Scarica Letteratura latina. Una sintesi storica RIASSUNTO e più Appunti in PDF di Letteratura latina solo su Docsity! LETTERATURA LATINA UNA SINTESI STORICA A. Cavarzere, A. De Vivo, P. Mastandrea Cenni storici: L'età arcaica va dal 240 al 100 a.c., inizia con la fine della prima guerra punica e la conseguente espanzione dell'impero (Sicilia, Sardegna, Corsica). All'interno di questo periodo troviamo la seconda guerra Punica (220-202 a.c.), famosa per l'attraversamento delle Alpi da parte di Annibale con gli elefanti, ma che si conclude comunque con la vittoria romana dovuta a Cornelio Scipione. Con la morte di Alessandro Magno si formarono tre imperi: Egitto, Macedonia, Siria. L'Egitto chiese aiuto a Roma per attenuare le mire espansionistiche degli altri 2 regni, i quali interverrano vittoriosamente nella seconda guerra di macedonia.Roma attraverso successive vittorie entrerà in possesso dell'asia minore (guierra di Siria) e smembrerà la macedonia in 4 province (terza guerra di Macedonia). Con la fine della terza guerra Punica si vedrà la definitiva fine di Cartagine e l'annessione della Grecia come provincia. Anche la Spagna verrà divisa in 2 province.Anche il regno di Pergamo, per volere del suo re, verrà lasciato in eredità ai Romani. I fratelli Gracco, attraverso la loro riforma agraria (che toglieva potere ai nobili), scatenarono la guerra civile. Il culmine della crisi si ha con l'assassinio di Massinissa da parte del figlio adottivo e la consecutiva guerra tra Roma(vincitrice) e la Numidia (ex-alleata romana). CAPITOLO 1, IL SORGERE DELLA LETTERATURA ROMANA Periodo preletterario: Tradizionalmente la letteratura latina ha inizio nel 240 a.c. con la prima rappresentazione teatrale di Livio Andronìco ai Ludi Romani (Festività). Tuttavia esisteva un cultura preletteraria già nei secoli che precedono questa data. La forte espansione di Roma nel terzo secolo a.c. la portò fino alla Sicilia, qui entrò in contatto con le colonie greche e la loro cultura. A Roma la scrittura, però, non ebbe subito fini letterari, bensì politici, religiosi ed economici. Nell'ambito religioso ritroviamo i libri Sibillini ( istruzioni su come placare divinità, preghiere, formule liturgiche). I pontefici dovevano redare degli archivi appuntando i grandi eventi che avvenivano nella comunità e registrando gli atti pubblici, dando così vita agli Annales Pontificum. Alcuni testi legislativi erano scritti ed esposti al pubblico, come le Dodici Tavole, le quali contenevano le norme fondamentali del diritto civile. Alle procedure scritte erano affiancate quelle orali, le quali manifestavano il carattere preletterario della Roma Arcaica. Un ruolo importante viene assunto dai Carmina (componimenti tra la prosa ed il verso, caratterizzati da ripetizioni foniche, usati in lode agli uomini illustri durante i banchetti, nei confronti dei generali vittoriosi, in riti profetici, in messe funebri). Alcuni Carmina sono stati trascritti, ma la maggior parte di essi è stata tramandata per via orale. Livio Andronìco: Attraverso un racconto dello storico Tito Livio veniamo a conoscenza delle origini delle rappresentazioni sceniche. Il teatro nasce come satira musicale, alcuni anni dopo Livio Andronico compie però un'opera drammatica ed unitaria. Quindi i giovani, i quali partecipavano in maniera attiva al teatro, rimasero colpiti da questo mutamento in quanto: 1) il teatro aveva perso il suo aspetto ludico; 2) venne introdotto un pubblico non partecipante, quiondi solo spettatore. L'arrivo di Livio Andronicop nella scena romana fu dovuto ad una scelta culturale della classe dirigente romana. Il dramma inscenato ai Ludi Romani faceva parte di una serie di giochi allestiti appositamente per celebrare la vittoria della prima guerra punica (anno precedente). La classe dirigente romana scelse un professionista originario della colonia greca di Taranto per adattare un dramma greco ad una celebrazione latina con il fine di collegare le due civiltà. Livio Andronìco non si limitò a questo, diede alla civiltà romana il suo primo poema epico: l'Odusìa (versione latina dell'Odissea). Viene scelta l'Odiessea a discapito dell'Iliade, perchè nel primo poema c'è un messaggio forte per quanto riguarda l'allargamento degli orizzonti, inoltre molti eroi greci latinizzati fanno parte di questo poema (Enea compagno di Ulisse). Quella di Livio è una selezione di frammenti dal poema originale. S'instaura una competizione emulativa tra Omero e Livio, quest'ultimo si prodiga ad esasperare il poema a livello espressionistico, aggiungendo forti note tragiche così da generare forti immagini patetiche. Per la prima volta la traduzione, da semplice strumento che era, diventa oper d'arte. L'obiettivo di Livio era quello di avvicinare sempre più Omero ai destinatari Latini, quindi ampliò e semplificò (dove occorreva) l'opera e la latinizzò sostituendo espressioni, concetti e istituzioni greche, con quelle romane. L'esametro omerico venne sostituito col i saturnio (antico verso latino). La traduzione non era indirizzata a lettori, che erano gran pochi, ma dedicata alla pratica della recitazione orale, la quale poteva toccare persino la parte di popolazione più incolta. Gneo Nevio: Conttemporaneo di Livio Andronìco. Originario della Campania (forte cultura greca). Partecipò alla prima guerra Punica, per questo sentì l'impulso di scrivere un poema epico destinato a celebrare quegli eventi mentre Roma era impegnata nella seconda guerra Punica. Il Bellum Poenicum è un carmen (termine utilizzato per indicare poesia, simile a poema) di 4/5000 saturnini, da voce alle ambizioni dell'impero, accanto all'argomento storico si affiancano le tradizioni mitiche sull'origine della città. In quel poco che ne è rimasto si comprende che Nevio affiancava l'inizio della storia di Roma con la leggenda troiana, fornendo così un legame con il mondo greco. Inoltre inserisce l'incontro tra Enea e Didone (cartaginese, secondo una leggende ava di Annibale), per spiegare i motivi del conflitto. Poddiede alcune caratteristiche dell'Odusia (tendenza al patetico, forte espressionismo e drammatizzazione), tuttavia nelle parti storiografiche v'è una narrazione quasi fattografica. La forzata ricerca di figure di suono dissò una volta per tutte il modello della poesia epica successiva. Fu anche uomo di teatro, autore di tragedie e commedie. Fu innovatore nella lingua in quanto accolse i composti nominali greci e avviò la mescolanza di greco e latino, nella tecnica drammatica, adottando la contaminazione(prende a modello un'opera greca e aggiunge riferimenti ad altre opere) e accrescendo la varietà e la musicalità dei ritmi rispetto ai modelli greci. Crea un genere drammatico: la praetexta, il qaule non assumeva le sue trame dai poemi greci, ma dalla leghgenda e dalla storia di Roma. Nacquero così opere destinate a formare la memoria storica nazionale, con la complementare assunzione del passato mitico (Romulus) e del presente storico (Clastidium, celebra la vittoria che diede a Roma il controllo del Nord-Ovest dell'Italia). Gli albori della storiografia: La storiografia romana era patrimonio esclusivo della classe dirigente, infatti il primo storico con il quale Plauto si può permettere d'inserire scene di altre opere di autori diversi all'interno del suo "adattamento". Caratteri della commedia plautiana: La contaminazione fu resa possibile anche grazie all'uniformità delle trame delle varie opere, tutte riconducibili ad uno schema fisso: Il protagonista vuole strappare un bene ad un antagonista e ci riesce attraverso un inganno. L'attenzione dello spettatore sarà quindi rivolta verso la modalità grazie alla quale ci si riconduce al lieto fine. Acquisiscono rilevana i personaggi non tanto ai livello della loro psicologia, ma nella loro funzione narrativa, la quale può essere intercambiabile tra ruoli (il servo astuto, con Plauto, presenta delle caratteristiche del vecchio benevolo). Per Plauto non conta il ruolo individuale del personbaggio, ma la sua funzione all'interno della trama. Palauto dà alla beffa un ruolo fondamentale all'interno dell'intreccio, ne è il motore. Nell'architettare, preparare e poi attuare lo stratagemma, l'attore rompe l'illusioone commentando progressivamente, all'interno della commedia, le caratteristiche della beffa. Si ha così una specie di "teatro nel teatro". Si rende così lo spettatore consapevole grazie alla rottura dell'illusione scenica. Quella di Plauto pare un'anticipazione del nostro metateatro. Al centro della beffa sta il servo astuto che aiuta il padroncino a trionfare, è un eroe-comico. Il personaggio è anche eroe della lingua in quanto nel descrivere le sue beffe una paragoni mitologici e militari. Plauto ama in particolare questo personaggio, ma in generale adora tutti i "cattivi". Quindi Plauto ed il suo pubblico preferivano la comicitàù dell'istente rispetto all'effiucacia della commedia nel suo complesso tipica di Menandro. I personaggi vennero caratterizzati anche attraverso alla rinuncia della maschera ed alla conseguente nascita della mimica facciale (altra conseguenza fu l'aumentare del numero di attori da 3 a 5/6). Al realismo della mimetica della recitazione non si accompagnava il realismo del linguaggio, Plauto sa cogliere il linguaggio quotidiano delle classi più elevate, privo di dialetti ed intrusioni popolari, tuttavia in certi momenti cerca di edificare una lingua d'arte che svaria per tutti i registri linguistici: dalla grossolanità dell'insulto alla solennità del linguaggio sacrale. Ciò avvenne nei Cantica, il tono tese ad avvicinarsi a quello della tragedia. Il virtuosismo di Plauto ha due particolari caratteristiche: -Accumulo di sostantivi ed aggettivi, che nel proseguire della frase vanno man mano perdendo la loro funzione semantica e scadono nel "nonsense". -Accumulo di metafore fantastica fino ad approdare ad un realismo magico, dove la parola, fattasi immagine, si materializza di fronte agli occhi dello spettatore. CAPITOLO 3, LA SECONDA GENERAZIONE DI LETTERATI: ENNIO E CATONE La tragedia enniana: A differenza del teatro comico, del teatro tragico, sono giunti a noi pochi frammenti. I 400 versi delle 20 commedie di Ennio ci permettono di farcene un'idea. Il modello di riferimento è quello del teatro ateniese del v sec., in modo particolare si rifà ad Euripide. Al pubblico romano piaceva sentir tradotti in canto i sentimenti dei personaggi, così Ennio ridusse le parti recitate e le tramutò in versi lirici, quindi accompagnati da musica e cantante. Nella Medea l'eroina euripidea invoca per l'ultima volta l'abbraccio dei suoi figli in versi solo recitati, mentre quella enniana riversa la sua commozione nel canto di un sistema lirico. L'aspetto melodrammatico, che viene accentuato da: eventi meravigliosi, descrizione di paesaggi esotici, peripezie, temi euripidei come l'inganno e la vendetta, venne sottolineato da Cicerone che si stupì di quanti patiti del canto fossero in grado di riconoscere una tragedia fin dalla prima nota del flautista. Anche dove l'esecuzione non differiva la resa latina risultava diversa. Per esempio in Euripide il racconto che fa la nutrice degli antefatti del mito e del passato di Medea tradisce il suo profondo coinvolgimento per la sorte della padrona, si accentuano i sentimenti di affetto e pietà. Tuttavia Ennio si allontana dalla sobrietà del racconto greco, nella stessa scena decide di spostare progressivamente l'accento sulla passionalità di Medea, l'eroina che per un amore, ora tradito, ha rotto ogni rapporto con la patria e con la famiglia. Lo stile caricato e magniloquente (esageratà solennità nello stile), che pur discende da quello dei carmina, si associava spesso alla violenza ed alla crudezza delle immagini per dare vita a quello che è stato definito l'espressionismo arcaico. L'impegno ideologico risulta difficile da cogliere, in quanto le opere sono frammentarie. Ennio mise il pubblico di Roma in contatto con le problematiche filosofiche sia del modello (Euripide) sia dei tempi propri, si spinse così a mettere in discussione le convinzioni morali e religiose su cui vigeva la società romana. Tuttavia il teatro di Ennio non era né sacrilegamente eversivo né rivoluzionario, anzi era espressione di valori fondamentali e condivisi come: la concordia fra i cittadini e la libertà contro la tirannide. L'atteggiamento a cui Ennio dava espressione era innovativo, ma pur sempre diffuso negli ambienti più aperti della nobilitas(classe dirigente di roma dei primi secoli) ai quali era legato. In un certo senso questo significava fare politica. La carriera drammatica di Ennio riflette dunque l'ideologia complessiva della nobilitas (atteggiamento di sostanziale autonomia delle fazioni politiche). Ennio e gli Annales Nasce nel 239 a.c., inizialmente non fu romano, in quanto originario dell'attuale zona di Lecce. Va a Roma dopo la seconda guerra punica, probabilmente al seguito di Catone. Fu un uomo di buona cultura, quindi a Roma si guadagnò da vivere attraverso l'insegnamento. Nel 184 ottenne la cittadinanza. All'età di 55 anni comincia a scrivere gli Annales e continua fino al giorno della sua morte. Questo poema raccontava, secondo la tipica cadenza annuale, la storia di Roma, dalle origini fino ai suoi tempi, in 18 libri. I primi tre contenevano le origini ed il periodo monarchico, la seconda triade la conquista dell'Italia e la guerra contro Pirro, terza triade per le guerre puniche, quarta triade per l'espansione in Grecia, la quinta per la guerra contro la Siria e la lega etolica, gli ultimi tre per i conflitti più recenti. Si nota dunque una scansione triadica, inoltre si riconosce la struttura tripartita che si deve a Fabio Pittore ( (trattazione relativamente ampia delle origini, breve riassunto dell'intermezzo, e dilungazione sulla storia più recentes. Gli Annales propongono la celebrazione di un patrimonio collettivo di valori (fondamentale per la giustificazione del ruolo egemonico che reclamava Roma nel mondo). Ennio inserì anche delle lodi per la nobilitas nel suo complesso, o addirittura soffermandosi su personaggi di particolare spicco. Grazie al contenuto ideologico romano e alla sua capacità di essere sia tradizionale che innovativo, questo poema assunse un ruolo di riferimento all'interno di Roma finché non venne sostituito dall'Eneide. In ogni caso, venne profondamente ammirato da Lucrezio e Cicerona. Ennio rifiutò il saturnino (tradizionale) ed introdusse l'esametro dell'epica greca adattandolo alle esigenze della lingua latina con tale abilità che i poeti successivi non riuscirono ad apportare migliorie sostanziali. Altre furono le novità, Ennio aprì gli Annales con il sogno sul monte delle Muse (signore greche della memoria, sostituiscono le Carmene, divinità del carmen del latino arcaico), inoltre non gli venne proibito di scrivere un poema epico, anzi compare l'ombra di Omero che lo incita in quanto afferma che la sua anima è entrata in Ennio. In poche parole si auto-proclama Omero romano. In questo modo si riallaccia alla tradizione epica greca, nobilita il suo canto, leggitima Roma come città ellenica. Tuttavia viene superato anche il modello alessandrino (tipico dei grci) del poema epico: a loro era estraneo il fatto che il poeta emergesse in prima persona a discutere delle proprie scelte poetiche. Molti passi degli Annales concedono al poeta la rappresentazione di sé (così come non mai) e alla discussioni di poetica (segno dell'interesse dei lettori romani all'argomento). Ennio si definisce filologo, infatti inserisce nel suo poema annotazioni scientifiche, etimologiche e grammaticali, tutte estranee alla tradizione epica omerica. Le opere "minori" di Ennio Ennio si cimentò in svariati generi letterari. Oltre ad essere compositore di numerose opere teatrali e di un vasto poema epico, egli fu produttore di varie opere, ma a noi sono giunti solo pochissimi frammenti: epigrammi(breve compopnimento volto a fissare, generalmente attraverso ironia o satira, un fatto) in distici elegiaci (distico=insieme di due versi, elegiaco signiufica che sono in pentametro ed esametro); una composizione celebrativa, lo Scipio; due carmi parodici dell'epica omerica: il Sota e gli Hedyphagètica (l'arte del mangiar bene, traduzione di un'opera del siciliano Archetrato di Gela; scritti filosofici sia in poesia che in prosa. Questi scritti minori sono indirizzati ad un gruppo ristretto di destinatari che desiderano soddisfare in privato le loro curiosità culturali. Catone e l'espansionismo romano: In questro periodo Roma si espanse verso la Grecia e l'Oriente ellenizzato, mentre al suo interno ci furono conflitti della classe dirigente. L'espansione portò l'accrescimento dell'autorità e dell'autonomia dei magistrati a capo degli eserciti, i quali esercitavano poteri a loro non concessi in seguito a campagne militari molto lontane da Roma e quindi svincolati dal controllo del Senato. Si svilupparono nuove concezioni individualistiche di tipo ellenistiche, le quali si opponevano all'oligarchia nobiliare romana. A capo del gruppo conservatore e tradizionalista della nobilitas emerse in quegli anni la figura di Marco Porcio Catone. Nacque a Tusculum nel 234 a.c, partecipò alla seconda guerra punica, divenne censore nel 184. Al termine del mandato continuò ad esercitare la sua influenza fino alòla sua morte (149 a.c.). Entrò nella nobilitas grazie ai vuoti che si crearono in seguito alle guerre puniche, in ogni caso difese gli interessi di questa. Rappresentava l'uomo che s'innalza per virtù propria, ancorato al modello dell'antica società agraria ne difese i valori (parsimonia, sobrietò, energia), mentre condannò la corruzione introdotta dall'accoglimento della civiltà greca. L'oratoria catoniana: Condannò la cultura greca, ma allo stesso tempo ne sfruttò i pregi per i propri scopi. Al dire di Cicerone(brutus), con lui si chiude la preistoria ed inizia la vera storia dell'eloquenza romana e della prosa d'arte latina(breve scritto letterario in cui vengono privilegiati i valori formali ) (migliorata grazie alle conoscenze di retorica greca). Questo giudizio è fondato sui 150 discorsi di Catone consultabili ai tempi di Cicerone, prova della prassi catoniana e rivoluzionaria di dare loro forma scritta. Catone stendeva una dettagliata versione scritta delle proprie orazioni prima di darne lettura . Lo stiel, avendo come unica mira quella orale, era semplice. Ma attraverso tecniche di oratoria quali: la gestualità, la prosodia (l'intonazione, il ritmo, la durata e l'accento del linguaggio parlato) rendeva il discorso particolarmente piacevole per l'ascoltatore. Catone rimpiazza l'antica arte dell'improvvisazione con quella della recitazione orale basata su testi scritti in anticipo (inventio: rinvenimento delle argomentazioni, dispositio: collocazione di quelle, elocutio: elaborazione formale). Le opere didascaliche: il De agri cultura: L'aspetto pragmatico (in qui prevale il fine rispetto alla teoria), tipico del genere oratorio, persiste nelle opere catoniane di carattere didascalico. Il De Agri Cultura è il più antico testo letterario in prosa latina giunto fino a noi. Contiene una serie s'istruzioni finalizzate ad una più razionale ed economica gestione di un podere agricolo. Opera tripartita: La proprietà e le sue sociali, ma ancor di più influisce l'iniziativa del singolo. Le trame perdono il carattere buffonesco ed irreale di Plauto, si parla di problematiche attuali come l'appiallamento delle differenze tra uomo e uomo, il problema educativo, la natura dell'uomo. La vicenda è ambientata ad Atene,ma Terenzio toglie tutti i riferimenti marcatamente greci così che la città possa essere una qualunque del mondo romano. Terenzio per rafforzare il suo realismo introduce la conversazione quotidiana come linguaggio, ripreso con la finezza e l'eleganza dei modelli greci. L'ulteriore evoluzione del teatro comico: La rivoluzione regressiva di Terenzio pose praticamente fine all'esperienza della piallata, l'ultimo autore che si rifà a questo genere è Turpilio, più o meno coetaneo di Terenzio. Nel secolo successivo la palliata sopravvisse solo come teatro di repertorio. Il suo successo era basato sul fascino esercitato dal mondo esotico rappresentato, ma dopo l'espansione di Roma verso Oriente, avvenuta a metà del secondo sec. a.c., la Grecia non era più così lontana e il conflitto tra i valori romani e grec, drammatizzato dai poeti della palliata, era troppo attuale per risultare comico. Terenzio tenendo conto di questo infatti universalizzò l'ambiente, tuttavia anche il suo teatro non suscitava più le risate di un tempo. Nell'esperienza della fabula togata l'ambiente venne itallianizzato e anche i costumi divennero quelli romani. Morto Accio nei primi decenni del sec. a.c. si conclude l'esperienza del dramma d'ispirazione greca, sopravvissero solo le forme teatrali più popolari e primitive come la farsa atellana (spettacolo giocoso e licenszioso) ed il mimo. Queste si trasfomarono in versioni ridotte e italicizzate (sia nel numero degli attori che dei versi) del teatro grecopopolare, mantennero le stesse caratteristiche di questo focalizzandosi però sulla produzione di soluzioni inaspettate e buffonesche. CAPITOLO 5: L'ETÀ DI LUCILIO La situazione storica: Con la distruzione di Cartagine e di Corinto, la fine dell'ipendenza della Grecia e la presa di Numanzia, città spagnola, ha termine l'espansione romana sul Mediterraneo. Tuttavia inizia un periodo di crisi causato da problemi di assestamento interno determinati da uno squilibrio economico (grandi ricchezze nelle mani dell'oligarchia, impoverimento agricoltori), dalla crisi demografica che causa la difficoltà a reperire uomini per l'esercito, dalla nascita di un nuovo ceto benestante (cavalieri), dalla pressione esercitata dagli alleati italici per ottenere la cittadinanza e dall'allentamento delle severe regole della tradizione romana. A tutto questo si aggiunse un forte desiderio di affermazione individuale (una sorta di mito del successo). Da tutto questo nacquero progetti di riforma politica rivoluzionari (Gracchi) e svariate forme di critica sociale. Lucillo e la tradizione satirica: Non si hanno informazioni certe sulla sua data di nascita, ma si fa risalire questo evento intorno al 168 a.c., di certo sappiamo che discende da una ricca famiglia di cavalieri. Lucillo assume, con la sua poesiua, un ruolo pubblico ed impegnato a livello socio-politico. Iniziò a dedicarsi all'attività letteraria dopo il rientro dalla guerra in Numanzia. Produsse 30 libri di satire divisi in 3 raccolte secondo un criterio metrico: 26-30 settenari trocaici, senari giambici, esametri dattilici (+ antichi) 1-21 esclusivamente in esametri (+ recente) 22-25 si sa poco o nulla Di quest'opera, diu cui non si conosce con esattezza il titolo, ci restano circa 1400 versi. Lucillo è il primo poeta che proviene da una classe dirigente, ma è anche un aristocratico il quale, tuttavia, rinuncia alle sue opportunità imprenditoriali per dedicarsi all'otium letterario, qui afferma la propria autonomia nei confronti delle convenzioni politiche e sociali. Da questa sua affermazione nasce la sua poetica improntata su uno stile realistico e sincero che descrive la realtà, ripudiando così lo stile ampolloso del genere tragico con i suoi elementi mitici. Produce poesie in tono colloquiale, con argomenti leggeri che rappresentano la realtà della vita sociale. La satira, nascendo a Roma, è libera dai canoni ellenestici, questa può dunque assorbire una grande varietà di metri e temi, si ottiene dunque un genere irregolare, informale e non artistico. Probabilmente anche Nevio e Pacuvio scrissero delle satire, sicuramente le scrisse Ennio con toni popolareschi della favola e didascalicomoraleggianti. Carattere della satira luciliana: Lucillo acoglie la tradizione ma la rinnova profondamente. Nella prima raccolta i metri sono ancora quelli enniani, ma nell'ultimo libro c'è un esametro dattilico (metrica tipica dell'epica) che nella seconda raccolta diverrà il metro esclusico ed infine connotato fisso del genere satirico. Come Enni tratterà la Satira come un duttile strumento espressivo e aperto nelle forme (proverbio, favola, aneddoto, racconto autobiografico, parodia, burla). Tuttavia Lucillo aggiunge l'aspetto aggressivo, ingiurioso e di aspra critica sociale e politica (satira moderna). La satira di Lucillo esprime le immediate esperienze ed opinioni personali del poeta sui comportamenti sociali e politici dei concittadini (esprime forte disgusto nei confronti della politica contemporanea). Lucillo appare come un conservatore moderato, rifiuta l'acquisizione di ricchezza come meccanismo di legittimazione sociale, respinge la violenza nei conflitti politici e condanna ogni forma di eccesso e volgarità insistendo sulla misura nei comportamenti. Il suo tradizionalismo tuttavia non è rigifo come quello catoniano, infatti smaschera i luoghi comuni del mos maiorum (nucleo della morale tradizionale romana) e aggredisce i capisaldi dell'ideologia sociale romana: matrimonio e famiglia. Tuttavia la critica socio-politica non è il solo argomento trattato da Lucillo, questi rifonde sulla pagina esperienze di vita reale: ricordi di amicizie, rancori personali, amori, viaggi. Lo stile di Lucillo è appropriato alla sua individualità e non al genere utilizzato. Alla base del suo stile stanno immediatezza e sincerità, quindi la rispondenza tra forma e contenuto, secondo la quel il pensiero deve tradursi immediatamente nell'espressione più conveniente per esprimerlo. Secondo questo principio Lucillo passa attraverso molteplici forme presenti nella pratica linguistica a Roma (plebee colloquiali, tecnicismi, poetismi). S'impegnerà molto nell'imitazione, su un piano letterario, del sermo familiaris (linguaggio colloquiale usato in ambiente casalingo), accentuerà il processo di stilizzazione (ricondurre ad un genere classificabile) attraverso l'utilizzo dell'esametro il quale ritmo si adegua al parlato comune. Accio: Lucilio, a causa della sua poetica, contestò profondamente lo stile insincero e fatto di contenuti fittizzi della tragedia contemporanea, uno degli esponenti di questo genere fu proprio Accio. Lucio Accio nacque nel 170 a.c. a Pesaro. Trasferitosi a Roma divenne tragediografo verso il 140 a.c. Scrisse un gran numero di cothurnate (tragedia latina con ambientazione ed argomento greco), di cui restano circa 700 versi. Entra nelle grazie della nobiltà, a testimoniarlo sta la pretesta (contrario della cothurnata) Brutus, nella quale celebra gli antenati del console Decimo Giunio Bruto. Accio scrisse Annales esametrici di carattere epico-storico e libri Sotadici. Accio non apporta sostanziali novità alla tragedia latina, tuttavia tra i molti miti, offerti dalla tragedia greca, lui sceglie quelli più truci e macabri, più ricchi di pathos, ciò a come conseguenza un'estremizzazione del carattere patetico (influire comn intensità nell'ambito delle emozioni) tipico delòla tragedia latina arcaica. Inoltre inserirà all'interno delle sue tragedie la retorica asiana (artificiosa e ricca di figure di suono), tecnica che diventerà caratteristica di Seneca. Nelle tragedie di Accio tutto viene esasperato, ma questa tensione che si va a creare lascia spazio a riflessioni linguistiche ed etimologiche, le quali sono riconducibili allo spirito analogistico della grammatica alessandrina ( secondo cui la lingua è un prodotto razionale e non naturale, quindi il corretto uso si fonda su regole grammaticali rigide). Questa concezione della lingua andava a cozzare con l'ideale purista della cerchia scipionica, e quindi di Lucilio, secondo cui la lingua doveva avere una libera creatività d'uso (consuetudo) e si fondava anche sull'ideale puristico dell'elegantia secondo il quale bisognava utilizzare parole usuali.