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Letteratura italiana, Sbobinature di Italiano

Letteratura italiana, ultimo anno superiori

Tipologia: Sbobinature

2019/2020

Caricato il 14/06/2023

lguerrieri3
lguerrieri3 🇮🇹

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Scarica Letteratura italiana e più Sbobinature in PDF di Italiano solo su Docsity! PIRANDELLO Dal nome di Pirandello sono state coniate delle parole che appartengono al vocabolario di molte lingue europee. Questi termini sono, ad esempio, l’aggettivo “pirandelliano” sinonimo di una situazione assurda. Poi abbiamo il termine “Pirandellismo” che è un sostantivo. “Pirandellismo” è sinonimo di un atteggiamento raziocinante, altamente cerebrale. La persona cerebrale è quella che fa un uso minuzioso e quasi inquisitorio della ragione. Pirandello, nell’arco della sua biografia ha attraversato un percorso, perché lui da siciliano muove da influenze veriste ma poi opererà una svolta a 360° lungo la sua poetica quando pubblica il suo romanzo “Il fu Mattia Pascal” pubblicato nel 1904. Questo romanzo già testimonia l’adesione di Pirandello alla poetica nuova ed originale dell’umorismo che riflette una nuova visione del mondo altamente problematica e relativistica. Pirandello mette in luce tutto questo attraverso un saggio pubblicato nel 1908 chiamato “Sull’umorismo”. Questo saggio nasce da un’esigenza ufficiale: per circa 20 anni Pirandello ha insegnato all’istituto superiore del magistero di Roma; quando è passato di ruolo ha scritto questo saggio importantissimo che ci porta nel cuore della poetica umorista, che lui aveva già messo in opera 4 anni prima pubblicando “Il Fu Mattia Pascal”. LA BIOGRAFIA Nasce nel 1867 nella contrada del Caos, vicino Agrigento. Lui racconta della sua nascita in maniera bizzarra perché dice che sua madre, per scampare ad un’epidemia di colera, lascia Agrigento e si trasferisce in un podere in campagna dove poi lui venne dato alla luce. Scherza molto su questa cosa per porre l’accento sul fatto che la sua vita fosse caratterizzato da eventi fortunosi. Lui appartiene ad una famiglia agiata: il padre amministrava delle miniere di zolfo ed era stato un garibaldino, mentre sua madre apparteneva ad una famiglia di tradizione anti-borbonica. Pirandello fu un grandissimo ammiratore di Verga, perché con lui condivide la sicilianità e l’educazione basata sui principi del Risorgimento. Pirandello fu anche grande amico di Luigi Capuana, incontrato a Roma quando va a fare l’università, e pare sia stato proprio Capuana ad avviarlo alla scrittura letteraria. Seppure c’è un’influenza veristica, questa viene subito dissolta da Pirandello e questo è incentivato anche dal periodo passato in Germania. Anche in Pirandello c’è il conflitto padre-figlio perché i rapporti con suo padre furono molto difficili fin dall’inizio, a partire dall’imposizione di frequentare una scuola tecnica commerciale, perché lui voleva che suo figlio si impiegasse nell’amministrazione delle miniere che lui gestiva. Pirandello, nel secondo anno di scuola superiore fece finta di essere stato rimandato e con i soldi ricevuti per le ripetizioni si paga le lezioni di latino e greco e l’iscrizione al terzo anno di liceo, anche con la complicità della madre. Il padre era convinto che lui frequentasse una scuola professionale, ma quando scopre che è al liceo lo lascia fare. Il padre Stefano, rude nei modi, voleva coinvolgere il figlio negli affari di famiglia: Pirandello ci prova per alcuni mesi ma non ne è capace perché non è nelle sue corde. I rapporti si inaspriscono quando scopre che il padre ha un’amante, cosa che lo porta a chiudere i rapporti con il padre. Dopo aver concluso il liceo, si iscrive a lettere e va a Roma. Ovviamente lo stile di vita e l’università stessa sono diversissimi rispetto a D’Annunzio (frequentava la Roma mondana). Pirandello però entra in urto con il suo professore di latino che vorrà addirittura cacciarlo dall’università. Un altro professore gli suggerisce invece di lasciare l’Italia per