni totali potrebbe essere ritenuta la loro permeabilità, vale a dire il grado al quale i modelli sociali mantenuti all'interno dell'istituzione e quelli mantenuti nella società esterna si sono reciprocamente influenzati, giungendo così a ridurre le differenze. Il che ci dà, incidentalmente, l'opportunità di considerare alcune delle relazioni dinamiche fra un'istituzione totale e la società esterna che la sostiene e la tollera. Nell'esaminare la procedura di ammissione nelle istituzioni totali, si è colpiti dagli aspetti di impermeabilità in essa impliciti, dato che si verificano processi di spoliazione e di livellamento, che ignorano completamente le distinzioni sociali con le quali le reclute si presentano. Tuttavia qualche grado di impermeabilità sembra necessario nelle istituzioni se si vogliono mantenere morale e stabilità. l'istituzione non è soltanto un luogo in cui si eliminano alcuni rifiuti delle classi più povere e che il destino dell'internato non è dovuto semplicemente alle sue condizioni sociali. La permeabilità di una istituzione totale può avere quindi conseguenze variabili nei confronti della coesione e dei lavori interni. Questo è evidente nella precarietà della posizione del livello meno qualificato dello staff. Se l'istituzione è abbastanza permeabile alla società esterna, questi membri dello staff possono avere la medesima origine sociale degli internati o anche più bassa. Per il fatto stesso che essi partecipano della cultura familiare degli internati, possono servire come canali naturali di comunicazione fra il personale di grado professionale più elevato e gli internati (benché si tratti di un canale spesso bloccato verso l'alto). Ma, all'interno dell'ospedale avranno difficoltà a mantenere la distanza sociale da coloro che sono ad essi affidati. Uno studioso del problema delle carceri ha, infatti, recentemente sostenuto che la situazione che viene a crearsi può complicare il ruolo del guardiano, poiche egli si trova esposto alla derisione dei carcerati e al fatto che essi si aspettano da lui un comportamento, nei loro confronti, discreto moderato e corruttibile (197). Qualunque sia l'utilità e l'inutilità della impermeabilità, e tralasciando quanto possano apparire radicali e militanti le istituzioni totali, ci saranno sempre limiti alle loro tendenze al rimaneggiamento dei ruoli, e all'uso delle distinzioni sociali già stabilite nel mondo esterno, dato che solo così l'istituzione può mantenerne i rapporti necessari ed esserne tollerata. Una delle caratteristiche più interessanti delle istituzioni totali è il destino sociale di coloro che ne hanno fatto parte. Di solito essi si disperdono geograficamente e la differenza individuale è riscontrabile nel grado in cui, nonostante la distanza, ne conservano i legami strutturali. Ad un estremo della scala, ci sono i frati che prendono gli ordini in una particolare abbazia benedettina, i quali non solo mantengono contatti informali con l'istituzione da cui provengono, ma trovano che, per il resto della vita, la loro occupazione e locazione geografica saranno determinate dall'averne fatto parte. Allo stesso capo della scala sono gli ex detenuti, per i quali il fatto di essere stati in prigione è sufficiente ad orientarli verso la comunità della malavita, vasta come un mondo, che comprometterà da quel momento la loro esistenza. All'altro estremo invece ci sono i soldati che, vissuti insieme nelle stesse baracche, si dividono al momento della smobilitazione ritirandosi ciascuno nella propria vita privata e si guardano bene dal partecipare alle riunioni di reggimento. Inoltre ci sono, a questo stesso livello, gli ex pazienti mentali che evitano accuratamente persone ed eventi che abbiano qualche relazione con l'ospedale. In una posizione intermedia fra questi due estremi si possono collocare i gruppi di ex alunni appartenenti a scuole private o università che funzionano come comunità facoltative, deputate all'assegnazione di posizioni professionali considerevoli per gli affiliati. 2. Ho qui descritto a grandi linee le istituzioni totali, elencandone i tipi e tentando di suggerire alcune delle loro caratteristiche più comuni. Abbiamo ora una letteratura piuttosto vasta sull'argomento e potremmo essere in grado di sostituire le semplici supposizioni in merito, con una solida struttura che affronti l'anatomia e il funzionamento di questo tipo di animale sociale. Le somiglianze che si riscontrano si impongono così chiare e persistenti, da costringerci a sospettare che ci siano buone ragioni funzionali per giustificarne la presenza e che sarà possibile farle quadrare e sistematizzarle attraverso una spiegazione appunto funzionale. .