- Oratoria e storiografia: L'accoppiata purismo e consuetudo si opponeva all'accoppiata asianesimo e analogia grammaticale anche nel campo dell'oratoria. L'oratoria di Gaio Lelio era caratterizzata da chiarezza espositiva, eleganza e purezza del linguaggio. Inoltre possedeva la capacità di trasporre questi pregi nella pagina scritta. Gaio Gracco, che aveva un temperamento appassionato e focoso, aveva uno stile disciplinato ed essenziale nel quale c'era un andamento saltellante dei periodi, i quali erano costituiti da brevi frasi spezzate, inoltre la cadenza ritmica di queste frasi riconducevano alla retorica asiana. Sulpicio Galba fu uno dei primi oratori che si affermò attraverso le sue capacità retoriche e non attraverso la sua auctoritas, da lui in poi si modificherà il modello di educazione tradizionale, in precedenza impartita nell'ambito familiare, poi passata nelle mani di chi con il suo prestigio attirava giovani e gli faceva intraprendere un tirocinio. Lucio Celio Antipatro, giurista ed oratore, ebbe tra i suoi allievi Lucio Licinio Crasso (grandissimo oratore del secondo sec. a.c.) . Antipatro fu noto nell'ambito storiografico perché, anziché narrare tutta la storia romana dalle origini, come facevano gli annalisti a lui precedenti, decise d'isolare un periodo e recensirlo., Scrisse una monografia storica di sette libri sulla seconda guerra punica. La monografia storica permetteva d'avere un tema centrale e di creare un eroe su cui focalizzare l'attenzione (in questo caso Scipione). La narrazione di Antipatro cercava di avvincere emozionalmente il lettore dilettandolo con fatti fantastici. Un'altro storico, Sempronio Asellione, si concentrò sulla lacerazione politica e sociale del suo perido e scrisse una trattazione di 14 libri sulle vicende a lui contemporanee. Asellione criticò aspramente gli storiografi che si limitavano a recensire semplicemente i fatti, perché lui affermava l'importanza del risalire con metodo analitico e dimostrativo alle cause degli avvenimenti. CAPITOLO 6: Catullo e la poesia moderna Il "circolo" di Lutazio Catulo: Contemporaneamente alle innovazioni di Lucillo si ha una nuova esperienza dovuta ad un gruppo di poeti (Valerio Ediutuo e Porcio Lìcino) tra cui spiccava la figura di Quinto Lutazio Catulo. Questo personaggio ebbe una grande rilevanza nelle vicende politiche durante l'ultimo quarto del secondo sec. a.c.: dopo essere stato console e aver sconfitto le tribù germaniche dei Cimbri e dei Teutoni, divenne uno dei capi della fazione moderata e filellenica degli aristocratici. Questi tre poeti presentano caratteristiche simili nella loro arte e questo viene ricondotto all'intenzione di rinnovare la poesia latina. La loro novità consiste nell'aver introdotto un genere minore come l'epigramma (Breve componimento diretto a fissare, per lo più in modo ironico o satirico, l'interpretazione personale di un fatto), questo genere nacque in età ellenistica (tra 2o e 3o sec. a.c.) e aveva raccolto due tradizioni della poesia graca "minore": le epigrafi (L'intento del testo è solitamente quello di tramandare la memoria di un evento storico, di un personaggio o di un atto) funerarie e dedicatorie in elaborazione formale nell'ambito del poema epico) e l'aristocratica ripugnanza morale verso la degenerazione del mos maiorum. I più collo cano la vita di Lucrezio tra il 98 e il 55 a.c. Dagli scritti di S. Girolamo apprendiamo della follia di Lucrezio, causata da un filtro amatorio, e della stesura del De rerum natura negli istanti di lucidità, ci sono molti dubbi su questa questione. Probabilmente è frutto del fatto che i cristiani polemizzarono gli scritti di Lucrezio accusandolo di delirare. L'unica certezza che abbiamo è che il poema è dedicato a Memmio, probabilmente, il nobile Gaio Memmio pretore nel 58 a.c. Il De rerum natura: Si tratta di un poema di epica didascalica(si ripropone di impartire insegnamenti) in versi esametri ed espone la dottrina materialistica e razionalistica del filosofo Epicuro. Nel 1o sec. a.c. l'epicureismo aveva raggiunto una certa fama a Roma grazie alle traduzioni in prosa, ma il sermo vulgaris e il proselitismo portarono Cicerone a farne un'aspra critica. La classe dirigente romana aveva sempre guardato la dottrina epicurea perché spingeva l'uomo alla ricerca del piacere assoluto (atarassia), affermava l'estraneità delle divinità alla vita umana e , tutto questo, metteva in discussione i principi del mos maiorum. Il De rerum natura riprende il titolo del trattato in prosa di Epicuro (Sulla natura, 37 libri). Il poema si articola in 6 libri strutturati in coppie: 1a coppia: l'autore proponbe i principi della fisica epicurea e spiega che la natura dell'universo è costituita di vuoto e materia (la quale è composta da piccolissime particelle, gli atomi). Poi parla del movimento e della qualità degli atomi, i quali precipitando nello spazio infinito si scontrano e formano aggregaqti di masse. 2a coppia: qui tratta i fenomeni del mondo umano: l'anima è composta da atomi rarefatti e mobili, è legata al corpo e si dissolve con esso. Dato che l'anima è mortale, allora la paura di morire è insensata perché non si può finire all'inferno. La conoscenza per Lucrezio è dipendente dai sensi, ogni errore o illusione è rappresentato da un'errata interpretazione sensoriale. Analizza infine le passioni d'amore, le quali sono corrette finchèà si limitano alla pulsione naturale, ma quando arrivano le illusioni l'amore diviene pericoloso. 3a coppia, il tema è la cosmologia. Ogni intervento divino è estraneo all'origine del mondo (come è iniziato finirà), i fenomeni astronomici hanno spiegazione naturale, come quelli animali e vegetali. Infine analizza lo sviluppo dell'uomo sulla terra fino a alle forme avanzate di civiltà. Il poema si conclude con la descrizione della peste di Atene del 430 a.c. (non punizione divina, ma atomi nocivi). La forma poetica: Utilizza la poesia per diffondere la dottrina di Epicuro, nonostante lo stesso Epicuro fosse ostile alla poesia in quanto diffonditrice di miti che impediscono di giungere alla ragione. Per Lucrezio la poesia era uno strumento protrettico (che introduce alla filosofia) e psicagogico (guida persone verso l'evoluzione), solo la bellezza del canto può rendere accessibile una materia tanto oscura a chi ne sa così poco. Scelse il poema epico didascalico riprendendo Empedocle, filosofo greco, che aveva fatto un poema epico didascalico: Sulla natura. Lucrezio fu un grande innovate del genere: scelse, come loro, il grandioso tema della natura, ma non per descriverla, bensì per spiegarne razionalmente le cause i fenomeni. Proemi e finali: Nonostante la struttura a coppie privileggia la compiutezza dei singoli libri, li apre con proemio e li chiude con finale. L'intero poema si apre con l'inno a Venere (forza generatrice della natura), Lucrezio chiede l'ispirazione, tuttavia è molto controverso che un epicureo preghi. Proemio del 1o libro nel quale vengono celebrati i meriti di Epicuro, il quale ha aperto le porte dell'universo e ha sconfitto la religio (superstizione). Stessa cosa verrà fatta nei proemi dei libri 3o 5o 6o. Proemio del 2o libro esorta alla filosofia come rappresentazione e spiegazione razionale della natura. Proemio del 4o libro esalta la novità del canto , verrà premiato dalle Muse con gloria eccezionale. Inoltre giustifica la sua scelta della poesia. I finali rappresentano lo sviluppo conclusivo degli argomenti trattati. In questi v'è una visione molto più cupa, ripetto a quella fiduciosa nella filosofia epicurea dei proemi, infatti abbiamo: 2o libro: inevitabile decadenza del mondo 4o libro: effetti patologici dell'amore 6o libro: la terribile peste di Atene La conoscenza della natura e dell'uomo Il fine della filosofia epicurea è la liberazione dell'uomo dalle paure che lo rendono infelice. La ratio (su cui si fonda il roconoscimento della natura materiale del mondo), consente di smascherare l'in ganno della religio. Dalla religio dipende la paura degli dei (secondo Epicuro lontani), la paura di morire (insensata in quanto anima è mortale). Il saggio epicureo vuole raggiunger l'atarazzia (voluptas). La passione più pericolosa è quella amorosa perché distrugge la ragione. La mente, oltre che dalle paure, deve essere sgombra dagli affanni: è insensato ricercare la ricchezza, la supremazia, il potere politico o quello militare. L'uomo non deve affannarsi per falsi beni, né credere che la natura sia stata creata per lui, questa è considerata follia. Nel 5o libro si traccia l'evoluzione dell'uomo, il quale nell'civilizzarsi crea bisogni non naturali come il culto per le divinità. Si parla di pessimismo lucrezioni per il fatto che il poeta denota l'infinità insulsezza dell'uomo di fronte alla natura. Nonostante l'apparente insensibilità per le emozioni, trapela senso d'angoscia, come conferma il finale drammatico del poema. La lingua e lo stile: Lucrezio sa di star trattando un argomento originale e oscuro. Spiegare scoperte greche in lingua latina non è facile, bisogna sopperire alla povertà della lingua latina, così Lucrezio inventa nuovi vocaboli, oppure utilizza efficaci perifrasi. Riprende il patrimonio linguistico di Ennio, il quale era arcaico, usa molto i significati fonici (assonanza, onomatopea...) e le allitterazioni (ripetizioni forzate di lettere o sillabe), il tono arcaico conferisce solennità al poema. Per spiegare usa tecnica immaginifica fa paragone tra esempio ignoto e uno noto alla gran parte delle persone per spiegare quell,o ignoto. Il discorso analogico diventa l'artificio poetico che conferiusce concretezza visiva ad argomenti filosofici dei quli si potrebbe discutere, altrimenti, solo astrattamente. CAPITOLO 8, CICERONE La vita e le opere: I poeti neoterici (distaccati dalla poesia romana arcaica) e Lucrezio si atteggiarono con indifferenza nei confronti della crisi della repubblica, mentre Cicerone cercò di trovare una soluzione attraverso un progetto politico conservatore e attraverso un programma di educazione etico-politica della gioventù destinata a far parte della futura classe dirigente. Marco Tullio Cicerone nacque nel 106 a.c. ad Arpino (vicino a Frosinone). La sua famiglia aveva legami e ricchezze a sufficienza per garantargli un'istruzione retorica, giuridica e filosofica a Roma. Nell'82, quando la guerra civile vide trionfare Silla su Mario, Cicerone fece il suo esordio come avvocato. La prima causa importante, che gli assicurò la reputazione di patrono (cittadino di una certa autorevolezza), l'assunse nell'80 difendendo Sesto Roscio di Ameria che era legato a famiglie della nobiltà, dall'accusa di parricidio che fu orchestrata da un liberto di Silla. La pronuncia a voce molto elevata, senza alcun rilassamento, tipica dell'oratoria di Cicerone, lo obbligò a interrompere per un paio d'anni l'attività di avvocato. Egli fece un viaggio d'istruzione in Grecia e Asia Minore, ad Atene riprese gli studi filosofici, mentre alla scuola di Molone (Rodi) si perfezionò nell'eloquenza. Nel 77 fece ritorno a Roma e la sua eloquenza era mutata: aveva perso l'esuberanza giovanile, si ridusse dunque lo sforzo vocale e lo stile divenne semplice e chiaro, tuttavia rimase fedele per tutta la vita all'indirizzo asiano (stile ampolloso). Nel 75 ottenne la questura ed il governo della Sicilia occidentale, cinque anni dopo i Siciliani ricorsero al suo patrocinio nel processo da loro intentato contro il governatore Verre; Cicerone costrinse Verre a prende spontaneamente la via dell'esilio (il processo terminò alla prima sessione procedurale). Nel 70 divulgò i cinque discorsi destinati all'actio secunda, questi gli assicurarono quelle simpatie che gli erano indispensabili al progresso della sua carriera politica. Con quelle orazioni Cicerone fissò in maniera definitiva il suo stile oratorio (equilibrato e armonioso, solenne nelle complesse architetture dei periodi, ma anche duttile in base allo stile necessario). Nel 66, anno della pretura, sostenne di fronte al popolo la necessità di conferire a Pompeo i pieni poteri nella lotta contro Mitridate, così si guadagno la gratitudine dei cavalieri (corpo militare romano) e la diffidenza del senato che non voleva accentrare i poteri su un solo individuo. Nel 64 venne candidato da Catilina per il consolato, il quale spinse il senato ad appoggiare Cicerone , il quale garantive di salvaguardare l'ordine costituito contando sull'appoggio dei cavalieri. Nel 63 venne eletto, Cicerone soddisfece le aspettative dei suoi alleati: contrastò una riforma agraria, difese gli ambienti dei personaggi che favorirono la sua elezione, contribuì alla repressione del colpo di stato ordito da Catilina, pronunciando contro di lui 4 violentissime orazione "catilinarie" e facendo giustiziare senza processo cinque congiurati. I successi di Cicerone furono dovuti all'appoggio dei cavalieri che volevano placare le tendenze rivoluzionarie che sepeggiavano per la città. Cicerone credeva di poter fare da garante nell'allenza tra ottimati (aristocrazia romana) e cavalieri, tuttavia quando finì la minaccia rivoluzionaria portata da Catilina gli interessi delle due parti tornarono a divergere e i giochi politi nel 60 furono sconvolti dal primo triumvirato (alleanza privata tra Cesare, Pompeo e Crasso) che esautorò il senato dei suoi poteri. Cicerone si trovò isolato ed impotente, nel 58 fu costretto all'esilio a causa di una legge fatta approvare dal tribuno della plebe Clodio (suo acerrimo nemico) contro chi avesse fatto giustiziare cittadini romani senza processo. Trascorse l'esilio fra Durazzo e Salonnico, fu un periodo cupo dove Cicerone pensò più volte al suicidio. La mobilitazione dei ceti possidenti (che possiedono beni fondiari) appoggiata da Pompeo (timoroso di perdere prestigio prolungando l'esilio), lo fece rientrare nel 57. Cicerone, una volta tornato a Roma, ringraziò senato e popolo (Post reditum in senatum, Post reditum ad Quirites), dopo attaccò i responsabili dell'esilio, sostenne con forza la ricostruzione della sua casa che era andata distrutta dopo la condanna ( De Domo sua) ed infine ottenne numerosi successi con orazioni (Pro Sestio, Pro caelio). Nella Pro sestio gettò le basi di un nuovo programma politico dopo aver compreso la precarietò della concordia ordinum (alleanza tra senato e cavalleria) , egli mirò alla dei corrispondenti si riflette in quella dei toni e degli stili, di volta in volta adattati alle personalità dei destinatari. Con il loro carattere privato e personale le epistole forniscono una testimonianza primaria di un carteggio privato sul finire della repubblica. Le epistole non si conformano alle intenzioni dell'autore, difatti uno scrittore come Cicerone non avrebbe mai permesso che circolassero testi come quelli, intessuti delle parole di tutti i giorni in un periodare per noi spesso ellittico fino all'oscurità, ma ne avrebbe profondamente modificato la finalità, avrebbe eliminato informazioni compromettenti dul piano personale e politicvo. Ma proprio il fatto che le lettere di Cicerone siano state comunque divulgate così come stavano, senza cioè l'ultima revisione dell'autore, sarà uno dei motivi per cui i successivi grandi epistolografiatteggeranno subito la loro corrispondenza in vista di una divulgazione futura. CAPITOLO 9, STORIOGRAFIA ED ERUDIZIONE NELL'ULTIMO SECOLO DELLA REPUBBLICA La storiografia di età ciceroniana Nel De viris illustribus, Cornelio Nepote lamentava che con la morte del suo amico Cicerone solo la storiografia (tra tutti i generi letterari) latina fosse rimasta incommensurabile a quella greca. Questo concetto rieccheggia anche nelle parole che Cicerone fa dire al suo amico Attico nella prefazione al De legibus. Cicerone si ripromette di dedicarsi alla storiografia quando, in età avanzata, avrà abbandonato tutte le sue passioni e potrà esporre con distacco i fatti del suo tempo. Tuttavia non raggiunse mai quello stato di serenità e nella senilità si dedicò alla filosofia. Rimangono comunque le sue riflessioni storiografiche in un capitolo del 2o libro del De Oratore, qui si delinea la sua concezione storiografica: La legge fondamentale del discorso storico è la verità; e questa si raggiunge attraverso una organizzazione oggettiva dei fatti, basata su una documentazione rigorosa, sulla ricerca delle cause e delle modalità delle azioni umane,sull'analisi dei caratteri dei personaggi; l'unico elemento soggettivo è il giudizio che lo scrittore deve esprimere sui progetti, in conformità con la concezione moralistica romana della storia. Per Cicerone la storiografia non è una disciplina scientifica, bensì un genere letterario, dominio dunque della retorica. Cicerone definisce la storio "munus oratoria" 'compito dell'oratore'. Si ripropone dunque di rivestire il discorso storico con un abito di retorica adeguato, ricco di ornamenti come digressioni, discorsi, esortazioni, e soprattutto fatto di un linguaggio e di uno stile fluente, uniforme e armoniososecondo il modello di eleganza fissato in Grecia da Isocrate nel 4o sec. a.c.. Gli storici latini anteriori si erano limitati a narrare i fatti con concisione a causa della loro difettosa cultura letteraria, ma nemmeno la storiografia contemporanea soddisfava Cicerone. L'unico storico che dimostrava uno specifico impegno letterario, l'aristocratico Lucio Cornelio Sisenna (le sue Historiae esponevano le vicende contemporanee dalla guerra sociale alla morte di Silla, con una scansione narrativa che spesso rompeva lo schema annalistico), proponeva uno stile sovrabbondante e patetico, ma al tempo stesso lezioso (stucchevole) nella ricerca del preziosismo lessicale e quindi lontano da Cicerone. Sallustio Nel decennio successivo alla morte di Cicerone Sallustio e Asinio Pollione diedero finalmente alla storiografia latina un'adeguata veste letteraria. Gaio Sallustio Crispo nacque nell'86 a.C. nella sabina Amiternum (vicino all'Aquila) da una famiglia facoltosa. Si avviò presto alla carriera politica, nel 52 era un tribuno della plebe implicato nelle agitazioni seguite all'uccisione di Clodio. Nel 50 la sua carriera viene bruscamente interrotta perché viene accusato di indegnità morale e quindi espulso dal senato. Sallustio dunque si mette al seguito di Cesare, nel 46 diviene pretore, viene reintegrato nel senato e ottiene da Cesare il governo dell'Africa nova, una provincia del vecchio regno di Numidia. Dopo l'accusa di malversazione (impiego illegittimo di denaro o di beni immobili da parte di un funzionario pubblico) viene salvato dall'intervento del dittatore, ma viene obbligato a ritirarsi a vita privata. Da allora la sua attività politica cessa fino alla morte tra il 35 e il 34 a.C. In quest'ultima fase produce le sue due monografie: Bellum Catilinae e Bellum Iugurthinum (narra il conflitto tra il 111 e 105 a.C. tra Roma e Giufurta re della Numidia), v'è inoltre una vasta opera annalistica purtroppo perduta: le Historiae iniziate nel 39 ed interrotte al 5o libro. Nei prologhi delle due monografie Sallustio giustifica la sua scelta finale in favore dell'attività letteraria a scapito della politica. Lui reputava la politica più importante, ma era talmente corrotta che in quel periodo era impossibile agire onestamente, dunque si dedica alla storiografia disciplina seconda solo alla politica in quanto ha un secondo fine proprio politico. La sola esistenza delle opere di Sallustio sono dunque una denuncia della crisi dello stato. La causa principale della crisi viene ricondotta all'egoismo dell'oligarchia senatoria , egli difatti si ripropone di dimostrarlo attraverso l'analisi approfondita di due episodi semplari della storia recente, in cui la corruzione della nobilitas ha messo in pericolo lo stesso stato. Allo stesso tempo però denuncia anche i rischi di sovvertimento economico e sociale insiti nelle rivendicazioni degli strati popolari più umili e impoveriti. Di conseguenza auspica ad un regime autoritario capace di eliminare le controversie tra le parti sociali. Sallustio è dunque un cesarrino moderato, rimnprovera a Cesare il ricorso alla violenza. Tuttavia la crisi ha radici radicate nel tempo, dunque Sallustio inserisce i segmenti di storia in un contesto riguardante tutta la storia attraverso i prologhi e gli excursus. Secondo una concezione moralistica nel Bellum Catilinae, alla decadenza politica del presente contrappone una visione idealizzata del tempo delle origini. Ma, giunto all'apice della potenza dopo la distruzione di Cartagine, esso si corruppe per l'azione capricciosa della fortuna (sorte), e il malcostume politicoe le discordie interne sfociarono alla fine nella congiura di Catilina , in cui alcuni esponenti della nobilitas si allearono con gli strati più bassi della plebe a formare una grottesca fazione. Nel Bellum Iugurthinum l'interpretazione è più razionale e più pessimistica, viene ridotto lo spazio dedicatoall'originaria integrità morale dei Romani, mentre la crisi non viene più ascritta alla sorte, bensì al venir meno, nei cittadini, dei nemici esterni. Nelle Historiae il concetto si precisa ulteriormente e si accentua il pessimismo: discordie, ambizioni, avidità si aggravano con la distruzione di Cartagine, ma queste esistevano prima perché fanno parte della natura umana. In questa interpretazione convergono elementi eterogenei: la tradizione moralistica latina, il metodo pragmatico dell'analisi degli avvenimenti, concetti del pensiero filosofico greco (quello dei nemici proviene da Platone) e una visione storicistica catoniana, per cui lo stato viene riguardato come il futuro dell'azione progressiva della collettività, ciò tuttavia non impedisce a Sallustio di mettere in primo piano il ruolo di grandi personalità. L'unica cosa opriginale nella storiografia di Sallustio è è lo stile aspro, ellittico, spezzettato in frasi brevi e spesso disarmoniche (al contrario di quello che aveva auspicato Cicerone). La lingua è arcaicizzante che voleva ricalcare il moralismo dello storico arcaico. Questo modello imperò durante tutta l'età imperiale. Asinio Pollione: Tra i critici dello stile sallustiano troviamo Gaio Asinio Pollione, autore di Historiae che affrontavano il tema scabroso delle guerre civili, dal primo triumvirato 60 a.C. fino alla battaglia di Filippo 42 a.C. di quest'opera storiografica rimane solo un frammento. Degli avvenimenti narrati Pollione (76 a.C.- 4 d.C.) fu uno dei protagonisti. Sin da giovane si segnalò come oratore e nel conflitto tra Cesare e Pompeo prese le parti del primo. Dopo la morte del dittatore cercò di evitare la rottura dei cesarini e, pur spalleggiando Antonio, si adoperò per favorire il secondo triumvirato. Nel biennio 42-40 ebbe un ruolo politico di primo piano, nel 40 divenne console e nbel 39 perseguì una vittoriosa campagna militare in Dalmazia. In seguito si ritiò a vita privata dove poté dedicarsi alle lettere e alle arti godendo di una libertà di critica quale non fu concessa a nessun altro dei suoi contemporanei. Era un letterato amico di letterati, fu poeta erotico, autore di tragedie, critico letteratio di gusto aristocratico e fu il maggiore oratore dell'età augustea. La sua eloquenza, severa come il suo temperamento, era caratterizzata da uno stile reso difficoltoso dalle frequenti spezzettature e dall'insistito ricorso agli iperbati (rappresenta l'incunearsi di un elemento all'interno di un altro). Nel 39 a.C. fondò la prima biblioteca pubblica di Roma nell'atrio del tempio della dea Libertas. Inaugurò inoltre la pratica delle recitationes , ossia la lettura di opere letterarie, anche oratorie, fatte dall'autore a una cerchia di amici appositamente invitati, questa pratica permetté di rinsaldare i vincoli dell'élite senatoria. Giulio Cesare: Gaio Giulio Cesare scrisse i commentarii, de bello Gallico (racconta anno per anno, in sette libri, le campagne militari per la conquista della Gallia Transalpina) e de bello civili (narra, in tre libri, la guerra civile con Pompeo). Tuttavia queste opere non rientravano nei canoni storiografici della tradizione greco-romana. Il nome di Cesare non compare nella lista di storiografici stilata da Quintiliano un secolo dopo, tuttavia riceve degli apprezzamenti da parte di Cicerone, il quale deve ricambiare i complimenti ricevuti nel De analogia. Per i latini il termine commentarius designa sia i resoconti e i rapporti di magistrati e generali, sia gli appunti e i promemoria di personaggi illustri destinati a servire da supportoalla rielaborazione storiografica propria o altrui. Nella seconda accezione lo impega Cicerone in due casi: quando si riferisce al resoconto del suo consolato scritto in greco e inviato allo storico Posidonio così che ne traesse un'opera, e quando promette a Lucceio di preparargli un memoriale sulle vicende del suo consolato se questi le avesse rielaborate secondo i criteri storiografici. Il commentarius si distingue dalla storie non soilo per la ridotta rielaborazione formale, ma soprattutto per il carattere autobiografico e apologetico (che ha per fine la difesa di una fede) e perché evita ogni contestualizzazione e l'inserimento in una narrazione di carattere universale. I comentarii di Cesare sono appunto annotazioni personali, relazioni inviate al senato, rapporti degli ufficialisubalternipoi rielaborati nello stile ritenuto ad essi più adeguato. Lo stile rispecchia quello dei bollettini di guerra, tutto fatti, rapidità e vigore e viene perseguito attraverso la scelta di strutture sintattiche più economiche. I resoconti di Cesare non sono oggettivi, bensì, attraverso la scelta o l'esclusione di determinati fatti o la trasposizione di essi nell'asse temporale, vengono resi soggettivi. Il lessico è depurato di ogni arcaismo, neologismo e d'ogne voce poetica. Cesare fu soprattutto un grande oratore, secondo solo a Cicerone. Era estremamente attento alla struttura equilibrata del periodo e si sforzava di dare un andamento ritmico al suo discorso. Metteva l'eleganza geometrica della sua essenza al servizio dell'immagine dignitosa che egli voleva dare di sé. Cicerone riconobbe a Cesare lo splendore dell'elocuzione e persino la ricchezza dell'ornato, ossia una caratteristica estranea alla prosa dei commentarii. Gli interessi antiquari e Varrone Questi ultimi storiografici possiedono un'eleganza formale che doveva essere del tutto inusuale nelle opere consimili. Se ne ha una prova nel giudizio di Cicerone sul memoriale che l'amico Tito Pomponio Attico gli aveva scritto in greco per ricordarne il consolato. Lo stesso carattere propedeutico e non letterario doveva avere il perduto Liber annalis, un manuale di cronologia dedicato a Cicerone, nel quale Attico ordinava, attraverso il succedersi delle magistrature, tutta la storia di Roma dalle origini fino all'età contemporanea. Qulche anno rpima già Cornelio Nepote aveva allestito un'opera analoga, i Chronica, salutata con ammirazione da Catullo nel carme proemiale della sua raccolta. Gli stessi interessi per la cronologia e per l'erudizione antiquaria ebbe Marco Terenzio Verrone anch'egli, come Al circolo di Mecenate aderirono: Virgilio, Orazio, Propezio e altri poeti minori tra i quali: Lucio Vario Rufo, Quintilio Varo, Plozio Tucca, Domizio Marso, Valgio Rufo. Valerio Messalla Corvino divenne uno dei politici più vicini al principe, fu in grado di riunire nella propria casa un altro gruppo di poeti tra cui: Tibullo (il più importante), Sulpicia, Ligdamo, il giovane Ovidio e l'amico di Ovidio Emilio Macro. I poeti del circolodi Messalla erano meno vincolati all'ufficialità del programma letterario del principato e spesso caratterizzati da grande fedeltà alla tradizione neoterica. Gaio Asinio Pollione esercitò una certa influenza su poeti quali Virgilio e Orazio, accolse nella sua casa lo storico greco Timagene, scacciato da Augusto, e fu egli stesso oratore, poeta tragico e storiografico di un certo valore. Letteratura e pubblico: Il programma di promozione culturale venne spinto attraverso l'apertura di biblioteche pubbliche, nel 28 a.C. aprì la straordinaria biblioteca di testi greci e latini nel tepio di Apollo Palatino, quindi nel 23 a.C. l'altra biblioteca nel portico di Ottavia. Il disegno più ambizioso prevedeva il rilancio di quei generi letterari destinati non solo alla lettura, ma anche alla recitazione orale, tali da raggiungere il grande pubblico. Augusto si impegnò a far rinascere il teatro latino, la cuifruizione era popolare. Egli offrì in premio una cifra ingente di denaro a Vario, che aveva messo in scena la sua tragedia Thyestes in occasione dei giochi celebrativi del trionfo di Azione nel 29 a.C. Ogni sforzo si rivelò però vano e Orazio, nell'Epistola ad Augusto, diede chiaramente ragione di questo fallimento, rilevando che la letteratura raffinata della nuova generazione di scrittori non poteva essere adeguata ai gusti della massa teatrale. La poesia augustea, dotta e raffinata, nasce nel segno della continuità con la produzione neoterica, ma a di fferenza di quella, è una poesia ideologicamente impegnata a cantare, con rinnovata fiducia, il sistema di valori comuni restaurato dal principe. Era ricca di temi, che andavano al di là della sfera politica cui il potere sollecitava. I poeti augustei , rivendicavano infatti autonomia di ispirazione. Fedeli ai principi callimachei della novitas e della raffinatezza formale, si confrontarono con i modelli della grecità classica per emularli e produrre nuovi testi che abbiano la stessa qualità e la stessa autorevolezza. L'ideologia del mos maiorum favorisce la ripresa di interessi