Scarica Linguistica generale e più Appunti in PDF di Linguistica Generale solo su Docsity! SECONDA PARTE CAPITOLO 4 OMONIMIA : parole che condividono la stessa strategia di manifestazione (es. lama); gli omonimi sono segni diversi che collassano nello stesso significante. POLISEMIA : una parola veicola significati diversi però sono legati tra di loro, a partire da un significato preferenziale sviluppa ulteriore significati in rapporto al significato originale (es. albero). Nel libro di Platone, il Fedro, il discorso è paragonato al corpo umano, il logos è qualcosa di vivente, una combinazione di elementi che deve avere una ragione che tiene insieme, ci deve essere un legame inferenziale ovvero logico. Il bambino dorme – Il gatto miagola : attraverso l’enunciato si rappresenta un possibile frammento di realtà. La sintassi ci permette di combinare le parole, ottenendo enunciati, questi sono rappresentazioni, descrizioni di frammenti di mondo virtuale. Questa virtualità ha sede nella lingua, nella sintassi. Se prendiamo il primo enunciato sopra abbiamo la descrizione del mondo reale e non più del mondo virtuale. Quando non c’è riscontro nell’esperienza dell’enunciato, si apre lo spiraglio della menzogna. L’uomo grazie al linguaggio può mentire e può distanziarsi dalla realtà diventando consapevole di sé e attraverso di esso può rappresentare la realtà in cui è immerso. Virtualità buona : consapevolezza di essere solo virtualità. Virtualità cattiva : virtualità che pretende di essere reale. Dalla virtualità all’attualità : il linguaggio interpella il livello della libertà. La composizionalità assicura la libertà dell’uomo rispetto la realtà. PRINCIPIO DI CONGRUITA’ Il modo di essere è il predicato che stabilisce come deve essere l’entità a cui si combina, stabilisce con chi può combinarsi. Il senso contradditorio è esprimibile, è comunque un senso. Es. Luigi legge lo scoiattolo. La lesione di congruità crea una insensità, un non-senso. Questo non può diventare un testo, non può essere letto. Non va confuso con il principio di non contraddittorietà. Es. Luigi è intelligente ≠ La montagna è intelligente. Ti prometto di pagarti, ma non mi impegno : è leso il principio di non contraddittorietà (PNC : una cosa non può essere e non essere nello stesso tempo e sotto lo stesso aspetto). Viene meno la coerenza del ragionamento, il rispetto del PNC ma non la congruità. Il testo è sensato ma è presente una contraddizione. La lesione è dovuta alla violazione della coerenza. TIPOLOGIA DI PREDICATI Per descrivere la lettura del significato, si cerca di stabilire di fronte una parola di che tipo di predicato si tratti. Si descrive quel predicato facendo emergere il suo schema argomentale (frame), ogni predicato può attivare uno o più argomenti. Bisogna quindi individuare : il numero degli argomenti, la qualità e l’ordine, triplice punto di vita. PREDICATI MONOARGOMENTALI (MONADICI) : -dormire, passeggiare, camminare = indicano un’azione. Selezionano una sola entità. Perché si dia una situazione di dormire, passeggiare o camminare, l’entità coinvolta deve essere necessariamente una. La classe del lessico qui in gioco è il verbo. –Bianco, verde = indicano una proprietà, dicono una qualità che potrebbe caratterizzare l’entità. Anche qua l’entità coinvolta sarà solo una; per essere bianco o verde basta che ci sia una sola entità che è sufficiente ad indicare un frammento di esperienza. Proprietà – qualità - azioni : individuano situazioni comunicative che per poter sussistere necessitano una sola unità, vengono denominati predicati monadici. Px dove P rappresenta il predicato mentre x rappresenta un possibile argomento. Es. Enrico passeggia con Simona : è coinvolta una sola entità perché il complemento ‘con Simona’ è una comparsa, la frase è retta da senso infatti esprime una funzione comunicativa anche senza ‘con Simona’. Bisogna usare la ragione per comprendere il frame argomentale. Enrico e Simona passeggiano/ Enrico passeggia. Simona passeggia : la congiunzione ‘e’ realizza un sintagma che dà un’interpretazione distributiva. Per non ripetere il predicato verbale, evitiamo la ridondanza ma le parole congiunte sono da considerare come entità a sé stanti. PREDICATI BIARGOMENTALI (DIADICI) : -leggere, mangiare = indicano un’azione, azione che si dà selezionando due entità. –Maggiore, vicino, davanti = coincidono con delle relazioni. Per essere, maggiore, vicino e davanti bisogna essere in relazione con qualcun altro o qualcos’altro. Es. Luigi mangia. Pietro digiuna : Luigi seleziona due entità perché la realtà ci spinge sempre a individuare un altro elemento. Il secondo argomento non si dice, risulterebbe ridondante, a meno che non bisogna specificare un qualche cosa in particolare. Quando è necessaria un’aggettivazione si esplicita il secondo argomento. PREDICATI TRIARGOMENTALI (TRIADICI) : -dare = colui che è in possesso di…, si priva del possesso, e colui che non era il possessore acquisisce l’oggetto spossessato dal primo. In questa situazione vengono attivate tre entità. Es. Luigi dà un libro a Pietro. –Dire = sono involte tre entità : emittente, destinatario e messaggio. Es. Enrico dice una cosa a Simona. –Promettere = atto comunicativo, la promessa avviene attraverso il suo proferimento, non può accadere senza essere detta. Indica un’azione che coinvolge tre entità : colui che promette, l’oggetto della promessa e colui a cui si promette. Es. Pietro promette una cena a Simona. –Insegnare = per far sì che ci sia un frammento di mondo descrivibile ci deve essere un docente, uno studente e un argomento. Es. La maestra insegna matematica ai bambini. PREDICATI TETRARGOMENTALI (TETRADICI) : -vendere = venditore, acquirente, oggetto commerciabile, prezzo. Sono coinvolte quattro entità. –Comprare = compratore, oggetto scambiato, venditore, prezzo. –Tradurre : D è un