Scarica lettera ad una professoressa e più Sintesi del corso in PDF di Scienze dell'educazione solo su Docsity! SCUOLA DI BARBIANA “LETTERA A UNA PROFESSORESSA” Introduzione: “Lettera a una professoressa” è un libro scritto da Don Lorenzo Milani, pubblicato nel 1967 subito dopo la morte dell’autore, divenne uno dei testi di riferimento de movimento studentesco del ’68. Il libro tratta dell’emancipazione sociale e dell’esigenza di cambiamento da parte dei giovani che vivono lontano dalla città e appartengono al ceto medio. Il libro vuole criticare duramente la scuola statale con l’obbiettivo di conoscere i diritti delle classi svantaggiate , liberandole dai pregiudizi e dalle convenzioni che limitano la loro libertà. Gli autori sono anche gli stessi ragazzi della scuola di Barbiana, un piccolo borgo attorno ai monti di Firenze , che frequentavano la scuola di Don Milani, il quale gli insegnò la scrittura collettiva , un metodo innovativo che raccoglieva le opinioni e idee di tutti per realizzare un testo . Definizioni: EDUCAZIONE : deriva dal latino e-ducere e significa “tirare fuori”. Tirare fuori dal soggetto ciò che è già dentro di lui e l’insegnante deve fare da guida senza intromettersi con ordini o divieti (all’educazione interessa sviluppare gli aspetti relazionali e sviluppare la personalità). ISTRUZIONE: istruire significa inserire all’interno del soggetto determinate nozioni per aumentare le conoscenze. Il tutto avviene da parte dell’insegnante e l’alunno è un soggetto passivo( all’istruzione interessa lo sviluppo degli aspetti cognitivi e prestazionali). FORMAZIONE: si intende il processo attraverso il quale si spinge il soggetto a formarsi , a diventare maturo. Francesco Gesualdi : è un attivista e un saggista italiano. In gioventù fu allievo del maestro don Lorenzo Milani alla scuola di Barbiana. Quando si parla della Scuola di Barbiana , ci si riferisce all’esperienza educativa sperimentale avviata e animata da don Lorenzo Milani dal 1954 al 1967. L’innovativa scuola provocò un ampio dibattito sulle innovazioni da apportare in materia di pedagogia. “Lettera a una professoressa” è stato scritto dai ragazzi di questa scuola, elaborato sotto la regia del maestro; ne erano autori otto ragazzi suoi allievi. La lettera proponeva i risultati di un lavoro di gruppo, in cui i ragazzi conducevano una forte critica al sistema scolastico italiano dell’epoca e in particolare alla gestione dell’obbligo scolastico, molto strutturato, selettivo. Si tratta di un forte appello e richiamo alla società che non poteva rimanere inascoltato. Prefazione : Nella prefazione Francesco Gesualdi ci racconta che al tempo che venne scritto “Lettera a una professoressa”, l’arabo non veniva fatto studiare nelle scuole europee, poiché veniva vista come una lingua degli oppressi e dei diseredati. L’arabo si studiava solo nella scuola di Barbiana, dove si studiavano tutte le lingue possibili perché si riteneva fondamentale che i poteri potessero comunicare fra loro per rompere insieme le catene dell’oppressione. A Barbiana vigeva la convinzione che la scuola non doveva essere una fatica ma un divertimento. Finita la scuola elementare, al di là si prospettava solo il nulla: molti ragazzi si trovavano nell’impossibilità di proseguire e l’unica alternativa era andare nei campi a lavorare. Per cui la scuola di Barbiana si ingrandì, il maestro così decise di investire i ragazzi più grandi già con la licenza in ruoli di professori per i più piccoli. Fu così che questa scuola, poté conoscere tutte le storture e contraddizioni della scuola di Stato. La scuola di Stato voleva solo nozioni a memoria senza riflettere sui progressi degli alunni : questo libro costituisce una denuncia dell’atteggiamento classista che la scuola ha verso i poveri e l’incapacità di poter essere cittadini capaci di capire il mondo in cui vivono. L’obbiettivo è quello di proporre la costruzione di una scuola (in senso didattico) al servizio degli ultimi. Si concluse nel 1967, anno in cui uscì