Dai Prototipi agli Schemi
Benvenuti in questo video in cui tratteremo i concetti di prototipi e schemi e nello specifico vedremo come si passa proprio dai prototipi agli schemi.
La lezione in breve tratterà appunto dei prototipi e degli schemi e le loro differenze; Il fatto che l'attività schematica sia culturalmente orientata e la terminologia del colore.
Iniziamo proprio da prototipi e schemi.
I prototipi sono un modo di organizzare la percezione del mondo circostante, individuano in pratica degli aspetti specifici della realtà.
Invece gli schemi ci permettono di dare una forma alla realtà, di individuarla e di ordinarla.
Secondo l'antropologo Roy D’Andrade, lo schema è proprio una cornice organizzata che deve essere riempita da dettagli concreti.
Il prototipo invece è un gruppo specifico di aspettative.
Vediamo un esempio concreto.
Qui abbiamo sette cani.
Come vedete sono diversi di altezza, razza: uno alla magliettina l'altro sta sullo skate, insomma, sono tutti diversi eppure li riconosciamo tutti come cani.
Come mai?
Li riconosciamo tutti come cani grazie allo schema; invece abbiamo l'immagine di un cane specifico grazie al prototipo.
Vediamolo in termini più formali.
Il prototipo del cane ci permette di immaginare un cane concretamente se io ho un cane nella mia vita, un cane specifico, per esempio un cane in casa io avrò l'immagine di quel cane quando qualcuno mi dice la parola cane.
Invece il fatto che io riconosca tra milioni di razze, disegni, foto, l'immagine di un cane lo faccio grazie allo schema perché la possibilità che abbiamo di pensare al concetto di cane; se io in questo momento vi avessi messo un cerchio per fare la testa, due triangolini per le orecchie e una linea per il corpo, quattro linee per le zampe e una per la coda voi avreste riconosciuto, avreste immaginato, che quello fosse un cane e lo fate grazie allo schema.
Lo schema dipende dalla cultura; l'attività schematica è culturalmente orientata.
Infatti Fillmore che è un antropologo per spiegare il concetto di attività schematica culturalmente orientata sfrutta due termini: to write, perché lui è americano, quindi parla in inglese, noi invece parleremo in italiano, quindi scrivere, e kaku che è scrivere ma in giapponese.
Scrivere e kaku, sono termini che sono traducibili a vicenda.
Se io prendo Google translate e dico scrivere traducilo in giapponese, lui me lo traduce come kaku e viceversa.
Se c'è una frase kaku me lo traduce come scrivere; sono due modi diversi di organizzare l'esperienza sono due schemi per lo stesso concetto scrivere quindi si suppone un concetto universale quello di scrivere tutti e due implicano l'idea che qualcuno utilizzi un oggetto capace di lasciare traccia su una superficie, ma non ci dicono se stiamo usando una penna, una matita, al computer.
Io posso scrivere al pc, posso scrivere una frase in corsivo non ci dicono neanche che cosa stiamo scrivendo Posso scrivere in un'agenda oppure sul quaderno sul libro.
Cioè il concetto è quello di scrivere quindi un oggetto che lascia traccia su una superficie, oppure, ad esempio, la tastiera che lascia traccia sullo schermo.
Tuttavia, se noi chiediamo a un giapponese che cosa ha scritto lui ci può rispondere una parola, una frase, ma anche un disegno.
Ed è qui che sta la differenza culturale.
Quindi che l'attività è culturalmente orientata perché noi non diremmo mai “Ho scritto una casa”, noi diremmo “ho disegnato una casa”.
Il giapponese invece ci dice “ho scritto un disegno”; l'azione è la stessa, ma nella nostra cultura il concetto è diverso Quindi si incrociano per una parte, non per un'altra.
Quindi gli schemi scrivere e kaku che abbiamo detto sono due schemi perché il concetto di poggiare un oggetto che lascia traccia su qualcosa potrebbe anche essere il dito sulla sabbia deve essere riempito con dei prototipi, quindi il prototipo è l'immagine concreta di quell'atto, quindi la penna e un foglio di carta, la frase specifica chi scrive la parola specifica che scrivo.
Vediamo adesso la terminologia del colore.
Berlin e Kay confrontarono i termini dei colori in ventisei lingue e notarono che il numero di parole andava da due a undici per i colori fondamentali, cioè quelli che riflettono dei fenomeni percettivi senza altre specificazioni, qui vi ho fatto l'esempio rosso scarlatto.
L scarlatto in realtà è sottinteso che rosso, oppure lo dico io, però comunque è rosso scarlatto.
Non esiste lo scarlatto senza il rosso, mentre il rosso esiste di base a prescindere.
Tutti gli esseri umani sono in grado di percepire le differenze di undici colori ed è proprio quello che loro hanno scoperto.
Qui abbiamo tre conclusioni.
La prima è questa: undici colori ma le terminologie possono essere undici o meno; il meno di tutti, visto che dicevamo, il numero di parole da due a undici è proprio chiaro o scuro, bianco o nero.
Alcune popolazioni hanno una distinzione base chiaro-scuro.
Poi nella percezione dell'occhio c'è chiaramente nel rosso blu verde giallo però a livello terminologico c'è solo chiaro o scuro, questo nel minimo possibile, nel minimo che loro hanno trovato.
La terminologia del colore (questa è la seconda conclusione) si sviluppa secondo una linea precisa ed è proprio che va da due a undici.
Vediamo questa linea, appunto all'inizio abbiamo chiaro o scuro, quindi bianco o nero; chi ha tre parole all'interno della sua cultura per i colori aggiunge il rosso.
Quindi chiaroscuro ci sono in tutte, che possono essere chiamate chiaroscuro o bianco o nero in base alle culture.
Ma ci sono in tutte le culture.
Quelle che hanno tre colori aggiungono il rosso.
Quelle che hanno cinque colori aggiungono il verde e il giallo, ma i primi tre colori ci sono sempre.
Quelle che hanno ancora più parole aggiungono il blu, poi il marrone.
Infine quelle che hanno più di sei parole che indicano i colori aggiungono in modo equivalente il porpora, rosa, arancione e grigio.
Questi sono infatti quelli che sono considerati i colori fondamentali e appunto i nomi i termini di questi colori fondamentali che, come abbiamo visto possono andare da due a undici.
Infine, l'ultima conclusione è che il numero dei termini di base è in relazione alla complessità culturale e tecnologica della lingua in questione, quindi più una lingua e una cultura è complessa, più ci sarà un numero di termini, ad esempio rispetto ai colori.
Più invece è semplice, minore sarà il numero dei termini dei colori fondamentali.