traduttore che traduce F (il testo), da una lingua di partenza S a una lingua di arrivo A. Sono predicati che indicano proprietà di azioni e si affidano alla parte del discorso che corrisponde ai verbi. PREDICATI PENTARGOMENTALI (PENTADICI) : -affittare = il locatore R, che affitta E, a un locatore T, sulla base di un prezzo U, nel contratto di affitto è precisato anche il tempo I. L’analisi semantica permette la conoscenza al parlante riguardo la categorialità. PREDICATI ESARGOMENTALI (ESADICI) : -mandare in missione = colui che manda in missione, colui che viene mandato in missione, da un luogo di partenza, a un luogo di arrivo, riguardo uno scopo, per un determinato tempo. PREDICATI MONOARGOMENTALI : Andrea (x1) beve (p1) il caffè (x2) nervosamente (p2). Bisogna individuare il vertice sintattico con il predicato verbale, in questo caso è ‘beve’. Le unità sintattiche presenti per il verbo ‘beve’ devono essere necessariamente due. Andrea beve il caffè : è una struttura unitaria (p1) dove p è la proposizione, indica il contenuto logico dell’enunciato. Nervosamente : caratterizza, seleziona la qualità del verbo, in particolar modo caratterizza il bere da parte di Andrea del caffè. Questo predicato caratterizza un evento-azione. QUALITA’ DEGLI ARGOMENTI La qualità degli argomenti è importante perché ciascun posto argomentale ammette certi argomenti e ne esclude altri. -Dare : x1, x2, x3 : natura oggettuale degli argomenti. Es. Maria (x1) dà a Pietro (x2) un’ingente somma di denaro (x3). Le x possono individuare oggetti animati o CAPITOLO 5 LE STRUTTURE INTERMEDIE Alcuni messaggi possono essere costruiti utilizzando entità linguistiche che sono indeterminate, flessibili. Queste strutture sono intermedie perché si collocano a metà tra il versante del suono e il versante del senso. La lingua viene considerata come sistema di traduzione molto flessibile che consente sia il passaggio dai sensi ai testi sia quello dai testi ai sensi. Il loro carattere intermedio è marcato quando la funzione della struttura non è immediatamente semantica; il carattere non immediato è sottolineato nelle strutture che vengono dette sintattiche dove si ha la funzione immediata della manifestazione di una funzione sintattica e a seguire la determinazione del senso. Si parla di indeterminatezza della lingua per una duplice ragione : partendo da un ragionamento di Saussure riguardante la segnaletica stradale si nota che esiste un rapporto di tipo biunivoco fra messaggio e segnale. Il nesso tra il significato e il significante è biunivoco, a un messaggio corrisponde uno e un solo segnale, e viceversa. Questo rapporto non si può dare alla lingua. –Si ha un rapporto biunivoco quando a ciascun elemento del primo insieme corrisponde uno e un solo elemento del secondo insieme e viceversa. -Si ha un rapporto univoco quando a ciascun elemento del primo insieme corrisponde uno e un solo elemento del secondo insieme ma l’inverso non è necessario (es. rapporto tra un insieme dei figli e dei padri). –Si ha un rapporto multivico quando a ciascun elemento del primo corrispondo molti elementi del secondo e quando un elemento del secondo corrispondono più elementi del primo. Le classi delle strutture intermedie sono : LESSICO : componente di base della lingua; è costituito dalle parole; la ‘parola’ è un termine polisemico e noi utilizziamo lessema per la parola intesa come elemento del lessico. SINTASSI : insieme delle regole per ottenere combinazioni significative dagli elementi del lessico ed è un aspetto universale del linguaggio; il significato dei testi è in funzione dei suoi costituenti senza esserne la somma. MORFOLOGIA : nelle lingue che hanno morfologia la strutturazione morfologica non riguarda tutti i lessemi; le lingue che non sono strutturate dal punto di vista della morfologia sono dette isolanti. (es. sollevi presenta al suo interno un certo grado di strutturazione). In inglese la manifestazione sintattica di molti significati è affidata alla costruzione sintattica, mentre in tedesco alla morfologia. ORDINE DELLE PAROLE : Luigi legge questo libro : sappiamo chi è a leggere grazie a una serie di segnali. Luigi ha salutato Pietro : possiamo capire chi compie l’azione e chi la subisce solo grazie all’ordine delle parole. INTONAZIONE : l’insieme dei fenomeni sovrasegmentali o prosodici che sono utilizzati per manifestare diverse dimensioni del contenuto; è una strategia dominante che ha la funzione di dare il significato generale del testo. I TRATTI CHE LE CARATTERIZZANO POLISEMIA : in essa è riscontrabile un qualche livello di motivazione, ovvero di richiamo fra i diversi significati. (es verbo italiano andare o aggettivo piano o anche il tempo futuro). VARIANZA : abbiamo un unico segno che si manifesta in modi diversi a seconda dei contesti (es. verbo francese aller, il verbo inglese to go o il verbo tedesco sein). Si differenzia dalla sinonimia perché quest’ultima presenta l’equivalenza a livello semantico di due strutture intermedie che restano tuttavia distinte (es. con – per mezzo – servendomi – usando). PREFERENZIALITA’ O NATURALITA’ : facilita la comunicazione perché indica al destinatario l’interpretazione più probabile delle strutture intermedie che compaiono in un testo. (es. prestare : dare con l’impegno alla restituzione). ENDOLINGUISTICITA’ : le strutture intermedie variano da lingua a lingua (es. verbi di moto o gradi di parentela). LESSICO ORDINE DELLE PAROLE SINTASSI MORFOLOGIA INTONAZIONE CAPITOLO 6 Lessemi invariabili (a forma unica) Fra iSintagmi complessi minimi se i varibiliEnunciatiorma d parola IL LESSICO È uno dei componimenti del laboratorio sistema linguistico. È il meccanismo che rielabora elementi lessicali che prende in ingresso. Dobbiamo però definire che cos’è una parola e per farlo dobbiamo precisare tre concetti : PAROLA FONOLOGICA : es. rana : parola suddivisa in due sillabe ra-na quindi è un sintagma fonologico perché è una combinazione di foni e fonemi. Perché una parola sia definita tale deve essere possibile pronunciarla in modo autonomo; ogni parola deve avere un accento proprio; ogni parola deve rispettare alcune limitazioni che si riferiscono al modo in cui si combinano i fonemi nella sillaba. Queste parole fonologiche possono essere reali o virtuali. Le prime si hanno quando veicolano una funzione linguistica mentre le seconde quando rispettano le regole precedentemente accennate ma non veicolano alcun significato in un determinato sistema linguistico. C: consonante. V: vocale V : e, a – mico Cv : di, sa – la C1,C2V : sto – ria, fra, tra C1C2C3V : stra – da, sfre – gio VC : il, el – mo CVC : gat – to, sar – ta C1C2VC : stan – co, bran – co C1C2C3VC : strap – po, sfrat – to LESSEMA : Aiut-o/aiut-erò/aiut-avo : in tutte queste espressioni è presente una base (lessema) che compare ripetutamente e poi c’è una parte (componente morfologico) che cambia in tutte le forme. Il lessema è quella base che viene impegnata per formare, nella congiunzione o nella declinazione le varie forme di parola. -Lessema elementare : non è riconducibile a un altro lessema. (es. casa – cantare). -Lessema strutturato : deriva da un lessema elementare. (es. casalingo – cantante). -Lessema latente : non occorrono come lessemi elementari ma sono presenti come costituenti di lessemi strutturati. FORMA DI PAROLA : è una delle realizzazioni morfologiche del lessema (es. alber-o/alber-i), è quell’unità linguistica che otteniamo quando siamo nell’ambito delle parti variabili del discorso; il lessema viene completato da componenti morfologici differenti a seconda della parte del discorso in cui interviene. Generatore lessicale : il lessico si arricchisce continuamente di elementi, ciascuna lingua permette al parlante di generare elementi linguistici strutturati da elementi linguistici elementari. - Formativi lessicali : utilizzati nei processi di formazione dei lessemi, spesso il loro significato non è ben definito. In italiano abbiamo gli infissi che sono quelli che entrano nel corpo del lessema elementare e i circonfissi che sono discontinui e si attaccano prima e dopo il lessema. PROCESSI DI FORMAZIONE DERIVAZIONE : procedimento che fa ottenere nella generalità dei casi un lessema di una classe o sottoclasse diversa. Distinguiamo i derivati in base alle loro classi di arrivo. Questi derivati hanno varie funzioni : nomi dell’agente (scrittore, giocatore, lavoratore), nomi dell’azione (lettura, partenza, arrivo) e nomi del luogo (scrittoio, dormitorio, essiccatoio). Quando la derivazione avviene senza l’aggiunta di un formativo concreto parliamo di suffisso zero. (es. delibera – deliberare, deroga – derogare). In alcuni casi la derivazione comporta varie modificazioni nel significato del lessema, derivazione semanticamente marcata. (es mangiare – mangiata). Nella derivazione aggettivale di bosco abbiamo boscoso che indica una quantità abbondante quindi DSM mentre boschivo è un aggettivo derivato che significa ‘relativo al bosco’. Luigi è arrivato – L’arrivo di Luigi : lascia invariato l’insieme dei lessemi di base. Luigi ha offeso Pietro – L’offesa di Luigi a Pietro : cambia la struttura sintattica. Possiamo avere sia morfemi fissi, in quanto legati al singolo lessema, sia morfemi liberi. Es. in italiano, nel sostantivo, il morfema del genere nominale è fisso mentre quello del numero è libero. Nell’aggettivo, sono entrambi liberi. Nel verbo il morfema del genere verbale è fisso, mentre tutti gli altri morfemi sono liberi. Il morfo - 0 manifesta uno o più morfemi attraverso l’assenza di un componente morfologico manifesto; realizza un esempio di ‘sistema minimo’ costituito da un unico elemento di cui risulta significativa la presenza o l’assenza. Es. singolare in inglese che non presenta nessun segnale : boy- rispetto a boy-s. In alcune lingue riconosciamo un manifestante che possiamo chiamare morfo - 1 quando per esempio a una delle due forme di parola manca un suono che fa parte del lessema stesso. Es. in francese vert rispetto al femminile verte. SINCRETISMO : tipo particolare di omonimia a livello morfologico, per cui morfemi diversi della stessa categoria morfematica ricevono la stessa manifestazione. Nel sincretismo due o più morfi vengono ‘confusi’ diventando indistinguibili (etimologia greca). Es. congiuntivo italiano : che io ved-a/che tu ved-a/che egli ved-a : i morfi di tutte e tre le persone non presentano alcuna differenza sul piano fonologico. Le tre forme sono sincretiche rispetto alla persona. In casi di sincretismo bisogna ricorrere ai diversi livelli del cotesto e del contesto per individuare la forma di parola; ma in generale la distinzione viene recuperata tramite un processo di disambiguazione, ossia mediante un’inferenza. La ridondanza è la ripetizione di un segnale; invece la tautologia quando si dice qualcosa in più che non è necessario per capire in contesto. Il morfo discontinuo è un manifestante morfologico che si realizza in modo discontinuo, prima e dopo il lessema. Es. in italiano hai cant-ato : diatesi attiva, modo indicativo, tempo passato prossimo, numero singolare, seconda persona sono manifestati in amalgama dal morfo discontinuo hai…-ato. Può coinvolgere una parola fonologica; anche in questo caso si costituisce un’unica forma di parola. Es. era stata raccontata è un’unica forma di parola formata da tre parole fonologiche. Il suppletivismo morfologico è il fenomeno per cui si utilizzano significati lessematici totalmente diversi per lo stesso lessema, in determinate forme di parola. Es. in italiano io sono, io fui. L’allomorfìa si ha quando lo stesso morfema si può manifestare in modi diversi, cioè quando più morfi diversi rappresentano lo stesso morfema. Es. in italiano il