concludere il percorso di studi: Pirandello va a Bohn per tre anni e si laurea. Ritorna poi a Roma e si sposa attraverso un matrimonio combinato, in quanto il padre della ragazza aveva rapporti economici con il padre di Pirandello. Tutta la ricca dote della moglie viene investita dal padre per la propria attività e vivono attraverso una mensilità data dal padre che permette di vivere loro dignitosamente ma senza particolari agi. Ad un certo punto, tutti i soldi della moglie vanno perduti a causa di un allagamento terribile che necessiterà importanti riparazioni. Questo determina una situazione difficilissima perché lui dovrà provvedere a tre figli, mentre la moglie è gravemente malata, a causa di una paralisi improvvisa a seguito della crisi finanziaria. Ad un certo punto la moglie sarà trasferita in una casa di cura. Per questo lui è costretto a lavorare alacremente, tant’è che “Il Fu Mattia Pascal” fu scritto di notte. Dopo il successo di questo romanzo guadagna un grande successo e decide di scrivere “Uno, nessuno, centomila” che però terminerà e pubblicherà dopo ben 15 anni. Poi, a metà degli anni 10 inizia la sua avventura teatrale: è stato un grandissimo scrittore di teatro. Il teatro di Pirandello si snoda lungo due direttrici: il teatro dell’assurdo, che è della metà degli anni 10 del 900 (Provaci ancora Giacomino, etc.) Non solo Pirandello depotenzia e svuota dall’interno il dramma naturalistico basato sul principio della verosimiglianza, dei rapporti di causa-effetto, sulla coerenza psicologica dei personaggi, ma proprio destruttura ruoli e situazioni tant’è che Gramsci, quando recensisce una commedia di Pirandello, dice che le commedie di Pirandello sono tante bombe a mano fatte esplodere nei cervelli della gente per creare crolli di banalità ed ipocrisie, perché hanno un impatto fortemente destabilizzante. Poi, con “Sei personaggi in cerca d’autore” approda al metateatro, ovvero un teatro all’avanguardia pura. Un altro nodo della vita di Pirandello è l’adesione al Fascismo. Scrive una lettera aperta a Mussolini dopo il delitto Matteotti, facendo indignare molti. Si dice che l’adesione di Pirandello al Fascismo fu un fatto viscerale, non politico: probabilmente Pirandello, che ha una visione per certi versi anarchico-sovversiva perché Pirandello prende di mira tutte le ipocrisie sociali, vede nel Fascismo un movimento anarchico attraversato da una certa furia distruttiva dell’ordine costituito, focalizzato su una figura forte che probabilmente in quel momento gli sembrava migliore della democrazia in cui la classe dirigente era formata da incompetenti ed individui corrotti. Negli anni successivi all’adesione al Fascismo, Pirandello maturerà un atteggiamento critico nei confronti del fascismo, tanto che quando viene insignito del premio Nobel non fa alcun discorso ufficiale perché questo avrebbe comportato l’obbligo di fare un riferimento a Mussolini e al Fascismo. Quando lui muore nel 1936, non vuole funerali di Stato, ma vuole un funerale anonimo perché era consapevole che se ci fosse stato un Funerale di Stato, sarebbe stato strumentalizzato dal Regime. Con sovvenzioni statali, Pirandello riesce ad allestire una compagnia teatrale con la quale gira l’Italia e l’Europa, decretandone il successo. Nella compagnia c’è una giovane attrice, Marta Abba, che diventa la sua amante ma con la quale il rapporto è altamente conflittuale data la giovane età di lei e il comportamento geloso e paterno di Pirandello verso di lei. Comunque ormai la fama di Pirandello è esplosa. Gli ultimi anni li passa quasi sempre all’estero per curare la trasposizione teatrale e cinematografica delle sue opere. Muore a Roma nel 1936 quando si reca nella città per seguire la preparazione di un film a Cinecittà ispirato a “Il Fu Mattia Pascal”. Viene colto da una grave polmonite che appunto lo porta a spegnersi nel 1936. LA DIALETTICA DI PIRANDELLO: TRA VITA E FORMA La vita per Pirandello è un flusso continuo ed inarrestabile di stadi e stati in continua evoluzione e trasformazione. Pirandello