Assetto Strategico Internazionale e Internazionalizzazione
Le decisioni di internazionalizzazione sono oggi quasi una scelta obbligata che ha l'azienda per non rischiare di uscire dal mercato, e devono essere, queste scelte, funzionali e devono perseguire degli obiettivi relativi al vantaggio competitivo dell'impresa.
Le attività di internazionalizzazione possono essere a monte o a valle.
A monte sono per esempio quando si decide di internazionalizzare la produzione e la logistica in entrata o le attività operative dei processi produttivi.
E in questo caso queste attività possono essere svolte anche lontano dai mercati di destinazione.
In genere si localizzano dove ci sono maggiori vantaggi per l'utilizzo di fattori produttivi oppure per sfruttare economie di scala.
Le attività però possono essere anche a valle, quindi in questo caso sono per esempio il marketing, le vendite, la logistica in uscita, e vengono realizzate in prossimità dei mercati di destinazione.
In ogni caso nelle scelte di internazionalizzazione ci sono delle esigenze di coordinamento che variano in base a quanto viene scomposta la catena del valore dell'azienda.
Per capire quali attività internazionalizzare è necessario guardare il vantaggio competitivo che ne deriva, ossia il vantaggio in termini di quantità, di qualità, e di costo delle risorse o dei fattori produttivi che sono disponibili in un paese rispetto ad altri paesi.
Il vantaggio competitivo può essere espresso come un minore costo o un maggiore beneficio, e in ogni caso, sono quei vantaggi che rendono più competitiva la produzione realizzata.
Se volessimo analizzare l'internazionalizzazione possiamo farlo mettendo in una matrice
due variabili: la concentrazione o la dispersione delle attività e il coordinamento delle attività se è alto o basso.
Nel caso in cui il coordinamento sia basso e ci sia una dispersione, si avrà una replicazione della catena del valore in ogni paese estero, cioè ogni paese ha la sua autonomia per adattarsi al mercato.
E quindi la catena del valore viene ricostruita in ogni paese in cui l'impresa è presente.
Questa struttura è una struttura adatta anche per le grandi imprese.
Nel caso in cui il coordinamento sia basso, ma è presente la concentrazione, in questo caso avremo le attività nel paese di origine e la vendita all'estero tramite l'esportazione.
Significa che l'intera catena del valore è realizzata nel paese di origine tranne il marketing e le vendite.
Questa tipologia di struttura è adatta per le piccole imprese.
Qualora ci sia dispersione ma il coordinamento delle attività è elevato, sarà presente un network globale con delle attività concentrate e altre attività disperse.
Si combinano quindi delle scelte di concentrazione per le attività a monte e delle scelte di dispersione per le attività a valle.
Ciò richiede delle grandi risorse e un'elevata capacità organizzativa, infatti anche in questo caso siamo nel caso di utilizzo per le grandi imprese.
Nell'ultimo caso invece, nel caso in cui il coordinamento dell'attività sia elevato e ci sia concentrazione, ci sarà una delocalizzazione di una o più attività.
Quindi le attività rilevanti per la competitività dell'impresa vengono concentrate e vengono creati dei vantaggi comparati che vanno sfruttati.
Le motivazioni che possono portare alla dispersione sono per esempio avere dei mercati locali differenziati, oppure avere la necessità di ottenere dei vantaggi di marketing, una elevata incidenza dei costi di trasporto o delle barriere tariffarie, oppure la necessità di frazionare il rischio.
Mentre tutti quei fattori, quelle condizioni che spingono alla concentrazione, sono il conseguire delle economie di scala, dei vantaggi comparati che riguardano delle convenienze localizzative, oppure delle difficoltà a coordinare delle attività disperse.
Ma come si fa a internazionalizzare?
Beh, per realizzare la presenza all'estero, un'impresa innanzitutto deve scegliere tra make or buy, quindi tra il controllo diretto, quindi l'internalizzazione delle attività, e quindi il make, o il buy, e quindi affidare a terzi, esternalizzare le attività.
Da queste due tipologie può nascere anche il make together, che sono degli accordi e delle collaborazioni con dei partner esterni.
Ci sono due tipologie di accordi, l'equity agreement e non equity agreement.
L'equity agreement significa che c’è una partecipazione azionaria al capitale dell'iniziativa congiunta, e possono essere per esempio delle partecipazioni di minoranza di capitale, dei consorzi o delle joint-venture.
Mentre nel caso di non equity agreement è un accordo tra le imprese per lo svolgimento delle attività in comune o per le forme di assistenza tecnico produttiva.
E qui abbiamo l'esempio degli accordi di fornitura, la subfornitura di accordi commerciali e distribuzione, franchising.
Sicuramente da un punto di vista organizzativo le soluzioni per lo sviluppo internazionale sono tante e non ce n'è una di riferimento, però queste soluzioni vanno modificate in base alle variabili in cui l'impresa opera.
Le criticità di cui l'impresa deve tenere conto sono il tipo di guida strategica, il livello di coordinamento e di controllo e il grado di autonomia che si vuole concedere alle varie attività decentrate.
In più nel momento dell'internazionalizzazione l'impresa deve colmare due tipi di distanze che la separano dai paesi esteri, la distanza fisica, quindi quella vera e propria, e la distanza culturale.