morfema del modo verbale infinito ha quattro manifestazioni diverse : cant-are/legg-ere/vol-ére/dorm-ire. In tutti questi casi non c’è libertà di scegliere un morfo piuttosto che un altro, in quanto si tratta di varianza contestualmente legata : dipende dal lessema. Il morfema può manifestarsi in svariati modi tra cui l’apofonia, ossia la modificazione di una vocale del lessema. Es. in francese je vois, je vus. FUNZIONI DEI MORFEMI Esaminando la seguente espressione : person-a buon-a, il morfo –a di persona e il morfo –a di buona sono equivalenti ? Non lo sono perché il singolare del sostantivo ha un valore semantico proprio infatti dice che si sta parlando di una singola persona. In questo caso il morfema del numero è semantico o intrinseco. Passando al morfema di buon-a vediamo che il singolare non ha la funzione di indicare ‘una sola bontà’ ma quella di indicare il nesso sintattico che lega l’aggettivo al sostantivo. Questo morfema è sintattico o estrinseco. –Morfema estrinseco : serve per comunicare una concordanza sintattica. –Morfema sintattico : il valore semantico della morfologia non è immediatamente disponibile ma è mediato. MORFOLESSEMI Nell’intersezione tra la classe delle strutture lessicali e la classe delle strutture morfologiche si trovano i cosiddetti morfolessemi. Tra i casi tipici di morfolessemi ci sono gli articoli, parole dotate di propria autonomia articolatoria ma dipendenti dai sostantivi a cui si riferiscono per figurare un testo. Un altro caso di morfolessema è il verbalizzatore essere, nei contesti in cui la sua unica funzione è quella di manifestare il nesso tra la proprietà e il suo argomento che coincide con il soggetto sintattico. Es. Luigi è biondo. Mentre Luigi è a Napoli è una forma di parola del lessema essere. CAPITOLO 9 Predicati come non, forse, nervosamente, se, perché richiedono argomenti di natura predicativa istituendo una gerarchia tra predicati, alcuni di rango superiore e altri di rango inferiore. Es. Andrea non ha finito il lavoro perché l’ha chiamato Giovanni. Il predicato diadico perché esprime una relazione di causalità tra due argomenti. Ciascuno dei due argomenti nasconde a sua volta una struttura predicativo argomentale : la prima proposizione è dominata dal predicato monadico non, il cui argomento è ancora un altro predicato diadico. Mentre la seconda proposizione è dominata da predicato diadico chiamare. Si nota chiaramente la gerarchia : perché domina non e chiamare , non domina finire, finire domina Andrea e il lavoro, chiamare domina Giovanni e lo. Il teso va inteso come una gerarchia di predicati che si manifesta in una strategia complessa di cui la struttura sintattica è un momento rilevante. DAI SINTAGMI MINIMI ALL’ENUNCIATO I sintagmi minimi sono unità minime che costituiscono la ‘combinazione significativa’, essi sono costituiti da lessemi variabili e invariabili e coincidono con le forme di parola. Può costituire da solo un sintagma o può unirsi ad altri sintagmi minimi per formare sintagmi nominale, verbali, preposizionali. Sintagma è una parola o un insieme di parole che svolgono una e una sola funzione. –Sintagma nominale (SN) : costruito attorno a un nome che ne costituisce il nucleo, con le sue eventuale espansioni. Può assumere entro l’enunciato funzioni diverse : soggetto, oggetto, complemento, predicato nominale, apposizione. –Sintagma verbale (SV) : è il costituente formato dal verbo e dal determinante che ad esso si associa. Il suo nucleo è il verbo. –Sintagma preposizionale (SPrep) : è formano da un SN retto da una preposizione; può essere anche incluso in nel SV in quanto completa sintatticamente il verbo oppure aggiunge un sintagma a parte che aggiunge informazioni alla struttura sintattica del verbo. –Sintagma predicativo (SP) : comprende il sintagma che ha per nucleo il verbo, nelle sue relazioni con tutti i suoi altri sintagmi. I sintagmi sono costituenti, cioè gruppi di una o più parole che svolgono funzioni sintattiche unitarie entro l’enunciato. I costituenti emergono nella linearità dell’enunciato, manifestandone l’organizzazione gerarchica cioè le relazioni di dipendenza. Queste si articolano in diversi tipi : oggetto-apposizione, nome- modificatori, determinante - modificatore. NESSI SINTATTICI I nessi sintattici si manifestano secondo tre modalità : -Concordanza : manifesta i nessi interni a un sintagma. Consiste nella presenza obbligatoria di morfemi omologhi nel nucleo e nell’espansione. Es. Una splendida giornata, i morfemi estrinsechi dell’articolo e dell’aggettivo sono omologhi di quelli estrinsechi del sostantivo. Articolo e aggettivo concordano con il nome per numero e genere. –Reggenza : quando i morfemi estrinsechi che compaiono in un sintagma sono determinati da un altro sintagma. Es. L’amico aiuta l’amico, il morfema del nominativo manifesta la relazione di soggetto e quella dell’accusativo manifesta la relazione di oggetto diretto. –Giustapposizione : in questo caso è inevitabile che l’ordine delle parole assuma una funzione determinante in questo senso e sia meno libero. PARATASSI E IPOTASSI La paratassi e l’ipotassi sono fenomeni centrali nell’organizzazione sintattica del testo. Tanto la paratassi (coordinazione) quanto l’ipotassi (subordinazione) contribuiscono alla manifestazione della gerarchia dei predicati, ciascuna in modo diverso. Nell’ipotassi prevale la connessione logica e non può essere usata che entro la sequenza testuale. La sua virtù è quella di sottolineare la compattezza del procedimento testuale. Il compito della paratassi coincide con l’articolazione del tempo del testo in momenti dotati di una loro autonomia; il procedimento paratattico ‘nasconde’ rapporti logico-semantici come i connettivi. Il testo si configura come un plesso di relazioni predicativo-argomentali gerarchicamente disposte. Il requisito di logicità è garantito