antiquari e filologici. Gaio Giulio Igino fu direttore della biblioteca Palatina, che poi fu revocata. Fu autore di scritti storico-biografici e antiquari, in particolare di antichità romane e italiche. Igino fu il primo a comporre un commento a Virgilio. Valerio Flacco fu un erudito, liberto e maestro di letteratura scelto da Augusto per l'educazione dei nipoti Gaio e Lucio Cesare. L'opera sua più importante è il De verborum significatu, concepito in forma di glossario: ad ogni parola corrispondeva non solo la spiegazione del senso, ma anche l'origine e il sostrato culturale. Possediamo soltanto l'epitome (raccolta riassuntiva atta alla divulgazione) del grammatico Pompeo Festo. In questo periodo venne elaborata la prima carta geografica del mondo conosciuto, curata e commentata da Marco Vipsanio Agrippa. Il programma augusteo dopo la solenne restaurazione della res publica del 27 a.C.prevedeva il rilancio dell'edilizia pubblica, Augusto ricorderà di aver lasciato di marmo quella Roma che era di mattoni. In quegli anni venne venne pubblicato il De architettura dedicato al principe da Marco Vitruvio Pollione, il quale in dieci libri tratta l'architettura. Questo trattato ebbe molta fortuna durante il Rinascimento italiano. Vitruvio insisté sulla formazione culturale degli architetti in modo da non far sottovalutare la disciplina tecnica dell'architettura. CAPITOLO 11, VIRGILIO La vita: Nanque ad Andes, nei pressi di Mantova, il 15 ottobre del 70 a.C., ottene una buona formazione scolastica che lo portò a Cremona, a Milano e poi alla scuola di retorica di Roma. Rinunciò alla carriera politica e si recò a Napoli per frequentare il circolo epicureo di Sirone. Andò a Ercolano per partecipare al sodalizio (associazione) epicureo del filosofo e poeta Filodemo. Nel 42-41 a.C. venne privato delle terre di famiglia perchè vennero distribuite le terre transpadane ai veterani dei triumviri (si ritrova questo tema nella 1a e 9a ecloga). Riottenne le sue terre grazie ad Ottaviano ed all'amicizia di Asinio Pollione, Cornelio Gallo e Alfeno Varo, incaricati alla distribuzione delle terre transpadane e citati nelle bucoliche. Ques'opera si colloca tra il 42-41 ed il 39 a.C. dopodiché entro in contatto con Mecenate e Asinio non venne più citato. Nel 38 a.C. Virgilio presenta Orazio a Mecenate e nel 37 a.C. accompagna il ministro di Augusto in missione diplomatica a Brindisi. A partire dal 36 a.C. inizia a lavorare alle Georgiche, dedicate a Mecenate e concluse nel 29 a.C. Da qui in avanti Virgilio si dedicò esclusivamente al componimento dell'Eneide. Intorno al 22 a.C. recitò ad Augusto alcune parti del poema, nel 19 a.C. partì per la Grecia e per l'asia per dare un'ultima mano all'Eneide. Ad Atene incontrò Augusto e fecero ritorno insieme, ma si ammalò e a Brindisi morì, il 21 settembre 19 a.C. Si fece seppellire a Napoli, la città da lui sempre amata. In punto di morte Virgilio pregò che gli dessero gli scrinia contenenti l'Eneide per bruciarla, ma nessuno lo fece, così affidò il suo poema a Vario Rufo e a Plozio Tucca con la promessa che non lo divulgassero. L'intervento diretto di Augusto consentì a Vario di curare l'edizione postuma dell'Eneide. Le bucoliche: Il genere bucolico è proprio di Teocrito (poeta greco di Siracusa della metà del 3o sec. a.C.) La sua raccolta di Idilli conteneva un gruppo di 10 componimenti ambientati nel mondo pastorale, in cui i protagonisti si muovono in un paesaggio idealizzato e stilizzato. La loro vita serena è proiettata in una dimensione di raffinata letteratura attraverso l'uso straniante di un linguaggio artificiale, di cui solo un pubblico di colti lettori poteva essere l'ideale fruitore. Virgilio s'ispira a Teocrito per la composizione della sua prima opera, le Bucoliche (canti di bovari). Egli s'impadronisce del codice bucolico e v'inserisce delle innovazione che rendono la sua raccolta originale e romana. I pastori di virgilio sono poeti che si muovono su uno sfondo remoto e utopico, che può essere la Sicilia di Teocrito o l'arcadia del mitico Pan (Dio della foresta) (regione greca che diventerà costitutiva del genere), ma si potrebbe trattare anche delle terre padane che vivono il dramma delle espropriazioni in cui è coinvolto il poeta stesso. Diversi temi irrompono nella cornice pastorale , spesso riflettono le ansie e le aspettative di un mondo sconvolto dalle guerre civili. Le Bucoliche comprendono 10 carmi, che singolarmente sono detti ecloghe. 1a ecloga: Dialogo tra i pastori Titiro e Melibeo, i quali hanno subito la confisca dei campi, ma il loro destino è diverso: Tittiro recupera le sue terre grazie all'arrivo a Roma di un giovane divino (Ottaviano), mentre Melibeo è costretto all'esilio. 2a ecloga: Il pastore Coridone canta il suo amore sfortunato per il giovane Alessi. 3a ecloga: Gara tra poetica tra i pastori Dameta e Menalca, il cui canto procede in forma amebea (botta e risposta), la sfida viene giudicata da Palemone 4a ecloga: non ha cornice bucolica, è l'annuncio profetico dell'avvento di una nuova età dell'oro portata da un bambino che nascerà nell'anno del consolato di Pollione. 5a ecloga: i PastoriMopso e Menalca cantano l'uno la morte di Dafni (pastore siciliano inventore della poesia bucolica), l'altro la sua apoteosi (assunzione in cielo) 6a ecloga: Sileno, sorpreso nel sonno da due giovani pastori ed una ninfa, è costretto a mantenere la promessa di un carme e canta miti cosmogonici (pertinente alla formazione dell'universo) e metamorfici, tra i quali inserisce la consacrazione poetica di Cornelio Gallo. 7a ecloga: narrazione da parte di Melibeo di una gara di canto, in strofe amebee, tra Coridone e Tirsi, Dafni, che presiede, dichiara vincitore Coridone. 8a ecloga: dedicata a Pollione e contiene due storie d'amore: Damone canta il suo amore infelice per nisa, che lo tradisce; Alfesibeo canta gli incantesimi di una donna per recuperare l'amato Dafni. 9a ecloga: riprende il tema delle espropriazioni della 1a : due pastori Licida e Meri lamentano la perdita delle terre da parte di Menalca, del quale ricordano alcuni brani poetici. 10a ecloga: è un omaggio all'amico Gallo, il poeta elegiaco (proprio dell'elegia:la strofa risultante dall’unione di un esametro dattilico e di un pentametro) che soffre perché abbandonato dall'amore Licoride; Virgilio gli offre il conforto del mondo bucolico, ma Gallo deve sperimentare che anche la fuga nell'Arcadia è inutile: non resta che abbandonarsi all'amore. La struttura del libro è variamente interpretata. I carmi non sono ordinati in successione cronologica di composizione, ma secondo un gusto letterario alessandrino sono disposti in una trama armonica, che garantisce l'unità e l'equilibrio della raccolta. Il poeta tende a variare genere di componimento: dialogico, lirico-narrativo, v'è inoltre una disposizione simmetrica a coppie di ecloghe di argomento affine: 1a e 9a (esproprio delle terre), 3a e 7a (gare poetiche), 4a e 6a (carmi lontani dal tema pastorale). La raccolta si apre con un omaggio ad Ottaviano e si conclude con un omaggio a Gallo. La 6a affronta i problemi della poetica e contiene una ricusazione (rifiuto) del gel genere epico. L'intento di emulare Teocrito per introdurre nella letteratura latina un genere ancora inesplorato risponde ai canoni di quella poetica callimachea, che aveva rappresentato il punto di riferimento più importante dei poeti "nuovi". Le Bucoliche nascono dall'esperienza neoterica di Virgilio, rieccheggiano Catullo, Calvo, Cinna e rilevano i legami diretti del poeta con l'ambiente dei neoteroi: Pollione era stato amico di Catullo e di Cinna, lo stesso Gallo, come si è visto, era poeta di cultura neoterica. Nella 6a ecloga Gallo è consacrato come erede di Esiodo, cantore di miti nella Teogonia (poema epico). Il rinnovamento della poesia avviene attraverso l'emulazione dei grandi classici greci, pur nella fedeltà all'estetica alessandrina. V'è anche l'influena di Lucrezio nel canto di Sileno della 6a ecloga,in quanto secondo alcuni Virgilio avrebbe concepito l'Arcadia anche in chiave epicurea come dimensione ideale per l'otium spirituale e letterario, lontano dagli odi della politica. Lo stile è morbido ed elegante, il verso è raffinato ed equilibrato e risponde sapientemente alla serenità del canto bucolico, grazie anche all'uso di un linguaggio semplice e musicale. Le georgiche: Nel 38 a.C. Virgilio inizia a lavorare alle Georgiche, dedicate a Mecenate, l'opera viene conclusa nel 29 a.C. Le Georgiche (libri relativi all'agricoltura) sono un poema epico- didascalico in quattro libri di poco meno di 2200 esametri. Secondo il commento di Servio Virgilio avrebbe pubblicato una seconda edizione dell'opera nel 26 a.C., quando, in seguito al suicidio di Gallo, caduto in disgrazie presso Augusto, avrebbe sostituito nel finale del 4o libro le laudes Galli con l'epillio (poemetto in esametri) di Aristeo e di Orfeo. Le Georgiche si collegano alla tradizione ellenistica del poema didascalico: Nicandro di Colofone aveva scelto temi particolari , ma di limitato interesse, innalzati a dignità letteraria grazie alla raffinatezza della cultura e alla perfezione formale, il componimento era diretto al ristretto pubblico erudito delle corti ellenistiche. Virgilio coniuga all'ideale alessandrino della forma l'impiego dell'argomento, assume a modello Esiodo e soprattutto il De rerum natura di Lucrezio, in cui la poesia è concepita sostanzialmente in fuynzione della diffusione del messaggio salvifico di Epicuro, recuperando la natura didattica dei modelli arcaici. Il poeta dichiara apertamente il rapporto di continuità delle Georgiche con il modello Lucreziano nel finale del 2o libro, laddove all'esaltazione della felicità di chi è riuscito a conoscere le leggi del cosmo affianca l'elogio della vita dei contadini, se solo sono in grado di apprezzare ciò che hanno e gli Dei agresti. Persegue lo stesso fine di Lucrezio ( insegnare la ricerca della felicità) attraverso un progetto meno ambizioso, sostituendo alla rivelazione della filosofia la conoscenza dei valori etici e religiosi della vita contadina. Il poeta diviene vate, cioè poeta ispirato tipico della cultura arcaica recuperata in età augustea, il suo compito è quello di offrire un messaggio che contribuisca al superamento della crisi di valori conseguente alle guerre civili. La scelta di Virgilio è in piena 3o libroi: Enea racconta la sua peregrinazione per mare, l'approdo in varie terre ed infine a Creta i Penati gli rivelano che la destinazione finale è l'Italia. I profughi troiano giungono in Sicilia e a Drèpano Anchise muore, durante la navigazione per l'Italia sono sorpresi dalla tempesta e spinti in Africa. 4o libro:Didone si accoppia con Enea in una grotta, Giove invia Mercurio a ricordare il compito alleroe, il quale prova a fuggire, Didone lo scopre e, non riuscendo a trattenerlo, prima lo maledice e poi si trafigge con la sua spada. 5o libro: I Troiani tornano in Sicilia presso il re Aceste e celebrano i giochi funebri in onore di Anchise. Le donne che non vogliono più partire, incoraggiate da Giunone, provano ad incendiare le barche. Enea abbandona in Sicilia chi vuole restare e salpa verso l'italia con il favore di Nettuno. 6o libro: Enea giunge a Cuma dove un Sibilla (veggente) gli predice l'arrivo ne Lazio e lo conduce nerll'Ade per incontrare l'ombra del padre. Enea incontra mostri infernale, anime di Troiani e Didone. Anchise è nei campi elisi e mostra al figlio le anime che sono pronte a reincarnarsi tra queste Enea vede i suoi discndenti (tra i quali c'è anche Ottaviano Augusto). Anchise predice al figlio la futura grandezza e gli indica lò'uscita. 7o libro: Dopo un nuovo proemio, Enea approda in Lazio e viene accolto dal re Latino che gli promette in sposa la figlia Lavinia, già promessa a Turno, il re dei Rutuli. Giunone invia la furia Aletto che spinge contro i Troiani Amata (moglie di Latino) e Turno, dunque si scatena una guerra. 8o libro: Enea va da Evandro, re àrcade stabilotosi nel Lazio, il quale racconta la storia dell'antico Lazio e si impegna ad aiutare i Troiani, inoltre invita Enea ad allearsi con gli Etruchi che sono ostili a Turno. Venere porta al figlio le armi fabbricategli da Vulcano (sullo scudo sono incise le gesta future di roma con al centro il trionfo di Augusto ad Azio) 9o libro: Non essendoci Enea Turno attacca i Troiani e dà fuoco alle navi. Due giovani troiani di notte provano a far stragedei nemici, ma vengono scoperti ed uccisi (Eurialo e Niso). Riprende lo scontro e Turno si lancia nella battaglia seminando morte. 10o libro: Enea torna con la flotta etrusca e con gli aiuti àrcadi capeggiati da Pallante figlio di Evcandro. Pallante si getta subito nella mischia, ma viene ucciso da Turno che gli sottrae il balteo(cintura di cuoio trasversale alla quale si appende la spada). Enea accecato dal dolore semina morte cercando Turno, il quale vine tratto in salvo da Giunone. Enea si scontra con Mesenzio (tiranno etrusco) e Lauso e li uccide entrambi. 11o libro: Latino propone un accordo con i Troiani. Turno prepara la difesa per l'arrivo improvviso di Enea affidando a Cmilla, vergine guerriera, il compito di bloccare la cavalleria, questa combatte valorosamente, ma viene uccisa da una freccia. Turno accetta lo scontro con Enea, ma giunone lo allontana. Inalmente, dopo il suicidio di Amata, Turno ed Enea si scontrano, Enea prevale, prova pietà, ma quando il balteo di Pallante uccide Turno.L'Eneide ha una struttura bipartita evidenziata dai due proemi:il 1o all'inizio del poema, il 2o nel 7o libro (contiene invocazione alla musa). La prima esade è di tipo odissiaco, la 2a è di tipo iliadico. Virgiliovuole emulare i due poemi omerici attraverso un unico componimento (in sequenza rovesciata). Ellenistica è la tendenza a dare a ogni libro una certa autonomia narrativa. La formazione ellenistica e neoterica di Viorgilio è la premessa per un rapporto di trasformazione del modello omerico. Egli dà continuità ad Omero nella scelta dell'argomento. Anche le sequenze narrative sono riprese: il racconto di Enea a Didone rinivia al racconto di Odisseo al re Alcinoo, i giochi funebri in onore di Anchise sono ispirati a quelli di Patroclo, la discesa di Enea nell'Ade trae spunto dalla discesa di Odisseo nel mondo dei morti, lo scudo di Eneaè un eco di quello di Achille, il duello finale tra Enea e Turno rimanda a quello tra Achille ed Ettore. Anche la tecnica narrativa riprende Omero: epiteti formulari (epiteto fisso) e la tecnica della similitudine. Virgilio ha assunto tutte le regole del codice omerico e ha intenzionalmente puntato sulla sua riconoscibilità, ma lo ha traformato, in un rapposrto di emulazione, perché ha abbandonato l'oggettività per formulare un'epica fondata sulla soggettività e sulla drammatizzazione patetica, realizzata attraverso la moltiplicazione dei punti di vista. Il poeta s'è ispirato alla tradizione tragica per dare spazio alle motivazioni psicologiche dei personaggi in azione e alla partecipazione sentimentale dell'autore al racconto epico, si forma così uno stile drammatico. Virgilio filtra la narrazione dei fatti attraverso i sentimenti dei protagonisti, interviene talora a commentare le situazioni direttamente o attraverso l'uso di un linguaggio affettivo. L'Eneide trova la sua unità di fondo nella coerenza della tecnica epica virgiliana con l'impianto ideologico augusteo. Enea è l'eroe consapevole della sua missione provvidenziale, egli rinuncia a tutti i suoi affetti individuali per obbedire alla volontà degli dei e perseguire gli interessi della collettività, la sua virtù fondamentale è la pietas, il rispetto di quei valori religiosi e morali. Il percorso dell'eroe è segnato dalla rinuncia e dal dolore. Il mito troiano ed eneadico interagisce con la storia, che irrompe nel racconto attraverso la profezia. Virgilio celebra Roma e Augusto nella profezia di Giove, all'inizio del primo libro, nella rassegna dei discendenti di Enea nel sesto libro. L'Eneide diventerà il nuovo testo dell'identità romana. L'Appendix Vergiliana: La Vita virgiliana di Donato riferisce che prima delle Bucoliche il poeta avrebbe scritto la raccolta Ctaleptòn, i poemetti Dirae, Ciris, Culex e Aetna. Già in età Flavia ci sono testimonianze di Cataleptòn e Culex come opere giovanili di Virgilio. Nella biografia di Serviosi aggiunge la Copa. La tradizione medievale gli attribuisce il Maecenàs (due elegie per Mecenate), il priapeo Quid hoc novi est?, il Moretum, due poemetti di Ausonio e un'elegia d'autore incerto (De rosis nascentibus). Tutti questi componimenti vanno sotto il titolo complessivo di Appendix Vergiliana. I titoli aggiunti dalla tradizione medievale non c'entrano nulla con Virgilio. L'opinio prevalente sugli altri è che siano opera di imitatori di Virgilio ed Orazio. Il Cataleptòn comprende 15 epigrammi di gusto neoterico e tre componimenti priapei (che riguardano Priapo Dio della fecondità). L'autore dà l'addio alla retorica e alle Muse per veleggiare verso la filosofia epicurea della scuola di Sirone. Le Dirae (Maledizioni) sono un componimento in esametri, in cui un proprietario, afflitto dalla confisca delle terre, lancia maledizioni contro i campi perduti e contro il nuovo proprietario. La Ciris (L'airone bianco) è un poemetto di 541 esametri, che narra il mito di Scilla, la giovane figlia del re di Megara, Niso. La fanciulla, innamorata di Minosse, strappa dal capo del padre il cappello purpureoi, cui sono legate le sorti della patria. Minosse non mantiene le promesse e la lega prigioniera sulla nave, ma la dea Anfitrite la trasforma in un airone bianco, destinato ad essere in eterno inseguito dall'aquila marina, in cui Giove aveva trasformato Niso. Il Culex (La zanzara) epillio di 414 esametri. Nel sonno un pastore sta per essere morso da un serpente, ma viene desdato dalla puntura di una zanzara, che vine da lui schiacciata al risveglio. L'insetto in sogno chiede al pastore di essere sepolto e gli descrive l'oltretomba, l'uomo seppellisce la zanzara . L'Aetna poemetto scientifico-didascalico di 645 esametri, in cui l'autore descrive i fenomeni dell'Etna ed inserisce una serie di digressioni. La Copa (L'ostessa) è un breve componimento in distici elegiaci, in cui un'ostessa invita i passantia fermarsi nella sua locanda, che offre molte occasioni di svago. Il Moretum è un poemetto di 122 esametri, prende il titolo da una focaccia rustica, della quale è descritta la preparazione da parte del contadino. CAPITOLO 12, ORAZIO La vita: La politica culturale augustea spingeva verso l'epica o il teatro, cioè i generi letterari più popolari. Per fortuna fino al 20 a.C. questa politica venne sostenuta da un sapiente amante del neoterismo come Mecenateche non soffocò eccessivamente i poeti, tra i quali troviamo anche Orazio. Il poeta provava un aristocratico odio verso i generi troppo polari ed era inclinea ad una poesia di calco callimacheo(breve, coincisa e raffinata a livello formale) Quinto Orazio Flaco, nelle sue opere, parla di sè più di qualunque altro poeta latino. Nacque a Ventosa, tra Apulia e Lucania (Puglia e Basilicata), nel 65 a.C. Il padre era un liberto, Orazio fu mandato a scuola dapprima a Roma, poi ad Atene. Il periodo trascorso ad Atene è rievocato dal poeta con nostalgia, viene distolto da quel clima sereno dalla guerra civile. Dopo la morte di Cersare in Grecia si radunano i cesaricidi e, attratto dagli ideali libertari, si arruola nell'esercito di Bruto col grado di tribuno militare. La campagna di Bruto contro le forze di Antonio e Ottaviano si concluse nella disfatta di Filippi e il poeta si ritrovò espropriato dei beni paterni. Orazio a questo punto accenna alla povertà come motore che lo spinge a fare poesia. Negli anni oscuri successivi al ritorno a Roma, egli prese a scrivere versi ed entrò in contatto con poeti emergenti come Virgilio e Vario e col circolo epicureo napoletano da quelli frequentato. Nel 38 a.C. Orazio venne presentato a Mecenate e a lui dedicò 2 libri di satire intitolati Sermones (apparsi il 1o tra il 35 e il 33, il 2o nel 30) e quindi gli Epòdi, ossia 17 poesia di carattere giambico pubblicate nel 30. Nel 33 Mecenate gli fa dono di un podere nella Sabina, dove spesso si ritirerà il poeta. Più tardi venne introdotto ad Augusto che lo prese in simpatia. Dopo il 30, per 7 anni Orazio lavorò alla poesia lirica dei Carmina che vennero pubblicati nel 23 in una raccolta di 3 libri, ma non ottenendo il successo desiderato tornò alla poesia esametrica con le Epistole, componendo fra il 23 ed il 20 le 20 poesie del 1o libro e l'anno dopo l'epistola a Floro. Nel 17 il regime, per celebrare l'età dell'oro grazie alla pax Augusta, istituì i grandi Luddi saeculares e Orazio ebbe da Augusto l'incarico di comporre l'inno ufficiale: il Carmen saeculare. Fino al 13 Orazio si dedicò alla composizione del 4o libro dei Carmina e, dopo aver scritto e pubblicato l'epistola ad Augusto, scrisse la lunga Epistula ad Pisones, meglio nota come Ars poetica. Morì alla fine dell'8 a.C. Le satire: L'esordio poetico dei Sermones avviene sotto il regno di Lucilio, che orazio considera l'inventor del genere satirico. Lucilio fissa una forma e dona un'identità meno incoerente al genere, che prima non era codificata. Lucilio, dopo i primi esperimenti, aveva scelto l'esametro come suo metro esclusivo, mentre tra i contenuti aveva scelto lò'aggressività e l'autobiografia. Orazio s'iscrive nella tradizione satirica di Lucilio; ma, una volta indicato il modello, ne prende subito le distanze sia nei modi espressivi sia nei contenuti. Per quanto riguarda i modi espressivi, egli ripropone in sostanza la pretesa di informalità della satira luciliana, il termine Sermone s rimanda alla conversazione alla buona, informale, quasi prosastica. Orazio riproduce delle conversazione con il suo sermo familiaris fatto di una lingua colloquiale stilizzata e depurata di ogni elemento di banalità e genericità. Ma a questa base linguistica, che ha in comune con Lucilio, Orazio applica la lezione dello stile callimacheo appresa dai poeti neoterici, finisce quindi con il criticare la sciatteria(trascurato) stilistica, l'abbondanza senza misura, l'inelegante mescidanza di greco e latino, l'insofferenza al lavoro di lima. Secondo Orazio ci vuole brevità, perché il pensiero scorra via e non s'impicci con le parole che appesantiscono e stancano le orecchie.Nelle satire Orazio si sforza dunque di coniugare la raffinatezzza formale dei moderni con la grande varietà di modulazioni espressive (che corrispondono ai vari tipi di umani presenti nelle satire). Per quanto riguarda i contenuti, Orazio non sconfessa affatto l'aggressività luciliana; anzi, la nobilita, facendola discendere dall'esempio della commedia greca arcaica, e quindi rivendicando il diritto di praticarla. Il 1o libro è la cronistoria di come è cambiata la sua voce di poeta satirico: dagli esordi diatribici, che ancora conservano la viuolenza dell'attacco personale (indirizzato però a personaggi insignificanti), ai racconti e alle rappresentazioni comiche delle satire conclusive. La critica moralistica dei comportamenti aberranti (pericolosi), cede quindi il passo alla descrizione della vita che il poeta conduce, assieme agli amici, in mezzo alle storture del mondo. Orazio fa emergere il suo modello positivo di lettori colti appartenenti al ceto medio-alto. L'elegia latina si sviluppa compiutamente appunto nell'età augustea, quando si definisce il suo canone, comprendente Cornelio Gallo, Tibullo, Propezio ed Ovidio. Quintiliano esprime la consapevolezza che la letteratura latine nell'elegia è in grado di sfidare i Greci essendo pervenuta a risultati originali. L'elegia greca utilizzava il distico alternando un esametro ad un pentametro, il nome deriva da élegos, un canto accompagnato dal flauto che esprime spesso il lutto ed il lamento. L'elegia accolse temi diversi: politici, civili,mitologici, erotici. I principali rappresentanti ellenistici furono Callimaco e Fileta, modelli riconosciuti del romano Propezio. È difficile definire in che misura i Romani ricalcassero i Greci, in quanto le opere ellenistiche sono andate per lo più perse, ma per quel poco che si può ricostruire si sa che trattava temi qualil'amore ed il mito. Il tema erotico soggettivo era affidato alla forma breve dell'epigramma ellenistico. L'elegia latina nasce dalla sintesi originale dei modelli greci, classici ed ellenistici, riuscendo a fondere la varietà delle forme elegiache ed epigrammatiche. Mediazione fondamentale diede l'esperienza catulliana, Catullo accentuò i tratti soggettivi della poesia eroticae definì per molti aspetti sia il personaggio della puella domina sia quello del poeta elegiaco, il carme 68, anche nella relazione tra mito e amore soggettivo, si può considerare un primo componimento elegiaco. L'elegia augustea fa dell'amore un'esperienza assoluta e totalizzante, in una perfetta identità per il poeta tra letteratura e vita, difatti il genere è autobiografico e proietta l'autore in situazioni-tipo che divengono norme convenzionali del genere letterario. Il poeta vive un rapporto amoroso infelice e frustrante, in cui gli tocca il ruolo dello schiavo rispetto ad una padrona, spesso capricciosa e crudele,che è la fanciulla amata (servitium amoris). Il servitium amoris comporta degradazione morale e civile per il poeta . Egli vive solo in funzione dell'amore, il quale è una guerra nella quale l'innamorato è lo sfortunato soldato. L'attività elegiaca è un mezzo per conquistare la fanciulla amata, ciò testimonia la saldatura tra vita e letteratura e la considerazione strumentale della poesia. L'elegia recupera la teoria del disimpegno catulliana. Il complicato rapporto tra elegia ed ideologia augustea nasce dal fatto che la condizione di schiavitù del poeta cozza con il mos maiorum su cui si fonda la ricostruzione del principato. Il poeta elegiaco tenta di recuperare il proprio rapporto con l'ideologia dominante dichiarando riconoscenza al principe per la pace che permette l'otium letterario; e con il matrimonio così da recupoerare le tradizioni morali all'interno di una relazione sentimentale libera e irregolare. Cornelio Gallo: Era considerato il suo predecessore da Propezio e da Ovidio l'iniziatore dell'elegia latina. Nacque nel 69 a.C. a Forum Iulii (fréjus), nella Gallia Narbonese, fu educato a Roma, fu amico di Virgilio, intraprese la carriera militare. Fu legato a Pollione con il quale collaborò nella distribuzione delle terre confiscate in Gallia Transpadana; quindi si chierò con Ottaviano e si distinse nella guerra contro Antonio, tanto da divenmtare il primo prefetto della provincia dell'Egitto. Nell'esercizio della carica ebbe un comportamento irriguardoso nei confronti del principe, il senato propose che fosse processato per lesa maestà, ma lui si suicido nel 27 piuttosto che andare a Roma. La fama di Gallo è legata alla celebrazione di Virgilio nell'ecloga 6a e 10a, inoltre secondo Servio Virgilio avrebbe dedicato l'epilogo del 4o libro delle georgiche attraverso il laudes Galli.Gallo subì una formazione neoterica, scrisse una raccolta di elegie in 4 libri (Amores), in cui cantava la sua passione tormentata per Licoride, pseudonimodella liberta Volumnia, famosa attrice di mimi con il nome d'arte Citeride, già legata a Bruto e ad Antonio. Era rimasto solo un pentametro prima della scoperta di un frammento papiraceo pubblicato nel 1979 (nuovo Gallo), il quale fece conoscere 9 versi quasi integri appartenenti a più carmi elegiaci. Emergono alcuni motivi: servitium amoris, della domina crudele, allusioni alla situazione storica, ma manca l'elemento mitologico. Tuttavia si pensa che, in origine, ci fosse perché Partenio di Nicea dedica a Gallo un'opera nella quale riassume in prosa i principali miti d'amore, così che li possa inserire nei suoi versi. Tibullo: Di Albio Tibullo si hanno poche notizie sicure. È nato tra il 55 ed il 50 a.C., in una città rurale del Lazio (Pedum). Morì in giovane età, poco dopo Virgilio, dunque tra la fine del 19 e l'inizio del 18. Godette dell'amicizia di Messalla Corvino, al cui seguito partecipò ad alcune spedizioni militari. Le elegie di Tibullo sono state tramandate in 3 libri (Corpus Tibullianum). Sono certamente tibulliani i primi 2 libri, di natura composita è il terzo, che comprende 20 carmi la cui autenticità è largamente controversa. Il 1o libro, iniziato nel 31-30 e pubblicato nel 26-25 è formato da 10 componimenti elegiaci, per un totale di 800 versi. Canta l'amore per Delia e quello per il puer Màrato; l'elegia 1 è dedicata a Messalla, l'ultima è un'esaltazione della pace e della vita agrste. Il 2o libro comprende 6 elegie, 3 sono dedicate ad una nuova donna: Nèmesi; le altre 3 celebrano una festa campestre, il compleanno di un amico, l'assunzione di Messalino, il figlio primogenito di Messalla, nel colleggio sacerdotale quindecemviri sacris faciundis. La misura ridotta farebbe pèensare ad un'interruzione improvvisa a causa della morte. La poesia di Tibullo ha come tema dominante l'amore che è causa d'angoscia e di sofferenza; le situazioni sono quelle tipiche del genere elegiac: Delia è una donna capricciosa ed infedele, Nèmesi è una cortigiana che si atteggia a domina del poeta. Si nota un maggiore distacco ed ironia nei carmi per Màrato , unico esempio di amore elegiaco di tipo omosessuale. Le elegie di carattere più occasionale che celebrano Messalla Corvino confermano l'apertura del genere a tematiche diverse da quella erotica, colpisce l'assenza del mito che viene sostiutito con l'ideale della vita agreste, spazio di pace e serenità che permette al poeta di sfuggire all'amore tormentato e dai conflitti civili. La campagna con il suo complesso di valori religiosi è in sintonia con la propaganda italica del principato, diventa spesso rimpianto di un passato edenico(proprio dell'Eden). Tibullo è poeta di raffinata cultura alessandrina, Quintiliano stesso ne riconobbe l'0eleganza stilistica. Il 3o libro del Corpus si apre con 6 elegie dedicate a Neera, queste sono firmate da Ligdamo e non si capisce se è Tibullo o un giovane Ovidio. Segue il Panegiricus Messallae, un carme di 211 esametridi un autore mediocre del circolo di Messalla , il quale celebra il suo protettore. Poi ci sono 5 elegie, che con le 6 che seguono compongonop il ciclo di Sulpicia e Cerinto: il 1o gruppo di carmi canta l'amore di Sulpicia, nipote di messalla, per Cerinto; le altre 6 sono brevi biglietti d'amore che la stessa Sulpicia avrebbe inviato all'amante. Gli ultimi 2 brevi componimenti elegiaci sembrano di Tibullo. Properzio: Si hanno poche notizie relative alla sua vita. Nacque intorno il 50 a.C. ad Assisi. Si trasferice a Roma per intraprendere la carriera forense e politica, frquenta ambienti eleganti e si lega ad una donna spregiudicata, la quale verrà cantata con il nome di Cinzia. Acquista fama preso il circolo di Mecenate. 