risente dell’influenza di Henri Bergson e della sua teoria dello “slancio vitale” perché anche in quel caso Bergson parla di questo eterno divenire di tutte le cose. La vita è quindi un flusso incessante e quando qualcosa tende a staccarsi da questo flusso incessante e continuo, assume una forma, si irrigidisce e si blocca e nella sostanza, si può dire che comincia pian piano a morire. Noi apparteniamo a questo eterno divenire ma nell’illusione di darci un’identità e di dichiarare che “io sono” tendiamo a darci una forma e quindi ad ingabbiarci in qualche modo nell’illusione di avere Da questo passo affiora anche il fatto che gli uomini sono perennemente diversi da se stessi, perché cambiano insieme allo scorrere della vita, eppure sono convinti di avere un’individualità unica ed univoca, che possa essere riconoscibile anche agli occhi degli altri. Nell’interiorità di ognuno, la vita continua a fluire indipendentemente dalla forma in cui noi ci ingabbiamo e in certi momenti (i momenti “tempestosi”), la vita erompe, si scontra con la forma, con quelli che sono i limiti imposti dalla forma e quindi l’uomo si rend e conto dell’inconsistenza della forma, e questo è il privilegio dei personaggi pirandelliani, che diventano maschere nude. La scoperta di non avere una personalità coerente non è solo delle anime irrequiete come quelle dei folli che sfuggono ad ogni classificazione, ma chiunque, anche le anime quiete, può essere esposto all’improvviso alla scoperta di non essere quello che crede di essere, perché il flusso incontrollabile della vita agisce in ognuno di noi. L’UMORISMO L’Umorismo non è la comicità. Con questo saggio Pirandello risponde a chi, come Benedetto Croce (che era uno dei filosofi più importanti dei primi del 900) non era d’accordo con “Il fu Mattia Pascal” e soprattutto, in un articolo pubblicato ad inizio 900, disse che era impossibile definire l’umorismo. Pirandello risponde attraverso questo saggio ed espone le sue considerazioni sull’argomento. Tra l’altro, dedica questo saggio alla buon’anima del fu Mattia Pascal bibliotecario perché “Il Fu Mattia Pascal” era uscito nel 1904, mentre questo saggio è del 1908. Mattia Pascal è un personaggio umoristico. Nell’umorismo, la riflessione ha un ruolo fondamentale. Per Croce (aveva anche fatto una selezione nella produzione di Leopardi: aveva valorizzato e considerato poesia solo certe opere, in particolare i canti leopardiani, e avevo fatto tabula rasa dell’ultimo Leopardi, in cui la riflessione e la tensione argomentativa hanno maggiore peso) la poesia non aveva a che fare con il ragionamento, mentre Pirandello nella sua poetica attribuisce una funzione fondamentale nel processo creativo proprio alla riflessione, perché questa ci consente di scomporre ed analizzare la realtà. Pagina 880, linea 26: secondo passo Secondo Pirandello, ciò che scatena il riso è l’avvertimento del contrario a quello che dovrebbe essere, perché questo avvenimento si carica di ridicolo. Poi però, quando noi ci pensiamo e subentra in noi la riflessione, cominciamo a chiederci (in questo caso) come mai quella donna si comporti in questa maniera e cogliamo che quel comportamento è anche frutto di una scelta dolorosa e sofferente attraverso la quale questa signora si è messa in gioco, rischiando di essere ridicola, nel tentativo di suscitare una qualche attrattiva in un marito che non se la pesca più; allora attraverso la riflessione subentra un sentimento di pietà e di solidarietà, di compartecipazione , perché di fronte a questa consapevolezza non ci viene più da ridere, perché sentiamo dentro di noi qualcosa che ostacola questa risata, perché noi capiamo che quel comportamento è frutto di una scelta anche difficile e dolorosa. Questo è il sentimento del contrario perché la riflessione comporta la compartecipazione, la solidarietà, il partecipare alla vicenda umana di questa persona. Noi abbiamo quindi, in questo modo, la capacità di sentire insieme alla vecchia signora le contraddizioni della sua condizione, ma lo facciamo solo