dalla presenza costante dei connettivi che saldano l’impianto testuale ipotattica. Questo nesso essenziale emerge attraverso l’analisi di una particolare classe di predicati, i cosiddetti predicati pragmatici. A questi appartengono i verbi detti performativi (promettere, affermare, ordinare, domandare). Questi verbi sono usati alla prima persona del presente indicativo, realizzano l’azione. In generale, i predicati pragmatici si incaricano di specificare le azioni comunicative realizzate dalle unità testuali connettendole al mittente, al destinatario e al resto del testo : sono appunto chiamati connettivi sequenziali. Ai predicati pragmatici appartengono anche i predicati retorici che si incaricano di specificare le connessioni tra diverse sequenze del testo, considerate come momenti di un’azione comunicativa. Es. (S1) Hai lavorato molto? (S2) Perché, sai, hai l’aria stanca. (S1) Luigi è affidabile? (S2) Ma se non è mai puntuale. Esempi con l’ipotassi : Luigi ha detto che andrà a trovarla lunedì/Luigi è soddisfatto perché ha acquistato un tagliaerba/Luigi studia linguistica, che è la sua materia preferita. La prima proposizione rappresenta un verbo triadico il cui terzo argomento è la subordinata completiva. La congiunzione ha natura sintattica, di collegamento della frase subordinata al suo ruolo argomentale. La seconda presenta un predicato monadico essere soddisfatto che è collegato al suo unico argomento. L’ipotassi va interpretata a partire dalla congiunzione che è un predicato diadico. Nella terza proposizione compare una subordinata relativa introdotta dal pronome che. La relativa può specificarsi come descrittiva o individuativa. Esempi con la paratassi : Luigi ha visitato Brescia e Verona/Luigi mangia pane e nutella. Nel primo caso la coordinazione riguarda due sintagmi nominali nella relazione di oggetto diretto, se ne può sopprimere uno o l’altro senza variare la struttura sintattica dell’enunciato. L’ordine suggerisce come interpretazione la successione temporale. Nel secondo caso la coordinazione è la strategia di manifestazione di una struttura ipotattica : l’ordine dei coordinati ha una precisa funzione gerarchica. I processi di testualizzazione rappresentano il luogo dell’interazione tra processi inferenziali, dimensione pragmatica e sistema linguistico. –Il Sintema è un fraseologismo in cui la composizionalità risulta sospesa; la composizionalità del sintema può essere ricostruita attraverso un procedimento diacronico o sincronico che ne recuperi l’origine. Nel sintema la significazione è dell’insieme pur non essendo composizionale. –Le Costruzioni sono strutture enunciative non composizionali; sono fraseologismi sintattici, costrutti idiomatici che hanno una struttura e una significazione sintattica propria. UN PRIMITIVO SEMANTICO-CONCETTUALE L’universalità largamente riconosciuta della negazione trova una conferma significativa nelle indagini di Anna Wierzbicka, intenta a individuare un common core di primitivi concettuali universali. I primitivi concettuali universali documentano l’esistenza di una dimensione culturale relativa all’uomo al di là di qualsiasi specificità linguistico-culturale cui egli appartenga. La negazione compare fin dagli inizi e figura stabilmente fra quella decina di primitivi mantenuti costanti attraverso le varie fasi della ricerca condotta dalla linguista Wierzbicka. Seppure presente dall’origine, è venuto delineandosi con maggior precisione nei suoi contorni semantici solo successivamente grazie a una graduale presa di coscienza da parte della studiosa nei confronti della ricchezza delle funzioni della negazione. Nel gruppo originario del 1972, fra i 14 primitivi semantici proposti non compare not. Wierzbicka considera come primitivo la negazione come rifiuto, vale a dire don’t want/diswant, a cui riconduce ogni forma di negazione. Nell’enunciato This table is not black, la negazione secondo la studiosa equivarrebbe a I don’t want to say “This is black”. Ma la scoperta che nell’apprendimento del linguaggio infantile l’uso della negazione come rifiuto (I don’t want) non è anteriore all’uso della negazione come giudizio, induce la studiosa ad abbandonare l’idea iniziale di considerare I don’t want come primitivo semantico e di accettare not come primitivo in grado di coprire sia il valore di rifiuto che quello di giudizio. CAPITOLO 5 LA NEGAZIONE SUB SPECIE RETHORICAE Dopo aver delineato il ruolo della negazione, volgiamo ora lo sguardo alla sua funzione non meno rilevante di strumento pour persuader. Non poche sono le figure retoriche costruite sulle opposizioni negative. Una caratterizzazione esauriente delle figure retoriche non può trascurare il role argumentatif da esse svolto nel discorso orientato alla costruzione del consenso, nel quale l’elocutio affonda le sue radici. In particolare per Alla realtà mentendo DIRE DI NO Per asserire la falsi à di P rifiu a di re ffermare altro da Pl’adesione di P l’individuazione della loro funzione argomentativa risulta illuminante il riferimento alla nozione di pistis. Caratterizzato da una forte polisemia, il termine assume significati diversi a seconda del punto di vista da cui lo osserviamo. In rapporto al parlante esso dice la sua credibilità, l’ethos. In rapporto al destinatario è la sua benevolenza, che può essere ottenuta smovendo il suo pathos. NB: Aristotele ricorda infatti che il giudice che ama giudica diversamente dal giudice che odia. Rispetto al logos è la sua veridicità. NB: L’importanza della pistiS e del logos è stata messa in luce da Aristotele in quella svolta logica da lui inaugurata nella retorica classica. Una caratterizzazione esaustiva delle figure dell’elocutio non potrà prescindere dalle sofisticate interazioni che esse attuano a livello pragmatico con le illocuzioni. Nel presentare le figure retoriche negative presteremo pertanto