1o libro di elegie viene pubblicato nel 28, il 2o nel 25, il 3o nel 22, il 4o nel 15 (quando muore). Il 1o libro, tramandato anche con il nome greco di Monòbiblos, è composto da 22 elegie dominate da Cinzia. Ella è una domina raffinata ed elegante, il giovane poeta rinuncia ad ogni ambizione sociale e politica per farsi schiavo d'amore. La relazione con una cortigiana pone il poeta al di fuori della morale, ma egli accetta il proprio stato di abiezione (degradazione morale) e fa del servitium amoris una scelta di vita; la poesia è la forma di ossequio imposta dal servitium. Il poeta vagheggia la fedeltà di Cinzia in nomi di quella tradizione romana cui di fatto ha rinunciato o cerca rifugio nel mito alla ricerca di amori felici. È assente qualunque riferimento al principe. Nel 2o libro che contiene 34 carmi, si apre con una recusatio di tipo callimacheo, dove Propezio dichira l'avversione al poema epico di stampo alessandrino perché solo Cinzia è fonte della sua ispirazione. La donna è il soggetto del libro ed il poeta vive a pieno la sua abiezione rifiutando il matrimonio e la paternità. Nel 3o libro si logora la passione per Cinzia, nelle ultime 2 elegie si separano e quindi il poeta supera la poesia erotica. Nelle prime 3 elegie il poeta propone una riflessione sulla sua poetica, ma la vera novità sono le elegie in cui viene elogiato il rpincipe. L'ultimo libro propeziano presenta un nuovo tipo di poesiache non rinnega il genere elegiaco, ma propone un'elegia che non si esaurisce più nell'eros e sia pre invece a tematiche civili ed eziologiche (indaga sulle cause delle cose). L'aspiraizione di Propezio a porsi come Callimaco romano, con la composizione di carmi che sul modello degli Aitia celebrino le origini di nomi, culti, tradizioni e località del mondo romano, si coniuga ormai con la vocazione del regime a insistere con enfasi moralizzatrice sul ripristino dei costumi arcaici riscoperti anche attraverso la ricostruzione antiquaria ed erudita del passato di Roma. L'elegia di Propezio è colta e raffinata, il poeta è alla ricerca costante dello stile che fonda la dottrina alessandrina all'eleganza espressiva. Ovidio: Le notizie della vita di Publio Ovidio Nasone provengono dalle sue stesse opere, in particolare l'elegia 4,10 dei Tristia può considerarsi un'autobiografia. Nacque nel 43 a.C. a Sulmona (in Abruzzo). Frequentò a Roma le scuole di retorica per prepararsi all'attività politica e forense, completò i suoi studi in Grecia. Alla fine si dedicò completamente alla poesia, entrò in contatto con i poeti del circolo di Messalla. Esordì con la raccolta elegiaca degli Amores (5 libri) apparsa dopo il 20, una seconda edizione (3 libri) comparve nell'1 d.C. e giunse a noi. Coeve degli Amores sono le Heroides quindici epistole elegiache di eroine ai loro amanti. Ovidio compose la tragedia Medea, ma purtroppo andò persa. La produzione erotico-elegiaca si completò negli anni 1 a.C.-1d.C. quando il poeta pubblicò le opere didascaliche d'amore: l'Ars amatoira, Medicamina faciei femineae (i cosmetici delle donne), i Rimedia amoris. Ovidio, nella piena maturità compose le Metamarfosi (poema epico esametrico in 15 libri) e dei Fasti (componimento in distici elegiaci sul calendario romano, s'interrompe al 6o libro). Nell'ottobre dell'anno 8 d.C. il poeta viene relegato da Augusto nella lontanissima Tomi (in Romania). La relegatio è un proivvedimento meno grave dell'esilio. Il poeta in Tristia 2,207 parla di carmen et error: il carmen è l'Ars amatoria, sgradita al regime perché contraria alla morale quiritaria (degli antichi romani) e perciò messa anche al bando in un periodo in cui si realizzava la legislazione augustea in materia matrimoniale; l'error si tratta di uno sbaglio non chiarito. Gli rimarrà sempre fedele la moglie, durante l'esilio compose i Tristia (5 libri), le Epistulae ex Ponto (4 libri), un poemetto di maledizioni: l'Ibis (322 versi). Ad Ovidio viene attribuito un poema didascalico Sulla pesca, gli Halieutica. Muore nel 18 d.C. Ovidio rimase fedele al metro elegiaco (tranne ne le Metamorfosi), ma attraverso una molteplicità di generi. Gli Amores, in 3 libri declinano tutti i motivi della tradizione elegiaca, il titolo riprende l'opera di Gallo. Ovidio è l'amante elegiaco, ma la sua scelta non è assoluta, l'amore non diventa l'esperienza unificante di poesia e di vita. Corinna, la puella celebrata, non sembra reale. Il poeta canta gli amori di una società urbana ed elegante, alla quale egli appartiene. Ovidio rappresenta la nuova generazione che non ha conosciuto il dramma delle guerre civili, ma gode nella pace augustea, egli vive l'amore in modo distaccato in posizione anticonformista rispetto alla mos maiorum. L'amore diventa finzione, come tutta la poesia, spazio libero dell'invenzione. Il superamento della dimensione soggettiva dell'elegia trova una prima realizzazione nelle Heroides, epistole elegiache ispirate al mondo del mito, Ovidio rivendica l'invenzione del genere letterario. La prima serie delle Heroides (1-15) è costituita da 15 epistole, che si immaginano scritte ai loro uomini lontani da eroine della mitologia greca. La seconda serie è composta da 3 coppie, in cui alla lettera di un amantesubito segue la risposta della donna innamorata. Il poeta costruisce un nuovo testo che dialoga costantemente con il modello epico o tragico, ma che riesce a rifolmurare il patrimonio letterario del mito secondo proemio, in cui riconosce che i primi 5 libri hanno una loro autonomia, un altro proemio è collocato all'inizio del 21o libro dove inzia la narrazione della 2a guerra punica che occupa ben 10 libri, si tratta di una monografia che s'inserisce nell'ambito di una generale struttura annalistica. In apertura del libro 31o c'è una considerazione proemiale, riflette sulla struttura dell'opera che sembra ingrandirsi sempre più, osserva di aver dedicato ai 63 anni della 1a e 2a guerra punica quindici libri, lo stesso spazio in cui ha trattato i precedenti 488 anni. La scelta di costruite una storia di Roma a partire dall'arrivo di Enea nel Lazio fino alle vicende contemporanee rappresenta un ritorno alla tradizione degli Annales, in antitesi con la prospettiva monografica propone uno schema narrativo rigorosamente annalistico. La narrazione si dilata prograssivamente a mano a mano che ci si avvicinba alla storia contemporanea. Le scelte storiografiche: Livio nella prefatio connota subito la correttezza della sua ricostruzione delle res populi Romani attraverso quella scrittura accurata e scrupolosa (tipica dell'indirizzo monografico). La scelta annalistica prevede la possibilità d'inserire la trattazione monografica dio un avvenimento (per esempio la 2a guerra punica). Con Cicerone condivide una concezione della storia: la storia è utile perché riesce a proporre modelli esemplari di comportamento. La ricostruzione del passato di Roma è condotta secondo un'ottica moralistica. Livio pur affermando l'importanza delle fonti documentarie, utilizza fondamentalmente storiografia letteraria. Attinge agli annalisti di età sillana come Valerio Anziate, Licinio Macro e Claudio Quadrigario. Spesso Livio esprime giudizi sui suoi auctores. La conoscenza del passato ha valore proprio perché è proiettata sul presente e propone exempla positivi o negativi di comportamento. La storia di Livio si pone in antitesi con il modello sallustiano, in quanto dichiara che lo storico può essere obiettivo solo quando narra di fatti che non tangono la sua persona. La prefatio di Livio è in contrasto con l'auctor del genere storiografico latino, in pèarticolare con il proemio Historiae. Lo storico sabino individuava nella distruzione di Cartagine l'inizio di una crisi irreversibile della res pubblica in corrispondenza del decadimento della mos maiorum. Livio condivide l'impostazione moralistica sallustiana, ma ne ridimensiona la visione pessimistica spostando a tempi più recenti l'inizio della crisi ed esaltando l'esemplare virtù dello stato romano. La visione liviana risente dell'idea ellenistica che la vita degli Stati si svolga secondo un ciclo organico: Polibio aveva elaborato la riflessione ideologicamente più matura sulle vicende della res pubblica. Livio restituisce dignità alla concezione annalistica, le vicende della storia recente acquistano un senso e possono essere comprese solo alla luce di una ricostruzione complessiva del passato. Lo storico intende rende più efficace il suo insegnamento attraverso la drammatizzazione degli avvenimenti, all'accentuazione dei tratti pateticidella narrazione oppure l'analisi psicologica di singole personalità esemplari. Livio realizza la fusione tra le risorse dei diversi indirizzi della storiografia ellenistica, teorizzata da Cicerone e sapientamente attuata da Sallustio. Livio e l'ideologia augustea: Le relazioni tra la storiografia liviana e l'ideologia del principato sono argomento complesso e dibattuto. La perdita di tutta la trattazione degli avvenimenti più recenti di Roma pregiudica la possibilità di giungere a conclusioni sicure. Secondo Tacito (Annales 4,34,4) Livio celebrò Pompeo, al punto che Augusto lo chiamava pompeiano, senza che ciò offuscasse la loro amicizia; i suoi sentimenti repubblicani e le simpatie per Pompeo non potevano dispiacere al principe che nel 27 a.C. aveva proclamato la res publica restituta. L'esaltazione del mos maiorum e l'idea che la res publica poggiasse sulle virtù proprie della morale quiritaria concordavano con il programma augusteo. L' imperialismo romano e i suoi valori venivano celebrati attraverso le virtù eccezionali di singole personalità come Romolo Camillo Scipione. La prefatio consente di cogliere tutti i dubbi ed il pessimismo che, tuttavia, aveva Livio sulla possibilità che ci possano essere soluzioni alla crisi contemporanea della res publica. Il suo pessimismo, che richiama Sallustio ed Orazio, lo induce a rifugiarsi nella storia passata. Lo stile narrativo: La nnarazione di Livio possiede uno stile sciolto e ampio, dolce ed uniforme che raccomandava Cicerone, applicando al linguaggio storiografico risorse retoriche. Quintiliano definì la sua narrazione ricca e fluida, limpida e chiara. Tacito, insieme alla narrazione, ne esalta la veridicità. Livio vuole offrere un modello di scrittura antitetico rispetto alla brevitas di Sallustio, cercava quella dimensione letteraria la cui assenza Cicerone lamentava. Alla qualità retorica corrispondono le forme narrative della storiografia patetico-drammatica, Livio approfondisce la dimensione psicologica dei personaggi, egli perfeziona l'arte del ritratto morale, cui fa ricorso per i personaggi più importanti. I discorsi sono il centro dinamico del racconto nella rappresentazione morale di Annibale e Scipione. Livio declina le leggi del genere storiografico, arrichendole e innovandole in direzione di quella dintesi che Tacito riuscirà a realizzare. L'oratoria di età augustea: Gli spazi concessi all'oratoria politica, già angusti, si restrinsero ulteriormente. Tutto ciò che contava era l'auctoritas e la potestas (potere), queste 2 prerogative vennero accentrate nelle mani del principe perché il senato era succube del suo potere e le assemblee popolari furono svuotate delle loro funzioni. L'oratoria politica divenne monopolio del principe e mutò d'aspetto: IL PRINCIPE NON AVEVA BISOGNO DI PERSUADERE CON GLI STRUMENTI DELLA RETORICA, MA POSSEDEVA TANTA AUCTORITAS E TANTA POTESTAS CHE LA SUA PAROLA AVEVA IMMEDIATA FORZA DI LEGGE. Rimase viva l'oratoria giudiziaria che aveva minore valenza politica. Si riproposero all'oratore romano le condizioni di subalternità che da secoli erano presenti agli intellettuali greci nei confronti dei regni ellenistici. Avevano 2 opzioni: staccarsi dalla vita pubblica e badare solo alla propria ascesa individuale,oppure prestare collaborazione al monarca nella guida del governo. Già Ciceromne di fronte alla dittatura di Cesare aveva denunciato, nel prologo del Brutus, la morte dell'oratoria. L'eloquenza divenne così fine a se stessa, divenne strumento di soddisfazione intellettuale. I principale oratori del tempo: Cassio Severo, Labieno, Asinio Pollione esercitarono la loro eloquenza nelle corti di giustizia o nel chiuso delle scuole di retorica. Si sviluppa in questo periodo la moda della declamazione che esisteva prima come esercizio per gli scolari ed era divisa in 2 esercizi: 1o: esercizio deliberativo: discorso volto a persuadere un personaggio storico dal compiere un'azione; 2o deliberazione giudiziaria: stabilita una legge il giovane era chiamato ad assumere una parte processuale e a pronunciare un discorso di confutazione o di difesa. In età augustea acquisì valore autonomo come esibizione letteraria di retorica. Perciò venne pratica dai maestri e dagli adulti per mettere in mostra il loro virtuosismo. Il nuovo stile risulta così appariscente e brillante intessuto di sentenze brevi ed incisive. La lingua si arrichisce di tutta l'ornamentazione poetica. Quello che importa al declamatore non è convincere, ma piacere ai suoi ascoltatori, stupirli e provocarne l'applauso. Quest'oratoria da esibizione ebbe ripercussioni notevoli sull'oratoria forense (i giudici più che alla sostanza badavano all'eleganza dell'espesizione.) CAPITOLO 15, POESIA E PROSA DA TIBERIO A CLAUDIO Declino della letteratura impegnata: La letteratura latine negli anni di Tiberio (14-37), di Caligola (37-41) e di Claudio (41-54) conosce una fase di riflusso, le cui premesse erano già negli ultimi anni di principato di Augusto, copo che questi prese a gestire direttamente i rapporti con gli intellettuali. La relegatio di Ovidio e la condanna al rogo degli scritti del retore e storico Tito Labieno segnano l'inizio della censura . Per iniziativa di Seiano saranno bruciati anche gli Annales dello storico Cremuzio Cordo (elogia i cesaricidi). Gli imperatori non sono più interessati a coinvolgere gli intellettuali in un progetto culturale che abbia una forte valenza ideologica e civile. Il principe si limiti a controllarla o a reprimerla.Decadono i generi letterari che rientrano nella sfera della politica come l'oratoria e la storiografia. Continua fiorente la stesura di trattati con una funzione pratica. Il De re coquinaria è un trattato culinario in 10 libri di Marco Gavio Apicio. Un manuale di geografiaè la Chorogràphia (Descrizione della terra) di Pomponio Mela, descrive le terre conosciute partendo dallo stretto di Gibilterra. L'autore non rifugge dagli artifici della retorica. Aulo Cornelio Celso produce un'opera enciclopedica sulle varie artes, rimangono 8 libri di medicina, essnziali per comprendere la medicina romana.. Le declamazioni e Seneca il Vecchio: Tiberio trasferì i processi più importanti dal tribunale all'interno del senato, sotto il suo diretto controllo. L'oratoria si ridusse agli esercizi all'interno delle scuole di retorica. La testimonianza più importante sulle attività delle scuole di retorica e sulle declamazioni è quella di Lucio Anneo Seneca il Vecchio, padre di Seneca filosofo. Natyo a Cordova, in Spagna, intorno al 55 a.C., muore vecchio tra il 37 e il 41 d.C. Negli ultimi anni di vita compose un'opera che raccoglieva le declamazioni che aveva ascoltato: l'Oratorum et rhetorum sententiae divisiones colores. Egli intende far conoscere ai posteri un patrimonio di letteratura orale. La raccolta comprende 10 libri di Controversiae (pervenuti metà) e un libro di Suasoriae(7). Seneca offre un documento importante sull'evoluzione della retorica e dell'oratoria, su cui offre la sua personale riflessione. Nella trattazione dei temi dibattuti illustra dapprima le sententiae (frasi ad effetto in forma di massima), quindi le divisiones (partizioni retoriche del discorso), infine i colores (artifici retorici che i declamatori usano per impressionare e colpire il pubblico). La necessità di colpire l'uditorio induce a privilegiare una frase dallo stile sentenzioso, epigrammatico (breve) e ad utilizzare gli artifici dell'asianesimo (oratoria artificiosa e ricca di figure di suono)., inoltre il declamatore ricorre spesso a termini poetici per colorire il suo discorso. Dall'opera di Seneca emergono alcune personalità come quella di Tito Labieno, Cassio Severo, Papiro Fabiano e si ricavano preziose notizie sulla società, sulla politica e sul dibattito letterario del tempo. La storiografia: Lo storico-senatore si trova nella situazione di dover rinunciare alla propria libertà di parola o di esporsi alla censura del principato. Sono sopravvissuti solo gli scritti degli storici più conformisti. Nettamente favorevole a Tiberio è l'opera storica di Velleio Patercolo, nato tra il 25 ed il 20 a.C. in Campania nell'attuale Mirabella Eclano. Intrapese la carriera militare e partecipò alle campagne in Oriente del nipote di Augusto, Gaio Cesare, dal 4d.C. militò come comandante di cavalleria agli ordini di Tiberio, du poi questore nel 13 e pretore nel 15. Nel 30 a.C. dedicò a Marco Vinicio la sua storia (Historiae Romanae ed Marcum Vinicium consulem libri duo). L'opera di Velleio presenta una grande lacuna iniziale è una storia universale che va da Troia agli avvenimenti contemporanei del principato di Tiberio. Questo vasto argomento è diviso in due parti, il momento discriminante è la caduta di Cartagine del 146 a.C. Velleio dichiara di volersi attenere alla sola enunciazione essenziale dei fatti. La narrazione diviene più dettagliata nel momento in cui lo storico affronta i fatti relativi alla crisi della repubblica e ad Augusto, per giungere finalmente a Tiberio . La figura dell'imperatore è positiva e viene esaltata senza riserve. orazioni sono andate perse, si conosce un trattato di filosofia morale perché ricordato nelle Epistole a Lucilio. La produzione superstite di Seneca contiene testi in prosa di carattere filosofico: i Dialogi, il De clementia, il De beneficiis, le Naturales quaestiones, le Epistulae morales ad Lucilium; testi in poesia: nove tragedie di argomento greco, una tragedia praetexta, alcuni epigrammi contenuti nell' Anthològia Latina; la satira meninpea in prosa e versi intitolata Apokolokyntosis. I Dialogi: I 12libri di Dialogi comprendono 10 opere raccolte sotto questo titolo dopo la morte di Seneca. L'ordine non coincide con quello cronologico. Il termine dialogi sllude alla forma delle opere filosofiche di Platone e di Cicerone; ma i Dialogi di Seneca si limitano ad avere solo un interlocutore, il dedicatario, al quale l'autore si rivolge in a persona. Il tono è quello della conversazione, il sermo proprio della tradizione diatribica (sfregamento che produce un risultato positivo), che il filosofo adotta per una trattazione non sistematica dello stoicismo. Il dialogo più antico è la Consolatio ad Marciam, indirizzata alla figlia dello storico-senatore Cremuzio Cordo per consolarla della morte prematura di un figlio. Seneca è auctor della consolazione filosofica nel mondo latinoi. Il fine del genere è quello di aiutare una persona a sopportare il dolore di un lutto; essa ha una serie di topoi (l'inevitabilità del dolore, la necessità naturale della morte, la fugacità della vita), che costituiscono anche un codiced retorico- espressivo. Seneca attinge a tutto il repertorioproprio dello stoicismo, ma anche al pensiero epicureo. A questo genere appartengono altri 2 dialoghi: la Consolatio ad Helviam, la Consolatio ad Polybium. La 1a è indirizzata alla madre Elvia in occasione dell'esilio in Corsica. La 2a è rivolta al liberto di Claudio: Polibio, il quale aveva perso il fratello, in essa ci sono anche lodi nella speranza di ottenere il ritorno a Roma. Dopo la morte di Caligola furono pubblicati i 3 libri del De ira dedicati al fratello Novato; Seneca tratta delle passioni umane, in particolare dell'ira, e della necessità individuale e sociale di dominarle, come è proprio del saggio. Al fratello, rivolge anche il De vita beata, scritto tra il 54 ed il 62, affronta il problema della felicità, che si realizza unicamente nell'esercizio della virtù, anche se i vantaggi materiali non sono da respingere: il saggio ne gode con distacco ed è pronto in ogni momento ad abbandonarli. Seneca risponde agli attacchi di chi rimproverava una palese contraddizione tra lo stoicismo professato e l'esercizio del potere a fianco di Nerone. Il problema della fugacità del tempo e della precarietà di ogni cosa è al centro del De brevitas vitae dedicato a Pompeo Paolino padre della 2a moglie Paolina. Il filosofo contesta il luogo comune della brevità dell'esistenza umana e contrappone la massa, vittima del tempo, di cui fa spreco, al saggio, che riesce invece a dominarlo. Ad Anneo Sereno (amico) sono dedicati 3 dialoghi, il De constantia sapientis, il De tranquillitate animi e il De otio. Nel De constantia sapientis Seneca, attraverso argomentazioni paradossali proprie dello stoicismo, afferma l'imperturbabilità del saggio contro ogni rovescio della sorte. Il De tranquillitate animi è l'unico scritto ad avere un andamento più propriamento dialogico: di fronte alla difficoltà di Sereno di abbandonare gli impegni pubblici sulla via del perfezionamento morale, cerca di conciliare attività politica e impegno filosofico, nella convinzione che il saggio stoico debba assicurare il proprio contributo alla comunità dello stato. Nel De otio, invece, Seneca, dopo il ritiro a vita privata nel 62, sostituisce la prospettiva dell'interiorità a quella della politica, non più praticabile: il sapiens è cittadino di uno stato più grande di quello materiale e storico e di questa ideale res publica si pone al servizio nel ritiro della vita contemplativa. Il De providentia è dedicato a Lucilio, il quale si chiede come mai se esiste la proivvidenza possa capitare il male ai buoni ed il bene ai malvagi. Seneca sulla base di argomenti paradossali, sostiene che anche questo rientra in un disegno provvidenziale, perché il sapiens solo nella sua sventura può sperimentale la propria virtù. I trattati filosofici: I trattati filosofici De clementia, De beneficiis e Naturales quaestiones non sono compresi nei Dialogi, ma obbediscono agli stessi criteri strutturali. Il De clementia è un trattato di filosofia politica dedicato ad un diciottenne Nerone. Venne concepito in 3 libri ma noi possiediamo il 1o ed i primi 7 capitoli del 2o. Seneca riconosce il potere assoluto dell'imperatore ma lo esorta alla mitezza e alla moderazione (tipici dell'età augustea) in modo da ottenere un monarca illuminato e non un tiranno come Calligola o Claudio. Tuttavia Seneca fallirà. Nel trattato De beneficiis, in 7 libri, Seneca affornta il tema delle relazioni tra chi elargisce benefici ed il beneficiario, problema centrale su cui si fondano le regole principali della convivenza civile. Seneca traccia una dettagliata casistica che illustra i temi della beneficenza, della gratitudine, dell'obbligo della liberalità; la ricca messe di esempi è attinta dalle proprie esperienze personali. Negli ultimi anni della sua vita, quando sceglie l'otium, Seneca compose le Naturale quaestiones, un trattato scientifico dedicato a Lucilioi in 7 libri (il 4o distinto in 4a e 4b). I fuochi celesti (1), i tuoni ed i fulmini (2), le acque terrestri (3), il fiume Nilo (4a), le nubi (4b), i venti (5), i terremoti (6), le comete (7). Egli concepisce la conoscenza della natura come un processo di liberazione nel cammino che conduce l'uomo a realizzare la propria morale, la scienza ha dunque una valenza morale e coincide con la filosofia. Il metodo predominante è quello dossografico: Seneca illustra le opinioni degli scienziati e dei filosofi sugli argomenti trattati e, alla fine, egli stesso prende posizione sulle tesi esposte. Le fonti greche sono predominanti ed un posto centrale spetta a Posidonio, ma è importante anche Epicuro con cui Seneca condivide la fiducia nella capacità della scienza di dissolvere le tenebre dell'ignoranza e vincere la paura della morte. Le Epistulae morales ad Lucilium Le Lettere a Lucilio sono state scritte dal 62 al 65 d.C., sono 124 e sono distribuite in 20 libri, ma forse la raccolta non è completa perché Gellio cita un'epistola nel libro 22. Lucilioè il destinatario ed è un amico di Senbeca che fa il procuratore in Sicilia e coltiva ineressi filosofici, scientifici e poetici. Non si sa se le lettere sono vere o se hanno un fine unicamente letterario di certo contengono informaazioni sulla vita quotidiana di Seneca trasmesse a Lucilio, ma molte di esse sono concepite in funzione della pubblicazione, e talora sotituite come dei veri e propri trattati. L'obiettivo dichiarato è quello di contribuire al progresso morale dell'amico, il suo messaggio filosofico aspira a raggiungere un destinatario più ampio, gli uomini nella loro universalità, i posteri. Il genere epistolare aveva, a Roma, come modello Cicerone, tuttavia Seneca compone un epistolario filosofico che nella tradizione latina non aveva precedenti. Nella scia di Epicuro trova nell'epistola la forma più idonea ad un insegnamento filosofico che assume il carattere colloquiale della conversazione sui temi più importanti della dottrina stoica , liberata di ogni eccessiva rigidità di scuola. Seneca discute il problema del tempo, della morte, della paura, del dolore, della libertà individuale, così da delineare il percorso ideale della vita etico-conoscitiva del sapiens. La sapientia ha una funzione etico-pratica : è remedium doloris perch<é insegna ad essere liberi e la vera libertà consiste nel disprezzo del corpo. È la prospettiva dell'interiorità, che si contrappone a quella della politica,. Lo stoicismo di Seneca si apre alla dottrina epicurea, che consiglia al saggio di allontanarsi dalla vita politica. Il filosofo progredisce sul piano del perfezionamento morale e della conoscenza di se stesso. Diventa l'esempio di un percorso anche doloroso che lo porta prendere coscienza delle proprie contraddizioni e delle proprie debolezze, così il senso di limite diventa aspirazione.4 Lo stile filosofico: Il discorso deve mirare fondamentalmente a essere il più semplice ed efficace possibile, giacché il suo fine è comunicare la verità. Esso ha il carattere oratorio dell'admonitio, allorché il filosofo deve discutere ed ammonire le coscienze; il tono colloquiale del sermo, quando si rivolge ad un discepolo che già intrapreso la via della conoscenza. La forma è sempre subordinata ai contenuti, ma questo non implica il rifiuto della retorica, bensì la capacità di utilizzarne tutte le risorse in funzione