se riflettiamo. Quindi, la riflessione ci permette di andare oltre la superficie delle cose e di scendere in profondità. Quindi l’umorismo è una poetica che è essa stessa una forma di veggenza, perché va oltre la prospettiva dell’uomo comune; ci fa capire che il comico è l’ombra goffa che il tragico si porta sempre dietro, che accanto ad ogni cosa c’è un’ombra, e accanto ad ogni cosa luminosa c’è un lato oscuro, quindi ci abitua anche a guardare le cose da un punto di vista diverso. Pirandello in questo saggio ci offre anche degli esempi di personaggi umoristici in letteratura, uno è Don Chisciotte e l’altro è Don Abbondio. Entrambi sono umoristici perché di fronte a loro il lettore sente una perplessità: è come se fosse diviso tra due atteggiamenti opposti perché non sa se riderne o riflettere e capire che quel sorriso è ostacolato da qualcosa. Don Chisciotte è quel personaggio che prende molto sul serio il suo ruolo di cavaliere e di difensore degli oppressi, che vive la sua vita come se circolasse dentro un poema cavalleresco, che filtra la realtà attraverso schemi letterari, senza rendersi conto di vivere in un mondo prosaico, che di idealizzato non ha nulla. Chi legge don Chisciotte è quindi sospeso tra il riso e la consapevolezza di quanta amarezza che c’è in quell’opera e di quanto quel personaggio sia amaramente eroico nella sua ostinazione. Don Abbondio, invece, è quell’impasto di pavidità, neutralità disarmata, quieto vivere. Eppure Don Abbondio che ha un atteggiamento che inizialmente ci fa ridere, al tempo stesso è una figura la cui vicenda ci fa riflettere sull’intima debolezza della natura umana. L’arte umoristica non può che essere l’arte della modernità perché è quell’arte che ci permette di poter vedere contemporaneamente più aspetti della realtà e che parte dal presupposto che l’uomo è un insieme di elementi altamente contraddittori. Per farci capire questo aspetto, Pirandello distingue l’arte epica/tradizionale dall’arte moderna. Pagina 882, linea 95: terzo passo L. 103 -> Insiste sull’aspetto contraddittorio ed incoerente dell’individuo. L. 114 -> l’arte epica compone e tende a costruire qualcosa di coerente, armonioso. I personaggi dell’epica si definiscono monologici, cioè attestano e parlano un’unica verità, vanno avanti per la loro strada, hanno un obiettivo da perseguire e lo fanno. Il personaggio moderno dell’arte umorista, invece, non ha più niente di eroico perché l’arte umoristica scompone: nell’arte umoristica le cause del comportamento dell’uomo ci sfuggono, non sono mai facilmente individuabili o separabili le une dalle altre perché la personalità è in qualche modo schizoide, non ha niente di definito, non è coerente. Secondo Pirandello l’emblema del personaggio nuovo di un’arte moderna quale quella umoristica è Amleto: Amleto è corroso dal dubbio, non porta a termine la propria risoluzione, la vendetta. Ovviamente, l’arte moderna ha anche una capacità di demistificazione della realtà ed è sempre caratterizzata da un aspetto critico-negativo, perché coglie questo elemento molteplice e contraddittorio della realtà facendocela vedere da diversi punti di vista . IL TRENO HA FISCHIATO: pagina 901 “Il treno ha fischiato” viene considerata una novella umoristica perché inizialmente i colleghi di Belluca che usano termini medici che si riferiscono tutti ad una malattia mentale. Poi all’improvviso compare una voce che dice “Povero Belluca” e capiamo che il folle è proprio Belluca. L’avvertimento del contrario in questo caso, avviene quando i colleghi e il capo di Belluca si accorgono che questo si comporta in modo strano: si presenta in ufficio, non vuole più fare niente, è sopra le righe ed è diverso da come è normalmente. Poi però, andiamo in profondità grazie alla voce del narratore che inizialmente sembra esterno onnisciente, ma poi capiamo essere di un personaggio che è il vicino di casa di Belluca e conosce bene la situazione dell’uomo. È quindi attraverso il narratore, e quello che dice il narratore, che capiamo perché Belluca si è