attenzione alla loro funzione di modulazione della forza illocutoria, che può essere di attenuazione o di rinforzo. Nei casi, non isolati, in cui una stessa figura retorica può operare sulla forza illocutoria in entrambe le direzioni, sia come booster che come downtoner, sarà il riferimento ai fattori contestuali e contestuali a far emergere di volta in volta la funzione pragmatica pertinente. Le figure retoriche negative sono giocate su due delle opposizioni negative emerse nell’ambito della tipologia aristotelica precedentemente delineata, l’opposizione contraria e quella contraddittoria. La negazione può plasmare la figura retorica in duplice modo, collocandosi o a monte o a valle di essa. Nel primo caso la negazione interviene ponendo in essere la figura retorica, mentre nel secondo caso sarà la figura retorica stessa a porre in essere l’opposizione negativa. IRONIA Nel Protagora di Platone, Socrate, ascoltate le considerazioni del Sofista sull’insegnabilità della virtù, così si rivolge con tono ironico al giovane Ippocrate: “O figlio di Apollodoro, quanto ti devo essere grato di avermi spinto a venire qui! Infatti apprezzo moltissimo le cose che ho udito dire da Protagora. Prima io ritenevo che non fosse opera umana quella per cui gli uomini diventano buoni; ora invece ne sono stato convinto”. Indotto da Renzo a rivelargli il nome del mandante del veto matrimoniale, così Don Abbondio apostrofa il giovane: “Avete fatta una bella azione! M’avete reso un bel servizio! Un tiro di questa sorte a un galantuomo! Al vostro curato! In casa sua! In luogo sacro! Avete fatta una bella prodezza!” Consideriamo poi una situazione comunicativa in cui una madre, trovata la stanza dei figli in disordine esclama: “Ma che bell’ordine!”. Nelle espressioni ironiche menzionate, l’opposizione negativa della contrarietà, pur non essendo esplicata, pone in essere la figura retorica stessa: ciò che il parlante dice è esattamente l’opposto di ciò che egli pensa, conformemente all’identificazione tradizionale dell’ironia con il meccanismo antifrastico dell’inversione semantica. Cerchiamo ora di evidenziare come sorge l’ironia a livello logico-semantico nella dinamica testuale. Nella nostra analisi assumeremo quale quadro di riferimento teorico la teoria della congruità. Ciascun predicato logico-semantico nel selezionare i suoi argomenti opera secondo un principio di congruità, che stabilisce le condizioni che devono essere rispettate perché si dia corrispondenza logica fra il predicato e i suoi argomenti. Ciò vale a partire dai predicati più semplici, come “leggere”, “verde”, “dire”, “dare”, fino ai connettivi logici e ai predicati pragmatici al vertice della gerarchia. Pertinenti nella nostra indagine si rivelano i predicati connettivali, dai quali dipende la struttura del testo come azione comunicativa coerente. Il predicato connettivale si configura come un predicato pluriargomentale, che seleziona quali suoi argomenti i fattori della situazione comunicativa, mittente e destinatario, la sequenza testuale e il cotesto che la precede e la segue, imponendo su ciascun posto argomentale delle presupposizioni che dovranno essere rispettate affinché il testo sia congruo. Se gli argomenti non sono congrui con le condizioni imposte dal predicato, le incongruità che così insorgono mettono capo a insensatezze per lo più irrecuperabili. L’Ironia può emergere, in altri casi, da un’incongruità fra la sequenza testuale e il contesto, più precisamente fra quanto si predica della realtà extralinguistica nel discorso e la situazione extralinguistica stessa. Considerando gli esempi citati prima di Socrate, di Don Abbondio e della mare ai figli, ci troviamo davanti a un’incongruità di questo tipo, anche qui recuperata a un livello ermeneutico più alto, per l’appunto figurativo, che ci porta a evincere il valore ironico di tali espressioni. Nell’ironia l’uptake, ossia il suo riconoscimento da parte del destinatario, della forza illocutoria richiede un oneroso lavoro inferenziale da parte del destinatario, che deve scoprire l’intenzione nascosta. In quanto forma di comunicazione indiretta, l’ironia permette un’attenuazione della forza illocutoria negli atti di rimprovero, ma anche nelle espressioni di apprezzamento positivo. Nella modulazione della forza illocutoria essa agisce normalmente come downtoner, pur essendo possibile incontrarla con funzione di booster, quando l’ironia è particolarmente aggressiva. Nei rimproveri le espressioni ironiche proteggono il destinatario da eventuali sanzioni negative da parte del pubblico. In quanto salva l’immagine e la credibilità del parlante, l’ironia è una figura prevalentemente orientata alla pistis del parlante LITOTE Si caratterizza per un diverso tipo di relazione costitutiva con la negazione. Qui l’opposizione negativa si situa non più a monte ma a valle della figura retorica stessa, che la pone in essere. Cosi interviene la negazione nella litote, una forma di understatement frequentemente usata per evitare espressioni valutative dirette, negative ma anche positive. La litote consiste nella negazione dell’opposto di ciò che si intende effettivamente comunicare: Don Abbondio non era nato con un cuor di leone”. “Questo scrittore non è male”. L’opposizione negativa posta in essere può essere sia una contraria che una contraddittoria. Spesso la litote esibisce la forma più complessa della doppia negazione: “Non è infelice”. “Non mi è sconosciuto”. Eccetto casi rari di interpretazione univoca, quando nella litote viene negato l’estremo di un’opposizione contraria si apre la possibilità di una molteplicità di ipotesi interpretative. Ciò dipende dalla natura del paradigma semantico a cui appartiene il termine negato. Se l’elemento fa parte di un paradigma continuo, la sua negazione lascerà aperto l’intero spettro di valori che si collocano fra