Altre Fonti: la c.d. "Soft Law"
Oggi ci occupiamo di una categoria residuale possiamo dire di fonti del diritto amministrativo.
Trattiamo in particolare delle cosiddette soft law, raccomandazioni e linee guida.
Dobbiamo partire però da una premessa fondamentale e cioè che il sistema delle fonti del diritto amministrativo, basato sulla distinzione fondamentale tra leggi e regolamenti e su ulteriore di sotto-distinzione possiamo dire tra regolamenti e atti amministrativi generali, è stato oggetto di recente di una trasformazione, o meglio di una destrutturazione: cioè il sistema delle fonti del diritto amministrativo e in particolare le sue classificazioni tradizionali - leggi, regolamenti; regolamenti e atti amministrativi generali - sono state messe in discussione.
Ciò in ragione dell’esigenza sempre più pressante di una regolazione, dal punto di vista delle necessità amministrative, di amministrazione della società e dei bisogni, delle esigenze dei consociati più flessibile, più veloce e meno formale, meno rigida, meno appunto legata, connessa alla fonte.
E’ per questo che si dice che le classificazioni tradizionali sono state messe in crisi dall'introduzione di fonti più flessibili, appunto quelle che sono
oggetto di questa lezione ossia soft law, raccomandazioni e linee guida.
Quindi, alla luce di questa premessa, possiamo dire che l'argomento di cui trattiamo oggi in relazione sempre alle fonti del diritto amministrativo costituisce, come abbiamo detto, una categoria residuale di fonti che possiamo anche definire un tertium genus di fonti, cioè un terzo genere di fonti che si pone appunto tra la legge e il regolamento, tra le fonti primarie e le fonti secondarie, ovviamente in posizione subordinata rispetto alle predette fonti primarie e secondarie, costituito da strumenti di regolazione flessibile.
Parola chiave nell’ambito delle soft law.
La stessa denominazione anglosassone soft law significa proprio un diritto flessibile, un diritto più morbido, quindi meno rigido, meno ancorato a presupposti, requisiti, condizioni previste dalla legge, meno irrigidito da fonti normative.
E allora vediamo proprio di comprendere la nozione di soft law: si intende l’insieme di strumenti informali, quindi più flessibili e meno rigidi, volti a influenzare e quindi non a vincolare i comportamenti delle autorità amministrative e dei soggetti amministrati.
Ricalcavo proprio la scelta del verbo influenzare in questa definizione, perché essi sono norme prive di efficacia vincolante e diretta nei confronti dei destinatari.
Fondamentale differenza con le leggi e i regolamenti.
Quindi è fondamentale dire che le norme di soft law non creano obblighi giuridici, ma al massimo impegni politici, nel senso che è rimessa alla volontà delle parti l'osservanza di tali norme.
E’ quindi una scelta del soggetto pubblico o del soggetto che interagisce con la pubblica amministrazione decidere di attenersi, conformarsi a quanto prescritto da fonte, norma di soft law, considerata di soft law.
Tendenzialmente, infatti, il rispetto del soft law, che è un diritto abbiamo detto morbido, meno rigido, riposa sul fatto che il soggetto che emana tale norma, tali norme, è un soggetto particolarmente autorevole, tanto da appunto ritenerlo soggetto che sta determinando, con la sua creazione normativa, con la sua creazione di norme e di regole delle norme vincolanti e obbligatorie.
Quindi l'osservanza di queste norme più morbide, che non è appunto vincolante per il soggetto, perché si tratta di norme, come abbiamo detto, che non hanno efficacia diretta vincolante nei confronti dei destinatari, riposa proprio sulla forza persuasiva del soggetto che emana tale norma morbida, il soft law.
L'esempio emblematico di soft law sono le linee guida dell'ANAC, ossia dell'autorità nazionale anticorruzione espressamente previste dal decreto legislativo 50/2016.
Tali linee guida sono considerate dalla giurisprudenza atti amministrativi generali emanati da autorità amministrative indipendenti, come appunto l’ANAC.