comportato all’improvviso in un certo modo, perché Belluca vive in un inferno: quello del lavoro e quello della famiglia. Ad un certo punto in Belluca scatta il conflitto tra la vita e la forma perché all’improvviso la vita esce fuori, squarcia il velo della forma, ed esce fuori attraverso il fischio di un treno che fa scattare nella fantasia di Belluca una specie di esotismo spaziale perché lui immagina di visitare luoghi che non ha mai visto, e quindi di fuggire attraverso l’immaginazione, e quindi di trovare una forma di compensazione alla trappola della forma. Ovviamente non riuscirà mai ad evadere completamente dalla forma, ma di tanto in tanto si concederà questo lusso: il lusso di evadere mediante l’immaginazione. L. 88 -> qui inizia una specie di soliloquio in cui il narratore ci fa vedere la sua chiave di lettura e ci dice che bisogna guardare l’insieme e non alle singole parti. I temi di questo componimento sono quindi i concetti chiave dell’umorismo come l’avvertimento e il sentimento del contrario, il conflitto vita-forma, la trappola della famiglia e del lavoro e il compromesso che si può conquistare evadendo una tantum attraverso l’immaginazione. IL FU MATTIA PASCAL “Il Fu Mattia Pascal” è un’opera che incuriosì i lettori fin dalla pubblicazione per l’eccentricità della vicenda, che è quella di un uomo, zimbello del caso che esercita un ruolo fondamentale (immagine metaforica del caso che è il casinò perché la vincita al casinò ci fa capire che la vita dell’uomo non è lineare ma determinato da imprevisti). Il fatto che il caso domini il brano dimostra che l’uomo non è più fabbro della sua fortuna, non è più padrone della sua vita e non ha quella capacità decisionale che caratterizza il personaggio a tutto tondo della tradizione; inoltre il 900 è il secolo della morte di Dio e del crollo di tutte le certezze. “Il Fu Mattia Pascal” venne tradotto in tre lingue: francese, tedesco e solo successivamente in inglese. Benedetto Croce è stato uno di quelli che ha stroncato il romanzo inizialmente (per Croce tutto quello che ha a che fare con la riflessione non ha nulla a che fare con la letteratura), e sicuramente il giudizio di Croce ha pesato per lungo tempo sulla ricezione dell’opera. Infatti, possiamo dire che “Il Fu Mattia Pascal” è stato compreso davvero per la prima volta solo intorno alla metà del ‘900 e in questo momento gli è stato anche riconosciuto il merito di essere il primo romanzo dell’avanguardia. È lì che si è sviluppata l’idea che questo romanzo partecipa a pieno titolo in quel clima di profonda innovazione che caratterizza la narrativa del primo ‘900 in Europa. È un romanzo che svuota la struttura e la trama tradizionale del romanzo, che ci pone per la prima volta davanti ad un antieroe, che presenta il tema del doppio e che affronta in maniera nuova sia il tempo che lo spazio. Questo romanzo presenta anche elementi che appartengono alla tradizione ma che vengono svuotati e riscritti. Nel recuperare l’espediente del manoscritto, che è un espediente non nuovo (Don Chisciotte, I Promessi Sposi) ma recuperandolo lui lo svuota dall’interno perché ne compromette la storicità e la naturalezza nella misura in cui Mattia Pascal mette in discussione la verosimiglianza dell’opera, perché questa è una storia estremamente bizzarra. Lui farà seguire, infatti, un’avvertenza chiamata “avvertenza agli scrupoli della fantasia” e lo fa sia per rispondere a Benedetto Croce e alle sue accuse, sia perché Pirandello apprenderà di una vicenda reale che ha moltissimi punti di contatto con l’opera scritta da lui. A questo proposito, quindi, dice che la fantasia non si fa scrupoli, ma allo stesso modo neanche la vita reale si fa scrupoli, perché spesso la vita supera la fantasia. Allora, interrogandosi su questa vicenda e mette in discussione tutta la sua perplessità (il nostro personaggio infatti è un uomo sospeso che, diversamente dal narratore tradizionale onnisciente che sa tutto ed è depositario della verità, non ha alcuna certezza) ma alla fine della storia egli non