dell'insegnamento filosofico. L'invito alla riflessione ha bisogno di un linguaggio nuovo dunque egli distrugge l'architettura compattaq e simmetrica della frase ciceroniana e compone un periodo asimmetrico, paratattico, antitetico, fondato sull'uso della sententia, della frase isolata che evidenzia in maniera quasi epigrammatica il valore di una singola idea in contrapposizione con le altre. Ricorre spesso alla citazione poetica, consapevole dell'effetto di delectatio che si ottiene lo usa per rendere più efficaci i precetti filosofici alla massa del pubblico digiuno di filosofia. Le tragedie: Le 9 tragedie di Seneca sono conservate nella loro integrità e si rifanno ad argomenti mitologici greci. L'Hercules furens (La follia di Ercole) si ispira all'Eracle di Euripide: Ercole, di ritorno dagli Inferi, impazzisce per opera di Giunone e uccide la moglie ed i figli; quando rinsavisce vorrebbe suicidarsi ma il padre Anfitrione riesce a distoglierlo. Le Troades (Le Troiane) ha più modelli modelli: Troiane ed Ecuba di Eripide, inoltre alcune tragedie perdute di Sofocle: Seneca rappresenta il dramma delle prigioniere troiane costrette ad assistere impotenti alla morte di Polissena e di Astianatte. Phonissae (Le Fenicie) sono un testo incolmpleto costituito da 2 parti staccate; i modelli sono le Fenicie di Euripide e l'Edipo a Colono di Sofocle: Antigone cerca di confortare il apadre cieco e di distorglierlo da intenti suicidi, Giocastra tenta di placare l'odio tra Eteocle e Polinice. Medea riprende la Medea di Euripide e forse anche da quella perduta di Ovidio,Giasone sta per sposare Creùsa, Medea fa morire con le sue arti di maga Creùsa insieme con il padre Creonte, quindi, accecata dall'odio, uccide gli stessi figli avuti da Giasone. La Pheadra h acome modello l'Ippolito di Euripide e l'epistola ovidiana delle Heroides: Fedra s'invaghisce d'Ippolito, il figlio del marito Teseo, ma questi la respinge, la donna denuncia a Teseo che il giovane ha tentato di violentarla e ne provoca la morte; alla fine ella stessa si uccide. Òedipus, ispirato all'Edipo re di Sofocle, rappresenta il noto dramma di Edipo che apprende di aver ammazzato il padre Laio e di aver sposato la madre Giocasta e disperato si acceca. L'Agamennone di Eschilo è il testo-modello dell'Agamemnon , che rappresente il ritorno a Micene del re e la sua uccisione da parte della moglie Clitennestra, aiutata dall'amante Egisto. Il mito dei Pelopidi è al centro del Thiestes, Seneca costruisce il dramma intorno alla vendetta di Atreo, il quale, per punire il fratello che gli ha insidiato la moglie e ha tentato di sottrargli il regno , gli imbandisce un banchetto con le carni dei figli. L'Hercules Oetaeus (l'Ercole sull'Eta) è una tragedia ispirata alle Trachinie di Sofocle: il protagonista è Ercole, avvelenato dalla veste intrisa del sangue del centauro Nesso, inviatagli dalla moglie Deianira, convinta che si trattasse di un filtro d'amore per riconquistare il marito; l'eroe fa costruire un rogo sul monte Eta e si lancia nel fuoco, il dramma si conclude con la divinizzazione di Ercole. L'Octavia rappresenta la storia della figlia di Claudio e sposa di Nerone, che, preso dalla passione di Poppea, prima la ripudiò e poi la eliminò nel 62; Seneca è uno dei personaggi del dramma, che è stato verosimilmente scritto da un autore a lui vicino dopo la morte di Nerone (68), preannunciata dall'ombra di Agrippina nei termini della realtà storica. Non esistono notizie circa la cronologia delle tragedie. Quintiliano nella desamina dello sciluppo della tragedia a Roma non nomina Seneca. L'autore presenta il potere e la sua degenerazione come tema centrale nelle sue tragedie. I drammi senecani rivelano un'eccezionale complessità scenica , tanto che hanno messo in dubbio che essi fossero effettivamente rappresentabili. Le tragedie potrebbero non essere state concepite per la scena, ma destinate alla recitazione di tipo declamatorio. Il rapporto tra la conoscenza razionale, come misura etica di vita, ed il furor negativo della passione è tuttavia capovolto. Seneca intende dimostrare di qualiu degenerazioni sia capace la mente umana quando precipitinegli abissi del furor distruttivo. L'autore è interessato al processo psicologico che determina l'orrido, la sua arte tende ad approfondire la dimensione soggettiva, a scavare nella psiche dei suoi personaggi attraverso l'uso della parola che diventa l'essenza dels uo teatro. Seneca convenzionale e problematico a Nerone), comincia la narrazione con Cesare che attraversa il Rubicone e punta su Roma, nella quale si diffondo ovunque cattivi presagi(1o). Catone riesce a convincere Bruto a schierarsi dalla parte di Pompeo, che fugge prima a Brindisi e poi a Durazzo (2o) Il fantasma della moglie Giulia appare minaccioso a Pompeo mentre Cesare entra a Roma vittorioso. Pompeo in Oriente raduna le sue truppe. Cesare è già passato a Marsiglia, per assediarla e sconfiggerla (3o). Nella campagna di Spagna le truppe pompeiane sono sconfitte; in Africa trova la morte Curione, giovane fautore di Cesare (4o). Il senato si convoca in Epiro e affida il supremo potere a Pompeo; Appio Claudio, un partigiano pompeiano, recatosi a Delfi per consultare l'oracolo sulla guerra, riceve un responso di grande ambiguità. Cesare parte anche lui per l'Epiro, da dove tenta di raggiungere di nuovo la costa italica su una piccola imbarcazione; miracolosamente si salva da una tempesta. Pompeo si separa dalla moglie Cornelia che rimane a Lesvo (5o). I 2 eserciti si confrontano a Durazzo,m i contendenti si spostano in Tessaglia. La maga tessala Eritto, consultata dal figlio di Pompeo, Sesto, resuscita momentaneamente un guerriero morto, il quale riferisce d'aver visto le anime dei grandi Romani afflitte per l'imminente rovina di Pompeo e dello Stato (6o). Pompeo prepara la battaglia sul campo di Farsàlo, ma viene sconfitto e sfugge a Larissa (7o). A Lesbo si ricongiunge con la moglie Cornelia e poi si dirige verso l'Egitto, rinunciando all'idea di rivolgersi ai parti. Il re Tolomeo fa uccidere Pompeo di nascosto (8o). Lo spirito di Pompeo si trasferisce negli animi di Bruto e Catone , che assume il comando delle superstiti truppe pompeiane per guidarle fino a Lepris minor. Cesare che sta inseguendo Pompeo visita i resti di Troia, poi arriva in Egitto(9o) dove visita la tomba di Alessandro Magno. Durante il banchetto, Cleopatra si presenta al condottiero romano e lo seduce con la sua lasciva bellezza. Cesare deve far fronte ad una congiura di palazzo, che lo pone in serio pericolo , qui si conclude la narrazione. Si ritiene che il poema dovesse continuare per almeno 2 libri (arrivando a 12 come l'Eneide). Il Bellum civile è un poema epico di carattere storico, che si colega alla tradizione di Nevio ed Ennio. Lucano ha scelto come argomento le guerre civili e ha adottato una chiave narrativa rigorosamente storica basata su fonti storiografiche, queste sue scelte sono antivirgiliane. L'Eneideè un costante modello oppositivo: il lettore è sollecitato al confronto con il testo virgiliano, costantemente negato e stravolto. Egli rifiuta la mitologia e la presenza di divinità, la storia è al centro della narrazione, ma secondo un'istanza di verità e in una prospettiva di assoluto pessimismo. Nella poesia augustea le guerre civili sono una sorta di peccato originale che incombe su Roma dai tempi di Romolo e Remo, ma è Augusto a liberare Roma da questa maledizione restituendo l'antica res publica. Lucano ritiene invece che il rpincipiato abbia segnato il trionfo della violenza irrazionale: le guerre civili hanno partorito una tirannide mostruosa e la fine irrimediabile della libertas repubblicana. La sua epica storica si oppone perciò a quella mitologica di Virgilio. Il Bellum civile si apre con un elogio a Nerone invocato come fonte d'ispirazione. Lucano giunge a proporre una giustificazioni alle stesse guerre civili se esse sono il mezzo che i fati hanno escogitato per l'avvento di Nerone. Le lodi del principe collidono con la concezione lucanea della storia e con l'impianto antivirgiliano, tuttavia appare verosimile ipotizzare che il bellum civile possa riflettere soprattutto nei libri iniziali le aspettative che accompagnano i primi anni di Nerone. Il naufragio di queste illusioni spinse Lucano a cancellare ogni residua speranza nel principato. Lucano accentua la dimensione tragica e sconvolge ogni misura con la sua continua ricerca del macabroe dell'orrido, caratteristica della tragedia di Seneca, irrompe nel racconto che è come pervaso da un'atmosfera di morte.- I sogni, le profezie, l'aldilà sono elementi tipici del codice epico, sui quali Virgilio aveva costruito la sua narrazione. In Lucano i sogni sono incubi minacciosi, le profezie sono tutte annunci funesti, la stessa visione dell'aldilà è affidata alle pratiche negromantiche della turpèe maga Eritto. La narrazione lucanea risulta disugiale perché privilegia i singoli episodi che rallentano il tempo del racconto storico, ma mantengono alta la tensione narrativa. Il poeta ossessionato dal dramma della fine della libertas indulge spesso in sententiae, in acutezze concettuali, tipiche della retorica. Il Bellum civile non è costruito intorno alla figura centrale di un eroe, ma i personaggi personaggi principali sono i protagonisti delle diverse fasi della guerra fratricida. Cesare è il eprsonaggio che incarna tutte le forze negative del male, ha grande audacia e fortuna, è il tiranno. Catone è il perfetto saggio stoico, sa di abbracciare la causa dei vinti, egli con il suo suicidio rivendica il diritto insoppriumibile alla libertà contro ogni tirannide. Pompeo è un eroe patetico e sfortunato, nel corso della narrazione egli acquista una consapevolezza sempre maggiore del pericolo che incombe sulla res publica. Egli è tormentato dal presagio della sorte ineluttabile alla quale sta per andare incontro, la sua morte drammatica segna la fine di un'intera città. Lo stile di Lucano dà fondo a tutte le risorse della retorica asiana per reggere alla tensione della narrazione. Il suo stile è una creazione originale, anche se tradisce spesso eccessi e sovrabbondanza espressiva o inclina, talora, ad un esasperato concettismo. La satira: Persio Lo stesso atteggiamento di Lucano l'ebbe Persio. I dati di biografici di questo poeta dipendono da una biografia attribuita a Valerio Probo. Aulo Persio Flacco nacque a Volterra nel 34 d.C. Si trasferì a Roma e fu allievo di Remmio Palemone, poi divenne discepolo di Anneo Cornuto. Ebbe rapporti d'amicizia con Lucano e fu un oppositore di Nerone, morì per una malattia allo stomaco nel 62 d.C. Non pubblicò nessuno dei suoi scritti in vita, se ne occupò Cesio Basso dopo la sua dipartita. Il libro di Satire di Persio comprende una sorta di prologo in 14 coliambi(trimetri giambici in cui l'ultimo, a sorpresa, è realizzato da una sillaba lunga) e 6 componimenti satirici di 650 esametri complessivi. Nei coliambi Persio dichiara di non aver ricevuto investiture dalle Muse, ma di comporre versi come modesto poeta, senza cedere alle mode e alle speranze di guadagno. La 1a satira è una polemica nei riguardi della vacua poesia contemporanea, dichiara d'ispirarsi a Lucilio e a Orazio. Nella 2a biasima coloro che pregano gli dei per chiedere cose inutili e vergognose, e quelli che ricoprono le loro immagini d'oro, quasi che le divinità lo amassero come gli uomini. Nella 3a satira un maestro esorta un giovane di buona famiglia a non sprecare il proprio tempo, ma di studiare lòa filosofia per prevenire il radicarsi dei vizi. La 4a esprime il concetto socratico del conoscere se stessi prima di criticare i vizi altrui. Nella 5a satira ribadisce la scelta di una poesia semplice e lontana dalle vuote ampollosità della tragedia e dell'epica , quindi esalta la sua amicizia e la sua devozione nei riguardi del maestro Cornuto; nella 2a parte illustra il concetto di libertà secondo lo stoicismo . La 6a satira è scritta in forma di epistola all'amico Cesio Basso, Persio gli confessa di voler vivere contento di quello che ha, tenendo lontana da sé l'avarizia, secondo i precetti stoici. Persio decise di dedicarsi al genere satirico entusiasmato dalla lettura del 10o libro di Lucilio. Egli s'ispira alla satira mordace di Lucilio e a quella arguta e sorridente di Orazio. Il poeta riscopre la dignità di una tradizione letteraria e recupera le forme forti del suo auctorsacrificate dalla satira oraziana. Il moralismo di Persio non è quello tradiziopnale della satira romana, ma riflette l'adesione del poeta alla morale stoica . Il poeta più che rivolgere attacchi a singoli personaggi si scaglia contro i vizi e le degenerazioni di un'intera società assumendo il punto di vista del saggio stoico, che utilizza il verso al fine di rendere più efficace il suo messaggio. È cosciente che potrà non incontrare i favori del grande pubblico, il quale è abituato alle vacuità0, ma la sua poetica non può che ispirarsi alla varietà che è sempre pungente e sgradita. La scelta della poesia in funzione strumentale lo spinge verso la satira, che è il genere letterario più umile. Egli ricerca un linguaggio che sia aderente alle cose, lontano dall'artificiosità linguistica dei generi letterari elevati, trova nel sermo oraziano, che si fonda sulla lingua d'uso, lo strumento più idoneo. Sul sermo oraziano opera una sperimentazione linguisticariprendendo le parole quotidiane in un senso diverso da quello trito e abusato, a riscoprire alcune parole patrimonio arcaico e gergale. Questo processo di rinnovamento del linguaggio passa attraverso la risemantizzazione di parole comuni grazie a nessi inusuali o all'uso ardito di processi metaforici. La scrittura di Persio è violenta perché vuole sorprendere e scuotere il lettore da suo torpore morale, richiamandolo alla verità, tuttavia, il labor limae sulle parole, rende spesso difficile e oscuro lo stile di questo poeta. La sua satira procede secondo dinamiche narrative spesso faticose. Persio sembra quasi voler affaticare il lettore per giungere a una selezione dei destinatari del suo messaggio morale. Il "romanzo": Petronio Un altro documento di quella crisi è il Satyricon attribuito ad un Petronius Arbiter. Si è a lungo discusso sull'identità di questo autore. L'ipotesi oggi generalmente accolta prevede l'identificazione di Petronio Arbitro con il personaggio che Tacito annoverava tra le vittime di Nerone del 66: lo storico gli dedica un memorabile ritratto "paradossale", che si conclude con la descrizione del singolare suicidio (Ann. 16,18-19). Egli dedicava il giorno al sonno, la notte agli affari e ai piaceri ed era un raffinato amante del lusso. Nell'esercizio del proconsolato in Bitinia e del consolato, aveva sempre mostrato energia e capacità. Una volta ammesso nella cerchia degli amici di Nerone diviene arbitro del buon gusto. Tigellino lo collega con la congiura di Pisone e lo costringe a togliersi la vita recidendosi le vene. Egli ebbe un comportamento lontano dalla solennità dei martiri stoici: regolò a suo piacere la fuoriuscita del sangue, e si intrattenne con gli amici, dilettandosi di canti e di versi, rifiutando ogni discorso filosoficosull'immortalità dell'anima., Dopo aver assegnato premi o punizionin ai suoi servi , si mise a banchettare e si addormentò, affinché la sua morte sembrasse naturale. Inviò a Nerone il testamento che denunciava le dissolutezze sessuali del principe e spezzò il suo anello, perché non fosse usato come sigillo contro altri.Il personaggio qui descritto degli Annales esprime con straordinaria aderenza molte qualità che sembrano proprie dell'autore del Satyricon. Il Satyricon era un lungoi testo narrativo in forma prosimetrica con trama romanzesca e personaggi di fantasia, ci sono pervenute ampie sezioni del 14o e 16o libro e gran parte del 15o contenente la cena di Trimalcione. Le moderne edizioni del Satyricon presentano 141 capitoli. Il testo non è compreso tra quelli del canone scolastico, è del 17o secolo la scoperta del codice di traù che riporta l'intero episodio della Cena Trimalchionis. Il titolo Satyricon deriva dall'aggettivo greco satyricos è un genitivo plurale che sottintende il sostantivo libri, la forma corretta sarbbe Satyrica (le cose relative ai satiri), alluderebbe ad una letteratura licenziosa con modalità parodistiche secondo la tradizione del dramma satiesco. Il protagonista del Satyricon è il giovane Encolpio che è anche l'io narrante della storia. Egli racconta tutte le peripezie che ha vissuto insieme con Gitone, un adolescente bellissimo dalla cui passione era preso. La storia inizia in una Graeca urbs (Napoli o Pozzuoli). La Cena si estende per 52 capitoli, che descrivono un banchetto tanto grandioso quanto di cattivo gusto, in cui ogni portata vuole essere soprattuto una meravigliosa sorpresa. Il padrone di casa ha orchestrato la cena come ostentazione esasperata e nauseante della propria ricchezza.Eumolpo recita la sua Troiae halòsis (65 metri giambici) provocando le sassate della folla, quando Encolpio si mette a guardare un quadro raffigurante la presa della città. Eumolpo sulla strada per Crotone espone le sue idee sulla poesia epica e declama un componimento di 295 esametri sulla guerra civile tra Cesare e Pompeo (il cosiddetto Bellum civile). Il Satyricon è dunque un'opera narrativa,c he racconta una storia di pura invenzione in chiave di realismo e quotidianeità. La definizione di quest'opera come romanzo comporta l'estensione analogica di una categoria critica moderna. Gli altri romanzi antichi sono le Metamorfosi di Apuleio e i cosiddetti "romanzi" greci. Il romanzo greco, sviluppatosi tra il 3o ed il 2o secolo intorno alla figura di Alessandro Magno, narra in genere la storia di sentimentale di 2 amanti, che dopo essere stati separati affrontano peripezie e prove avventurose, disposte sull'asse epico-narrativodel viaggio, e giungono spesso a coronare il loro amore, più forte di ogni avversità, in un edificante finale. Questo intreccio presenta molte affinità narrative con il Satyricon, ma sono altrettante le differenze: la coppia è omosessuale, le separazioni sono il frutto di tradimenti e di abbandoni, un'epistola dedicatoria al futuro imperatore Tito. Il 1o libro contiene l'indice analitico degli argomenti. Il 2o libro tratta la cosmologia; dal 3o al 6o la geografia; il 7o l'antropologia; l'8o ed il 9o la zoologia; il 13o ed il 14o la botanica e le tecniche di coltivazione delle piante ; dal 20o al 27o la medicina botanica; dal 27o al 32o i medicamenti e i farmaci tratti dagli animali; dal 32o al 37o la mineralogia. Il progetto ambizioso è quello di raccogliere tutto quanto è stato scritto sulla natura, questo testo fu concepito in funzione della onsultazione e per questo c'è l'indice. Plinio vuole giovare piuttosto che dilettare, ma non disdegna la narrazione di fatti miracolosi che destano lo stupore nel lettore. A differenza delle Naturales quaestiones di Seneca, la Naturalis historia non è sorretta da alcuna coerente visione filosofica. Plinio dichiara che la sua opera è, sul piano retorico, di scarso rilievo. D'altra parte, molta trattatistica scientifica e tecnica si mantiene spesso ai margini della letteratura. Valiero Flacco: I temi prescelti nella poesia dell'età Flavia (mitologici e storici) sono scelti in base ad un'influenza del principato che voleva distogliere l'attenzione dalla crisi attuale dando risonanza agli ideali di romanità. DI Valerio Flacco conosciamo solo i dati presenti nel proemio degli Argonautica, apparteneva al collegio di sacerdoti ammessi alla consultazione dei libri Sibillini. Quintiliano si rammaricò della sua morte che avvenne tra il 90 ed il 95 d.C. Gli Argonautica sono un poema epico incompiuto in 8 libri, l'ultimo s'interrompe improvvisamente. Narra il mito degli Argonauti, che sfidando per la prima volta il mare alla volta della Colchide, perché Giasone possa conquistare il vello d'oroe riportarlo in Tessaglia a Pelia, il tiranno usurpatore che gli ha imposto questa terribile prova. La vicenda è già stata narrata nelle Argonautiche di Apollonio Rodio (poeta greco) questo testo fa da modello. Il 1o libro racconta l'antefatto della storia (la conquista del regno da parte di Pelia e la prova imposta a Gisone), i preparativi per la partenza ed il suicidio dei genitori di Giasone. Nel 2o libro inizia la descrizione delle avventure del viaggio: la prima sosta è nell'isola di Lemno, dove le donne avevano ucciso i loro uomini, e qui Giasone ha una storia d'amore con la regina Ipsipile; in Troade si segnalano le imprese di Ercole; il 3o libro narra il tragico aquivoco che porta all'uccisione del re Cizico ed il rapimento di Ila, il giovane bellissimo caro a Ercole. Continuano le peripezie e le prove terribili in sui si distinguono i vari eroi che accompagnano Giasone (4o). Dopo la morte del nocchiero Tifi, gli Argonauti sbarcano in Colchide, in cambio del vello, si alleano con Eeta in lotta contro il fratello Perse. Giasone incontra Medea (5o). Si svolge la guerra tra i 2 schieramenti e Perse viene sconfitto. Medea s'innamora di Giasone (6o). Eeta viene meno alle promesse fatte a Giasone e gli impone prove terribili. Medea, che è combattuta, aiuta l'amato con la sua magia (7o). Giasone recupera il vello e scappa con Medea. Dopo il rito nuziale, Absitro, figlio di Eeta, raggiunge gli Argonauti e li attacca. Giasone sta per cedere all'idea di consegnare Medea quando lei si scontra con lui in maniera indignata. Probabilmente la causa di questa interruzione è la morte del poeta. Valerio riscrice la storia cantata nelle Argonautiche di Apollonio Rodio apportando sostanziali modifiche nella narrazione, sopprimendo o riducendo alcuni avvenimenti, ampliandone altri o introducendone di nuovi. Il poema ellenistico è filtrato attraverso il modello epico virgiliano e la nuova sensibilità sentimentale del,l'epica latina. L'innovazione più rilevante è l'introduzione nel 5o e 6o libro della guerra in Colchide . Si determina la scansione propria dell'Eneide tra la parte odissiaca e quella iliadica. La divisione è segnata dall'inserzione di un proemio nella prima parte del 5o libro invoca la Musa perché lo ispiri nel racconto delle guerre cui partecipa l'eroe. Le soluzioni narrative virgiliane sono numerosissime e talora esasperate, come la presenza ossessiva nella storia della divinità. I personaggi sono rimodellati su quelli dell'Eneide : Giasone ha molte delle virtù di Enea, mentre Medea non si comprenderebbe senza Didone. Nell'archetipo ellenistico di Apollonio Rodio, cui Valerio s'ispira, s'intrecciano una pluralità di codici letterari: il modello epico della Nausicaa di Omero, quello virgiliano di Didone, il registo tragico della Medea di Seneca. La Medea Valeriana è un personaggio psicologicamente complesso, difatti il suo innamoramento è tormentato e contraddittorio. Predomina spesso in Valerioo l'accentuazione del pathos , del furor , propria dell'epica lucanea e della tragedia di Seneca, cui ci si riconduce nel suicidio stoico del genitori di Giasone. Valerio tenta di proiettare il mito sullo sfondo della storia contemporanea , ma non va al di là di un proemio in forma panegirico in cui esalta l'impresa sul mare di Vespasiano nella spedizione in Britannia , e celebra la sua divinizzazione. Silio Italico: Anche lui celebra Domiziano con adulazioni quasi ridicole nella loro mancanza di misura. Tiberio Cazio Asconio Silio Italico nacque tra il 25 ed 29 d.C., nell'anno 68 fu console onorario per iniziativa di Nerone , che ricompensò le sue prestazioni d'avvocato d'accusa (astrumento imperiale per eliminare oppositori). Sotto Vespasiano fu proconsole d'Asia nel 77, ri ritirò poi a vita privata per dedicarsi ai Punica, il suo poema epico. Mentre soggiornava in Campania, all'età di 75 anni, decise stoicamente di andare incontro alla morte rinunciando al cibo. Silio nei 17 libri dei Punica, di oltre 12000 esametri, narra gli avvenimenti gloriosi della 2a guerra punica, dall'assedio di Sagunto al trionfo di Scipione, già trattati nella 3a decade di Livio. Egli riporta il mito di Didone come origine della guerra; introduce Annibale e narra l'assedio di Sagunto, alleata di Roms (1o); la città spagnola cede e viene distrutta(2o). Annibale attraversa il fiume Ebro, supera i Pirenei e valica le Alpi (3o); piomba in Italia e sconfigge i Romani ai fiumi Ticino e Trebbia(4o) e poi al lago Trasimeno (5o). In una digressione è rievocata la figura eroica di Attilio Regolo. Giove tiene lontano da Roma Annibale, che ripiega sulla Campania (6o). Il dittatore Quinto Fabio Massimo il Temporeggiatore non accetta lo scontro in campo aperto (7o); ma oramai ci si appresta alla battaglia di Canne (8o); lo scontro è un disastro e Roma è sull'orlo del precipizio (9o e 10o). Le città italiche più importanti passano con Annibale, che si trattiene a Capua con lui schierata (11o). Lentamente Roma comincia a riprendersi e Marcello sconfigge a Nola Annibale, il quale rompe ggli indugi e punta di nuovo su Roma; è Giunone , a lui favorevole, che lo induce a desistere da un'impresa contraria agli dei (12o). I Romani riprendono Capua; il loro giovane comandante Scipione , come già Enea, incontra la Sibilla e scende nell'Ade per incontrare le ombre dei suoi morti e le anime dei grandi cittadini (13o). Marcello conquista Siracusa (14o), Scipione si distingue in Spagna; Asdrubale è sconfitto al Metauro (15o). Scipione passa in Africa (16o); vince lo scontro decisivo a Zama e celebra il suo trionfo a Roma (17o). La fonte principale dei Punica è Livio. Silio progetta un poema di epica storica, ma prende decisamente le distanze dalla vicina esperienza di Lucano: agli avvenimenti fa da sfondo il mito e le divinità intervengono secondo un disegno provvidenziale. Il modello dichiarato è Virgilio sia sul piano della tradizione letteraria, sia per la tecnica epica, ma anche sul piano narrativo: l'antefatto dei Punica è la storia tragica di Didone ed Enea, dunque i Punica sono la prosecuzione dell'Eneide. L'imitazione virgiliana prevalente non esaurisce la cifra del codice epico di Silio, i cui debiti con l'epica antivirgiliana di Lucano sono palesi. I Punica non hanno un solo protagonista , i personaggi principali sono classificati secondo una contrapposizione tra bene e male, vizio e virtù . L'unica figura di un certo rilievo è Annibale (anti-eroe), caratterizzato dal valore romano della virtus, ma anche dall'insaziabile sete di conquiste e di potenza. Da Lucano prende sanche l'accentuazione espressionistica del macabro ed il gusto per le descrizioni meravigliose. Il patriottismo di Silio aderiva pienamente all'ideologia dei flavi che celebravano le virtù antiche ed il mos maiorum. Il suo stile è piuttosto artificioso e lambiccato, la sua narrazione mancadi equilibrio: talora le parti più efficaci sono digressioni o singoli ritratti. Stazio Il poema epico che con la sua raprresentazione del male incombente sul mondo e con la sua descrizione di un fantastico potere tirannico, meglio autorizza a cogliervi sinistre consonanza col clima etico-politico determinato dal dispotismo imperiale. Publio Papinio Stazio nacque a Napoli tra il 40 ed il 50 d.C. Ando a Roma dove si distense poeticamente, fece ritorno a Napoli tra il 94 ed il 95, qui morì nel 96. Pubblicò nel 92 la Tebaide, poema epico in 12 libri e di quasi 10000 versi, al quale aveva cominciato a lavorare nell'80. A Napoli si dedicò ad un altro poema: l'Achilleide, interrotto all'inizio del 2o libnro. Raccolse la produzione lirica nelle Silvae , i cui primi 4 libri furono pubblicati tra il 92 ed il 95, il 5o apparve postumo. Sono perduti il De bello Germanico, poema storico in onore di Domiziano e la pantomima Agave. Il mito di Eteocle e Polinice, i figli di Edipo che si contendono il potere a Tebe, è l'argomento dei Tebaide. Polinice, al quale Eteocle non intende consentire l'alternanza al regno, insieme con Tideo si reca dal re di Argo, Adastro, che li accoglie con onore e promette loro in matrimonio le 2 figlie (1o), Celebrate le nozza, Tideo è inviato a Tebe per tentare di convincere Eteocle, che rifiuta ogni accordo e tenta anche di farlo uccidere (2o). Marte, per volontà di Giove, aizza la città di Argo alla guerra ed Adastro, riluttante per i prodigi sfavorevoli, cede all'insistenza di Capaneo (3o). Anche Eteoclesi appresta alla guerra, rassicurato dall'indovino Tiresia. Le truppe argive,sul punto di soccombere alla sete, ricevono l'aiuto di Ipsipile (4o). Costei racconta la storia delle donne di Lemno; il piccolo Ofelte, figlio di Licurgo, re di Nemea, sfuggito al controllo di Ipsipile viene ucciso da un serpente (5o) Si celebrano i funerali di Ofelte e i giochi funebri (6o). Gli Argivi giungono alle mura di Tebe e, nonostante le suppliche della madre Giocasta a Polinice, scoppia la battaglia (7o). Tideo fa strage di nemici e,colpito, prima di morire beve il sangue del suo uccisore da lui stesso abbattuto (8o). Durissima è la lotta intorno al corpo di Tideo (9o). Nella città di Tebe , che Giunone fa addormentare, gli Argivi con Adrasto fanno strage. Infuria Capaneo , che alla fine viene fulminato da Giove (10o) Eteocle e Polinice si sfidano a duello e si uccidono a vicenda. Giocasta si trafigge ed Edipo cieco, condotto da Antigone, piange sul cadavere dei figli. Creonte s'impadronisce del potere e nega la sepoltura dei nemici (11o) Le donne di Argo si rivolgo a Teseo, re degli Ateniesi. Argia, moglie di Polinice, riesce a raggiungere il cadavere del marito per seppellirlo e qui incontra Antigone; affidano alle fiamme il corpo di Polinice, ma sono sorprese ed arrestate. Giungono a Tebe gli Ateniesi; Teseo uccide Creonte e ripristina la legalità. I morti argivi ricevono la sepoltura (12o). Il poema è ispirato all'Eneide: c'è il tema mitologico, partecipano le divinità, ci sono 12 libri, viene scandito in 2 parti e la seconda è iliadica. Il codice epico della Tebaide è caratterizzato da una pluralità di modelli: il mito tebano aveva tradizione epica (Tebaide di Antimaco), ma anche drammatica ( Eschilo e Seneca). Di antivirgiliano, e quindi tipico di Lucano, troviamo l'accentuazione degli aspetti patetici fino alla ricerca ossessiva del macabro e la presenza costante della guerra civile. Il riscatto finale è affidato a Teseo, re giusto e antitirannico, raffigurerebbe Nerone (ispirazione Seneca e Lucano). Non ha un eroe protagonista , i personaggi si appiattiscono sulle loro stesse qualità: l'eroe di Stazio è la personificazione di precise qualità che lo portanoi a mostrare sempre e costantemente le stesse reazioni. La narrazione procede attraverso singole scene. In questa successione per quadri staccati consiste il debito più evidenti alle Metamorfosi di Ovidio. Il progetto dell'Achilleide è più ambiziosoe cerca di cantarre le vicende della vita di Achille. La narrazione ha toni elegiaci, lo stile è fluido, si tratta di epica patetico-sentimentale dai tratti romanzeschi. Nel 92 Stazio pubblica unitamente le sue poesie liriche. Il titolo Silvae che egli diede a questa raccolta alluderebbe al carattere miscellaneo di una materia non rifinita. Le Silvae sono 32 carmi di varia lunghezza divisi iun 5 libri preceduti da una lettera prefatoria in prosa. I generi ed i metri sono vari. Stazio sa che Domiziano è un suo lettore così ccomincia con una celebrazione della sua statua equestre. Il 4o libro contiene in apertura un panegirico per il diciasettesimo compleanno del principe. L'adulazione delle Silvae è spesso smisurata , iperbolica, così che il principe non è una figura politica, ma divinità che si deve adorare e servire. dati sulla vita di Decimo Giunio Giovenale si ricavano dalle sue Satire e da alcuni epigrammi di Marziale. Nacque nel d.C. (circa) nella città laziale di Aquino, ebbe un'educazione retorica, esercitò l'avvocatura. A Roma conobbe le ristrettezze e le angustie della vita del cliens. Dopo la morte di Domiziano iniziò l'attività letteraria. Compose satire, distribuite in 5 libri. Le Satire sono scritte nell'esametro dattilico tradizionale e sfiorano i 4000 versi. L'ultima satira s'interrompe al verso 60. La 1a satira contiene interessanti dettagli sulla poetica di di Giovenale. La sua scelta di scrivere satire nasce da un senso di fastidio, di disgusto per tutta la poesia contemporanea che gli infligge vere e proprie torture con le recitazioni che sono lontane dal vero, abusando di temi leggendari e mitologici. Giovanela si pose nella scia di Lucilio e di Orazio sull'onda dell'irrefrenabile rabbia che prova di fronte allo sfacelo morale della Roma contemporanea. L'istanza di verità si traduce in violenta invettiva : Giovenale non è capace di ritrarre con distacco la dilagante corruzione. Il poeta si abbandona ad uno sfogo pieno di astio contro tutti gli aspetti del degrado morale: la nuova ricchezza, lo strapotere dei liberti, l'invasione degli orientali, il caos e l'insicurezza della città, la perversione sessuale, la violenza dei rapporti familiari, la corruzione della donna. In fondo Giovenale legge tutti i mutamenti sociali e culturali in chiave moralistica di decadenza della mos maiorum, e spesso accompagna l'invettiva con il rimpianto di una generica Roma arcaica. La satira non può essere libera perché non cv'è libertà d'espressione. Dunque Giovenale deve rinunciare ad attaccare direttamente i corrotti e deve attaccare i morti. La poetica dell'indignatio nella 2a parte dell'opera sembra subire un mutamento dall'8a satira in poi Giovenale si avvicina alla tradizione del genere satirico: si fa meno aggressivo e diviene propositivo. Il poeta abbandona lo stile dimesso, discorsivo del sermo satirico, per uno stile più enfatico, quasi oratorio, in grado di sostenere i toni dell'invettiva. Il poeta , nella distorsione grottesca delle perversioni sociali, coglie psicologie e comportamenti di tale abnorme mostruosità, che non è possibile trovare alcun confronto se non nell'universo della tragedia e del mito: anzi la realtà supera la stessa finzione poetica. Giovenale per ritrarre questi aspetti ha bisogno perciò delle forme elevate dello stile epico-tragico. Giovenale e Plinio erano d'accordo solo su un punto: stava fiorendo un'ampia produzione che toccava un po' tutti i generi letterari. Tale produzioone è perduta. CAPITOLO 20, TACITO La vita e la carriera pubblica: Fu coetaneo ed amico di Plinio, ma lui ebbe una consapevolezza molto più lucida e disincantata dei suoi tempi. Cornelio Tacito nacque nella Gallia Narbonese tra il 55 ed il 57 d.C. Non è da escludere che, come Plinio, fu allievo di Quintiliano. A Roma iniziò la carriera politica, fu pretore e componente del collegio dei quindecemviri sacris faciundis (una commissione di Roma che svolgeva diversi compiti) nell'88. Nell'anno successico si allontanò da Roma e vi fece ritorno solo nel 93, copo la morte del suocero Agricola. Entrò in senato e fu tribuno militare negli ultimi anni di Vespasiano; nell'anno 81 o 82 fu questore, in particolare questor Augusti. Nell'anno 97, in qualità di console subentrò a Virginio Rufo, eletto per la 3a volta insieme a Nerva. Fu oratore di grande fama, durante il principato di Traiano fu, insieme con Plinio, avvocato dell'accusa nel processo intentato contro il proconsole d'Africa Mario Prisco, nel gennaio dell'anno 100 fu riconosciuto colpevole. In questo periodo, fu tra i personaggi più autorevoli del senato di Roma ed ebbe importanti incarichi dell'amministrazione nell'amministrazione delle province. Divenne proconsole d'Asia ed esercitò negli anni 112-113. Tacito morì intorno al 120 d.C. L'attività letteraria: Allimpegno politico Tacito affiancò, oltre all'attività oratoria, l'attività letteraria, prevalentemente storiografica. Nel 98 compose gli Agricola in cui celebra il suocero,. Protagonista e vittima del principato di Domiziano, si tratta di una monografia-biografica. Nello stesso anno pubblicò un'altra monografia, la German ia, opera etnografica in cui descrive origine, luoghi, istituzioni morali, civili e religiose delle popolazioni germaniche. Di carattere propriamente storiografico e annalistico sono le Historiae (composte tra il 101 ed il 110) e gli Annales (iniziati prima della partenza da Roma). Le Historiae narrano i fatti compresi tra il 69, che inizia con il rpincipato di Galba, ed il 96, anno della morte di Domiziano. Gli avvenimenti degli Annales vanno dalla morte di Augusto (14) fino alla morte di Nerone (68). Quello che è rimasto delle due opere storiche è stato reperito da due soli testimoni della Biblioteca Laurenziana di Firenze: il Mediceus prior (contiene i libri 1o-4o , un frammento del 5o ed il 6o ) il Mediceus alter (tramanda il libri degli Annales 11o ; 12o - 15o ; 16o ed i libri superstiti delle Historiae, 1o - 4o ; 5o ) Da S.Girolamo apprendiamo che nel 4o secolo le 2 opere di Tacito circolavano raccolte in un unico corpus e disposte in ordine cronologico. Si pensa che 16 libri spettassero agli Annales e 14 alle Historiae. A Tacito è attribuito il Dialogus de oratoribus, l'opera è un dialogo di tipo ciceroniano sulle cause del decadimento dell'eloquenza ed è dedicata a Fabio Giusto, che diventerà console nel 102. Alcuni considerano il Dialogus il primo scritto di Taciuto, databile negli anni 75-80, altri invece ritengono che la sua composizione si collochi immediatamente prima dell'inizio delle Historiae intorno al 100. Le monografie storiche: Nunc demum redit animus (Ora finalmente si torna a respirare) questo è il grido di liberazione di Tacito alla morte di Domiziano. Nerva concilia principato e libertà e Traiano acrescerà la felicità. Nell'Agricola che è una biografia, Tacito riflette su alcuni temi fondanti di tutta la sua ricerca storiografica: Agricola è un esempio di come sia possibile servire con dignità lo stato anche in un regime tirannico. La conquista da parte del suocero di Tacito della Britannia dimostra che l'ìimperialismo romano è un sistema politico che utilizza instrumenta servitutis e l'esibizione della forza è in grado di garantire la pace nelle province dell'impero. Le imprese di Agricola in Britannia sono introdotte da un excursus su quella regione e quella popolazione. Con nel Germania, dove Tacito descrive la Germania transrenana, i suoi abitanti e le popolazioni. Manifesta ammirazione per gli usi e i costumi di quei barbari, ancora sani e incontaminati, confrontandoli con quelli di Roma, tuttavia palesa la convinczione della superiorità romana. Il problema dei Germani è la discordia tra le varie popolazioni, Tacito si augura che questa duri a lungo. Le Historiae: La narrazione delle Historiae, che parte dal 1o gennaio del 69, comprende nei libri a noi conservati gli avvenimenti del 69-70, anni della guerra civile e della ribellione delle province. Il 69 vede avvicendarsi ben 4 imperatori: Nerone- Galba- Otone- Vitellio- Flavio Vespasiano, il quale venne proclamato imperatore dalle legioni orientali, gli eserciti flaviani saccheggeranno Roma. Vespasiano, una volta eliminato Vitiello, soppresse rivolta delle popolazioni batave sul confine del Reno, conclusesi queste rivolte Tito, il figlio di Vespasiano, si preparò ad affrontare la ribellione della Giudea. Qui si conclude il 5o libro. Anche in Tacito politica interna ed estera s'intrecciano, la ribellione delle province è conseguenza della guerra civile, il rapporto centro e periferia è capolto, nelle province si sceglie l'imperatore di Roma. Roma deve rispondere all'insurrezione di alleati arruolati nelle sue legioni, i cui capi godono del diritto di cittadinanza. La risposta dello storico è che l'impero di Roma è come un edificio, il sui crollo non potrebbe che travolgere i suoi stessi eversori. I popoli soggetti devono amare e venerare Roma, la sua pace, che unisce vinti e vincitori in una comunità dove tutti godono degli stessi diritti, e solo l'obbedienza può garantire la sicurezza della pace. Tacito nella sua orazione esprime il suo gradimento nei confronti del principio d'adozione, il qaule garantisce la possibilità di una scelta libera ed ispirata dal pubblico consenso; il principe non può essere un re, espressione di una dinastia, perché deve governare uomini liberi e non schiavi. Gli Annales: Quando compone gli Annales, lo storico procede all'indietro e colma lo spazio cronologico che va dalla morte di Augusto alla morte di Nerone, nel 68, precedente alle Historiae. Gli Annales, dopo l'esposizione dei giudizi sulla morte di Augusto , trattano nei primi 6 libri del principato di Tiberio, dopo la lacuna che va dal 7o libro alla prima metà dell' 11o , dove erano narrati il regno di Caligola e la prima parte di quello di Claudio, i capitoli superstiti dell 11o e del 12o comprendono gli anni 47- 54 del principato di Claudio. I libri 123o - 16o sono dedicati al regno di Nerone , dal suo inizio (54) fino al 66, quando al capitolo 35 la narrazione s'interrompe sulla morte del senatore stoico Trasea Peto, costretto dal principe al suicidio. Gli Annales integri terminavano nel 68.v Tacito, seguendo la stessa impostazione annalistica delle Historiae, concentra il suo interessa sulla corte e sul senato di Roma e dedica uno spazio marginale ai rapporti con le province. Lo storico approfondisce la natura del principato e le sue relazioni con la libertas senatoriale, con attenzione ai comportamenti degni di una classe dirigente anche sotto un tiranno, Tacito era convinto che il principato fosse inevitabile, difatti egli loda Marco Lepido che si mantenne lontano dallo striscianto ossequio, ma anche dall'ostinata opposizione votata al martirio. I 3 imperatori sono figure fortemente negative: dalla crudeltà e dai vizi di Tiberio, all'inettitudine di Claudio, fino alla mostruosa follia di Nerone. Nella dinastia giulio-claudia l'unica figura positiva è Germanico, la cui adozione Augusto impose a Tiberio, ma in giovane età morì vittima del veleno somministratogli da Pisone su mandato di Tiberio. Tacito e il genere storiografico: Tacito s'inserisce in una tradizione storiografica matura. Egli mette a frutto le diverse risorse offerte dai principali indirizzi della storiografia ellenistica da cui quella romana derivava. La sua storia è un'obiettiva registrazione dei fatti, ma la componente ideologico-morale e la drammaticità della storiografia tragica rendono complessa la sua tecnica narrativa. Il linguaggio, di stampo sallustiano, punta sulla brevitas espressiva. Sul piano retorico egli utilizza a pieno le risorse del significante. Il suo linguaggio diventa polisemico e perciò ambiguo e allusivo. Lo storico porta alla perfezione alcune delle forme forti del codice storiografico come il ritratto paradossale e i discorsi. All'oratio recta (diretta) affida le parole ufficiali, quelle solenni, l'oratio obliqua è spesso la forma di parole non ufficiali, comme, o voci non controllate, addirittura del dialogo interiore. CAPITOLO 21, L'ETà DI ADRIANO E DEGLI ANTONINI Quadro generale: L'età che va da Adriano a Commodo rappresenta un periodo tranquillo e stabile.L'impero raggiunge il suo apogeo , in quanto la macchina amministrativa offre benessere senza paragoni a vasti strati di cittadini della res publica. Ogni città grande e piccola, ogni borgo remoto dell'impero, attestano coi propri resti di strade ed edifici la buona amministrazione di quel governo, attentyo agli aspetti materiali e pratici dell'esistenza umana. Il rapporto tra principi ed aristocrazia senatoria è caratterizzato da una sostanziale collaborazione basata sulla pacifica accettazione del principio monarchico, nonostante i legami di parentela fra gli imperatori successiviol passaggio traiano- Adriano (Antonio Pio, Lucio Vero e Marco Aurelio) si fanno sempre più stretti, finché Marco Aurelio nominerà suo erede il figlio Commodo, il quale non ebbe nè la qualità nè il presdtigio per governare. Fu vittima d'una congiura di palazzo, lasciò il potere in balia degli eserciti provinciali. Il principato civile cedette il passo alla monarchia militare dei Severi e questa portò l'avventò della forma assolutistica del "dominato". L'avvento di Adriano segna una svolta profonda nell'amministrazione dell'impero, egli rinuncia alla politica di conquiste del predecessore e si preoccupa invece di tenere l'impero ben difeso. Riordina l'amministrazione dello stato , Frontone delinea la ristrettezza dei compiti lasciati alla retorica dalla nuova organizzazione didattica (il maestro di retorica era affiancato dal maestro di diritto, i cambiamenti nel sistema penale rendevano necessaria una preparazione giuridica importante). L'insegnamentodi Frontone non è diretto a una scuola, ma rivolto all'educazione oratoria dei principi. Tutti i precetti di Frontone sono indirizzati alla sola eloquentia Caesaris. L'eloquenza imperatoria deve mirare alla chiarezza e alla comunicabilità e deve basarsi sul criterio della proprietà lessicale, per cui egli andrà alla costante ricerca del vocabolo più adatto ad esprimere il significato voluto. La ricerca di parole rare e spesso arcaiche non appare in Frontone indirizzatta all'espessività, bensì subordinata alle esigenze della chiarezza (perspicuitas). Gellio e l'arcaismo: L'arcaismo si afferma nella letteratura del 2o sec. Tendenze arcaicizzanti non erano mancate nel secolo precedente e si erano radicalizzate in opposizione al modernismo di Seneca suscitando la reazione ostile di Quintiliano. A lui si richiama Frontone, il sui bisogno di proprietà e di comunicabilità coincide con l'esigenza di chiarezza vagheggiata da Quintiliano, ma lui si limitava ai modelli dell'età ciceroniana ed augustea e degli arcaici ammetteva solo Terenzio e Lucilio. L'arcaismo frontoniano concede la sua preferenza a tutti gli autori anteriori a Cicerone. Gli scrittori latini non potevano non risentire dell'influsso della moda atticista della "Seconda sofistica". L'arcaismo latino è in parte la replica di tali scrittori alla supponenza dei Greci. Scorrendo lepagine delle Notti Atticahe di Aulio Gellio, l'unico mnonumento superstite di questa temperie(complesso di movimenti che vanno ad identificare un momento storico) culturale, si ha come l'impressione di assistere, tra gli intellettuali grecie romani messi continuamente in scena, ad un'interrotta contesa circa il prestigio delle rispettive culture. Aulo Gellio nacque probabilmente poco prima del 1230, studiò a Roma, dove ricevette l'insegnamento di maestri prestigiosi Come Sulpicio Apollinare ed il retore Frontone e Favorino. Si recò ad istruirsi ad Atene, e lì ascoltò i maggiori esponenti della "Seconda sofista" e della filosofia greca. Esercitò funzioni amministrative e giudiziarie. La morte è sconosciuta, mentre le Notti Atticae sono collocate negli anni '70. Era un miscellanea (libro che contiene vari argomenti) erudita che si stendeva per 20 libri. Secondo le sue dichiarazioni pèroemiali, fin dalla gioventù Gellio si era sforzato di fissare in appunti , tutto quelòlo che di interessante incontrava nelle sue onnivere letture, il lavoro alle Noctes Atticae sarebbe cominciato durante il suo soggiorno nell'Attica. Dei libri letti trasceglie solo ciòl che può giovare e suscitare il desiderio di apprendere, e lo riversa in capitoli allineati l'uno dietro l'altro senza coesione. Le questioni da lui trattate sono varie, fa osservazioni sul diritto e riporta curiosità storiche e aneddoti sulla vita degli uomini ilòlusti, ma abbraccia tutte le discipline (filosofia, dialettica, geometria, astronomia, medicina, musica, grammatica e storia letteraria). Gellio non si propone di approfondire i singoli problemi, ma semplicemente di sollecitare allo studio. Si deve considerare i tempi ed i lettori di Gellio per capire l'importanza della sua opera. L'arcaismo di Gellio appare ancora più temperato (mescolanza di più elementi nelle giuste proporzioni) di quello frontoniano. Nella pratica di una scrittura non appesantita dagli arcaicismi, essi convivono armonosiamente a neologismi in un equilibrio piacevole. CAPITOLO 22, APULEIO, TRASFORMAZIONE DEGLI UOMI E CONVERSIONE DEGLI ANIMI Vita e opere: L'esistenza di Apuleio trascorre tutta durante l'età degli Antonini. Nacque nel 125 a Madauros nella provincia di Numidia. Studiò a Cartagine, poi ad Atene, acquisendo un'ottima cultura bilingue. Pervaso dall'irrequietudine ed incuriosito da tutto quanto poteva offrire il mondo che lo circonda, s'interessa di letteratura, di musica, di scienze naturali, di astronomia, di medicina, di filosofia, ma anche di esperienze mistiche e magiche che vanno altre alla razionalità. Rifiuta i modelli di saggezza stabile che il mondo classico proponeva in vista della felicità terrena, Apuleio diviene preda cosciente d'una ansia febbrile di spostamenti: viaggia in Africa, in Asia, a Roma in cerca di nuove esperienze. Divenne conferenziere itinerante, riceve applausi da tutti, ma si rivolge soprattutto agli strati superiori della società intellettuale quando asseconda i dibattiti in voga; come Plutarco (letterato greco vissuto tra il 50 ed il 120 d.C.) scrive di demonologia (entità intermedie fra dei e uomini) (De deo Socratis, Sul demone di Socrate), di filosofia soprattutto ontologia (filosofia aristotelica detta anche metafisica) e d etica platonica (De Platone et eius dogmate, Su Platone e la sua dottrina filosofica, in 2 libri), di fisica e cosmologia (De mundo, Sull'universo). Molte opere andarono perdute, morì nel 177. Apuleio svolse la professione di avvocato, della quale c'è giunto un documento : l'orazione pronunciata nel 158 a Sàbratha davanti al proconsole allorché dovette difendersi dall'accusa di aver plagiato per motivi d'interesse una ricca vedova di Oea (Tripoli). L'Apologia e l'attività oratoria: Più che ad una drammatica arringa di tribunale l'Apologia assomiglia ad una conferenza , in quanto tratta con leggerezza un'infinità di cose grandi e piccole, si danno versi di squisita fattura, si discute dell'ottica degli specchi come dell'igiene dei denti o dei nomi dei pesci, la sezione più interessante ( che viene presentata dopo aver smontato il sospetto del matrimonio a fini di lucro con un colpo di teatro: presenta il testamento della donna che lascia tutto al figlio di 1o letto) riguarda la magia e la superstizione. Marca il dislivello di cultura incolmabile tra sé e i familiari di Pudentilla. L'eloquenza di questa autodifesa (unica orazione giudiziaria di epoca imperiale giunta intatta a noi) permise ad Apuleio di farsi assolvere. La sua parole è ricca di artifici stilistici e di effetti fonici. Da vero neosofista persegue lo scopo della persuasione mediante i tipici espedienti retoricivolti ad ingannare piacevolmente il senso uditivo del lettore, queste caratteristiche sono rintracciabili nella breve anmtologia di 23 brani estratti dai suoi discorsi (Flòrida), che è tutto ciò che resta del suo repertorio da declamatore. Le Metamorfosi: La fama di apuleio è soprattutto legata ad una specie di romanzo in 11 libri intitolato Metamorphoses e Metamorphoseon libri. Le Metamorfosi del titolo sono le trasformazioni subite dall'io narrante in un asino (animale che rappresenta la degradazione). Andato in Tessaglia per affari Lucio viene ospitato da un ricco usuraio e dalla moglie Pàmphile che è una maga, Lucio riesce a scoprire come quella donna sappia trasformarsi in un uccello notturno. Una sera si fa cospargere dell'onguento magico, ma sbaglia vasetto ed invece che guvo diviene asino conservando la sensibilità umana. Da allora cambia parecchi padroni e vive molte disavventure dove rischia la morte. Infine si ritrova a Cencree nel Peloponneso, vicino alla sua patria e quindi al punto dio partenza della storia , di notte gli appare in sogno la dea Iside e gli offre il suo aiuto a patto che Lucio cambi stile di vita. Lui accetta, mangia le rose di una corona che il sacerdote isiaco teneva durante una processione e torna umano. Diviene devoto ad Iside e al suo sposo Osiride. Il lettore del Satyricon di petronio avvertirà subito il mutamento del clima che si respira nei due racconti , anche se i personaggi sembrano condividere la stessa sconfinata curiosità per tutto quello che li circonda; quelli di petronio sono animati da un edonismo ingenuo e spensierato, mentre Lucio è vittima di un'angoscia che attanaglia, quasi che tra lui e la felicità si frapponga il senso di colpa. Il suo vitalismo instancabile è senza scopo, è soltanto animalesco spirito di soppravvivenza, l'ansia febbrile di vedere e di scoprire non segue "virtude e canoscenza" (Dante Alighieri), ma una curiositas morbosa che sta alla sete di sapere come una chiacchera da salotto sta ad un verbale giudiziario. Ciò che conta è salvarsi, il che porta ad avventurarsi in territori di confine della psiche umana dove la ragione lascia il campo alle derive e agli eventuali abissi della conoscienza. La stesura di questo racconto estremamente attuale presuppone anche un pubblico medio se non popolare, desideroso di promozione sociale, quale avevano creato dal nulla, le trasformazioni sociali dei primi secoli dell'impero. Uomini e donne di cultura inferiore hanno accesso ad una educazione sufficiente a esprimere gusti propri e a condizionare gli scrittori, appunto si sviluppa in questo periodo la letteratura d'intrattenimento sia in latino che in greco. Il testo ha sia valore conoscitivo che ludico. Significato religioso: L'opera non può essere compresa nella sua interezza se non se ne coglie il senso mistico: a causa dell'eccessiva curiosità Lucio si avvicina alla magia e rimane vittima di un sortilegio divenendo un asino. È implicito che l'incontenibile orgoglio intellettuale, il desiderio smodato del piacere fisico, la ricerca della trasgressione estrema portano su sentieri pericolosi. La salvezza giunge grazie all'intervento della dea Iside che è materna e benefica. L'ultimo libro spalanca una nuova prospettiva dove si comprende che Lucio è Apuleio in quanto si identifica col Madaurensis (Nato a Madaura). Apuleio difatti è un uomo irrequieto, ansioso di conoscenza, ma anche desideroso di luce , infatti prega Iside di liberarlo dalle sue sofferenze. L'uomo di lettere, giunto alla tarda umanità, trova nella fede il porto di pace che pone termine a quella improspera curiositas. La vicenda di Psiche, posta al centro delle Metamorfosi è un'altra chiave di lettura. La fanciulla, simbolo dell'anima umana, aveva sofferto dolori tremendi per il suo desiderio di bellezza, aveva voluto contemplare l'essere immortale che a lei si univa di notte, a condizione che nulla facesse per conoscerlo. Anch'ella espiava la propria colpevole voglia di sapere, finché, purificatasi, aveva ottenuto da Giove il consenso per sposare il suo divino amante, divenendo a sua volta immortale. Valore letterario: Le Metamorfosi sembrano fatte apposta per disorientare, i più hanno pensato di trovarsi davanti ad un'opera leggera senza tener conto dell' 11o libro.L'oper amplia e rielabora materie della narrativa popolare d'un tempo, difatti alla base sembra esserci un ampio romanzo di un certo Lucio di Patrasso, da lì sarebbe derivatro pure un breve racconto del sofista Luciano di Samòsata pervenutoci con il titolo: "Lucio o l'asino". La materia dei primi 10 libri delle Metamorfosi non è originale, ma è originale la concezione salvifica che percorre tutta l'opera, quanto la finalità di proselitismo religioso. Aspira a rappresentare la vita d'ogni uomo, destinato a perdere il proprio senso e a smarrirsi in assenza di una luce guida, che cade nelle peggiori bestialità soffrendo le peggiori umiliazioni fino al giorno della rinascita finale per opera di una fede religiosa. La rottura strutturale (11 numero insolito) e quella formale (11o libro registro solenne), non danno discontinuità compositiva. Le tante pagine spese per sollecitare il gusto del pubblico costituiscono il richiamo alla conversione. Lo sile di Apuleio è personale, conduce il lettore in un mondo incantato di suoni e di immagini, concepito al puro scopodella suggestione, e deivengono presto oggetto di questa magia verbale fatta di una luminosità sfavillante, di una flessibilità illimitata, di una libertà bizzarra, di una veloicità talora vertiginosa. Si diffondono le tentazionio di rinuncia alla razionalità, cioè di fuga dalla realtà, cresce la smania di conoscere, scambiare esperienze con culture diverse, nella speranza di rompere l'insulsia monotonia di vite piatte. CAPITOLO 23 "POTENZA NUOVA" DELLA LETTERATURA CRISTIANA, CRISI DEI VECCHI MODELLI esprime severa condanna verso ogni manifestazione di pubblico divertimento immorale, tra cui i giochi gladiatori, le rappresentazioni teatrali, le corse del circo, le gare dello stadio, gli esercizi della palestra. Nel De cultu feminarum, De virginibusvelandis, Ad uxorem, De exhortationme castitatis e de monogomia c'è un montare di rigorismo sessuofobico e misogino, per cui le matrone dovranno rifuggire dal lusso vestiario, dai gioielli, dal trucco, le vergini cercheranno di salvare la pudicizia portando il velo. Nel De corona, De idololatria, De pallio si delinea la figura di un Cristiano totalmente separato dal mondo, e dunque non cittadino della res publica, ma soldato della chiesa. Questa intransigenza sempre più radicale riflessa dall'evolversi di uno stile personalissimo, teso a perseguire in stancabilmente il punto d'equilibrio di una prosa ora serena e ariosa, ora rotta e coincisa. Un rigore moralistico simile si ritrova in Novaziano, prete attivissimo a Roma verso la metà del 