la lettera: chiuse per la morte del maestro don Lorenzo Milani. Questa scuola vive ovunque ci siano maestri che amano far crescere gli studenti come persone libere e solidali. La pedagogia della Scuola di Barbiana in Lettera a una professoressa Un professore in quanto tale, molte volta si trova in uno stato di difficoltà di fronte alla molteplicità dei bisogni degli alunni: minori con disabilità, stranieri, minori allontanati dalle proprie famiglie, ragazzi poveri non solo a livello materiale ma anche relazionale. In questa logica la scuola assume un ruolo fondamentale per la costruzione di una società più giusta. Una scuola per “tutti” richiede obbiettivi condivisi e conoscenza profonda dei ragazzi e delle ragazze, del loro contesto, cultura senza trascurare la dimensione emotiva. Chi opera per una scuola più giusta non può che trovare una fonte continua riflessione nella figura e nell’opera di don Lorenzo Milani per il quale fare scuola significava dare la parola agli emarginati. Le sue opere sono un richiamo alla responsabilità di essere un educatore ,prendendosi in carico ogni alunno, avendone cura I CARE. Un uomo poliedrico che si scopre educatore Don Milani è stato un grande testimone del 900, è divenuto simbolo di una scuola più giusta per tutti. La sua traiettoria esistenziale si apre con il mondo del fascismo e si chiude nel periodo della contestazione studentesca passando per la seconda guerra mondiale, la guerra fredda e la guerra del Vietnam. Bisogna considerare tre aspetti del suo essere: - un uomo colto: interessato a rafforzare la polis con giustizia e leggi migliori ha creduto nella democrazia; - un sacerdote fedele al messaggio evangelico; - un educatore: proteso all’elevazione intellettuale e etica dei suoi studenti. La famiglia apparteneva all’alta borghesia intellettuale fiorentina. Fin da piccolo manifestava una forte sensibilità verso le ingiustizie sociali, consapevole dei privilegi della sua condizione di “signorino”. Nel 1942 egli compie la scelta di aderire al Vangelo in maniera radicale, al servizio degli ultimi. Nel 1947 Lorenzo viene ordinato sacerdote e cappellano a Montespertoli. Nei suoi nuovi abiti Lorenzo si guarda intorno e parla con la gente, confrontando le rispettive vite, e comincia a capire che quello che sottomette i poveri è l’ignoranza. Divenuto cappellano della parrocchia di San Donato di Calenzano, si avvicina al popolo povero e decide di aprire le porte della villa familiare, organizzando un doposcuola per i figli dei contadini, partendo dall’alfabetizzazione e dalla costituzione, con lo scopo di dare loro la parola. Barbiana Nel dicembre del 1954 egli arriva a Barbiana e vi trova un universo di solitudine. Gli abitanti sono molto poveri, analfabetizzati e afflitti dalle ingiustizie sociali. La prima azione che svolge è volta a ottenere la loro fiducia, si fa povero tra i poveri. Decide di allestire una scuola nelle stanze della canonica e dedicare gran parte del suo tempo a essa. La canonica fu promossa come scuola di avviamento professionale a indirizzo industriale. I primi ragazzi ottennero il diploma e intrapresero un percorso, che noi oggi definiremmo alternanza scuola-lavoro, che comprendeva periodi di lavoro in Italia e all’estero, e periodi di studio a Barbiana per acquisire nuove competenze e assolvendo un compito indispensabile “fare da maestri ai più piccoli”. La scuola crebbe e nel 1963 divenne scuola media unificata e vi arrivarono i respinti della nuova scuola di massa, dalla scuola pubblica. Dava loro un’esperienza formativa completa che legava insieme la scuola e la vita. Lettera a una professoressa era un manifesto di istruzione alternativa e al contempo una denuncia alla scuola media unica, che rimaneva classista e selettiva. I ragazzi di questa scuola denunciavano che su 100 iscritti, solo il 30% otteneva il diploma, con una selezione che aveva precise caratteristiche sociali,geografiche e anagrafiche. I ragazzi contestavano i metodi nozionistici, l’indifferenza e la scarsa