scioglie i suoi dubbi, ma forse ne ha più di prima perché ha perso la certezza del suo nome, tant’è che lui alla fine a chi chiede chi sia, dice che lui è “il fu Mattia Pascal”: lui quindi mette in dubbio la sua stessa esistenza e ci mette di fronte ad un caso singolare in cui il personaggio è contemporaneamente dentro e fuori della vita. Questo romanzo svuota anche il genere consolidato del romanzo di formazione, perché nel romanzo di formazione si racconta la storia di un personaggio, in genere di un giovane, che attraverso una serie di L. 28 -> È come se galleggiasse in un eterno presente, perché non può tornare nel passato né proiettarsi verso il futuro. L. 43 -> La morte di Roma diventa poi la metafora della crescita opaca ed avvilente delle metropoli italiane, e questo ci fa capire la distanza e la polemica di Pirandello contro la modernità e ci fa vedere come questa città descritta come acquasantiera e portacenere è come un involucro vuoto che non ha più valore, che non ha senso, che sembra essere in difficoltà rispetto al passato glorioso che ha avuto, quindi agli antipodi rispetto alla visione estetizzante di D’Annunzio. Questo romanzo è importante perché prima di scrivere il saggio “L’Umorismo” lui dà piena dimostrazione della poetica “L’umorismo” attraverso questo romanzo che è stato pubblicato quattro anni prima del saggio. L’umorismo del Mattia Pascal si coglie in questa attitudine che c’è alla riflessione a partire dalle prime premesse perché queste sono riflessioni che riguardano non solo l’esistenza, ma anche la letteratura e la possibilità o meno di scrivere un’opera tradizionale. Quindi, il fu Mattia Pascal diventa un romanzo-saggio sulla scrittura letteraria della modernità. Nella premessa seconda Mattia Pascal, alle soglie del romanzo, ci dice che lui ha tanti dubbi circa la scrittura seconda i moduli consueti di un romanzo, non si può più scrivere un romanzo tradizionale e la colpa è di Copernico. Le scoperte copernicane hanno abbattuto il mito dell’antropocentrismo e hanno fatto capire che l’uomo è un atomo infinitesimale, è insignificante. Per cui non ha più senso scrivere un’opera in cui si diano tanti dettagli su un personaggio, perché l’uomo non conta più niente, ha perso anche lui l’aura di eccezionalità. Questa consapevolezza si accompagna a dichiarazione di una scrittura minima perché non c’è più questa cura del particolare e questa ossessione della ricostruzione dell’ambiente. Forse, Mattia Pascal scrive per dimostrare a se stesso di essere vivo e il paradosso sta in questo: inizia a fare questo quando decide di uscire dalla vita ed ha acquisito una consapevolezza superiore. L’umorismo de “Il Fu Mattia Pascal” consiste nella scomposizione. L’arte umoristica ci consente di conoscere la realtà da più punti di vista. Alla fine, quando non sceglie di ritornare ad essere quello che era ma di porsi fuori dalla vita, Mattia Pascal assume il privilegio di un punto di vista più alto perché vede con chiarezza tutti gli inganni e le auto-illusioni che erano state sue e che sono quelle degli altri che indossano delle maschere, senza però poter in qualche maniera risolvere questa contraddizione. Qui c’è la consapevolezza dei limiti degli uomini che si accaniscono a coincidere con l’identità di qualcuno. È questo quello che rende moderni e nuovi i personaggi pirandelliani rispetto alla tradizione, il fatto di aver capito che un’identità vera non esiste e che non possiamo cercare di risolvere questa situazione. Quello che forse compirà un gesto eclatante è il protagonista di “Uno, Nessuno, Centomila”. Quindi Mattia Pascal capisce che la vita non conclude perché questa è un flusso continuo, e il rapprendere la vita in una forma significa morire. L’arte umoristica che scompone consente al personaggio pirandelliano di astrarsi dalla realtà e vederla da un punto di vista diverso; quindi vivere da lontano significa poi acquisire la consapevolezza del carattere fasullo delle forme. I personaggi moderni sono diventati anti-eroi, inetti, sono colti dal dubbio