3o sec., ispiratore di uno scisma interno alla Chiesa, il qaule elabora uno stile personale. Nel De trinitate si sforza di continuare l'opera del predecessoree di definire la terminologia teologica in latin, ed in polemica con gli gnostici e altri settari ribadisce l'inferiorità del Figlio rispetto al Padre. Il trattatello De cibis Iudaicis mostra che i precetti in materia d'alimentazione contenuti nel Vecchio Testamento sono in chiave figurale. Alle tematiche dell'apologeta di Cartagine si ispirano il De spectaculis, il De bono pudicitiae. Nel frattempo gli assetti politici e sociali vengono messi in discussione e la gerarchia tra realtà ed immaginario, fra ragione ed irrazionale si vanno sovvertendo. Mai s'era visto svalutare la fiugura femminile in questo modo. La crisi del 3o secolo: Alla morte dell'imperatore Commodo (ultimo degli Antonini, ucciso nel 192 in una congiura a palazzo) si ripetono gli eventi tonultuosi della fine della dinastia giulio-claudia: si avvicendano rapidamente diversi imperatori indicati dal senato, dai pretoriani (guardie dell'Augusto), dagli eserciti nelle province. Dalla competizione esce vincitore Lucio Settimo Severo (comandante delle legioni in Pannonia). La dinastia dei Severi presidierà la reggia nel Palatino per circa 40 anni (193- 235), durante i quali traspare un'indifferenza verso il consenso dei ceti alti della popolazione ed il disinteresse verfso le attività culturali del campo letterario. Vengono coltivati altri interessi , gli eruditi confezionano opuscoli di carattere tecnico, offrendo manualistica al sapere scientifico accumulatosi nei secoli. Vengono composti trattati di storia, mitologia, architettura, geografia, botanica, zoologia. Gli studiosi di diritto compilarono raccolte legislative ed interpretarono la dottrina giuridica lasciando un grande lascito. Con la constitutio Antoniniana nel 212 lo status di cittadino romano viene esteso egualmente a tutti i soggetti liberi abitanti nelle province dell'impero, ormai davvero universale. Questo editto venne promulgato da Caracalla col tentativo di favorire la coesione tra le parti dell'immenso impero, ma fallì, infatti alla morte di Alessandro (235) si aprì un cinquantennio segnato da spinte centrifughe che trovarono contrasto aolo grazie a potenti sterzate in senso assolutistico. Il periodo di confusione si definisce "anarchia militare", le condizioni di crisi della vita politica divengono croniche, v'è un avvicendamento tragicomico di pretendenti al potere impertiale. Il confine danubiano è rotto in più punti e le popolazioni germaniche penetrano nei Balcani, inoltre scoppia un'epidemia di peste. Si alternarono uomini di grande capacità, vecchi fannulloni e bambinetti incapaci. In varie regioni dell'impero si costituirono forme di governo autonome, ai tempi di Gallieno (260-268) ns'intravede una seprazione tra Oriente greco ed Occidente latino, ma un serie di imperatori d'estrazione militare (Aureliano, Probo, Diocleziano) con un moto d'orgoglio raddrizzano la situazione garantendo all'imper un altro secolo d'unità. Constantino scelse come religione il monoteismo cristiano e propose alla Chiesa un'alleanza visto che dalle persecuzioni sctenatole contro ne era sempre uscita vincitrice. Già nei tempi precedenti vari imperatori, da Commodo ai Severi a Gallieno avevano accompagnato scelte di forte discontinuità politica istituzionale con l'apertura a sètte orientali in precedenza osteggiate o bandite come il culto egiziano di Iside, il mitraismo (religione persiana che si diffuse con grande rapidità). Aureliano avvertì l'esigenza di porre al vertice del mondo divino un simbolo di universalità percepibile da tutti, nel 274 fu innalzato a Roma un grande tempio dedicato al Sole (dominus imperii Romani), figura in cui si poteva identificare il dio astrale ed il monarca reggitore del mondo, oriens Augustus. La vita quotidiana degli abitanti si faceva sempre più difficile perché meno tutelata dagli assetti istituzionali travolti da eventi bellici e calamitosi, nacque dunque un disamore verso le forme ufficiali della religiosità. La religione ufficiale sembra perciò aprirsi a rinnovamenti interni di tendenza mistica per cercare d'interpretare le esigenze dei singoli, per spiegare più facilmente la complessità dei fenomeni naturali sempre meno controllabili. L'evoluzione della filosofia fu imposta dai 2 massimi pensatori del tempo (Plotino, 205-270, Porfirio,232- 304) che con il loro spèiritualismo classico tagliarono i ponti con il passato per collegarsi alle istanze mistiche del mondo contemporaneo rinunciando alla razionale conoscenza delle tutto. Tra gli scopi delle opere di Porfirio e degli idéologues romani suoi seguacistavano dei progetti di giustificazione di rilancio e di propaganda delle dottrine religiose ufficiali, con pratiche rituali e culturali, fece una propaganda tesa al sincretismo, cioè una chiamata a raccolta per unire in un fronte unico tutte le forze ideali da contrapporre al cristianesimo. Cipriano: Nel clima delle persecuzioni, che si fanno sempre più aspre e violente, la chiesa si rafforza, la sua autorità cresceva al discendere delle situazioni economico-politiche. L'organizzazione ecclesiastica sapeva risponde con le proprie risorse alle carenze dei vecchi apparati civili, trovando favore verso le fasce povere della popolazione. A Cartagine vive e opera, alla metà del 3o sec., Cecilio Cipriano, la sua autorità fu sempre indiscussa. Girolamo raccomandava a tutti di averne una conoscenza a pari di quella della bibbia. Il numero di copie apocrife ascritte a Cipriano non ha paragoni nella letteratura cristiana. Nacque in una ricca famiglia pagana e studiò nelle migliori scuole di retorica, a 40 anni rinuncia al successo mondano, si converte al cristianesimo e diviene prete e vescovo, distribuendo i suoi beni ai poveri. A quel tempo la decisione dovette apparire coraggiosa, dirompente ed apprezzabile. Durante i mesi della persecuzione di Decio fu aiutato a nascondersi. Terminata la prima fase acuta delle violenze persecutorie (249-251) si trovò di fronte al problema dei lapsi, coloro che avevano rinnegato la loro fede a causa delle torture subite, ma pentiti volevano rientrare nella comunità. Cipriano assume una posizione intermedia: il perdono è possibile attraverso però delle penitenze. Nel De lapsis e De ecclesiae catholicae unitate riproducono reali esortazioni rivolte ai fedeli e rivelano il prfondo spirito di carità diffuso nelle sue opere. Le sue ansie personali riguardo alla questione penitenziale sono affidate a documenti privati. Arrivata la pestilenza del 252 decide di prestare aiuto ai suoi. Il De mortalitate fa avvertire la condivisione di sofferenza per la fragilità umana, questa consapevolezza aumenta con la persecuzione di Valeriano (257-258) allorché scrive l'Ad Fortunatum de exhortatione martyrii, una lettura di passi scritturali selezionati ad incoraggiamento dei fedeli. Durante questa fase fu sottoposto a processo, esiliato da Cartagine e martirizzato nel 258. La sua produzione nasce in concomitanza con un evento doloroso che tocca la comunità dei fedeli ed aspira al conforto dei sofferenti e dei deboli. Ha una personalità equilibrata, nemmeno le opere apologetiche lasciano spazio all'invettiva di stampo tertllianeo: la retorica classica viene piegata allo scopo di creare uno stile proprioelegante ed armonioso. Nell'Ad Demetrianum , l'opuscolo più noto difende i correligionari dal solito campionario di accuse : la fine del mondo è vicine e solo chi si converte al Cristo verrà salvato. Commodiano, Arnobio e Lattanzio: Commodiano fu il primo poeta latino cristiano, proveniva dall'Afria ed in epoca di grande crisi scrisse 2 opere di carattere apologetico: le Instructiones (80 acrostici, le lettere iniziali dei versi formano una parola) dove polemizza aspramente contro le divinità pagane e si ammoniscono alcune categorie di Crfistiani tiepidi, il Crmen apologeticum adversus Iudaeos et Graecos, un migliaio di esametri sulla storia della lotta tra Dio ed il diavolo, dall'inizio della crezione, fino alla fine del mondo, preceduta dalla distruzione di Roma e seguita dal giudizio universale. La personalità rivela il suo animo fanatico, il tema più presente è la fine del mondo: l'attesa del giorno al termine dei 1000 anni sfiora l'ossessività; la conoscenza dei modelli culturali pagani e della scrittura è scarsa, ma lo stile scrno ed autentico attira il lettore. La forma poetica è scandita da ritmi ormai obbedienti alle sole regole dell'accento, dove si alternano ellissi ed anacoluti, barbarismi e volgarismi. Arnobio fu maestro di retorica e si convertì in tarda età. Prima era un accanito oppositore della nuova fede, ma si converte allo scopo di persuadere della sincerità della propria fede il vescovo della sua città natale nell'arco di un quindicennio compose in 7 libri un'apologia sul Cristianesimo dal titolo Adversus nationes. Non sappiamo se Arnobio raggiunse l'obiettivo, ma un paio di secoli più tardi non convinse l'autore del Decretum Gelasianum de libris recipiendis et non recipiendis che lo collocò tra gli eretici. Il trattato è rivolto a dimostrare l'assurdità dell'idolatria, del politeismo, dell'antropomorfismo e lo fa sevendosi di fonti documentarie di parte avversa, porciò il trattato costituisce una miniera di informazioni storico-religiose sul paganesimo romano. L'ortodossia dell'apologeta è sospetta, il suo pessimismo rivela un sentire verso posizioni gnostiche (tendenti a separare la divinità dal mondo terreno).Per dare risposta all' unde malum? (Perché se Dio è benevolo in terra c'è il male?) Arnobio fa assomigliare Dio ad un essere privo di passione ma anche di cura verso l'uomo. L'uomo resta solo e l'unico modo per uscire da tale condizione è scommettere sull'esistenza del Dio cristiano, il quale può donare l'immortalità. Lo scrittore è teso a conciliare tradizione ed innovazione in uno stile che può affaticare il lettore con l'abbondanza di arcaismi e preziosismi inutili. Suo discepolo è Lucio Cecilio Firmiano Lattanzio, retore che fu chiamato da Diocleziano alla cattedra di retorica latina a Niucomedia in Bitinia. Il passaggio al cristianesimo gli fa perdere ogni incarico finché nel 317 è assunto alla corte di Costantino, il quale gli affida l'educazione del proprio figlio primogenito, Crispo. L'oratorediviene il portaparola in campo culturale del primo Augusto cristiano.Nel 304 Lattanzio compone il trattato De opificio dei che mira all'esaltazione dell'uomo come essere insieme razionale ed immortale. Il Divinae insitutiones è dedicato a Costantino ha un fine precettistico e didascalico, pur occupandosi solo indirettamente delle 7 arti liberali, afferma che lo studio di queste è necessario per l'educazione cristiana, Nella 1a parte sottopone a critica la tradizione religiosa servendosi di argomenti evemeristici (dimostrando che gli dei pagani prima erano personaggi delle favole), neppure la filosofia porta alcun benificio alla vita umana, in quanto essa è vuota. Negli ultimi 4 libri Lattanzio espone il ruolo salvifico della verità portata da Cristo, ma anche la responsabilità dei suoi seguaci nel custodire il culto originario di Dio. Nel De ira dei, composto dopo l'editto di Milano del 313, l'obiettivo polemico sono gli stoici e gli epicurei che immaginano una divinità impassibile e disinteressata. Il vero Dio è benefico coi buoni, ma giusto nell'investire con la sua ira i peccatori, come i principi che perseguitarono i Cristiani puniti con morti orrende. La stessa materia viene trattata con ingenuità e con tinte più cupe nel De mortibus persecutorum. Lattanzio è un intellettuale laico che vuole dimostrare lo sfinimento del mondo classico, di cui rifiutava tutti i valori. Solo le strutture dialettiche, come la prosa ciceroniana, erano degne di sopravvivere. Difatti i moduli arcaici vengono reimpiegat, vicini al modello ciceroniano sono Minucio Felice, Cipriano e Lattanzio, mentre Tertulliano ed Arnobio sono aperti ad una prosa moderna accolgono neologismi e squilibri sintattici. Insieme questi apologeti contribuiscono alla formazione di una lingua letteraria cristiana che si differenzia da quel latino d'uso delle origini difendendo le posizioni della fede. Le 25 lettere rivolte ad amici, pretori, colleghi ed allievi (in versi) documentano i rapporti di familiarità e di cortesia che legano gli esponenti di questa che in Gallia sarà l'ultima generazione a godere della tranquilità donata dall'impero; colpisce l'incoscienza nei carteggi (incentrati su banalità) degli imminenti pericoli che di lì a poco avrebbero spazzato via quella civiltà. Non sfugge alla regola di dedicareil ringraziamento all'imperatore Graziano nel celebrare il suo consolato. I Penegyrici Latini sono una raccolta di orazioni di origine gallica che ricalcano il modello pliniano per celebrare diversi imperatori. Se ne ricordano le nobili origini, la severa formazione, le imprese militari, in un grande quadro messo in risalto dalla descrizione degli avversari come uomini privi di virtù. L'invincibilità degli imperatori risuona nelle parole dei panegiristi come un dogma di fede, mai sclfito nonostante i frequentissimi avvicendamenti. Poesia erudita e "minore" Anche la poesia affina la tendenza al prodotto di estenuata erudizione ricercato nella forma: tende a divenire un gioco ingeniosoin cui ci si cimenta per divertimento. Optanzio Porfirio stamperà i 31 carmi figurati, che elogiano l'imperatore costantino, su fogli di pergamena purpurea e redati con inchiostri argentati e dorati frasi che si possono leggere verticalmente, orizzontalmente o in altre disposizioni. Adatto ad un pubblico tradizionale, ma con più modeste pretese è un carme di 124 esaametri: l'Alcesti, in cui l'autore (sconosciuto) sfoggia erudizione mostrndo di possedere doti artistiche che gli permettono di rielaborare in chiave patetica il mito di Alcesti, eroina che si sacrifica al posto del marito. V'è la cosapevolezza che l'immortalità può essere data solo dalla poesia, ma è l'oggetto della celebrazione che assicura fama al poeta e non viceversa come si credeva prima. Il Pervigilium Veneris (la Veglia di Venere) è un inno in onore della divinità femminile da cantare in primavera. Venne tramandato dalla Anthologia Latina (raccolta del 530 fatta in Africa). Si tratta di 93 versi suddivisi in 10 strofe inframezzate da un celebre ritornello che funge da incipit e da chiusa al carme (Domani deve amare chi non ha amato mai e chi già amò domani deve amare). Un amore innocente ripropone le proprie tematiche secondo tipici schemi lirici con inevitabili allusioni ai classici (Catullo e Orazio) mentre la vera novità risiede nella scelta del metro: tetrametro trocaico (repitezioni di due piedi separate da una pausa) che al linguaggio conferisce una musicalità immediata apprezzabile anche da orecchie insperte. La nettissima rottura del ritmo al centro dei lunghi versi produce nel lettore un senso di spontanea popolaresca semplicità. Virgilio viene preso a pretesto da tutti i verseggiatori del genere bucolico, una poesia che ritrae gare di canto ambientate in paesaggi idilliaci, gelosie tra pastori, episodi di vita quotidiana . In questo filone s'inserisce il cartaginese Nemesiano, autore di ecloghe e dei Cinegetica, poemetto didascalico sulla caccia. Nemesiano operò una generazione dopo rispetto a Tiberiano che fu un poeta di moralità pensosa a differenza della tendenza disimpegnata dell'epoca; il meglio di Tiberiano sta nell'inno alla divinità unica e onnipotente, ed in una invettiva contro l'avidità umana, altri frammenti si mantengono sugli schemi bucolici come una preziosa descrizione di un fiume in un classico luogo ameno. Un altro poeta pagano è Rufio Festo Avenio, fu anche magistrato. Era appassionato di geografia, astronomia e fisica e rivisita parafrasandole opere di grande notorietà , prima fra tutte il poema astronomico di Arato, già tradotto in esametri latini da Cicerone e da Germanico. Altri due poemetti sono ascrivibili al genere pariegetico (che descrive geograficamente un luogo9: la Descritio orbis terrae ha per oggetto i continenti Africa Euro ed Asia, l'Ora maritima, faceva compiere la circumnavigazione delle coste dell'Atlantico e del Mediterraneo, dalle isole britanniche a Gibilterra a Marsiglia Conservazione dei classici e tradizionalismo pagano: L'impegno attivo nella conservazione dei classici della letteratura latina venne portato avanti in Occidente dai singoli, mentre in Oriente dalle istituzioni statali. La scuola aveva la responsabilità di trasmettere alle nuove generazioni il senso della continuità della tradizione, mentre ai sentori spettava il compito di preservare i monumenti artistici, le immagini sacre, i luoghi fisici e tangibili che testimoniavano il passato glorioso di Roma. Il progetto investirà i testi letterari con tanto maggiore interesse quanto questi rappresentassero la tradizione e proponessero al grigiore del presente gli esempi splendidi e collaudati dell'antico costume romano. Negli anni 80 del 4o sec. Si assiste ad un episodio senza precedenti: Graziano (allievo di Ausonio), sotto l'influsso del vescovo Ambrogio, dopo aver rinunciato al pontificato massimo (massima carica della religione pagana)cui da Augusto in poi ogni imperatore romano aveva legato il proprio nome, decide di togliere ogni appoggio pubblico agli antichi culti e di rimuovere dalla curia, sede del senato, l'altare e la statua della Vittoria (altare al quale facevano sacrifici e prestavano giuramento i senatori). Quinto Aurelio Simmaco celebre oratore e capo del senato chiede la revoca del provvedimento in quanto la statua, come l'antichità, ha la pubblica utilità di proteggere il presente da controversie. Il vescovo Ambrogio porrà le premesse della subordinazione del potere politico alla gerarchia religiosa che spesso caratterizzerà l'Occidente . Si scontrano ora due civiltà incompatibili, con la vittoria dellanuova fede sul paganesimo, molti autori ecclesiastici raffiguravano i templi antichi come impolverati ed in disuso, mentre gli autori pagani conclamarono la loro vitalità. Simmaco scrisse un epistolario dove però non si notano note politiche sulle grave situazione presente a Roma, bensì si tratta di lettere brevi artificiose, povere nei contenuti. Ammiano Marcellino e la storiografia: La storiografia rimane il genere prediletto dagli aristocratici tradizionalisti del 4o sec. E costituisce una roccaforte entro la quale i Cristiani non si avventurano. I filoni principali della storiografia in chiave cristiana restano limitati ai generi minori, come la cronografia ecclesiastica e la vita dei santi. Gli aristocratici passatisti erano cauti perché temevano le ritorsioni degli imperatori cristiani, dunque preferiscono usare le tecniche storiografice come strumenti neutralizzati, indifferenti rispetto a contenuti e valori. L'ultimo grande storico di Roma è il greco-siriano di Antiochia Ammiano Marcellino, il quale aveva prestato servizio militare per 10 sotto Costanzo e Giuliano (fu ufficiale). I suoi 31 libri Rerum gestarum, scritti a Roma a partire dal 363 e destinati alla lettura pubblica, colpiscono per la forza dei sentimenti che lasciano trasparire il rispetto per la verità, l'equilibrio e l'oggettività, inoltre v'era ammirazionbe per il suo ultimo signore ed imperatore. Risalta anche l'odio per la meschinità dei potenti, sia membri del senato o nuovi funzionari della burocrazia imperiali, perché responsabili della corruzione che dilaga, dell'assenza di motivi idelai per opporsi alle forze disgregatrici; v'è anche disprezzo per la plebe che passa le notti all'osteria. Teme la perdità dell'identità romana a causa dell'intrusione dei costumi barbari. Nei confronti della Città che adora Ammiamo si comporta come un innamorato respinto, il quale però coltiva l'illusione che il sogno della Roma eterna s'avveri. La sua ammirazione per i virtuosi e severi principi storici tacitiani (verità, imparzialità e stile improntato sulla brevitas) è ostacolata dal vizio innato che lo spinge a frequenti diversioni geografiche ed etnografiche, a rincorrere curiosità scientifiche, a tracciare descrizioni di prodigio grotteschi quadri di una realtà deformata in ossequio ad un gusto satirico che ricorda Giovenale. Si nota un contrasto tra la dichiarazione sull'importanza della storia che è solita procedere per le vette degli avvenimenti e non indagare minuzie ed i frequenti excursus su eventi particolari. Il modelli di Tacito viene infatti perseguitonelle intenzioni (le Res gestae riprendevano il racconto là dove si interrompevano le Historiae), ma tradisce Tacito nello stile e nel contenuto. All'esercizio della razionalità storica si sotituisce un senso di smarrimento per il mistero che ci rende incomprensibile il meccanismo delle vicende umane. V'è un ampio uso di neologismi, volgarismi e grecismiche aggrovigliano la complessità di una prosa oscura per la contorta psicologia dell'autore. I fatti politici ed i militari lasciano il posto a ritratti dei singoli personaggi, soprattutto imperatori. Di fronte alla tradizione annalistica si coloca l'altro filone narrativo di ascendenza ellenistica. A Roma il suolo di prototipo spettava ai medaglioni di Varrone e alla raccolta De viris illustribus di Cornelio Nepote. Nell'età imperialesi afferma il genere narrativo delle Vitae Caesarum, iniziato con Svetonio e continuato da Mario Massimo, sono opere in cui l'amore per il particolare piccante, la ricerca del pettegolezzo insulso, la banalità concessa al gusto del pubblico a caccia di emozioni morbose sovrastano un'indagine obiettiva. Il vantaggio di questi opuscoli sta nella loro agilità che favoriva asccorpamenti quali la raccolta che contine in Libe di Caesaribus di Aurelio Vittore, che fu prefetto di roma sotto Teodosio 388-389, le vite degli imperatori da Augusto a Costanzo sono tracciate entro schemati ed efficaci medaglioni. La tendenza paganeggiante è propria della Historia tripartita (triumvirati?!?), che comprende anche la Origo dentis Romanae (origini del popolo romano) ed il De viris illustribus (altra raccolta di biografie), oltre ad una anonima continuazione dei Caesares di Vittore fino alla morte di Teodosio. Sono opere prive di valore storico, ma offrono aperture sui gusti esotici del pubblico e così appaiono le Res gestae Alexandri Macedonis di Giulio Valerio Polemio. Un altro scopo hanno i manuali tecnici che circolano nell'impero (botanica, medicina , arte militare, veterinaria, coltivazione dei campi, architettura, marginalmente la storia letteraria).Il compito di chi li scrive è quello di offrire ad una classe dirigente di soldati strumenti di conoscenza. L'imperatore Valente incaricò un maestro di retorica (Eutropio) di scrive a suo uso un compendio della storia romana , dalle origini all'età contemporanea. Il Breviarium ab urbe condita, ripartito in 10 libri (70 nostre pagine, pare troppo voluminoso cosìil segretario Rufio Festo fa un altro breviario in 20 pagine (nostre). Misteriosa è la grande raccolta di biografie imperiali da Adriano a Carino e Numeriano intitolata dagli editori moderni Scriptores Historiae Augustae. Il lavoro si annuncia come giustapposizione (copllocazione in contiguità) di scritti di 6 personaggi diversi, ma il grande numero di errori fanno pensare ad un autore unico vissuto un secolo dopo. Il movente di quest'opera è, probabilmente, la tendenziosità in senso patriottico e le simpatie passatiste addiritura anti-imperiale, i principi migliori sono quelli che chiedono aiuto al senato. Per alcuni decenni la Historia Augusta è testimone unico degliu eventi, ma i difetti già presenti nel modello svetoniano sono aggravti da una aneddotica torrenziale, fatta di particolari che insistono sugli aspetti privati e anzi intimi dei protagonisti. CAPITOLO 25, I PADRI DELLA CHIESA OCCIDENTALE. DIALETTICA RELIGIOSA E SPERIMENTAZIONE LETTERARIA Affermazione della chiesa e controversie dottrinarie: I Cristiani cattolici amarono definire l'epoca successiva all'editto di Milano del 313 (libertà di culto firmato dai 2 Augusti: Costantino e Licinio) come i tempora pacis, ma questo favore fatto alla Chiesa la sottopose a prove durissime. La gerarchia ecclesiastica doveva dempire a due compiti: in cambnio di beni immobili e mobili lo stato si aspettava interventi sociali, inoltre doveva convertire la machhina organizzativa ed affinare il linguaggio verso i ceti urbani per evangelizzare i pagani. Dal 312 l'Africa latinofona produce verso la chiesa romana una frattura: Il Donatismo è un movimento religioso e sociale che interessò il cristianesimo africano. Sopra ai fondamenti dottrinali elementari rivendicava l'autonomia religiosa della provincia contro il potere centrale, rappresentato dall'alleanza della Chiesa cattolica con l'impero. Anche qui ci furono delle persecuzioni imperiali che opposero, all'interno dei Donatisti, i martiri dai traditori e si formò uno spaccato con a capo, da una parte, Donato di Cartagine (per i martiri), dall'altra i vescovo Ceciliano (favorevole alla reintegrazione dei traditori). Durante le persecuzioni il Donatismo produsse ampiamente della letteratura che andava da racconti popolari a trattati ad una ricerca continua attraverso esperienze instabili dal manechismo (dottrina che contrappone il mondo materiale, delle tenebre, a quello dello spirito, della luce e di Dio) allo scetticismo, al neoplatonismo ed infine al cristianesimo.cattolico. Viaggiò molto tra il 383 ed il 388: si recò a Roma, dove si fa apprezzare da Simmacoche lo manda a Milano per dare man forte ad Ambrogio nella lotta contro un manicheo, a questo punto la strada sembra aperta verso la tipica carriera di onori e ricchezze, ma una profonda crisi psicologica lo spinge a ritirarsi in una villa nei pressi di Milano. Agostino vive un percorso che attraverso la rinuncia ai dubbi della speculazione approda alla certezza della fede, dunque si battezza nel 387 e fa ritorno in Africa. Agostino vende i suoi beni e resta tutto libero al servizio della causa del cristianesimo, ai cui indirizzi forse nessuno dopo San Paolo seppe imprimere con tale forza le proprie scelte. Divenne prete nel 391, poi vescovo d'Ipponia per volontà dell'assemblea popolare. Agostino scese nella battaglia religiosa e politica tipica del periodo. Il suo primo obiettivo era quello di combattere i Donatisti (parte preponderante dei cristiani in Africa), dopo un'offensiva sul piano delle idee attraverso un'azione politica ed il coinvolgimento delle autorità estirpa lo scisma con delle repressioni. Nel 411 tenne una grande conferenza a Cartagine che segnò il trionfo di Agostino che riesce a far condannare i suoi avversari. Un impegno non minore lo caratterizza nella lotta contro i Manichei da giovane aveva aderito anche lui al movimento. Poi con i Pelagiani lo scontro rimase verbale per anni, ma infine venne determinato ancora dall'intervento imperiale. Pelagio era un monaco britannico, la sua dottrina era pericolosa perché ridimensionava il peccato originale (uomo poteva salvarsi anche da solo e Adamo non ha compromesso niente) e ciò toglieva la funzione mediatrice della Chiesa cattolica tra Dio e il fedele. Agostino condusse una guerra senza quartiere dove spese il suo prestigio per mettere a tacere Pelagio che venne messo al bando prima dalle autorità civili e poi da quelle religiose. I 15 libri De trinitate, iniziati nel 399 e finiti di scrivere nel 420, affrontano il tema della dogmatica ariana. Attraverso un'analisi dei testi sacri approda alla certezza razionale che i membri della trinità sono sullo stesso piano in quanto la tripartizione è qualcosa di naturale come nell'uomo che è diviso in: essere, sapere, amare. Dalle Confessiones al De civitate Dei: Confessiones è costituito da 13 libri che nascono enlla fasi di travaglio esistenziale di un 35 enne investito di responsabilità che tenta di far ordine nella sua vita. Nella parte biografica (primi 9 libri) il racconto ci parla di sentimenti. Il titolo sarenne letteralmente: "Dichiarazioni in lode", infatti Agostino sceglie la forma della preghiera al Signore, al quale spalanca l'anima e mostra le tappe del proprio lungo itinerario rendendo così testimonianza di come operi la grazia. Con la morte di Monica e Ostia e la coseguente crisi psicologica si chiude la storia del passato, nel 10o libro si tratta del presente, mentre negli ultimi 3 il colloquio con Dio si sposta sul terreno della riflessione scritturale, mantiene uno stile personale, raro ed equilibrato tra latino biblico e retorica classica. Agostino affida alla scrittura una quantità sterminata di argomenti, produce: sermoni, omelie, lettere. Questi