i due estremi dell’opposizione contraria (la zona intermedia del “neither not”) e il valore effettivamente inteso dal parlante dovrà essere ricostruito inferenzialmente in base a fattori contestuali. Cosi in “Le sue condizioni di salute non sono buone” la litote apre a un continuum di possibilità interpretative: l’espressione potrà significare che le condizioni di salute della persona in questione sono cattive, come pure che non sono né buone né cattive. Analogamente in “Non è infelice” la negazione dell’aggettivo prefissato negativo consente diverse interpretazioni. “Non infelice” può significare infatti felice, ma non necessariamente. Come rileva Jespersen nell’espressione ‘’She is happy, or at least not unhappy the two negatives do not exaclty cancel each other out”. Se le due negazioni si cancellassero e not happy venisse a coincidere con happy l’espressione sarebbe indubbiamente tautologica. Invece non lo è proprio perché not unhappy rinvia qui alla serie di valori che si collocano nella zona intermedia del neither happy not unhappy. La litote è una figura retorica a due facce, che oscilla fra l’attenuazione e l’intensificazione della forza illocutoria. Illuminante è in ogni caso il riferimento al contesto d’uso. In “Don Abbondio non era nato con un cuor di leone” la litote agisce in termini di attenuazione. In “Non nego che ero profondamente adirato” la litote “non nego” non indica esattamente che si afferma. Essa lascia inferire in questo caso un chiaro intento di modulazione attenuativa. Quando la litote silenzia il polo positivo, “Questo scrittore non è male”, la studiata modestia con cui viene presentata la valutazione positiva comporta un’intensificazione della forza illocutoria. La litote è una figura retorica prevalentemente orientata verso l’ethos. E’ senza dubbio un segnale di equilibrio da parte del parlante, che dimostra di saper evitare i toni accesi nelle valutazioni sia negative che positive. La litote con funzione attenuativa, comunicando il coinvolgimento e la benevolenza del parlante, si presenta come una figura retorica chargee d’affectivite caricata di affettività. Con funzione di mitigazione è puramente combinatoria. Il linguista russo Mel’cuk ha individuato una quaran�na di invarian� a livello lessicale – che chiama funzioni lessicali – e ha costruito con esse un modello che perme�e di analizzare e di organizzare il lessico secondo rapporti concettuali ben precisi. La variante combinatoria è sostanzialmente convenzionale entro una certa lingua, anche se in cer� casi trova spiegazione o gius�ficazione nella cultura dei parlan�. L’individuazione delle funzioni lessicali offre una seconda indicazione metodologica per la dida�ca dell’lessico, valida sia per la lingua prima sia per la lingua seconda. L’organizzazione sistema�ca del corpus lessicale secondo una rete di rappor� conce�uali ben precisi apre infa� la possibilità di un approccio sistema�co nell’apprendimento dell’lessico, mediante l’uso di paradigmi stru�ura�. Come in morfologia apprendiamo secondo paradigmi stru�ura� di �po gramma�cale il modo con cui vengono espressi determina� significa� gramma�cali standard in rapporto ad una radice assunta come punto di partenza, analogamente il lessico può essere appreso con l’ausilio di paradigmi anch’essi stru�ura� di �po lessicale, che determinino come vanno espressi cer� significa� standard in relazione ad un lessema assunto come punto di partenza. SEMANTICA DELLA GRAMMATICA DEL LESSICO Quando parliamo di grammatica del lessico, non intendiamo solo la riconducibilità della fraseologia e del corpus lessicale in generale ad una sistematica ma ci riferiamo ad un secondo aspetto. Possedere una competenza lessicale in una certa lingua significa, oltre che a conoscere le sue parole e la loro combinabilità, avere padronanza dei procedimenti di formazione lessicale, ossia delle regole con cui essa costruisce nuove unità lessicali a partire da quelle date. Per la formazione dei lessemi il sistema linguistico opera su una radice, facendo intervenire procedimenti di diverso tipo. Questi processi utilizzano strumenti di vario genere, detti formativi, che includono prefissi, suffissi e suffissoidi. I processi di formazione delle parole hanno anch’essi natura endolinguistica e vanno quindi precisati lingua per lingua. In quanto fenomeni endolinguistici, i processi di formazione lessicale vanno precisati lingua per lingua. L’italiano ne prevede 4 (composizione, combinazione, derivazione e alterazione), con una prevalenza della derivazione. Non è difficile notare che le nominalizzazioni “caduta, corsa, arrivo” non aggiungono nulla ai verbi originari “cadere, correre, arrivare”. Si tratta di derivati che potremmo dire a semantica fredda, di pure e semplici nominalizzazioni, che non comportano alcun incremento semantico. Rispetto al verbo di partenza, che grazie al morfema del tempo descrive l’evento nella sua processualità, queste nominalizzazioni non fanno altro che ipostatizzare l’accadimento, presentandolo non più nel suo poter esserci o meno, quanto piuttosto conferendogli una sorta di oggettualità. Se consideriamo invece i deverbali “bevuta, dormita, mangiata, camminata” questi dicono di più rispetto alle forme verbali “mangiare, bere, dormire, camminare”. I deverbali includono infatti un valore di durata e/o intensità; sono pertanto dei derivati a semantica calda, cioè portatori di un incremento semantico. Nei derivati a semantica calda l’incremento semantico può essere sistematico. Un incremento semantico sistematico interviene nei nomina agentis (scrittore, lavoratore ecc.), caratterizzati tutti dal tratto dell’aggettività. A questo punto l’italiano scrittore e l’inglese writer aggiungono un tratto ulteriore di attività professionale; ma mentre l’italiano scrittore veicola esclusivamente il significato di “colui che scrive per