amletico e Amleto è proprio il primo di questi personaggi moderni. LE PREMESSE (libro Il Fu Mattia Pascal) PRIMA PREMESSA Il narratore è auto-ironico e incerto, anche molto perplesso, insoddisfatto. La biblioteca diventa, a partire da Pirandello, la metafora del caos del mondo, di un mondo come labirinto. È in questa chiave che dobbiamo dare un significato a questa biblioteca che ci descrive qui Mattia Pascal. Quello che ci colpisce è che è una biblioteca che si trova in uno stato di abbandono, c’è un disordine sovrano che regna tra i libri . Lui critica anche i concittadini perché nessuno ha avuto l’idea di erigere un tributo al benefattore, né di prendersi cura dei volumi. Questo è un modo per dire che il sapere e la cultura hanno perso di significato, non hanno più il prestigio di un tempo. L’incuria è metafora del mondo come caos, che non si può più ordinare secondo i consueti criteri, quindi stiamo sempre riflettendo sulla crisi delle certezze, sull’acquisizione da parte di Pirandello di una visione relativistica e secolarizzata di tutte le cose. SECONDA PREMESSA Si dice che sono libri eterogenei perché sono un insieme di libri sacri e profani, quindi anche questo conferma quella visione del mondo come caos e disordine. Dice di leggiucchiare i libri, quindi si nota anche in questo caso un disinteresse alla cultura, simile a quello dei suoi compaesani. C’è anche un disinteresse perché la letteratura non ha più privilegio, lo scrittore ha perso l’aureola e il libro sembra un mezzo vecchio ed inadeguato. Se lui ha dei dubbi sulle riserve della scrittura del libro, che poi attribuirà a Copernico, ha dei dubbi anche perché si rende conto della marginalità che la letteratura ha. Quando lui dice che l’uomo è una specie granellino si ha un’affermazione che incide nella costruzione della storia. Se la condizione dell’uomo è questa, la storia non può prendere una direzione rettilinea, perché non può affidarsi a quella rete di concatenazioni, di cause ed effetti, ma sarà una narrazione a sbalzi, piena di deviazioni. Un’affermazione di questo tipo, che presuppone una riflessione filosofica, poi avrà una ricaduta nella scrittura letteraria orientando la narrazione in modo inconsueto rispetto alla tradizione. Il frate, l’unico che ha cercato di dare ordine a quei libri, sta lì e sta lavorando nell’orto ed è incalzato dalle domande di Mattia Pascal, il quale è il classico personaggio pirandelliano, cerebrale, che sta lì, scava, domanda, lo subissa di domande ed interrogazioni. Ad un certo punto dice una cosa importante. Per Pirandello, Copernico è stato responsabile di una rivoluzione culturale e questo fa si che non si possa più scrivere un romanzo tradizionale. Questo scrittore Pirandello dà il benservito ad una tradizione letteraria che va da Omero a Zola, perché la scrittura naturalista è l’ultima dimostrazione di una narrazione coerente e consequenziale. Questo ora non viene più preso in considerazione e si dice che il compito di chi scrive una storia è quello di provare, per dimostrare. Siamo di fronte ad uno scrittore-filosofo che attraverso la sua opera vuole svelare l’alienazione e l’insignificanza dell’uomo e anche per questo ha questa tendenza ad argomentare, perché lo scopo non è la narrazione ma la dimostrazione . IL TRAM ELETTRICO Mattia-Adriano parte da Miragno, il suo paesino natale che rappresenta, al di là del mondo asfissiante delle convinzioni sociali e familiari, rappresenta una società stagna, che non ha niente a che spartire con gli orizzonti diversi della metropoli. Questo ingresso nella grande città sarà per Mattia-Adriano decisamente deludente e frustrante, frustrazione prodotta dalla meccanizzazione della grande città che è da sempre l’emblema della modernità. Il rapporto conflittuale con la modernità avviene anche con i Decadenti, con D’Annunzio (infrangersi del sogno panico, la riattualizzazione del mito che svanisce) ma anche con Pascoli che con i Poemetti tendeva a poemizzare la piccola proprietà terriera proprio come mito/dimensione da contrapporre