documenti hanno un alto valore perché riprducono lam necessità mimetica di adattare il linguaggio comunicativo alla varietà di registri e di temi. Gostino concepì la soluzione più coraggiosa per convertire la retorica alle necessità dei nuovi tempi. Nei 4 libri De doctrina christiana, composti tra il 397 ed il 425, l'esistenza di questa disciplina si giustifica in vista del fine superiore di trasmettere la verità di Dio, difendendola armati dell'eloquenza stessa arma usata dai suoi detrattori. I 22 libri del De civitate Dei sono dedicati agli aristocratici, che negli anni dell'invasione gotica e dopo la violenza subita da Roma nel 410 ad opera di Azio ,individuanbo il problema nell'abbandono degli dei pagani. Agostino risponde con un formidabile apparato di argomentazioni che si dispiega nei primi 10 libri contro il aganesimo letterario e filosofico (parte antiquaria), parte interessante perché conserva molti dati su autori scomparsi. Negli ultimi 12 libri opera una sintesi totale del suo pensiero teologico applicato alla storia intepretandola in chiave cristiana. Sostiene che esistano 2 civitate: una fatta di uomini che vivono per se stessi, una fatta di uomini che amano Dio; solo i secondi si salveranno. L'uomo viene svincolato da Roma, la sua esistenza è subordinata alla Chiesa, isttuzione che continua ad aumentare la propria autonomia. Il De civitate Dei fu completato nel 427, 3 anni prima della morte di Agostino, gli ultimi libri infatti risentono di una visione progressivamente pessimistica della realtà. Prudenzio e la poesia cristiana: L'impero è considerato lo strumento provveduto da Dio per stabilire la supremazia ecclesiastica, ciò viene alimentato dal connubio tra chiesa ed impero, il culmine di ciò in Occidente è raggiunto al tempo di Ambrogio e Teodosio. Aurelio Prudenzio Clemente rappresenta l'ultima voce genuina di un ottimismo sia romano che cristiano. Nacque nel 348 in Spagna, fu avvocato che fece carriera nella pubblica amministrazione sotto Teodiosio; in età avanzata si dedicò interamente alla scrittura in lode di Dio, nulla meglio s'adattava alla purezza del cuore, ogni canto è una preghiera. Il suo progetto ha l'ambizione di creare un corpus in versi da contrapporre senza paura ai grandi classici, nei generi da loro praticati: Prudenzio si cimenta nei temi dell'epica, nella polimetria lirica, nel poema didascalico. La raccolta degli Inni di ogni giorno consta di 12 pezzi che si riferiscono alle feste religiose e ai vari momenti della giornata. Nei 14 Inni delle corone celebra la vittoria dei martiri sul mondo usando un registro a volte idilliaco a volte sarcastico. Nelle opere didascaliche in esametri: la Deificazione e l'Origine del peccato difende il dogma trinitario contro le eresie e spiega l'origine del male a partire dal peccato adamico. Nel genere epico si cimenta con il Combattimento dell'anima, con gusto allegorico ritrae gli scontri tra virtù e vizi personificati, questo poema avrà successo nel Medioevo. I 2 libri esametrici del poema Contra Symmachum, la lotta ai noti argomenti del capo pagano è messa in ombra dalle immagini positivi dell'attesa rigenerazione della città di Roma ora cristiana. Ponzio Meropio Paolino nacque a Bordeaux nel 353 ed intrapese la carrierapolitica, fu governatore della Campania e si legò al culto di un antico martire locale: Felice di Nola.nSi convertì ad ideali ascetici, donò beni ai poveri e visse da monaco, divenne prete, nel 395 tornò a Nola fondò chiese per il culto del Santo, nel 409 divenne vescoco della città e morì nel 431, Paolino fu un versificatore di poesie d'occasione, epitalami e consolazioni, ma fu celebre soprattutto per i 14 carmina natalicia in esametri per la festa di San Felice (storie di miracoli elargiti dal Santo). La pratica sempre più diffusa dei pellegrinaggi ai luoghi santi fa scrivere racconti di viaggio modellati sugli itineraria profani. Peregrinatio ad loca sancta fu compiuto da una certa Aetheria nobildonna che racconta le sue emozioni alla vista dei luoghi mezionati nelle Scritture. Usa stilke umile e spontaneo è un testo ricco di volgarismi lessicali e sintattici, quindi molto utile ai linguisti. Amico di Paolino di Nola è Sulpicio Severo che compone una delle più celebri agiografie (letteratura relativa alla vita dei santi9di ogni tempo: la Vita Martinidove si registra una meticolosa attenzione alle conversioni, alle guarigioni, agli esorcismi attuatidal santo militare con la finalità di difenderlo dal rimprovero per il suo eccessivo rigore. Endelechio fu un retore autore del De mortibus boum, che è un carme bucolico di contenuto cristiano , ma di ovvia ascendenza virgiliana. Parafrasisti delle sacre scritture. Claudio Mario Vittore scrisse una Verità in 3 libri in cui narra la Genesi fino alla distruzione di Sodoma e Gomorra; Cipriano Gallo trasporta in esametri l'Heptateuchos, cioè i primi 7 libri della Bibbia. Assieme all'Africa, la Gallia resterà il territorio da dove proverranno gli scritti più interessanti della poesia cristiana perché anche dopo gli insediamenti barbarici rimane la persistenza culturale romana data dalle istituzioni e perché rimane viva la polemica tra agostiniani rigorosi e fautori del pensiero umanistico pelagiano. CAPITOLO 26, LA FINE DEL MONDO ANTICO. VICENDE DELLA CULTURA LETTERARIA AL TEMPO DELLE GRANDI MIGRAZIONI Introduzione storica: Alla morte di Todosio (395) i 2 figli maschi Arcadio e Onorio (minorenni) condividettero un immenso potere che venne esercitato dai loro protettori: il prefetto del pretorio Rufino, Eutropo che era il cubiculario (sovrintendente della segreteria imperiale) ed il comandante in capo dell'esercito Stilicone in Italia. La pace religiosa pareva garantire unità all'interno dell'impero. Nel 378, difatti, i Goti infrangettero il dominio romano nei Balcani(378), ma l'intervento di Teodosio eliminò la minaccia , nel 379 Graziano nominò Teodosio imperatore orientale (poi divenne imperatore unico). La concordia sembra assicurata , ma la crisi è latente è sta per collassare l'intero sistema di difesa del limes, in quanto stanno per sfondarlo le popolazioni germaniche premute dalla migrazione unna verso occidente. Claudiano: Nacque ad Alessandria nel 370 ed arrivò in Italia nel 394. La sua attività letteraria era affine a quella di altri poeti orientali nell'attenzione a tematiche mitologiche sotto luce interpretativa stoica e neoplatonica; ma i viaggi a Milano e a Roma gli diedero lo spunto di "bere alle fonti romane e di avvicinare la musa greca all'eloquenza del Lazio". Dunque i motivi ellenistici si fondono ad un sapiente impiego del metro latino in poemetti dove il mito sembra onnipresente. Negli esametri superstiti della Gigantomàchia, come negli incompiuti 3 libri dell'epos De raptu Proserpinae, i temi ovidiani sono impreziositi dall'istanza religiosa ed una retorica squisita. La produzione claudianea riprende la grande poesia epica miscelandola al genere dell'encomio. Nei panegirici in onore di Probino, Olibrio, Stilicone e Onorio c'è un'abbondanza e ricchezza di immagini, che riscattano i luoghi comuni delle descrizioni e delle similitudini, delle allegorie e delle personificazioni. L'equilibrio formale, il linguaggio aulico, lo sfarzo dei colori è finalizzato alla rappresentazione di una splendida corte di persone. Ogni pezzo sembra vivere di partecipazione commossa. Il De bello Gildonico e il De bello Getico esal,tano rispettivamente il trionfo di Stilicone su un principe africano ribellatosi nel 398 e la campagna di Alarico conclusasi con la vittoria di Pollenza nel 402. Claudiano scaglia anche invettive contro gli avversari politici, come Rufino ed Eutropo accusati di lavorare per la rottura dell'unità imperiale. Il fine ultimo sembra essere la salvezza di Roma. La garanzia dell'eternità è data dai tempi gloriosi del passato. I contenuti rassicurante per Claudiano anche un'altra chiave di lettura in quanto lui pagano. La vecchia religione era immersa nel tempo e radicata nella realtà politica. Il mito e la storia si fondono e divengonoi esempio di virtù. Gli Annali di Tito Livio e l'Eneide rappresentano una fonte preziosa di verità storica di miti intrecciati al presente e di profezie legate a Roma. Nell'ottimismo ufficiale s'insinua l'inquietudine determinata da quadri tracciati allo scopo di esaltare l'importanza salvifica del condottiero: sono realistici i territori delle città minacciate dai barbari, le fiamme delle campagne incendiate, le veglie angosciose di uomini spinti nei loro rifugi. Il sacco di Roma e la poesia di Rutilio: Dopo la prematura morte di Claudiano e dopo anni di pressioni dei Visigoti di Alarico verso la Grecia continentale e verso la penisola al di qua delle Alpi, un'altra orda di popoli germanici in movimento invade l'Italia tra il 405 ed il 406. Stilicone va loro incontro e lisconfigge nei pressi di Fiesole (vicino agli Appennini). Lo spostamento delle truppe indebolisce i confini così una massa di Barbari super il Reno ed irrompe nelle Gallie. Stilicone paga Alarico per dirottare i Visigoti a Nord contro i nuovi iunvasori, ma una congiura di palazzo provoca rivolte nell'esercito e l'accusa di tradimento di Stilicone che viene massacrato con i suoi seguaci. Alarico in Italia si sposta lungo la penisola a suo piacimento, assedia ripetutamente Roma ed il 24 agosto del 410 entra e la saccheggia per 3 giorni. Le conseguenze emotive sono forti e le ricaviamo dagli scrittori del periodo che si dividono in: sbigottiti per l'avvenuto e produrre un effetto di rimpianto sommesso e non di polemica accesa. Gli interlocutori svolgono relazioni di carattere enciclopedico per offrire un insitutio dell'adolescente romano. L'opera viene dedicata al figlio Eustazio, ma non mira a rimpiazzare i manuali scolastici, quanto a offrire sussidi di dottrina poco comune, di notizie preziose e bizzarre: in ambito letterario, linguistico, storico e religioso che vengono attinte da fonti rarissime. L'aspettativa di un vicino naufragio provoca quest ansia di salvataggio. Gli argomenti più impegnativi sono riservati al mattino e riguardano le istituzxioni romane (i Saturnali, la storia del calendarioe dei culti) come i grandi autori di poesia, a partire dal solito Virgilio. La figura del poeta è quella del letterato dottissimo, anzi onnisciente. Virgilio viene esaltatop per la ricchezza d'ingegno, l'eloquenza equilibrata, l'arte mirabile. Inoltre questo manoscritto offre un modello ideale allo studioso che voglia svolgere una funzione civile (salvare i testi), il costante appello alle auctoritas delle fonti antiche serve per difendere e spiegare le proprie scelte nel rispetto dei valori intrinseci della precedente letteratura ellenica e romana, si salda all'atto di dover tramandare il ricordo. Senza alludere alla causa di pericolo MACROBIO ESPRIME UNA CAUTA OPPOSIZIONE A QUANTI CONDANNANO IL PASSATO NELL'OBLIO PER MASCHERARE LA LORO IGNORANZA. Marziano Cappella: Ancora verso la metà del 5o secolo riflessioni come queste coinvolgono interi ceti sociali ed alcuni scrittori agiscono meno consapevolmente in questa raccolta di provviste nella previsione della lunga gelata cvhe si approssima: un intero patrimonio di informazioni viene immagazzinato entro decine di scritti di varia dimensione, dai manuali ai grandi trattati sistematici. Contemporanei ai Saturnali sonoi De nuptiis Mercurii et Ohilologiae (Le nozze di Mercurioe Filologia) dell'avvocato cartaginese Minneo Felice Marziano Capella. Fu dedicata al figlio, lo schema narrativo è bizzarroin una prosa mescolata alla poesia in un'allegoria ambientata in cielo, dove i 2 libri iniziali descrivono la scelta da parte di MERCURIO DI PRENDERE IN MOGLIE UNA GIOVANE MORTALE, LA DOTTISSIMA Filologia, che è assistita dalla madre Saggezza, dalle nove Muse, dalle 3 Grazie e dalle 4 virtù cardinali. Gli altri libri contengono l'esposizione delle 7 ancelle donate da Apollo alla sposa, ovvero Grammatica, Dialettica, Retorica, Geometria, Aritmetica, Astronomia e Musica. Il significato è rappresentato dalla protagonista femminile che ha ispirato la figura centrale della Primavera del Botticcelli. Filologia ha i caratteri della eterna giovinezza, a fronte della sua tradizione millenaria, questo è un modo elegante per riaffermare la perpetuità della cultura classica. Molti elementi rinviano al diretto influsso apuleiano della pabella di Amore e Psiche a partire dalla trasposizione allegorica del contenuto erudito al gusto per il misticismo in ogni sua forma, ma l'impanto dell'opera rimane varroniano nella scelta del prosimetro menippeo come nelle Disciplinae. Capella esclude la medicina e l'architettura perché arti troppo materialistiche. LA FUTURA CANONICA DISPOSIZIONE DELLE ARTI MEDIEVALI IN TRIVIO E QUADRIVIO DI PENDERà DALLE SCELTE COSì MOTIVATE. Marziano esclude volutamente 2 discipline presenti in VARRONE PER IL LORO CARATTERE PRATICO. L'Africa tra Vandali e Bizantini: Nella 2a metà del 5o sec. Il processo di frammentazione dell'impero occidentale arriva a compimento, in quanto si formano nuove entità politiche in ciascuna delle grandi aree regionali. Ne derivò una stabilità in Italia, in Gallia, nella Spagna e nell'Africa. Il processo che porterà una nuova civiltà nazionale in Africa sarà caratterizzata da eventi che sapzzeranno via ogni segno di civilizzazione precedente. I Vandali nelle province affricane produssero un trauma economico e religioso, ma non compromisero le istituzioni scolastiche e le attività artistiche. A fronte delle tinte fosche impiegate da Vittore di Vita (vescovo cattolico) nella sua Historia persecutionis Africanae provinciae descrive un ampio quadro della guerra scatenata contro la sua parte, stanno altre fonti come la testimonianza di Salviano (prete di Marsiglia), che nel suo De gubernatione Dei (Il governo di Dio) dove tenta di rispondere alle questioni sulla provvidenza divina nel presente panorama di rovine. Egli appare simpatizzare per i barbari perché mantengono intatta l'organizzazione della vita civile, delle strutture sociali e degli organi amministrativi di Cartagine, tutto questo viene confrontato con i disastri avvenuti nella sua terra. In Africa i re barbari rimasero affascinati dall'impero ed iniziarono ad atteggiarsi ad imperatori. Tutto questo spiega come fa a persistere una vivace attività compositiva in forme di produzione letteraria tradizionale. All'avvocato cartaginese Emilio Blossio Draconzio, nato vero la metà del 5o sec., si ascrivono i Romulae (serie di pezzi occasionali ludici) e l'epillio Orestis Tragoedia, narrazione in esametri del mito di Agamennone. Persegue una finalità religiosa l'ampio poema a tema scritturale in 3 libri e 2328 esametri: De laudibus Dei, dove le storie della Genesi e vicende dei Vangeli si associano a note autobiografiche, riflessioni morali . Draconzio imprigionato con il sospetto di tradimento, mediante i 158 distici elegiaci della Satisfactio (Giustificazione) cerca di riparare alle sue colpe verso il re Guntamundo. Dall'estremo Occidente africano, dalla provincia di Mauritiania, proviene l'ultima gloria della istruzione romana, Prisciano di Cesarea, che fu professore di latino a Costantinopoli al tempo di Anastasio 1o. La sua copiosa produzione dimostra il persistere nell'Oriente greco, sino al termine dell'età giustinanea, di un interesse verso la lingua e la cultura latina. L'oper principale, la Institutio de arte grammatica in 18 libri, è un vero monumento alle teorie elaborate da altri nei secoli precedenti in materia morfologica e di sintassi. La vita culturale dell'Africa vandalica conobbe il suo massimo splendore negli anni di poco precedenti la riconquista di Belisario, alla corte dei re Trasamondo (496-523) e Ilderico (523-530). Si forma l'Anthologia Latina raccolta di poesia scolastica ed epigrammatica che comprende versi precedenti e contemporanei di grammatici ed epigrammisti. Nel 533 Giustiniano mandò il suo esercito in Africa ed in pochi mesi sconfisse i Vandali. Verso la metà del secolo Flaviano Cresconio Corippo compose un poema in 8 libri Iohannìs sive De bellis Libycis per celebrare le recenti vittorie di Giovanni Troglita sopra i ribelli Mauri. In un tentativo di cristianizzazione integrale dell'epos di stampo virgiliano le divinità mitologiche sono ormai soppiantate da Dio e dalla Trinità mentre il capo nemico è identificato con il diavolo. In virtù del gradimento dellopere l'autore si trasferì alla corte d'Oriente, qui compose in 4 libri il Carmen in laudem Iustini per il consolato del successore di Giustiniano . Segue la tradizione panegiristica e loda le tipiche doti del monarca, come la giustizia e la clemenza, si salda all'apprezzamento delle sue scelte politiche a favore del senato, o all'esaltazione di qualità meno consuete come la benevolenza verso i poeti. Corippo tinuncia ad utilizzare il topos parlando dei natali della vita di Giustino, si dilunga nella descrizione di cerimonie che inducono l'autore ad una commossa meraviglia che tuttavia rimane ancorata alla realtà, senza indulgere a mitizzazioni. In realtà il poeta si lascerà andare ad alcune iperbole. E tuttavia, al di là dell'ottimismo imposto dalla situazione le condizioni della vita erano insostenibili, l'avvento dei Bizantini segnò la fine della letteratura latina in Africa. CAPITOLO 27, I CANCELLI DEL MEDIOEVO. DAL TRAMONTO ALL'ALBA DI UNA CIVILTà Cultura e produzione letteraria in Francia: Mentra l'Africa avrebbe visto svanire nel nulla ogni traccia di civiltà letteraria dopo la riconquista orientale, nelle altre aree si gioca il passaggio al futuro. La Gallia romana è quella regione che ci ha lasciato i maggiori documenti scritti di quegli eventi catastrofici o in prosa narrativa di cronisti (Prospero di Aquitania) o poeti (Paolino di Pella e Orienzio. Per gran parte del 5o secolo la rafione fu investita da continue ondate di popoli invasori. Nel 486 cadrà il dominio di Siagrio e la zona settentrionale delle Gallie diverrà regno dei franchi, la conversione in masssa al cattolicesimo decisa dal re Clodoveo nel 496 viene considerata come l'atto di nascita della moderna nazione francese. Il mezzogiorno viene spartito tra Germani, Visigoti e Burgundi, la capitale è Lione che diviene un centro culturale sotto re Gundobado (490-516), la Lex Gundobanda (501) riunisce estratti di grandi giuristi romani e delle raccolte in lingua latina. La Lex Romana Burgundiorum (506) offre il 1o esempio dei tentativi di adattare le leggi barbariche alla superiore dottrina giuridica dei vinti. Alcimo Ecdicio Avìto era imparentato con le casate dell'antica nobiltà, assunse nel 490 la carica di vescovo di Vienne. Le cose migliori stanno nelle migliaia di esametri composti sopra i temi biblici, nei 5 libri di Storia dello spirito, dove si esalta la funzione salvifica della Chiesa nella malvagità del presente. Cesario di Arles fu vero ispiratore della politica religiosa che difese il dogma cattolico conto ariani e pelagiani , fu estimato di Agostino. I sermones sono 283 prediche rivolte ad un publico completamente ignorante , l'unica finalità è la salvezza spirituale del gregge, dunque utiulizza il realismo popolaresco nelle descrizioni e così realizza un quadro di rara efficacia artistica, la società appare dominata da disordine e arbitrio, violenza e paura, cui solo la morale cristiana in vista della vita ultraterrena può offrire speranza e conforto. Gregorio di Tours (538-594) fu il narratore di Santi e miracolie biografo di San Martino e fu il 1o storico dei Franchi. Predilige orribili carneficine e misfatti esecrandi, quadri impietosi di deformità fisica e morale, scene di atrocità compiaciute, gratuite, intollerabili mescolate ad un moralismo di maniera. La lingua della narrazione appare distante a quella del latino tardoantico. Gregorio prende atto che non solo il popolo, ma anche i preti non capiscono il latino, perché la lingua parlata progrede troppo velocemente rispetto allo scritto. Venanziano Fortunato, amico di Gregorio, nato a Valdobbiadene, sulla sponda del Piave, nel 530. Studiò grammatica e retorica a Ravenna, poi fu pellegrino in Francia , dopo un lungo girovagare approdò a Poitiers dove viveva Radegonda, vedova del defunto re Clotario in una corte di sole donna dislocata nel monastero. Veneziano qui trovò l'ambiente giusto alla propria vena di versificatore elegante, improvvisatore disinvolto, facvile cronista delle gesta dei santi in poesia ed in prosa. Al santo traumaturgo sono rivolti i 2000 esametri della Vita Martini, che insieme alla Vita Radegundis e agli Inni liturgici la parte più nota di una vastissima produzione, la cui versatilità è più apprezzabile nei miscellanea . Questa raccolta mista in 11 libri, cui primi 8 sono dedicati a Gregorio di Tours comprende i pezzi poetici d'occasione per nozzee banchetti di potenti, panegirici, epigrammi sepolcrarie lamenti funebri, elogi di virtù maschili e doti femminili, la realtà è bandita. Venanziano Fortunato godrà di grande fortuna alla nuova alba della stagione letteraria carolingia, quando i poeti palatini, animati dalla sperimentazione lo assumeranno come testimone di coesistenza pacifica delle 2 culture. Isidoro e la latinità della penisola iberica: Le province delle Spagne furono investite nell'autunno del 409 da ondate migratorie germaniche subendo insediamenti stabili sul proprio territorio. I decenni seguenti segnarono un generale smarrimento nei ceti intellettuali latinizzati, l'istinto iniziale per molti dovette essere la fuga, questo lo sappiamo dalle vicende di Orosio, che all'arrivo dei Visigoti scappò in Africa, qui conobbe Agostino e da Cartagine fu spedito a Gerusalemme. Scrisse il Decivitate Dei e nel 415 i 7 libri di Historiae contra paganos. Gli assetti politici della penisola iberica erano fluidi tranne a Nord-Ovest sede degli Svevi, per il resto, la maggior parte dei territori era sotto i Visigoti, il cui dominio s'estendeva su gran parte della Gallia meridionale. Il re Alarico 2o aveva tentato di conciliare i romani cattolici ed i germani ariani, ma fu sconfitto dai Franchi per mano di Clodoveo e da allora i Perenei segneranno il confine politico tra le 2 nazioni. Quando si raggiunse la stabilità però non ci furono più le basi per una produzione letteraria svincolata da scopi religiosi. Gali Svevi furono condotti al cristianesimo da un Martino, originario della Pannonia, monaco in Palestina, abate di Dumio in Gallia e poi vescovo di Braga. La sua cultura è varia come la sua produzione: scrisse trattati morali attingendo dai modelli classici, mentre attinge ad Agostinoed a Cesario venne accusato di cospirazione e mor' nel 525, così divenne il nuovo martore dell'ingiustizia del miscredente tiranna (vedi Seneca-Nerone). Negli ultimi mesi di vita Boezio scrisse la sua opera più nota: De consolatione philosophiae, prosa inframezzata da brani poetici dove il genere consolatorio si mescola all'apologetico , Mentre lamenta la sua sventura, gli appare la figura femminile di Filosofia, con la quale inizia un dialogo sulla natura ed il significato di bene, il quale viene identificato con il summum bonum nella tranquilla pratica di virtù, nel rifiuto del vizio e dell'accettazione del volere divino. L'uomo non può conoscere il disegno provvidenziale. Altro non resta che rassegnarsi ed avere fiducia totale nell'importanza di volgersi al bene per il bene, senza altra finalità. Gli eterni interrogativi vengono presi in esame mediante una profonda capacità di rielaborazione personale, senza riverenza o timori, richiami alle sacre scritture o alla dottrina cristiana. L'opera fu pubblicata postuma alla morte. Ci si è interrogati sul come l'autore di trattati teologici di stretta ortodossia abbia potuto affidare alla Consolatio il proprio lascito, negando ogni spazio al nome di Cristo e mai prestando alla divinità alcun carattere specifico del Dio della Bibbia. Nell'opera comunque sono sottintesi una sorta di propedeutica alla fede, l'invito ad un percorso spirituale che mescola il pensiero filosofico classico ed il desiderio di globalità, l'ansia di riunire lo scibile in un corpo circolare. Boezio realizzò nella prima giovinezza alcune parti relative ai fondamenti delle arti del quadrivio. Ci sono pervenuto intere il De insitutione arithmetica ed il De musica. Gli studi gli permisero di tradurre e commentare la Isagogé del neoplatonico Porfirio e passare in latino le opere logiche di ascendenza sia accademica che peripatetica (filosofia antica che si rià ad Aristotele), che altrimenti sarebbero condannate a morte. Di lì a poco il pio Giustiniano rinnovò i divieti per i pagani di tenere i pubblici uffici e di insegnare, ciò segnò la chiusura definitiva della celebre scuola di Atene. Magno Aurelio Cassiodoro Senatore intraprese la carriera senatoria sotto Teodorico, divenne console nel 514, magister officiorum nel 524 e prefetto del pretorio dal 533 al 537; fu fedele ai re Goti anche dopo l'attacco dei Bizantini, ma dopo la caduta di Ravenna nel 540 andò a Costantinopoli, lì rimase per quindici anni, sino alla fine della guerra, quindi fondò al ritorno nelle sue terre in Calabria un monastero dove morì nel 583. Al periodo della concordia fra le due etnie risalgono i Chronica, prontuario (manuale contenente i dati principali di una disciplina) di storia dall'origine al 519 scritto per Eutarico, il console di quell'anno, utile per le notizie riguardanti i tempi recenti, poi scrisse la perduta Historia Gothorum in 12 libri, di cui possediamo solo un sunto od un rifacimento a firma del goto Iordanes. Le Variae sono una vasta collezione di 12 libri di 468 lettere ufficiali scritte per conto del re e dei suoi magistrati, dove in uno stile elegante vengono fornite informazioni preziose sul quadro storico. Nel 13o libro aggiunto alla raccolta, intitolato De anima e composto dopo il 540, per spiegare lo scoppio della guerra rinuncia alle motivazioni storiche e di adducono cause metafisiche, come i piani del maligno. Gli eventi successivi alla morte del re Vitige segnano il definitivo fallimento del sogno di convivenza tra romani ed Ostrogoti, per cui Cassiodoro adotta la decisione di lasciare ogni attività politica ed aprire invece un a scuola di teologia. Negli ultimi anni si da ad un frenetico lavoro di traduzione, commento e compilazione di opere cristinae e classiche. Le istitutiones divinarum et humanarum lectionum hanno l'intento di ammaestrare gli altri alla traduzione, è un trattato in 2 parti: la 1a si presenta come un elenco, arricchito di notizie operative utili ai copisti, dei codici delle Sacre Scritture conservati nel monastero, non mancano peìrò gli scrittori profani (Catone, Varrone, Plinio, Simmaco, Servio, Macrobio), la 2a parte vuole dimostrare come la conoscenza dei testi sacri si giovi dell'impiego di tutte le discipline , comprese le 7 arti liberali (trivio+quadrivio). Il programma era troppo superiore, basti pensare che il quasi novantenne poligrafo dovette scrivere, su richiesta dei giovani monaci, un De orthogràphia dove emerge l'interesse a restringere il divario sempre maggiore tra lingua scritta e parlata. Monachesimo e trasmissione dei classici: Cassiodoro è in cerca del perfetto accordo tra cultura antica e fede nel Vangelo. Progettò una biblioteca dove stesero accanto i libri delle 2 tradizioni culturali. Nella conservazione avrebbero contribuito maggiormente altri personaggi come Benedetto che nacque a Norcia in Umbria ed andò a Roma a studiare (con un sistema scolastico intatto). Ma disprezzò lo studio delle belle arti, abbandonò la dimora ed i beni del padre, disiderando piacere solo a Dio, volle diventare monaco. Papa Gregorio, suo prestigioso agiografo (scrittore di vite di santi), ne loda la saggia ignoranza. Influì più di chiunque altro sulla trasmissione dei testi latini, ma di ciò Benedetto non era consapevole quando nel 529 raccolse in cenobio un gruppo di irregolari che praticavano sino ad allora forme di vita religiosa eremitica, li sottrasse ad un certo fanatismo autopunitivo, li armò di arnesi da lavoro e innalzò Montecassino. La breve Regula monachorum (orat et laborat) prevarrà su ogni altra disciplina a partire dall' 8o sec., quando Carlo Magno la estese a tutti i monasteri dell'Europa cristiana. I seguaci di Benedetto pregavano e lavoravano a Montecatino e nel mentre il conflitto tra Greci e Goti piegava economicamente e al livello delle istituzioni l'Italia. In questo periodo si combatté la lotta finale tra cristiani e pagani , veniva considerata minaccia pagana ogni testo che si elevasse sopra lo stile povero e piatto dei Vangeli. La letteratura latina iniziò il suo percorso di conservazione massiccia nell'Alto Medioevo quando venne riconsiderata.