professione”, l’inglese writer designa indistintamente sia chi scrive per professione, sia colui che scrive occasionalmente una lettera o un documento. Nella variazione a semantica calda il formativo non sempre porta un incremento semantico identico. Accanto alle forme aggettivali circoscritte alla terminologia medica in cui funge da puro aggettivizzatore a semantica fredda (arterioso, endovenoso ecc.) ed esprime semplice relazionalità, senza portare alcun incremento semantico. Se in gran parte delle forme deverbali il suffisso –bile ha valore passivo ed esprime possibilità che un’azione sia realizzata, come in “percorribile, esprimibile, proiettabile, adorabile ecc.” fungendo quindi da marca della transitività di un verbo; in variabile (“che varia”), stabile (“che sta saldo”) ha valore attivo e presenta un tratto semantico temporale di durata dell’evento, in terribile e orribile, dove tra l’altro la base verbale non è più produttiva, ha valore sempre attivo ed è portatore del significato “capace di, tale da (atterrire, far inorridire)”. Il morfema è innanzitutto semanticamente trasparente, il formativo invece non è trasparente dal punto di vista semantico. Il morfema poi presenta, rispetto al formativo, sistematicità di uso e obbligatorietà. Per il formativo l’applicazione è invece meno sistematica e prevedibile. Sebbene questa discrepanza fra sistema ed uso linguistico sia spesso spiegabile in termini diacronici, non si possono individuare criteri generali a cui ricondurre le eccezioni al sistema delle regole derivazionali. Per il formativo non c’è sistematicità d’uso, ma soprattutto non c’è obbligatorietà. Mentre il formativo è una possibile rielaborazione del lessema, il morfema è una componente necessaria a tuta una classe di lessemi e gli va ascritto lo statuto dell’obbligatorietà. Fra il lessema e la categoria morfematica emerge quindi un rapporto di implicazione. In quanto sistematico, non obbligatorio e semanticamente opaco il formativo non può essere ritenuto di natura morfemica mentre il formativo è concordemente ritenuto di natura polisemica. Il formativo infatti significa e quindi funziona grazie alla deissi. Al termine del nostro percorso emerge pertanto che solo una riconquistata consapevolezza delle idées latentes taciute dal lessico e la loro ricostruzione come chiave d’accesso a una piena trasparenza semantica può fondare un vero apprendimento della competenza lessicale, che faccia dell’addestramento al codice un luogo d’incontro con la realtà. CAPITOLO 8 I PRONOMI Dal punto di vista morfologico i pronomi presentano un aspe�o diverso tra le varie lingue. Prevedono le categorie morfologiche del genere e del numero, alcuni pronomi hanno il morfema della persona mentre in alcune lingue hanno anche il caso. Dal punto di vista sinta�co possono sos�tuire un SN completo, cos�tuito da un determinante e un sostan�vo. La stru�ura seman�ca gius�fica l’equivalenza sinta�ca del pronome con il SN perché presenta due cara�eris�che comuni a tu� i pronomi : ogni pronome può contenere una x ossia un’ipotesi di realtà, e un determinante che a seconda dei pronomi è definito o indefinito. TIPOLOGIA DEI PRONOMI Personali : hanno la funzione comunica�va rilevante perché assicura la coreferenzialità fra i protagonis� dell’interazione comunica�va e i protagonis� della situazione referenziale. È un caso di deissi. I dei�ci legano all’hic et nunc dell’a�o comunica�vo le categorie del sistema linguis�co e perme�ono alla lingua di ‘aderire’ all’esperienza. I dei�ci si suddividono in : personali, spaziali, temporali, testuali e di maniera. Il contenuto dei pronomi personali si definisce in rapporto alla situazione comunica�va e in rapporto agli interlocutori : la prima e la seconda persona sono il mi�ente e il des�natario mentre la terza persona, come dice Benveniste, è una non-persona perché su tra�a della realtà. La loro funzione comunica�va cambia da lingua a lingua a seconda della configurazione morfema�ca e all’organizzazione sinta�ca. Dimostra�vi : coincidono nell’italiano standard con gli agge�vi dimostra�vi. A livello morfologico i morfemi del genere e del numero sono intrinseci. Dal punto di vista sinta�co il pronome dimostra�vo è un interno SN. Dal punto di vista seman�co le differenze tra agge�vi e pronomi coincidono con quelle che in generale si riscontrano tra pronomi e agge�vi. Un tra�o importante che li accumuna è la componente dei�ca. Indefini� : l’agge�vo indefinito qualche non può essere usato come pronome, questa funzione è svolta da qualcuno, qualcosa. Alcuni, cer�, nessuno, mol�, pochi e parecchi fungono sia da agge�vi che da pronomi. Certuni è solo un pronome. Qualsiasi e chicchessia sono rispe�vamente agge�vo e pronome. Interroga�vi : fra di loro possiamo dis�nguere due pronomi ‘assolu�’ chi/che cosa e un pronome rela�vo quale. Rela�vi e rela�vi indefini� : il pronome rela�vo rimanda alla classe dell’agge�vo per le sue funzioni seman�che e sinta�che. La sua funzione è quella di introdurre un enunciato subordinato rela�vo con i suoi diversi valori possibili corrisponden� all’agge�vo qualifica�vo con valore denota�vo e connota�vo. Presenta una serie di varian� legate a leggi di contestualizzazione. Il quale è la strategia di manifestazione più generalizzata. Cui da solo può sos�tuire l’espressione del quale o al quale. Le forme di colui sono sinonime di quello. Quello è sos�tuibile da colui solo nel caso in cui sia seguito da rela�vo perché in questo caso non ha alcun contenuto. Colui è un pronome vuoto. Chi rappresenta insieme sia colui che sia colui il quale, però è necessario che il pronome rela�vo sia in funzione di sogge�o o in funzione di ogge�o. Il pronome rela�vo chiunque è il corrispe�vo indefinito del pronome chi o colui che. Dal punto di vista logico il rela�vo è coreferenziale rispe�o al nucleo nominale del SN cui si lega.