alla modernità, che era stata meccanicizzata, quindi una sorta di ritorno alla terra come antidoto da contrapporre a questa invasione della macchina. Si innestano quindi nel solco di questo percorso a pieno titolo ed esprimono un dissenso ed una polemica spiccata contro la modernità. Pirandello ci pone di fronte alla condizione dell’uomo, meccanicizzato anche lui. Elogia la carrozza in confronto alle macchine, perché chi va in carrozza riesce a gustarsi il mondo con una velocità inferiore. L. 210 -> Passo importante perché ci pone di fronte ad un privilegio ottico, in quanto guarda da lontano: questo gli dà il privilegio della consapevolezza e il personaggio capisce che le cose non hanno nessuno scopo. Lui esprime anche l’essere sperduto tra la folla, dove l’individualità scompare, c’è il livellamento e l’appiattimento dell’individuo; in tutto ciò, inoltre, era stordito dalla città L. 233 -> Il paradosso della scienza è quello di cercare di semplificare la vita degli uomini attraverso l’uso di oggetti molto complicati, perché è così che a lui pare il tram elettrico. Di fronte a questo interrogativo che aggiunge frustrazione, ritorna in albergo. Per Pascoli e D’Annunzio la natura è depositaria di un segreto che si rivela al poeta (che può essere un individuo d’eccezione, sia potenziato e ipertrofico come il superuomo di D’annunzio, sia più tenero e miniaturizzato come il fanciullino di Pascoli), che poi riesce a coglierne il segreto. Nello stesso periodo in cui Pascoli e D’Annunzio fanno determinate esperienze per quanto riguarda la natura, Pirandello nega qualsiasi contatto con la natura. Quindi, in questo passo, smonta il Simbolismo (linea 243-244). Il canarino in gabbia rappresenta l’uomo e la forma (gabbia) in quanto l’uomo è chiuso nella forma ed è alla vana ricerca della libertà. Per cui, Mattia-Adriano in questo caso si sta rendendo conto che non solo il filosofare ed il riflettere lo sta rendendo a tutti gli effetti un filosofo, ma quella stessa esperienza che lui ha provato, ovvero quella di lasciare tutto, non è altrettanto appagante perché ancora Mattia-Adriano non è pronto a quello che realizzerà Vitangelo Moscarda in “Uno, nessuno, centomila”. Quando dice che deve vivere, si capisce che è ancora schiavo della forma e dei precedenti legami. Nella parte immediatamente precedente c’è l’episodio del tentato acquisto di un cagnolino che non può avvenire perché senza un’identità non può farlo. Lo stesso avviene per il matrimonio: infatti ogni azione è difficile per qualcuno che non ha identità. Mattia-Adriano, quindi, è un personaggio pirandelliano perché ha dalla sua la consapevolezza del carattere illusorio e mortificante della forma, ma non arriva alla libertà assoluta di Vitangelo Moscarda che rinuncia a qualsiasi cosa, tra cui il nome. E così facendo vorrà reimmergersi nel flusso vitale. Quindi, è un personaggio in divenire. Alla fine del romanzo, Pirandello ci racconta che Mattia è tornato a casa, va a vivere nella casa di una zia in cui dorme nel letto dove era morta la madre (accentua la familiarità con il non-essere), e l’unica persona con cui parla è Don Eligio, che cercava di mettere a posto la biblioteca nella chiesa sconsacrata. Il sugo della storia, secondo Don Eligio, è che non si può vivere fuori della forma, e Mattia-Adriano avrebbe dovuto imparare questo dalla sua vicenda. Tuttavia, Pirandello che è un contestatore delle forme, non si può appagare di una conclusione simile. Il sugo della storia quindi, è che Mattia sa solo quello che non è più, ma non rinuncia completamente al nome perché ci mette davanti un “-“ per far capire che non è più Mattia Pascal. La sua unica certezza è quella perché non sa cosa potrebbe diventare se facesse tabula rasa di tutto. È sicuramente un personaggio pirandelliano, perché non rientra nella vita ma guarda la vita degli altri dall’esterno e ancora non ha fatto il salto di qualità che farà Vitangelo perché soltanto abbandonando il nome potrà tornare nel flusso della vita. P. 926 “LO STRAPPO NEL CIELO DI CARTA”